MCMI-III Manuale [PDF]

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Zitiervorschau

Theodore Millon Roger Davis e Carrie Millon

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory–III MANUALE

Edizione italiana a cura di Alessandro Zennaro, Stefano Ferracuti, Margherita Lang e Ezio Sanavio

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’Editore.

© 1997 Dicandrien, Inc. All rights reserved. This translation of the MCMI-III test is authorized by NCS Pearson, Inc. All right reserved. © 1997 Dicandrien, Inc. Tutti i diritti riservati. Questa traduzione del test MCMI-III è autorizzata dalla NCS Pearson, Inc. Tutti i diritti riservati. Copyright per l’edizione italiana © 2008, Dicandrien, Inc. L’edizione italiana, realizzata sulla seconda edizione dell’opera originale, è pubblicata da Giunti O.S. Organizzazioni Speciali su licenza di NCS Pearson, Inc.

1.

Introduzione

Diverse sono le motivazioni che giustificano le resistenze nella revisione di uno strumento. I principali ostacoli in questa impresa sono rappresentati dalle enormi risorse finanziarie e logistiche necessarie per ottenere grandi campioni rappresentativi, dall’investimento di tempo richiesto agli Autori e, infine, dall’alto numero di “ministudi” intermedi, gli studi pilota che devono essere condotti prima dell’eventuale pubblicazione del prodotto finale. Non è da sottovalutare, inoltre, l’effetto della “familiarità” con un test: chi usa la versione originale di uno strumento, infatti, si adatta alle sue idiosincrasie e, adottandole, rischia di diventare restio ad apprendere eventuali innovazioni. Il Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI), tuttavia, intende essere uno strumento “in continua evoluzione”, da perfezionare, ogni qualvolta sia necessario, sulla base dei sostanziali progressi acquisiti. Ciascuna versione successiva del MCMI, infatti, è rivista e ampliata con l’intento di integrare gli sviluppi maturati all’interno del sistema teorico, dei dati di ricerca e della pratica clinica. Rimandare la revisione del test significherebbe che strumenti costruiti sulla base di teorie e di schemi tassonomici superati dovrebbero svolgere un compito per il quale non sono stati concepiti. Non è possibile continuare a utilizzare strumenti di valutazione che non tengano conto dei recenti sviluppi teorici che non siano in linea con i più recenti progressi della tassonomia e che non siano stati perfezionati sulla base dei progressi della ricerca empirica. Considerando che il MCMI è uno strumento ormai obsoleto, utilizzato solo all’estero e da pochi dei suoi iniziali fautori, e che il Millon Clinical Multiaxial Inventory – II (MCMI-II) è quanto meno superato, con il Millon Clinical Multiaxial Inventory – III (MCMI-III) si vuole continuare il programma di aggiornamento che manca, evidentemente, ad altri affermati strumenti di valutazione.

1.1. Innovazioni rispetto al MCMI-II La decisione di revisionare il MCMI-II si basa su motivazioni teoriche, professionali ed empiriche. 1.1.1. Sviluppi teorici La teoria in base alla quale sono stati originariamente realizzati il MCMI e il MCMI-II ha subito nel tempo notevoli sviluppi. Oggi essa non si basa più prevalentemente sui principi comportamentali del rinforzo e del condizionamento (Millon, 1969/1983; Millon, 1981; Millon e Everly, 1985), ma piuttosto su quelli della teoria evoluzionistica (Millon, 1990; Millon e Davis, 1996). In seguito a tale cambiamento, i disturbi di personalità sono visti come costrutti evolutivi che derivano dai compiti fondamentali che tutti gli organismi si trovano ad affrontare: la lotta per l’esistenza o la sopravvivenza (piacere contro dolore), lo sforzo di adattarsi all’ambiente o di adattare l’ambiente a se stessi (passivo contro attivo) e, infine, la scelta strategica da parte dell’organismo di investire energie nella riproduzione della stirpe e della prole, piuttosto che investire unicamente nel mantenimento di se stessi (altri contro se stessi). Queste tre polarità essenziali compongono un fondamento teorico che trae le sue origini dalla più ampia cornice della teoria evoluzionistica e trascende qualunque particolare scuola o prospettiva tradizionale relativa allo studio della personalità. Conseguentemente, i disturbi dell’Asse II non vengono più considerati come deducibili sulla base di un solo livello di dati clinici, sia esso quello comportamenta-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

le, fenomenologico, intrapsichico o biofisico (ovvero uno dei quattro approcci tradizionali della scienza psicologica); al contrario, i disturbi di personalità sono ora concepiti come una manifestazione dell’intera complessità della persona con una sintomatologia che si manifesta in numerosi ambiti clinici. Di conseguenza, si è proceduto con la definizione di una base più ampia di criteri diagnostici e di concetti di personalità (ad esempio: Millon, 1984, 1990; Millon, Weiss, Millon e Davis, 1994) secondo un’ampia cornice che, pur includendoli, va anche oltre i criteri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fourth Edition (DSM-IV; American Psychiatric Association, 1994). La crescente quantità di letteratura clinica fornisce in questo senso una sostanziale base conoscitiva per il MCMI-III: tanto più il DSMIV riflette questi sviluppi, quanto più si rafforza la sua corrispondenza con il MCMI-III. 1.1.2. Sviluppi professionali Oltre allo sviluppo teorico inerente all’Asse II, il tema dei disturbi di personalità gode attualmente dell’interesse scientifico mondiale. La crescita del Journal of Personality Disorders e della International Society for the Study of Personality Disorders dimostra l’importanza attribuita a tali sindromi in quanto componenti fondamentali dei disturbi mentali. A testimonianza della loro attualità, infatti, queste due importanti organizzazioni si occupano di divulgare gli sviluppi riguardanti la teoria e la valutazione della personalità, aree di grande interesse a partire dagli anni Settanta e Ottanta (Millon, 1984, 1990) e tuttora in evoluzione. Il campo clinico ha offerto, inoltre, numerosi sviluppi utili alla professione: tra questi il più significativo è naturalmente la pubblicazione del DSM-IV. In questo modo, si è resa disponibile una base più solida per discriminazioni diagnostiche sempre più raffinate e dalle potenzialità di gran lunga superiori di quanto offerto dalla letteratura degli anni Settanta e Ottanta. Allo scopo di produrre ulteriori scale, ottimizzare la corrispondenza fra item del MCMI e criteri del DSM-IV e tenere conto dei risultati di studi generalizzati, nel MCMI-III sono stati introdotti 95 nuovi item, in sostituzione a 95 item del MCMI-II. Oltre a ciò, sono state aggiunte due scale: un pattern di personalità clinica (2B – Depressiva) e una scala di sindrome clinica (R – Disturbo Post-Traumatico da Stress). Infine, è stato inserito un piccolo insieme di item con lo scopo di rafforzare l’utilità della sezione “Risposte rilevanti”, all’interno del report interpretativo1, nelle aree dell’abuso di minori, dell’anoressia e della bulimia. 1.1.3. Sviluppi empirici Fino a oggi sono stati pubblicati oltre quattrocento articoli di ricerche che hanno impiegato il MCMI come strumento principale di valutazione. Questa notevole base empirica, sebbene non univoca nella sua totalità, ha prodotto numerosi e importanti perfezionamenti all’interno della struttura del MCMI-III. Sono stati anche condotti molti studi incrociati di validazione e di generalizzazione (e altri lavori sono tuttora in corso) allo scopo di valutare e di migliorare ciascun elemento del MCMI, ossia gli item, le scale, le procedure di assegnazione del punteggio, gli algoritmi e il testo interpretativo (cfr. Choca e Van Denburg, 1997; Choca, Shanley e Van Denburg, 1992; Craig, 1993; Hsu e Maruish, 1992; Maruish, 1994). Queste ricerche hanno fornito (e forniscono continuamente) materiale empirico per ulteriori progressi su ciascuno di tali componenti. Sulla base delle informazioni acquisite è stato introdotto un certo numero di cambiamenti che caratterizzano il MCMI-III. Innanzitutto è stata ridotta l’influenza del sistema di peso degli item che caratterizzava il MCMI-II: in precedenza agli item prototipici si assegnava un peso di 3 punti, adesso ne viene attribuito uno di 2 punti. Generalmente, infatti, gli studi hanno evidenziato correlazioni molto alte fra le scale composte di item pesati e quelle composte di item non pesati. Gli Autori continuano a ritenere che per arrivare alla definizione di un costrutto sia fondamentale la distinzione fra item più centrali e item più periferici: a loro giudizio, gli item dovrebbero essere pesati a seconda delle loro dimostrate caratteristiche sostanziali, strutturali ed esterne (Loevinger, 1957). Tuttavia, 2 punti invece di 3 sono attualmente considerati sufficienti per consentire questa distinzione; i clinici, inoltre, possono tuttora scegliere di verificare gli item prototipici di ciascuna scala (tali item sono considerati critici sia quando si cerca il sostegno per un determinato criterio sia durante il processo di formulazione di giudizi diagnostici). D’altra

1. Qui e nel prosieguo del testo si fa riferimento al report interpretativo della versione originale (NdR).

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Introduzione

parte, il completo abbandono del sistema di peso degli item, anche se non obiettabile empiricamente, avrebbe portato a scale composte esclusivamente di item pesati separatamente. Tale scelta non solo è in contrasto con il modello prototipico in linea col sistema diagnostico ufficiale, ma non è neanche compatibile con la logica tripartitica che guida lo sviluppo del test stesso. Questo approccio implica che le considerazioni empiriche siano soltanto una delle basi sulle quali dovrebbero poggiare gli elementi strutturali di uno strumento. In secondo luogo, sono state anche apportate modifiche alle procedure per la correzione degli effetti di distorsione (ad esempio: risposte a caso, risposte false, rifiuto, lagnanze) che semplificano le procedure di punteggio sviluppate in precedenza per il MCMI-II.

