Menti selvagge. Cosa veramente pensano gli animali
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Zitiervorschau

nuc D llUSU . . .

Titolo originale: Wild Minds Copyright © 2000 by Mare Hauser Prima pubblicazione in USA: 2000, Henry Holt and Company, New York Disegni di Ted Dewan Traduzione di Mariagrazia Oddera Prima edizione: aprile 2002 © 2002 Newton & Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 88-8289-677-3 www.newtoncompton.com Realizzazione a cura di Corpotre, Roma Finito di stampare nell'aprile 2002 presso la Legatoria del Sud s.r.l., Ariccia (Roma) su carta Robbia della Cartiera di Germagnano

Mare D. Hauser

Menti selvagge Cosa veramente pensano gli animali

Newton & Compton editori

A mia moglie Lilian, che mi ha arricchito la vita in ogni senso e mi ha insegnato moltissimo sul modo in cui pensano gli animali, così come ha potuto osservarlo e sperimentarlo grazie alla sua professione di veterinaria Una storia deve essere eccezionale quanto basta ·perché valga la pena di narrarla. Noi romanzieri siamo tutti vecchi marinai, e nessuno sarà giustificato se trattiene gli ospiti di un matrimonio, a meno che non possa raccontare qualcosa di più sensazionale delle normali esperienze di qualsiasi donna o uomo comuni. THOMAS HARDY

Prologo

I;I corredo degli strumenti mentali Durante J' estate del 1980 ebbi un incontro ravvicinato. Abitavo nella contea di Dade, in Florida. Ero arrivato in una località turistica chiamata Monkey Jungle, la giungla delle scimmie, per condurre una ricerca sul comportamento dei primati. Avevo anche bisogno di procurarmi un po' di soldi, e perciò avevo accettato una seconda occupazione consistente nel dar da mangiare agli animali e nel tener pulite le gabbie. Circa a metà dell'estate, notai che una femmina di atele, nota anche come scimmia ragno, ospitata là dentro, sembrava fissarmi con uno sguardo pieno di intensità. Mi avvicinai alla gabbia. Anche la femmina di atele si avvicinò. Mentre se ne stava seduta davanti a me, inclinò il capo da un lato, poi dall'altro, e infine tese le braccia attraverso le sbarre e lentamente mi allacciò al collo. Mi fissò negli occhi e tubò diverse volte. Quali erano i suoi pensieri? Quali erano i suoi sentimenti? Quanto accadde in seguito è degno di nota. Il suo compagno di gabbia prese ad aggirarsi nei paraggi. La femmina si voltò, mi tolse le braccia dal collo e gli diede uno scapaccione sulla testa. Lui indietreggiò con un balzo, arrampicandosi su un ramo dalla parte opposta della gabbia. L'altra allora sporse di nuovo le braccia dalle sbarre e riprese la posizione precedente. Mi sentivo interdetto. Quella femmina di atele si sentiva attratta dagli esseri umani? O, cosa ancora più preoccupante, era attratta da me? Se tali sentimenti esistevano davvero, lei ne era consapevole? E anche se ne fosse stata inconsapevole, quale significato potevano avere nel suo rapporto con il compagno? Questo doveva senza dubbio essere infuriato, forse addirittura geloso. Alla fine la bestiola sciolse l'abbraccio e io mi allontanai. Mi avvicinai diverse volte alla gabbia della scimmia ragno durante il mio soggiorno. Non ripeté mai tali approc.:ci. Si era trattato di un episodio isolato. Presumo che questo genere di evento possa risultare familiare a molti di voi. A vostra volta, a un certo punto della vita, avrete sperimentato qualcosa di simile con un animale da compagnia, o nel corso di una visita allo zoo. Avete avuto un'esperienza animale, un incontro emotivo con un'altra spe-

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cie'. Per di più, con ogni probabilità, avrete interpretato l'evento immedesimand.ovi in quella creatura, presumendo che questa pensasse e sentisse in maniera del tutto analoga a v~i. Si tratta di una una tendenza naturale, inevitabile e quasi irresistibile. E difficile fare qualcosa di diverso dall'interpretare il comportamento animale come interpretiamo il nostro. , Il mio incontro con la scimmia ragno rappresenta solo un esempio di un fenomeno profondamente misterioso, uno dei fenomeni che sperimentiamo nella vita di ogni giorno con gli esseri umani e con le altre creature. Si tratta dell'esperienza di comprendere cosa significhi essere qualcun altro. Sembra che si abbiano buone intuizioni per quanto concerne la nostra stessa specie, ma tali intuizioni possono valere per altri animali? Le nostre bestiole da compagnia si sentono davvero ansiose, felici, colpevoli e tristi nello stesso modo in cui lo siamo noi, oppure le espressioni dei loro occhi e del corpo sono soltanto una buòna imitazione di quello che noi facciamo senza essere sostenute da alcun sentimento? Quando gli animali trovano la strada di casa al buio, stanno semplicemente seguendo una traccia di odori, o fanno riferimento a una carta geografica iscritta nel loro cervello? Quando gli animali comunicano, la loro mente è piena di simboli, o il loro grugnire, tubare e urlare rappresentano un incontrollabile esplodere di passione? Gli animali si limitano a seguire delle regole, o sanno perché le regole sono state create, perché chi le sfida venga punito, e perché talune azioni sono giuste e altre sbagliate? Questo libro risponde a tali domande. Ma gli argomenti che svilupperò sono diversi da quelli presentati finora. Sono stati scritti molti testi popolari su cani e gatti sensitivi, su elefanti che piangono, su scimmie dispettose, delfini altruisti e scimmie antropomorfe dotate di senso morale. Sebbene impressioni casuali e leggende riguardanti gli animali risultino affascinanti, non ci avvicinano in alcun modo alla comprensione di quanto queste creature pensano e provano. Tali resoconti del tutto speculativi, che ci fanno spesso sentire ben disposti nei confronti dei nostri beniamini affettuosi e pelosi, vengono controbilanciati da quelli degli studiosi convinti che gli animali siano irrazionali e indifferenti, guidati dall'istinto e sopraffatti dalle passioni. Si tratta di una prospettiva altrettanto carente perché trascura le ricerche ormai affidabili sulle conoscenze animali, e arriva in maniera non corretta alla conclusione che nessuna forma di pensiero possa esistere senza il linguaggio, oltre a mancare di porre la struttura della mente animale all'interno di un contesto di problemi ecologici e sociali ad esso legati. Le facoltà intellettive animali sono facoltà incontrollate, modellate da una storia di pressioni ambientali. Dimostrerò come le intuizioni derivanti dalla teoria dell'evoluzione e gli studi sulla conoscenza abbiano incominciato a rivoluzionare la nostra com' In questo volume mi servo del termine stilisticamente più corretto di "animali" per riferirmi a tutti gli esseri viventi non umani, senza disconoscere, naturalmente, che anche gli esseri umani sono animali. ·

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, 1I I , I

Tutti gli animali sono dotati di una serie di strumenti mentali. Alcuni di essi sono universali, condivisi da tutti, mentre altri sono caratteristici di alcune specie.

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prensione delle facoltà intellettive animali. Gli animali possiedono pensieri e sentimenti. Per capire che cosa pensano e provano, comunque, dobbiamo considerare l'ambiente nel quale si evolvono. Tutti gli animali sono dotati di un insieme di strumenti mentali per risolvere i problemi ecologici e sociali. Alcuni degli strumenti di pensiero sono universali, condivisi dagli insetti, dai pesci, dai rettili, dagli uccelli e dai mammiferi, esseri umani compresi. L'insieme degli strumenti universali fornisce agli animali una fondamentale capacità di riconoscere gli oggetti, di contare e di spostarsi nello spazio. Divergenze nella dotazione dell'insieme universale degli strumenti si verificano quando le specie affrontano problemi sociali o ecologici eccezionali. Di conseguenza, per esempio, i pipistrelli si orientano grazie all'eco, servendosi di un segnale sonoro ad alta frequenza, ma noi non lo facciamo. Diversamente dagli esseri umani, i pipistrelli devono affrontare il problema degli spostamenti al buio. Come risultato, hanno sviluppato un cervello progettato in maniera speciale per elaborare suoni ad alta frequenza. Gli esseri umani riconoscono centinaia di persone dal volto, ma gli insetti sociali come le api mellifere non possono riconoscere le proprie compagne dalla faccia. Per gli uomini, il volto è qualcosa di speciale perché ha una configurazione dei lineamenti unica e perché rappresenta uno spiraglio di fondamentale importanza aperto sull'identità di una persona, sui suoi sentimenti e sulle sue convinzioni. Di conseguenza gli individui umani hanno sviluppato un cervello specializzato nell'esaminare i volti. L'argomento che ho appena trattato, per quanto brevemente, costituisce la tesi principale di questo libro. L'unico modo per capire come e cosa pensino gli animali è quello di valutare il loro comportamento alla luce di entrambi i corredi di strumenti, universali e specializzati, meccanismi della mente designati a risolvere i problemi. E l'unico modo per valutare la validità di questo approccio è quello di sottoporre a una verifica le nostre intuizioni circa la mentalità animale per mezzo di sistematiche osservazioni e di esperimenti soggetti a severi controlli. Talvolta le nostre v~rifiche sono portate avanti in un contesto naturale, nell'ambiente dove l'adattamento mentale si evolve. Talaltra il laboratorio fornisce un ambito migliore per verificare l~ nostre intuizioni. In questo volume mi servirò di entrambi gli approcci. Per illustrare le potenzialità di questa prospettiva, tornerò a parlare della mia interazione con la femmina di scimmia ragno. La vostra prima impressione, c;ome del resto la mia, potrebbe essere quella di ritenere che l'atele provasse affetto ed esprimesse i suoi sentimenti allacciandomi al collo con le braccia. Mettete da parte questa impressione è considerate alcune possibili alternative. Ecco quanto avreste visto. Innanzi tutto, l'atele mi si era avvicinata, mi aveva messo le braccia al collo, e aveva tubato. In secondo luogo, quando il maschio si era avvicinato, mi aveva tolto le braccia dal collo, aveva colpito il suo compagno e aveva poi riassunto la precedente posizione. Che cosa ci dice mai questo circa i suoi sentimenti? Si sentiva attratta da

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me nello stesso modo in cui si sarebbe sentita attratta da un'altra scimmia ragno? Incominciamo a osservare come si comportano le femmine di atele verso i maschi della stessa specie quando provano attrazione nei loro confronti. Si accostano al compagno, lo abbracciano e tubano? Se è così, quale cambiamento psicologico sperimentano? Quando siamo presi da una romantica emozione, ci sentiamo eccitati dentro di noi mentre il battito cardiaco accelera e gli ormoni infuriano. Molti animali possono sperimentare simili cambiamenti psicologici, e possiamo senza dubbio misurarli. Non siamo comunque in grado, di presumere che i cambiamenti fisiologici subordinati conducano direttamente ai sentimenti altamente soggettivi che gli esseri umani associano al concetto di essere "innamorati" nel modo in cui lo erano Giulietta e Romeo, o Isotta e Tristano, o Ali McGraw e Ryan O'Neal. Ma possiamo incominciare a verificare questo assunto paragonando la fisiologia della femmina durante il suo incontro con me e durante l'interazione con il maschio della sua specie. Supponiamo che la reazione fisiologica della scimmia sia la.stessa quando si trova con me e quando è attratta da un maschio di atele. Abbiamo appreso qualcosa di importante, ma non sappiamo se è attratta da me come compagno, come da un altro animale che è gentile nei suoi confronti, o perché sono il miglior guardiano che abbia mai incontrato. Per distinguere tra queste interpretazioni alternative, ci è indispensabile compiere altre osservazioni e verifiche. Per esempio potremmo incominciare con il supporre che ripulirle la gabbia sia meno importante del procurarle il cibo. Sarebbe altrettanto amichevole verso un guardiano che le pulisce la gabbia ma non le offre mai del cibo? Se così fosse, la sua reazione non dipenderebbe dal fatto di essere nutrita. Cosa possiamo dedurre dal suo gesto aggressivo nei confronti del maschio? Era in rapporto con la sua attrazione per me? In quali circostanze aggredisce il suo compagno? Lo colpisce tutte le volte in cui è impegnata con qualcun altro o con qualcos'altro? Per esempio, se è intenta a nutrirsi e lui le si avvicina, lo colpisce? Se così fosse, allora il suo attacco aggressivo potrebbe essere dovuto a una affermazione di dominanza piuttosto che al suo rapporto con me. Che succede se un altro maschio di scimmia ragno entra nella gabbia? Sarebbe più interessata a lui che a me? Io sono soltanto il nuovo amichetto disponibile? Il suo comportamento è dettato da un desiderio di rivincita o per suscitare la gelosia? Che dire della possibilità che un guardiano precedente l'avesse educata a rispondere in questo modo? In passato, ogni volta che si avvicinava, il guardiano del momento le dava del cibo. Un giorno, per caso, la scimmia gli aveva messo una mano sulla spalla e lui I' aveva ricompensata con un trattamento speciale in una maniera molto simile a quella adottata dagli psicologi che addestrano gli animali, come B. F. Skinner il quale si serviva del cibo come ricompensa per addestrare i piccioni a riconoscere gli stimoli. Con il tempo, il guardiano aveva insegnato alla scimmia a mettergli entrambe le braccia intorno al collo. In ultimo, abbiamo ottenuto quella che sembra essere una scimmia ragno affettuosa. In

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realtà ciò di cui disponiamo è una scimmia le cui singole azioni sono state condizionate dal guardiano, una marionetta appesa al filo. Sebbene possa esistere qualche sentimento, è improbabile che si tratti del genere al quale eravamo stati indotti a pensare dalla sua reazione. Questo episodio ci costringe a ritenere giustamente che per ogni singolo comportamento esistano molte cause diverse e di conseguenza molte spiegazioni possibili sul perché una particolare azione viene compiuta. Come i nostri beniamini, la scimmia atele potrebbe aver provato uno slancio di affetto nei confronti di un'altra specie, ma potrebbe anche non essere così. Il problema cui ci trovamo di fronte è quello di stabilire quali tipi di sentimenti e- di pensieri appartengano agli animali, e il perché essi sviluppino tali capacità. In contrasto con la maggior parte dei libri che trattano i pensieri e le emozioni degli animali, i concetti che sviluppo qui dipendono in maniera determinante dalle recenti scoperte scientifiche in campo neurologico e dagli studi sullo sviluppo dell'uomo durante l'infanzia. Ricerche sul cervello, che possono essere descritte senza il ricorso a termini tecnici, sono di importanza decisiva per la nostra indagine sulla mente animale e sulla sua evoluzione. La conoscenza di qualche nozione sull'anatomia funzionale - quali diverse parti del cervello entrano in azione - ci rende possibile un'ottima valutazione dei limiti del pensiero animale. Numerosi autori asseriscono che il pensiero animale sia limitato o inesistente perché agli animali manca la parola. Questa asserzione presume che il linguaggio verbale sia indispensabile al pensiero e gli animali e gli esseri umani adulti rappresentino i gruppi più interessanti da confrontare. Alla luce delle-recenti scoperte nello studio delle percezioni animali, sostengo che il linguaggio verbale non è necessario per talune specie di pensiero, e che il più utile paragone tra le specie sia quello tra gli animali e i bambini. Sebbene i neonati umani vengano alla luce con un cervello strutturato per elaborare il linguaggio, sono necessari anni perché i bambini sviluppino il livello di capacità di un adulto. Di conseguenza, l'approccio più utile è quello di paragonare gli strumenti mentali dei neonati e degli animali,' e poi indagare come la mente di un bambino sia trasformata dall'acquisizione del linguaggio, un nuovo strumento. Nella prima parte del libro ci imbatteremo in alcune sfide con le quali tutti gli animali devono confrontarsi, quali riconoscere il cibo come un particolare tipo di oggetto, valutare il numero degli individui entro un gruppo confinante, e scoprire la via più breve per tornare a casa. Queste sfide vengonorisolte grazie al corredo di strumenti universali, meccanismi specializzati per riconoscere gli oggetti, per contarli e per spostarsi nello spazio. Nella seconda parte del volume arriverò al cuore della discussione, agli strumenti mentali necessari per una consapevolezza psicologica. Qui indagheremo se gli animali abbiano una coscienza di sé e la capacità di imitarsi e di ingannarsi a vicenda. Soltanto poche specie del regno animale hanno aggiunto questi strumenti mentali al loro corredo strumentale. Nell'ultima par-

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te del libro esploreremo come sono organizzate le società animali, come cambino e come siano tenute in equilibrio dalle norme, le regole, le convenzioni e lo stile di comunicazione. Riesaminando il lavoro già fatto, ci rendiamo conto di come gli animali si servano del loro corredo di strumenti mentali per creare un modo di vita nei loro mondi sociali ed ecologici e come soltanto gli esseri umani abbiano applicato i propri strumenti alla creazione di un mondo dotato di una morale. La serie di domande e di risposte che seguono guideranno I.a nostra disamina. Gli animali possiedono una consapevolezza? Taluni animali sono più intelligenti di altri? Penso che queste siano domande inutili perché sono imprecise, basate su concetti generali spesso definiti in base ai comportamenti umani. lh questo spirito, in genere eviterò di servirmi delle parole "pensare", "conscio", e "intelligente". Mi interrogherò invece sui fenomeni mentali più precisamente specificati, quali la capacità di un animale di servirsi di attrezzi, di risolvere problemi mediante simboli, di trovare la strada di casa, di capire le proprie convinzioni, e quelle degli altri, e di imparare grazie all'imitazione. Sono questioni che credo si possano affrontare senza tener conto del pensiero umano e con metodi scientifici. Gli animali provano emozioni? Sì. Le emozioni preparano tutti gli organismi all'azione, per andare verso quanto arreca vantaggio e per evitare ciò che porta danno. Ma quando ci allontaniamo dalle emozioni fondamentali quali la rabbia e la paura che con ogni probabilità tutti gli animali condividono, ci imbattiamo in altre emozioni come il senso di colpa, l'imbarazzo e la vergogna, che dipendono in maniera determinante dalla consapevolezza di sé e degli altri. Prenderò in esame il fatto che questi sentimenti sono forse unicamente umani, e producono all'uomo un senso morale quale con ogni probabilità nessun animale giunge a possedere. Gli animali comunicano? Sì. Ma il sistema di comunicazione di ciascuna specie possiede una configurazione esclusiva, specializzata per trasmettere informazioni e per influenzare il comportamento. Di conseguenza pipistrelli e delfini si servono di una specie di radar per orientarsi, gli uccelli cantano, le api danzano, i gorilla grugniscono, il ratto c~nguro tamburella e le lucciole lampeggiano. E sì, gli esseri umani gesticolano e parlano nella propria lingua originaria e a volte anche in qualche straniera. Gli animali sono guidati dall'istinto? Sì, e lo siamo anche noi. Gli istinti guidano l'esperienza del sapere. Gli istinti inducono gli organismi a badare ad alcuni aspetti dell'ambiente e

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ignorarne altri. Molti dei nostri istinti risalgono ad antichi processi evolutivi, e fanno sì che che condividiamo con molti animali una visione concettuale e percettiva del mondo. Gli animali possiedono regole che non sopportano e talvolta infrangono? Sì, e le regole riflettono le condizioni in cui si giocano le partite per lariproduzione e la sopravvivenza. Ma diversamente dalle nostre regole, le loro non si fondano sulla comprensione di quanto è "giusto" e "sbagliato". Gli animali obbediscono alle regole, ma non sanno che le regole sono state elaborate per rispettare le convenzioni, per evitare azioni dannose, e in taluni ·casi, se non altro, per preservare il gruppo. Proprio i bambini sono come gli animali, ma gli esseri umani adulti no. In qualità di adulti sappiamo che le regole sono state indicate per mediare tra il bene e il male e che forniscono una linea guida per le nostre azioni. Gli uomini tengono conto delle regole, e spesso le rispettano. Cosa più importante, a causa della nostra capacità di distinguere tra "è" e "deve", tra le inclinazioni biologiche che abbiamo ereditato dal passato e quanto decidiamo di fare come individui mentre ci costruiamo una vita, siamo gli unici nella posizione di attribuire valori al comportamento, di ricompensare talune azioni e punirne altre.

Nel rivolgere queste domande, ho usufruito della mia esperienza come scienziato che studia gli animali, in natura e in laboratorio, ma le ho poste anche in qualità di naturalista occasionale. Ho osservato e condotto esperimenti sugli animali, compresi i cercopitechi verdi che vivono nella savana del Kenya, gli scimpanzé di una foresta pluviale in Uganda, i corvi di un campo di golf nella California meridionale, i passeri dalla corona bianca (Zonotrichia leucophrys) dei cieli di San Francisco, le scimmie rhesus di un'isola tropicale al largo delle coste di Porto Rico, i tamarini dai ciuffi bianchi del mio laboratorio all'Università di Harvard. Questo mi ha procurato innumerevoli osservazioni sugli animali nei quali mi sono imbattuto, cui faccio ricorso spesso nell'elaborare il tessuto concettuale dei problemi in questione. La comprensione di come un animale vede il mondo richiede, quindi, I' abilità di isolare 1' appropriato sistema sensoriale e di determinare il tipo di problemi che le specie hanno superato in passato per riuscire a sopravvivere fino ad oggi. Non dobbiamo presumere di sapere quello che loro sanno, o di sapere in che modo sono giunte a conoscerlo. Diversamente da Scrooge, il protagonista di Racconto di Natale di Dickens, al quale fu data l'opportunità di visitare il passato e di guardare nel proprio futuro, noi dobbiamo basarci sul1' effettivo schema del cervello e del comportamento di un animale per arguire il genere di problemi che la sua mente è programmata per risolvere. Questa è una ricetta che ha funzionato fin da quando Charles Darwin la inventò, più di cent'anni fa. Se la seguiremo con scrupolo impareremo molte cose sulle menti ~elvagge che abitano quest~ pianeta.

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Storie di animali

In una delle sue affascinanti novelle, Rudyard Kipling racconta di un elefantino dall'insaziabile curiosità, un elefantino che pone un così gran numero di domande da indurre i suoi parenti a prenderlo a scapaccioni. Gli individui dalla mente curiosa come quella dell'elefantino aborriscono le am~ biguità, le sensazioni di ambivalenza e la mancanza di decisione. Ma le menti curiose scoprono campi del sapere inesplorati interrogandosi sui dogmi e meditando sùll'impossibile. Per usare le parole della scrittrice Edith .Wharton, se restiamo «insaziabili nella curiosità intellettuale, interessati alle grandi cose, e felici con poco» continueremo a vivere. La curiosità esige un prezzo, ma ripaga ampiamente. Anche se gli animali non sono sempre curiosi quanto lelefantino di Kipling, sono attivi divoratori di informazioni 1, ne digeriscono e ne immagazzinano grandi quantità per usarle come guida del comportartamento. Consentitemi di illustrare questo concetto con qualche breve descrizione.

- Quando un comune topo da laboratorio viene posto in un labirinto, immediatamente comincia a esplorarlo; con il naso e con gli occhi. Aspettare l'arrivo del carrello della colazione con il cibo o l'accensione del cartello con la scritta "uscita", non serve. Esplorare significa imparare a conoscere a fondo il proprio territorio, saper individuare la strada giusta per trovare il cibo e scoprire da che parte dirigersi per raggiungere l'uscita. La curiosità consente al ratto di creare una mappa stradale, un elenco di coordinate spaziali. - Gli scimpanzé ospitati in recinti all'aperto escogitano spesso romanzesche strategie di fuga. Inseriscono bastoni nella palizzata per creare punti di ' Lo psicologo George Miller ha coniato il tennine "divoratori di informazioni" per descrivere la voracità con cui sembriamo acquisire e andare in cerca di informazioni. Curiosità animali: H. Fowler, Curiosity and Exploratory Behavior, New York, McMillan, 1970; C.R ..Gallistel, The Orgcinization of Learning, Cambridge, MIT Press, 1990; S.E. Glickman - R.W. Sroges, Curiosity in zoo animals, in «Behaviour», 26, 1966, pp. 151-88; J.G. Godin - S.A. Davis, Who Dares, Benefits: Predator Approach Behaviour in the Guppy (Poecilia reticulata) deters predator pursuit, in «Proceedings of the Royal Society, London», 259, 1995, pp. 193-200; J.M. Masson, I cani non mentono sull'amore, Milano, Baldini & Castoldi, 1997; W.C. McGrew, Chimpanzee Materiai Culture, Cambridge, Cambridge University Press, 1992; E.M. Thomas, The Hidden Life of Dogs, New York, Houghton Mifflin, 1993.

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appoggio. Alcuni sono ancora più creativi: appoggiano grossi tronchi ad angolo contro la parete di recinzione e creano funzionali scale a pioli. Valutando l'altezza della parete di recinzione e scegliendo tra diversi tronchi, alla fine gli scimpanzé riescono a scappare, e in tal modo scoprono se davvero l'erba del vicino è più verde. - In molte specie di pesci che si muovono in branchi, gli individui abbandonano la sicurezza del gruppo per nuotare poco lontano e osservare il comportamento di un predatore che si trovi nei paraggi. Invece di aspettare l'attacco del nemico, quei coraggiosi vigilanti si procurano informazioni che possono servire a decidere se restare o fuggire. In effetti, non solo vengono in possesso di indizi, ma rispetto agli individui che li seguono in una posizione più arretrata, corrono meno rischi di essere divorati. - Ogni volta che portate un cane a fare una passeggiata, anche lungo un percorso abituale, il cane annusa il terreno, gli alberi, e le prese antincendio. I cani.sono interessati.alla competizione. Annusare consente loro di decifrare l'odore. che altri animali si sono lasciati dietro. E naturalmente, firmano sempre con la loro inconfondibile sigla. L'asserzione che gli animali sono curiosi si fonda sul generale presupposto che, considerando le somiglianze tra i comportamenti umani e quelli animali, siamo in grado di trarre analoghe conclusioni circa pensieri e sentimenti. Sebbene le .nostre intuizioni possano talvolta risultare corrette, il comportamento può essere un indizio fuorviante. È opportuno mantenere un salutare scetticismo, e in questo capitolo ne mostrerò il perché.

Gli animali e noi Certi scrittori di successo teorizzano che gli animali e gli esseri umani considerano il mondo nello stesso modo e ci presentano gli scienziati come nemici, bastian contrari e scettici. Per esempio, nella sua prefazione a The Hidden Life of Dogs, la saggista Elizabeth Marshall Thomas inizia così: Questo libro tratta della consapevolezza dei cani. A qualcuno questo argomento può sembrare di per sé antropomorfico, dal momento che in passato persino gli scienziati sono stati indotti a credere che soltanto gli esseri umani possiedano pensieri e sentimenti. Naturalmente nulla potrebbe essere più lontano dal vero ... Mentre la questione della consapevolezza animale è un campo del tutto valido della ricerca scientifica, l'assunto generale che tali creature siano prive di consapevolezza lascia sbigottiti... Dopo tutto, pensieri e sentimenti hanno un valore evolutivo. Se non lo avessero, non ci sarebbe dato di possederli.

La Thomas commette qui due ,errori: il primo concerne la continuità evolutiva e il secondo riguarda l'adattamento. Dato che gli uomini si sono separati dai loro antenati simili agli scimpanzé cinque o sei milioni di anni fa,

1. STORIE DI ANIMALI

Gli studiosi scettici, i pipistrelli ciechi e i pericoli dell'antropomorfismo.

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è possibile che abbiano sviluppato capacità che mancano agli altri animali. Nessun miracolo. Noi piangiamo con le lacrime, arrossiamo quando ci sentiamo in imbarazzo, e camminiamo su due piedi. I nostri cugini primati no. E sebbene la consapevolezza possa essersi evoluta negli esseri umani per migliorare l'adattamento, non possiamo dedurre da questa conclusione che anche gli animali debbano essere consapevoli. Inoltre è un errore sostenere che qualsiasi cosa abbia un apparente "valore evolutivo" debba rappresentare un adattamento e perciò si sia evoluta negli animali. Un leone nella savana potrebbe trovarsi bene con le ruote al posto delle gambe, ma un tale sistema non si può evolvere per via dei limiti imposti dal sistema nervoso. Le ruote farebbero sì che i neuroni del leone si attorcigliassero su se stessi in un viluppo di spaghetti. Jeffrey Masson, un altro scrittore di successo che tratta l'argomento degli animali, è uno studioso di sanscrito, meglio noto per le sue aspre critiche a Freud e·all~ tradizione psicoanalitica. Inizia il suo libro I cani non mentono sull'amore con un commento dello stesso tenore sugli scienziati, la scienza e lo studio del comportamento animale: Sono consapevole che la maggior parte delle "prove" da me presentate circa la realtà dei sentimenti dei cani consiste in racconti, che gli scienziati definiscono, in maniera perentoria, prove aneddotiche. Con le loro opinioni ristrette in fatto di criteri validi, gli uomini di scienza vogliono per lo più essere in grado di verificare, indagare e replicare i dati. Non è possibile farlo con un singolo episodio. Gli scienziati sembrano pensare che mentre un racconto può essere vero o falso, ciò che si verifica più di una volta in un laboratorio debba.essere vero per forza. Non c'è motivo di credere che sia così. I dati possono essere contraffatti, falsificati o fraintesi con la stessa facilità con cui può esserlo un racconto, e quello che apprendiamo da certi esperimenti di laboratorio ... non ci dice nulla che non ci sarebbe stato possibile scoprire anche senza esperimenti.

Il criticismo di Masson trabocca di asserzioni capaci di turbare e confondere. Gli scienziati ritengono che gli aneddoti siano insoddisfacenti, ma non inutili. Possono fornire indizi o stimolare idee, ma la curiosità scientifica conduce in ultimo a ulteriori indagini, osservazioni aggiuntive e verifiche sperimentali. E sì, gli scienziati possono falsificare i dati, ed è questo il motivo per cui le repliche sono tanto importanti. Per esempio nel 1989 un gruppo di fisici ha dichiarato di essere in possesso della prova della fusione a freddo, un processo nel quale la fusione di due nuclei di idrogeno pesante genera energia. Successivi tentativi di ripetere questa scoperta fallirono, dimostrando al contrario che l'energia generata dall'esperimento originario era dovuta al calore immagazzinato entro il sistema generale, e non dal calore rilasciato dalla fusione dei due nuclei. Se avessimo investito capitali comuni in una fusione a freddo ci troveremmo adesso immersi nei debiti. Nei successivi capitoli di questo libro dimostrerò come gli esperimenti abbiamo reso possibile agli scienziati di evitare conclusioni errate e ottenere una visione rivoluzionaria sulla mentalità animale. Ma innanzi tutto, consentitemi di persuadervi che le storie sugli animali sono insoddisfacenti.

1. STORIE DI ANIMALI

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GI i scimpanzé creano un ponte naturale Nel 1987 mi trovavo nella foresta Kibale, in Uganda, impegnato nell'osservazione di una piccola famiglia di scimpanzé, una madre, il figlio adolescente, e la figlia di un anno. Dopo essersi nutrito per qualche tempo su un albero di fichi, il maschio adolescente emise un richiamo di congedo e balzò in un varco della volta verde verso un albero a qualche distanza. La madre ben presto lo seguì, ma la figlia rimase indietro urlando. La madre e il fratello restarono ad aspettare e a osservare, ma la piccola sembrava bloccata sul posto. Dopo un momento di stallo, la madre tornò dalla figlia e incominciò a far oscillare l'albero avanti e indietro, poi allungandosi, si protese per raggiungere il ramo dell'albero più vicino. Con i piedi afferrati a un albero e le mani che stringevano l'altro, la madre formava un ponte naturale di cui la figlia approfittò per attraversare e mettersi in salvo. L'episodio al quale mi trovai ad assistere aveva un che di magico, e immediatamente suscitò una serie di domande concernenti le cure materne. Quanto sovente gli scimpanzé creano ponti naturali? Nella loro mente si materializza l'immagine dei corpi che formano un ponte sul varco tra gli alberi prima di protendersi realmente attraverso il baldacchino di foglie? Danno luogo a ponti per i piccoli di un anno, per i giovani o per gli adulti in difficoltà? Come fa un individuo a rendersi conto che un altro si trova nei guai? Una madre si identifica con la figlia quando questa si blocca in una posizione arretrata e strilla? Si sarebbe immedesimata in un altro piccolo estraneo, immobilizzato nella stessa posizione? Per rispondere a queste domande avremmo dovuto compiere ulteriori osservazioni. L'insistere nelle repliche non rappresenta uno stupido rituale scientifico, celebrato da sacerdoti in camice bianco. Costituisce uno strumento per comprendere se un evento è comune o raro, e perché si verifica. In questo caso l'azione della madre appariva intenzionale e deliberata. Ma aveva davvero pianificato di· creare un ponte perché sapeva che ciò avrebbe consentito alla figlia di attraversare la volta verde? Se così fosse, aveva inventato quella tecnica o l'aveva imparata da sua madre, alla quale l'aveva insegnata la madre, una tradizione che veniva trasmessa attraverso i secoli? Forse stava soltanto mostrando alla figlia come fare per attraversare. Nel bel mezzo della dimostrazione della madre, comunque, la piccola aveva afferrato lopportunità e si era incamminata sul dorso materno. Se la seconda descrizione è corretta, dobbiamo cercare una interpretazione diversa. O il cucciolo aveva avuto in un intuitivo colpo di genio o era stato benedetto da una cieca fortuna. Tornando alle dichiarazioni di Masson, non è che tali "storie" siano prive di interesse. In effetti sono affascinanti. Ma limitate rispetto a quello che · possono insegnarci. L'aver assistito a un episodio sporadico porta a numerosi appassionanti interrogativi e problemi. L'unico modo per impegnarsi a rispondere è quello di raccogliere ulteriori testimonianze e, se possibile, di

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eseguire esperimenti. Com'è naturale, non sempre questo ci è consentito. Senza dubbio, non possiamo, per esempio, indurre la nostra madre creatrice di ponti a replicare l'impresa. Potremmo dover aspettare a lungo perchè la cosa si ripeta. Anche se ci fosse possibile indurre altri a formare ponti, cosa sarebbe in grado di dirci questo circa le emozioni dei creatori e degli utenti dei ponti? Come riusciremmo a capire se ogni creatore di ponti così facendo inventava una nuova tecnica o l'aveva imparata imitando un altro? Un secondo esempio ci può aiutare a rispondere a qualcuna di queste domande.

Il cane compassionevole Nel libro The Hidden Life of Dogs, Elizabeth Marshall Thomas si serve degli studi sul comportamento dei cani· per trarre conclusioni a proposito dei loro sentimenti e pensieri. Le sue interpretazioni, comunque, sono forzate e piene di presunzioni non dimostrate. Eccone un esempio: La maggior parte degli animali, compresi i cani, non manca mai di valutare le altre specie osservandole con empatia. Uno dei miei cani una volta si rese conto del mio umore, che era pessimo, a distanza di un centinaio di metri, e cambiò il suo modo di comportarsi: da vivace divenne mesto, per reazione.

Usando il vostro stesso intuito circa le osservazioni e le interpretazioni della Thomas, provate a fare il seguente esperimento. Sostituite con il nome di un altro animale la parola "cane" nel brano citato sopra e rileggetelo. Per esempio: «Una delle mie lucertole una volta si rese conto del mio umore ... ». Giocate con questi espe1imenti fin quando non vi imbattete in un animale il cui nome, inserito nella frase, la faccia risultare assurda. Anche se non vi capitasse mai di incontrare un simile animale, e sono persuaso che lo incontrerete, quali supposizioni state facendo sui pensieri e sui sentimenti di queste bestiole? Diciamo che siete convinti che un cane possa intuire l'umore di un essere, mentre un lumacone, una lucertola, un pesce non ne sono in grado. State facendo una distinzione in qualche punto dell'albero della vita, una distinzione basata su quello che vi è dato di osservare. Per quanto potete giudicare voi, a una zucchina mancano pensieri e sentimenti. Quali che siano i pensieri e le emozioni da voi attribuite a lumaconi, lucertole e pesci, non riuscite e credere che siano capaci di instaurare un legame con i loro padroni. Bene. Torniamo alla descrizione della Thomas e analizziamo quanto lei ha osservato. Il cane, saltellante e scodinzolante, individua la Thomas da una certa distanza. Man mano che l'animale si avvicina alla padrona e la guarda, abbassa la testa e la coda e smette di camminare con baldanza. Come dobbiamo interpretare i sentimenti del cane? L'interpretazione della Thomas presume che tra il cane e gli umani esista un legame empatico. Perché questo si verifichi, comunque, il cane non soltanto dovrebbe capire quello che pro-

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vano gli esseri umani, ma provare a sua volta la stessa cosa. Il cane della Thomas dovrebbe sperimentare il malumore della stessa Thomas. In alternativa, forse il cane sta semplicemente reagendo al comportamento della padrona, senza sentire quello che lei sente. Ha perso la baldanza perché ha previsto in maniera corretta, basandosi su una precedente esperienza, una reazione assai poco affettuosa da parte della Thomas. Quando lei sorride, l'accoglienza comprende giochi e una quantità di grattatine alla schiena. Quando lei è accigliata 1' accoglienza è sbrigativa e superficiale. Il cattivo umore del cane deriva, quindi, dall'egoismo piuttosto che dall'empatia. Il cane della Thomas ha perso l'occasione per un momento di gioia. L'esempio della Thomas e l'interpretazione che ne offre costituiscono un caso classico di seduzione. Ci lasciamo sedurre dall'apparenza. Se ci sono suggerimenti o segnali a noi familiari che si prestano a una lettura di tipo sentimentale, tendiamo ad ascrivere pensieri ed esperienze emotive dello ·stesso genere all'episodio. Ma le apparenze possono essere fuorvianti, e ci conducono lungo corridoi rivestiti di specchi. Fin dal 1988 mi sono trovato a studiare le scimmie rhesus sull'isola di Cayo Santiago, situata poco al largo della costa di Porto Rico. Durante il periodo degli accoppiamenti, i maschi continuano a battersi. I maschi dominanti spesso scacciano i subordinati allontanandoli da probabili occasioni di accoppiamento. Talvolta il dominante cattura un subordinato, lo blocca a terra, e gli strappa uno dei testicoli. Mentre il testicolo viene strappato, il subordinato di solito se ne sta tranquillo e non ci sono.apprezzabili espressioni facciali. Cosa ancora più sorprendente, spesso si vede il maschio ferito che si accoppia, o tenta di accoppiarsi poche ore dopo essere stato aggredito. Da quanto osserviamo, come ci è possibile determinare che cosa prova il subordinato? Possiamo davvero ricorrere alle nostre esperienze, immaginarie o reali, per dedurre quello che la scimmia rhesus subordinata sperimenta in quella situazione? Improbabile. Sebbene le apparenze spesso ci forniscano informazioni accurate circa quello che si sta verificando nell'animo di un altro individuo, dobbiamo procedere con cautela. Jeffrey Masson descrive un caso _di "compassione" tra cani.. A un primo sguardo è simile all'esempio di empatia della Thomas e al mio stesso episodio del ponte della femmina di scimpanzé: Quando uno dei miei tre cani vagabonda troppo lontano dagli altri e io continuo a procedere, indifferente, di solito noto che gli altri due si fermano e aspettano che ritorni il loro compagno ... Non vogliono procedere fin quando il branco non è completo. Questo comportamento sta senza dubbio a indicare una forma di compassione ... Naturalmente, potremmo spiegare la cosa in altri modi; c'è sempre un'altra spiegazione per la com-. passione tra esseri umani come per quella tra gli animali ... Ma anche se ci fosse una parte di verità in queste spiegazioni, esse rion escludono l'aspetto legato all'amore e alla compassione perché non possono giustificare i sentimenti che accompagnano tali azioni. ·

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Il gesto di aspettare viene interpretato come un atteggiamento compassionevole. A seguito di questa interpretazione, Masson sottolinea che anche se altri fattori quali il tornaconto possono giustificare il comportamento, ciò non annulla l'importanza dell'emozione nel guidare il comportamento. Quanto N!_asson sostiene qui è importante a un certo livello, e sbagliato a un altro. E importante perché ci son9 sempre modi diversi di spiegare il motivo per cui qualcosa si verifica. E sbagliato perché per quanto tutti i comportamenti possano essere spiegati in modi diversi, un tipo di spiegazione non esclude di necessità le altre. Le spiegazioni non sono incompatibili tra loro. · Perché i cani si muovono in branchi? Dal punto di vista della comprensione dei meccanismi che legano causa ed effetto, possiamo dire che i cani formano branchi e restano insieme perché hanno il desiderio di associarsi, un desiderio che probabilmente è guidato dall'aspettativa di sentirsi felici o da qualcosa del genere. In molti animali c'è una parte del cervello coinvolta nel controllo delle relazioni di gruppo. Gli animali prettamente sociali, come i cani, lè scimmie e gli esseri umani, sono condizionati dai cambiamenti ormonali associati "con la separazione, cambiamenti diversi da quelli sperimentati da animali meno sociali. Da una prospettiva legata allo sviluppo, possiamo spiegare la tendenza a raggrupparsi come qualcosa di istintivo, una predisposizione genetica che prende forma cl.all'esperienza ricavata da un lattante osservando i fratelli e la madre. A un certo livello di adattamento, se ci si concentra su caratteristiche in grado di favorire un incremento nella sopravvivenza e nella riproduzione, possiamo sostenere che la selezione naturale favorisce gli animali inclini a restare in gruppo perché quelli che vagabondano da soli sono più esposti ad essere aggrediti e uccisi dai predatori. Sebbene aspettare possa avere un costo, può rappresentare un tipo di altruismo basato sulla reciprocità: io aspetto te oggi, sapendo che tu aspetterai me domani. Servendoci di una analisi filogenetica o storica, ci troveremmo a concludere che restare nel branco rappresenti una caratteristica evolutiva antica, già vista negli antenati del cane domestico, i lupi. La formazione del branco è una caratteristica che i cani domestici hanno ereditato dal lupo. Ci assicuriamo una notevole comprensione del comportamento affrontando ognuna di queste quattro domande relative alla causa. Tale approccio è stato portato avanti negli anni '50 da uno dei padri fondatori dello studio del comportamento degli animali, Nikolaas Tinbèrgen2, insignito del premio Nobel. Ancora oggi esso rappresenta la base della ricerca moderna nel campo del comportamento animale. 2 Spiegazioni causali diverse: J. Alcock - P. Sherman, The Utility of proximate-ultimate dichotomy in ethology, in «Ethology», 96, 1994, pp. 58-62; E. Curio, Causai andfunctional questions: How are they linked?, in «Animai Behaviour», 47, 1994, pp. 999-1021; M.D. Hauser, The Evolution of Communication, Cambridge, MIT Press, 1996; N. Tinbergen, in «Zeitschrift fur Tierpsychologie», 20, 1963, pp. 410-33. .