1.2. Caratteristiche distintive del MCMI Numerosi elementi distinguono il MCMI dagli altri test. Fra questi i più importanti sono: la relativa brevità, le basi teoriche, il formato multiassiale, la costruzione per mezzo di tre stadi di validazione, l’uso di punteggi di prevalenza e la profondità interpretativa. 1.2.1. Lunghezza del test Gli Autori del MCMI hanno sempre cercato di mantenere il numero complessivo degli item abbastanza ridotto così da incoraggiarne l’uso in tutti i tipi di situazioni diagnostiche o di trattamento, ma, al contempo, sufficientemente ampio in modo da consentire la valutazione di una vasta gamma di comportamenti clinicamente rilevanti. Con i suoi 175 item il MCMI risulta molto più corto di altri strumenti ad esso paragonabili. Sono stati eliminati gli item che avrebbero potuto sollevare obiezioni ed è stato impiegato un vocabolario corrispondente a una capacità di lettura pari a quella della terza media. La gran parte dei pazienti è ora in grado di completare il MCMI-III in un lasso di tempo che va dai 20 ai 30 minuti; ciò rende relativamente semplice e rapida la somministrazione del test e riduce la resistenza e la fatica del paziente. 1.2.2. Basi teoriche È ormai opinione condivisa il fatto che gli strumenti diagnostici si dimostrino maggiormente utili quando sono collegati in modo sistematico a una teoria clinica di vasta portata. Sfortunatamente, come hanno rilevato numerosi Autori (ad esempio: Butcher, 1972), le tecniche di valutazione si sono spesso sviluppate in modo quasi indipendente dalle teorie della personalità. Sono pochi, di conseguenza, i metodi diagnostici che si fondano ed evolvono sulla base di una teoria clinica. In tal senso il MCMI-III è diverso: ogni scala del suo Asse II rappresenta una misura operazionalizzata di una sindrome che è stata concepita all’interno di una teoria della personalità (Millon, 1969/1983, 1981, 1986a, 1986b, 1990; Millon e Davis, 1996) e sebbene le scale dell’Asse I non discendano espressamente dalla teoria sono state ampiamente trasformate e perfezionate, rispetto alla loro struttura originaria, proprio in relazione agli sviluppi teorici. Le scale e i profili del MCMI-III, in altri termini, misurano in modo diretto e quantificato delle variabili che hanno origine o si evolvono a partire dagli sviluppi teorici. I punteggi elevati delle scale e le risultanti configurazioni di personalità da un lato, quindi, possono orientare verso diagnosi specifiche o suggerire ipotesi rispetto alle dinamiche cliniche, dall’altro possono indicare questioni verificabili in relazione alla storia sociale e al comportamento attuale. 1.2.3. Caratteristiche strutturali Per uno strumento clinicamente orientato, come dimostra di essere il MCMI-III, il coordinamento con un sistema diagnostico ufficiale e con le sue relative categorie sindromiche non è meno importante dei suoi legami con un modello teorico. Pochi strumenti diagnostici tra quelli attualmente disponibili sono stati costruiti in conformità alla nosologia ufficiale quanto il MCMI. Con la creazione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Third Edition (DSM-III; American Psychiatric Association, 1980); del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Third Edition, Revised (DSM-III-R; American Psychiatric Association, 1987) e del DSM-IV, le categorie diagnostiche sono state descritte in modo preciso e definite operativamente. La struttura del MCMI, infatti, combacia con quella del DSM secondo diver-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

se prospettive. Prima di tutto le scale del MCMI sono raggruppate in categorie di personalità e in psicopatologie specifiche per riflettere la distinzione fatta dal DSM fra Asse II e Asse I: scale separate, infatti, distinguono le caratteristiche di personalità più stabili dei pazienti (Asse II) dai disturbi clinici acuti (Asse I); questa distinzione è ritenuta molto utile sia dagli Autori del test sia dai clinici (Dahlstrom, 1972). I profili basati su tutte le 24 scale cliniche, inoltre, possono anche essere interpretati per chiarire l’interrelazione tra gli schemi caratterologici più stabili del paziente e i suoi sintomi clinici più attuali. Oltre alla distinzione, attuata anche dal DSM, tra sintomi psichiatrici e disposizioni stabili della personalità, all’interno di ciascun asse le scale del MCMI-III sono ulteriormente raggruppate secondo il livello di gravità della psicopatologia. Si valuta, quindi, il modello caratterologico precedente alla malattia indipendentemente dal suo grado di patologia. Le scale S – Schizotipica, C – Borderline e P – Paranoide rappresentano i livelli più alti di patologia della personalità e sono state ricavate da 11 scale di personalità di base, scale che vanno dalla 1 – Schizoide alla 8B – Masochistica (Autofrustrante) (cfr. fig. 1-1). Similmente, le sindromi cliniche moderatamente gravi o neurotiche sono separate e valutate indipendentemente dalle gravi sindromi cliniche (SS – Disturbo del Pensiero, CC – Depressione Maggiore e PP – Disturbo Delirante), che presumibilmente hanno una natura più psicotica. Secondariamente, a livello di scala ciascun asse è composto di dimensioni che riflettono le principali sindromi. Le scale dell’Asse II comprendono, pertanto, quelle dimensioni della personalità che sono parte del DSM fin dalla sua terza revisione, mentre le scale dell’Asse I riflettono le sindromi che sono più rilevanti nel lavoro clinico. 1.2.4. Tre stadi di validazione Lo sviluppo delle scale e degli item procede attraverso una sequenza di tre step di validazione: a) teorico-sostanziale, b) strutturale interno, c) criterio esterno. Il MCMI-III rispetta gli standard previsti per raggiungere un adeguato livello di correttezza metodologica attraverso l’impiego di differenti strategie di validazione (Hase e Goldberg, 1967). Nello stadio teorico-sostanziale gli item relativi a ciascuna sindrome sono stati pensati in modo da riuscire a adeguarsi ai requisiti teorici e ai criteri del DSM. Nello stadio strutturale interno questi item “razionali” sono stati sottoposti all’analisi della coerenza interna: gli item che presentavano correlazioni più alte con le scale alle quali non erano destinati o sono stati eliminati del tutto oppure sono stati riesaminati alla luce dei criteri teorici e poi riassegnati o valutati nuovamente. Nelle ulteriori analisi sono stati inclusi solo gli item che hanno superato ogni successivo stadio di validazione.

Figura 1-1 Le scale del MCMI-III Pattern di personalità clinica 1 Schizoide 2A Evitante 2B Depressiva 3 Dipendente 4 Istrionica 5 Narcisistica 6A Antisociale 6B Sadica (Aggressiva) 7 Ossessivo-Compulsiva 8A Negativistica (Passivo-Aggressiva) 8B Masochistica (Autofrustrante)

Sindromi cliniche A Ansia H Somatizzazione N Bipolare: Mania D Distimia B Dipendenza da Alcol T Dipendenza da Droghe R Disturbo Post-Traumatico da Stress

Grave S C P

Indici X Y Z V

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patologia della personalità Schizotipica Borderline Paranoide

Sindromi cliniche gravi SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante di modifica Apertura Desiderabilità Autosvalutazione Validità

Introduzione

Nella fase del criterio esterno gli item sono stati esaminati nei termini della loro capacità di discriminare tra i vari gruppi clinici, invece che tra gruppi clinici e soggetti normali; i soggetti normali, infatti, non costituiscono un gruppo di riferimento o di confronto appropriato (Rosen, 1962). In altri termini, la fase esterna di ciascuna generazione di MCMI ha analizzato i confronti tra gruppi diagnostici di interesse e popolazioni di pazienti psichiatrici rappresentativi ma indifferenziati. Lo spostamento verso un confronto psichiatrico generale piuttosto che verso un confronto normale contribuisce a rendere ottimale l’efficienza discriminatoria delle scale e ne aumenta, quindi, la capacità di diagnosi differenziale. Questa strategia è sostenuta da un buon rapporto di veri positivi su falsi positivi (cfr. capitolo 4). Il modello tripartito della costruzione di un test piuttosto che tendere a un compromesso cerca, quindi, di sintetizzare i punti di forza di ciascuna fase di sviluppo, eliminando gli item che risultano deficitari sotto particolari aspetti. Gli item delle scale finali, anziché ottimizzati ciascuno in maniera indipendente a seconda di determinati parametri nella costruzione del test, soddisfano congiuntamente i vari requisiti: in questo modo aumenta la generalizzabilità del prodotto finale. Il risultato è che gli item prototipici finali di ciascuna scala di MCMI, MCMI-II e MCMI-III soddisfano mediante un perfezionamento sequenziale i criteri di base di ognuno di questi metodi di costruzione. 1.2.5. Soglie diagnostiche Un importante elemento che distingue il MCMI da altri test è l’uso di dati in prevalenza grezzi piuttosto che di punteggi standard normalizzati. Poiché i punteggi T sono sviluppati in modo che una percentuale di campione fisso cada al di sopra di un particolare punteggio, essi presumono implicitamente che i tassi di prevalenza di tutti i disturbi siano uguali, cioè che, ad esempio, vi sia un numero uguale di depressi e di schizofrenici. Al contrario, il MCMI cerca di rilevare le percentuali di pazienti che attraverso inquadramenti diagnostici siano stati effettivamente trovati affetti da disturbi. Questi dati non solo forniscono una base per selezionare dei cut-off ottimali per le diagnosi differenziali, ma assicurano anche che la frequenza delle diagnosi e degli schemi di profilo prodotti con il MCMI-III siano analoghi ai reali tassi di prevalenza clinica. Per situazioni particolari è ancora necessario sviluppare appropriati indici di prevalenza e punteggi soglia; ciononostante i dati di validazione per una certa varietà di popolazioni (ad esempio: pazienti esterni e interni, ricoverati in centri per alcolisti o tossicomani) suggeriscono che il MCMI-III può essere utilizzato con un ragionevole livello di fiducia nella maggior parte dei contesti clinici. 1.2.6. Perfezionamenti interpretativi La relazione dettagliata del MCMI-III prodotta dal computer riporta le caratteristiche di personalità e dei sintomi del paziente. Predisposta nello stile delle relazioni preparate dagli psicologi clinici, essa sintetizza i dati ricavati dall’andamento dei profili della scala e dalle configurazioni di ogni profilo e si basa sui recenti risultati di ricerca, sullo schema teorico del MCMI (Millon, 1968/1983, 1981, 1990) e sulle diagnosi rilevanti del DSM secondo una cornice multiassiale. Oltre a fornire una complessa descrizione delle dinamiche della sindrome, la relazione riassume i risultati ottenuti su numerose dimensioni o assi: gravità del disturbo, presenza di una sindrome clinica, patologia della personalità di base, tensioni psicosociali e implicazioni terapeutiche (cfr. capitolo 7).