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Che motivo c'è allora, per sollevare tanto scalpore? Pochi studiosi del comportamento animale sosterrebbero che un cane, o qualsiasi altro animale, sia privo di emozioni.· Il disaccordo comincia quando tali sentimenti si interpretano con eccessiva superficialità basandosi soltanto su osservazioni aneddotiche. Aspettare perché il membro di un branco raggiunga gli altri potrebbe essere un indice di compassione o potrebbe dipendere da un senso di paura, o di ansia, oppure dal desiderio di controllare il movimento del branco, di scoprire che cosa ha trovato il vagabondo nella sua breve escursione, e così via. Per individuare quello che un cane o qualsiasi altro animale sente e pensa, dobbiamo effettuare osservazioni ed esperimenti sistematici, guidati dalle teorie della biologia evolutiva e dalle conoscenze scientifiche.

Animali da compagnia sul lettino Nicholas Dodman, un veterinario della Tufts University, ha dedicato l'intera carriera a occuparsi di cani e gatti da compagnia con problemi comportamentali. Inizia il suo libro Il cane che amava troppo dichiarando che la gente potrebbe avere «l'idea vaga di uno psichiatra vetennario stile voodoo che mette i cani sul lettino e li interroga circa la loro infanzia. Qualcuno dei proprietari potrebbe temere addirittura di doversi fare psicoanalizzare in prima persona». Ma qui la ciarlataneria a danno delle nostre bestiole è da escludersi. La sempre crescente mole di lavoro di Dodman ci dice che molti dei problemi comportamentali dai quali sono affetti i cani possono essere trattati con lo stesso tipo di rimedi farmacologici impiegati con risultati ottimi nei disordini psichiatrici degli uomini3. In particolare alcuni cani manifestano sintomi comportamentali indicativi di disordini bipolari, depressione, ansia di separazione, aggressività, rabbia, e disordini ossessivi-compulsivi. In certi casi, i problemi sembrano essere specifici di una razza o dell'altra: afghani inclini all'ansia, springer spaniel con la sindrome della rabbia. Consideriamo il caso seguente di disordine ossessivo-compulsivo in un doberman di nome Taylor. Taylor... come molti doberman, aveva la mania di leccarsL Ci si accorse che Taylor era in qualche modo incline all'oralità quando aveva circa un mese; era solito impasta. re cuscini e coperte con le zampe, prendendoli in bocca e succhiandoli fino a inzupparli. Da cucciolo di solito succhiava anche le orecchie degli altri cani, e se non c'erano orecchie o coperte nei paraggi, soleva succhiare e masticare pietre o la pelle del proprio fianco fino a inzupparla di saliva. Quasi soltanto i doberman hanno.il vizio di succhiare le coperte e di leccarsi i fianchi, inducendo a pensare che la cosa possa avere origini genetiche. Quando Taylor aveva due anni, prese a dedicarsi a un'altra attività: quella di leccarsi le zampe. 3

Cani sul lettino freudiano: N. Dodman, Il cane che amava troppo, Milano, Longanesi, 1996.

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Ci sono qui diverse osservazioni e intuizioni interessanti. L'insistenza nel leccare un oggetto durante il periodo del primo sviluppo, e in seguito lo spostamento di questa abitudine a certe parti del corpo, ricorda i molti casi compulsivi-ossessivi riferiti a esseri umani. In particolare, tale disordine ha una forte componente genetica, si manifesta spesso in giovane età, e la maggior parte degli individui tende a presentare sintomi comportamentali simili, di solito con un'eccessiva smania di lavarsi. Più avanti nella vita, il problema diventa altamente caratteristico e personale, con pazienti spinti a controllare più volte che le luci in uria stanza siano spente, o a entrare e a uscire da una porta fin quando non ne attraversano la soglia esattamente al cen:tro. In un caso famoso, un giovane, affetto da una sindrome di estrema gravità che lo costringeva a lavarsi le mani in continuazione, finì per tentare di togliersi la vita. Prese un fucile e si sparò in bocca. Invece di mettere fine alla propria vita, in effetti mise fine al problema. Il proiettile gli attraversò il lobo frontale del cervello - la corteccia prefrontale - provocandogli una lesione ed eliminando il disordine compulsivo:-ossessivo del quale soffriva4 • Come fa notare qualche ricercatore, è chiaro che i pazienti con disordini compulsivi-ossessivi vanno incontro a delle difficoltà quando un'azione deve essere inibita. Numerosi studi su esseri umani e animali stanno a indicare che la corteccia prefrontale ha un ruolo critico nel processo dell'inibizione. Sparandosi, il paziente fu tanto fortunato da rimuovere la zona di disturbo del suo cervello. Comunque, questo genere di trattamento fai-da-te non è raccomandabile. Ci sono altre tecniche, meno invasive, per trattare i disordini ossessivi-compulsivi? In seguito ai recenti progressi della medicina umana, Dodman e altri veterinari stanno seguendo una linea di trattamento che coinvolge sia la terapia comportamentale sia la somministrazione di farmaci. Per esempio, l'insistente smania di leccarsi spesso insorge nei doberman in risposta alla noia e allo stress, e con il tempo diventa del tutto incontrollabile e ossessiva. Il trattamento comportamentale comprende un crescente livello di esercizio fisico, un cambiamento della dieta,e l'imposizione di un collare apposito per impedire all'animale di leccarsi. E possibile conseguire successi assai più notevoli quando la terapia comportamentale viene associata ai medicinali che agiscono direttamente sui neurotrasmettitori, i messaggeri chimici del cervello. Sebbene esjstano significative differenze nell'anatomia cerebrale delle specie animali, ci sono relativamente poche differenze nei loro neurotrasmettitori5 • Di .conseguenza, i disordini neuropsicologici negli esseri umani e nei cani possono essere trattati in molti casi con le stesse medicine. 4 Disordini ossessivi-compulsivi negli esseri umani: J.L. Rappoport, The Boy Who Couldn 't Stop Washing, New York, Penguin Books, 1989. ' 'Dotazioni standard del cervello: J. Alman, Evolving Brains, New York, W.H. Freeman, 1998; T.W. Deacon, The Symbolic Species: The Co-evolution of Language and the Brain, New York, Norton, 1997; W. Hodos - C.B.G. Campbell, Evolutionary scales and comparative studies of animai cognition, in R.P. Kesner - D.S. Olton (a cura di), Neurology of Comparative Cognition, Hillsdale, NJ, Lawrence Erlbaum Assoc., 1990, pp. 1-20.

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Il lavoro di Dodman ci offre un modo per avvicinarci al problema di confrontare fopsicologie animali. In talune condizioni, cani e uomini sembrano mostrare risposte comportamentali simili e presentano lo stesso tipo di alterazioni neurochimiche. Il lavoro è elegante e si situa opportunamente tra la tradizione di Sherlock Holmes e il metodo scientifico. Una delle osservazioni fornisce un'indicazione. Vengono poi raccolti ulteriori dati da cui si ricavano ipotesi verificate per mezzo di esperimenti, in questo caso da terapie, farmaci e nuove indagini. Sfortunatamente rimane un problema. Sebbene comportamento e·neurochimica·umani e animali corrispondano, ciò non dimostra che i relativi pensieri e i sentimenti siano gli stessi. Prendiamo in considerazione il seguente esempio ipotetico che coinvolge due pazienti umani diagnosticati come sofferenti di disordini ossessivi-compulsivi. Ogni volta che veniva loro presentata una sèrie di oggetti, entrambi sceglievano quelli quadrati, li ordinavano in una pila e poi ricominciavano daccapo con quelli che restavano. Al termine del procedimento di scelta entrambi i pazienti si trovavano con una pila di oggetti quadrati e una di oggetti di altra forma. Il loro modo di comportarsi era identico e precedenti esami avevano rivelato che lo squilibrio neurochimico alla base del disturbo non differiva. Il problema si presentava quando si domandava loro quali norme avessero determinato la scelta e uno rispondeva di essere andato in cerca dei parallelògrammi, mentre l'altro di essersi interessato ai.quadrati. Per combinazione, si dava il caso che tutti i parallelogrammi disponibili fossero dei quadrati. Come risultato, sebbene le pile apparissero identiche, ognuno dei due pazienti si era servito di una diversa rappresentazione concettuale mentre sceglieva gli oggetti quadrati da quelli di forma diversa. Lo stesso comportamento, la stessa neurochimica, ma pensieri diversi.

Animali a confronto Gli acquirenti oculati vogliono concludere il miglior affare. Compiono ricerche sul campo, identificano. i concorrenti, elencano tutti i pro e i contro, e poi prendono una decisione in base alle loro priorità. Si tratta di un gioco di paragoni e contrasti. Gli esseri umani e molte altre specie affrontano una problematica simile nella ricerca del miglior compagno. Nella vicenda di Cyrano de Bergerac, la povera Rossana crede di essere innamorata del bel Cristiano. Quando scopre che lo spirito poetico dietro la voce è in effetti quello di Cyrano dal fisico tanto poco attraente, si trova costretta a compiere una scelta tra la bellezza fisica e quella mentale. Non ci sono risposte facili in questo caso, ma bisogna scegliere. Chi va in.cerca di un compagno, proprio come chi va in cerca di un vestito nuovo, di un forno a microonde o di un'automobile, deve essere capace di scavare sotto la patina superficiale e luccicante. Di rado gli annunci pubblicitari ci dicono la verità.

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La storia della ricerca sul modo di pensare degli animali, in molti sensi, è stata guidata da una mentalità degna di un acquirente: si voleva scoprire chi era il vero cervellone, il mago del regno animale. E il confronto si fa, molto comunemente, tra gli esseri umani e gli altri animali. Come afferma il filosofo Hilary Putnam: «Il mondo cui apparteniamo è un mondo di uomini, e quello che è consapevole o inconsapevole, quello che ha sensazioni e quello che ne è privo, quello che è simile dal punto di vista qualitativo a qualcos'altro e quello che è dissimile, dipende tutto in ultima analisi dal nostro giudizio umano circa la somiglianza e la diversità» 6 • Poeti, romanzieri e scienziati ci hanno identificati come individui su.periori perché siamo una specie nobile, razionale, intelligente, sociale, abbiamo successo, siamo creativi, sappiamo fabbricare gli strumenti, comunichiamo mediante il linguaggioe siamo dominati dall'ansia. Siamo anche, come osserva Mark Twain «l'unico animale che arrossisce. O ha la necessità di farlo» 7 • Nessuno ha espresso questa totale visione di superiorità e di unicità in maniera più eloquente dell'Amleto di Shakespeare, che definisce gli esseri umani come «la b~llezza del mondo, la perfezione tra gli animali». E naturale ammirare la nostra specie per le sue qualità. Situarci accanto agli dei ~ agli angeli, al di sopra di tutti gli altri, è a un tempo presuntuoso e noioso. E presuntuoso perché ci pone al vert!ce di una piramide intellettuale senza articolare i criteri della valutazione. E noioso perché ignora le differenze nel modo di pensare, e manca di andare alla ricerca di una comprensione su come si evolvano le diverse sfumature delle facoltà intellettive. Una dicotomia espressa comunemente è quella secondo la quale gli animali sono guidati dalle passioni mentre a guidare gli uomini è la ragione. Siamo razionali, imperturbabili e ponderati. Loro sono teste calde, bestie irrazionali e istintive. Mentre noi seguiamo la massima: «Penso, quindi sono», loro si attengono a quella che dice: «Sen~o, quindi agisco». La divisione tra le emozioni e la razionalità rappresenta le vestigia del pensiero cartesiano. Come sottolinea lo studioso di neurologia Antonio Damasio nel suo libro del 1994, L'errore di Cartesio, i sentimenti rivestono spesso un ruolo determinante nell'orientare le decisioni. Quando affrontiamo un problema, spesso consultiamo le nostre emozioni perchè ci facciano da guida. Sebbene ·sia chiaro che i sentimenti riescono a prevalere sulla razionalità, più spèsso di quanto si creda prendiamo decisioni che dipendono dalla comprensione di quello che proviamo. Nel romanzo di John Le Carré, Il sarto di Panama, Marta, militante che si è fatta da sé nelle file della rivoluzione studentesca, definisce la situazione in termini precisi: «La ragione funziona soltanto quando vengono coinvolti i sentimenti... Non esiste logica senza il coinvolgimento delle emozioni. Vuoi fare qualcosa e la fai. Questo è logico. Vuoi fare qualcosa e .non la fai, questa è una sconfitta della ragione» 8• • H. Putnam, Ragione, verità e storia, Milano, Il Saggiatore, 1994. 7 M. 1\vain, Wilson lo svitato, Milano, Garzanti, 1979. 8 J. Le Carré, Il sarto di Panama, Milano, Feltrinelli, 1997.

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L'idea che la razionalità dipenda dalle emozioni deriva da studi condotti su pazienti che avevano subito danni cerebrali e dall'uso di moderne .tecniche per lo studio dei meccanismi neurali grazie alle neuroimmagini ottenute tramite tomografie computerizzate quali il petscan (PET) e la risonanza magnetica (fMRT). La capacità di prendere decisioni razionali si deteriora quando nel cervello il contatto tra l'area di programmazione (la corteccia prefrontale) e quella determinante per le emozioni (l'amigdala) subisce un'interruzione. Inoltre, i risultati delle indagini neurologiche per mezzo delle onde magnetiche mostrano che queste due aree del cervello sono molto attive quando il cervello umano che non ha subito danni prende decisioni su problemi emotivi di rilevante importanza. Da questa ricerca dobbiamo quindi trarre la conclusione che i sentimenti sono necessari alla capacità decisionale dell'uomo. Quanto voglio sostenere è che il sentimento riveste un ruolo centrale anche nelle decisioni prese dagli animali. Molti animali, soprattutto i primati non antropomorfi possiedono una corteccia prefrontale, un' amigdala e l'apparato di circuito neurale che serve da connessione per queste aree. Tale dispositivo neurale procura loro ricche emozioni e una base per prendere le relative decisioni. Senza addentrarmi nei particolari, lascio questi problemi ai capitoli seguenti e mi limiterò a dichiarare che la dicotomia di Cartesio è destinata al fallimento. Ci serve una teoria migliore per capire la mentalità degli animali9• La teoria di Darvin sulla selezione naturale - e la logica del progetto e della costruzione che comporta - occupa una posizione centrale per la tesi di questo libro. Proprio come è stata realizzata una serie di veicoli da trasporto, la selezione naturale ha realizzato cervelli muniti di apparati specializzati, quelli che io definisco strumenti mentali. Alcuni strumenti sono comuni a diverse specie, mentre altri sono unici. Se il progetto di uno strumento mentale è buono o cattivo viene stabilito in un'arena da competizione, in cui soltanto il vh1citore sopravvive, si riproduce, e passa i propri geni alle successive generazioni. Teniamo presente il fatto che una volta inventata la ruota come mezzo di trasporto, la sua funzionalità dipendeva dall'invenzione delle strade. Una volta realizzate le strade, apparvero veicoli terrestri sempre più sofisticati, veicoli a cavalli e automobili primitive superate poi dal Modello T di Henry Ford, seguite dalle Lamborghini, e in ultimo dai veicoli truccati smili a razzi che possono ormai infrangere la barriera del suono. Viaggiare nell'aria e nell'acqua presentava sfide diverse, ma la tecnologia rispose con l'invenzione dei velieri, dei kayak, del windsurf, di aliscafi, alianti, aeroplani e razzi in grado di portarci lontano dal nostro diletto pianeta Terra. Qualcuno di questi progetti era ottimo e relativamente efficiente. Con il passare del tem•Sento, perciò penso con chiarezza: L. Brothers, Friday's Footprints, Oxford, Oxford University Press, 1997; A. Damasio, L'errore di Cartesio, Milano; Adelphi, 1995; J. Le Doux, The Emotional Brain: The Mysterious Underpinning of Emotional Life, New York, Simone Schuster, 1996.

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po e il progredire della tecnologia, comunque, lo stato delle cose cambia, ogni generazione contribuisce al miglioramento del progetto e alla creazione di nuovi strumenti. Come i veicoli costruiti dall'uomo, anche gli animali devono affrontare problemi di locomozione sul terreno, nell'aria e nell'acqua e i loro cervelli sono stati creati per risolvere tali problemi, seguire cambiamenti nei contorni topografici, nei gradienti di temperatura, e nei flussi dei venti e delle acque. Ma il cervello degli animali può cavarsela altrettanto bene anche con altre òifficoltà. I cervelli sono stati programmati per aiutare gli animali a procurarsi un pasto, a evitare di diventare pasto di qualcun altro, a scegliere un compagno, prendersi cura della prole, fare amicizie, imparare dall' esperienza, comunicare; ricordare dove si trova la propria dimora, evitare i nemici, collaborare con i compagni, e molto altro ancora. Come per i veicoli da trasporto, le specializzazioni del cervello degli animali emergono e persistono di fronte a problemi unici ma ricorrenti. Le analogie nel progetto sorgono quando la serie delle possibili soluzioni di un problema è limitata. Consentitemi di illustrare questi punti con un esempio tratto dal dramma preferito dalla natura, l'epica lotta tra predatore e preda.

Il fatale lampo di luce della lucciola La poesia di Tennyson I petali cremisi Or, 61, 1996, pp. 195-232; Iid., A geometrie process for spatial reorientation in young children, in «Nature», 370, 1994, pp. 57-59; J. Margules - C.R. Gallistel, He'ading in the rat: Determination by environmental shape, in «Animai Leaming and Behavior», 16, 1988, pp. 4Q4c1Q.

4. VIAGGIATORI DELLO SPAZIO

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sta con il lavoro secondo il quale le nocciolaie di Clark si servono del concetto di mezzo per trovare il cibo. Questa è una rappresentazione astratta dello spazio e ad essa si attinge in assenza di linguaggio. Gli errori di navigazione commessi dai topi e dai bambini sono sorprendenti. I punti di riferimento sono così evidenti, e in maniera altrettanto evidente vengono ignorati. Una tale cecità circa informazioni specifiche dimostra che il sistema di spostamento nello spazio che sta alla base opera in termini tutti suoi, seguendo i propri principi. Consentitemi di illustrarvi il livello di "ignoranza" raggiunto dagli animali quando pensano di sapere quello che stanno facendo. Addestrate dei topi a farsi strada in un labirinto per trovare un pezzetto di cibo alla fine di un corridoio. Una volta che siano riusciti a farlo, dividete i topi in due gruppi. Al primo gruppo viene inserita del labirinto una parete a metà del corridoio con il cibo. Quando i topi svoltano l'angolo per imboccare questo corridoio, finiscono per sbattere contro la parete, ricadendo all'indietro, storditi! Per il secondo gruppo, il corridoio del labirinto fornito di esca è segato a metà. Quando questi topi svoltano all'angolo, vanno a finire diritti oltre il bordo, con le zampe che si agitano frenetiche nel vuoto. In ultimo un grosso mucchio di cibo viene piazzato a metà strada tra il punto di partenza e il pezzo di cibo. Questi topi corrono al di là del mucchio come se non esistesse. I topi si trovano impegnati in un percorso per la determinazione del punto stimato verso il cibo e i più ovvi mutamenti ambientali vengono ignorati. Come nella filastrocca dei tre topolini ciechi: guardate come corrono. Tutti gli animali sono dotati di uno strumento mentale per elaborare le informazioni spaziali. Sebbene gli animali possano servirsi di modalità sensoriali diverse per spostarsi nello spazio, condividono tutti il meccanismo della determinazione del punto stimato. Questo meccanismo fondamentale è quindi integrato da una serie di dispositivi specializzati ognuno programmato per far fronte allo specifico problema posto dall'ambiente degli animali, sia che si spostino in un deserto privo di punti di riferimento, in un fiume fangoso, o in una foresta pluviale dei tropici.

Perché , che cosa e dove? Quando gli animali si spostano, di solito lo fanno per andare in cerca di una delle tre risorse fondamentali: il cibo, un compagno e un luogo dove vivere e riprodursi. Insieme, queste tre dimensioni definiscono l'ambiente di una specie, il suo spazio ecologico. Accentrando l'attenzione su quello che fanno gli animali in questo spazio, possiamo porci tre domande. In primo luogo, perché gli animali scelgono dei particolari itinerari di viaggio e non altri? In secondo luogo, di cosa vanno in cerca e quali meccanismi rendono possibile questa ricerca? Infine, dove è probabile che trovino gli oggetti del-

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I. CONOSCENZA UNIVERSALE

la loro ricerca e come fanno a ricordare il posto in cui sono situati? Il quesito finale indaga su questi tre interrogativi riguardanti la conoscenza spaziale, e completa le intuizioni derivate dalla neurobiologia e dalla teoria del~ l'evoluzione. Molte specie sono promiscue nelle loro abitudini di coppia. I maschi vagano su vasti territori per trovare femmine ricettive, mentre le femmine occupano territori relativamente limitati. Le differenze dei sessi in rapporto agli spostamenti sul territorio, creano disuguaglianze nella pressione selettiva. I maschi dovrebbero avere una memoria migliore delle femmine perché sono costretti a ricordare come queste ultime siano distribuite su territori molto vasti; le femmine devono semplicemente aspettare che i maschi arrivino a corteggiarle e poi manifestare le loro preferenze. Ma una memoria migliore richiede migliori dispositivi di accumulo, e per molti animali lazona del cervello responsabile di una tale ampia varietà di nozioni è l'ippocampo. Ci si aspetterebbe quindi che i maschi possiedano un ippocampo più grande delle femmine nelle specie dove si presenta una tale pressione selettiva. A metà degli anni '80, l'antropologo Steve Gaulin incominciò a indagare sulle possibili diversità dovute al sesso nelle abilità umane riguardo allo spazio. Valutando giustamente le difficoltà associate allo studio degli schemi di navigazione e del cervello, scelse i roditori, e in particolare un'arvicola poligama dei campi e un'arvicola monogama delle praterie. Durante la stagione degli accoppiamenti i maschi dell'arvicola dei campi estendono il raggio del territorio in cui vivono per aumentare le loro opportunità di incontrare compagne.Tra i maschi delle arvicole delle praterie ciò non accade. Quando queste specie vengono portate in laboratorio, i maschi delle arvicole dei campi entrano in competizione per le femmine nel percorrere i labirinti, un test di abilità spaziale. Le arvicole delle praterie, al contrario, non dimostrano nessuna diversità tra i sessi percorrendo i labirinti. Se si esamina il cervello di questi animali, i maschi delle arvicole dei campi mostrano di possedere un ippocampo relativamente più grande rispetto a quello delle femmine, mentre tra le arvicole delle praterie non si nota nessuna differenza di dimensioni tra gli stessi organi dei due sessi 17 • I risultati di Gaulin suggeriscono che quando il condizionamento ambientale è diverso per i maschi e le femmine, la selezione può provocare cambiamenti nel cervello.Tali cambiamenti sono molto specifici, limitati alle particolari regioni del cervello coinvolte in maniera più significativa nel tener testa alle pressioni che si veng_ono a creare. Fino a che punto si possono generalizzare queste scoperte? E stato soltanto un colpo di fortuna quel17 Viaggi di un roditore alla ricerca di una compagna: S.J.C. Gaulin - R.W. FitzGerald, Sex differences in spatial ability: An evolutionary hypothesis and test, in «American Naturalist», 127, 1986, pp. 74-88; Iid., Sexual selectionfor spatial-learning ability, in «Animai Behaviour», 37, 1989, pp. 322-31; L.F. Jacobs - W.D. Spencer, Naturàl space-use patterns and hippocampal size in kangaroo rats, in «Brain, Behavior and Evolution», 44, 1994, pp. 125-32.

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lo di Gaulin quando ha scelto due specie che si trovano agli estremi, due casi isolati dal punto di vista statistico? No. Ricercatori come l'etologa Lucy Jacobs hanno evidenziato effetti analoghi tra altri roditori, compreso il ratto canguro di Merriam o bettongia. Inoltre, studi sugli uccelli rivelano quasi identiche forme di mutamento nell'ippocampo in dipendenza dalle pressioni ecologiche, ma tali pressioni sono diverse da quelle documentate per i roditori 18 . · La· nocciolaia di Clark si trova a doversi confrontare con un problema di memoria di eccezionale difficoltà. In autunno gli individui immagazzinano da venti a trentamila semi in nascondigli che possono arrivare a un numero pari a cinque o seimila e poi aspettano la primavera per ritrovarli, cosa che riescono a fare con un'ottima competenza. Come fa la nocciolaia a portare atermine una tale incredibile impresa? Questo problema fu affrontato per la prima volta da due studi comparati che prendevano in esame i rapporti tra le dimensioni dell'ippocampo nel caso di specie che avevano o meno l'abitudine di immagazzinare il cibo per un futuro recupero. La dimensione dell'ippocampo risultò considerevolmente più grande tra le specie che immagazzinavano rispetto a quelle che non lo facevano in un numero schiacciante di casi, anche quando le specie paragonate erano in stretti rapporti di parentela19. Gli studi sull'immagazzinamento del cibo illustranò con eleganza come le analisi comparative ci procurino chiarimenti sui rapporti tra cervello e comportamenti. Mettono in luce, inoltre, un punto fondamentale per l' evoluzione dell'adattamento psicologico, e quanto a questo, di qualsiasi adattamento. In maniera specifica, possiamo considerare l'adattamento psicologico in · due modi. Innanzi tutto possiamo studiare specie strettamente correlate e 18 Storie di cervelli paragonabili tra loro: S.D. Healy, Ecologica[ specialization in the avian brain, in C.F. Moss - S.G. Shettleworth (a cura di), Neuroethological Studies of Cognitive and Perceptual Processes, Boulder, Westview, 1996, pp. 84-112; D.F. Sherry, Cross-species comparison, in M. Daly (a cura di), Characterizing Human Psychological Adaptation, New York, Wiley, 1997, pp. 181-94; D.F. Sherry - E. Hampson, Evolution in the ormonal contro/ of sexually dimorphic spatial abilities in humans, in «Trends in Cognitive Science», 1, 1997, pp. 50-56; D.F. Sherry - L.F. Jacobs - S.J.C. Gaulin, Spatial memory and adaptive specializations of the hippocampus, in «Trends in Neurosciences», 15, 1992, pp. 298-303. . . 1' I cervelli a sostegno degli uccelli che mettono da parte il cibo: R.P. Balda - A.C. Kamil, A comparative study of cache recovery by tree corvid species, in «Animai Behaviour», 38, 1989; J.A. Basi! et al., Differences in hippocampal volume among food storing corvids, in «Brain, Behavior and Evolution», 47, 1996, pp. 156, 164; N.S. Clayton, The neuroethological development of food-storing memory: A case of use it, or lose it!, in «Behavioural Brain Research», 70, 1995, pp. 95-102; N.S. Clayton - J.R. Krebs, Hippocampal growth and attrition in birds affected by experience, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», 91, 1994, pp. 7410-14; S.D. Healy, Ecologica[ specialization in the avian brain, in C.F. Moss - S.J. Shettleworth (a cura di), Neuroethological Studies of Cognitive and Perceptual Processes, Boulder, Westview, 1996, pp. 84-112; J.R. Krebs et al., Hippocampal specialization offood-storing in birds, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», 86, 1989, pp. 1388-92; D.F. Sherry, Cross-species comparisons, in M. Daly (a cura di), Charaterizing Human PsychologicalAdaptation, New York, Wiley, 1997, pp. 181-94; D.F. Sherry -A.L. Vaccarino, Hippocampus and memory for food caches in black-capped chickadees, in «Behaviorial Neuroscience», 103, 1989, pp. 308-13; D.F. Sherry et al., The hippocampal complex offood,storing birds, in «Brain, Behavior and Evolution», 34, 1989, pp. 308-17. ·

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andare in cerca delle differenze nella loro psicologia. Per esempio, tra i membri di una famiglia di uccelli canterini, i Paridi, la grande cincia rappresenta una specie stravagante in quanto è una delle poche che non mette da parte il cibo. A quanto pare risulta che l'ippocampo della grande cincia è relativamente più piccolo paragonato a quello delle altre specie della famiglia che immagazzinano il cibo. In secondo luogo, possiamo confrontare specie imparentate alla lontana che condividono lo stesso adattamento psicologico. Per esempio sebbene le cingallegre, il picchio muratore e le ghiandaie siano imparentate soltanto alla lontana, tutte e tre le specie mettono da parte il cibo, e tutte e tre mostrano lo stesso tipo di incremento nelle dimensioni dell'ippocampo e il miglioramento delle capacità spaziali rispetto ad altre specie strettamente correlate che non hanno l'abitudine di immagazzinare gli alimenti. Dato lo schema complessivo rivelato dagli studi comparati, cosa si potrebbe dire circa le particolarità dell'immagazzinare, delle capacità spaziali e dell'ippocampo? Risulta che la risposta coincide con il lavoro discusso in precedenza. L'ippocampo riveste un ruolo funzionale nel processo di mettere in serbo il cibo e di ritrovarlo in seguito. Le cince boreali immagazzinano il cibo e mostrano il caratteristico aumento nelle dimensioni dell'ippocampo. Se si asporta l'ippocampo dagli uccelli adulti, questi continuano a mettere da parte il cibo, a cercarlo e a mangiarlo quanto gli individui integri. Ma comunque di rado ritrovano gli alimenti nei luoghi dove li hanno riposti. Non ricordano più dove hanno messo i loro beni. Inoltre, mentre le cince senza l'ippocampo possono ritrovare il cibo basandosi sul colore e la forma delle caratteristiche del paesaggio, sono incapaci di ritrovarlo in base soltanto alla posizione nello spazio. Ciò mette in evidenza la questione essenziale secondo cui l'ippocampo è coinvolto nella memoria spaziale. Tutti i lavori dei quali abbiamo parlato finora dimostrano che gli animali con un cervello sviluppato elaborano le informazioni spaziali. Ma come fanno i pulcini ad acquisire la conoscenza spaziale? L'ippocampo al momento della nascita è già relativamente grande, ancora prima dell'esperienza dell'immagazzinare e del ritrovare? Non dimentichiamo che il lavoro sullo zigolo muciatto svelava un periodo determinante per l'apprendimento delle configurazioni stellari. Se la visuale di un lembo di cielo veniva occultata ai pulcini nel periodo in cui si coprono di penne, questi non sapevano più orientarsi nella direzione giusta nel corso della prima migrazione. Esiste una storia parallela per quanto riguarda l'immagazzinare e il recuperare? Sì, ma lo spiraglio aperto alle opportunità può essere più ampio. Nel 1994 i biologi Nicky Clayton e John Krebs allevarono un gruppo di cince grigie in un ambiente dove erano nutrite ma non era mai consentito loro di mettere da parte e ritrovare i semi; la cincia grigia immagazzina il cibo naturalmente quando è in libertà. Altri individui ebbero la possibilità di fare la stessa esperienza, ma a livelli diversi e a età diverse. Quando furono fatti confronti tra le prove in relazione allo spazio, gli individui che

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avevano avuto modo di fare esperienza prestarono maggiore attenzione agli indizi .della localizzazione che non a quelli forniti dai colori e dalle forme, mentre gli individui privati della possibilità di fare esperienza prestavano la stessa attenzione a entrambi i tipi di suggerimento. La quantità di esperienze nell'immagazzinare e nel recuperare non influisce sulle capacità spaziali. Inoltre, gli individui privi di esperienza nel mettere da parte e recuperare mostrano una riduzione del volume dell'ippocampo e un aumento di neuroni morti; l'ippocampo si sviluppa normalmente purché ci sia qualche esperienza durante il periodo della crescita delle penne. Clayton e Krebs giungono alla conclusione che l'esperienza sia fondamentale per la crescita dell'ippocampo, ma lo spiraglio aperto alle opportunità sembra ampio in confronto ai risultati di altri studi sullo sviluppo in relazione ai periodi influenzabili della crescita (vedi Capitolo 6). Il cervello è condizionato in misura determinante dall'esperienza, e questa mostra i propri effetti sull'ippocampo invece che sull'intera massa cerebrale. Inoltre, variazioni nelle dimensioni dell'ippocampo tra le specie sembrano riflettere un adattamento anatomico in rapporto all'immagazzinamento del · cibo. Le conclusioni di Clayton e Krebs rientrano nell'ambito del tema generale che abbiamo sviluppato nei capitoli precedenti, e in particolare quello della differenza tra i meccanismi della sfera specifica e della sfera generale dell'apprendimento. Ma quanto sono inattaccabili tali conclusioni? Se alle cince grigie viene consentita 1' esperienza di un compito spaziale che coinvolga la memoria, ma non quella di immagazzinare e recuperare, la crescita dell'ippocampo risulta normale. Perciò, l'ingrandimento funzionale dell'ippocampo potrebbe non dipendere da particolari tipi di esperienza, una cosa richiesta dal fatto di trovarsi a essere confinato in una ristretta sfera specifica. Per di più, sebbene le dimensioni dell'ippocampo siano chiaramente variabili, mostrando cambiamenti in risposta alle necessità di approvvigionamento di cibo, esso si mostra sensibile ad altri generi di pressione. Il lavoro di Gaulin e Jacobs sui roditori indica che le pressioni sessuali possono provocare i cambiamenti nel volume dell'ippocampo. Più di recente, David Sherry e i suoi colleghi hanno dimostrato che le differenze sessuali nelle cure parentali possono a loro volta esercitare pressioni sulle funzioni dell'ippocampo. In taluni uccelli, gli individui abbandona'-' no le proprie uova nel nido di altre specie, e quindi si liberano del fardello delle cure parentali. Questi parassiti della cova hanno strategie diverse. In certe specie, il maschio e la femmina si spostano insieme per trovare l'ospite prescelto, mentre in altre la femmina si accolla da sola la responsabilità di trovare un ospite, e questo spesso richiede di dover ricordare la posizione di decine di nidi. Nelle specie dove la femmina è responsabile del reperimento di un ospite, il suo ippocampo è più grande in maniera significativa di quello del maschio; in quelle dove maschio e femmina cercano insieme, non esiste alcu-

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na differenza nel volume di questa parte del cervello 20 • Tali osservazioni suggeriscono che il meccanismo dell'apprendimento per quanto concerne lo spazio potrebbe essere più generale di quanto si pensasse in origine; potremmo dover rivedere il nostro punto di vista circa la sfera della specificità, almeno nel campo della navigazione spaziale. Tutte le specie sono dotate di strumenti mentali per elaborare le informazioni sugli oggetti, i numeri e lo spazio. Per talune specie gli oggetti pertinenti sono i frutti, i numeri pertinenti sono tre o meno di tre, e gli spazi pertinenti sono le distanze tra gli alberi da frutto. Per altre specie gli oggetti pertinenti sono i predatori e i membri di altri gruppi, i numeri pertinenti sono uno, due, tre o più, e lo spazio pertinente è una foresta pluviale tropicale, piena di rivali. Tali variazioni conducono a differenze tra le specie sul tipo di dispositivi mentali aggiunti a ciascun campo di conoscenza, dispositivi quali mappe cognitive, e sistemi di calcolo fondati su una serie illimitata di simboli. Come hanno fatto, allora, certi organismi a evolversi fino a diventare psicologi della natura, individui con una consapevolezza di sé, una capacità di imitare, e l'abilità di ingannare?

'° Campi specifici o generici?: N.S. Clayton, The neuroethological development offood-storing memory: A case of use it, or tose it!, in «Behavioural Brain Research», 70, 1995, pp. 95-102; D.F. Sherry, Cross-species comparisons, in M. Daly (a cura di), Characterizing Human Psychological Adaptations, New York, Wiley, 1997, pp. 181-94; D.F. Sherry et al., Female have a larger hippocampus than males in the brood-parasitic brownheaded cowbird, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», 90, 1993,pp. 7839-43.

Parte seconda

Psicologi della natura

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Conosci te stesso

Nella mitologia, Narciso è un giovane bellissimo, ma vanitoso, che si innamora profondamente della ninfa Eco. Invece di lasciarsi affascinare dalle sue romantiche proposte, EcO si limita a ripetere le parole che le rivolge Narciso. Questi considera la cosa una mancanza di rispetto. A causa del suo egotismo e della sua fatuità, gli dèi lo maledicono. La maledizione ha effetto. Dopo aver contemplato la propria immagine riflessa in uno stagno nella foresta, Narciso se ne innamora pazzamente, non ha più alcun interesse per niente al mondo. In ultimo finisce per morire. Come le pozze d'acqua, anche gli specchi riflettono la nostra immagine. Forse a causa delle loro prerogative in apparenza magiche hanno rivestito un ruolo determinante in molte storie. Tigger, l'amico di Winnie Pooh, resta sorpreso nello scoprire che ci sono altri Tigger sulla terra, quando per la prima volta si contempla in uno specchio e non si riconosce. Nel suo libro Les mots, il filosofo Jean Paul Sartre critica la cultura: «Un prodotto dell'uomo: in essa proietta se stesso, in essa si riconosce; soltanto questo specchio cruciale gli offre la sua immagine». Ma lo specchio in Biancaneve e i sette nani è il più magico di tutti, perché ha il potere di vedere nel futuro ed esprime un sincero giudizio sulla realtà. Consentitemi di cogliere l'elemento cruciale, cruciale a causa di ciò che si presume siano le convinzioni del lettore. La regina del castello è perfida e vanesia. Ogni giorno si rilette davanti allo specchio aspettando la consueta risposta alla sua retorica domanda sulla bellezza. Ma ora pensa.te ai passaggi conoscitivi richiesti perché il lettore apprezzi le parole famose: «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?». Il primo passaggio è quello di rendersi conto che la regina pretende dallo specchio un giudizio sulla sua bellezza. Perché la cosa funzioni la regina deve valutare la propria bellezza in relazione a quella delle altre. Deve perciò possedere un certo concetto di sé, un'opinione soggettiva di se stessa come individuo nel mondo, distinta dagli altri individui. In secondo luogo la regina pensa che lo specchio abbia un ragionevole concetto della bellezza e si serve di tale intuizione per valutare le belle del paese. Quando lo specchio dichiara che la regina è la più bella di tutte, lei è soddisfatta, perché questo naturalmente si accorda con le sue stesse convinzioni.

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II. PSICOLOGI DELLA NATURA

Un giorno lo specchio proclama Biancaneve la più bella. Non soltanto la regina è furiosa, in preda alla gelosia, ma è infuriata dalla scoperta di aver nutrito una falsa opinione. La magia in questa storia, quindi, può essere apprezzata soltanto se si procede seguendo questi passaggi. E alla base di ogni passaggio si trova un concetto di consapevolezza di sé, una valutazione di chi siamo e di come siamo arrivati a conoscere il nostro io interiore, quello che crediamo, desideriamo e vogliamo 1• Come fanno gli esseri umani ad acquisire un concetto di sé e perché questa capacità si evolve? I bambini nascono con qualche rudimentale cognizione di chi sono? Tutti gli animali condividono la nostra capacità di consapevolezza di sé? E se è così, quale forma assume una tale rappresentazione?