1.3. Usi clinici e di ricerca In virtù della semplicità di somministrazione e della disponibilità di calcolo dei punteggi e delle procedure interpretative computerizzate, il MCMI può essere utilizzato come parte della routine in pazienti esterni, in enti pubblici, in centri medici, in programmi di consulenza per scuole, in ospedali generali o di igiene mentale, in enti indipendenti o che collaborano con altri e nei tribunali. Lo scopo principale del MCMI è di fornire informazioni ai clinici – psicologi, psichiatri, consulenti, assistenti sociali, medici e infermieri – che devono fare valutazioni e prendere decisioni in merito al trattamento di soggetti con difficoltà emotive e interpersonali. Le relazioni cliniche elaborate dal computer a partire dai dati del MCMI-III forniscono due livelli di informazioni. A un primo livello il report del profilo MCMI-III dei punteggi delle scale è utile come strumento per identificare i pazienti che possono richiedere una più approfondita valutazione o una mag-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

giore attenzione professionale. I cut-off individuali nelle scale del MCMI-III, infatti, possono essere utilizzati per formulare decisioni circa i disturbi primari del comportamento o le sindromi diagnostiche. A un secondo livello, invece, l’attenzione si concentra sulle diverse dimensioni presenti nelle scale che possono costituire una base per esprimere giudizi sulla gravità e la cronicità di una patologia e l’eventuale deterioramento provocato. L’esame dello schema configurativo di tutte le 24 scale cliniche è in grado di fornire interpretazioni più complete e dinamiche dei rapporti fra la sintomatologia, il comportamento presentato, lo stile interpersonale e la struttura di personalità. Alternativamente il report interpretativo del MCMI-III produce un profilo dei punteggi delle scale, un’analisi dettagliata riguardo alle dinamiche dei sintomi e della personalità, nonché suggerimenti per l’intervento terapeutico. Gli sforzi per potenziare l’applicabilità clinica del MCMI-III si concentrano attualmente sulla raccolta di grandi quantità di dati relativi a sottopopolazioni e a gruppi di minoranza. Sono state intraprese, inoltre, traduzioni delle prime versioni del MCMI in numerose altre lingue, in particolare lo spagnolo (cubano, messicano, portoricano e i dialetti del castigliano), danese, olandese, fiammingo, ebraico, tedesco, italiano, tailandese, cinese, norvegese e svedese. Molte di queste traduzioni hanno un adeguato database per la ricerca ma limitati scopi clinici; nessuna, infatti, è pienamente consolidata in termini di popolazione normativa e validità discriminante. Si prevede, comunque, che entro il prossimo futuro saranno disponibili adeguate traduzioni del MCMI-III. Non meno significative delle implicazioni cliniche sono le possibilità di impiego del MCMI a scopi di ricerca. Come ricordato in precedenza, oltre quattrocento studi di ricerca hanno fatto uso rilevante del MCMI. Nella raccolta di un gruppo secondo un determinato criterio di selezione, ad esempio, può dimostrarsi molto utile la crescente conformità del test con i criteri del DSM-IV e l’uso da parte del MCMI-III degli indici di prevalenza. Grazie alla loro oggettività e quantificabilità e al loro substrato teorico, inoltre, i punteggi delle scale e i profili individuali possono essere ampiamente utilizzati per formulare e verificare una molteplicità di ipotesi cliniche, sperimentali e demografiche. L’Autore, che continua a incoraggiare questo uso dello strumento, ha più volte affermato di essere felice di ricevere i risultati degli studi eseguiti e di venire coinvolto nella ricerca collaborativa tesa a migliorare l’utilità investigativa e clinica del test.

1.4.

Limiti e proprietà

Qui di seguito sono elencati numerosi limiti e proprietà che dovranno essere tenuti presenti nell’utilizzo del MCMI-III. 1.4.1. Uso in situazioni appropriate Il MCMI-III, innanzitutto, non è uno strumento atto a valutare la personalità generale e quindi non si può impiegare con popolazioni normali o per scopi diversi dallo screening diagnostico o dalla valutazione clinica. Differisce, quindi, dai quei test applicati anche in modo più ampio, la cui presunta utilità per diverse popolazioni può non essere così consistente come spesso si ritiene. I dati normativi e i punteggi di trasformazione del MCMI-III si basano interamente su campioni clinici e sono pertanto applicabili soltanto a soggetti che presentano un’evidente sintomatologia nella sfera emotiva e interpersonale o che si stanno sottoponendo a una psicoterapia o a una valutazione psicodiagnostica. Sebbene il suo impiego come misura operazionalizzata di costrutti teorici rilevanti sia pienamente giustificato, i campioni utilizzati, in linea con gli scopi principali dello strumento, sono ricavati unicamente da popolazioni cliniche. Utilizzare, quindi, il MCMI-III per una gamma più ampia di scopi, come somministrarlo a classi di soggetti che si trovano nel campo degli affari o dell’industria o usarlo per identificare lesioni neurologiche o adottarlo per la valutazione dei tratti generali di personalità negli studenti di college vuol dire applicare lo strumento a situazioni e a campioni per i quali non è stato pensato e, conseguentemente, usarlo in modo inappropriato. Allo stesso modo, i clinici che si occupano di pazienti con malattie fisiche, di medicina comportamentale o di soggetti in riabilitazione dovrebbero indirizzarsi verso l’uso di uno dei test associati al MCMI-III come, ad esempio, il Millon Behavioral Health Inventory (MBHI; Millon, Green e Meagher, 1982b) che presto verrà rivisto e perfezionato. Analogamente, per la valutazione di un adolescente psicologicamente disturbato che frequenta una scuola media inferiore o superiore o i primi anni dell’università, il clinico dovrebbe usare il Millon Adolescent Clinical Inventory (MACI; Millon, Millon e Davis, 1993). A coloro che eventualmente desiderasse-