Tipi di identificazione Considerate le circostanze nelle quali potrebbe essere remunerativo per qualche appartenente alla vostra specie essere trattato in maniera diversa dagli altri. I biologi evoluzionisti hanno una risposta chiara per questo problema: accade in ogni caso in cui la discriminazione porta a un conveniente vantaggio: maggiore sopravvivenza della prole e perciò maggior numero di geni trasmesso alla generazione successiva. Nelle specie che si riproducono sessualmente, un èriterio di discriminazione sarebbe certamente il sesso del1' individuo. Tentare di accoppiarsi con lo stesso sesso porta a un vicolo cieco. Scegliere un compagno sessualmente immaturo risulta in ugual modo controproducente. Perciò, una distinzione tra cucciolo e adulto si rivela altrettanto necessaria. Un congiunto deve essere a sua volta discriminato per dare la preferenza a chi non sia consanguineo. Accoppiarsi con parenti stretti in genere è deleterio, perché produce una prole con minori possibilità di sopravvivenza di quella generata accoppiandosi con un individuo imparentato alla lontana o geneticamente non imparentato affatto. D'altra parte, aiutare gli stretti consanguinei a sopravvivere e a riprodursi - un atto di altruismo biologico dove si ha un costo per chi lo compie e un beneficio per chi lo riceve - è vantaggioso. Poiché il parente condivide i geni comuni, aiutare un consanguineo facilita in maniera indiretta la replicazione dei geni altruistici. La selezione favorisce quindi gli individui che Rossono discriminare fra tanti sulla base del grado di parentela genetica. E quasi certo che tutte le specie possiedono un certo livello di capacità di discriminazione rispetto alla parentela, sebbene il meccanismo rimanga un mistero nel caso di non pochi animali. Tutti gli organismi sociali che si riproducono sessualmente sembrano esse'Io? Me? Chi?: J.L. Bermudez -A. Marce! -N. Eilan (a cura di), The Body and the Self, Cambridge, Press, 1995.

MIT

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Tutti gli animali possiedono un meccanismo per riconoscere gli altri, ma solo pochi di loro hanno la capacità di riconoscere se stessi.

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II. PSICOLOGI DELLA NATURA

re dotati di meccanismi neurali per discriminare i maschi dalle femmine, i cuccioli dagli adulti, e i parenti dagli estranei. Quali tipi di strumenti mentali si sono evoluti con lo scopo di facilitare la discriminazione tra gli individui che differiscono per quanto riguarda la parentela? Tutti i sistemi di individuazione devono trovare un equilibrio tra specificità, rigidità e accuratezza da un lato e imprecisione, elasticità e trascuratezza dall'altro. La natura ci offre diversi casi nei quali una semplice regola di familiarità guida il trattamento preferenziale del consanguineo: quelli che incontrate spesso sono vostri parenti. Un esempio classico di questo tipo di regola messo in pratica è l'imprinting, lo schema di attaccamento osservato in molti uccelli. Come l'etologo premio Nobel Konrad Lorenz osservava negli anni '40 e '50, i pulcini tendono a seguire il primo oggetto che vedono muoversi. Questa è una regola buona quanto le altre, dato che in natura il primo oggetto di solito è la mamma. Sperimentatori dalla mente tortuosa comunque si sono avvantaggiati di questa regola per dimostrare che il pulcino seguirà (subirà cioè l'imprinting di) uno scienziato, un cubo rosso che gira, o addirittura membra staccate di una galliria applicate a una scatola, nello stile di Jackson Pollock. · Questo comportamento che induce i pulcini ad accodarsi non è un segno di stupidità, bensì l'indice di un meccanismo in un campo specifico dal quale derivano errori intelligenti simili a quelli che incontreremo nell'ultimo capitolo sugli spostamenti nello spazio2 • In contrasto con una regola familiare, taluni meccanismi di identificazione sono come uno stampo per modellare, uno schema per la discriminazione. Sono altamente specifici, abbastanza rigidi e accurati. I tunicati, invertebrati marini, si stabiliscono accanto a individui con i quali condividono lo stesso sistema immunitario genetico e talvolta si fondono con essi. Le api della famiglia delle Halictidae e Adrenidae, hanno odori specifici per ogni colonia, determinati dai geni che codificano la struttura dei ferormoni, una specie di profumo che serve da firma. Identificando gli individui a seconda del1' odore, gli insetti riescono a respingere gli intrusi. Gli sciuridi anche quando crescono separati dai fratelli e dalle sorelle, si associano di preferenza con questi ultimi piuttosto che con estranei altrettanto sconosciuti. Il biologo evoluzionista Richard Dawkins coniò la frase "effetto barba verde" negli anni '70 per descrivere come alcuni di questi sistemi possano funzionare a vantaggio di una identificazione degli individui dalla mentalità altruistica, quelli che volontariamente incorrono in un danno diretto alla propria salute pur di fare in modo che un altro ne tragga beneficio. In termini 2 In qual modo il pulcino vede la chioccia: P.P.G. Bateson, The charateristics and context of imprinting, in «Biologica! Reviews», 41, 1966, pp. 177-220; G. Horn, Cerebralfunction and behaviour investigated through a study of filial imprinting, in P. Bateson (a cura di}, The Development and Integration of Behaviour, Cambridge, Cambridge University Press, 1991, pp. 121-48; M.H. Johnson - J. Morton, Biology and Cognitive Development, Cambridge, Basi! Blackwell, 1991; K. Lorenz, The companion in the bird's world, in «Auk», 54, 1937, pp. 245-73.

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più generali, se possiedo dei geni che mi hanno predisposto a comportarmi in maniera altruistica, voglio trovare qualcuno che goda della stessa predisposizione. Non posso vedere questi geni, ma posso vedere i corpi in cui sono ospitati, sentirne l'odore, udirne le voci e osservarne le azioni. Tutto ciò mi può procurare un suggerimento affidabile. Se ho una barba verde e anche loro ce l'hanno, allora sussiste la possibilità che abbiamo dei geni in comune. Di conseguenza, la selezione naturale favorisce le azioni altruistiche compiute a favore delle barbe verdi piuttosto che a favore di quelle rosse o di chi è glabro. Uno stampo rigido, o un meccanismo di chiave e serratura usati per ottenere un'individuazione, sono più esposti a errori di diverso genere di quanto lo siano meccanismi più elastici. In particolare, un numero relativamente minore di cambiamenti nell'orientamento o nella configurazione dell'oggetto-bersaglio potrebbe avere per risultato una falsa identificazione, con il rischio di far credere un compagno quello che in realtà è un predatore. Immaginate che il modello rigido sia predisposto per riconoscere vostro fratello John dall'aspetto della faccia di John quando lui si trova in posizione eretta. Il sistema si avvia controllando tutti i tratti salienti: un grande naso, controllato! Occhi azzurri, controllati! Mento pronunciato, controllato! Sopracciglia cespugliose, controllate! Sì, è John. Voltate le spalle a John per pochi istanti e quando vi girate di nuovo lo trovate a testa in giù e non lo riconoscete. Non c'è più niente che combaci, soltanto il colore degli occhi. Lo schema è troppo rigido. O vi tocca piegare la testa o dovete aspettare che la persona capovolta si rimetta diritta. L'effetto barba verde di Dawkin ci offre una spiegazione sul motivo per cui individui che hanno un aspetto, un odore, o emettono suoni somiglianti si aiutino a vicenda. L'effetto barba verde può anche essere interpretato in un modo che implica un certo livello di auto-identificazione. In particolare, per sapere che la tua barba verde è come la mia, devo sapere a cosa somiglio io. Il concetto sfuggente in quest'ultima frase è "sapere". Forse il significato più semplice di sapere, e senza dubbio il meno interessante dal punto di vista della mente, ci giunge dalla nostra comprensione dei sistemi immunitari. Una molecola che penetri in un sistema viene considerata compatibile se, e soltanto se, combacia con una configurazione o marchio molecolare. Forgiare il marchio è ovviamente possibile e ampiamente dimostrato dalla fatale raffinatezza di virus e parassiti3. Il sistema immunitario "io" è perciò un marchio molecolare e "conoscere" si traduce con "individuare". Il sistema immunitario non è consapevole di sé in alcun modo, non è consa'li marchio della parentela: A.F.G. Bourke, Sociality and kin selection in insects, in J.R. Krebs - N.B. Davies (a cura di), Behavioural Ecology, Oxford, BJackwell Scientific, 1997, pp. 203-27; R. Dawkins, The Se(fish Ge11e, Oxford, Oxford University Press, 1976; R.K. Grosberg, The evolution of allo-recogni1io11 spec(fìcity in c/011al vertebrates, in «Quarterly Review of Biology», 63, 1988, pp. 377-412; J. Maynard Smith, Gmup selectio11 and kin selection, in «Nature», 201, 1964, pp. 1145-47; P.W. Sherman - H.K. Reeve - D.W. Pfennig. Recognition systems, in J.R. Krebs - N.B. Davies (a cura di), Behavioura/ Eco/ogy. Oxford, Blackwell Scientific, 1997, pp. 69-96.

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II. PSICOLOGI DELLA NATURA

pevole di quello cui somiglia il suo marchio. Non c'è alcun motivo per il quale esso dovrebbe saperlo. Ci sono altri sistemi di individuazione simili al sistema immunitario in quanto predisposti per riconoscere segnali con un marchio distintivo dotati di una più sofisticata organizzazione. Consideriamo il canto degli uccelli (vedi Capitoli 6 e 8) e in particolare il processo dell'apprendimento del canto in una specie come il passero dalla corona bianca che impara soltanto un tipo di canto in tutta la vita. Nel periodo della crescita, il pulcino progredisce attraverso una serie di stadi prima di emettere il canto definitivo in età adulta. Nel primo stadio, il materiale canoro viene elaborato e immagazzinato nella memoria. Il materiale immagazzinato dipende "da diversi fattori, uno dei più importanti riguarda la corrispondenza tra la morfologia acustica del dato immesso e la morfologia del modello immagazzinato nel cervello. In una specie come il passero dalla corona bianca se l'individuo ascolta un canto diverso da quello della sua specie, e lo sente al di fuori di una specifica fase in cui ha l'opportunità di apprendere, l'uccello produrrà un canto che avrà poco in comune con quello che contraddistingue come un marchio la sua specie. Se tutto va bene, comunque, l'uccello immagazzina il materiale nella memoria e poi, con il passare del tempo, produce dapprima una interpretazione sciatta e in seguito una esibizione da virtuoso. Un passero con la corona bianca dal canto ormai stabilizzato, distingue il proprio canto da quello emesso da un altro uccello? Come possiamo scoprirlo? La risposta si trova in qualche ricerca neurobiologica e in alcuni semplici esperimenti basati sull'ascolto di registrazioni. Nel 1983 lo studioso di neurologia Dan Margoliash, anestetizzò dei passeri dalla corona bianca che avevano imparato il canto specifico della loro specie. Mentre erano addormentati, fece loro ascoltare diversi segnali acustici e registrò le reazioni neurali della parte del cervello coinvolta nell'elaborazione del canto. Il segnale che suscitava la reazione neurale più forte era quello del canto proprio dell'uccello. Se il soggetto ascoltava il canto di un passero dalla corona bianca emesso da un individuo appartenente a una popolazione diversa, con un diverso dialetto, i neuroni reagivano debolmente. Se il soggetto ascoltava il canto di un passero dalla corona bianca appartenente a una popolazione con lo stesso suo dialetto, i neuroni reagivano con più vivacità. Se l'uccello udiva la registrazione del suo stesso canto a ritroso, i neuroni reagivano, ma non in misura tanto accentuata come quando il suo stesso canto veniva fatto ascoltare nel modo giusto. Questi neuroni perciò sembrano essere sintonizzati su una stazione sola, quella del canto dell'uccello stesso. Se il cervello codifica i canti in questo modo, che cosa accade a un più alto livello di percezione, nel quale il volatile deve ascoltare, elaborare, valutare e rispondere a un canto? Quando gli uccelli sentono cantare un intruso sconosciuto entro il loro territorio o nei pressi del confine di tale territorio, in maniera tipica gli si avvicinano e rispondono con aggressività. Ciò suggerisce che fanno una di-

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5: CONOSCI TE STESSO

stinzione tra vicini conosciuti e intrusi sconosciuti. L'uccello classifica il suo stesso canto come quello di un intruso, di un vicino o di qualcos'altro? Stando agli esperimenti basati sull'ascolto delle registrazioni dei canti, la reazione agli estranei è più intensa mentre è meno forte con i vicini conosciuti. Il proprio canto suscita una reazione intermedia, e quindi suggerisce che esiste una diversità tra la percerzione di un vicino e di un estraneo. Ma possiamo dire di più? Sfortunatamente no, e a questo punto la sensibilità delle nostre tecniche di misurazione limita la nostra comprensione. Gli uc-:celli possono reagire con· livelli intermedi di aggressività al proprio canto perché lo hanno udito più spesso del canto di un estraneo, ma meno spesso O altrettanto spesso del canto di un vicino conosciuto. çomunque, dal momento che non è chiaramente un vicino conosciuto, suscita una reazione più debole del canto di un estraneo. Come sappiamo tutti, ascoltare la propria voce registrata costituisce una bizzarra esperienza: non ci sembra la nostra voce4 •

Riflettendo Il genere di auto-identificazione della quale abbiamo discusso fin qui è semplice. Si basa su aspetti misurabili del mondo esterno, ed è ristretta a una singola modalità: identificazioni di molecole, odori e suoni. Ma la comprensione di noi stessi - chi siamo, e cosa: crediamo - si estende oltre il mondo materiale. Ed è inoltre multi-modale. Non siamo solo consapevoli di quello che sembriamo, di· come sono i suoni che emettiamo, di quello che sentiamo. La consapevolezza di sé integra tutto questo. Possiamo riflettere su quello che crediamo e su come le nostre convinzioni siano talvolta simili e talvolta differenti da quelle degli altri. Agli adulti normali di oggi viene spesso ricordato il loro aspetto. Ci vediamo nello specchio, nei monitor della televisione che catturano le nostre azioni mentre ci aggiriamo nei reparti dei negozi, e nelle fotografie. Tali rappresentazioni fisiche ci forniscono un'immagine di quello che sembriamo, e un'immagine capace di stamparsi con il tempo in manieraindelebile nelle nostre menti. Sebbene tendiamo tutti a pensare alla nostra immagine nello specchio e nei ritratti fotografici come a una distorsione del nostro vero aspetto, in generale abbiamo una buona consapevolezza di come siamo; 4 Stanno suonando la mia canzone: M.D. Beecher, Signature system and kin recognition, in «American Zoologist», 22, 1982, pp. 477-90; D. Margoliash, Acoustic parameters underlying the responses of song-specific neurons in whithe-crowned sparrow, in «Joumal ofneuroscience», 3, 1983, pp. 1039-57; Id., Preference for autogenous song by auditory neurons in a song system nucleus of the white-crowned sparrow, in «Journal of Neuroscience», 6, 1987, pp. 1643-61;. P.. Marler, A comparative approach to vocal learning: Song development in white-crowned sparrow, in «Journal ofComparative Physiological Psychology Monographs», 71, 1970, pp. 1-25; P. Marler e M. Tamura, Culturally transmitted patterns ofvocal behavior in sparrows, in «Science», 146, 1962, pp. 1483-86; P.K. McGregor (a cura di), Playback and Studies of Animai Communication, New York, Plenum,1992.

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la nostra capacità di riconoscerci per mezzo degli altri sensi è di gran lunga meno accurata di quanto lo sia in campo visivo. Tutti noi sappiamo bene le cose che·possono modificare la nostra fisionomia: il trucco, gli specchi deformanti, le lenti a contatto colorate, le maschere, i cappelli, le tinture per i capelli, e la chirurgia plastica. Quando dico "sappiamo", mi riferisco alla capacità di riconoscere i mutamenti, di rifletterci, e di capire come cambia il nostro aspetto e che cosa tali cambiamenti operino rispetto a chi siamo e a cosa pensiamo. Quando dico "noi", comunque, mi riferisco a una speciale classe di organismi: gli esseri umani normali di tutto il mondo, che han:no almeno due anni d'età. Quando una bambina di un anno si guarda nello specchio dopo che un piccolo segno inodore le è stato applicato a tradimento sulla fronte, lei non si accorge del cambiamento. Non tocca, per esempio, proprio quel segno. Esistono poche prove che i bambini a quell'età si riconoscano in uno specchio. A un certo ptmto, verso il secondo anno di vita, la bambina toccherà il segno sul suo viso. Riconoscerà la propria immagine nello specchio, una fonte di gioia e di divertimento. Insieme ai bambini di ùn anno, ci sono due altri gruppi di esseri umani che hanno problemi con i volti familiari compreso in certi casi anche il proprio: pazienti con problemi neurologici conosciuti come prosopagnosia e sindrome di Capgras. Tra i prosopagnosici che sono incapaci di riconoscere i visi familiari, le analisi neurologiche rivelano danni alle zone del cervello coinvolte in complesse elaborazioni visive (lobi temporali inferiori). Sebbene tali pazienti non riconoscano le facce delle persone famose né quelle dei familiari, sono in grado di riconoscerli dalla voce e in genere non hanno problemi nel riconoscere gli oggetti. Ma la questione più affascinante e psicologicamente devastante, per un certo numero di prosopagnosici, è l'incapacità di riconoscere il proprio stesso volto, sia in uno specchio che in una foto. Per questi individui, l'immagine nello specchio riflette semplicemente un'altra persona5• Ricerche sui malati e sulla popolazione normale indicano che gli individui sono spesso inconsapevoli delle conoscenze accumulate nel loro cervello. 'Di chi è la faccia?: A. Damasio, L'errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995; A.R. Damasio - H. Damasio - D. Tranel, Impd.innents ofvisual recognition as clues, to.the processes of memory, in G.M. Edelman - W.E. Gall - W.N. Covan (a cura di), Signa/ and Sense: Locai and Global Order in Perceptual Maps, New York, Wiley-Liss, 1990, pp. 451-73; A.R. Damasio - D. Tranel- H. Damasio, Face agnosia and the neural substrate of memory, in «Arinual Review of Neuroscience», 13, 1990, pp. 89-109; M.J. Tovee - E.M. Cohen-Tovee, The neural substrate offace processing models: A review, in «Cognitive Neuropsychology», 10, 1993, pp. 505-28; D. Tranel - A.R. Damasio, Knowledge without awareness: An autonomie index of recognition of prosapagnosics, in «Science», 228, 1985, pp. 1453, 1454; lid., The covert learning of affective valence does not require structures in hippocampal system of amygdala, in «Journal of Cognitive Neuroscience», 5, 1993, pp. 79-88; D. Tranel - A.R. Damasio - H. Damasio, lntact recognition of facial expression, gender alid age in patients with impaired recognition offace identity, in «Neurology», 38, 1988, pp. 690-96; A.W. Young, Face recognition impairments, in «Philosophical Transactions of the Royal Society of Londom>, 335, 1992, pp. 47-54.

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Negli anni '80, il neurologoAntonio Damasio e i suoi colleghi si impegnarono a determinare se i malati prosopagnosici potevano avere qualche nascosto riconoscimento delle facce familiari, una specie di identificazione della quale potevano non essere consapevoli. Se volete appropriarvi di tale intuizione, immaginate di essere il Presidente .degli Stati Uniti e di incontrare un gruppo di sostenitori in una piccola comunità rurale. La gente fa la fila lungo la via principale, aspettando di stringervi la mano. Voi procedete stringendo le mani a Tom, Dick, Harry, Mary e Jane. Loro vi rivolgono calorosi applausi, Harry ha in mano uno scherzo di carnevale, un giochetto che comunica una piccola scossa elettrica. Percepite la lieve scossa, guardate Harry interdetti, ma poi vi mettete a ridere e passate al sostenitore successivo. Ora, qualche giorno dopo, vi trovate nella stessa città e avvicinate un gruppo di gente. Sebbene non riconosciate nes:... suna faccia, quando vedete Harry il cuore prende ad accelerare i battiti e cominciate a sudare. Percepite qualcosa di familiare, ma non riuscite a individuare di cosa si tratti. Non ricordate il giochetto di carnevale, ma vedere Harry vi procura un senso di disagio. Damasio e i suoi colleghi condussero questo esperimento con pazienti prosopagnosici. Quanto scoprirono fu che, sebbene non potessero dirvi chi fosse familiare e chi no, i pazienti sperimentavano ugualmente il batticuore e la traspirazione della pelle quando vedevano la faccia della persona che li aveva sottoposti allo shock. Per provocare qualche sensazione di familiarità in un prosopagnosico, bisogna cambiare il significato emotivo della faccia. Ma incrementare il segnale emotivo non è sufficiente per ottenere il riconoscimento di un volto. Il paziente prosopagnosico non potrà mai dire: «Questo è Harry». Tali pazienti hanno soltanto un'impressione che non può essere articolata individuando Harry. Sebbene questo esperimento, a quanto mi risulta, non sia stato condotto mentre un paziente prosopagnosico guardava un'immagine di sé, potrebbe manifestarsi lo stesso tipo di reazione: batticuore e palmi sudati, ma non, purtroppo, una risposta come: «Questo sono io!». La sindrome di Capgras differisce dalla prosopagnosia in quanto i pazienti riconoscono gli individui familiari, ma pensano che tali individui siano stati sostituiti da impostori. Quando viene loro mostrata una fotografia della madre, la individueranno nella maniera giusta, ma soggiungeranno che la loro madre ha sperimentato qualcosa di simile a un sequestro extraterrestre. Diversamente dai prosopagnosici, i pazienti con la sindrome di Capgras non mostrano nessuna variazione nei battiti del cuore o nella sudorazione quando si trovano davanti volti di familiari o di estranei. Queste osservazioni inducono a pensare che le zone del cervello in cui vengono analizzate le fisionomie (il lobo temporale inferiore) non sono più connesse alle zone del cervello che danno alle facce e agli oggetti in genere un significato emotivo (amigdala). Per le persone normali, i visi sono associati con i sentimenti: Madre Teresa con il fervore e la compassione, Hitler con l'odio. In un caso affascinante, un paziente con la sindrome di Capgras il cui nome aveva per

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iniziali D.S. pensava a se stesso come a una doppia persona, e riusciva a spiegare perché gli altri non lo riconoscevano, sostenendo che ciò si doveva al fatto che lui «non era il vero D.S.». Parlando con la madre diceva: «Mamma, se il vero D.S. ritornasse, mi prometti che continuerai a trattarmi come un amico e mi vorrai bene?». Come i prosopagnosici, quindi, i pazienti con la sindrome di Capgras sperimentano uno sconvolgimento del proprio io che è più centralmente connesso con una soggettiva padronanza di sé, e ciò significa avere pensieri segreti ed emozioni6 • Ma che dire della conoscenza di sé tra gli animali? Gli animali sono come gli adulti normali, come i bambini, come qualcuno dei pazienti prosopagnosici o di quelli con la sindrome di Capgras? Se taluni animali sono come esseri umani adulti e normali e altri sono come i bambini, cosa determina tali varianti? In maniera forse non sorprendente, Darwin fornì qualche risposta a tali domande. Prendendo in esame qualcuna delle sue stesse considerazioni, osservò: «Possiamo essere sicuri che un cane vecchio con una memoria eccellente e qualche capacità di immaginazione, come viene dimostrato dai suoi sogni, non ripensa mai·al passato piacere della caccia? Equesta sarebbe una forma di autoconsapevolezza» 7 • In maniera decisiva, non soltanto il suo pensiero precorreva i tempi, ma Darwin metteva alla 'prova le proprie idee. In anni successivi al 1870, condusse il primo esperimento di autoriconoscimento allo specchio. · Molti anni fa, nel Giardino zoologico, misi uno specchio all'altezza del pavimento davanti a due giovani oranghi che, a quanto se ne sapeva, non ne avevano mai visto uno. Sulle prime contemplarono la propria immagine con la più intensa sorpresa, cambiando spesso il proprio punto di osservazione. Poi si avvicinarono e sporsero le labbra verso l'immagine, quasi volessero baciarla, proprio come avevano fatto in precedenza tra loro quando, proprio pochi giorni addietro, erano stati messi per la prima volta nella stessa stanza. Dopo di che si abbandonarono a tutti i tipi di smorfie e assunsero diversi atteggiamenti davanti allo specchio: ne premettero e strofinarono la superficie, posero le mani a distanze diverse dietro di esso, guardarono dietro lo specchio e in .ultimo sembrarono spaventati; lo fissarono per un po', divennero di cattivo umore e si rifiutarono di rivolgergli ancora uno sguardo8 •

Che cosa ci insegnano le osservazioni di Darwin? Quali erano i pensieri degli oranghi mentre si guardavano nello specchio? Consideriamo valida la supposizione di Darwin secondo la quale questi animali non avevano mai visto la propria immagine riflessa. Queste premesse ci offrono una serie di osservazioni che si chiariscono meglio con una sequenza temporale. Sulle prime, gli oranghi sembrano un po' allarmati e incuriositi dall'immagine riflessa. Poi, come tutte le creature di fronte a una novità, si avvicinano con 6 L'invasione dei sequestratori di corpi: H.D. Ellis - A.W. Young, Accounfing far delusional misidentification, in «British Joumal of Psychiatry», 157, 1990, pp. 239-48; W. Hirstein - V.S. Ramachandran, Capgras syndrome: A novel probe far understanding the neural representationof the identity and familiariti ofpersons, in «Proceedings ofthe Royal Society, London», 246, 1997, pp. 427-44. • 7 C. Darwin, L'origine dell'uomo, Roma, Newton Compton, 1990. •Id;, L'espressione delle emozioni, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.

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cautela. La loro reazione è amichevole, danno qualche bacio allo specchio. Poi si esibiscono in smorfie, una specie di sorriso, mentre lo toccano e guardano dietro di esso. In termini di pensieri e sentimenti tali reazioni sono in qualche modo ambigue. Le smorfie possono essere amichevoli o denotare paura. In entrambi i casi, comunque, si direbbe che stiano cercando di comunicare con qualcun altro. Tuttavia, una interpretazione alternativa è quella secondo la quale gli oranghi stiano prendendo nota mentalmente di ciò che sembrano le loro stesse espressioni. La prima suggerisce che ritengano l'immagine quella di un altro; la seconda fa pensare che la considerino quella di se stessi. E.ntrambe le spiegazioni reggono per quanto riguarda la loro reazione indagatoria. Potrebbero andare in cerca di qualcun altro dietro lo specchio o cercare di scoprire come funziona. Semplicemente non possediamo sufficienti informazioni per decidere nell'uno o nell'altro senso. Quando restano a guardare e diventano "di cattivo umore'', il loro stato emotivo cambia e passa da abbastanza amichevole ad aggressivo. Ma anche in questo caso; l'espressione aggressiva non implica di necessità che percepiscano l'immagine come un estraneo minaccioso. Allo stesso modo, la loro perdita di interesse risulta altrettanto carente di informazioni utili. Sebbene Darwin fosse di gran lunga più avanti dei suoi contemporanei, questo particolare esperimento ci lascia nell'incertezza. Non possiamo semplicemente decidere, in un modo o nell'altro, se gli oranghi riescano a riconoscere la propria immagine nello specchio. Nel 1970 lo studioso di psicologia comparata Gordon Gallup riaprì la questione dell' autoconsapevolezza negli animali e ideò un test eccellente e al contempo semplice per indagare in proposito. Incominciò con il mettere davanti a uno scimpanzé adulto uno specchio fisso a tutto campo e poi osservò la sua reazione: il test di Darwin. Sulle prime lo scimpanzé rimase a fissarlo, lo toccò, si mise in mostra e esplorò dietro di esso. Con il tempo, questi comportamenti sociali diminuirono mentre lo scimpanzé cominciava a servirsi dello specchio per esaminare parti del proprio corpo che non aveva mai visto prima (per esempio dentro la bocca). Un tale uso dello specchio induce a pensare che lo scimpanzé percepisse l'immagine riflessa come quella di se stesso, mentre il comportamento del mettersi in mostra e dell'esplorare può essere interpretato o nello stesso modo oppure come una prova che l'animale ritiene di aver davanti un altro scimpanzé. Per procurarsi un maggior numero di analisi del loro comportamento e per studiare le interpretazioni alternative, Gallup sottopose ad anestesia.gli stessi scimpanzé. Mentre erano addormentati, disegnò loro un segno rosso sul sopracciglio e sull'orecchio sinistro; non c'erano indizi olfattivi o tattili associati con il segno rosso. Quando l'effetto dell'anestesia svanì, vennero registrate le osservazioni in presenza e in assenza dello specchio. · Con lo specchio in luogo, gli scimpanzé in maniera spontanea e immedia-

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ta toccarono i segni rossi sul sopracciglio e sull'orecchio; prima che lo specchio venisse scoperto il numero di toccamenti·della zona segnata non differivano da quelli delle zone non segnate e gli individui che non erano ancora stati esposti agli specchi, non la toccarono mai. Dopo aver toccato quelle zone, qualche scimpanzé si guardò le dita, e uno di loro se le guardò le annusò. Quali sono le emozioni sperimentate dagli scimpanzé in seguito al loro primo riconoscimento di sé nell'immagine dello specchio? Acquisiscono riflessioni nuove circa il loro fisico?· Sebbene Gallup non dichiari mai se una tale consapevolezza - quale che possa essere - avesse un effetto sul loro comportamento successivo, sarebbe affascinante capire come le informazioni sull'aspetto di un individuo si colleghino con le sue idee e le sue azioni. C'è un incremento dell'attenzione per le apparenze? Uno scimpanzé diventa più consapevole delle proprie azioni e di come esse appaiono agli altri? In qual modo la rappresentazione visiva del proprio aspetto fisico incide sulla più generale e multisensoria rappresentazione di sé? I risultati di Gallup erano importanti, tanto quanto il suo metodo. Esso fornisce il tipo di tecnica sperimentale che potrebbe essere impiegata con specie che hanno subito modificazioni scarse o nulle, e forniscono quindi la possibilità di una misurazione comparativa delle capacità conoscitive. Ma quali capacità dovevano essere misurate? Secondo Gallup, il test dello specchio offriva la prova che gli scimpanzé non soltanto si riconoscevano nello specchio, ma che erano anche consapevoli. Nel nostro argomentare su Biancaneve e i sette nani suggerivo che capire la reazione con lo specchio della regina cattiva, consente di compiere diversi passi avanti nelle teorie conoscitive. Non solo la regina si riconosce nello specchio, ma sa anche di cosa è convinta circa la propria bellezza. Se non fosse consapevole delle proprie convinzioni, quando lo specchio le annuncia che ha perso la gara di bellezza con Biancaneve, la rabbia che ne consegue non avrebbe molto senso. In breve, un individuo autoconsapevole è al corrente delle proprie convinzioni, di come cambiano e di come differisco. no dalle convinzioni degli altri. Secondo Gallup, il test dello specchio indica che gli scimpanzé sono autocoscienti. Io non credo che il test dello specchio abbia qualche rilevanza in rapporto all'autoconsapevolezza. Se così fosse, dovremmo concludere che i pazienti prosopagnosici incapaci di riconoscere la propria immagine riflessa non siano consapevoli delle proprie convinzioni. Comunque è proprio perché i pazienti prosopagnosici possiedono una autoconsapevolezza che la loro incapacità di riconoscere un'immagine riflessa nello speccio risulta così penosa. Prima di addentrarci in questa controversia, passiamo in rassegna il modo in cui gli altri animali reagiscono di fronte alle proprie immagini riflesse. In seguito alle originali pubblicazioni di Gallup, gli scienziati condussero esperimenti con gli specchi sia ricorrendo a specie che ci sono strettamente imparentate - altre scimmie antropomorfe - sia servendosi di quelle i cui le-

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garni di parentela nei nostri confronti sono più remoti: piccioni, pappagalli, elefanti, delfini e diverse specie di quadrumani. In un certo numero di esperimenti, tutte le tappe seguite da Gallup nel procedimento originale vennero rispettate, per cui i risultati si dimostrarono più direttamente confrontabili. Due grandi scimmie antropomorfe, l'orangutan e il bonobo, reagirono come gli scimpanzé di fronte allo specchio, scegliendo di toccare le zone segnate, ma non quelle simmetriche ad esse prive, però, di segni. Dei più di venticinque gorilla sottoposti ai test, soltanto uno reagì come le altre grandi scimmie antropomorfe, e questo individuo non è uno dei soliti gorilla che si percuotono il petto e sgranocchiano gambi di sedano. Il gorilla in questione è invece Koko, la prima della classe nel progetto di ricerca di Penny Patterson. Per diversi giorni uno sperimentatore toccò leggermente Koko sulla testa con un panno bagnato mentre un altro sperimentatore le metteva davanti un grande specchio. Koko non manifestò alcun interesse per lo specchio. Un giorno lo sperimentatore toccò Koko sulla testa con un panno intriso in un colore non tossico e inodoro. Quando le misero davanti lo specchio, lei si affrettò a osservarsi bene e si ripulì dal colore guardandosi nello specchio! Questo interessante comportamento si completa con un altro fatto allettante: mentre Koko si guardava nello specchio, un addestratore le domandò che cosa vedeva. Lei rispose con un cenno: «Me, Koko» 9 • Perché Koko dimostri di riconoscersi nello specchio mentre gli altri gorilla no, resta un enigma. Forse c'è qualcosa di speciale nell'essere cresciuti dagli esseri umani, come un essere umano, e in un ambiente umano? Fino al 1994, tutte le scimmie (per esempio i rhesus, il cebo cappuccino, gli uistiti) esaminati con i procedimenti di Gallup, non mostrarono di riconoscersi nello specchio. Non esibirono alcun comportamento che indicasse autocoscienza, né reagirono con aggressività all'immagine nello specchio. Per di più, sebbene questi animali non superassero il test di Gallup, erano capaci di servirsi di uno specchio per trovare oggetti nascosti. Per esempio, le scimmie rhesus distinguevano cose diverse come un serpente o del cibo quando venivano loro presentate come un'immagine nello specchio, allon. tanandosi dal serpente e avvicinandosi al cibo. I cebi cappuccini e i pesci 'Scimmie catarrine e platirrine allo specchio: G.G. Gallup jr. - D. Povinelli, Mirror, mirror on the wall wich is the most heuristic theory of them alt? A response to Mitchell, in «New ldeas in Psychology», 11, 1993, pp. 327-35; G.G. Gallup jr., Chimpanzee. Self recognition, in «Science», 167, 1970, pp. 86, 87; Id., Self-awareness, in G.R. Erwin - G. Mitchell (a cura di), Comparative Primate Biology, Volume 2B, Behavior, Cognition and Motivation, New York, Alan Liss, 1987, pp. 3-16; Id., Toward a comparative psychology of self-awareness: Species limitations and cognitive consequences, in G.R. Goeth11Is - J. Strauss (a cura di), The Self: An Interdisciplinary Approach, New York, Springer-Verlag, 1991, pp. 121-35; R.W. Mitchell, Mental models of mirror-self-recognition: Two theories, in «New ldeas in Psychology», 11, 1993, pp. 295-325; D.J. Povinelli, Monkeys, apes, mirrors and minds: The evolution of se}f-awareness in primates, in «Human Evolution», 2, 1987, pp. 493-507; Id., Reconstructing the evolution of mind, in «American Psycologyst», 48, 1993, pp. 493-509; D.J. Povinelli et al., Self recognition in chimpanzee (Pan troglodytes): Distribution, ontogeny, and patterns of emergence, in «Journal ofComparative Psychology», 107, 1993, pp. 347-72.

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riescono a fare altrettanto 10 • Queste osservazioni sono importanti perché dimostrano che queste scimmie si rendono conto di almeno uno degli aspetti della proprietà caratteristica degli specchi di riflettere gli oggetti, sebbene manchino di notare che questa particolare proprietà non esclude loro stesse. La maggior parte degli argomenti discussi in questo lavoro ci permette di giungere alla conclusione che le grandi scimmie antropomorfe e gli esseri umani di più di due anni di età possiedono una certa coscienza di sé che le altre specie non hanno. Perciò un varco nel percorso dell'evoluzione separa gliesseri umani e le scimmie antropomorfe dalle altre creature. Se tale ipotesi fosse corretta, questa scoperta sarebbe una delle più grandi, perché por, rebbe le basi per ricostruire lo sviluppo evolutivo dell'autoconsapevolezza le cui radici andrebbero poste a uno stadio relativamente recente dell'albero della vita. Quanta fiducia nutriamo dunque nell'attuale divisione delle specie? Esistono altri test o versioni modificate del modello originale di Gallup che ci raccontano un'altra vicenda? · Se vi foste formati secondo la tradizione di Skinner, non accettereste la dichiarazione che gli animali hanno convinzioni, desideri e coscienza di sé. Sosterreste invece che quanto sembra essere una condotta guidata dalle convinzioni è in realtà un modo di comportarsi creato da una storia di ricompense a base di cibo. Quando uno scimpanzé si tocca un sopracciglio mentre si guarda nello specchio, ciò non ha niente a che fare con la coscienza di sé. Piuttosto, lo scimpanzé si tocca perché tale comportamento si è formato in seguito a consecutivi episodi di premiazioni con alimenti. Nel 1981, lo psicologo Robert Epstein, uno degli ultimi studenti di Skinner si accinse a determinare se i piccioni sono in grado di servirsi di uno specchio per toccare in maniera selettiva un segno piazzato su una parte del corpo in precedenza invisibile. Epstein sperava di confutare l'idea che impiegare uno specchio per toccarsi avesse qualcosa a che fare o con il riconoscimento di se stessi o con 1' autocoscienza. Servendosi di quattro piccioni che non conoscevano gli specchi, Epstein addestrò gli animali a beccare puntolini blu su una parete. Poi li addestrò a guardare in uno specchio per vedere un puntolino blu brillare sulla parete alle spalle. Se si voltavano e beccavano il puntolino blu ricevevano del cibo. In ultimo Epstein piazzò loro un collare bianco attorno al collo e un punto blu sul petto; a causa del collare, i piccioni non riuscivano a vedere il punto blu che avevano addosso. Quando collare e punto furono sistemati, 10 Oggetti nello specchio: J.R. Anderson, Moitkeys with mirrors: Some questios for primate psichology, in «Intemational Journal of Primatology», 5, 1984, pp. 81"98; W.L. Brown - A.A. McDowell E.M. Robinson, Discrimination learning of mirrored cues by rhesus monkeys, in «Journal of Genetic Psycology»,106, 1965, pp. 123-28; M.F. Moody, Perception oftotal reflection, in «Barbus: Behavioral · Biology», 15, 1975, pp. 239-43; I.M. Pepperberg et al., Mirror use by African Grey Parrots (Psittacus erithacus), in «Joumal of Comparative Psychology», 109, 1995, pp. 182-95; D.J. Povinelli, Failure to fiitd self-recognition inAsian elephants (Elephas maximus) in contrast to their use of mirror cues to discover hiddenfood, in stesso spazio e nello stesso tempo, potrebbe percepire la cosa come una in': ginale di Gallup può non indicare una mancanza di autoriconoscimento. Po. trebbe invece significare una mancanza di interesse in talune specie per dei segni insoliti su di sé. Per quanto degno di nota, ciò non dovrebbe essere interpretato come una prova che i tamarini non possiedono la capacità di ri. conoscersi. I risultati più recenti riaprono il dibattito. Forse, come Gallup, Povinelli, e ' altri hanno sostenuto, il riconoscimento di sé nello specchio è limitato agli i... esseri umani e alle grandi scimmie antropomorfe. In alternativa, forse il fal; Jimento generale nel secondo esperimento è il risultato di variazioni indi vi~· duali tra i tamarini, variazioni che si sono notate anche tra gli scimpanzé. '.'Potrebbe inoltre essere dovuto a sottili differenze nella struttura dell'esperi~··mento. In ogni modo la situazione ci riporta a un punto già messo in risalto :' in precedenza. Non ci dobbiamo accontentare delle singole osservazioni, sia , di un casuale spettatore sia di un rigoroso sperimentatore. La ripetizione sta alla base di tutta la scienza. ·.Gli studi nei quali venivano usati uno specchio e un monitor televisivo per . . i test sull'autoriconoscimento rivelano una spaccatura tra gli esseri umani, i:i gli scimpanzé, i bonobo e gli oranghi da una parte e tutti gli altri animali 1i ·dall'altra. ~; Attualmente non comprendiamo perché taluni animali sembrano ricono{ scere la propria immagine nello specchio mentre altri no. Cosa più impor!~· tante, non comprendiamo come un cervello capace di autoriconoscimento si t evolva in un cervello capace di autocoscienza.