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Introduzione

ro valutare i tratti e gli aspetti psicologici di adulti non clinici (cioè normali) si consiglia l’uso del Millon Index of Personality Styles (MIPS; Millon et al., 1994). Tale strumento è specialmente adatto per la misura di costrutti teorici generali. 1.4.2. Interpretazione a opera di professionisti qualificati I soggetti che usano il MCMI e i relativi report o ne supervisionano l’uso dovrebbero avere per meglio comprendere i manuali del test una sufficiente base di conoscenze nel campo della logica dei test, dei metodi psicometrici, della pratica e della teoria clinica (American Psychological Association, 1986; Skinner e Pakula, 1986). Come minimo essi dovrebbero essere in possesso di un master in psicologia clinica o in counseling, oppure essere formati come assistenti sociali psichiatrici o svolgere un internato o un periodo di residenza psichiatrica. A eccezione degli studi in scuole di perfezionamento e dei lavori in ambito di ricerca (in tali casi la supervisione è spesso obbligatoria), l’uso dei sistemi automatizzati di punteggio e interpretazione dovrebbe essere limitato ai clinici che siano membri dell’American Psychological Association, dell’American Psychiatric Association, dell’American Medical Association o della National Association of Social Workers. In breve, la lettura della relazione computerizzata di un test non sostituisce il giudizio clinico. Solo chi è stato addestrato anche sui limiti dei test psicologici è qualificato per interpretarli. Coloro che usano le relazioni computerizzate del MCMI sono piuttosto soddisfatti della qualità complessivamente buona delle stesse e della loro corrispondenza con le osservazioni e i giudizi clinici formulati in maniera indipendente (Craig, 1993; Green, 1982). Ciononostante i clinici che usano i report interpretativi non dovrebbero accettarli senza critica, ma, al contrario, dovrebbero sistematicamente mettere a confronto le conclusioni prodotte dal computer con quanto essi deducono indipendentemente dall’evidenza clinica. Questo perché altrimenti i report dei test potrebbero assumere una specie di effetto Barnum, inducendo il lettore a concludere che essi sono accurati non perché lo siano effettivamente, ma in quanto presentano aspetti così generali o comuni che si applicano quasi a chiunque. Inoltre, il misterioso potere dei computer, in apparenza quantitativamente esatto, ha, almeno in alcuni casi, impregnato le relazioni di una quantità eccessiva e non dovuta di merito scientifico e di acume clinico. Fortunatamente i risultati di recenti ricerche sulla validità dei report interpretativi del MCMI forniscono ampie prove a favore del fatto che le valutazioni della loro accuratezza sono più alte di quanto non possa essere attribuito all’effetto Barnum o al format della produzione del computer (Craig, 1993; Moreland e Onstad, 1987; Sandberg, 1987). Coloro che usano il MCMI dovrebbero, inoltre, tener presente che il servizio di relazione interpretativa informatizzata è considerato una consultazione da professionista a professionista. In quanto strumento self-report il MCMI rappresenta solo una faccia della valutazione totale del paziente: le informazioni contenute in ciascuna relazione rappresentano una serie di giudizi sperimentali e probabilistici non un insieme di dichiarazioni definitive. Queste informazioni devono essere valutate unitamente a ulteriori dati clinici (ad esempio: circostanze correnti della vita, comportamento osservato, anamnesi, risposte a interviste e dati ottenuti da altri test). L’accuratezza e la ricchezza di qualunque misurazione self-report, infatti, aumentano quando tali risultati sono valutati nel contesto di altre fonti cliniche. La combinazione di varie misure applicate in situazioni diverse, in altri termini, fornisce dati complessivi che aumentano la probabilità di ricavarne deduzioni corrette (Epstein, 1979, 1983); l’approccio multimetodo (Campbell e Fiske, 1959), inoltre, garantisce al clinico – sia quello con esperienza che quello alle prime armi – un’ottima base per decifrare gli elementi unici che caratterizzano ciascun paziente. È del tutto appropriato integrare alcuni elementi ricavati dalla relazione con le decisioni relative alla gestione del caso e al suo trattamento, mentre è fortemente sconsigliato comunicare il contenuto esplicito della relazione stessa direttamente al paziente o ai suoi familiari. La guida interpretativa, fornita di una varietà di indici demografici non clinici (ad esempio: età, genere, stato coniugale, attitudini, razza, fattori socioeconomici, livello scolastico), non è meno importante delle intuizioni ottenute da fonti di dati clinici diversi dal self-report. Sebbene l’associazione tra tali caratteristiche non cliniche e picchi più alti o più bassi nelle scale del MCMI-III rifletta spesso reali differenze nei tassi di prevalenza (ad esempio: il punteggio dei poliziotti maschi più alto di quello degli insegnanti maschi a determinate scale è tale da essere considerato coerente con dati di personalità non ricavabili dal test), è importante che il clinico tenga sempre presente quali elementi possano essere considerati più o meno tipici di pazienti con un particolare background sociale. Analogamente il MCMI-III impiega un certo numero di “modificatori” della scala per compensare le differenze tra i pazienti nella loro tendenza a distorcere il risultato, in particolare in relazione a questioni inerenti sincerità ed esage-

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razione. Qualunque sia il grado di efficacia di queste misure correttive, esse inducono il clinico a considerare attentamente l’influenza degli aspetti demografici, e questo non solo per compensarne gli effetti ma anche per le intuizioni che essi possono offrire e per la loro capacità di individuare e arricchire il significato dei dati clinici ottenuti con il MCMI-III. 1.4.3. Problemi metodologici Ovviamente, esistono chiari limiti all’accuratezza del formato self-report: esso non potrà mai essere una fonte assoluta di dati. I limiti psicometrici intrinseci, la tendenza di pazienti simili a interpretare in modo diverso le stesse domande, l’effetto dello stato affettivo al momento della misura dei tratti, nonché lo sforzo attivo che alcuni pazienti fanno per dare apparenze e impressioni false sono tutti elementi che abbassano il livello di accuratezza potenziale di tale metodo. Uno strumento self-report costruito secondo le accettate tecniche di validazione (Loevinger, 1957), tuttavia, dovrebbe garantire un qualche avvicinamento alle estremità superiori di tali limiti. Dato che il MCMI si è sviluppato progressivamente a partire da questo background, riteniamo che i risultati dimostrino di essere corretti per circa il 55-65% dei pazienti ai quali il test viene somministrato. Esso si mostra utile e complessivamente valido – sebbene con qualche errore di giudizio – nel 25-30% circa dei casi ed è fuori target (cioè chiaramente in errore) circa il 10-15% delle volte. Queste percentuali indicano una probabilità da cinque a sei volte maggiore rispetto alla casualità. Sebbene i livelli di accuratezza differiscano da una situazione all’altra, queste variazioni riflettono ampiamente le difficoltà che si incontrano nel rilevare la presenza di un disturbo nel momento in cui esso viene valutato (ad esempio: identificare un disturbo di personalità istrionica durante una fase depressiva del paziente). Oltretutto è anche problematico stabilire la reale prevalenza (o base rate) di un disturbo. Su basi puramente matematiche i gruppi diagnostici con base rate molto bassi (ad esempio: i suicidi) o molto alti (ad esempio: la distimia) sono statisticamente problematici, in quanto persino il miglior cut-off possibile spesso produce percentuali di classificazioni corrette solo marginalmente migliori rispetto al caso (Meehl e Rosen, 1955; Rorer e Dawes, 1982). Sia i punteggi soglia delle scale diagnostiche del MCMI-III sia le interpretazioni del corrispondente profilo sono rivolti alla maggioranza dei pazienti a cui viene somministrato il test. Essi, quindi, sono maggiormente adatti a soggetti che mostrano disturbi psichici di media gravità, rispetto a quelli che hanno problematiche più vicine alla norma (ad esempio: soggetti in causa per questioni di risarcimento, pazienti in terapia di coppia) o a quelli con manifesta gravità clinica (ad esempio: psicotici in fase acuta, schizofrenici cronici). Per rendere ottimale la diagnosi e la validità interpretativa le relazioni sono state scritte in modo da concentrarsi su una patologia di livello moderato: ciò comporta una riduzione del grado di accuratezza diagnostica e interpretativa nel caso di pazienti che rientrano nella media più alta o più bassa di disturbo psicologico; chi utilizzerà i report interpretativi dovrà tener presente questo aspetto. L’analisi descrittiva di pazienti che stanno sperimentando le ordinarie difficoltà della vita o disturbi di adattamento non rilevanti li farà apparire come più gravi di quanto non siano e, al contrario, i pazienti affetti da patologie più gravi saranno spesso presentati come meno compromessi di quanto non siano nella realtà. 1.4.4. Limiti diagnostici Non esiste una netta divisione tra i fenomeni dell’Asse I e quelli dell’Asse II. Le scale di ogni test di personalità, indipendentemente dal fatto che siano orientate principalmente verso la personalità o verso la psicopatologia, riflettono a vari livelli sia le caratteristiche più durature (cioè i tratti) sia quelle più transitorie (cioè gli stati emotivi). Questo fatto ha importanti implicazioni per la costruzione e l’interpretazione dei test psicologici. Notevoli sono gli effetti di parziale confusione degli stati depressivi e ansiosi nelle scale di disturbi di personalità specifici (Hirschfeld et al., 1983). Sebbene questi risultati derivino in parte dagli item comuni di alcune scale (Wiggins, 1982), il livello di covariazione è apprezzabilmente più alto di quello che ci si sarebbe aspettati dalla sola sovrapposizione degli item (Lumsden, 1987). L’esperienza con le prime versioni del MCMI indica che la presenza di stati distimici e ansiosi accentua i punteggi nelle scale di personalità mentre diminuisce indebitamente quelli ottenuti in altre scale; questo dato corrisponde a quelli delle ricerche condotte da Shea, Glass, Pilkonis, Watkins e Docherty (1987). Gli sforzi per compensare influenze potenzialmente distorcenti comprendono la riformulazione degli item del MCMI-III in modo da separare più chiaramente i fenomeni clinici di stato da

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Introduzione

quelli più duraturi che abbiano un carattere di tratto. A tale scopo sono stati anche impiegati adattamenti del punteggio che automaticamente correggano determinate scale dove siano state rilevate condizioni affettive marcate o acute. Ciononostante i clinici dovranno sempre tenere presente la possibilità di un occasionale disturbo di personalità qualora i punteggi alle scale A – Ansia e D – Distimia appaiano insolitamente o inaspettatamente alti o bassi rispetto ad altre fonti di prova clinica.

1.5. Riassunto Il MCMI è uno strumento di valutazione in continua evoluzione da revisionare periodicamente in base ai progressi teorici, professionali ed empirici. Tra i numerosi elementi che distinguono il MCMI-III da altri test si ricordano la relativa brevità, il substrato teorico, le caratteristiche strutturali e l’uso di uno schema di validazione a tre stadi. Sebbene il MCMI abbia molteplici applicazioni cliniche e sia stato usato in numerosi studi di ricerca, esso è soggetto a un certo numero di limitazioni e peculiarità che non possono essere dimenticati. Tra questi si ricorda la necessità di condizioni adeguate, l’interpretazione ad opera di professionisti qualificati e la possibile influenza di errori metodologici e di elementi stato-tratto sui risultati del test.

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2.

Validità teorico-sostanziale

In questo capitolo saranno presentati il fondamento logico e la strategia alla base dello sviluppo di MCMI, MCMI-II e MCMI-III; ci si focalizzerà, in particolare, sulla fase teorico-sostanziale della costruzione del test. Come guida per scrivere i primi gruppi di item nelle successive versioni del MCMI, compreso il MCMI-III, si è utilizzata buona parte del materiale ricavato dal modello teorico dell’Autore principale e dai criteri del DSM-IV.