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Una coscienza di sé La maggior parte degli esseri umani lotta di continuo tra il desiderio di mantenere una distinzione individuale da un lato, e dall'altro il bisogno di far parte di un gruppo e di essere come i suoi membri. Si può acquisire l'individualità in molti modi, compreso quello in cui ci vestiamo, parliamo, colpiamo la palla in un incontro di tennis, scriviamo, baciamo, mangiamo, ridiamo e così via. La perdita dell'individualità può a sua volta essere acquisita in un certo numero di modi, compreso l'adottare un codice uniforme di abbigliamento, di taglio dei capelli, di credo e di sistemi religiosi, di mantra sociali, o il conforrriarsi al gergo di un club privato. Certe forme di danno cerebrale si manifestano con la perdita dell'immagine del corpo in una persona, una componente fondamentale dell'individualità o della personalità. Come abbiamo accennato in precedenza, taluni prosopagnosici non riconoscono l'immagine di sé. I malati di sindrome di Capgtas, al contrario, pensano che amici e parenti stretti siano posseduti da spiriti alieni. Tra le vittime degli arti fantasma, qualcuno è convinto che l'arto perduto sia presente anche se non c'è, e molto spesso prova dolori lancinanti in quella parte del corpo perché ha l'impressione di avere l'arto perduto atteggiato in una particolare posizione. In questo caso, dunque, l'immagine individuale del corpo è distorta. In una affezione chiamata agnosia, in cui una parte del corpo è del tutto paralizzata in seguito a un danno subito dall'emisfero opposto al lato colpito, i pazienti spesso sono vittime di una illusione e sostengono che non ci sono problemi con la parte paralizzata. Per esempio, a una paziente con paralisi totale di un braccio, venne chiesto di battere le mani. Sebbene soltanto un braccio si fosse impegnato in quella at~ tività, la donna asserì che stava applaudendo con entrambe le mani. Come lo studioso di neurologia Vilyanur Ramachandran sostiene nel suo libro Phantoms in the Brain (Fantasmi nel cervello), proprio questa è la definizione esatta del paradosso di una sola mano che applaude' 5 ! E in ultimo, come scopriremo nel Capitolo 7, molti autistici non hanno virtualmente alcun accesso alle proprie convinzioni o desideri. Vivono in un mondo isolato, in una boccia di vetro che appanna la distinzione tra sé e gli altri. Di recente c'è stata una evidente minaccia alla nostra individualità, una minaccia che una larga parte della pubblica opinione ritiene contraria all'etica, uno spaventoso indice del fatto che la scienza è uscita di senno. La mie naccia è la clonazione dei mammiferi, in particolare la creazione di Dolly, una pecora clonata dalla cellula adulta di uno ·dei genitori. Hollywood, com'è naturale, si è sempre interessata alla clonazione, e ha fornito un ritratto dei cloni come la personificazione del male, o almeno come apporta"I cervelli lesi rivelano la propria tempra: V.S. Ramachandran - S. Blakeslee, Phantom in the Brain, New York, William Morrow, 1998.

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tori di guai. Consideriamo il film classico Metropolis, in cui il clone cerca di distruggere la città; i cloni di dinosauro che si scatenano in Jurassic Park; i cloni alieni che hanno origine da baccelli pieni di semi nella pellicola L'in' vasione degli ultracorpi; i tre cloni di Doug, il personaggio di Michael Kea;, ton in Multiplicity, ognuno dei quali assume un ruolo diverso per liberare Doug-il-marito. Ma Hollywood è Hollywood, e di rado si preoccupa dico, rne stanno davvero le cose. Ma come stanno davvero? Cosa può fare la clonazione alla consapevolezza della nostra personalità o alla consapevolezza della personalità di un qualsiasi organismo? Quando Dolly è stata clonata, era, così si dice, un duplicato genetico della cellula genitrice. Ma qui il senso dell'individualità condivisa si ferma. Per rendere chiaro il concetto, prendiamo in considerazione qualche clone urna' no reale: i gemelli identici monozigoti. Sappiamo dal lavoro degli ultimi , vent'anni dello psicologo Tom Bouchard che i gemelli identici anche se so~. no cresciuti separati, quando vengono poi riuniti mostrano sorprendenti ca,:. ratteristiche comuni, sia n'?lle acquisizioni materiali e negli interessi, sia nei !~'. tratti della personalità: , ~;

Due gemelli che avevamo soprannominato "i ridanciani"; ridevano più di ogni altra persona di nostra corioscenza, non si impegnavano mai in discussioni né votavano e i' avevano l'abitudine di spingersi il naso verso l'alto con le dita. Altri due gemelli scoi~, prirono di usare entrambi la lozione per i capelli Vitalis e il dopobarba Canoe, di fumare sigarette Lucky Strike e di lavarsi i denti con la pasta dentrificia Vademecum. Ab1..:'.· r: biamo avuto due comandanti di dipartimento dei pompieri volontari... due donne che ( erano solite entrare in acqua al mare soltanto all'indietro e fermarsi quando l'acqu·a ari' rivava loro subito sopra le ginocchia 16 • I ~

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Restiamo intimoriti da queste similarità perché, è naturale, i gemelli sono , . stati allevati separatamente. Perciò, a meno che non gli si voglia attribuire qualche forma di telepatia, instauratasi alla nascita e rimasta attiva durante una notevole parte della vita adulta, siamo costretti ad attribuire tali simila.•,. :; rità alle loro innate somiglianze genetiche. Lasciando da parte i timori reveJ. renziali, dobbiamo anche ricordare che quando questi gemelli vengono sottoposti ai consueti test sulla personalità e sul quoziente di intelligenza, la correlazione tra i loro punteggi è di circa il cinquanta per cento; gemelli bio·~ vulari, allevati insieme presentano correlazioni che si aggirano sul venticin' que per cento quando le prove dei test sono le stesse. Quanto ci rivelano 'i questi risultati è che la genetica spiega una parte significativa delle varia~'. zioni, ma non tutte. Per i gemelli identici il restante cinquanta per cento del[,i, la variazione deve essere attribuito alle influenze ambientali, sia altamente !' specifiche e controllate, sia a fattori casuali. Tornando ai cloni artificiali, il ~\/' messaggio degli studi sui gemelli è che nessun clone umano potrebbe mai ~: avere esattamente la stessa consapevolezza di sé della cellula genitrice. Fin f;:

t

tK ~~:

. 16

Cloni, gemelli e individualità: T.G. Bouchard jr., Whenever the twain shall meet, in «The

~~. ces», 10, 1997, pp. 52-57.

Scien~

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dalla prima scintilla di sviluppo fetale, esistono significative interazioni tra genoma e ambiente, che portano a un individuo con una sua unica impronta mentale almeno a qualche livello. I cloni e i gemelli identici hanno corpi e cervelli separati. Che cosa succe~ de quando si hanno due cervelli ma un solo corpo, come capita in natura con i fratelli siamesi? La consapevolezza di sé è più ambigua, meno differenziata? La risposta a questa domanda dipende da quante parti del corpo sono in comune o tutto si basa sul fatto di avere due teste, due menti? Ci sono attualmente molti casi di gemelli siamesi e in tutti i casi vengono riscontrate differenze tra i gemelli. Molti dicono che ciascun gemello sembra possedere quasi una via di accesso telepatico a quello che l'altro sta pensando. Se fosse vero, ciò suggerirebbe una comunanza nel pensiero e perciò una comunanza dell'io. E questa logica sarebbe applicabile ai cloni e agli equiva. lenti dei fratelli siamesi tra gli animali. Nessuno ha ancora studiato la psicologia di Dolly, ma si potrebbe immagi-· nare un esperimento per vedere se un clone distingue la propria immagine riflessa nello specchio da quella del genitore, o un ritratto di sé da quello del genitore. In maniera analoga nessuno ha studiato la portata delle differenze psicologiche tra gemelli identici e gemelli biovulari tra gli animali, anche se casi del genere sono di gran lunga più numerosi degli attuali cloni dei mammiferi. Ma esiste un caso che è analogo al problema dei fratelli siamesi. Si tratta della vicenda di un serpente nero dei topi a due teste, chiamato "IM" da "Istinto" e "Mente". Si tratta di un caso unico, un esemplare senza uguali. Di norma dobbiamo essere scettici di fronte ai casi unici, ma il serpente a due teste schiude la porta su alcuni problemi psicologici affascinanti. Negli anni '80 lo studioso di psicologia comparata Gordon Burghardt prese in esame IM, conducendo diversi test per determinare il tipo di conflitti che l'animale poteva sperimentare nel caso di una situazione che coinvolgesse una scelta. Quando IM si trovava di fronte a una preda, la testa a sinistra colpiva per prima se si trattava di prede piccole, mentre la testa a destra lo faceva con le prede grosse. Comunque spesso entrambe le teste, senza curarsi delle dimensioni della preda, tentavano di mangiare nello stesso momento. Questa mossa, però, costava cara al serpente. Quando le teste mangiavano contemporaneamente, l'ingestione durava circa un'ora. mentre quando entrava in azione una sola delle teste, la stessa operazione si risolveva in pochi minuti. Tenendo conto di un tale costo, un serpente a due teste dotato di buon senso avrebbe escogitato un modo, attenendosi a una semplice regola: lasciare la precedenza alla testa sinistra per mangiare le prede piccole, e a quella destra quando le prede erano grosse. In questo caso due teste non sono migliori di una. IM non può accedere a quello che sa e crede; ancora più semplicemente, non può imparare dalle molte esperienze che ha avuto. Sebbene sia remunerativo avere buone maniere, l'ingordigia e l'impazienza hanno la meglio. In sostanza la testa destra non solo è inconsapevole di quello che pensa la sinistra, ma è anche incapace di prevedere

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quello che farà in base all'esperienza. Abbiamo qui, dunque, un caso potenzialmente affascinante, non perché ci offre la prova dell'autocoscienz.a negli animali - ovviamente non può farlo - ma perché ci porta a riflettere sul giusto tipo di domanda 11 • Nella fattispecie, per esaminare il problema del1' autoconsapevolezza negli animali abbiamo bisogno di esaminare casi in cui un individuo dispone di un diritto di accesso privato a qualche tipo di informazione e può servirsi di questa informazione per riformare il mondo, organizzare il futuro, riflettere sul passato e così via. In sostanza abbiamo bisogno di individuare casi in cui gli animali capiscono i motivi delle loro azioni e in maniera specifica le cause dei loro desideri, delle loro convinzioni e dei loro intenti. Tutti gli animali dispongono di uno strumento mentale per riconoscere gli altri, distinguere i maschi dalle femmine, i giovani dai vecchi, e i congiunti dagli estranei. Soltanto un piccolo numero di specie animali ha evoluto uno strumento di autoriconoscimento che dà la possibilità di distinguere se stessi dalle altre entità nel mondo. La nostra specie può considerarsi una parte a sé di questo più piccolo sottoinsieme di animali, in quanto ha la capacità di capire cosa significa avere la consapevolezza di sé, avere condizioni della mente ed esperienze emotive uniche e personali.

17 Il serpente a due teste: G.M. Burghardt, Cognitive Ethology and criticai anthropomorphism: A snake with two heads and hognose snakes that play dead, in G.A. Ristau (a cura di), Cognitive Ethology: The Minds of Other Animals, Hillsdale, Lawrence Erlbaum, 1991, pp. 53-91.

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Scuole di apprendimento

Una femmina di macaco giapponese lascia cadere una buona quantità di grano e sabbia nel mare, e poi schiuma il grano dalla superficie quando la sabbia è andata a fondo. Sebbene questa tecnica sia adesso una tradizione tra le popolazioni di scimmie che vivono sull'isola giapponese di Koshima, è stata inventata da una femmina molto creativa e poi adottata dagli altri membri dei branchi. Cince azzurre inesperte, osservando uccelli più abil.i rimuovere il tappo di alluminio da una bottiglia di latte e poi bere la sostanziosa· panna in superficie, opereranno nello stesso modo con altri tappi; Neonati umani, venuti al mondo da appena un'ora, tirano fuori la lingua dopo che un adulto ha messo in atto la stessa esibizione. Una femmina di guppy non ancora accoppiata imiterà le preferenze amorose di un'altra femmina se starà a guardare la selezione tra i maschi operata dal suo modello. Queste osservazioni, tutte ben documentate, suggeriscono che tra gli animali soliti vivere iri gruppo, le azioni di un individuo sono fortemente influenzate dalle interazioni sociali. Ma queste interazioni sociali come riescono a essere di aiuto nel risolvere problemi riguardanti il mondare il cibo, la scelta di un compagno, o l'assicurarsi un rifugio sicuro contro i predatori 1? Supponiamo che stiate osservando un macaco giapponese prendere una manciatina di frumento e sabbia, avviarsi verso l'acqua, lasciar cadere il miscuglio e poi, mentre la sabbia si deposita, schiumare il grano dalla superficie e mangiarselo. Come ha fatto questa scimmia, o qualsiasi altro membro 'Con un po' di aiuto dai loro amici: D.A. Cristo! et al., Crows do not use automobiles asnutcrackers. Putting an anecdote to the test, in «Auk», 1998; L. Dugatkin, Copying and mate choice, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Social Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1997, pp; 85-107; E.J. lngmanson, Tool-using behavior in wild Pan paniscus: Social and ecologica[ considerations, in A.E. Russon - K.A. Bard - S.T. Parker, Reaching into Thought: The Minds of the Great Apes, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 190-210; A.N. Meltzoff - M.K. Moore, lnfant's understanding ofpeople and things: From body imitation tofolkpsicology, in J.L. Bermudez - A. Marce! - N. Eilan, The Body and the Self; Cambridge, MIT Press, 1995, pp. 43-70; T. Nishida, Locai traditions and cultura[ tradition, in B.B. Smuts - D.L. Cheney - R.M. Seyfarth - R.W. Wrangham - T.T. Struhsaker (a cura di), Primate Societies, Chicago, University of Chicago Press, 1987, pp. 462-74; K. Rawls - P. Fiorelli - S. Gish, Vocalizations and vocal mimicry in captive Harbor Seals, iri «Phoca vitulina, Canadian Joumal of Zoology», 63, 1985, pp. 1050-56; C.K. Tayler - G.S. Saayman, Imitative behaviour by lndian Ocean bottlenose dolphins (Tursiops aduncus) in captivity, in «Behaviour», 44, 1973, pp. 286-98.

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Tutti gli animali sono dotati di meccanismi per apprendere, anche se esistono differenti tipi di insegnamento nel regno animale. Ogni aula rappresenta un diverso modo di imparare, compresa l'imitazione, l'istruzione, l'apprendimento attraverso errori e successi, e la deduzione.

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II. PSICOLOGI DELLA NATURA

della popolazione di scimmie, ad acquisire la tecnica del lavaggio del frumento? Possiamo ipotizzare un individuo inesperto intento a camminare nell'acqua in assenza di altri membri del gruppo. Un po' di frumento galleggia in superficie. La scimmia lo schiuma dal pelo dell'acqua e lo mangia. A un tratto viene colpita da una folgorazione, e ne trae la risposta per questo problema di approvvigionamento. Come un concorrente che gioca a Risiko, le' è stata data la soluzione e deve elaborare la domanda. La risposta è: «Il grano galleggia, la sabbia affonda». La domanda sarà: «Che cosa succede quando prendi grano e sabbia insieme e lasci cadere il miscuglio nell'acqua?». In questa simulazione, la deduzione. non l'apprendimento sociale, guida l'acquisizione di una abilità e perciò la conquista della conoscenza. Ed eccoci di fronte a un altro metodo di scoperta simile e asociale: l'animale cammina verso l'acqua per bere e per caso ha sulle mani un po' di sabbia e di frumento. Mentre si china, guarda la sabbia cadere sul fondo e il grano che galleggia. Acquisisce l'abilità grazie alla fortuna. Consideriamo adesso una situazione più sociàle: un individuo inesperto osserva mentre Imo, la femmina che ha inventato questa tecnica, raccoglie chicchi di grano dall'acqua. L'informazione è simile al nostro esempio del Risiko, ma si è aggiunto un fattore sociale. L'individuo inesperto una volta di più ha osservato la soluzione e deve completare i passi che la precedono. Adesso immaginiamo un individuo inesperto seduto a guardare mentre Imo raccoglie una manciata di frumento e sabbia, si dirige verso il mare, lascia cadere il miscuglio, mangia il frumento, e poi si rifugia dentro un albero. Diversi minuti più tardi, l'individuo inesperto ripete questa precisa sequenza di gesti. A questo punto saremmo tentati di concludere che la tecnica di· 1avaggio del frumento sia stata acquisita per imitazione, una specie di reminiscenza di eventi anteriori, una ripetizione mentale della sequenza. In ultimo consideriamo il caso in cui Imo porta il suo piccolo sul bordo dell'acqua mentre questo stringe nel pugno un misto di sabbia e grano. La madre prende allora la mano del figlio e l'immerge nell'acqua, consentendo al piccolo di stare a guardare mentre la sabbia scende e il frumento galleggia. In questo caso potremmo essere tentati di dire che la madre ha insegnato al figlio la tecnica del lavaggio del grano. Quando una popolazione di individui mette in pratica la stessa azione - come servirsi dell'acqua per separare il frumento dalla sabbia - non dobbiamo saltare alla conclusione che abbiano acquisito la capacità, la tecnica o il movimento nello stesso esatto modo. Sebbene tutti gli animali siano dotati di uno strumento fondamentale per apprendere, esistono differenze nello schema di questo stesso strumento fondamentale. Per qualche animale la conoscenza viene acquisita per mezzo della deduzione o dell'apprendimento mediante esperimenti ed errori. Per altri viene conquistato con il tramite dell'imitazione e dell'insegnamento. La sfida consiste nel capire quali varianti del fondamentale strumento per imparare siano disponibili e per quali specie lo siano, in quale campo della conoscenza, e perché.

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Bambini e uccellini balbettanti Perché gli uccelli non comunicano esprimendosi in inglese o in zulu? Perché gli esseri umani non si servono del canto come principale mezzo di comunicazione? Queste possono sembrare domande banali, ma non lo sono. Come fa l'uccellino di nido o il bambino a capire a quali suoni nell'ambiente deve prestare attenzione e quali dovrà ignorare per poter creare un repertorio di suoni significativi? Gli uccelli cantano invece di chiacchierare in zulu solo perché il canto e non il linguaggio umano è quello che di solito ascoltano? Se così fosse, allora perché gli uccelli allevati in compagnia degli esseri umani non si esprimono in zulu? Gli uccellini e i bambini non hanno insegnanti, pronti a tenerli per mano e a dir loro che cosa ascoltare e quando ascoltarlo. E anche se gli allievi avessero degli insegnanti, gli adulti non saprebbero cosa dir loro. Quando un uccello adulto canta, o un essere umano adulto parla, le informazioni e le regole che sono alla base di questi segnali acustici sono in genere inaccessibili; riposte in una parte del cervello alla quale non è facile accedere, e dalla quale è altrettanto difficile recuperarle e spiegarle a un individuo inesperto. Sia gli uccellini sia i poppanti percorrono il tragitto verso la capacità di comtmicare con una assistenza scarsa e imprecisa. Come con gli altri sistemi di conoscenza che abbiamo discusso, sia gli uccelli che i bambini sono dotati fin dalla nascita di una serie di principi generali che li inducono a prestare attenzione ai suoni pertinenti al repertorio delle loro specie. Fintanto che un giovane individuo viene cresciuto in un ambiente appropriato, imparerà la madrelingua. Le domande sono, è ovvio, cosa intendiamo come "ambiente appropriato" e cos'è la madrelingua2? Per capire le analogie e le differenze tra il canto degli uccelli e il linguaggio umano, possiamo farci prestare un artificio dall'ingegneria. L'artificio non è, comunque,. quello di fabbricare il congegno cominciando da zero. Abbiamo bisogno al contrario di ripercorrere all'inverso il processo di progettazione, per comprendere cosa era designato a risolvere ciascun sistema e quali tipi di meccanismi di apprendimento venivano fomiti per raggiunge'Dotazione per l'apprendimento vocale negli uccelli e nei bambini: C.K. Catchpole - P. Slater, Bird Song: Biologica/ Themes and Variation, Cambridge, Cambridge University Press, 1995; M.D. Hauser, The Evolution of Communication, Cambridge, MIT Press, 1996; D.E. Kroodsma - E.H. Miller (a cura di), Ecology and Evolution of Acoustic Communication in Birds, Ithaca, Comstock, 1996; J. Locke, The Path to Spoken Language, Cambridge, Harvard University Press, 1993; P. Marler, A comparative approach to vocal learning: Song development in white-crowned sparrows, in «Joumal of Comparative Physiological Psychology Monographs», 71, 1970, pp. 1-25; Id., Three models of song learning. Evidence from behavior, in «Jouinal of Neurobiology», 33, 1997, pp. 1-16; S. Pinker, The Language Instinct, New York, William Morrow, 1994; C.T. Snowdon - M. Hausberger (a cura di), Socia/ Influences of Vocal Development, Cambridge, Cambridge University Press, 1997.

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re le mete prestabilite3 • Partendo da una posizione funzionale, una posizione tesa a identificare l'utilità delle cose, sappiamo che tutti gli uccelli canterini cantano per attirare un compagno e per difendere le risorse di cibo. Nella maggior parte delle specie soltanto i maschi si assumono questo compito. Udire il canto di un maschio spesso induce le femmine ad avvicinarsi e a sollecitare ulteriori corteggiamenti, mentre gli altri maschi si avvicinano con l'intento di attaccare e di difendere il proprio territorio. Il canto, perciò, trasmette informazioni sull'identità dell'uccello, sulle sue motivazioni e, in certi casi, sulle sue qualità genetiche. Al contrario, sebbene gli esseri umani, maschi e femmine, si servano del linguaggio per attirare un compagno e difendere i propri beni, se ne servono anche per spettegolare e per tramandare racconti da una generazione all'altra. Come fanno i giovani uccelli di nido a imparare a cantare e i bambini a parlare? Entrambi odono una gran varietà di suoni, ma soltanto alcuni di essi hanno un significato. Per di più, anche i suoni più significativi non fanno tutti parte della madrelingua; per esempio, le risate e i singhiozzi sono suoni chiaramente importanti per gli esseri umani, ma non fanno parte .del sistema linguistièo. Come riescono allora i pulcini e i bambini a risolvere questi problemi acustici? Una parte importante della risposta è che entrambe le specie sono guidate da meccanismi innati - istinti - che impongono costrizioni a quello che possono imparare. Con "imporre costrizioni" intendo semplicemente dire che limitano il genere di esperienze alle quali prestare attenzione, così come limitano la gamma delle conseguenze possibili.· Perciò gli uccellini di nido non imparano mai a parlare un italiano fluente, e i bambini non impareranno mai a cantare come un uccello lira. In ogni caso gli uccelletti di nido acquisiranno un repertorio di variazioni nel canto, e qualche essere umano imparerà un repertorio di lingue. Con le parole dell'etologo Peter Marler e del cognitivista Steven Pinker, tutti gli animali, compresi gli esseri umani, hanno un istinto dell'apprendimento4 • Gli uccelli canterini hanno l'istinto del canto; gli esseri umani quello del linguaggio. Gli istinti fanno sì che si possano apprendere complicati sistemi di comunicazione. Gli uccelli e gli esseri umani emettono suoni nel corso dello sviluppo. Lungo la via dalla nascita fino al primo anno, uccelli e bambini mostrano uno schema universale di sviluppo. Devono ascoltare il giusto tipo di suoni 'L'arte di invertire i meccanismi: L. Cosmides - J. Tooby, Cognitive adaptationfor socia[ exchange, in J. Barkow - L. Cosmides - J. Tooby (a cura di), The Adapted Mind, New York, Oxford University Press, 1992, pp. 163-228; lid., Origin of domain-specificity: The evolution offunctional organization, in L.A. Hirschfeld - S.A. Gelman, Mapping the Mind: Domain-Specificity in Cognition and Culture, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 85-116; M. Daly (a cura di), Characterizing Human Psycological Adaptations, New York, Wiley, 1997; S. Pinker, How the Mind Works, New York, Norton, 1997. 4 Gli istinti per imparare: P. Marler, Learning by instinct: Birdsong, in «American Speech-Language Association», 89, 1989, pp. 75-79; S. Pinker, The Language Instinct, New York, William Morrow, 1994.

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durante un lasso di tempo critico e poi devono mettere in pratica quanto hanno ascoltato. Entrambe le creature iniziano con lo stadio dei balbettamenti, nel quale gli individui emettono suoni che si avvicinano a quelli della forma adulta. Gli uccelli poi portano a termine il processo con un repertorio canoro cristallizzato, mentre gli esseri umani finiscono per avere un ricco vocabolario e una serie di regole grammaticali per combinare le parole in frasi. Il meccanismo alla base dell'acquisizione del canto e del linguaggio si manifesta alla fine in una serie di stili relativi al canto e al modo di parlare acquisiti con l'apprendimento, che possiamo chiamare dialetti, uno stile erudito nel cantare e nel parlare. I dialetti funzionano spesso come un cartellino per il nome. Identificano in maniera specifica la provenienza e il gruppo al quale si appartiene. Nello stesso modo in cui i dialetti umani possono andare perduti, o possono essere imitati o plasmati da un insegnante, anche i dialetti degli uccelli canterini possono subire la stessa sorte, almeno per qualche specie. Alla nascita non esistono inclinazioni prestabilite per dare la preferenza a un dialetto piuttosto che un altro. L'acquisizione di un dialetto .dipende invece da una precoce esposizione, e soprattutto dal genere di suoni uditi prima del momento critico o sensibilé dello sviluppo. Eliza Doolittle, la fioraia di My Fair Lady, era nata con un accento cockney. Se fosse stata allevata dal suo maestro Henry Higgins, avrebbe avuto un accento adatto alla BBC. In modo analogo un passero dalla corona bianca nato a Berkeley, in California, canterà in un dialetto di Berkeley, mentre lo stesso individuo trasportato durante la fase della permanenza nel nido, al Passo Tioga, sempre in California, imparerà il dialetto Tioga. Non dobbiamo dimenticare, comunque, che, diversamente da quanto accade con gli esseri umani, esistono novemila specie di uccelli, e l'apprendimento del canto si verifica soltanto in tre dei ventisette gruppi aviari più importanti: pappagalli, colibrì e oscini. All'interno di questa classe elitaria di apprendisti, esistono differenze legate alla specie nello stile del canto e nei particolari del processo di apprendimento. Per alcuni, ad esempio per il passero dalla corona bianca e per il fringuello zebra (Poephila guttata), viene appreso un solo dialetto durante il primo sviluppo che è poi esattamente riprodotto nel corso della stagione degli amori. Altri, come i canarini e i silviidi, creano nuove varianti nel canto a ogni stagione, quasi nello stesso modo in cui Wagner creava variazioni tematiche o leitmotiv nel comporre capolavori quali L'anello del Nibelungo. In entrambe le specie, quelle con un singolo dialetto e quelle con dialetti multiformi, le diverse popolazioni mantengono durature tradizioni canore, temi che vengono tramandati di generazione in generazione5 • L'ultima classe di apprendisti cantanti è costituita dai gran'Le culture del canto: A.J. Baker - P.F. Jenkins, Founder effect and cultura[ evolution of song in an isolated population of chaffinches, Fringilla coelebs, in the Chatham Islands, in «Animai Behaviour», 35, 1987, pp. 1179-1803; R.B. Payne - L.L. Payne - S.M. Doehlert, Biologica[ and cultura[ success of song memes in indigo bunting, in «Ecology», 69, 1988, pp. 104-17.

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di imitatori, le specie come quelle del mimo poliglotta, gli uccelli lira, gli stomi. Queste specie creano un impressionante repertorio di suoni, compresi i canti della fauna locale, così come i suoni di alcuni oggetti inanimati delle vicinanze. Nella zona di Londra, un fringuello imparò a riprodurre lo squillo del telefono della compagnia telefonica inglese, e poi parve servirsene come di uno scherzo per indurre il padrone di casa a precipitarsi a rispondere. Le elaborazioni seguite dal cervello delle specie aviarie per acquisire e poi riprodurre il canto' sono simili dal punto di vista funzionale a quelle che vengono messe in atto dal cervello umano per acquisire e riprodurre il linguaggio. Entrambi i sistemi di comunicazione si servono di zone del cervello specializzate. Entrambi iniziano con schemi di circuito che coordinano la percezione e la riproduzione vocale, consentendo l'emissione dei suoni dalla gola per essere messi a punto dall'orecchio. Per gli uccelli la struttura primaria coinvolta nella produzione del suono è la siringe, mentre gli esseri umani emettoni i suoni con la laringe per filtrarli poi attraverso le cavità sovrastanti, che terminano nel naso e nella bocca. Durante lo sviluppo, il cervello degli uccelli e degli esseri umani è sottoposto a importanti cambiamenti, mostrando il più alto livello di plasticità prima dell'inizio della pubertà o della maturazione riproduttiva. In ogni caso, come hanno scoperto negli ultimi vent'anni neurologi quali Fernando Nottebohm, qualche zona del cervello rimane plasmabile anche nell'età adulta. Perciò, ad esempio, quando il canarino cambia il canto da una stagione all'altra, le zone chiave del cervello crescono e calano nelle dimensioni mentre i neuroni si creano e si distruggono, forse in relazione con il dimenticare vecchi motivi per apprenderne di nuovi 6• Sebbene scoperte paragonabili debbano ancora emergere per quanto riguarda il linguaggio umano, esistono prove di una duttilità e di una possibilità di riorganizzazione neurale in altri campi, soprattutto in quelli che riguardano i movimenti e le sensazioni del corpo. Nel 1993 il neurologo. Vilyanur Ramachandran dimostrò che i pazienti adulti che avevano perduto un braccio e provavano la sensazione di un arto fantasma, sperimentavano un riassestamento del circuito elettrico cerebrale. Per esempio, quando veniva toccato il mento al paziente, questi percepiva la sensazione sul mento e nel mignolo "mancante" o fantasma7 • Se la zona somatosensoriale può essere riorganizzata in un cervello adulto, è allora possibile che qualche zo•I cervelli dei volatili: A. Alvarez-Buylla - J.R. Kim - F. Nottenbohm, Birth of projection neurons in adult avian brain may be related to percptual or motor learning, in «Science», 249, 1990, pp. 144446; E.A. Brenowitz - D.E. Kroodsma, The neuroethology of birdsong, in D. E. Kroodsma - E.H. Miller (a cura di), Ecology and Evolution ofAcoustic Communication in Birds, lthaca, Comell University Press, 1996, pp. 285-304; M. Konishi, Birdsong: From behavior to neuron, in «Annua! Review ofNeuroscience», 8, 1985, pp. 125-70; F. Nottebohm - S. Kasparian - C. Pandazis, Brain space fora learned task, in «Brain Research», 213, 1981, pp. 99-109. 7 Plasticità e il caso dell'arto mancante: V.S. Ramachandran - S. Blakeslee, Phantom in the Brain, New York, William Morrow, 1998.

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na coinvolta nell'elaborazione del linguaggio possa riorganizzarsi in maniera analoga in seguito a un danno cerebrale. Torniamo all'interrogativo iniziale. Perché gli uccelli non possono imparare un linguaggio umano, e perché i bambini non incominciano a vivere cantando come uccelli o parlando in inglese o in zulu come gli esseri umani adulti? Queste domande esigono risposte a diversi livelli, risposte che ho fornito con dovizia di particolari nel mio libro The Evolution of Communication. A un certo livello, quello meccanicistico, dobbiamo considerare i vincoli posti dal cervello, dagli apparati vocali e dal sistema uditivo, sia nel primo sviluppo che in seguito. Quali suoni possono emettere i bambini e gli uccelli e quali suoni sono in grado di udire? A un livello diverso dobbiamo esplorare le funzioni di adattamento del sistema di comunicazione e scoprire per che cosa è stato progettato. I bravi cantanti e i buoni parlatori si assicurano vantaggi nella riproduzione quando sono messi in contrasto con vocalisti meno eloquenti? Dal punto di vista puramente "meccanico", la maggior parte degli uccelli non può esprimersi con un linguaggio umano perché il loro apparato vocale non è adatto per produrre i suoni necessari. Anche quando un pappagallo pronuncia distintamente «Ciao Polly, vuoi un biscotto?», non sta emettendo i suoni nello stesso modo in cui lo facciamo noi pronunciando la stessa frase. Come lo psicolinguista Philip Lieberman ha fatto notare nei tardi anni '60, l'analoga limitazione nei bambini della produzione dei suoni si deve al fatto che devono servirsi di un tratto dèll'apparato vocale sviluppato per essere efficiente a scopo digestivo più che a scopo comunicativo. Verso i quattro mesi, l'apparato vocale umano subisce cambiamenti molto significativi, con la laringe che scende più in basso nel petto. Come risultato il bambino si trasforma in una macchina parlante, ma diventa vulnerabile rispetto alla possibilità di restare soffocato. In contrasto con il sistema vocale aviario, l'apparato vocale umano è in grado di produrre soltanto i canti degli uccelli più semplici e sibilati, uscendo di scena quando si giunge a produrre diverse note a un tempo o trilli che ci renderebbero la lingua tutta un nodo 8• Quanto è stato detto qui sopra si riferisce agli impedimenti meccanici per l'emissione di canti e parole. Quali sono, invece, gli impedimenti psicologici? I cervelli degli esseri umani e dei volatili dispongono di schemi di circuito specializzati per elaborare e produrre rispettivamente il canto e la parola, Danni al sistema dell'acquisizione o della produzione possono provocare significative lacune nelle esibizioni vocali. Per esempio, se un uccello ' Limitazioni meccaniche della voce: W. T. Fitch, Vocal tract length and formant frequency dispersion correlate with body size in rhesus macaques, in «Joumal of the Acoustical Society of America», 102, 1997, pp. 1213-22; W.T. Fitch - M.D. Hauser, Vocal production in nonhuman primates: Acoustic, physiology and functional constraint on honest advertisement, in «American Joumal of Primatology», 37, 1995, pp. 191-219; M.D. Hauser, The Evolution of Communication, Cambridge, MIT Press, 1996; P. Lieberman, The Biology and Evolution of Language, Cambridge, Harvard University Press, 1984.

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viene reso sordo dopo che ha appreso un particolare fraseggio, il suo canto si andrà man mano deteriorando; se non può ascoltare quello che viene prodotto, la riproduzione si impoverisce all'estremo. Ma esistono due differenze critiche tra il processo di acquisizione degli uccelli e quello degli · uomini. In primo luogo, mentre la capacità di imitazione dei pennuti in genere si limita al campo vocale, negli esseri um:ani riguarda un campo più neutro o indifferente. Gli uomini possono imitare non soltanto i suoni, ma i fenomeni visivi e tattili, aggiudicandosi il titolo di Homo imitans accanto a quello di Homo sapiens . .Gli uccelli canterini possiedono una facoltà molto specializzata per le imitazioni vocali, ma non possono estendere questa capacità in altri campi; i pappagalli possono rappresentare una importante eccezione (vedi il paragrafo intitolato Cloni comportamentali). Quando un uccello riceve la necessaria immissione di dati durante lo sviluppo, tale informazione viene immagazzinata come una sequenza di note e di sillabe, quella che servirà a definire la sua identità come membro di una particolare specie facente parte di una particolare popolazione. Al contrario, l'imitazione tra gli esseri umani risulta altamente promiscua, permettendoci di riprodurre smorfie del volto, di parlare dialetti, di compiere arbitrari gesti delle mani e suoni nuovi utilizzando le mani, la lingua o le labbra. Inoltre, quando gli esseri umani imitano un'azione, spesso deducono le intenzioni del modello. Gli esseri umani percepiscono le azioni come qualcosa che ha uno scopo e sono guidate dalle intenzioni di chi le compie per ottenere quello scopo. Perciò, quando noi riproduciamo un gesto, stiamo copiando non solo l'azione fisica, ma anche le intenzioni che stanno alla base del gesto. Questa capacità di imitare le azioni e di leggerne le intenzioni emerge prima del Secondo · anno di vita9• Il paragone con l'uccellino di nido dimostra, una volta di più, che le analogie tra le due specie possono essere fuorvianti. Uccelli ed esseri umani hanno evoluto la capacità di imitare. Mentre la capacità di un pennuto in genere è limitata alla riproduzione dei suoni, la capacità umana è di gran lunga più generica. Per comprendere come funziona uno strumento mentale, dobbiamo essere cauti nell'analisi di ciò che si nasconde dietro il comportamento da cui prendiamo le mosse.

'Homo imitans e sapiens: A.N. Meltzoff, The human infant as Homo lmitans, in T.R. Zentall - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning Psychological and Biologica/ Perspectives, Hillsdale, Lawrence Erlbaum, 1988, pp. 319-41; Id., The human infant as imitative generalist: A 20-year progress report on infant imitation with implications far comparative psychology, in CM. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996; A.N. Meltzoff - M.K. Moore, lnfants' understanding af people and things: From body imitation to folk psychology, in J.L. Bermudez -A. Marce! - N. Eilan (a cura di), The Body and the Self, Cambridge, MIT Press, 1995, pp. 43-70.

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Imparando con gli amici Nel 1980 la zoologa Holly Dublin registrò un evento insolito mentre studiava gli elefanti nella riserva Masai di Mara Game in Kenya. Uno dei soggetti sul quale si accentrava il suo interesse, un'elefantessa giunta alla fine della gestazione, prese a procedere a un'andatura molto veloce; le figlie la seguirono. Dopo aver percorso diversi chilometri oltre il confine del territorio di residenza abituale, si fermò accanto a un albero e ne divorò quasi tutte le foglie. Le figlie restarono a guardarla. Il giorno dopo partorì. Stupita, la Dublin raccolse alcune delle foglie rimaste sull'albero e si diresse verso uno dei villaggi locali. Si avvicinò a un gruppo di donne, mostrò loro le fo. glie e domandò se le conoscevano. Le donne ridacchiarono e la informarono che venivano impiegate per indurre il travaglio nel caso digravidanze difficili. La testimonianza della Dublin rappresenta un caso di impiego di piante medicinali. Non si tratta di un caso isolato. Ci sono diversi esempi quali gli scimpanzé, i murichi e i cebi cappuccini che hanno fatto meritare a questo recente campo di ricerca il formidabile nome di zoofarmacognosi. In termini di apprendimento e di acquisizione di conoscenza, queste osservazioni lasciano perplessi. Come hanno fatto certe pratiche mediche a tramandarsi per generazioni? Riprendiamo in esame il caso dell'elefantessa. Si deve presumere che non tutte le madri abbiano difficoltà nel partorire. Di conseguenza non tutte le figlie assistono a una tale spettacolare spedizione. Ma anche se tutte le madri sperimentassero delle difficoltà, come fanno i giovani animali a imparare quello che si deve fare? Le madri sono in grado di insegnare alle figlie, se le vedono in difficoltà durante la gravidanza? Possono accompagnarle dove si trova l'albero desiderato e somministrare loro una dose di foglie? Se le giovani assistono mentre la madre si comporta in modo tanto insolito da allontanarsi dal territorio stanziale, divorare tutte le foglie di un albero che non hanno mai visto, e poi partorire il giorno dopo, riescono in seguito a comprendere il rapporto causa-effetto: mangiare le foglie aiuta nel parto? Non abbiamo risposte per questi particolari interrogativi, sebbene ce ne siano altri ai quali siamo in grado di rispondere. Gran parte del territorio che adesso si chiama Israele una volta era un deserto, ma grazie a tecniche agricole rivoluzionarie, nel corso di questo secolo le foreste si sono sviluppate, e in alcune prosperano i pini di Gerusalemme. Questo habitat è stato invaso da ratti neri ghiotti dei semi di tali alberi. I semi, però, sono nascosti sotto le scaglie delle pigne e i topi devono ricorrere a una tecnica precisa per estrarli. Il primo indizio che era stata inventata una tecnica divenne evidente grazie all'osservazione delle pigne vuote ai piedi degli alberi dopo che tutti i semi erano stati mangiati. Nel 1980 il biologo Joseph Terkel diede inizio a una serie di esperimenti per determinare

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come facevano i ratti neri a estrarre i semi dalle pigne e in qual modo i loro piccoli acquisissero quella capacità. Sistemò delle pigne intatte in gabbie nelle quali si trovavano ratti neri adulti isolati e rimase a guardare. Con ec~ cezionale abilità, i topi asportavano fila dopo fila le scaglie, ed estraevano e mangiavano i semi strada facendo. Al contrario, adulti inesperti che non si erano mai trovati a dover svuotare una pigna del suo contenuto, o adulti che avevano portato a termine quel compito ma con pigne di cipresso invece di quelle di pino di Gerusalemme, non riuscivano mai nell'impresa, o massacravano la pigna per tirarne fuori solo qualche seme. Queste osservazioni suggeriscono che al topo nero è necessaria l'esperienza per riuscire ad avere ragione delle pigne del pino di Gerusalemme. Piccoli inesperti allevati da madri capaci di cavarsela con le pigne appresero tale tecnica. Ciò dimostra che le interazioni sociali con una madre dotata di abilità hanno effetto sulla capacità dei cuccioli di aver successo con le pigne. Ma è necessario questo tipo di esposizione a una dimostrazione pratica? Niente affatto. Cuccioli inesperti e adulti possono imparare la tecnica per raggiungere i semi se uno sperimentatore umano fornisce loro un minimo insegnamento di partenza presentando loro pigne dalle quali sono state rimosse la maggior parte delle file di scaglie, procedendo fino ad arrivare a pigne dalle quali erano state asportate soltanto poche scaglie. Gli individui inesperti imparano a estrarre i semi dopo aver capito l'importanza delle pigne con le file di scaglie asportate, deducendo la tecnica senza nessun apporto sociale di suggerimenti. Questa popolazione di ratti neri si affida alle pigne dei pini di Gerusalemme e alla loro demolizione per sopravvivere. Sebbene gli adulti inesperti possano dedurre come smantellare le pigne dopo averne vista una alla quale erano state asportate le file di scaglie, questa situazione in natura si presenta di rado. Al contrario, i cuccioli spesso si trovano di fronte a opportunità di questo genere, e possono addirittura avere l'occasione di sottrarre le pigne spogliate in parte. Gli studi che Terkel ha condotto sul campo e in laboratorio indicano perciò che i topi possono imparare il sistema per smantellare le pigne grazie a fattori sociali o in assenza di tali fattori. I cuccioli allevati da madri che smantellano le pigne imparano il modo di farlo, mentre quelli allevati da madri inesperte no. In ogni caso, la vista di pigne smantellate in parte sia pure senza la presenza di altri ratti fornisce informazioni sufficienti perché i cuccioli inesperti deducano I.a tecnica 10 • I sassi da tenere cari, i pantaloni senza forma, i Simpson, la musica di tutto il mondo, gli hula-hoop, i simboli grafici delle facce felici, i Beatles, i Puffi, il punk, il grunge, il rap, le catene di ristoranti burger, i piercing sul 10 Il ratto nero di Israele: J. Terkel, Cultura! transmission of feeding behavior in the black rat, in C. M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia! Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 17-48.