2.1. Il triplice modello di validazione Secondo Loevinger (1957) e Jackson (1970), la validazione non dovrebbe essere una procedura finalizzata unicamente a confermare l’efficacia di uno strumento a prodotto ultimato bensì un processo continuo che prende forma nelle varie fasi della messa a punto del test. Coerentemente con questo principio le validazioni di MCMI, MCMI-II e MCMI-III sono state parte integrante dei diversi stadi del loro sviluppo. In base a queste considerazioni si è affrontato il problema di quali procedure di validazione usare per avere un prodotto finale che fosse il più efficace possibile ai fini della diagnostica differenziale e dell’interpretazione clinica. Nella sua illuminante trattazione Loevinger (1957) ha sostenuto che lo sviluppo della validazione implica tre componenti sequenziali: la componente sostanziale, quella strutturale e quella esterna. Ciascuna di queste, infatti, rappresenta una parte necessaria, ma non sufficiente, per la messa a punto di un test. Per quanto possibile, perciò, si dovrebbe sempre procedere in modo da progredire dal primo al terzo stadio. Tale sequenza di validazione differisce dalle procedure utilizzate in passato nella creazione dei test clinici e dovrebbe garantire la costruzione di uno strumento con proprietà ottimali. Le procedure seguite nello sviluppo delle tre edizioni successive del MCMI sono riassunte in una breve descrizione del fondamento logico e dei metodi usati da ciascuna di queste tre componenti. Il primo stadio di validazione, quello teorico-sostanziale (definito più recentemente “approccio deduttivo” da Burisch, 1984), esamina fino a che punto il contenuto degli item che costituiscono lo strumento sia tratto da un esplicito schema teorico; in questo caso lo schema teorico è stato sviluppato da Millon (Millon, 1969/1983, 1981, 1986a, 1990). In tutte le tre generazioni di MCMI questa teoria di fondo – in un primo momento basata sui principi del rinforzo e attualmente ancorata ai concetti fondamentali della teoria evoluzionistica – fornisce una serie di importanti costrutti clinici per i tratti di personalità e per la definizione delle sindromi che sono usati come guida nella preparazione degli item delle scale più rilevanti. Poiché è possibile prevedere a priori su base razionale confini chiari e precise relazioni tra le sindromi, allo stadio iniziale di sviluppo si può costruire lo strumento sia con scale distinte che con scale intercorrelate. La validazione teorico-sostanziale costituisce l’argomento di questo capitolo. Il secondo stadio di validazione, quello strutturale interno, fa riferimento al modello a cui ci si aspetta che debbano uniformarsi gli item. Nella tradizione induttiva ogni singola scala è costruita in base a un modello fattoriale come misura di un tratto indipendente. Nella tradizione deduttiva ogni scala è organizzata in modo da possedere un alto grado di coerenza interna e avere una considerevole sovrapposizione con alcune delle altre scale. Nella fase strutturale gli item che sono stati già sostanzialmente validati sono somministrati a campioni adeguati. Gli item che superano questo secondo stadio sono

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

quelli che aumentano l’omogeneità interna della scala, che presentano un buon grado di sovrapposizione con le altre scale teoricamente conformi e che mostrano di avere livelli soddisfacenti in termini di frequenza di adesione e di stabilità temporale. La validazione strutturale interna del MCMI-III sarà esposta nel capitolo 3. Il terzo stadio di validazione, quello definito del criterio esterno, comprende soltanto quegli item e quelle scale che hanno soddisfatto i requisiti delle due fasi precedenti. In questo stadio si valuta la corrispondenza – empiricamente misurata – tra ciascuna scala del test e molteplici misure del tratto o della sindrome oggetto di studio estranee alla scala. Questo terzo stadio comporta che si siano ottenute delle correlazioni con il comportamento clinico rilevante nelle forme preliminari dello strumento. Questa procedura, quando è impiegata insieme con altri metodi di valutazione e facendo ricorso a criteri esterni diversi, può anche stabilire la validità convergente e discriminante di ciascuna scala (Campbell e Fiske, 1959). Il criterio esterno di validazione del MCMI-III esposto sarà trattato nel capitolo 4. In un gruppo di scritti classici relativi all’argomento, Hase e Goldberg (1967) e Goldberg (1972) hanno comparato strategie alternative di costruzione dello strumento evidenziando che ciascuna mostrava, attraverso un insieme di criteri diversi, livelli equivalenti di validità. Dopo aver esaminato numerosi studi anche successivi, Burisch (1984) ha concluso che questi risultati di equivalenza del metodo continuavano a essere confermati. È molto probabile, tuttavia, che una strategia di validazione sequenziale che impieghi tutti e tre questi approcci ottenga risultati per lo meno uguali, se non superiori, a ogni singolo metodo impiegato da solo. A partire da questo presupposto, che non era stato verificato, si è dato il via agli studi per lo sviluppo della validazione del MCMI nella speranza che ciascuno stadio portasse a forme del test sempre più perfezionate e accurate. Questa strategia a tre fasi, riassunta nella figura 2-1, ha costituito lo schema di sviluppo sotteso a tutte le successive forme del test di Millon. 2.1.1. La struttura teorico-sostanziale Teoria e tassonomia sono profondamente collegate tra loro. I filosofi della scienza concordano sul fatto che il sistema di definizione di qualunque “campo di indagine” debba poter rispondere al primo e fondamentale quesito di partenza di ogni impresa scientifica: perché la natura ha assunto quella particolare configurazione piuttosto che un’altra? Non è possibile, quindi, prendere per buona una qualsiasi categorizzazione di oggetti o dimensioni. Uno schema tassonomico deve essere giustificato e perché lo sia da un punto di vista scientifico deve esserlo anche da un punto di vista teorico. Ecco perché teoria e tassonomia sono profondamente collegate. Quine (1977) formula un esempio analogo:

Figura 2-1 Modello del processo di validità di Loevinger

Formazione della teoria • specificare campo dei contenuti • specificare rapporti interni con il test • specificare i rapporti con le variabili esterne

Validazione interna • applicare adeguate metodologie statistiche • replicare i risultati in nuovi campioni • valutare le caratteristiche statistiche, comprese: 1. affidabilità nel tempo 2. affidabilità nei vari soggetti 3. affidabilità nelle varie situazioni 4. coerenza interna

Adattato da: Skinner (1986). Copyright 1986 della Guilford Press.

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Validazione esterna • valutare gli schemi correlati per adeguarli alle variabili esterne al test • valutare le frequenze di classificazione

2. Validità teorico-sostanziale

Il senso di somiglianza o di categorizzazione si sviluppa e cambia […] mano a mano che si matura. Col tempo, gli standard di somiglianza si trasformano in linea con la teoria. Questo sviluppo si allontana da un senso di somiglianza immediato, soggettivo e bruto verso un senso di somiglianza che si avvicina all’oggettività più remota delle ipotesi e […] dei costrutti scientifici. Gli oggetti sono simili in quest’ultimo senso più teorico nella misura in cui la loro somiglianza […] è resa visibile attraverso la scienza (p. 171).

È possibile una tassonomia di questo tipo? La questione riguarda la possibilità che lo studio della personalità raggiunga una propria tassonomia intrinseca o che, al contrario, rimanga una pseudoscienza che a servizio di una più ampia società stabilisce diagnosi secondo standard esterni. Sebbene il DSM sia stato deliberatamente e giustamente formulato in modo ateorico, ultimamente si avverte la necessità di un qualche sistema per “separare la crusca dal grano”. L’approccio deduttivo presentato in altre pubblicazioni (Millon, 1969/1983, 1981, 1990; Millon e Davis, 1996) ha prodotto una vera e propria tassonomia che sostituisce la primitiva aggregazione di categorie che l’aveva preceduta. Questa tendenza a perfezionare le categorizzazioni è quello che Hempel (1965) ha indicato come “significato sistematico” di una classificazione scientifica. Meehel (1978) ha rilevato che i sistemi teorici sorgono sulla base di dichiarazioni collegate, termini condivisi e proposizioni coordinate che rendono fertile il terreno per dedurre e formulare nuove osservazioni empiriche e cliniche. Ciò che viene elaborato e perfezionato in una teoria, quindi, è la comprensione – la capacità – di vedere le relazioni in modo più chiaro, di concettualizzare categorie più accurate e di creare una maggiore coesione complessiva, integrando gli elementi in un modo più logico, coerente e comprensibile. I limiti delle tassonomie organizzate sulla base dell’intuizione clinica e dello studio empirico che precedono la teoria possono ora essere appurati e oltrepassati a seconda della loro composizione grazie alla distribuzione lungo le polarità di base. Queste polarità offrono al modello una struttura olistica e coesiva che facilita il confronto e la contrapposizione di gruppi secondo assi fondamentali affinando i significati dei costrutti tassonomici derivati. Una tale struttura è essenziale per la creazione di item destinati a un test segmentare. Secondo l’espressione usata da Hempel (1965), tutte le classificazioni naturali sono classificazioni ma non tutte le classificazioni sono naturali. Non tutti i sistemi di classificazione, quindi, risultano appropriati. In effetti, per i disturbi di personalità potrebbe essere proposto un numero infinito di sistemi di classificazione, dimensionali o categoriali. In questo senso lo scopo della teoria deduttiva è quello di estrapolare da un numero infinito di possibili modi di raggruppare i fenomeni clinici solamente quelli che hanno la potenzialità di “imbrigliare e scalfire la natura”, cioè che hanno la rilevanza sistematica di produrre ulteriori ipotesi e, in ultima analisi, metodi di terapia e di intervento. Hempel (1965) ha distinto questi due tipi di classificazione: Le distinzioni tra classificazioni “naturali” e “artificiali” possono essere ben spiegate facendo riferimento alla differenza tra le classificazioni naturali e quelle che non lo sono: in una classificazione del primo tipo le caratteristiche degli elementi che servono da criteri di appartenenza a una data classe sono associate, universalmente o con un’alta probabilità, a un insieme più o meno esteso di altre caratteristiche. […] Una classificazione di questo tipo dovrebbe essere vista come qualcosa che oggettivamente esiste in natura, in quanto in grado di “cogliere la natura nelle sue parti”, a differenza delle classificazioni “artificiali”, in cui le caratteristiche di definizione hanno pochi collegamenti esplicativi o predittivi con altri tratti. […] Nel corso dello sviluppo scientifico, le classificazioni definite facendo riferimento a caratteristiche manifeste meno osservabili tenderanno a dare origine a sistemi basati su concetti teorici (pp. 146-148).