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corpo, i telefoni cellulari, i berretti da baseball indossati a rovescio, le caramelle gommose a forma di bambino, i decostruzionisti, i liberali, la gomma da masticare che fa palloncini giganti, gli hippies, la birra fatta in casa, la calvizie alla Michael Jordan, la matita per gli occhi azzurra, somigliare a Kate Moss e gli Starbucks. Le manie invadono tutto. Vengono e vanno in un batter d'occhio. Hanno origine sociale, ma sfruttano una inclinazione biologica profondamente radicata, quella di far parte di un gruppo. Proprio quando ci siamo fatti prendere da una mania, un'altra viene a usurparla. Per quanto gli animali possano non essere così prontamente suscettibili a tali capricci, le loro preferenze sono spesso influenzate da quello che scelgono gli altri. Questi effetti sono più forti nel contesto del cibo e del sesso. Nel comune topo da laboratorio le decisioni di andare in cerca di cibo sono guidate da un complicato sistema di trasferimento di informazioni. Quando un cucciolo senza specifiche preferenze in fatto di cibo viene rifornito con alimenti aromatizzati al cioccolato o alla cannella, sceglie il cioccolato se lo fa anche sua madre. Il .cucciolo mantiene questa preferenza anche se non ha mai visto sua madre mangiare e anche se la dieta è buona per la madre ma cattiva per il cucciolo. Le preferenze del cucciolo sono inizialmente determinate da sostanze chimiche trasmesse prima dal sangue della madre e poi dall'allattamento. Il cucciolo riceve anche importanti informazioni dal!' alito della madre e dalle briciole di cibo trasportate sui baffi di altri foraggiatori. In una serie di ottimi esperimenti, nel corso di più di vent'anni, lo studioso di psicologia comparata Jeff Galef e i suoi colleghi hanno rivelato che le preferenze di un individuo inesperto in fatto di cibo sono influenzate dai topi conosciuti come da quelli sconosciuti, da un topo anestetizzato che è in stato di incoscienza, e da un topo che si è ammalato a causa del cibo consumato. Inoltre, le scelte del cibo da parte di un animale che si è ammalato a causa della sua scelta precedente, sono influenzate in maniera più significativa da un individuo usato come dimostratore che non da quelle di un animale sano, ed è più probabile che topi inesperti seguano attraverso un labirinto un leader che abbia mangiato del buon cibo sicuro e non un altro che si sia alimentato con cibo velenoso. Questi esempi dimostramo come i topi siano sociali quando si tratta di cibo e come siano inclini a scegliere gli alimenti già sperimentati da altri. Sfortunatamente questi effetti sociali portano spesso a conseguenze deleterie, come quando un topo scelse di mangiare quello che aveva trovato sui baffi di un topo morto. Il ratto è dotato di un meccanismo di apprendimento per il cibo che dà luogo a errori intelligenti, cosa che abbiamo già incontrato trattando l'argomento della conoscenza spaziale (Capitolo 4). In circostanze normali un cucciolo fa bene se mangia quello che mangia sua madre. Di fronte alle ingannevoli manipolazioni di uno psicologo sperimentale, comunque, questo meccanismo intelligente si rivela alquanto stupido. L'interazione sociale offre dunque al topo comune un forum gratuito per saggiare il cibo disponibile nell'ambiente. Ogni interazione procura infor-

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mazioni circa i potenziali alimenti, sostanze che altri topi hanno mangiato e alle quali sono sopravvissuti. Sfruttando questa rete di informazioni, i topi inesperti si creano un repertorio di materiale edibile senza bisogno di sba· . gliare sulla propria pelle 11 • I casi di apprendimento sociale esaminati fin qui si focalizzano sul contesto dell'alimentazione, e su due specie di roditori. Tale apprendimento sociale è di gran lunga più diffuso, poiché si presenta tra i polipi, il labro pavone, I'Agelaius phoeniceus, i babbuini e gli esseri umani 12 • Esistono anche altri contesti, specialmente quando seguire la guida di un individuo esperto risulta remunerativo. La scelta di un compagno è forse il contesto più ovvio. In un'ampia varietà di specie, le femmine sono meticolose, e trascorrono moltissimo tempo nella ricerca e nella scelta di un compagno· appropriato. Prima di fare una selezione, le femmine valutano le proprie opzioni, prendendo in esame le caratteristiche anatomiche e comportamentali per individuare il miglior compagno. Di conseguenza sappiamo che le femmine tendono ad accoppiarsi di preferenza con maschi grandi e grossi, piuttosto che con quelli minuti, con gli individui simmetrici e non asimmetrici, capaci di vocalizzazioni profonde e non acute. Queste caratteristiche forniscono utili informazioni sulle qualità maschili, informazioni delle quali le femmine si servono nella scelta di un compagno. Poiché trovare un buon compagno richiede tempo e fatica, la selezione naturale favorirà meccanismi in grado di ridurre questi costi. Una possibilità è che qualche femmina copi le preferenze amorose di altre femmine 13 • I guppy trascorrono la vita in branchi numerosi. Dagli studi condotti nei corsi d'acqua di Trinidad, così come nei test di scelta all'interno di un laboratorio dove a una femmina è offerta la possibilità di avvicinare e di accoppiarsi con un maschio scelto tra due; sappiamo che le femmine prediligono maschi dai colori vivaci a quelli dai colori spenti, scelgono compagni con pochi parassiti e non quelli che ne hanno tanti, e preferiscono i maschi con picchiettature simmetriche a quelli che le hanno asimmetriche. Nel 1992 il biologo Lee Dugatkin organizzò un esperimento per determinare se nella scelta di un compagno una femmina può essere influenzata dalla scelta· di un'altra femmina, comportamento che è stato definito copiare una scelta "I topi di laboratorio sull'autostrada dell'informazione: B.G. Galef jr., Socia[ enhancement of food preference in Nonvay rats: a brief review, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press 1996, pp. 49-64 .. 12 Diffusione dell'apprendimento sociale: G. Fiorito - P. Scotto, Observational learning in Octopus vulgaris, in «Science», 256, 1992, pp. 545-47; C.M. Heyes, Genuine imitation?, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 371-90; R.R. Wamer, Traditionality of mating-site preference in coral reeffish, in «Nature», 335, 1988, pp. 719-21. "Gli animali si copiano nelle questioni di cuore: T.H. Clutton-Brock - K. McComb, Experimental tests of copying and mate choice infallow deer (Dama dama), in «Behavioral Ecology», 4, 1993, pp. 191-93; L. Dugatkin, Sexual selection and imitation: Females copy the mate choice of others, in «American Naturalist», 139, 1992, pp. 1384-89; R.M. Gibson - J.W. Bradbury - S.L. Vehrencamp, Mate choice in lekking sage grouse: The role ofvocal display,female sitefidelity and copying, in «Behavioral Ecology», 2, 1991, pp. 165-80.

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amorosa. Una femmina in osservazione sta a guardare un'altra femmina usata come esempio mentre in un contenitore separato sceglie tra due maschi. In seguito, alla femmina rimasta a guardare viene offerta la stessa scelta. La femmina osservatrice sceglie regolarmente lo stesso maschio di quella che l'ha preceduta. Questo risultato, comunque, dipende in maniera critica dalla presenza di corteggiatori maschi. Se i maschi vengono sostituiti con due femmine, o con due maschi che non corteggiano la femmina destinata a fare da esempio, quella che sta a guardare non mostra alcuna preferenza nella scelta del maschio. Come i cuccioli di topo inesperti, le fèmmine inesperte di guppy sono influenzate in maniera significativa dalle preferenze di un modello. Ma quanto è vulnèrabile alle pressioni sociali una guppy, quando si è già scelta un compagno? Dugatkin condusse un secondo esperimento comprendente tre fasi. Nella prima fase, Jane, la femmina osservatrice sceglie tra i maschi, Sam e Bob. Se sceglie Sam, allora resta a guardare nella seconda fase la femmina Ellen, che adesso fa da modello, scegliere Bob. Nella terza fase Jane deve di nuovo scegliere tra Bob e Sam. In queste condizioni, J ane rovescia le proprie preferenze, scegliendo lo stesso maschio scelto da Ellen: Bob. Curiosamente è più probabile che le osservatrici ribaltino la propria sceltà del compagno se il modello è una femmina più vecchia e mantengano la stessa scelta se l'altra è più giovane. Ahimè, età e saggezza si trovano · accoppiate nel mondo dei guppy 14 • Il lavoro sui topi e sui guppy ci riporta a una questione sollevata all'inizio del capitolo, che si può senza differenze applicare agli uccelli, ai delfini, ai roditori, alle scimmie catarrine e platirrine. Esiste un certo numero di modi diversi in cui un animale può comportarsi come un altro. Un topo nero può acquisire la tecnica dello smantellamento delle pigne osservando la madre o ricevendo un insegnamento organizzato sperimentalmente. Un cucciolo di topo può acquisire una preferenza per il cibo aromatizzato al cioccolato piuttosto che per quello aromatizzato alla cannella a causa di un messaggio trasmesso chimicamente dal latte della madre, o per aver seguito un estraneo fino al piatto contenente cibo aromatizzato al cioccolato o per aver annusato l'alito di un fratello. I guppy possono preferire maschi dai colori vivaci rispetto a quelli dai colori scialbi per via di una inclinazione genetica verso quelle scelte o perché hanno assistito alla scelta avvenuta sotto i loro occhi e fatta da una femmina più vecchia e più saggia. Restano le domande più importanti. Quando gli animali copiano un comportamento pieno di abilità, come quello di lavare il grano esibito dai macachi giapponesi, immagazzinano una registrazione mentale del gesto del1

"Il sesso tra i guppy: L. Dugatkin, Copying and mate choice, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1997, pp. 85-107; A.E. Houde - I.A. Endler, Correlated evolution offemale mating preferences and·male color patterns in the guppy Poecilia reticulata, in «Science», 248, 1990, pp. 1405-8. ·

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l'esecutore? Se si rappresentano mentalmente l'azione, codificano anche lo scopo di chi ha compiuto l'azione, le sue apparenti intenzioni e desideri 15 ? Gli animali imitano?

Cloni comportamentali Le foreste pluviali del Kalimantan centrale sono la dimora di una grossa scimmia arboricola e antropomorfa, l'orangutan. Due popolazioni di orangutan sono studiate in maniera assai approfondita grazie agli sforzi dell'antropologo Birute Galdikas e della psicologa Anne Russon. Una delle popolazioni è selvaggia, il suo unico contatto con gli esseri umani ha luogo grazie a occasionali incontri con gli indonesiani del posto che percorrono a piedi i sentieri della foresta e con i ricercatori venuti a studiare il loro comportamento. L'altra popolazione è costituita da individui che si stanno "riabilitando", consiste cioè di orangutan allevati dagli esseri umani e reinseriti nella foresta con la speranza che ricominceranno di nuovo a vivere alimentandosi con i frutti del posto, ricostituendo coì il pool genetico. Come si può immaginare, la reintroduzione è un processo lento. Dopo tutto, questi animali sono stati spesso viziati, allevati da esseri umani con amorevoli cure. Come risultato, sebbene non sappiano procurarsi il cibo da soli e fare quello per cui gli orangutan sono stati selezionati, si sono appropriati di qualche caratteristica peculiare degli uomini. In particolare nel primi anni '90, Russon e Galdikas osservarono diversi casi di quello che avevano definito imitazione spontanea, casi in cui un individuo sembra riprodurre una replica esatta di azioni umane osservate in precedenza, compreso l'uso appropriato di uno spazzolino da denti così come di un repellente per gli insetti 16 • Considerate che una orangutan chiamata Supinah e tenuta sotto osservazione, aveva acquisito la capacità di accendere il fuoco con il kerosene e poi di badare ad esso agitando il coperchio di un bidone per la spazzatura sopra i tizzoni accesi. Nessuno aveva insegnato queste azioni a Supinah, e nemmeno nessuno la ricompensava per averle fatte. Come era riuscita, allora, ad acquisire la capacità di accendere un fuoco? Russon e Galdikas suggerirono che gli orangutan imparano per imitazione, ripetendo un comportamento "Tipi di imitazione: R. Byme, The Thinking Ape, Oxford, Oxford University Press, 1995; A.E. Russon, Exploiting the expertise of others, in A. Whiten - R.W. Byme (a cura di), Machiavellian Intelligence 2, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 174-206; M. Tomasello - J. Call, Primate Cognition, Oxford, Oxford University Press, 1997; A. Whiten - D. Custarice, Studies of imitation in chimpanzee and children, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 291-318. 16 Riabilitazione dell'orangutan e l'arte dell'imitazione: A.E. Russon - B.M.F. Galdikas, Imitation in free-ranging rehabilitant orangutang (Pongo pygmeus), in «Journal of Comparative Psychology», 107, 1993, pp. 147-61; lid, Constraint on Great Apes' imitation: Model and action selectivity in rehabilitant orangutan (Pongo pygmaeus) imitation, in «Ioumal of Comparative Psychology», 109, 1995, pp. 5-17.

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dopo averlo visto mettere in pratica. Questa è una potenziale interpretazione delle azioni di Supinah, e una potenziale definizione di imitazione. Per taluni ricercatori le azioni imitate devono essere novità, un comportamento che è improbabile sia praticato nelle abitudini quotidiane. Per altri l'imitazione dipende dalla capacità di leggere le intenzioni altrui, di comprendere gli scopi e i progetti di chi pratica l'azione in base al suo comportamento. Tornando a Supinah, sappiamo che laccendere il fuoco è un'azione nuova, visto che nessun orangutan ha mai tentato una tale bravata in passato. Ciò nonostante, possiamo porci ulteriori domande sui diversi aspetti della ripetizione, soprattutto la fedeltà a ogni passaggio messo in pratica dal presunto dimostratore, il cuoco del campeggio. Per esempio, Supinah ha copiato l'intera sequenza, o ha copiato componenti della sequenza e poi li ha legati insieme in un modo nuovo? Ha cercato di emulare lo scopo del cuoco di accendere il fuoco, o i passaggi coinvolti nel raggiungere tale scopo, versare il kerosene e suscitare la fiamma grazie a una brace ardente ravvivata con il kerosene? Ha mai capito lo scopo, o ha semplicemente copiato la procedura, solo per restare sorpresa quando dal tizzone si sono levate le fiamme? Sebbene le osservazioni di Russon e Galdikas suggeriscano che gli orangutan riabilitati imitavano sia la forma di ogni azione, sia l'ordine in cui ogni gesto veniva eseguito, non è facile fare una tale affermazione in assenza di più particolareggiati racconti di altri casi. Quanto a un osservatore umano può sembrare il primo esempio di imitazione spontanea, in effetti potrebbe essere preceduto da una lunga serie di verifiche soggette a errori. Quanto è evoluto un neonato umano? Tanto per incominciare, ci vede a malapena, non si può muovere da solo, non sa parlare nessuna lingua, non si riconosce in uno specchio, non capisce le battute di spirito ed è emotivamente volubile. Niente affatto evoluto. Ma entro meno di un'ora da quando è stato reciso il cordone ombelicale, i bambini cominciano a imitare le smorfie facciali e il movimento delle dita. Come è possibile? Nel corso degli ultimi vent'anni gli psicologi Andew Meltzoff e Michael Moore hanno continuato a compiere un lavoro meticoloso trattando il problema dell'imitazione umana, tentando di dimostrare come si sviluppa questa capacità. Il catalizzatore per la loro ricerca è stata la scoperta che i neonati con meno di un'ora di vita, se vedono un adulto fare un gesto - tirare fuori la lingua, aprire la bocca a forma di O, sporgere le labbra o schioccare le dita - non appena questi smette, ripetono la stessa smorfia. L'imitazione delle espressioni facciali è diversa dall'imitazione dello schioccare le dita o dalla preparazione di un fuoco come quello di Supinah. Tutte le forme di imitazione coinvolgono lo stare a guardare un'azione e in seguito ripeterla. Nel caso delle espressioni facciali, comunque, l'imitatore non ha una visuale della propria esibizione. Può sentire quello che fa, ma non può perfezionarlo basandosi su una visione di ritorno. Ha bisogno di uno specchio, ma di uno specchio situato all'interno della testa, accessibile

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agli occhi della mente. L'imitazione facciale, perciò, sembra richiedere la capacità di registrare una replica dell'espressione del dimostratore e poi accedere a questa registrazione durante la riproduzione imitativa. Ma se l'azione fa parte del repertorio naturale del neonato, delle cose che fa per conto suo senza sollecitazioni, allora forse la vista di una smorfia induce il bambino a compiere una di queste azioni. Imitare un gesto inconsueto o atipico sarebbe più emozionante, più convincente. Meltzoff e Moore mostrarono a bambini di sei settimane una smorfia facciale atipica: un adulto che tirava fuori la lingua spostandola di fianco alla bocca. I bambini risposero spontaneamente tirando fuori la lingua da una parte, ma spesso non riuscirono in una perfetta imitazione. Con il tempo, comunque l'imitazione migliorò. Questo sugger~sce che i bambini conservano una rappresentazione della risposta voluta, e tentano di adeguarvisi nella propria riproduzione. Dato che i bambini non venivano ricompensati con cibo per aver tirato fuori la lingua, perché lo facevano? I bambini non sanno cosa significa un'espressione facciale, che cosa vuole esprimere. Come suggerisce lo psicologo Paul Ekman, comunque, atteggiando volontariamente il. volto in una particolare espressione, si suscita una corrispondente emozione: felicità se si sorride, tristezza se ci si acciglia. Considerate queste scoperte, Meltzoff e Moore suggeriscono che quando i poppanti imitano, senza rendersene conto stanno attingendo a qualcosa di molto più importante. L'imitazione facciale fornisce uno strumento della mente per comunicare con gli altri, soprattutto quando il linguaggio non rappresenta un'opzione. Per mettere alla prova le loro spiegazioni sulla precoce imitazione infantile, Meltzoff e Moore condussero il seguente esperimento. Un bambino sedeva e guardava i due adulti che aveva davanti, intenti a fare uno dopo l'a1tro, diverse smorfie facciali. Per esempio Fred entrava e faceva sporgere la lingua da una parte. Poi entrava Joe e sporgeva le labbra. Durante queste esibizioni, il bambino succhiava un ciuccio, che impediva immediate imitazioni. Ventiquattr'ore dopo, Joe entrava e restava impassibile in piedi davanti al bambino. Il bambino sporgeva le labbra. Poi entrava Fred e rimaneva a sua volta impassibile. Il bambino faceva sporgere la lingua da una parte della bocca. Era come se il bambino stesse dicendo a Joe: «Sei tu il tizio che sporge le labbra?». L'imitazione consentiva al bambino di stabilire una identità individuale, di confermare se la persona davanti a lui era la stessa vista il giorno prima. All'età di quattordici mesi, i bambini imiteranno azioni che hanno visto eseguire quattro mesi prima, anche se sono tra le più strane, come quella di un operatore che si piegava sulla vita per colpire una tavola con la testa. I bambini di quest'età notano anche quando vengono imitati dagli altri. Sorridono di più, osservano di più e indirizzano le risposte più a chi imita ogni loro azione che a chi si muove quando loro stessi si muovono, ma fa qualcos'altro o fa a stessa cosa ma in un altro momento. I bambini sanno quando qualcuno copia con precisione le loro azioni.

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Dato che l'imitazione fornisce uno strumento per identificare gli individui, potrebbe anche fornire uno strumento per identificare le convinzioni, i desideri, le intenzioni, gli stati d'animo di un individuo che le azioni possono rivelare? Meltzoff organizzò un esperimento con bambini di diciotto mesi. I bambini di un gruppo stavano a guardare mentre un adulto riusciva a portare a termine con successo un'azione su un oggetto. Per esempio, prendeva un barattolo e riusciva a togliergli il coperchio. Il barattolo con il coperchio chiuso veniva poi passato ai bambini. Questi prontamente imitavano la specifica azione dell'adulto, togliendo il coperchio al barattolo. Nel secondo gruppo i bambini stavano a guardare mentre un adulto tentava senza riuscirci di eseguire una determinata azione. Per esempio prendeva un barattolo e non riusciva a togliergli il coperchio perché le mani scivolavano sul bordo. In questo caso, sebbene i bambini assistessero a un intervento fallito, ciò nonostante riproducevano l'azione dell'adulto, portandola a un esito positivo. I bambini imitano le azioni anche quando sono testimoni di una dimostrazione non riuscita. Sembrano capaci di leggere le intenzioni di chi agisce, rendendosi conto che le azioni sono guidate da desideri e scopi. Ma siamo autorizzati a trarre questa conclusione? I bambini immaginano forse in maniera spontanea l'azione che ci si prefigge senza guardare chi esegue la dimostrazione? Se così fosse, allora potremmo non voler concludere che stanno imitando le intenzioni o i desideri dell'esecutore. Dopo tutto sappiamo che i poppanti sanno distinguere tra oggetti animati e inanimati e le aspettative su di essi sono diverse (vedi Capitolo 7). Meltzoff condusse due controlli fondamentali per mettere alla prova queste idee. In un gruppo i bambini osservavano un adulto manipolare un oggetto, senza che ciò coinvolgesse la riuscita o meno di un qualsiasi intervento sull'oggetto stesso o nei suoi confronti. Per esempio, strofinavano il dorso di una mano contro un vaso. Questi bambini non mostravano di fare alcuna azione che avesse uno scopo, un fine. Un secondo gruppo rimase a guardare mentre un robot non riusciva a portare a termine con successo un intervento su un oggetto nelle stesse circostanze di cui disponeva un essere umano adulto. Per esempio il robot non riusciva a togliere il coperchio dal barattolo. Come nel caso del primo controllo i bambini non fecero azioni mirate a conseguire uno scopo. Quindi, in maniera significativa i bambini riconoscono le intenzioni di un esecutore umano, servendosene come guida delle loro stesse azioni imitative. Per i bambini dedurre le intenzioni e gli scopi dell'esecutore fa parte del processo imitativo. Studi condotti su uccelli selvatici, delfini, scimmie catarrine e platirrine suggeriscono che l'imitazione sia prevalente nel regno animale. Tali osservazioni comunque sono gravate da problemi interpretativi o difficili da riprodurre in condizioni di più stretto controllo. In natura i ricercatori riescono soltanto di rado a documentare con sicurezza come sia stata acquisita

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una capacità o un atteggiamento; di solito gli studiosi si trovano di fronte un animale con una capacità già acquisita invece di un animale che lo sta acquisendo. · Viene considerato un classico nel campo dell'etologia l'osservazione sulle cinciarelle a Londra che avevano imparato a rimuovere il tappo di alluminio dalle bottiglie del latte stile anni '40, e a scremare la panna in superficie. Data la rapidità con cui questa perizia era comparsa nella popolazione di volatili, gli etologi John Fisher e Robert Hinde giunsero alla conclusione che gli individui inesperti avessero imitato la tecnica dopo una dimostrazione completa. Nel 1984, gli psicologi Jeff Galef e David Sherry addestrarono un gruppo di cince boreali a rimuovere il tappo di alluminio dalle bottiglie del latte e poi a bere la panna. Un gruppo di cince boreali inesperte osservarono gli studiosi rimuovere il tappo di alluminio dalla bottiglia del latte. A un secondo gruppo di cince boreali inesperte venne presentata una bottiglia del latte aperta e un tappo di alluminio accanto ad essa; ciò consentì loro di scremare la panna dalla superficie al primo tentativo senza bisogno di rimuovere il tappo. La seconda volta si trovarono davanti una bottiglia di latte chiusa. Sebbene gli individui del secondo gruppo avessero partecipato al1' esperimento senza un dimostratore, acquisirono la tecnica della ritnozione del tappo con la stessa rapidità degli individui del primo gruppo. E quindi possibile che le cinciarelle londinesi abbiano appreso la loro capacità in assenza di apporti sociali, servendosi di una semplice deduzione tratta da una serie di indizi utili 11 • Quando un uccello inesperto impara a rimuovere il tappo di alluminio da una bottiglia del latte dopo aver osservato la dimostrazione fatta da qualcuno, possiamo concludere che l'individuo inesperto imita l'azione del dimostratore? Se così fosse, quali componenti dell'azione vengono imitate? Diversamente dagli esperimenti di Meltzoff e Moore con i bambini, alla prova con le cince boreali mancano delle informazioni fondamentali; perciò non possiamo avanzare nessuna conclusione. Per esempio, dal momento che non sappiamo con precisione in qual modo il dimostratore abbia rimosso il tappo di alluminio, e se ci sono modi diversi per farlo, non sappiamo se chi stava a vedere abbia ripetuto tutti i passaggi necessari o le modalità, se era semplicemente attratto dal tappo e poi abbia capito come asportarlo da solo, o se abbia dedotto le intenzioni del dimostratore osservandolo. L'osservatore inesperto avrebbe fatto la stessa cosa sia con un essere umano nelle vesti di 17 Acquisizione veloce, imitazione e volatili con una preferenza per la panna: R. Boyd - P.J. Richerson, Culture and the Evolutionari Process, Chicago, University of Chicago Press, 1985; G. Fisher R.A. Hinde, The opening of milk bottles by birds, in «British Birds», 42, 1949, pp. 347-57; K.N. Laland - P.J. Richerson - R. Boyd, Developing a theory of animai socia/ learning, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 129-54; D.F. Sherry - B.G, Galef jr., Cultura/ transmission without imitation: Milk bottle opening by birds, in «Animals Behaviour», 32, 1984, pp. 937, 938; lid., Socia/ learning without imitation: More about milk bottle opening by birds, in «Animals Behaviour», 40, 1990, pp. 987-89.

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dimostratore sia con un robot? Esperimenti più dettagliati su ratti, pappagalli e scimpanzé hanno in serbo qualche risposta. Negli anni '50 una scimpanzé di nome Viki venne allevata in casa da esseri umani, e le venne insegnato un gioco di imitazione. Nelle prime fasi di questo lavoro, a Viki fu insegnato a ripetere le azioni del suo addestratore umano ogni volta che sentiva le parole «Fai questo»; quando Viki era in difficoltà, laddestratore laiutava ad assumere i giusti atteggiamenti delle mani o del corpo. Una volta imparato quel gioco, a Viki venivano mostrate nuove azioni e lei le copiava. Quando l'esperimento comprendeva interventi su un oggetto, interventi designati a risolvere il problema, Viki in genere non riusciva nel suo impegno. Dopo gli studi su Viki, diversi altri ricercatori hanno compiuto tentativi con la tecnica del "fai-come-faccio-io" con scimpanzé e orangutan in cattività. Per quanto entrambe le specie di scimmie antropomorfe possano imitare movimenti arbitrari del corpo, non sono capaci di imitare azioni che abbiano uno scopo da raggiungere, quale può essere l'aprire un barattolo. Altri tentativi di dimostrare la presenza dell'imitazione nei primati, hanno incontrato scarso successo, soprattuto i test con i cebi cappuccini e gli scimpanzé. In un esperimento condotto dallo psicologo Mike Tomasello, il dimostratore, un uomo, afferrava un rastrello a forma di T e poi se ne serviva per arrivare a prendere pezzetti di cibo posti fuori portata. Lo stavano a guardare scimpanzé e bambini di due anni. Per ciascuna delle specie,·un gruppo guardava un opera,tore intento a servirsi di una tecnica inefficace, mentre l'altro gruppo osservava un operatore che impiegava una tecnica efficiente. Dopo la dimostrazione venne consegnato un rastrello ai soggetti, e al contempo il cibo veniva situato al di fuori di una immediata raggiungibilità. Lo scopo dell'esperimento era quello di determinare se scimpanzé e bambini avrebbero imitato l'azione dell'operatore, o emulato il suo scopo. Gli scimpanzé e i bambini appresero entrambi l'uso del rastrello per ragguingere il cibo, ma ci furono differenze sorprendenti nelle loro tecniche. I · bambini si servirono con precisione della tecnica dimostrata, mentre gli scimpanzé si servivano di qualsiasi tecnica si dimostrasse utile per loro. La fedeltà dei bambini alla tecnica del dimostratore è stupefacente, dato che in qualche caso il sistema del rastrello non aveva successo. E quindi gli scimpanzé avevano appreso qualcosa sul collegamento tra il rastrello e il cibo, ma diversamente dai bambini, non erano riusciti a imitare i passaggi tra l'afferrare il rastrello e mangiare il cibo 18 • In esperimenti analoghi condotti sulle scimmie "Fa come me: D.M. Custance - A. Whiten - K.A. Bard, Can young chimpanzees (Pan iroglodytes) imitate arbitrary actions?, Hayes & Hayes, 1952, p. 132; K.J. Hayes - C. Hayes, lmitation in the home raised chimpanzee, in «Journal of Comparative and Physiological Psychology», 45, 1952, pp. 450-59; M. Tomasello, Do apes ape?, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 319-46; M. Tomasello - A. Kruger - H. Ratner, Cultura! learning, in «Behavioral and Brain Sciences», 16, 1993, pp. 495-552; A. Whiten - D. Custance, Studies of imitation in chimpanzees and children, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 291-318.

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non antropomorfe, le interazioni sociali aiutano gli individui a raggiungere lo scopo, ma gli aniwali non imitano il dimostratore. Inoltre non esiste prova·che le scimmie catarrrine o platirrine imitino i gesti, e soltanto suggerimenti sul fatto che imitino le vocalizzazioni. Per il momento non siamo in posse.sso di una spiegazione soddisfacente su questo vuoto nel corredo di strumenti men-. tali dei primati, sul perché la loro capacità imitativa sia così severamente comprorriessa 19 • Un recente lavoro su un pappagallo cinerino serve per non farci dimenticare che dovremmo andare in cerca di capacità parallele in specie che si trovano ad affrontare pressioni ambientali dello stesso genere. Pappagalli e primati rappresentano un caso che giunge a proposito. I pappagalli vivono in grandi gruppi sociali e, al pari di numerose grandi scimmie antropomorfe, sono stati allevati a stretto. contatto con gli esseri umani. Come molti proprietari di pappagalli, lo psicologo Bruce Moore sviluppò un saldo legame con il suo e gli fornì un ambiente tale da consentirgli senza difficoltà di imitare il linguaggio umano. In maniera sorprendente il pappagallo imparò in modo spontaneo a imitare non soltanto un certo numero di frasi, ma anche i gesti che le accompagnavano. L'animale quindi imparò a dire "ciao" e a fare un gesto di saluto agitando le zampe o le ali ... Quando il pappagallo rifiutava una noce, lo sperimentatore talvolta gettava da parte l'offerta. Anche questo veniva imitato, sebbene mai con una arachide vera; l'uccello si limitava a riprodurre il movimento mentre ripeteva la frase che lo contrassegnava: «Scordatelo!» Ogni volta che il pennuto lasciava cadere una noce, lo sperimentatore si chinava a raccoglierla. In seguito il pappagallo lo imitò mentre ripeteva «Oh, è cascata la nocciolina» ... e l'uccello imparò a dire «Ricordati Lloyd Morgan, non dimenticarlo» con le ultime due parole accompagnate da enfatici colpi delle dita (artigli).

La cosa più impressionante nelle imitazioni del pappagallo è il fatto che si fossero manifestate spontaneamente. In maniera diversa dal fai-quello-che~ faccio-io adottato con le scimmie antropomorfe, che coinvolgeva una fase iniziale di addestramento, il pappagallo cinerino di Moore si appropriò del modo di parlare e dei gesti del dimostratore, e non solo di qualsiasi gesto, ma di quelli più indicati per le frasi pronunciate. Moore concluse che il suo pappagallo cinerino lo imitava in entrambe le manifestazioni, visive e uditive. Come succede con i bambini, l'imitazione è alimentata da una resa so19 Miti sull'imitazione tra le scimmie: D.L. Cheney - R.M. Seyfarth, How Monkeys: See the World: lnside the Mind of Another Species, Chicago, University of Chicago Press, 1990; D.M. Fragaszy - E. Visalberghi, Socia/ learning in monkeys: Primate "primacy" reconsidered, in C.M Heynes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Rooths of Culture, San Diego, Academic Press, '1996, pp. 65-84; M.D. Hauser, The Evolution of Communication, Cambridge, MIT Press. 1996; C.T. Snowdon - M. Hausberger, Socia/ lnfluences on Vocal Development, Cambridge, Cambridge University Press, 1997; M. Tomasello, Do apes ape?, in C.M. Heyes - B.G. Galef (a cura di), Spcial Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 319-46; E. Visalberghi - D. Fragaszy, Do monkeys ape?, in S.T. Parker - K.R. Gibson (a cura di), "Language" and lntelligence in Monkeys andApes, Cambridge, Cambridge University Press, 1991, pp. 247-73.

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ciale evidente. Gli esseri umani trovano deliziosa, addrittura magica, la capacità di ripetere "a pappagallo" di questi uccelli. Essendo creature sociali, i pappagalli approfittano dei vantaggi procurati dal nostro piacere, e noi trascorriamo ore e ore nei negozi di animali cercando di convincere il povero yecchio Loreto a dire qualcosa20 • Un aspetto determinante dell'esperimento del rastrello condotto da Tomasello sta nel fatto che lo scopo (mangiare il cibo) non dipende dal procedimento usato per ottenerlo (rastrellare), e tale procedimento può essere messo in pratica con due tecniche alternative, efficaci o inefficaci. Di conseguenza possiamo distinguere tra gli individui che imparano quale sia loscopo e individui che imparano i passaggi necessari per raggiungerlo. Al contrario, la procedura del fai-come-faccio-io usata con gli scimpanzé e con il pappagallo cinerino di Moore, fornisce soltanto un gesto come scopo, e soltanto un modo per eseguirlo. E quindi difficile dire se queste due specie ambiscono a imitare lo scopo - un gesto - o i passaggi necessari per metterlo in pratica. Servendosi di una tecnica coinvolgente due scelte, la psicologa Celya Heyes ha dimostrato che i topi si serviranno di qualunque tecnica mostrata da un operatore. Negli esperimenti con i topi, se l'azione di spostare una leva sulla destra o sulla sinistra ha luogo senza l'intervento di un operatore azione miracolosa ottenuta per mezzo delle magie degli esperimenti - l'osservatore non copia, sebbene impari la lezione. Talvolta, come i bambini di Meltzoff e Moore, i topi sembrano richiedere almeno qualche tipo di dimostratore che metta in pratica l'azione, per quanto non sia chiaro se accetterebbero un animale diverso da un topo o addirittura un topo robot21 • Questo genere di esperimenti è determinante per farci capire come l'animale rappresenti l'azione osservata. Gli animali intuiscono le intenzioni dell'operatore? Sono semplicemente attratti dal congegno che sta operando più che dall'azione messa in pratica dall'operatore stesso? Se il soggetto copia un'azione in assenza di un dimostratore, ha senza dubbio imparato qual. cosa dalla dimostrazione, ma in tal caso non abbiamo più bisogno di parlare di imitazione. Un colpo di scena nella storia dell'imitazione si presenta nei primi anni '90, quando Mike Tomasello, Andrew Withen e i loro colleghi iniziarono 20 Il pappagallo che ripete a pappagallo: B.R. Moore, Avian movement imitation and a new form of mimicry, in «Behaviour», 122, 1992, pp. 231-63; Id., The evolution of imitative learning •. in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 245-66. · 21 I topi lo fanno: C.M. Heyes, Genuine imitation?, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia[ f.earning inAnimals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 371-90; C.M. Heyes . - C.R. Dawson, A demonstration of observational learning using a bidirectional contro/, in «Quarterly . Joumal ofExperimental Psychology», 42B, 1990, pp. 59-71; C.M. Heyes et al., Imitation in rats: Condition of occurrence in a bidirectionalcontrol procedure, in «Learning and Motivation», 25, 1994, pp. 276-87.

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una serie di studi servendosi sia di scimmie antropomorfe cresciute normalmente, sia delle stesse scimmie allevate da esseri umani. Il motivo di questo confronto era quello di determinare se l'ambiente umano in un modo o nell'altro potesse migliorare la capacità imitativa degli scimpanzé. Forse gli scimpanzé hanno la capacità di imitare, ma mancano delle importanti esperienze ambientali per applicare tale capacità. · In una serie di esperimenti Tomasello e i suoi colleghi dimostrarono che gli scimpanzé allevati dagli uomini imitano spontaneainente l'azione di un essere umano su un oggetto in circa il quaranta per cento dei casi; esperimenti paragonabili a questi, effettuati su bambini dell'età di un anno e mezzo o due anni e mezzo, mettono in luce livelli leggermente più alti di imitazione, mentre gli scimpanzé allevati in libertà non imitano le azioni umane. Tali risultati conducono Tomasello alla conclusione che l' acculturamento - il processo di allevare animali nell'ambiente umano - arrichisce la mente delle scimmie antropomorfe, elevando la capacità di imitazione a nuovi livelli. A opporsi all'ipotesi dell'acculturamento ci sono gli studi sugli scimpanzé allevati in natura condotti dallo psicologo Andrew Whiten. Whiten creò l'equivalente di una scatola di Rube Goldberg, che battezzò un "frutto artificiale", consistente in una scatola di plexiglas con un premio in cibarie chiuso all'interno. Per arrivare al cibo, gli scimpanzé allevati allo stato brado dovevano manovrare diversi chiavistelli, perni e maniglie. Ogni elemento offriva l' opzione di due tecniche, quali ruotare o spingere il catenaccio. Gli scimpanzé restarono a guardare la dimostrazione dell'apertura di tre scatole fatta da uno sperimentatore del laboratorio, e poi fu data loro l'opportunità di provare per proprio conto. Tre dei quattro scimpanzé fecero ricorso alle tecniche dimostrate, sebbene non tutte le componenti della tecnica di apertura fossero state copiate con la stessa fedeltà. Whiten considerò queste osservazioni come la prova che gli scimpanzé imitavano anche in assenza di acculturamento. Gli animali imitano o no? L'acculturamento è necessario? Queste domande sono ancora irrisolte e davanti a noi c'è ancora moltissimo lavoro da fare. Gran parte del dibattito riguarda una distinzione tecnica tra l'emulazione per raggiungere uno scopo e l'imitazione, la questione se gli animali copiano il prodotto finale di un'azione o se copiano la precisa azione impiegata. Se copiano le azioni, perché qualche azione sembra più difficile da riprodurre con rigorosa fedeltà? Ad apparire chiaro è il fatto che le scimmie platirrine non imitano, i topi e i pappagalli potrebbero farlo, e qualche scimpanzé lo fa, almeno in determinate circostanze. · Nessun animale, comunque, imita come gli esseri umani anche giovanissimi. L'imitazione è uno strumento dotato di grande potere quando lo si ha nel corredo mentale. Fa apparire brillanti gli individui stupidi e fornisce un paio

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di sistemi efficaci per creare le tradizioni culturali22 • Il secondo sistema è l'insegnamento.