Cosa accade, tuttavia, quando le due forme vengono confuse, quando cioè in una tassonomia esistono categorizzazioni con un maggiore fondamento teorico accanto ad altre basate su apparenze superficiali? Come ricordato la differenza tra la classificazione naturale e quella artificiale apre la questione della distinzione fra livelli manifesti (o empirici) e livelli latenti (o teorici) di somiglianza. La figura 2-2 rappresenta il possibile accordo o disaccordo fra livelli manifesti e latenti di somiglianza fra due soggetti. Come indicato nella figura, per categorizzare il funzionamento di due pazienti esistono quattro possibilità. Procedendo in senso orario: I) due manifestazioni empiricamente simili possono, in effetti, essere simili (in questo caso ciò che appare coincide con ciò che è); II) due manifestazioni empiricamente simili possono, in realtà, essere diverse (in questo caso le apparenze sono fuorvianti): individuate due categorie, la loro somiglianza empirica rende difficile la suddivisione; III) due manifestazioni che appaio-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-2 Somiglianze manifeste e latenti e situazione tassonomica Sì

Somiglianza latente

No

Due fenomeni empirici simili sono in realtà differenti da un punto di vista tassonomico Sì Due fenomeni empirici simili sono in effetti simili da un punto di vista tassonomico Somiglianza manifesta

PROBLEMATICO PER GLI SCHEMI DI CLASSIFICAZIONE STATISTICA

I II

Due fenomeni empiricamente diversi sono in realtà simili da un punto di vista tassoDue fenomeni empiricamente diversi sono nomico No in effetti diversi da un punto di vista tassoPROBLEMATICO PER GLI SCHEMI DI nomico CLASSIFICAZIONE STATISTICA IV III

no diverse possono, in effetti, essere diverse (in questo caso fenomeni empirici diversi indicano legittimamente l’appartenenza a categorie diverse); IV) due manifestazioni che appaiono diverse possono, in realtà, essere simili. La figura 2-2 assomiglia in qualche modo agli schemi usati per presentare la logica delle statistiche di efficienza diagnostica relative al Potere Predittivo Positivo e Negativo, alla Sensibilità e alla Specificità (ad esempio: Baldessarini, Finklestein e Arana, 1983). La differenza è che mentre questi rappresentano il dilemma diagnostico associato alla deficitarietà dei predittori, costituita dall’incapacità di conoscere la “vera” natura di un soggetto, la figura 2-2 rappresenta il dilemma nosologico per cui un sistema classificatorio deve essere basato su attributi imperfetti visto che non si può conoscere qual è il “vero” sistema. Da un punto di vista nosologico le possibilità rappresentate nei quadranti II e IV della figura 22 mostrano le enormi difficoltà nella classificazione dei disturbi di personalità. Concentrandosi sui pattern superficiali di covariazione (quadrante II) si può giungere alla costituzione di una singola categoria laddove potrebbero esserne necessarie due o persino molte di più. Concentrandosi nel quadrante IV si potrebbe giungere all’istituzione di due (o magari molte più) categorie laddove, in realtà, ne esiste solo una. Come ha rilevato Quine (1977) nella sua discussione delle tipologie naturali, la nostra preferenza verso una determinata tassonomia è legata a una comprensione dei principi sottesi alla classificazione, poiché sono precisamente questi principi di base che consentono, in primo luogo, di dedurre una tassonomia. Coloro che hanno familiarità con la tassonomia deduttiva della personalità sviluppata da Millon sanno che sia la personalità narcisista che quella antisociale sono tipologie indipendenti, nel senso che entrambe sono orientate verso il Sé. Ciò che le distingue è principalmente il loro orientamento verso l’ambiente ecologico. Il narcisista è un tipo passivo-indipendente, l’antisociale è un tipo attivo-indipendente. Allo stesso modo la personalità dipendente è di tipo passivo-dipendente, mentre la personalità narcisista è di tipo passivo-indipendente. Ciò che li distingue è principalmente il loro orientamento verso gli altri piuttosto che verso il Sé. Sia le personalità dipendenti che quelle antisociali, quindi, sono collegate alla personalità narcisista, ma fra di esse hanno molto poco in comune. Il sistema deduttivo ci consente, pertanto, di vedere l’interrelazione e la differenziazione essenziale delle patologie di personalità. 2.1.2. Il ruolo della teoria nella costruzione di un test Riflettendo sugli anni di esperienza trascorsi nella messa a punto e nella valutazione di test, Loevinger (1972) ha concluso: Se dovessi trarre un’unica conclusione sulla base dei miei studi di misurazione della personalità, credo che sarebbe questa: considero molto improbabile che, per caso o involontariamente, qualcuno possa scoprire una misura di una variabile rilevante di personalità. Non si può prescindere dalla presenza di

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2. Validità teorico-sostanziale

uno psicologo che abbia in mente, almeno approssimativamente, il concetto del tratto che intende misurare e che, ovviamente, sia sempre disponibile alla revisione in base ai dati ottenuti. La teoria è stata sempre l’impronta di una scienza matura: in generale per la psicologia e in particolare per la misurazione della personalità, è arrivato il momento di aggiornarsi (p. 56).

Commentando lo sviluppo del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), Norman (1972) ha sostenuto che, in assenza di una teoria adeguata o di un insieme di dati empirici accertati, l’unica soluzione possibile era quella di ricorrere al concetto di criterio chiave. Meehl (1945), l’esponente più convincente dell’approccio del criterio chiave, si è mosso da una prima posizione antiteorica a un approccio per cui la presenza di una teoria-guida viene considerata un valido strumento di sviluppo per il test (Meehl, 1972). Con il suo solito atteggiamento introspettivo Meehl dichiara: Una delle ragioni che non ho considerato nel mio scritto Deserto empirico del 1945 e che spiegano le difficoltà psicometriche relative agli studi sulla personalità è lo stato scadente della teoria psicologica. […] Attualmente ritengo che tutti gli stadi dello sviluppo di test di personalità – dalla fase iniziale della costruzione del gruppo di item, fino all’ultimo stadio di miglioramento della procedura clinica di interpretazione per il completo sviluppo e la “validazione” di una teoria strumentale – debbano svolgere un ruolo importante. E per teoria intendo tutti i tipi di teoria, compresa la teoria dei tratti, la teoria dello sviluppo, la teoria dell’apprendimento, la teoria psicodinamica e quella genetica comportamentale. […] Ritengo che la psicologia non possa più permettersi di adottare procedure psicometriche la cui metodologia non faccia alcun riferimento a quelle che devono ragionevolmente considerarsi le basi personologiche. La “teoria” […] può anche essere scarsamente dimostrata, ma credo che, comunque, non si possa fare a meno di essa (pp. 149-151). Il gruppo preliminare di item dovrebbe essere costruito sulla solida base di tutti i fatti e di tutte le teorie che hanno portato all’elaborazione del test. Persino colui che invoca un “criterio chiave empiricamente cieco” e relativamente libero da qualunque teoria […] non può privarsi di ogni intuizione teorica che sia presente nella fase di costruzione del test […]. Attualmente ritengo (cosa che non ho fatto in precedenza) che un item debba avere un senso teorico (p. 155).

Sebbene Meehl continui a porsi in modo fortemente critico verso la validazione esterna, il riconoscimento da parte sua del valore di un modello teorico è servito a rafforzare la strategia seguita nello sviluppo e nella revisione del MCMI. Il crescente apprezzamento di Meehl e di Loevinger per l’uso della teoria ha rafforzato la convinzione che un tale approccio si dimostri intelligente e fruttuoso.