I cocchi del professore Un bambino tende la mano per afferrare il bagliore rosso della piastra sulla sommità di una stufa, la madre grida: «No!», e allontana la mano del bambino. Un insegnante di tennis sta alle spalle di un allievo stringendo la sua racchetta e sferra un colpo all'unisono con lui. Un docente universitario tiene lezione. a un uditorio di studenti che prendono appunti. Una nonna consente alla nipote di continuare a sferruzzare un lavoro a maglia che lei ha incominciato. In ciascuno di questi casi, un individuo dotato di notevole esperienza e sapere trasmette la propria saggezza a un altro individuo ignorante, insegnandogli. Facendo ricorso a un termine generico come insegnare, comunque, rischiamo di trascurare importanti differenze nel tipo di pensieri e di motivazioni che stanno alla base di ogni azione. Così, per esempio, una madre può dare una pacca alla mano del suo bambino per istinto, un gesto automatico, inconscio, che ha una resa precisamente perché non coinvolge pianificazioni o premeditazioni. Pensate a cosa succederebbe se una madre vedendo il bambino tendere la mano verso la stufa, pensasse: "Hmm, mio figlio potrebbe mettere la mano sopra la stufa rovente perché non capisce il significato della fiamma rosseggiante. Farei bene a impartirgli una lezione perché non si faccia del male adesso e in futuro. Correrò da lui e allontanerò la sua mano con una pacca". Sebbene questo senza dubbio possa funzionare in taluni casi, la situazione adesso è urgente e richiede una risposta veloce e quasi automatica. Sebbene tali reazioni manchino di una pianificazione · esplicita, possono essere istruttive dal punto di vista funzionale. Al contrario, le azioni dell'allenatore di tennis sono istruzioni chiaramente pedagogiche, fondate su una riconosciuta ignoranza. Rimanendo dietrò l'allievo e guidando la sua mano, l'allenatore modella il colpo, fornendo le informazioni necessarie per sferrare un buon diritto. L'azione dell'allenatore è in22 Imitazione, la generazione successiva: R. Byrne, The Thinking Ape, Oxford, Oxford University Press, 1995; B.G. Galef jr., lmitation in animals: History, definitions, and interpretation of datafrom the psychological laboratory, in T. Zentall - B.G. Galef (a cura di), Socia/ Learning Psychological and Biologica/ Perspectives, Hillsdale, Lawrence Erlbaum, 1988, pp. 3-28; Id., Socia/ enhancement offood preferences in Norway rats: A brief review, in C.M. Heyes - G.B. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 46-64; C.M. Heyes, Genuine imitation?, in C.M Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 371-90; C.M. Heyes et al., lmitation in · rats: Condition of occurrence in a bidirectional contro/ procedure, in «Learning and Motivation», 25, 1994, pp. 276-87; M. Tomasello - J. Cali, Primate Cognition, Oxford, Oxford University Press, 1997; A. Whiten - D. Custance, Studies ofimitation in chimpanzees and children, in C.M. Heyes - B.G. Galef jr. (a cura di), Socia/ Learning in Animals: The Roots of Culture, San Diego, Academic Press, 1996, pp. 291-328. '

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tenzionale, fatta per conseguire uno scopo preciso. Qualora gli animali insegnino, quindi, dovremmo accertare se lo fanno senza pensarci o con lungimiranza e dopo averlo pianificato23 • L'abile uso di un attrezzo richiede spesso anni di pratica. Uno degli esempi più stupefacenti di tutto ciò tra gli animali è rappresentato dalla tecnica dell'incudine e del martello alla quale ricorrono gli scimpanzé nell'Africa Occidentale, documentata negli anni '90 dall'etologo Christophe Boesch e dallo studioso di psicologia comparata Tetsuro Matsuzawa (vedi Capitolo 2). Il processo ha inizio con il ritrovamento di un martello e di un'incudine funzionali. Il martello è un ramo o una pietra, con una estremità più sottile come impugnatura e l'altra estremità più massiccia per colpire. L'incudine è una pietra piatta o un ceppo, che abbia la possibilità di dare alloggio a una noce di cocco mentre il martello cala su di essa e la spacca in due. Gli scimpanzé cominciano a spaccare le noci con qualche risultato a circa tre anni di età, ma non acquisiscono la dovuta competenza se non dopo diversi anni ancora. Considerato tutto il tempo che occorre per apprendere l'arte di spaccare le noci, si potrebbe immaginare che tali pressioni diano luogo alle condizioni necessarie perchè l'insegnamento si evolva, perché gli adulti capaci insegnino ai giovani l'arte dell'impiego dell'incudine e del martello. Quando le madri raccolgono le noci di cocco e organizzano un luogo dove romperle, i piccoli spesso si siedono lì attorno e guardano. Ma i giovani non si limitano a guardare. Spesso rubano le noci dall'incudine o dal mucchio messo in serbo dalle madri. Talvolta le madri lasciano il martello e l'incudine alla mercé dei giovani, fornendo loro in tal modo un'opportunità per manipolare gli attrezzi. Riteniamo tali occasioni senza dubbio utilissime per chi voglia apprendere, sebbene rappresentino soltanto una inefficace forma di insegnamento. Più valido, ma estremamente raro, è il caso in cui le madri scimpanzé correggono i figli che tentano di rompere le noci. Ci sono noti due casi: nel primo una piccola scimpanzé aveva sollevato il ramo sottile da una parte e spesso dall'altra. Con la noce piazzata sull'incudine, reggeva il ramo dalla parte più grossa e cercava di rompere la noce con quella più sottile. Dopo che la piccola aveva fallito più volte, la madre si era avvicinata e le aveva fatto impugnare il ramo nel modo giusto. Nel tentativo che seguì, la piccola con le mani strette sulla parte sottile del ramo, colpì la noce 23 Riflettendo sull'insegnamento: C. Boesch, Three approaches for assessing chimpanzee culture, in A.E. Russon - K.A. Bard - S.T. Parker (a cura di), Reaching into Thought: The Minds of the Great Apes, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 404-29; T.M. Caro - M.D. Hauser, /s there teaching in nonhuman animals?, in «Quarterly Review ofBiology», 67, 1992, pp. 151-74; S.T. Parker, Apprenticeship in tool mediated extractive foraging: The origins of imitation, teaching and self-awareness in great apes, in A.E. Russon - K.A. Bard - S.T. Parker (a cura di), Reaching into Thought: The Minds of The Great Apes, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 348-60; S.T. Parker A.E. Russon, On the wild side of culture and cognition in the great apes, in A.E. Russon - K.A. Bard - s:T.'Patker, Reaching into Thought: The Minds of the Great Apes, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 430-50.

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con l'estremità massiccia, e la spaccò. Nel secondo caso, una madre aiutò il piccolo a riposizionare la noce, sistemandola su un punto più sicuro dell'incudine. Il piccolo riuscì poi a spaccare la noce. Queste osservazioni suggeriscono che gli scimpanzé hanno una potenziale , capacità di riconoscere i comportamenti inappropriati negli altri e di reagire in modo tale da riuscire a fare correzioni, punti fissi comportamentali che si presume conducano a una maggiore competenza. Ho detto "si presume" perché attualmente non sappiamo se questi due casi di istruzione abbiano ottenuto il risultato di una migliore efficienza nello spaccare le noci in un 1 più lungo periodo di tempo. Ma perché tali casi di insegnamento sono tanto · rari, soltanto due in più di centocinquanta anni di studi sugli scimpanzé? (·· Considerato il costo irrisorio al quale si è esposta la madre con quella breve lezione, e i vantaggi potenzialmente significativi accresciuti dall'imparare come comportarsi, ci si potrebbe· aspettare che le interazioni pedagogiche · fossero più frequenti. Senza sapere molto sui costi e sui benefici associati . . ·con l'istruzione degli scimpanzé, possiamo qui soltanto limitarci a speculare. Ma due fattori aggiuntivi potrebbero fare un po' di luce sul problema. In ... maniera specifica, sebbene i giovani scimpanzé sembra che imparino se ~! ' ·vengono istruiti, il tasso di mortalità è basso durante gli anni della gioventù, e i decessi di rado sono dovuti a scarsità di cibo. Perciò, sebbene la tecnica ; ,· richieda anni di esperienza per perfezionarsi, potrebbe non esistere alcuna esigenza che spinga ad anticipare con l'insegnamento l'acquisizione di quel" la capacità. Inoltre, sebbene l'istruzione aiuti sotto certi aspetti a imparare a (,, spaccare le noci, è anche richiesta una certa forza non disgiunta dalla capa~' cità di trovare le noci e un'appropriata combinazione di martello e incudine. i:', Queste capacità motorie e cognitive si sviluppano lentamente, e non è chiaFro come l'istruzione potrebbe accelerarne la crescita. Prima di continuare a !i. interrogarci su questo problema, esploriamo qualche altro territorio, cercan'r. do di identificare altri esempi da candidare24 • ~

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ii· Il Parco Nazionale del Serengeti in Tanzania è popolato da migliaia di gnu /) e di gazzelle, oltre che da elefanti, giraffe, bufali, babbuini, e naturalmente, · da grossi felini quali leopardi, leoni e ghepardi. Diversamente dai leoni che . cacciano in gruppo, i leopardi e i ghepardi tendono a cacciare da soli quan!L do sono adulti. Se la caccia è una faccenda per solitari, come fanno gli indi[i vidui ad.a~quisire l'.indispens~bil~ capacit~ di cacciare~ Si tratta di ~f~ronta: f· ~e tentativi ed erron, una specie di operaz10ne a casacc10? Oppure i g10vam imparano dalle madri?

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"Insegnare agli scimpanzé: C. Boesch, Teaching among wild chimpanzee, in «Animai Behaviour», · 1991, pp. 530-32; Id., Three approaches far assessing chimpanzee culture, in A.E. Russon - K.A. ~:. B~d - S.T: Par~er (a cura di), Reaching into Thought: The Minds of the Grea~ Apes, Cambridge, Can:i.hndge .Umvers1ty Press, 1996, pp. 404-29: T. Matsuzawa, Cultura[ and socia[ context of tool use m '!.:. ehimpanzees, in M.D. Hauser - M. Konishi (a cura di), The Design of Anima[ Communication, Cam~;hridge, Cambridge MIT Press, 2001. , ;j.

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Tim Caro, un biologo naturalista, ha studiato i ghepardi del Serengeti fin dagli anni '80, seguendo i loro movimenti dal rifugio sicuro di una Land Rover. Per sapere come si sviluppa l'abilità nella caccia, ha cominciato a osservare i cuccioli, le madri, e le femmine senza cuccioli. Quando le fem.: mine senza cuccioli catturano una gazzella di Thompson, la uccidono soffo-· candola; se prendono una lepre le fracassano con un morso il cranio. Le ma~ dri con cuccioli di un mese e mezzo, cacciano nello stesso modo. Ma quando i cuccioli hanno quasi tre mesi di vita, le madri adottano un altro stile di caccia. Cacciano la preda prima mutilandola e poi portandola ai cuccioli perché questi abbiano dapprima la possibilità di cacciarla e poi di finirla. Poiché i piccoli a questa età raramente uccidono ima preda, la madre inter~ viene a completare l'opera. Quando i cuccioli hanno qualche mese di più, le madri liberano soltanto un terzo delle prede in presenza dei cuccioli e consentono loro di portare a termine l'uccisione. A circa otto mesi, i cuccioli fanno a pezzi le prede, mentre un altro membro della famiglia le addenta al" l'esofago per.impedire che si muovano; Sui dieci mesi, la madre cede metà delle sue prede ai figli e i cuccioli hanno adesso quasi sempre successo nel 7 le uccisioni. Queste osservazioni ci dimostrano che le madri ghepardo forniscono ai figli l'opportunità di acquisire la capacità di cacciare in un ambiente controllato, quella che si potrebbe definire opportunità di apprendere. Il loro comportamento sembra essere sensibile allo sviluppo delle capacità dei cuccio~ li; il genere di opportunità cambia in funzione delle attuali capacità nella caccia. Ma diversamente dal caso degli scimpanzé, la madre ghepardo affronta un costo molto più elevato. Le prede consegnate ai cuccioli hanno maggiori possibilità di fuga, e di conseguenza questo costringe la madre ad andare di nuovo a caccia. Madri affamate sono meno inclini a cedere più volte le prede di quelle abbastanza sazie. Praticando esse stesse la caccia, le madri affamate assicurano la cattura, ma eliminano l'opportunita di appren-. dere. Sebbene non sappiamo se cuccioli con minori opportunità finiscano per riportare in futuro un minor numero di successi nella caccia, si direbbe che queste opportunità possano essere vantaggiose, considerato il costo che le madri sono disposte a pagare. Il paragone tra i ghepardi e gli scimpanzé ci consente qualche previsione sulla frequenza dell'insegnamento in una popolazione. Consideriamo il problema in termini economici, con l'insegnante che affronta determinati costi per l'istruzione e ottiene determinati benefici dal fatto che l'allievo ha acquisito una capacità o qualche nozione. Nello stesso modo possiamo prendere in considerazione come l'allievo si avvantaggi dell'insegnamento e il costo cui va incontro se tale insegnamento viene rifiutato. Per gli scimpanzé il costo pagato dall'insegnante è basso e il vantaggio per l'allievo è altrettanto basso; sebbene i piccoli sembrino trarre.beneficio dall'istruzione, chiaramente non dipendono dalla cultura per sopravvivere, e la mortalità tende . · a essere bassa durante gli anni della gioventù. Invece per le madri ghepar- ,

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r do, il costo dell'istruzione appare elevato, ma i vantaggi per i cuccioli sem:f brano esserlo altrettanto~

\': ·.Se generalizziamo, tra ghepardi e scimpanzé, possiamo fare qualche previ;,: sione specifica. Quando i benefici perl'allievo sono grandi, l'insegnamento sarà diffuso anche se i costi per l'insegnante si rivelano alti. Quando i van•. taggi per l'allievo sono scarsi, l'insegnamento sarà infrequente se i costi per ; l'insegnante saranno bassi, ma raro o assente se i costi per chi insegna ri:; sulteranno elevati25 • !' Nei tardi anni '60 lo zoologo Tom Struhsaker iniziò uno studio sui cerco, pitechi verdi che vivono nel Parco Nazionale Amboseli, in Kenya. Come molti altri primati, i cercopitechi si trovano a dover affrontare gravi minacce da parte dei predatori. L' Amboseli comunque è particolarmente pericolo: so, dal momento che i cercopitechi sono le prede di una grande quantità di predatori compresi i ghepardi, i leopardi, i pitoni, i mamba neri e quelli verdi, i babbuini, gli uomini e le aquile. Vent'anni di osservazioni hanno rive, lato che il settanta per cento dei piccoli non riesce a raggiungere .il primo compleanno. La causa principale di mortalità è la predazione. Per loro fortuna i cercopitechi, a causa dell'eccessiva pressione provocata ' dalla predazione, hanno evoluto un sofisticato sistema di segnali di allarme (vedi Capitolo 8). Questi primati hanno creato un distinto grido di allarme per ciascun tipo di predatore cui si trovino di fronte, grido che suscita l' op·.·· portuna azione di fuga. Quindi, quando un leopardo si trova nei paraggi, la miglior reazione per un cercopiteco è quella di arrampicarsi su un albero. ··Dopo aver udito il grido d'allarme riservato ai leopardi, i cercopitechi corrono sugli alberi. Quando è un'aquila a scendere in picchiata, ed è risuonato il grido di allarme per l'aquila, la reazione migliore è quella di precipitarsi giù da un albero per nascondersi sotto un cespuglio. E se viene individuato un serpente o si è sentito il grido di allarme per il serpente la reazione migliore è quella di mettersi in piedi e di scrutare con attenzione i dintorni e, se possibile, individuare la direzione nella quale esso si muove. Gli adulti conoscono queste mosse. I piccoli no, almeno finché non hanno circa un anno di età. Come fanno a imparare? Quando un cercopiteco emette un grido di alla:rme, spesso anche gli altri gridano. Di conseguenza, quando un piccolo individua un predatore ed emette il grido di allarme, la ripetizione del grido da parte degli adulti funziona come un segno di approvazione, una pacca sulla spalla per un lavoro ben fatto. Sebbene gli adulti possano non avere l'intenzione di insegnare ai piccoli,

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25 Insegnare al gatto: T.M. Caro, Effect of the mother, object play and adult experience on predation in cats, in «Behavioral and Neural Biology», 29, 1980, pp. 29-51; Id., Predatory behaviour in domestic cat mother, in «Behaviour», 74, 1980, pp. 128-47; Id., Cheetahs of the Serengeti Plains: Grouping in an Asocial Species, Chicago, The University of Chicago Press, 1994; T.M. Caro - M.D. Hauser, /s there teaching in nonhuman animals?, in «Quarterly Review of Biology», 67, 1992, pp. 151-74.

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il loro grido di allarme costituisce una.reazione positiva per il comportamento vocale del cucciolo. Quando i cuccioli di età inferiore a un anno sono i primi a gridare, gli adulti uniscono i propri gridi di allarme per una metà delle volte circa. Inoltre i cuccioli sembrano trarre vantaggio da tale esperienza, come mostrano le loro esibizioni nei successivi incontri. I piccoli che ricevono una risposta positiva dagli adulti hanno maggiori probabilità di emettere allarmi appropriati nelle successive occasioni di quanto accada nel caso di cuccioli che non ricevano tale approvazione o abbiano gridato sbagliando bersaglio. Come in molti altri esempi riscontrabili tra gli animali che vivono allo stato brado, non possiamo sapere se abbiamo documentato correttamente le condizioni ambientali in cui vengono istruiti. Sebbene siano state regi-· strate migliaia di ore di ascolto da parte della squadra di ricerca sui cercopitechi, non è stato possibile annotare tutte le loro esperienze. Se ci discostiamo da questi studi più particolareggiati sull'insegnamento tra gli animali, ci troveremo con un seducente catalogo di singole osservazioni. Per esempio un cucciolo di cercopiteco vede una mangusta (un ani~ male non predatore) ed emette il grido di allarme per i leopardi. Viene subito preso in braccio dalla madre e portato su un albero. Dopo aver visto la mangusta, la madre si volta verso il figlio e gli allunga una sberla, il che è visto come una punizione. Tra gli uccelli, i giovani esemplari del fringuello alpino sono forse i più incapaci tra i procacciatori di cibo. Al contrario degli adulti, i giovani afferrano i tenebrioni mugnai nel verso sbagliato e, come risultato, spesso li lasciano cadere. Di tanto in tanto gli adulti si avvicinano ai novellini e sistemano loro i tenebrioni nel becco consentendogli di inghiottire la preda. Infine, studi su scimpanzé allevati dagli uomini rivelano qualche esempio di insegnamento del linguaggio dei segni. Così, per esempio, mentre Washoe stava aspettando con ansia il pranzo con la figlia Loulis, una scimpanzé allevata senza istruzione nel linguaggio dei segni, afferrò la mano di Loulis e la atteggiò nel segno di "cibo", guidandola: più volte in quell'importante gesto. Tornando al nostro calcolo sulle convenienze, troviamo che molti degli insegnamenti da noi osservati appaiono a buon mercato dal punto di vista del!' impiego di tempo e di energia spesi dall'insegnante. In molti di questi casi sembrerebbe che la resa a favore dell'allievo sia elevata. Ci troviamo quindi nella condizione di domandarci perché l'insegnamento sia tanto raro nel regno animale ma così comune tra gli esseri umani. Tutti gli animali entrano nella scuola dell'apprendimento con uno strumento fondamentale per acquisire la conoscenza. Questo strumento è sufficiente per creare associazioni, trarre deduzioni, e apprendere attraverso prove ed errori. Molti animali imparano anche grazie alle interazioni. Cosa forse sorprendente, gli esseri umani potrebbero essere l'unica specie ad aver evoluto gli strumenti mentali per imitare e insegnare.

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Strumenti per ingannare Nella foresta pluviale peruviana, grandi stormi che comprendono diverse specie di uccelli si spostano veloci, in cerca di cibo sul terreno e tra le fronde del baldacchino verde sovrastante. Considerata la forte competizione tra le specie che vivono sulla stessa area, è sorprendente che tali stormi misti si muovano e si alimentino insieme. Per il biologo evoluzionista, in ogni caso, una situazione del genere solleva affascinanti interrogativi sui vantaggi della vita di gruppo. Che cosa ci guadagnano i membri di una specie dall'entrare a far parte di uno stormo misto? A quali costi si espongono? Sarebbe più conveniente disertare e unirsi a uno stormo costituito da una specie unica? Nel 1986 il biologo Charlie Munn si accinse a rivolgersi queste domande e lungo il cammino si imbatté ih qualcosa di insolito. Dopo ore e ore di osservazioni, notò che lo stormo si divideva in specie che andavano alla ricerca del cibo e specie che davano l'allarme. Sebbene le politiche di suddivisione dei compiti siano comuni tra gli animali come le api e gli eterocefali glabri, questi stormi costituiti da una mescolanza di specie operano con una coordinazione analoga, dove ogni specie contribuisce con i propri talenti · unici, facendo sì che i vantaggi dell'appartenenza superino i costi del vivere in uno stormo costituito da un'unica specie. Nel campo della biologia, gli ultimi vent'anni ci hanno comunque insegnato che ogni volta in cui gli individui assumono ruoli diversi in una impresa apparentemente cooperativa, si presentano loro opportunità di frodare, appropriandosi dei benefici senza pagarne il costo. Imbroglioni di questo genere si sono fatti notare negli stormi di specie miste del Perù. Gli insetti alati sono una fonte primaria di cibo per i membri dello stormo. Di tanto in tanto, uno degli individui appartenenti alla specie dei ricercatori . di cibo compete per un insetto con un individuo della specie abile nel far , scattare gli allarmi: o un prionopide azzurro o una tanagra dalle ali bianche. Durante qualcuno di questi scontri, il prionopide o la tanagra fanno risuona. re un falso allarme, segnalando il pericolo incombente di un'aquila predatrice, sebbene non esista alcun pericolo. Il competitore solleva lo sguardo, seguendo il richiamo di avvertimento, consentendo al prioponide o alla tanagra di impadronirsi dell'insetto. Di fronte a questo siamo indotti a pensare

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che un artificio del genere - tratto direttamente dalla scena comica di una '. ·: farsa - potrebbe funzionare una volta, forse due, ma poi il truffato capirebbe la falsità del segnale e imparerebbe a ignorarlo. Ma per loro sfortuna, le specie procacciatrici di cibo non possono ignorare un segnale di pericolo. Si trovano, per dirlo in parole povere, di fronte a una scelta obbligata per ragioni "economiche". Paragonato con il modesto beneficio di catturare un insetto, il costo di ignorare un potenziale predatore è alto. Sebbene prionopidi e tanagre lancino avvertimenti veritieri tanto spesso da ripagare le quote dovute per la loro· appartenenza allo stormo, la fanno franca con i falsi gridi di allarme perché non converrebbe mai al loro competitore di metterne in di~ scussione la sincerità. La selezione naturale ha perciò distribuito le carte migliori a prionopidi e tanagre, almeno in questa fase dell' evoluzione 1• Il fatto che prionopidi e tanagre emettano grida di allarme ingannevoli non ci dice nulla su quello che pensano in queste situazioni. Non sappiamo se hanno semplicemente capito come ingannare, o se sono anche consapevoli di ingannare l'altro manipolando le sue convinzioni. Per esempio, la tanagra considera le proprie convinzioni sui gridi di allarme, e poi si serve di questa conoscenza per trarre analoghe conclusioni circa i convincimenti delle specie procacciatrici di cibo? Capiscono come sia messo a segno l'inganno, in quale modo funziona? L'ascoltatore credulone si fa un'idea della percentuale di successi di un. particolare prionopide o tanagra, rendendosi conto che qualcuno è più affidabile di altri? Come fa notare nei tardi anni '40 il filosofo Gilbert Ryle, la distinzione tra sapere come e sapere che risulta critica per qualsiasi analisi di azioni in apparenza intenzionali. Gli animali possono essere molto bravi nel sapere come ingannare, seguendo regole e cose del genere, ma possono non sapere che stanno ingannando i loro simili. Le osservazioni sui prionopidi e sulle tanagre dimostrano come qualche animale disponga di uno strumento mentale grazie al quale è in grado di ingannare. Per fornire la prova che gli animali possiedono uno strumento mentale che consente loro di sapere che stanno ingannando, abbiamo bisogno di altri esperimenti e osservazioni. Per fortuna il regno animale è pieno di ingenui e di imbroglioni dalla faccia di giocatori di poker.

La politica della sincerità Domandiamoci che cos'hanno in comune le seguenti caratteristiche: grosse coma ramificate, un piumaggio dai colori vivaci, prolungate esibizioni di canto, seni simmetrici, alti balzi e grida sonore. Sono chiari segni di un in.:. ' Uccelli che gridano al lupo: C. Munn, Birds that "cry wolf', in «Nature», 319, 1986, pp. 143-45; Id., The deceptive use of alarm by sentine[ species in mixed species flocks of neotropical birds, in R.W. Mitchell - N.S. Thompson (a cura di), Deception. Perspectives of Human and Nonhuman Deceit, Albany, State University of New York Press, 1986.

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Uno dei modi utilizzati per ingannare è quello di falsificare le informazioni: sia gridando "al lupo" che nascondendo un pericolo restando silenziosi.

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dividuo in buona salute. Perché? Perché sono relativamente costosi da ostentare e mantenere. Nel momento in cui tali caratteristiche si deteriorano, ciò significa tipicamente che anche la salute dell'individuo non è più perfetta. Quando vengono simulate, hanno l'unico effetto di enfatizzare le· altre debolezze della creatura in questione. Perciò gli uccelli infestati dai parassiti tendono ad avere un piumaggio opaco, i pennuti che vivono su territori improduttivi cantano meno di quelli ben forniti di risorse alimentari, e le gazzelle in cattive condizioni di rado si producono in salti alla Baryshnikov quando sono inseguite dai giaguari. Sebbene i primi due casi· si ricolleghino a qualità che vengono valutate all'interno di una specie, e sebbene l'ultimo esempio si ricolleghi a una qualità valutata tra due specie· (predatore-preda), la logica dei costi opera più o meno nello stesso modo. Se l'uccello tormentato dai parassiti canta a squarciagola, non ottiene altro risultato se non quello di attirare l'attenzione sul.suo piumaggio opaco, un indice di cattiva salute. Se una gazzella ammalata salta qua e là, i suoi arabeschi non quadrano con il suo corpo emaciato, un chiaro segno per il ghepardo della sua debolezza e vulnerabilità. La biologia di questi sistemj ci dice che la natura ha evoluto una politica della sincerità, basata sui costi relativi del creare e mantenere una caratteristica. È una regola empirica ragionevole quella secondo la quale un animale non può esibire grandi corna ramificate, piume dai colori brillanti, o una voce sonora se è infestato dai parassiti, o soffre a causa di carenze nutrizionali, o è teso perché vive la vita di un tormentato sottoposto. Inoltre, gli individui portatori di tali caratteristiche, si accollano un ulteriore costo perché si trovano esposti a più gravi rischi di essere predati. Sono portatori di quello che il biologo evoluzionista Amotz Zahavi definisce un "handicap". Gli handicap sono come i galloni dei militari: stanno a indicare la capacità di un individuo di scansare la mano pesante della selezione, una capacità che è governata da geni di buona qualità2 • Gli handicap assicurano a un organismo il modo per evolvere una politica della sincerità. Sono segnali che non richiedono nessuna riflessione, nessuna meditazione, e nessuno sforzo per comprendere. Quando un individuo esibisce un handicap, sta esibendo la capacità di pagare il prezzo relativo alle sue condizioni. A sua volta la selezione favorirà gli osservatori in grado di interpretarlo in maniera corretta come indicazione accurata delle condi'Impedimenti e sincerità: S. Collins, /s there only one type of male handicap?, in «Proceedings of the Royal Society, London», 252, 1993, pp. 193-97; A. Grafen, Biologica! signals as handicaps, in «Iournal ofTheoretical Biology», 144, 1990, pp. 475-546; M.D. Hauser, The Evolution of Communication, Cambridge, MIT Press, 1996; R.A. Johnstone - A. Grafen, Dishonesty and the handicap principle, in «Animai Behaviour», 46, 1993, pp. 759-64; H.K. Reeve, Evolutionarily stable communication between kin. A generai model, in «Proceedings ofthe Royal Society, London», 264, 1997, pp. 105760; H. Viljugrein, The cost of dishonesty, in «Proceedings of the Royal Society, London», 264, 1997, pp. 815-21; A. Zahavi, Mate selection: a selectionfor a handicap, in «Journal of Theoretical Biology», 53, 1975, pp. 205-14; A. Zahavi - A. Zahavi, The Handicap Principle, Oxford, Oxford University Press, 1997.

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Il principio de/l'handicap in funzione. Ecco una femmina di pavone scegliere in maniera selettiva il maschio sopravvissuto nonostante il fatto di trascinarsi dietro una serie di accessori anatomici altamente elaborati, che costituiscono un handicap per certi aspetti, come ad esempio una coda lunghissima.

zioni, del vigore e delle capacità dell'animale. Caratteristiche esagerate lasciano però in imbarazzo i biologi evoluzionisti. Dal momento che sembrano essere deleterie per la sopravvivenza, ci si aspetterebbe che la selezione le eliminasse. Una risposta a questo enigma è che l'esagerazione rappresenta la risposta ai gusti stravaganti delle femmine. Le femmine sono pignole per quanto riguarda i loro compagni. Quando finalmente ne scelgono uno, tendono, nel corso dell'evoluzione, a scegliere maschi con code sempre più grandi, voci sonore, o penne dai colori vivaci. Il rondone o rondine dei granai, è un uccelletto con una stupefacente coda lunga e biforcuta. Più la coda è lunga, più è costosa in termini di aerodinamica del volo. Il problema quindi era quello di scoprire perché la selezione naturale non avesse favorito le code corte piuttosto che quelle lunghe. Negli anni '80 il biologo evoluzionista Anders M~ller si accinse a mettere alla prova l'idea che le code lunghe erano favorite dalla selezione sessuale. Nel

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caso specifico, i maschi con la coda lunga sono maschi di qualità superiore, e perciò le femmine erano solite accoppiarsi di preferenza con loro. Il primo esperimento si servì di una procedura che gli esperti in quel campo chiamano "tecnologia del taglia e incolla". Alcuni maschi del posto ebbero le code accorciate fino a ridursi a tronconi, mentre quelle di altri venivano allunga~ te oltre la norma incollandoci sopra pezzi aggiuntivi; per controllare il trattamento degli uccelli, ne venne catturato un altro gruppo al quale le penne della coda vennero in parte tagliate e poi riattaccate. Alla fine dell'esperimento, i maschi con le code lunghe chiaramente ebbero la meglio, con un maggior numero di uova nei nidi e un maggior numero di sopravvissuti tra i pulcini. I maschi dalle lunghe code erano inoltre migliori nel volo e andavano a sbattere con minore frequenza di quelli con le code corte contro gli ostacoli all'interno dei granai. Dimostrando di essere capaci di sostenere il peso aggiuntivo di una coda più lunga - un handicap - i maschi dalle code lunghe testimoniarono il loro valore genetico. Sebbene fosse evidente che le femmine notavano la differenza nella lunghezza delle code, non perdevano d'occhio anche un'altra caratteristica: la simmetria. Gli occhi dell'uomo, le braccia dell'orangutan, le chele degli scarafaggi, le antenne degli insetti, le zanne degli elefanti, le ali delle farfalle, e la coda biforcuta di un rondone. Una serie di animali possiede tratti distintivi che compaiono su entrambi i lati del corpo, spesso in maniera simmetrica. Talvolta, però, manca il programma di sviluppo responsabile della creazione di tali caratteri, e ciò porta a una fluttuazione casuale nella posizione o nelle dimensioni di uno dei tratti distintivi, che risultano posti da. una parte o dal1' altra. Definiamo questi tratti asimmetrie fluttuanti per distinguerli dai tipi di asimmetrie funzionali che emergono spesso dagli studi sull'organizzazione e la funzione del cervello; per esempio, nella maggior parte degli esseri umani, l'emisfero sinistro del cervellò riveste un ruolo dominante nell'elaborazione del linguaggio, mentre l'emisfero destro è dominante nei compiti che riguardano lo spazio. Dovute all'associazione tra l'espressione di uno dei tratti distintivi e la genetica che ne è alla base, le asimmetrie fluttuanti ci forniscono una seconda clausola nella politica della sincerità. La simmetria si manifesta quando il programma di sviluppo funziona a dovere. Di contro, l'asimmetria emerge quando le cose si guastano. Potendo scegliere, le femmine preferiscono maschi simmetrici a quelli asimmetrici. Per indagare il ruolo della simmetria nella scelta di un compagno da parte della femmina, M, 56, 1998, pp. 123-47; L. Van Valen, A study of fluctuating asymmetry, in «Evolution», 16, 1962, pp. 125-42.

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venta più aggressivo, facendosi sempre più avanti e in ultimo si serve della grossa chela per sferrare colpi. Negli anni '80 il biologo Roy Caldwell scoprì un interessante risvolto in questa vicenda. Quando un intruso si avvicina a una tana allorché è prossimo il momento della muta, l'occupante sbuca fuori sferrando colpi senza indugiare nelle usuali cortesie. Sembra essere di umore battagliero e di conseguenza il visitatore si ritira. Questa farsa conti~ . · nua durante tutto il periodo della muta, nel corso del quale, però, l' occupante è nudo e vulnerabile agli attacchi. Basterebbe un colpo ben assestato per metterlo fuori combattimento. Per fortuna l'apparente forza del crosta- · ceo induce gli intrusi a desistere dal loro tentativo di aggressione. Il granchio mantide ci offre un bellissimo esempio di impostura. Sferrando colpi con la chela, l'occupante impegnato nella muta invia un preciso messaggio, destinato a minacciare gli intrusi e a farli recedere dai loro propositi. I colpi rappresentano un inganno, però, dato che il granchio non può difendere la sua posizione. Tale inganno, in ogni caso, resta incontestato, perché il costo dell'intrusione supera di gran lunga.il vantaggio di diventare proprietario di una cavità. Come nel caso degli stormi formati da diverse specie in Perù, il bilancio della situazione consente ai residenti di ingannare gli invasori4 • Ci si potrebbe aspettare che l'arte dell'inganno raggiunga le sue forme più perfezionate tra le specie sociali. In questo elenco può sorprendere che il granchio mantide, asociale per natura, sia un così abile bugiardo. D'altra parte, a prescindere da quanto stupidi e insulsi possano sembrare i polli, sono però creature molto sociali, e recenti studi sul loro comportamento vocale fanno ritenere che siano estremamente prudenti. Gli individui vivono in grandi gruppi, stabiliscono delle gerarchie ed emettono tra i venticinque e i trenta richiami, compreso naturalmente il famoso canto mattutino del gallo. Quando i galli trovano del cibo, spesso emettono un verso caratteristico che richiama le galline dalla loro parte. I galli emettono questo verso con maggiore frequenza quando trovano del cibo davvero apprezzabile e sono in compagnia delle galline, in contrapposizione con altri galli con i quali competono. Talvolta lo fanno anche se quello che trovano non è mangiabile, come gusci di arachidi, solo per indurre le galline ad avvicinarsi. Allo stesso modo degli uccelli della foresta peruviana che emettono falsi gridi di allarme, i galli emettono lo stesso suono sia in presenza sia in assenza di cibo. E qualora il richiamo si riferisca davvero a un alimento, come gli etologi Peter Marler e Christofer Evans suggeriscono (vedi Capitolo 8), allora il gallo adesca le femmine con una farsa ingannevole. Facendosele venire vicine aumenta le sue probabilità di accoppiarsi. 4 Il granchio che bluffa: ~.L. Caldwell, The deceptive use of reputation by stomatopods, in R.W. Mitchell - N.S. Thompson (a cura di), Deception: Perspective on Human and Nonhuman Deceit, Albany, SUNY Press, 1986; R.L. Caldwell - H. Dingle, Ecology and evolution of agonistic behavior in the stomatopods, in «Naturwissenschaften», 62, 1975, pp. 214-22; R. Steger - R.L. Caldwell, lntraspecific deception by bluffing: A defense strategy of newly molted stomatopods (Arthropods: Crustacea), in «Science», 221, 1983, pp. 558-60. ·

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Se i galli cercano di imbrogliare le galline, vuol dire che ovviamente non sono indifferenti a dove è rivolta l'attenzione di queste ultime. Se si trova molto vicino alle pollastre, il gallo sarebbe stupido mettendosi a fare il suo verso per un guscio di arachide. Un gallo furbo aspetta che la gallina si trovi a una certa distanza e poi emette il richiamo. In questa situazione la gallina non può vedere quello che ha trovato il gallo, e quando arriva sul posto, nel frattempo il verme o quant'altro potrebbe essere sparito. Ma ormai il gioco è fatto. Le osservazioni mostrano che è più probabile che i galli emettano il richiamo in assenza di cibo quando le galline sono molto lontane e, a quanto risulta, non lo fanno mai in compagnia di maschi competitori. Quando i polli trovano il cibo, il loro comportamento in fatto di richiami dipende dall'uditorio. Quanto al gallo è più probabile che tenga per sé le informazioni sul cibo quando sono presenti altri maschi ed emetta il suo verso in presenza delle galline, facciano parte o meno del suo harem. ~n questo senso il richiamo per il cibo raduna le femmine sessualmente ricettive, infuenzando il loro comportamento. Non è chiaro però se le galline che sono state ingannate, avvicinandosi con la speranza di trovare del cibo e trovandosi davanti un guscio vuoto e immangiabile, cambino i loro sentimenti nei confronti del gallo. In effetti, sebbene si sappia moltissimo sulle cause sociali dei richiami dei polli per il cibo, sappiamo pochissimo sulle conseguenze sociali dei richiami stessi5. Perché l'inganno rivesta un ruolo significativo nelle società animali, gli individui devono rendersi conto delle cause e delle conseguenze delle loro iniziative ingannevoli.

Facce impassibili Consideriamo la seguente situazione. Abitate con un caro amico. È notte e voi entrate, affamati. Vi dirigete verso il frigorifero, aprite lo sportello e vi cade lo sguardo su una torta al cioccolato. Sfortunatamente ne è rimasta soltanto una fetta, per cui vi trovate di fronte a un dilemma. La cosa migliore da farsi sarebbe quella di chiamare il vostro compagno e domandargli se potete finire l'ultima fetta. A questo punto, com'è ovvio, rischiate la possibilità che il vostro compagno di stanza opponga un rifiuto, dicendo di ' Il gallo astuto: C.S. Evans - P. Marler, Language and animai communication: Parallels and contrast, in H. Roitblatt (a cura di), Comparative Approaches to Cognitive Science, Cambridge, MIT Press, 1995; D. Margoliash, Acoustic parameters underlying the responses of song-specific neurons in the white-crowned sparrow, in «Journal of Neuroscience», 3, 1983, pp. 1039-57; P. Marler - A. Dufty - R. Pikert, Vacai communication in the domestic chicken. f; Does a sender communicate information about the quality of afood referent to a receiver?, in «Animai Behaviour», 34, 1986, pp. 18893; Iid., Vocal communication in the domestic chicken. ll. ls the senser sensitive to the presence and nature of the receiver?, in «Animai Behaviour», 34, 1986, pp. 194-98; P. Marler - S. Karakashian M. Gyger, Do animals have the option ofwithholding signals wlien communication is inappropriate?, in C.A. Ristau (a cura di), Cognitive Etliology: The Minds of Other Animals, Hillsdale, Lawrence Erlbaum, 1991.