2.2. Una teoria evoluzionistica dei disturbi di personalità Come evidenziato nei paragrafi precedenti, un sistema teorico coerente costituisce una solida base per la creazione di un sistema di classificazione congruo e di un test a scale parallele. Di seguito verrà descritta sinteticamente e in modo astratto la teoria evoluzionistica e saranno rilevati i due livelli su cui è possibile operazionalizzare i costrutti di personalità: il primo è dato dalle polarità fondamentali della teoria e il secondo dai campi funzionali e strutturali della personalità. Saranno, inoltre, presi in esame per ciascun disturbo di personalità anche i criteri del DSM e sarà rilevata la loro corrispondenza con gli item del MCMI. Questo capitolo, quindi, è utile per descrivere il punto di partenza degli item creati per il MCMI e, per la quantità di materiale descrittivo in esso contenuto, è un capitolo a cui spesso farà riferimento chi si cimenterà nell’interpretazione del test. Poiché la discussione della teoria stessa è in buona parte astratta, ai lettori interessati si consiglia di consultare i seguenti testi per un’ulteriore guida: Modern Psychopathology (Millon, 1969/1983), Disorders of Personality: DSM-III, Axis II (Millon, 1981), Contemporary Directions in Psychopathology (Millon e Klerman, 1986), Toward a New Personology: An Evolutionary Model (Millon, 1990), nonché il testo revisionato Disorders of Personality: DSM-IV and Beyond (Millon e Davis, 1996). Mentre Toward a New Personology presenta i punti essenziali del modello sotto forma di un breve trattato, gli altri lavori si occupano per lo più di descrivere i prototipi clinici che possono essere ricavati dalla teoria. Il modello teorico qui di seguito esposto trae le sue radici dai principi dell’evoluzione. In breve, facendo riferimento a forme deficitarie, sbilanciate o conflittuali di adattamento ecologico e di strategia riproduttiva, cerca di spiegare la struttura e gli stili di personalità. L’asserzione che lo sviluppo e le funzioni dei tratti di personalità possano essere efficacemente esplorati attraverso la lente dei principi evo-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

lutivi ha una lunga tradizione che non è tuttora definitiva. Sono stati Herbert Spencer e T.H. Huxley, all’epoca in cui è stato pubblicato L’origine delle specie di Darwin (1859), a fornire suggerimenti di questo tipo. Più recentemente si è poi assistito all’emergere della sociobiologia, scienza interdisciplinare che esplora l’interfaccia tra il funzionamento sociale umano e la biologia evolutiva (Wilson, 1975, 1978). I quattro campi o domini che sono pensabili come stadi evolutivi sono: esistenza, adattamento, replica e astrazione. L’esistenza è collegata al passaggio casuale da stati indistinti o meno organizzati a stati in cui sono presenti strutture ben distinte o maggiore organizzazione. L’adattamento fa, invece, riferimento ai processi omeostatici utilizzati per consentire la sopravvivenza negli ecosistemi aperti. La replica, poi, riguarda gli stili riproduttivi che potenziano al massimo la diversificazione e la selezione degli attributi rivelatisi efficaci da un punto di vista ecologico. L’astrazione, infine, concerne l’emergere di competenze che favoriscono una pianificazione anticipatoria e una ragionevole formulazione di decisioni. Le polarità derivate dalle prime tre aree (piacere-dolore, attivo-passivo, Sé-Altro) sono utilizzate per formulare un sistema classificatorio dei disturbi di personalità legato a una teoria. Tali polarità hanno nella teoria psicologica dei precursori che possono essere rintracciati a partire dagli inizi del Novecento. In questi anni un certo numero di teorici – compreso Freud – aveva proposto un gruppo di tre polarità, da impiegare di volta in volta come materiale grezzo, con cui costruire i processi psicologici. Aspetti di queste polarità sono stati “scoperti” e impiegati da vari teorici in Francia, in Germania, in Russia e in altre nazioni europee ma anche negli Stati Uniti. Esiste, inoltre, un gruppo sempre più consistente di studiosi contemporanei il cui lavoro ha cominciato a chiarire alcuni aspetti di queste dimensioni polari. Ricordiamo fra questi: Buss e Plomin (1975, 1984), Cloninger (1986, 1987), Eysenck (1957, 1967), Gray (1964, 1973), Russell (1980) e Tellegen (1985). La prima fase, l’esistenza, interessa il mantenimento di processi di integrazione – che siano essi di particella nucleare, di virus o di essere umano – a fronte di un ambiente caratterizzato da entropia. I meccanismi evolutivi che derivano da questo stadio riguardano i processi di miglioramento della vita e della sua conservazione. I primi si preoccupano di orientare i soggetti verso una migliore qualità della vita, mentre i secondi cercano di allontanarli da azioni o da ambienti che la peggiorano o che addirittura possono minacciarne l’esistenza. Questa bipolarità è definibile come polarità degli scopi esistenziali. A un più alto livello di astrazione e da un punto di vista metaforico o fenomenologico un tale meccanismo dà origine a una polarità piacere-dolore. Alcune persone vivono situazioni conflittuali in relazione a questi scopi esistenziali o addirittura li invertono (ad esempio: il sadico), mentre altre possono presentare deficit in entrambi questi substrati cruciali (ad esempio: lo schizoide). In termini di stadi di crescita neuropsicologica (Millon, 1969/1983, 1981), la polarità piacere-dolore è stata esplicitata all’interno di una fase di sviluppo definita di attaccamento sensoriale, il cui scopo è la discriminazione, largamente innata e per lo più automatica, tra gli indicatori del dolore e quelli del piacere. Una volta che questa struttura complessa esiste, si dovrà mantenere in vita attraverso scambi di energia e di informazione con l’ambiente; il secondo stadio evolutivo, quindi, riguarda ciò che viene definito modalità di adattamento. Questo stadio è anche traducibile come una bipolarità che vede un orientamento passivo caratterizzato dalla tendenza a rifugiarsi nella propria nicchia ecologica, contro un orientamento attivo in cui c’è la propensione a modificare l’ambiente o a intervenire su di esso. Questi modi di adattamento differiscono dalla prima fase di evoluzione nel senso che sono legati al mantenimento di ciò che già esiste. In termini di stadi di crescita neuropsicologica, queste modalità prendono forma in una fase di sviluppo definita di autonomia sensomotoria, durante la quale un bambino può acquisire una disposizione attiva verso il suo contesto fisico e sociale o, al contrario, mantenere uno stile di esistenza più dipendente, simile a quello prenatale e infantile. Per quanto degli esseri viventi possano essere ben adattati al proprio ambiente, l’esistenza di ogni forma di vita è limitata nel tempo. Per aggirare questa limitazione gli organismi hanno sviluppato le strategie di replica, mediante le quali possono lasciare una progenie. Secondo tali strategie troviamo a un estremo della polarità ciò che i biologi hanno definito strategia R o di autopropagazione, e, all’altro estremo, una strategia definita K o di allevamento dell’altro. Da un punto di vista psicologico la prima strategia comporta azioni egoistiche, insensibili, sconsiderate e noncuranti dell’altro, mentre la seconda implica moti di aggregazione, di intimità, di protezione e di impegno (Gilligan, 1981; Rushton, 1985; Wilson, 1978). Come nel caso della polarità piacere-dolore, la polarità Sé-Altro non è predeterminata in modo assoluto: alcuni disturbi di personalità sono caratterizzati da conflitto circa questa polarità (ad esempio: il compulsivo, il negativista o il passivo-aggressivo). In termini di crescita neuropsicologica, l’orientamento di un soggetto verso sé e gli altri avviene nello stadio puberale di identificazione sessuale.

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2. Validità teorico-sostanziale

Una descrizione più dettagliata di questi concetti si può trovare nel testo di Millon e Davis (1996), nei capitoli 2 e 3, dove gli autori prendono in esame anche la quarta polarità – l’astrazione – e lo stadio ad essa associato di iniziativa intracorticale di sviluppo neuropsicologico; di seguito si presenterà poi una descrizione degli schemi di personalità che ne derivano. Alcune personalità mostrano un equilibrio accettabile tra le coppie che compongono le polarità, ma non è certo così per tutti: le differenze individuali dei tratti di personalità e dello stile complessivo riflettono le diverse posizioni dei soggetti all’interno delle polarità e, quindi, la forza delle loro componenti. Le personalità definite carenti nel piacere mancano della capacità di sperimentare o di mettere in atto alcuni aspetti delle tre polarità (ad esempio: lo schizoide ha un substrato carente sia per il piacere che per il dolore). Le personalità, invece, sbilanciate da un punto di vista interpersonale tendono fortemente verso l’uno o l’altro estremo di una polarità (ad esempio: il dipendente è orientato quasi esclusivamente verso l’attesa di sostegno e di cure da parte di altri). Infine, le personalità con conflitti intrapsichici combattono contro l’ambivalenza verso gli estremi opposti di una bipolarità (ad esempio: il negativista oscilla tra il desiderio di rispondere alle aspettative degli altri e quello di fare ciò che vuole). 2.2.1. Profili di personalità gravi Gli stili di personalità possono riflettere caratteristiche profondamente incisive e pervasive del funzionamento che perpetrano e aggravano le difficoltà quotidiane. Tali caratteristiche sono così interconnesse e automatiche che il soggetto spesso è inconsapevole della loro natura e delle loro conseguenze autodistruttive. Nel caso in cui perdurino condizioni sfavorevoli si corre il rischio che tali stili, che derivano da un cattivo adattamento e sono in grado di indurre nel soggetto forme di scompenso, acquisiscano caratteristiche di gravità marcata o moderata. All’interno della teoria sono stati formulati tre ulteriori schemi di personalità patologica – schizotipica, borderline e paranoide – per descrivere stadi più avanzati di patologia della personalità. Questi, che si manifestano con un lento e insidioso deterioramento della struttura di personalità, differiscono dai disturbi di base della personalità per numerosi criteri che consistono specialmente in deficit della capacità sociale e frequenti (anche se di solito reversibili) episodi psicotici. I soggetti con questi disturbi, rispetto alle persone con problemi di minore entità, sono meno integrati in termini di organizzazione della personalità e meno dotati di abilità di coping; sono, quindi, particolarmente vulnerabili alle tensioni della vita quotidiana. Ciononostante molti di loro continuano a mostrare molte delle caratteristiche di personalità che li caratterizzavano in precedenza. 2.2.2. Spiegazione dei prototipi dell’Asse II La figura 2-3 presenta i disturbi di personalità che derivano dal modello evolutivo. Poiché sono costituiti sulla base di deduzioni originate primariamente dai costrutti teorici, sono immediatamente trattati qui di seguito. Queste brevi descrizioni hanno il vantaggio di essere facilmente interpretabili, consultabili e comprensibili, anche se non rispettano la prospettiva più rigorosa, presentata successivamente, in cui la personalità è vista come ancorata e completamente operazionalizzata all’intera matrice della personalità. Scala 1: Schizoide (Schizoid). I soggetti schizoidi sono noti per la loro incapacità di provare desiderio, dolore o piacere in misura significativa: tendono a essere apatici, privi di iniziativa, distanti e asociali. Emozioni e bisogni affettivi sono ridotti al minimo: queste persone si comportano come osservatori passivi, distaccati dalle ricompense, dagli affetti e dalle richieste dei rapporti umani. Scala 2A: Evitante (Avoidant). I soggetti evitanti ottengono scarsi rinforzi positivi da se stessi e dagli altri. Sono circospetti e sempre allerta, pronti a mantenere le distanze per evitare l’ansia anticipatoria delle esperienze di vita dolorose o che vengono rinforzate negativamente. Le loro strategie di adattamento riflettono timore e sfiducia negli altri. Queste persone mantengono un continuo stato di vigilanza nel tentativo di impedire che i loro impulsi e il loro desiderio di affetto provochino il ripetersi del dolore e dell’angoscia sperimentati in altre occasioni. Riescono a proteggersi dal dolore solamente attraverso un ritiro attivo. Nonostante il loro desiderio di stabilire relazioni con gli altri, hanno imparato che è meglio negare questi sentimenti e mantenersi a una distanza interpersonale di sicurezza.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-3 Il modello evoluzionistico e i disturbi di personalità che ne derivano