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aver lasciato da parte la torta per il suo spuntino. La mossa disonesta sarebbe quella di portare la fetta di torta in bagno e di mangiarvela in santa pace. Naturalmente, trattenere le informazioni va bene se siete in grado di farla franca. Ma senza dubbio il vostro compagno potrebbe cogliervi con briciole di cioccolata ancora sulle labbra, o accorgersi che la torta è spari e ta non appena apre il frigorifero il mattino dopo. Sebbene non abbiate attivamente falsificato l'informazione, l'avete eliminata, mentendo per omissione. Le scimmie rhesus sull'isola di Cayo Santiago a Portorico spesso emettono gridi quando trovano del cibo. Alcuni dei loro richiami indicano rigorosamente la scoperta di alimenti di alta qualità, cibi rari quali le noci di cocco. Richiami diversi sono riservati ad alimenti meno pregiati, come il mangime per scimmie. La variazione nel richiamo delle scimmie rhesus per il cibo solleva diversi interrogativi. Perché gli individui gridano in certe occasioni ma restano silenziosi in altre? Quali conseguenze comporta annunciare le loro scoperte invece di nasconderle? Gli scopritori silenziosi eliminano di proposito l'informazione, consapevoli che se gli altri non li sentono o non li vedono, non sanno cosa sta succedendo? Nel caso ci si aspetti ché gli scopritori chiamino, verranno forse puniti qualora vengano sorpresi, zitti zitti, con il bottino? Per risolvere questi problemi ho condotto una serie di esperimenti insieme all'etologo Peter Marler. Abbiamo offerto a degli individui isolati da un gruppo sociale un piccolo rifornimento non previsto sia di mangime per scimmie, sia di noci di cocco. Con la videocamera pronta, abbiamo atteso lo svolgersi degli eventi. Quando gli scopritori videro il cibo, la loro prima reazione fu quella di guardarsi intorno da tutte le parti, si presume per accertarsi della presenza sia di potenziali nemici, sia di alleati. Una metà dei soggetti sottoposti al test chiamò, mentre gli altri restarono silenziosi. Poiché Cayo Santiago è densamente popolata, altre scimmie rhesus ben presto apparvero sulla scena. Alcuni degli scopritori vennero duramente attaccaii, mentre altri furono mandati via senza troppo chiasso o lasciati a mangiare in pace. Si potrebbe pensare che gli individui di basso rango fossero più vulnerabili agli.attacchi degli individui di alto rango che si divertono a sottrarre il cibo ai subordinati. Niente affatto. Gli scopritori dominanti avevano le stesse probabilità di essere aggrediti dei subordinati. Gli scopritori silenziosi, comunque, furono attaccati più di quelli che avevano gridato, e ottennero anche meno cibo. Erano stati scoperti con il muso sporco di mangime o di cocco e ne pagavano lo scotto. Dato che gli scopritori silenziosi venivano aggrediti in misura maggiore, per quale motivo non avevano gridato, approfittando del vantaggio di qualche pezzetto di cibo ed eliminando il costo di un'aggressione? Forse seguono un regola, fondata sul tentare la sorte, che recita così: «Chiama se vedi in giro qualche individuo dominante, altri.menti taci»? Se questa regola è vera e sufficiente per spiegare il comportamento delle scimmie rhesus, fa pensa-

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: re a un tipo di inganno molto simile a quello del granchio mantide e delle · galline. Nella fattispecie la decisione di gridare o di restare in silenzio è soltanto una questione di analisi tra costi e vantaggi. Non esiste alcuna addizionale complessità nel comportamento a giustificare una spiegazione basata sulle condizioni mentali dello scopritore, sulla sua capacità di valutare i propri convincimenti così come quelli di chi gli sta vicino. La teoria economica della situazione fornisce una spiegazione per lo schema osservato. Talvolta il silenzio ripaga, altre no. In qualche caso gli scopritori rimasti in silenzio se la cavano senza essere scoperti. In queste situazioni riescono a mangiare più di tutti gli altri. In altri casi gli scopritori restano silenziosi, vengono scoperti e ne patiscono le conseguenze. Un secondo esperimento con le scimmie rhesus complica l'interpretazione che ho appena fornito. Insieme con un gruppo di laureandi di Harvard, condussi lo stesso tipo di esperimento con maschi che vivevano ai margini, individui che non si erano ancora uniti a un gruppo sociale e stavano muovendosi in un ambito non ancora ben definito. In contrasto con i membri di un gruppo sociale, questi maschi marginali non gridavano mai quando trovavano del cibo, e non erano mai aggrediti se venivano scoperti. O gli era consentito di mangiare in pace, o venivano scalzati dalla posizione accanto al mucchio di.cibo rimasto. senza essere rincorsi o senza subire attacchi fisici. La regola precedente non serve per spiegare il comportamento dei maschi in posizione marginale. A quanto pare questi maschi non gridano mai quando trovano il cibo. Una diversa regola circa le decisioni spiega però lo schema generale: «Se fai parte di un gruppo sociale, grida se scopri la presenza di altri individui dominanti, altrimenti taci. Se sei un maschio marginale, resta in siJenzio» 6• Il comportamento delle scimmie rhesus ha tutto l'aspetto di una comples.sità mentale, comprese le manovre strategiche, il controllo volontario sulle grida di richiamo, e l'attribuzione di conoscenze ad altri che potrebbero o meno vedere e sentire che cosa sta accadendo. Potremmo essere tentati di dire che quando gli scopritori eliminano l'informazione, stanno infrangendo una regola sociale, e quando si infrangono le regole, la punizione èl'unica cosa alla quale si possa fare ricorso. Come suggerisce la nostra analisi di queste regole ingenue, in ogni caso, esistono altre spiegazioni alternative, tra le quali quella che non richiede agli individui di arguire quanto gli altri pensano, desiderano o intendono. Per esempio, poiché ogni scopritore veniva sottoposto al test una sola volta, non sappiamo se il variare nella reazione sia dovuto alla flessibilità tra gli individui o al variare della popolazione 6 Imbroglioni silenziosi: M.D. Hauser, Minding the behavior of deception, in A. Whiten - R.W. Byrne (a cura di), Machiavellian Intelligence 2, Cambridge, Cambridge University Press, 1997, pp. 11243; M.D. Hauser - P. Marler, Food associated calls in rhesus macaques (Macaca Mulatta), I. Socioecological factors infl.uencing cali production, in «Behavioural Ecology», 4, 1993, pp. 194-205; lid., Food associates calls in rhesus macaques (Macaca Mulatta). II. Costs and benefits of cali production and suppression, in «Behavioural Ecology», 4, 1993, pp. 206-12.

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in base alle differenze tra gli individui, alcuni inclini ad adottare la strategia del silenzio, altri una strategia di smargiassate·vocali. Immaginate adesso che il vostro compagno di stanza entri in cucina proprio mentre state per impadronirvi della torta al cioccolato. Non potete ovviamente mangiare la torta senza tanti complimenti, ma il desiderio ha avu~ to la meglio su di voi. Un modo per ingannare il vostro compagno è quello di mentire a proposito della torta, dicendogli che era andata a male, che il cattivo odore vi aveva costretto a buttarla via. Se lui vi crede, può in effetti andarsene, lasciandovi in pace e padrone della torta. Questo tipo di situazione connessa con il cibo si può senza dubbio presentare in natura, quando un animale localizza il cibo prima di un altro, e poi tenta di nascondere il tesoro al competitore che lo segue. Ma come possiamo fare luce sul tipo di decisione che lo scopritore potrebbe prendere se ancora non ha fatto la mossa finale? Nella nostra analisi sugli spostamenti nello spazio (Capitolo 4) abbiamo appreso che gli scimpanzé si servono di un tragitto ottimale per localizzare i punti dove hanno visto sistemare del cibo da uno sperimentatore. A cominciare dal lavoro eseguito dallo psicologo Emil Menzel nel 1974, diversi sperimentatori hanno tratto vantaggio dalla capacità degli scimpanzé di ricordare la localizzazione del cibo nascosto e hanno condotto un test sulla competizione per gli alimenti. Uno scimpanzé, un subordinato in funzione di guida, osserva mentre lo sperimentatore sistema una banana in uno tra diversi posti possibili. Nello stesso momento, un secondo scimpanzé, un dominante, relegato al posto di seguace, osserva il subordinato, ma non ha la possibilità di vedere cosa succede fuori. Quando agli scimpanzé viene consentito di uscire, il subordinato guida va diritto al posto giusto e si mangia la banana. Il dominante seguace può soltanto osservare il subordinato prendere il cibo nascosto dal momento che gli manca l'informazione necessaria per trovare per primo la zona con la banana. Dopo più o meno una decina di prove, afferra il concetto e comincia a tallonare il subordinato che gli fa da guida non appena questi lascia il luogo in cui sono entrambi rinchiusi. Come risultato, il subordinato perde contro il dominante, che si prende la banana non appena l'altro accenna alla direzione in cui essa si trova. Ora, un animale stupido o eccezionalmente altruista potrebbe continuare a guidare il dominante al punto giusto. Un animale furbo, ma avido, invece, smetterebbe del tutto di ·cercare, o troverebbe il modo di gabbare I' antagonista. Il comportamento degli scimpanzé induce a pensare che sono tutt'altro che stupidi o altruisti. Dopo essere stato sconfitto alcune volte dal dominatore, il subordinato adotta un altro schema di ricerca. Invece di seguire una linea retta verso il punto dove si trova il cibo, comincia a percorrere tragitti più tortuosi. In un momento di distrazione del dominante, il subordinato si avvia verso il punto giusto. Di lì a qualche altro momento il

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dominante si rende conto benissimo di questa mossa e comincia a tallona:. re 1' altro più da vicino. Per aumentare la difficoltà del compito, uno sperimentatore sistema una gustosa banana in un posto e una insipida foglia di lattuga nell'altro. Adesso il subordinato guida va diritto dalla lattuga, e il dominante assume il controllo. Allora il subordinato guida si avvia veloce verso la banana si siede e mangia in pace. Come possiamo spiegare questi comportamenti? I cambiamenti del dominante seguac,:e sono facili da spiegare. Durante le prime prove vede il subordinato guida precipitarsi fuori, portarsi dove è stata posta l'esca e ottenere il cibo. Tali schemi ripetuti diventano profetici nello stesso modo in cui una luce entro una scatola di Skinner indica il cibo al piccione che becca. Il dominante seguace, perciò, impara che il subordinato guida è il tagliando per il pranzo. Comincia adesso a pedinare il subordinato guida, seguendo i suoi movimenti. Questa strategia ha successo per un po', e il dominante seguace riesce a sottrarre la banana al subordinato guida. Come dobbiamo interpretare il comportamento del subordinato guida durante le prime prove? Vista la sua rapida corsa verso il punto dove si trova 1' esca, possiamo conçludere che il subordinato guida sappia come il dominante seguace ignori l'ubicazione del cibo a causa dell'impedimento alla visuale? Nel pianificare le proprie mosse il subordinato guida tiene conto della prospettiva visiva del dominante seguace? Sfortunatamente Menzel non ha condotto 1' esperimento per rispondere a questa domanda. Se i subordinati guida si servono di tale informazione, devono essere consapevoli di dove dirige lo sguardo il dominante seguace, rendendosi conto che quando ha la testa girata o ha un sacchetto infilato sul capo, non può sapere quello che sa losservatore. Dopo poche prove, il subordinato guida e il dominante seguace danno il via a una sequenza di risposte meno prevedibili. Il cambiamento nel modo di comportarsi del dominante seguace è meno interessante perché quest'ultimo si limita a imparare una nuova soluzione per l'inseguimento. Sulle prime tallona il subordinato .guida verso il punto in cui si trova il cibo e poi impara che questi seguirà Un percorso to11uoso prima di imboccare la via giusta. Il subordinato guida, comunque. deve badare alle azioni del dominante seguace prestando attenzione a quando è distratto, intento a guardare qualcos'altro. Deve comportarsi come un giocatore in attacco che realizza rapidi schemi di corse in una partita di football, facendo la spola avanti e indietro per liberarsi di un difensore. E quando si trova di fronte alla scelta tra la lattuga e la banana. deve inibire il desiderio immediato per la banana, allettando dapprima il dominante seguace a impossessarsi della lattuga. Questa sembra essere la prova che il subordinato guida tiene a mente sia i propri convincimenti e desideri sia quelli che il dominante seguace dovrebbe avere in questa situazione. Il subordinato guida deve essere consapevole che il dominante seguace sa che lui conosce l'ubicazione del cibo. Deve anche es-

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sere consapevole che il dominante seguace preferisce le banane alla lattuga. Tenuto conto di questi dati, e della sua stessa preferenza per le banane rispetto alla lattuga, sa di dover condurre per prima cosa il dominante seguace alla lattuga. Per un caso sfortunato, poiché abbiamo sottomano un'unica osservazione; ci sono numerose interpretazioni alternative che dobbiamo prendere in considerazione. Per esempio, forse il subordinato guida si avvicina prima alla lattuga perché si trova più vicina della banana. Forse il subordinato guida ha notato un lieve movimento del dominante seguace verso la banana e perciò si dirige innanzi tutto alla lattuga in modo da disporre almeno di qualche alimento. Forse il subordinato guida in effetti vuole prima la lattuga ma poi, quando si trova in competizione con il dominante seguace, opta per la banana. Sebbene queste possano sembrare possibilità improbabili, devono essere eliminate prima di accettare una qualsiasi delle spiegazioni alternative7 •

Spostamenti ingenui Vi siete mai perduti in una grande città, senza una pianta della città stessa e in ritardo per un appuntamento? Se vi è capitato, allora sapete quanto sia , importante trovare qualcuno che sia affidabile e vi possa indicare con precisione la direzione. Quando lo troviamo, ne valutiamo le informazioni che ci fornisce in base a svariate caratteristiche, non escluso l'aspetto della persona, quanta fiducia ispiri e fino a qual punto le informazioni stesse sembrino verosimili. Come fanno gli animali a valutare l'attendibilità delle informazioni concernenti lo spazio? Nelle nostre esplorazioni sulla navigazione spaziale degli animali (Capitolo 4) ho dimostrato che le api, come molti altri animali, possiedono uno squisito senso dell'orientamento rispetto a dove si trovano nello spazio e a dove si trovano in relazione alla dimora che costituisce la loro base di partenza. Per tornare a casa si servono delle caratteristiche del paesaggio e della loro capacità di determinare la posizione. Possono anche ricorrere, come qualcuno ha sostenuto, a una mappa cognitiva presente dentro la loro mente. Ricorderete che il biologo Jim Gould ha condotto un esperimento per determinare se le api mellifere si sarebbero spinte fino in mezzo a un lago per rifornirsi da una fonte di cibo posta su una barca. Erano queste le precise istruzioni fornite dalle compagne di alveare addestrate a volare fino a quel punto per approfittare di tale cibo. Dopo la danza, comunque, Gould osservò che le api restavano ferme, come se non avessero accettato di dirigersi da quella parte per bottinare. Perché? Perché, come sosteneva Gould, non 7 Scimpanzé risoluti giocano a fare quello che fa chi comanda il gioco: E.W. Menzel - S. Halperin, Purposive behavior as a basis for objective communication between chimpanzee, in «Science», 189, 1975, pp. 652-54.

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c'era mai stato del cibo in mezzo a quel lago, o com'era presumibile, nel mezzo _di nessun lago, e perciò l'informazione contenuta in quel segnale non era affidabile né precisa. Le appartenenti a quell'alveare si rifiutarono di muoversi, accogliendo il segnale con scetticismo. L'esperimento di controllo riconobbe una totale ragionevolezza a questa interpretazione, dato che le api volavano alla barca se era situata alla stessa distanza dall'alveare ma sulla riva del lago, un punto dove sarebbe stato più logico presumere di trovare cibo adatto alle api. Quanto non apprendiamo dal lavoro di Gould è la natura delle cognizioni delle api, fino a che punto la cognizione di un individuo circa la localizzazione del polline possa essere più forte del messaggio sociale. Se per esempio un'ape sa che un campo di fiori è stato bruciato e non è rimasta traccia di polline, accetterebbe o rifiuterebbe una danza che indicasse la presenza di polline in quella posizione una settimana dopo l'incendio? E dopo un anno, quando ci fosse stato_ il tempo per la ricrescita? Se uno sperimentatore porta le api sul lago e consente loro di approvvigionarsi di cibo sulla barca, se. guiranno le danzatrici verso questa localizzazione? Se un'ape mente più volte sulla localizzazione del polline, perde la stima? Verrà punita per aver falsamente gridato "al polline"? Non abbiamo risposte per queste domande. In ogni caso l'aspetto più significativo del lavoro di Gould riguardo al nostro argomento sta nel fatto che le api e forse anche altri animali, sono in grado di controllare la veridicità di un'informazione confrontando quanto viene loro riferito con quello che hanno sperimentato. Sono dotate di uno strumento mentale capace di indurre forme di scetticismo8 • Se questa interpretazione è giusta, saremmo in grado di trasformare animali degni di fede in animali inaffidabili. Tra i cercopitechi verdi dell'Africa Orientale, gli individui emettono due vocalizzazioni acusticamente distinguibili - i richiami wrr e chutter, corrispondenti rispettivamente a un ringhio sommesso e a un vociare confuso - quando si accorgono di una minaccia da parte di un gruppo nel vicinato. In genere questi due richiami sembra indichino la stessa cosa, sebbene il chutter sia spesso usato in luogo del wrr in situazioni di minaccia più gravi. Dopo aver registrato tali richiami con individui conosciuti, gli etologi Dorothy Cheney e Robert Seyfarth effettuarono un esperimento di riascolto, per stabilire, in maniera approssimativa, se un animale potesse essere reso inaffidabile. Perciò fecero ascoltare a uno dei soggetti diverse registrazioni dei wrr del cercopiteco Jane, fin quando l'animale non si stancò e smise di reagire guar' Gli scettici: H.J. Y. Godfray. Sig1wlli11g 1!( need by '!IJ~pring to their parents, in «Nature», 352, 1991, pp. 328-30; J. Gould - C. Gould. The Animai Mind, New York, Scientific American, 1995; A. Grafen, Biologirnl sig11als lts ill11lllicai1s. in «Journal of Theoretical Biology», 144, 1990, pp. 475546; M.D. Hauser. Do ll'l'nl'et 111011key Ìl(/à111s n:r \l'o((!, in «Animai Behaviour», 45, 1993, pp. 124244; R.A. Johnstone, The e1·0/11tio11 1!( a11i111als signals, in J.R. Krebs - N.B. Davis (a cura di), Beha1•io11ra/ Eco/ogy. Oxford. Blackwell Scientific. 1997: R. Kilner, Mouth co/our is a reliable signal of need in beggi11g c1111ary 11est/i11gs. in «Proceedings of the Royal Society. London», 264, 1997, pp. 963-68.

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dando verso chi aveva emesso il suono. "Stancarsi" in questo caso potrebbe: essere sostituito con il "perdere la fiducia" poiché ogni volta che J ane face~.... va il verso wrr non c'era in vista nessun altro gruppo, nessun competitore e nessuna minaccia. A seguito di questa sequenza venne fatto riascoltare il chutter di Jane. Sebbene la vocalizzazione del chutter abbia un suono di" verso, l'ascoltatore non reagì. La reazione induce a pensare che i richiami wrr e chutter in genere significhino la stessa cosa. Se J ane grida al lupo per la minaccia da parte di un gruppo dei dintorni, in realtà non ha importanza se si serve di un richiamo wrr o chutter, continuerà a non essere creduta. Se comunque, si fa risuonare il chutter di Sue, dopo le ripetizioni dei wrr di Jane, allora il soggetto risponde. Sebbene i cercopitechi trovino Jane inaffida~ bile quanto all'identificazione delle minacce tra i gruppi, Sue è affidabile, almeno fino al primo riascolto. L'affidabilità dipende dall'individuo con il quale si ha a che fare. Questo ingegnoso esperimento incomincia ad affrontare i problemi lasciati insoluti dal lavoro di Gould sulle api. Non sappiamo, comunque, se Jane viene considerata inaffidabile soltanto per la durata dell'esperimento, o se ha bisogno di emettere un richiamo affidabile per ristabilire la propria credibilità. Non possiamo prendere un atteggiamento noncurante - l'indifferenza annoiata nei confronti del richiamo di Jane - come una indicazione diretta di inaffidabilità. Inoltre non sappiamo se l'inaffidabilità si trasferisca da una situazione sociale a un'altra. Per esempio se Jane è inaffidabile a proposito delle minacce tra i gruppi, lo è anche per le minacce all'interno del gruppo, quale potrebbe essere la sfida di un maschio dominante? Se li infastidiamo con le false minacce tra i gruppi segnalate da J ane, i soggetti dell'esperimento reagiranno in seguito anche a quelle all'interno del gruppo che lei segnalerà oppure continueranno a ignorarla? Per capire come i membri di un gruppo sociale classifichino i bugiardi, dobbiamo rispondere a queste domande. C'è una vecchia barzelletta che dice press'a poco così. Un tizio entra in un bar e ordina una birra. Ne beve metà e poi si accorge che deve uscire per andare alla macchina. Prima di andarsene mette vicino al bicchiere un biglietto con scritto «Non toccare!» e lo firma L'uomo più forte del mondo. Quando torna il bicchiere è vuoto e attaccato al bicchiere c'è un altro biglietto «Grazie per la birra!» ed è firmato L'uomo più svelto del mondo. Ci rendiamo conto dell'umorismo perché comprendiamo il rapporto tra forza e predominio. Ci aspettiamo che gli individui più deboli non tocchino il bicchie- · re. Comprendiamo anche come mai il secondo biglietto abbia la meglio sul primo. L'umorismo dipende da quello che le persone si aspettano e dalle opinioni che la gente si fa degli altri. La parte comica di una barzelletta sovverte le nostre aspettative, quello che secondo la logica dovrebbe essere il seguito prevedibile di una sequenza di eventi. Dorothy Cheney, Robert Seyfarth e Joan Silk hanno condotto un esperì-

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~:. rnento con babbuini allo stato selvatico che vivono sul delta dell'Okavango nel Botswana per scoprire se gli animali avrebbero individuato una infra: , zione in una sequenza di eventi naturali. Non si trattava di una barzelletta in ~, questo caso, ma piUttosto della simulazione di una interazione tra lo spac'.':· eone del bar e lo scemo del paese. La femmina dominante dei babbuini spesso "grugnisce" quando qualcuno si avvicina a una madre subordinata ',· con un piccolo. In risposta, la madre subordinata spesso ribatte con un "la' trato" alla dominante, un gesto di sottomissione. Perciò, se siete un babbui· · no che se ne sta In un cespuglio lontano, vi potete aspettare di sentire un ·, grugnito della dominante seguito da un latrato della subordinata. Al contra, rio, non vi aspettereste di sentire un grugnito da parte della subordinata se•.· guito dal latrato di una dominante. Tale sequenza è inattesa o incoerente con il rapporto di dominanza tra le due scimmie che emettono i suoni. I ricercatori organizzarono esperimenti di riascolto per stabilire se tra i babbuini si creino aspettative del genere. Come con le procedure di violazione delle aspettative condotte con bambini e scimmie, Cheney, Seyfarth e Silk si aspettavano che i babbuini indugiassero a guardare più a lungo dopo l'a- , scolto delle registrazioni di sequenze innaturali che non nel caso di sequenze coerenti. I babbuini reag~rono esattamente in questo modo, restando a guardare più a lungo quando udivano il grugnito di una subordinata seguito dal latrato di una dominante. Ciò induce a credere che i babbuini si creino delle aspettative circa le interazioni vocali basate sul significato del richiamo, sull'identità di chi lo emette e sul rapporto di dominanza tra gli individui che interagiscono. Forse non riusciranno mai a capire uno scherzo, ma senza dubbio si rendono conto di quando un subordinato sembra essere andato fuori strada. A questo punto possiamo trarre due conclusioni pertinenti, una concettuale e una metodologica. Dal punto di vista concettuale, alcuni animali hanno la capacità di individuare un accoppiamento fasullo tra la comune funzione di un segnale e il modo in cui di solito è usato. Questi animali possono perciò individuare gli imbroglioni, i bugiardi e gli altri disonesti pronti a fare solo il proprio interesse. Possiedono gli strumenti mentali per capire l'inganno. Grazie a questa capacità, possiamo allestire esperimenti che rappresentano violazioni del corrente stato delle cose, accoppiamenti fasulli tra il segnale e il contesto. Si tratta di una tecnica efficace per separare gli sciocchi che si possono turlupinare dagli intelligenti scettici. i,

Alimentando la pompa dell'intuizione Nel 1983, quàndo frequentavo un corso post-laurea e lavoravo al centro per lo studio dei cercopitechi di Cheney e Seyfarth, in Kenya, mi capitò di osservare un evento insolito, che alimentò un crescente interesse nei con-

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fronti delle convinzioni e dei desideri degli animali. L'evento si verificò tra i membri di un gruppo di cercopitechi che vivono nella boscaglia arida dÒve crescono le piante di acacia. Tristan, il maschio alfa, seguì Borgia, la femmina alfa, si occupò della sua toeletta e cercò di accoppiarsi con lei. Do. po diversi tentativi, compreso quello di sollevarle il posteriore nella giusta posizione, Tristan era furioso e allungò uno scapaccione sulla testa di Borgia. Borgia strillò, provocando l'accorrere di tutte le femmine imparentate. Nel giro di qualche secondo, la famiglia di Borgia stava inseguendo Tristan per tutto il vicinato, facendo la spola dentro e fuori dalle chiome degli alberi di acacia. A un tratto Tristan si fermò, emise un sonoro grido di allarme per segnalare la presenza di un leopardo, poi sedette e rimase a guardare mentre la famiglia di Borgia scappava in mezzo agli alberi. Tristan restò fermo a terra. Cercai ancora e ancora, ma non riuscii a vedere nessun leopardo o nessun altro predatore di cercopitechi. L'allarme di Tristan pareva, almeno a uno sguardo superficiale, un elegante esempio di inganno, di attiva falsificazione di una informazione circa la presenza di un predatore. Ma diversamente dai gridi di falso allarme emessi dagli uccelli peruviani, questo erà un evento raro. Nel corso di due anni, che coinvolsero diverse migliaia di ore di osservazione, Tristan non mise mai più in pratica questo trucchetto, né lo fece nessun altro cercopiteco che mi capitò di osservare. Tristan aveva voluto giocare un brutto tiro alla famiglia di Borgia? E se è così, perché non si era dato alla fuga anche lui in mezzo agli alberi? Dopo tutto se Tristan intendeva ingannarli, avrebbe dovuto portar avanti il gioco di fingere fino alle sue conclusioni logiche, dimostrando alla famiglia di Borgia che lui pure era spaventato dalla vista di un leopardo in avvicinamento. Forse Tristan aveva avuto l'impressione di vedere un leopardo. Il suo grido di allarme è quindi sincero rispetto alla convinzione del momento, anche se si trattava di un falso allarme perché in effetti non esisteva nessun predatore. Come gli esseri umani anche gli animali possono sbagliare. Di conseguenza non si dovrebbe dare la patente del bugiardo a chi si sia soltanto sbagliato. Abbiamo bisogno di .sapere se la famiglia di Borgia considerava il grido di allarme di Tristan un errore in buona fede, che può commettere di tanto in tanto qualsiasi animale vigile, o se la messa in scena di Tristan veniva vanificata da quanto era percepito· come una scoperta menzogna. Se i familiari di Borgia si aspettavano degli errori saltuari, allora la volta successiva si sarebbero mostrati reattivi.di fronte al suo grido di allarme. Se lo consideravano un bugiardo - il pastorello che grida al lupo - la volta dopo lo potevano ignorare quando avesse lanciato gridi di allarme. Nei primi anni '80 gli psicologi Andrew Whiten e Richard Byme incominciarono a notare che diversi primatologi avevano accumulato osservazioni analoghe su quello che definivano inganno tattico. Questa forma di inganno viene ritenuta diversa in misura notevole da altri casi, forse più familiari, quale quello dei micidiali lampi di luce delle lucciole (vedi Capitolo 1)

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e del mimetismo visivo messo in pratica dalle rane non velenose per assomigliare alle specie velenose. In questi casi l'inganno è una cosa comune, e l'iniziativa fraudolenta non ha una corrispondente azione sincera. Al contrario, il cercopiteco emette il grido di allarme per il leopardo proprio quando ne avvista uno. La normale funzione del grido è quella di inviare informazioni veritiere sulla presenza di un predatore. Il chiaro uso dell'allarme da parte di Tristan per sfuggire a un gruppo di femmine incollerite rappresenta un nuovo contesto e, come è stato fatto notare, i casi di questo genere sono davero rari. Per verificare la loro ipotesi che i primati sono bugiardi per eccellenza e per stabilire se ci fossero differenze tra le specie a livello dell'abilità nel mentire, Whiten e Byrne inviarono dei questionari alla comunità' degli esperti in primati. Ecco un esempio tratto dal quaderno degli appunti di Frans de Waal, un etologo che ha trascorso più di vent'anni a studiare gli scimpanzé in cattività: Le femmine tradiscono le proprie tresche clandestine emettendo uno speciale grido acuto al momento dell'orgasmo. Non appena i maschi alfa lo sentono, corrono verso la coppia nascosta per interrompere l'amplesso. Una femmina adolescente, Oor, soleva strillare particolarmente forte alla fine del rapporto. Comunque, anche quando era quasi adulta continuava a strillare alla fine dell'accoppiamento con il maschio alfa, ma difficilmente nel corso dei suoi "appuntamenti". In tali occasioni si serviva dell'espressione del volto di chi stia gridando ... ed emetteva una specie di grido silenzioso.

Le raccolte di dati del 1990 sulle tattiche dell'inganno tra i primati comprendevano 253 di tali casi. Whiten e Byme intendevano servirsi di questi repertori di informazione per trarre conclusioni sulla distribuzione della pratica dell'inganno tra i primati9• Ma non era facile. Sembrava, per esempio che per taluni gruppi tassonomici, quali le proscimmie (i lemuri, i sifaka, gli indridi) e le scimmie antropomorfe di taglia più piccola (quali i gibboni, gli ilobati dalle mani bianche), in pratica non siano stati riferiti casi di raggiri. Al contrario, studi sulle grandi scimmie antropomorfe (cioè orangutan, gorilla, scimpanzé e bonobo), sia in natura sia in cattività, forniscono un numero spropositato di casi di mistificazione. Tenuto conto di altri studi $Ui primati, in alcuni dei quali ci imbatteremo nella prossima sezione, sembra esserci un grande divario tra le grandi scimmie e tutti gli altri primati, leprime solite ad operare con un'intelligenza priva di scrupoli, machiavellica, le altre come robot incapaci di ragionare. Molti degli esempi più interessanti ci vengono dagli studi di animali in cattività, e soprattutto dagli studi sugli individui allevati in un ambiente umano. Come abbiamo visto nei Capitoli 5 e 6, le scimmie antropomorfe sembrano differire dagli altri primati quanto alle loro capacità di imitare e di riconoscersi nello specchio, e le scimmie antropomorfe cresciute dagli esseri •I primati mentono: R. Byrne - A. Whiten, Tactical deception in primates: The 1990 database, in «Primate Report», 27, 1990, pp. 1-101; E.S. Savage-Runbaugh - R. Lewin, Kanzi, New York, Wiley, 1996. . .

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umani sembrano aver arricchito tali capacità. Questi schemi tassonomici comunque, sono problematici. Se presumiamo che la storia dell'evoluzion~ sia determinante e che le specie più vicine agli esseri umani nell'albero dell'evoluzione possiedano analoghe capacità cognitive, ci troviamo allora a imbatterci in due esempi in contrasto. Infatti le scimmie antropomorfe di minori dimensioni (gibboni, gibboni dalle mani bianche) sono imparentate più strettamente' alle grandi scimmie antropomorfe di quanto lo siano macachi e babbuini. Eppure non ci sono casi di mistificazione tra i gibboni e i gibboni dalle mani bianche, mentre tali casi sono numerosi tra i macachi e i babbuini. Inoltre i gorilla non offrono quasi nessuna prova di mistificazione. Questa assenza si accorda con le prestazioni, in genere poco brillanti, dei gorilla in altri test cognitivi, come quello del segno da riconoscere davanti allo specchio e i test di imitazione. Tra le scimmie antropomorfe, il gorilla resta un enigma dal punto di vista cognitivo. ·· · Se la vicinanza evolutiva non conta per la distribuzione della mistificazione, potrebbe esserne responsabile l'organizzazione sociale? Per esempio, le specie presenti con maggiore frequenza nelle banche dati sulla mistificazione sono quelle che vivono in gruppi sociali relativamente numerosi, come gli scimpanzé, i babbuini e i macachi, mentre le specie più assenti sono quelle monogame come i gibboni, i tamarini e gli uistitì. Anche qui, co.munque, dobbiamo procedere con cautela, perché esistono casi di mistificazione tra animali relativamente solitari come gli orangutan. Un secondo potenziale problema è la quantità di ore dedicate dai ricercatori allo studio di queste specie. Esistono popolazioni di macachi, babbuini, orangutan, gorilla e scimpanzé che sono state studiate a fondo per periodi di tempo che vanno dai trenta ai cinquant'anni, mentre gli studi sulle proscimmie e le scimmie del Nuovo Mondo, quali i tamarini, gli uistitì e i cebi cappuccini, hanno di rado raggiunto i dieci anni. Non è quindi sorprendente che più a lungo si studia una popolazione, più cose si possono vedere, soprattutto quando si tratta di eventi inconsueti. A parte i problemi metodologici, queste osservazioni ci riportano a una questione sollevata nel Capitolo 1. Le opere di divulgazione popolare sugli i:tnimali hanno spesso lamentato che gli scienziati sono sempre pronti a trascurare le osservazioni personali di comportamenti capaci di stupire. Abbiamo qui comunque un gruppo di scienziati che riconoscono il potere di simili· osservazioni aneddotiche. Ma ci sono aneddoti e aneddoti. Per esempio, Jane . Goodall ci fornisce un particolareggiato resoconto delle aggressioni omicide di Passion su tutti i piccoli di Pom. Si tratta dello studio su un unico caso di brutalità tra gli scimpanzé, ma è molto approfondito nei particolari. Nello stesso modo, molti dei casi di mistificazione da parte di scimmie antropomorfe in cattività ci giungono da approfondite osservazioni di un singolo animale durante anni e anni di studi. Respingere questi casi singoli sarebbe come ignorare qualcuno che affermi di possedere un cane capace di scrivere

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in linguaggi informatici quali il Pascal, il C, e il Fortran. Sarebbe stupido pretendere alttj. venti cani che facciano altrettanto per chiudere il caso! Basta un solo caso per dimostrare che la specie possiede una determinata capacità. Capire la distribuzione delle capacità all'interno delle specie richiede l'esame di un maggior numero di soggetti. In contrasto con le particolareggiate analisi di un singolo soggetto, diversi scienziati riferiscono eventi rari con scarsa conoscenza delle specie e. scarne descrizioni dell'evento. Di conseguenza è più difficile comprendere cosa è s.uccesso e perché. Tali osservazioni sono ciò nonostante utili perché ce ne possiamo servire come trampolini per mettere alla prova le nostre intuizioni circa la mente di altri animali. Consideriamo l'osservazione che i primati eliminano le proprie vocalizzazioni quando sia vantaggioso restare in silenzio. Per esempio Jane Goodall descrive le femmine di scimpanzé che non gridano durante la copula nei pressi dei confini della comunità, perché annunciare la propria presenza è pericoloso quando nei paraggi potrebbe trovarsi un aggressore. Per esaminare il contesto in cui gli animali vocalizzano o restano silenziosi, nel 1996 ho costituito un gruppo con il mio studente iscritto a un corso di specializzazione post-laurea Mike Wilson e il mio collega Richard Wrangham e in~ sieme abbiamo condotto esperimenti di riascolto con scimpanzé che vivono nella foresta Kibale in Uganda. I branchi di ~cimpanzé si spostano tranquilli lungo le zone di confine e a quanto pare aggrediscono gli intrusi solo sè dispongono di una superìorità numerica. I riascolti erano designati a simulare l'intrusione di un maschio solitario estraneo. Perciò la registrazione che venne fatta ascoltare a gruppi di sole femmine, di femmine con uno o due maschi o di femmine con tre o più maschi, era la vocalizzazione di "ansiti sonori di godimento". Quando .ad ascoltare erano le femmine, restavano in assoluto silenzio e se ne stavano immobili, o correvano dalla parte opposta rispetto al suono. Quando erano presenti uno o due maschi, il branco rimaneva fermo per metà del tempo, ma quando gli scimpanzé si muovevano, lo facevano in silenzio. In sorprendente contrasto, quando i gruppi con tre o più maschi sentivano il verso dell'intruso, rispondevano con un coro diansiti di godimento, di latrati e di urla, e poi si dirigevano verso l'origine del suono, con il pelo ritto e in apparenza pronti ad attaccare. Queste scoperte inducono a pensare che tra gli scimpanzé, come tra i leoni (vedi Capitolo 2) il potere deriva dalla superiorità numerica. Gli scimpanzé hanno la capacità di eliminare o di esprimere la vocalizzazione a seconda della loro relativa vulnerabilità. Ho tratto una semplice conclusione da tutte queste osservazioni: se volete capire quello che pensa un animale, soprattutto quando volete scoprire se è capace di ricorrere all'inganno in un modo diversificato e intenzionale, ricorrete a questi insoliti aneddoti per dare esca al vòstro intuito. Intuizioni di questo genere sono essenziali per programmare con più cura osservazioni ed esperimenti. · ·

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Pensieri dissimulati Trasformatevi per un attimo in una femmina di uccello. La specie è irrilevante, per cui immaginate il vostro uccello preferito. Avete appena deposto le uova e vi accingete a tenerle al caldo ma prima raccogliete una scorta di cibo per poter alimentare i pulcini al momento della schiusa. Mentre ve ne state sul nido, individuate un gatto predatore che sta venendo verso di voi. Di cosa vi preoccupate? Siete a rischio entrambi, voi e le uova. Se volerete via con calma sarete salvi, ma il gatto scoprirà le uova e le mangerà. Se aggredite il gatto, vi esponete a un rischio, ma potreste indurlo a scappare, salvando in tal modo le uova. Visto il tempo a disposizione e gli impedimenti dovuti alla struttura del vostro corpo, non potete trasferire il nido in un posto più sicuro, e nemmeno trasportare le uova una per una in una zona più protetta. Per molte specie questo è un vero dilemma e ha condotto allo sviluppo di tecniche mimetiche per nascondere il nido. Un gruppo di uccelli chiamati pivieri, comunque, ha sviluppato un'altra tecnica, una tecnica che sembra molto intenzionale, mirata e ingannevole. Una mossa comportamentale descritta dagli etologi come il simulare una infermità inesistente. I pivieri tendono a fare il nido sul terreno in zone piuttosto scoperte. Il nido stesso è mimetizzato, si confonde con il terreno e le rocce. Sebbene questa forma di mascheramento renda difficile ai predatori trovare il nido, vedere una femmina di piviere fornisce un indizio importante. Quando la femmina individua un potenziale predatore che si aggira nei paraggi, si alza in volo frenetica, cercando di attirare la sua attenzione, e poi scende in picchiata sul terreno, e svolazza qua e là come se fosse incapace di volare. Sembra che abbia un'ala ferita, si comporta come un piviere immobilizzato in attesa che qualcuno lo divori. L'ostentazione ha tutte le caratteristiche necessarie per essere considerata intenzionale: un'iniziativa teatrale per catturare l'interesse del predatore e convincerlo dell'esistenza di una meta più facile a portata di mano. Ha inoltre tutta l'aria di essere designata a ingannare e senza dubbio di proposito. Il piviere non è ferito, bensì sta attivamente falsando l'informazione. Ma che cosa passa nella testa della femmina di piviere, prima e durante l'atteggiamento di simulata infermità? Forse sta seguendo un regola impressa a fuoco nel cervello che le ingiunge di volare via dal nido di fronte a un pericolo imminente e poi di inscenare quella necessaria e drammatica esibizione. In alternativa, potrebbe vedere il predatore e rendersi conto di come sia probabile che i predatori siano attratti dagli uccelli feriti e si convinceranno che lei lo è, se l'esibizione viene messa in atto in modo efficace. Consapevole di ciò, sa come comportarsi per sembrare ferita anche quando sta perfettamente bene. Da questo punto di vista l'inganno riesce quando si sa come manipolare le convinzioni di un altro, fa-

7. STRUMENTI PER INGANNARE

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cendogli credere qualcosa di cui chi mette in opera la frode riconosce la fai.·. sità. L'inganno richiede quindi che l'individuo sia un operatore intenzionale, in grado di comprendere gli intenti dell'azione e di sapere come l'impegnarsi in una certa iniziativa possa alterare gli atteggiamenti mentali di altri fornendo loro o un'immagine veritiera o un'immagine falsa della realtà. Una sequenza difficile di passaggi mentali, forse, ma pur sempre una possibilità. Nei primi anni '80, la psicologa Carolyn Ristau si accinse a indagare quello che pensano i pivieri quando si servono dell'esibizione della finta ferita, facendosi guidare dalle osservazioni in natura descritte prima e dall'intuito ·per escogitare esperimenti accurati. Identificò un nido e dei genitori e poi si servì di esseri umani come possibili predatori. La Ristau scoprì che i pivieri sembrano altamente sensibili all'aspetto di chi agisce, così come all'itinerario che viene seguito. Perciò, se l'operatore cammina accanto al nido e lo guarda, è più probabile che i pivieri ricorrano all'esibizione della finta ferita mentre non lo faranno se loperatore guarda altrove. Nello stesso modò, quando un operatore si avvicina e minaccia il nido fermandosi e fissandolo, le probabilità che il piviere si esibisca aumentano di molto rispetto al caso in cui un altro gli passi vicino senza notarlo. In tale situazione, sostiene la Ristau, i pivieri fanno una distinzione tra gli intrusi innocui e quelli pericolosi. La sensibilità dei pivieri nei riguardi del comportamento sta forse a indicare che essi sono sensibili anche agli atteggiamenti mentali dei predatori, attribuiscono loro particolari convinzioni e poi reagiscano di conseguenza? Si impegnano in comportamenti diretti a uno scopo, guidati da una consapevolezza delle loro stesse convinzioni così come dalle convinzioni e dai desideri degli altri partecipanti al gioco? Il lavoro della Ristau dimostra che l'esibizione della femmina di piviere rispecchia qualcosa di più dell'intervento di una semplice regola. La messa in atto dell'esibizione è flessibile, sintonizzata su taluni aspetti critici dell' intruso o potenziale predatore. Perciò i pivieri sembrano essere attenti a dove guarda il nuovo venuto e a quello che ha fatto in precedenza. Esistono anche osservazioni di pivieri che insistono con maggior forza quando un predatore non si accorge di loro. Perciò devono riprendere a svolazzare, ricominciando a esibirsi con crescente vigore. Per quanto piene di fascino, queste osservazioni ed esperimenti lasciano diversi quesiti insoluti. Per esempio, sebbene i pivieri siano sensibili alla differenza tra individui minacciosi. e innocui, sono anche sensibili alla distinzione tra esseri viventi e oggetti inanimati? E se così fosse, su cosa si basa questa distinzione? Perciò se un pallone gonfiabile dovesse rotolare verso il nido tratterebbero questo oggetto come un pericoloso essere umano? Si renderebbero conto che i palloni non si muovono di propria iniziativa e perciò non sono fomiti di una delle componenti essenziali di tutte le creature dotate di iniziative autonome: la capacità di muoversi da soli? I pivieri riconoscono la differenza tra i divoratori di frutti e foglie da un lato e i carnivori dall'altro, rendendosi conto

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II. PSICOLOGI DELLA NATURA

che i frutti e le foglie non costituiscono una minaccia per il nido? Ci dobbiamo rivolgere questi inten-ogativi per poter comprendere come i pivieri si rappresentino le potenziali minacce alla loro incolumità 10 • Se i pivieri sono creature dotate di volontà - guidate verso un fine da una serie di convinzioni e desideri, e consapevoli che altri sono similmente motivati - dovrebbero essere in grado di mettere in pratica questa capacità in situazioni sociali diverse da quelle che si presentano negli incontri con i predatori. La nostra capacità di funzionare come esseri dotati di iniziative autonome ci consente di mentire e di stabilire perché qualcun altro ha mentito, perché qualcuno ami le fragole ma detesti i cavoletti di Bruxelles, e perché deve essere punito qualora faccia del male ad altri. Fino a questo momento non esiste prova che i pivieri si servano di qualcosa di simile al1' esibizione della falsa ferita per ingannare altri pivieri. In effetti non esiste prova che i pivieri mentano in un qualsivoglia altro contesto tranne che nelle situazioni di minaccia in prossimità del nido. Ciò induce a credere che i pivieri siano forniti di uno strumento mentale altamente specializzato, e strettamente focalizzato su un unico contesto di inganno. Al contrario la nostra capacità di iniziative intenzionali ha un più vasto campo di azione e ci mette nelle condizioni di affrontare una gamma illimitata di situazioni. L' inten-ogativo più ovvio è allora: gli altri animali sono dotati di più ristrette o · più ampie capacità di iniziative intenzionali? I normali esseri umani adulti sono sempre pronti ad attribuire atteggiamenti mentali agli altri. Questa capacità fa parte della nostra dotazione mentale, una capacità che si sviluppa nei bambini senza formali istruzioni e ci consente di arguire cosa desiderino, cosa credano, vogliano e intendano le persone: i loro atteggiamenti mentali. Facciamo supposizioni sugli atteggiamenti mentali altrui di continuo, destreggiandoci con il ricorso a quello che David Premack ha definito una "teoria della mente", una serie di deduzioni per muoverci nel mondo socialeu. Perciò se prendo i biscotti dalla biscottiera e li metto nel cestino del pane, mi aspetto che il mio compagno di stanza vada a cercare i biscotti nella biscottiera e non nel cestino del pane se non ha assistito alle mie manovre in cucina. Così come io suppongo che il mio ' 0 Uccellini che si fingono feriti! E i predatori ci credono: C.A. Ristau, Aspects of the cognitive ethology of an injury-feigning bird, the pipping piover, in Id. (a cura di), Cognitive EtholOgy: The Minds , 16, 1984; pp. 129-219. T.H. CLUTTON-BROCK,

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Indice analitico

Abler, William, 226 Abilità nella caccia, insegnamento della, 161, 162 Abilità speciali, trattamento preferenziale nel caso di, o posizione sociale per animali dotati di, 272-76 Accoppiamenti, 25, 147-49 canti di accoppiamento, 226, 227 caratteristiche esagerate, 168, 169 copiare le preferenze di un'altra femmina per gli, 148, 149 richiami dei polli per il cibo e, 172, 173 simmetria e scelta del compagno da parte della femmina, 169, 170 Acido oleico, 255, 256 Adam, Eve and the Serpent (Pagels), 242 Adattamento, 16 Agelaius phoeniceus, 148 Agenti morali, 282-85 Aironi verdi, 49 Alex (pappagallo cinerino africano), 72, 73 Alp, Rosalind, 33 Altruismo, 112-15, 248-53, 265-71 funzione nell'evoluzione, 265 reciproco, vedi Ratti Amigdala, 27, 119 Amore, 240 Analisi spaziale, 262, 263, 286, 287 azione del pilotare, 87 caratteristiche del territorio impiegate nell', 83, 92, 93, 98-103 da parte degli esseri umani, 93-95, 100102 determinazione del punto stimato o integrazione del percorso, 86, 94, 95, 97, 104, 178, 179,288,289 differenze tra i sessi, 104, 107, 108 errori intelligenti, 99

individuazione dei cambiamenti nei campi magnetici della terra, 93 integrazione dell'informazione tratta da fonti diverse, 88, 104 i perché? i che cosa? e i dove? dell', 103108 ippocampo e, 83, 84, 104-108 linguaggio e, 92, 102 mappa cognitiva del territorio di residenza, 86, 94-98, 178 sensi diversi da quello della vista usati nell', 92, 93 strutture cerebrali relative ali', 83, 84, 104-108 Vedi anche specifici tipi di animali Anatre, 241, 242 Anfibi, 78, 270 Agnosia, 132 Api, 265 analisi spaziale da parte delle, 86, 87 Api Adrenidae e Halictidae, 114 Api mellifere, 10, 219 analisi spaziale da parte delle, 89, 90, · 95, 96, 100, 178 Apprendimento, 136-164 del canto da parte degli uccelli e della parola da parte degli esseri umani, 136-141 grazie all'insegnamento, vedi Insegnare grazie a prove ed errori, 138 per deduzione, 138, 145, 146 per imitazione, 138, 143, 148-56 per mezzo di tentativi ed errori, 138 sociale, 146-49 Approccio induttivo al significato della parola, problema dell', 203, 204 Arrossire, 16, 26 Arto fantasma, vittime dell', 132, 142, 143 Arvicole, 104

320 Asimmetrie direzionali, 168 Asimmetrie fluttuanti, 170 Atele lanosa, 145 Attrezzi definiti, 47, 48 limitata capacità degli animali di rifinire, combinare o migliorare gli, 49, 50, 54 naturali, 47-53 per estrarre il cibo, 48-50 pietre, 48-60 progetti di, 54, 58 umani contrapposti a quelli degli scimpanzé, 54-55 Vedi anche attrezzi specifici Autismo, 132 Autoconsapevolezza, 122, 123, 127, 128, 131-35, 282 moralità e, 253, 254 morte e, 255-57 Autoidentificazione, 13, 111-35 da parte degli esseri umani adulti, 11719, 126 da parte dei bambini, 118 pazienti con la sindrome di Capgras e, 118, 119 pazienti prosopagnosici e, 118, 119, 126 tra gli animali, 119-35, 186, 187, 253, 254,275,276 Avvoltoi egiziani, 48 Aye-aye, 48 Babbuini, 147, 184, 185, 270 harem delle amadriadi, 278, 279 scoperta dell'inganno da parte dei, 180, 181 Babbuino amadriade, 278, 279 Baillargeon, Renée, 39 Balena nodosa, 226, 227 Balene, 213, 226, 227 Bambini, 12, 14 acquisizione del linguaggio da parte dei, 205-207, 212 analisi spaziale da parte dei, 93, 95, 96, 101, 102 apparato vocale, 232 apprendimento da parte dei, 136 apprendimento del linguaggio parlato, 139-44 apprendimento sociale da parte dei, 147 autoidentificazione e, 118 capacità numeriche dei, 65~69

INDICE ANALITICO causalità fisica e i, 46, 47 comprensione della caduta degli oggetti; 263,264 conoscenza dell'oggetto, 37, 46, 47, 242,243 imitazione da parte dei, 151-55 istinti che guidano l'apprendimento, 248 oggetti che si rimovono ed emozioni dei, 244-46 permanenza dell'oggetto e, 37 procedura dell'aspettativa violata e i; 38, 39,45 sviluppo della teoria della mente, 188, 191 sviluppo d~ll'inibizione, 258, 259 "Barba verde", effetto, 114, 115 Bayes, teorema di, 59 Bennett, Jonathan, 192 Binty (gorilla), 247, 248 Bloom, Paul, 56, 57 Bluffare, vedi Ingannare, capacità di Boesch, Christophe, 97, 160 Boesch, Heidwige, 97 Bonobo,50,80, 183,269 addestrati al linguaggio, 234-38 Bouchard, Tom, 133 . Boysen, Sally, 74, 75, 194, 260, 261 Burghardt, Gordon, 134 Byrne, Richard, 182, 183 Caldwell, Roy, 172 Canarini, 141, 208 Cane che amava troppo, Il (Dodmank23, 24 Canguro di Merriam, o bettongia, 105 Cani, 17, 18, 20-24, 270 analisi spaziale da parte dei, 81, 85 comunicazione da parte dei, 21 O permanenza dell'oggetto e i, 43, 44 problemi di comportamento tra i, 23, 24 Cani non mentono sull'amore, I (Masson), 18 Canti di corteggiamento, 227,228 Capacità di spostarsi nello spazio, differenze sessuali nella, 104, 105, 107, 108 Capgras, sindrome di, 118, 119, 132 Caratteristiche del paesaggio usate per gli ,spostamenti nello spazio, 82, 90, 91, 97103 Caratteristiche .esagerate, 168, 169 Cardinalità, 65, 68, 71

INDICE ANALITICO Carey, Susart, 255 Caro, Tim, 162 Cartesio, Renato, 225 pensiero di, 26 perseveranza di, 262-83 Cebi cappuccini, 145-84 autoriconoscimento e, 123 comunicazione tra i, 230 esperimenti di imitazione con i, 155 uso degli attrezzi da parte dei, 48, 49, 52 Cercopitechi, 14, 55 analisi spaziale da parte dei, 97, 98 analogie tra le parole umane e i gridi di allarme dei, 217 -19 apprendimento dei gridi di allarme da parte dei cuccioli, 217, 218 comunicazione da parte dei, 208, 210, 211, 213-20, 223, 224 dotati di particolari abilità, 273-75 inganno da parte dei, 179-81, 182, 183 insegnamento da parte dei, 163, 164 sistema dei gridi di allarme, 163, 164, 209,214-20,224 Cervello amigdala, 27, 119 corteccia prefrontale, vedi Corteccia prefrontale formazione delle coalizioni e dimensioni del, 269 ippocampo, 81, 82, 104-107 lobo temporale inferiore, 119 plasticità neurale, 142, 143 Cheney, Dorothy, 179-81, 194, 216, 224 Cheng, Ken, 101 Chomsky, Noam, 225 Church, Russ, 249, 250 Cince, 106, 154, 155,227,228 Cincia boreale, 106, 154, 155, 227, 228 Cincia grigia, 106 Cinciallegra, 105 Cinciarella, 136 Clayton, Nicky, 106 Clonazione tra i mammiferi, 132~34 Coalizioni, formazione delle, 60, 269, 284 Coleotteri, 171 Colibrì, 141 Colpevolezza, 13, 243, 254, 282 Come funziona la mente (Pinker), 55 Commercio, emergenza di sistemi combinatori, 79, 80 ·

321 Compassione, 21, 22, 281, 282 Comunicazione, 13, 14, 201-239 approccio induttivo al significato della parola, 223, 224 capacità di riferire distinta dall'abilità di comunicare intenzionalmente, 223, 224 caratteristiche distintive degli esseri umani, 223, 225, 227, 239 categorie di vocalizzazione, tentativi di capire come gli animali le classificano, 219-22 conclusioni sui sistemi animali di, 238 connessione non arbitraria tra il contesto e la struttura del segnale, 208, 209 decodificazione del referente di una parola e uso che intende fame chi parla, 210, 211 definizione della parola, 205 identità individuale segnalata dalla vocalizzazione, 207, 208 interrogativi suscitati sulla vocalizzazione degli animali, 202, 203, 207, 219, 220 linguaggio, vedi Linguaggio marchi acustici, 207, 208 pregiudizi degli esseri umani nel capire gli animali, 211-13 problema della segmentazione, 211, 212 sistema combinatorio per creare espressioni nuove e significative, 79, 80, 227, 229-31 sistema dei gridi di allarme dei cercopitechi, 163, 164, 208, 214-19, 224 sistema grammaticale della vocalizzazione animale, 225-31 studi sul repertorio vocale dei primati, 212-21 tra le api mellifere, 219 Conoscenze scientifiche, 23 Consapevolezza, 13 Cooperazione, 240, 270-72, 283 Cordoglio, 240 Cords, Marina, 273-75 Corpo, immagine del, 132 Corteccia prefrontale, 23, 24, 26, 27 funzioni della, 42, 43 inibizioni e, 257, 258 Corvi, 14, 49, 50 Corvi della Nuova Caledonia, 50 "Cosa vuol dire essere un pipistrelloT', 286 Cramer, Audrèy, 97

322 Criceti, 43 Cuculo, 77 Curiosità, 15, 16 Damasio, Antonio, 26, 118, 119 Darwin, Charles, 14, 119, 120, 245 Dasser, Verena, 192, 193 Dawkins, Marian, 253, 254 Dawkins, Richard, 113, 114, 245 Dennett, Daniel, 57, 202, 223 Determinazione del punto stimato, vedi Analisi spaziale, determinazione del punto stimato o integrazione del percorso Delfini, 60, 71, 268, 284 insegnare un linguaggio ai, 233, 234 De Waal, Frans, 183, 238, 256, 280 Diamond, Adele, 258 Dilemma del prigioniero, 267, 271 Diritto di possesso in campo sessuale, rispetto del, 278, 279 Disordini ossessivo-compulsivi, 23-25 Dodman, Nicholas, 23, 24 Dolly (La pecora), 132-34 Dovere, il senso del, 284 Dublin, Holly, 145, 146 Dugatkin, Lee, 149 Ecolocalizzazione, tra i pipistrelli, 1O, 286, 287 · Eddy, 197 Egoismo, 249-51 altruismo, 265, 266 assenza dell'inibizione ed, 258 Eisner, Tom, 28 Ekman, Paul, 152 Elefanti, 145-213 reazione alla morte, 240, 256, 257 Emlen, Steve, 89 Emozioni, 13 conoscenza dell'oggetto ed, 243-46 espressioni del viso ed, 152, 251-53 inibizioni ed, vedi Inibizione moralità ed, 243, 282 normative, 243 razionalità ed, 26 Vedi anche emozioni specifiche Empatia, 20, 21, 250, 252, 254, 256, 282 autoconsapevolezza ed, 254 Epstein, Robert, 125 Ericson, Brian, 259 Errore di Cartesio, L' (Damasio), 26

INDICE ANALITICO Esperimenti basati sull'approccio economico degli animali al benessere; 252-54 Espressioni del volto emozioni ed, 152, 251-53 imitazioni dei neonati delle, 151, 152 individualità ed, 152 Esseri umani analisi dello spazio da parte degli, 92, 100-102 autoidentificazione da parte degli, 11719, 126 capacità di arrossire, 18, 25 capacità uniche per, 18 comprensione della morte, 255 identificazione delle facce da parte degli, 9 imitazione da parte degli, 30, 55, 145, 151-56, 158, 164 linguaggio, vedi Linguaggio moralità ed, 14 neonati, vedi Bambini sistema uditivo, 213 · superiorità della visione degli, 25, 26 Evans Christopher, 172 Evoluzione, 18, 23, 288 altruismo ed, 265 capacità numeriche ed, 78-80 caratteristiche esagerate ed, .165, 166 sistema di comunicazione ed, 255-31, 237-39 Far di conto, vedi Numeri, capacità di capire i Ferita immaginaria, ostentazione di una, 186-89 Ferormoni, 113 Ficken, Millicent, 229 Ficken, Robert, 229 Fisher, John, 155 Formiche, 100,255,256 deserto tunisino, 81, 82, 84, 85, 87, 88 Fringuelli, 30, 142, 171 Fringuello alpino, 164 Fringuello zebra (Poephyla guttata), 141 Fujita, Kazuo, 261 Futuro conforme alla realtà, 192, 193 Futuro premeditato, 192, 193 Galambos, Robert, 286 Galdikas, Birute, 150 Galef, Jeff, 148, 155

INDICE ANALITICO Gallistel, Randy, 67, 98 Gallup, Gordon, 122-25 Gardner, B.T., 233-35 Gardner, R.A., 233-35 Gatti, 81, 270 permanenza dell'oggetto e i, 43, 44 Gaulin, Steve, 104, 106 Gelman, Rochel, 68 Gemelli, 133, 134 Gemelli siamesi, 134 Gerbillo, 86 Gergeli, Gyorgy, 189 Ghepardi, 161-63 Ghiandaia, 106 Ghiandaia azzurra (Aphelocoma coerulescens), 265 Gibbard, Allan, 242 Gibboni, 183, 184, 226 Gisiner, Robert, 235 Gleitman, Henry, 93 Goodall, Jane, 185 Gorilla, 70, 247, 248 comunicazione da parte dei, 232, 233 esperimenti di autoidentificazione sui, 123, 124, 183 inganno e, 183, 184 Gould, Jim, 88, 96, 97, 178-80 Granchio mantide (Gelasinus vocans), 171, 172 Gratificazione, 243 Griffin, Don, 214, 286, 287 Gufo terricolo (Speotyto cunicularia ), 30 Guida africana al miele, 48 Guppy, 171, 268 apprendimento da parte dei, 137, 149, 150 Hailman, Jack, 229 Hamilton, Richard, 265 "Handicap", principio dell'impedimento, 165, 166, 168 Hans, il cavallo capace di far di conto, 69, 70 Heider, F., 244, 245 Heinsohn, Robert, 273 Herman, Lou, 233, 234 Hermer, Linda, 91, 101, 102 Heyes, Celia, 158, 195 Hidden Life of Dogs (Thomas), 16, 18, 20, 21 Binde, Robert, 155 Hood, Bruce, 263

323 How Monkeys See the World (Cheney e Seyfarth), 194 Identificazione dei consanguinei, 112, 113 dei giovani rispetto agli adulti, 112, 113 dei sé, vedi Autoidentificazione del sesso, 112, 113 tipi di, 112-16 Identificazione delle facce da parte degli esseri umani, 1O Vedi anche Autoidentificazione Iene, 240, 241 Ilobati dalle mani bianche, 186 Imbarazzo, 13, 281 Imitare, capacità di, 13, 30, 150-58 degli esseri umani, 30, 56, 145, 151-55, 158, 164 degli uccelli canori, 144 esperimenti con gli orangutan, 150, 151 identificare le intenzioni dell'operatore e, 153, 154 Imprinting, 114 Incudine,48,49, 150, 151 Individualità, 132 espressioni facciali dei bambini e, 153 Indridi, 183 Ingannare, capacità di, 14, 165-98 capacità di individuare l'inganno, 180, 181 cercopitechi, 179-82 differenza tra sapere come e sapere che si è ingannati, 166 Gelasinus e, 171, 172 inganno tattico, 181-85 negli scimpanzé, 176-78, 183, 185, 186 nei polli, 172, 173 organizzazione sociale e, 183, 184 pivieri e, 186-89 politica dell'onestà nella natura, 166, 168 prossimità nel corso dell'evoluzione, 183 scimmie rhesus, 173-75 stormi composti da specie di volatili diverse nelle foreste pluviali del Peni, 164, 165 teoria della mente, 189, 191-98 Inganno reciproco altruismo e, 268, 270 Vedi anche Ingannare, capacità di Inibizione, 24, 25, 257-65, 276, 283 bambini e, 258, 259

324 corteccia prefrontale e, 257, 258 esperimenti con le scimmie, 238-61 moralità e, 257, 258, 260, 283 scimpanzé e, 260-62, 283 Insegnamento dell'opportunità, 162 Insegnare, 138, 145, 146, 150, 159-64 da parte degli scimpanzé, 160, 161, 163 da parte dei cercopitechi, 163, 164 da parte dei ghepardi del Serengeti, 16163 il linguaggio agli animali, 231-39 le opportunità, 162 prevedere la frequenza dell', in una popolazione, 162-64 valutando pensieri e motivazioni nell', 159, 160 Insetti, 270 · altruismo e, 266 analisi dello spazio da parte degli, 100 Vedi anche specifici tipi di insetti Integrazione del percorso, vedi Analisi spaziale, determinazione del punto stimato o integrazione del percorso Intelligenza, 13, 289 Intelligenza tecnica, 55 Intenzioni analisi filogenetica o storica sulle, 23 attribuzione di, vedi Teoria della mente capacità diinviare distinta dalla capacità di comunicare intenzionalmente, 223, 224 capacità umana di azioni intenzionali, 188, 189 correnti contrapposte sulle, 9, 10, 17, 18 esempio della scimmia ragno, 7, 8, 10, 11 imitazioni e identificazione delle, 154, 155 interpretazione del comportamento animale, 20-23, 240, 241 osservazioni sistematiche ed esperimenti sulle, 23 · possibilità alternative per ogni specifico comportamento, 12, 16, 21-23, 256, 257 previsione adattabile alle, 23 previsione inerente all'età evolutiva per le, 22, 23 prova aneddotica, vedi Prova aneddotica, ~so da parte degli studiosi della Intuizfone, 79, 80

INDICE ANALITICO Ippocampo, 83, 84, 104-107 Israele, 145, 146 Istinti, 14 Jacobs, Lucy, 105, 107 Jones, Juli, 91 Kafka, Franz, 238 Kamil, Alan, 91 Kant, Immanuel, 241 Kanzi (bonobo), 234-38 Keil, Frank, 57 · Koko (gorilla), 123, 124, 234 Krebs, John, 106 Kuhn, Thomas, 262, 263 Kummer, Hans, 276-79 Labro, 148 Landau, Barbara, 93 Laringe, 142, 143 Leader e infingarde nei branchi di leoni, 272,273 Lealtà,254,270,276,284 Le Carré, John, 26 Lemuri, 183, 184 Leoni, 240 branchi di, 60, 272 capacità numeriche, 60-63 esperimenti di cooperazione, 272, 273 Leoni marini, 72 · Leslie, Alan, 243 Libero arbitrio, 281, 282 Lieberman, Philip, 143 Limitazioni spaziali, 254 Linguaggio, 38, 201-239 acquisizione dei bambini del, 205-207 analisi dello spazio e, 92, 103 apprendimento del, 139-44 capacità di inviare distinta dalla capacità di comunicare intenzionalmente, 223, 224 capacità numeriche e, 78-80 caratteristiche differenziatrici, 223, 225, 227,239 dei segni, 164, 201, 231-37 difficoltà meccaniche nell'elaborazione della parola, 144 insegnamento agli animali del, 231-39 natura arbitraria dell'associazione tra suono e significato, 210 ordine delle parole, 205, 226, 236, 237

l:NDICE ANALITICO origine delle parole nel corso dell'evoluzione, 223 pensiero e, 9-11 sistema combinatorio per creare nuove espressioni significative, 78-80, 227, 229, 231 sistema grammaticale degli esseri umani, 225, 226 sviluppo di un concetto di manufatto, 57,58 teoria della mente e, 197, 198 Linguaggio dei segni americano (AS,L), 232 Lontre marine, 49 Lorenz, Konrad, 114 Lucciole, 27-29 l\1acachi, 183, 184, 197,240 giapponesi, 136, 137 riconciliazioni tra i, 280 rispetto per i diritti di proprietà e per il possesso, 275-78 trattamento dei, con capacità particolari, 274,275 l\1anufatti, 34 linguaggio e sviluppo del concetto di, 57, 58 storia dell'intenzionalità, 57 l\1appa cognitiva del territorio di residenza, 86, 94-99, 178 l\1argoliash, Dan, 116 l\1arler, Peter, 140, 172, 173, 216 l\1artelli, 48, 49, 160, 161 l\1asson,Jeffrey, 18, 20,22,256 l\1atemità animale, 240, 241 l\1atsuzawa, Tetsuro, 49, 73, 160 l\1cComb, Karen, 62, 272 l\1cGrew, William, 51 l\1eltzoff, Andrew, 151-54 l\1enzel, Emil, 97, 127, 128, 176, 177 l\1erlo, 208 l\1erlo dalle ali rosse (Agelaius phoeniceus), 148 Metamorfosi, La (Kafka), 238 l\1ichelsen, Axel, 219 l\1iller, Robert, 251 l\1imica, 30 Vèdi anche Imitare, capacità di l\1ina, uccelli poliglotti, 142 l\1ithen, Steven, 54, 55 l\1oller, Anders, 169, 170

325 l\1ùnogarnia,276 l\1oore, Bruce, '156, 157 l\1oore, l\1ichael, 151, 152 l\1oralità, 13, 14, 79, 80, 239, 240-85 agenti morali distinti dai pazienti morali, 282-85 approccio riduzionista con gli animali, 241 . autoconsapevolezza e, 254 comprensione delle norme, loro violazione e ingiustizie, 285 emozioni, 242, 282 implicazioni della morte, 254-57 inibizione e, 257, 258, 260, 265, 283 mutamenti concettuali, 263-65, 283 l\1orte, comprensione della, 254~57 l\1oss, Cynthia, 256 Mots, Les (Sartre), 111 Multiplicity, 133 l\1unn, Charles, 165 l\1utamenti concettuali, 263-65, 283 Nagel, Thomas, 286 Neurotrasmettitori, 24 Newton, Sir Isaac, 263 Nocciolaia di Clark, annlisi spaziale da parte della, 8, 82, 91, 92, 95, 103, 105 Nottebohm, Fernando, 142 Numeri, capacità di capire i, 59, 80, 262, 288 adulti umani, 64, 65 bambini, 65-68 capacità conoscitive coinvolte nel far di conto, 64, 65 · cardinalità, 65, 66, 70, 71 categoria del numero, 66, 74 concetto del numero, 66, 73-75 corrispondenza biunivoca, 65, 67, 72 esperimenti con la scatola di Skinner, 71, 72 Hans, il cavallo capace di contare, 69, 70 indifferenza della proprietà, 64, 71 indifferenza dell'ordine, 65 · leoni, 62~64 linguaggio e, 78-80 meccanismi possibili per i, 67, 68 ordinalità, 64; 74 pappagalli, 72, 73 pressione evolutiva e, 78-80 principi fondamentali del far di conto, 64,65,69

326 scimpanzé, 60, 73-77 subitizzazione, 64, 73 tursiopi, 60 "Numerons", 68 Oggetti che cadono, natura degli, 263, 264 Oggetto, conoscenza dell', 33-57, 242-47, 262,287 dei bambini, 37, 46, 47, 242, 243 emozioni, 242, 247 principio del contatto, 46 . principio della continuità, 46, 47 principio di coesione, 46 serie di principi fondamentali tra gli animali per la, 36, 37, 45-47 temporizzazione, 37 Orangutan, 48 apprendimento da parte degli, 150, 151 casi di inganni tra gli, 183, 184 comunicazione da parte degli, 232, 233 esperimenti sull'autoidentificazione, 12022 imitazione spontanea, 151, 152 Ordinalità, 64, 74 Ordine, indifferenza dell', 65 Oscini, 142 Packer; Craig, 60, 61 Pagels, Elaine, 242, 243 Pappagalli, 140-45 far di conto tra i, 72, 73 imitazione da parte dei, 156, 157 permanenza dell'oggetto e, 43, 44 Pappagallo cinerino, 156, 157 Paradigma, spostamento del, 262-64 Parentela identificazione della, 112 marchi acustici e, 208 Paridi, 106 Parola definizione di, 204 ordine, 205, 206, 226, 227 origini nel corso dell'evoluzione, 223 problema della segmentazione, 211, 212 Passeri, 20 Passero dalla corona bianca ('Zonotrichia leucophrys), 14, 116, 141 Patterson, Penny, 123, 234 Paura, 13,240,282 Paziente inglese, Il, 84

INDICE ANALITICO Pazienti morali, 282 Payne, Katie, 226, 227 Payne, Roger, 226, 227 Pensiero, 13 comportamenti analoghi con substrati diversi, 24, 25 linguaggio e, 9, 12 Pepperburg, Irene, 72 Periodo critico o sensibile, 90 Permanenza dell'oggetto, 37-43, 68 esperimenti, 39, 40-44 Perseveranza cartesiana, 262, 283 kuhniana,263,264,283 Pesci, 17 capacità numerica e i, 78 indagini sul comportamento dei predatori, 17 Vedi anche specifici tipi di pesci Petscan (PET), 26, 43 Pfung, Oskar, 69, 70 Phantoms in the Brain (Ramachandran), 132 Piaget, Jean, 37, 38, 43 Piante medicinali, uso delle, 145 Picchio muratore, 105 Piccioni, 12, 70, 71 esperimenti di autoidentificazione sui, 124 Piccioni viaggiatori, 88, 91 Pigne di Gerusalemme, 145, 146 Pilotare, 87, 88 Pinker, Steven, 54, 140 Pipistrelli, 10, 213, 286, 288 microchirotteri,. 213 vampiri, 80, 270-72, 279 Piviere, 186-88 Polli, 172, 173, 202, 220, 253, 254 Polipi, 148 Povinelli, Daniel, 131, 194, 195, 197 Predatori Gelasinus e, 171, 172 lotte tra la preda e, 28-30 sistema dei gridi di allarme tra i cercopitechi e, 163, 164, 208, 214-19, 224 Prehistory of the Mind, A (Mithen), 55, 56 Premack, Ann, 190, 244, 245, 247 Premack, David, 53, 75, 190-94, 202, 229,234,244,245,247,248 esperimenti con gli scimpanzé sulla comprensione delle mappe fatte dagli uomini, 98

INDICE ANALITICO Primati, 270 monogamia tra i, 278 reazione di fronte alla morte, 256 riconciliazione, 280 Vedi anche tipi specifici di primati non umani, per esempio Scimmie antropomorfe Principio dell'impedimento, vedi "Handicap", principio dell'impedimento Problemi negli spostamenti, vedi Analisi spaziale Progettazione, 54-57 Promiscuità, dimensioni dell'ippocampo e, 103, 104 Propionide, 166 Proprietà, dirittidi, 275-78 Proprietà, indifferenza per la, 64, 65 Proscimmie, 183, 184 Prosopagnosia, 118, 119, 122, 132 Prova aneddotica, uso da parte degli studiosi della, 16, 18, 19, 184, 185 Pulizia dentale, uso degli strumenti per la, 51 Punizione, 14, 272, 278, 279 altruismo reciproco e truffatori, 268, 271 Pusey, Anne, 62, 63 Putnam, Hilary, 25 Quine, Villard Van, 204 Rabbia, 13, 282 Ramachandran, Vilyanur, 132, 142, 143 Ratti, 145, 146 altruismo reciproco, 79, 266-73, 284 analisi spaziale da parte dei, 99-102 capacità numeriche, 68, 71, 72 curiosità, 15 esperimenti di imitazione con i, 157 esperimenti sull'altruismo, 248-51 preferenze nel cibo, 145-47 punizione dei truffatori, 268-70 requisiti indispensabili per, 267, 268 studi sui pipistrelli vampiri, 269-71 Ratti neri, 145, 146, 148 Razionalità, 262, 263 emozioni e, 26, 27 Replica degli esperimenti da parte degli studiosi, 19, 131 Responsabilità, senso della, 284 Ricompensare con il cibo, 11, 70-72, 123, 194,233

327 Riconciliazione, 279, 280, 284 Riconciliazione e riduzione delle tensioni tra le specie sociali, 280, 281, 284 Risonanza magnetica, 27, 42 Rispetto, 240, 274, 275 per i diritti di proprietà e il possesso, 275-78 per il possesso nella sessualità, 277-79 Ristau, Carolyn, 187 Robinson, John, 230 Rockefeller University, 286 Roditori analisi dello spazio da parte dei, 82, 83, 93, 100, 106, 107 Vedi anche tipi specifici di roditori Rondone, 169-71 Russon, Anne, 150 Ryle, Gilbert, 166 Salmoni, analisi spaziale dei, 81, 93 Santos, Laurie, 259 Sarah (scimpanzé), 53, 76, 77, 192, 193, 195, 234, 261 Sarto di Panama, Il (Le Carré), 26 Sartre, Jean-Paul, 111 Savage-Rumbaugh, Sue, 234-39 Scatola di Skinner, 71, 72 Schusterman, Ronald, 235 Scetticismo, strumenti mentali per lo, 179, 180 Scimmie, 183 · analisi spaziale, 100 autoidentificazione, 123, 124 esperimenti di imitazione, 155, 156 esperimenti di inibizione, 258-60 permanenza dell'oggetto, 43, 44 teoria della mente, 193, 284 Vedi anche tipi specifici di scimmie Scimmie antropomorfe, 128, 220, 283 analisi spaziale da parte delle, 100 capacità di ingannare, 184 esperimenti di imitazione con, 153-55, 157, 158 insegnamento del linguaggio alle, 232-39 linguaggio parlato, mancanza della capacità fisica per, 232 · permanen:la detl'oggetto e, 43, 44 Vedi anche tipi specifici di scimmie antropomorfe Scimmie ragno (atele), 7-12, 288 Scimmie rhesus, 14-21, 278, 279

328 autoidentificazione, 123, 127 capacità numeriche, 76, 77 comunicazione da parte; 208-210, 22022, 278, 279 esperimenti di inversioni dei ruoli con, 194, 195 esperimenti sull'inibizione, 258, 259 espressioni facciali ed emozioni, esperimenti relativi a, 250-53 inganni da parte delle, 173-76 permanenza dell'oggetto, 40-42 riconciliazioni tra le, 280 Scimmie scoiattolo (saimiri), 184 Scimmie titi, 231 Scimpanzé, 14, 72, 145, 284 addestrati al linguaggio, 164, 232-35 analisi spaziale da parte degli, 81, 97, 98 ascolto da parte degli, 213 autoidentificazione e, 121-26 capacità numeriche, 60, 73-76, 79 comunicazione da parte degli, 164; 220, 232-35 esperimenti di imitazione con, 155, 157, 158 esperimenti di inversione di ruolo con, 193, 194 esperimenti sulla teoria della mente, 191-97 inganno da parte degli, 176-78, 183-85 inibizione e, 260, 261, 282, 283 insegnamento da parte degli, 160, 161, 163, 164 istruzione al linguaggio dei segni, 164, 232-35 ponte naturale creato da, 19, 20 reazione alla morte, 256 riconciliazioni da parte degli, 279 strategie di fuga, 15, 16 uso degli attrezzi da parte degli, 50-55, 160, 161 Sciuridi, 114 Segmentazione, problema nella traduzione, 211, 212 Selezione naturale, 27 Senso di Smilla per la neve, Il, 84 Serpenti mimica da parte dei, 30 serpente nero dei ratti, con due teste, chiamato "IM", 134 Seyfart, Robert, 179-81, 194, 215-17, 224 Shakespeare, William, 25

INDICE ANALITICO Sheba (scimpanzé), 74-77, 194, 260-62 Sherry, David, 107, 154 Sifakas, 186 Silberberg, Alan, 261 Silk, Joan, 180, 181 Silvia (Sylvia borin), 81, 89 Silviidi, 141 Simmel, M., 244 Simmetria, 170, 171 Sintassi, 225-30, 236-38 Siringe, 142 Sistema combinatorio dell'espressione umana, 79, 80, 226, 229,230 sistema numerico e, 79 Sistema grammaticale della vocalizzazione animale, 225-31 di quella umana, 225, 226 Sistema immunitario, 115 Sistemi uditivi, 213 Skinner, B:F., 12, 124 Smith, Richard Maynard, 266 Sole, spostamenti secondo la posizione del, vedi Analisi spaziale, determinazione del punto stimato o integrazione del percorso Solidarietà, 249, 250, 253, 254 Sorpresa, 282 Spelke, Elizabeth, 92, 93, 101, 102 Spostamenti e olfatto, 92, 93 Stammbach, Eduard, 274 · Star Trek, 238 Storni, 142, 208 Storni degli armenti, 84 Struhsaker, Tom, 163, 214 Strumentazione specializzata degli animali, 8, 13, 30, 288, 289 metodi per apprendere, vedi Apprendimento per ingannare, vedi Ingannare, capacità di per l'autoidentificazione, vedi Autoidentificazione Strumentazione universale, 9, 12, 33-108, 262,263,288,289 analisi spaziale, vedi Analisi spaziale conoscenza degli oggetti; vedi Oggetto, conoscenza dell' numeri, capacità di capire i, vedi Numeri, capacità di capire i · Strumenti mentali definiti, 28

329

INDICE ANALITICO specializzati, vedi Strumentazione specializzata degli animali universali, ·vedi Strumentazione universale Studdert-Kennedy, Michael, 226 Studiosi limitazione nella comprensione delle esperienze personali, 286, 287 metodi obiettivi degli, 286, 287 replica degli esperimenti, 18, 19, 131 spostamento. del paradigma, 262, 263 uso della prova aneddotica, 18-20, 18486 Subtizzazione, 65, 73 Tamarini, 184 uso degli attrezzi da parte dei, 53 Tamarini dai ciuffi bianchi, 14, 245-47 · autoidentificazione e, 129-31 capacità numeriche, 76, 77 comprensione degli oggetti che cadono, 263,264 esperimenti di inibizione, 259, 260 Tanagride, averla dalle ali bianche, 165 Tartarughe, 86 Tattica dell'inganno, 181-85. Teoria della mente, 188, 189, 257, 283, 284 esperimenti con gli animali, 190-98, 282,284 linguaggio e, 197, 198 vocalizzazioni degli animali e, 223, 224 Terkel, Joseph, 145, 146 Terrace, Herb, 233 Test dello specchio per l'autoidentificazione, 120-26, 129-31 Thomas, Elizabeth Marshal, 16-18, 20, 21 Tinbergen, Nikolaas, 22 Tinkelpaugh, Edward, 41, 43 Tomasello, Mike, 155, 157, 239 Tordo, 49 Trivers, Robert, 266, 267, 271 Trota iridata o arcobaleno, 93 Tunicati, 114 Tursiopi, 60 Tutin, Caroline, 51 Twain, Mark, 25 Uccelli, 270

analisi spaziale da parte degli, 84, 8890, 100, 105 canori, 106, 138-43 comunicazione da parte degli, 207 imprinting da parte degli, 114 informazioni sul cielo acquisite dai pulcini, 88-90, 105 monogamia tra gli, 278 Vedi anche specifici tipi di uccelli Uccelli canori, 106, 138-43 apprendimento del canto da parte degli, 138, 139 canti di corteggiamento, 226 dialetti, 141, 142 funzioni delcanto per gli, 139, 140 imitazioni del canto da parte degli, 144 mimica da parte degli, 30 ordine degli elementi in un canto, 226-28 processo di acquisizione del canto, 116 reazione all'ascolto del proprio canto da parte degli, 117 regole per strutturare la produzione del canto, 225, 226 Uccelli lira, 30, 141, 142 Uistiti, 123 Vergogna, 13, 242, 243, 253, 254, 282 Vespe,.266 Violazione dell'aspettativa, 38, 39, 44, 45,67, 78 Visalberghi, Elisabetta, 52 Von Osten, Willhelm, 69 Washoe (scimpanzé), 164, 233, 234 Wehner, Rudiger, 84 Whiten, Andrew, 157, 158, 182, 183 Willatts, Peter, 46 William, George, 266 Wilson, Ed O., 255 Wilson, Mike, 185 Wittggenstein, Ludwig, 202 Woodruff, Guy, 193 Wrangham, Richard, 185 Wynn, ·Karen, 67 Zahavi, Amotz, 167 Zigolo, 90-106 Zoo Brookfield, Chicago, 247 Zoofarmacognosi, 145

Indice

p.

7 15 16 23 25

Prologo. Il corredo degli strumenti mentali

1. Storie di animali Gli animali e noi Animali da compagnia sul lettino Animali a confronto PARTE PRIMA. CONOSCENZA UNIVERSALE

33 36 44 47 54

2. Il mondo materiale Che cos'è un oggetto? Alla ricerca delle cause Il negozio di ferramenta della natura Una questione di progettazione

59

3. Giochi di abilità con i numeri Che cos'è un numero? Contando le pecore Le origini della matematica Macinatori di numeri

64 69 74 78 81 84 94 99 103

4. Viaggiatori dello spazio Spedizioni solitarie Le mappe mentali Errori intelligenti Perché, che cosa e dove? PARTE SECONDA. PSICOLOGI DELLA NATURA

111 112

5. Conosci te stesso Tipi di identificazione

331

INDICE p.

117 132

Riflettendo Una coscienza di sé

136 139 145 150 159

6. Scuole di apprendimento Bambini e uccellini balbettanti Imparando con gli amici Cloni comportamentali I cocchi del professore

165 166 171 173 178 181 186 191

7. Strumenti per ingannare La politica della sincerità Nati per ingannare Facce impassibili Spostamenti ingenui Alimentando la pompa dell'intuizione Pensieri dissimulati Inganno calcolato? PARTE TERZA. MENTI IN SOCIETÀ

201 201 211 225 231 238

8. Pettegolezzi sull'arca Il vocabolario di Dolittle È nata una parola Grammatici della natura Insegnanti a noleggio Pensieri imprigionati

240 242 257 265 281

9. Istinti morali Parole di serpente Freni motivazionali Il giusto è giusto Agenti, pazienti e regole

286

Epilogo. Cosa vuol dire essere una scimmia ragno

290

Ringraziamenti

291

Bibliografia

319

Indice analitico