Carenza, squilibrio, conflitto

Scopo esistenziale Miglioramento della Preservazione vita della vita Piacere-dolore Piacere (basso) Dolore (alto o basso)

Modalità adattive

Piacere-dolore Contrario

Strategia di replica Propagazione Allevamento riproduttiva riproduttivo Sé-Altro Sé (basso) Altro (alto)

Sé (alto) Altro (basso)

Sé-Altro Contrario

Disturbi di personalità Schizoide

Accomodamento passivo

(basso piacere, basso dolore)

Depressivo

Masochistico

Dipendente

Narcisistico

Compulsivo

(alto dolore, basso piacere)

Modificazione attiva

Evitante

Sadico

Istrionico

Antisociale

Negativistico

Patologia strutturale

Schizotipico

Borderline, Paranoide

Borderline

Paranoide

Borderline, Paranoide

Scala 2B: Depressiva (Depressive). Tra gli elementi che accomunano i primi tre pattern di personalità clinica ritroviamo la tristezza, il pessimismo, la mancanza di gioia, l’incapacità di provare piacere e un apparente ritardo motorio. All’interno del quadro del Disturbo Schizoide di Personalità (Asse II del DSM), risulta evidente da parte del soggetto un’incapacità nel provare gioia, nonché la manifestazione di uno stato di tristezza. Se nello schema evitante messo in atto dal soggetto si riscontra un eccesso di vigilanza che ha lo scopo di anticipare il dolore e che comporta, come conseguenza, una sorta di indifferenza verso la gioia, nello schema depressivo, invece, si riscontra un forte senso di perdita, di rinuncia e manca la speranza di poter nuovamente vivere il senso di gioia. Nessuno di questi tipi di personalità prova piacere, ma per ognuno ciò è dovuto a motivi diversi. La personalità depressa sperimenta il dolore in modo permanente mentre il piacere è un’esperienza che è concepita come impossibile. Ma quali esperienze o cause chimiche producono una tristezza che persiste tanto a lungo ed è strutturale? Vanno ovviamente prese in considerazione eventuali predisposizioni di tipo biologico. Le prove che farebbero propendere per una disposizione costituzionale sono piuttosto rilevanti e la maggior parte indica la possibilità di fattori genetici. Le soglie che consentono di provare il piacere o di essere sensibili alla tristezza variano in modo notevole. Se alcune persone risultano inclini al pessimismo e allo scoraggiamento è altrettanto vero che anche l’esperienza può indurre un atteggiamento di disperazione di fronte a una perdita significativa. Una famiglia sconfortata, un ambiente povero e l’assenza di speranza contribuiscono a formare uno stile di carattere depressivo. Scala 3: Dipendente (Dependent). I soggetti dipendenti hanno imparato non solo a rivolgersi agli altri per ottenere attenzioni e sostentamento, ma anche ad aspettare passivamente che in virtù delle loro capacità costoro provvedano ai loro bisogni. Questi soggetti sono caratterizzati da una continua ricerca di rapporti sociali all’interno dei quali l’affidarsi agli altri può garantire loro affetto, sicurezza e guida. L’assenza di iniziativa e di autonomia che li caratterizza è spesso una conseguenza di un’eccessiva protezione da parte dei genitori. Da questa esperienza di iperprotezione essi hanno imparato semplicemente che assumere un ruolo passivo nei rapporti interpersonali assicura loro dei benefici. Accettare la gentilezza e il sostegno che vengono loro offerti ed essere pronti a sottomettersi ai desideri degli altri permette, infatti, loro di conservarne l’affetto. Scala 4: Istrionica (Histrionic). Sebbene i soggetti istrionici usino gli altri come supporto non meno di quanto facciano i soggetti dipendenti, essi in apparenza si diversificano per la passività che sembra non esserci. La differenza esibita nello stile di relazione nasce dalla facilità e dall’intraprendenza che

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2. Validità teorico-sostanziale

hanno nel manipolare gli eventi, atteggiamento con il quale ottengono il massimo di attenzione e di favori, riuscendo contemporaneamente a evitare l’indifferenza e la disapprovazione degli altri. Tali soggetti spesso mostrano una ricerca insaziabile e indiscriminata di stimoli e di affetto. Il loro comportamento sociale, abile e spesso artificioso, dà l’impressione di grande fiducia in se stessi e di autostima; dietro a questa apparenza esteriore, tuttavia, vi è una grande paura nei confronti di una reale autonomia e un bisogno di ottenere continuamente dimostrazioni di approvazione e accettazione. Questi soggetti hanno bisogno di ricevere costantemente doni e affetto e li ricercano in ogni fonte interpersonale e in ogni contesto sociale. Scala 5: Narcisistica (Narcissistic). I soggetti narcisisti si caratterizzano per il loro atteggiamento egoistico, per il fatto che la fonte primaria di piacere è data dall’essere se stessi o dal concentrarsi su di loro in modo passivo. Le esperienze primarie hanno insegnato loro a sopravvalutare il proprio valore personale. Questa fiducia in se stessi e il senso di superiorità che ne deriva possono basarsi su false premesse, è cioè possibile che non siano sostenuti da azioni reali e mature. Ciononostante le personalità narcisistiche sono fermamente convinte del fatto che gli altri riconoscano loro doti particolari. Assumono pertanto un atteggiamento arrogante di autosicurezza e, senza pensarci molto e persino senza farlo di proposito, sfruttano gli altri a loro vantaggio. Sebbene i complimenti degli altri siano valorizzati e anche incoraggiati, il loro atteggiamento di superiorità snob e pretenzioso richiede poche conferme di risultati reali o approvazione sociale. La completa fiducia che le cose andranno bene fornisce loro poco incentivo a impegnarsi nel processo di dare e avere della vita sociale. Scala 6A: Antisociale (Antisocial). I soggetti antisociali agiscono in modo da poter contrastare le aspettative di dolore e di danno che temono di subire da parte di altri, impegnandosi così in comportamenti ambigui o illegali tesi a sfruttare l’ambiente a proprio vantaggio. Queste tendenze riflettono il loro scetticismo circa le motivazioni altrui, un desiderio di autonomia e una volontà di vendetta e di ricompensa per quelle che considerano ingiustizie subite in passato. Questi soggetti sono irresponsabili e impulsivi, caratteristiche che essi ritengono giustificate in quanto considerano gli altri inaffidabili e sleali. Il loro unico mezzo per evitare l’abuso e la vittimizzazione è la loro insensibilità e la mancanza di rimorsi. Scala 6B: Sadica – Aggressiva (Sadistic – Aggressive). Sebbene sia stata eliminata dal DSM-IV, la componente sadica resta parte integrante del MCMI-III. Come tratto di personalità questo stile o schema estende i confini della formulazione del DSM-III-R verso una direzione nuova e importante. Tale direzione riconosce che anche soggetti non considerati antisociali possono ugualmente trarre piacere e soddisfazione dall’umiliazione degli altri o dalla violazione dei loro diritti e sentimenti. A seconda della classe sociale cui appartengono e in base ad altri fattori intervenienti, questi soggetti possono presentare le caratteristiche cliniche della sindrome nota in letteratura come carattere sadico o, altrimenti, possono mostrare stili di carattere simili al Tipo A di personalità per quanto riguarda lo sforzo competitivo. Questi soggetti, che nella teoria adottata dall’Autore sono indicati come personalità aggressive, sono ostili e profondamente combattivi e appaiono indifferenti, se non addirittura compiaciuti, di fronte alle conseguenze distruttive del loro comportamento litigioso, abusante e brutale. Sebbene sappiano dissimulare le loro tendenze più malevoli e il loro desiderio di potere assumendo ruoli e impieghi socialmente approvati, questi si palesano con le loro azioni di qualità dominante, antagonista e spesso persecutoria. Scala 7: Ossessivo-Compulsiva (Compulsive). Questo orientamento ambivalente coincide con il Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità del DSM-IV. I soggetti compulsivi sono stati originariamente intimoriti e repressi al punto da accettare le richieste e i giudizi che sono loro imposti dagli altri. Il loro comportamento prudente, controllato e perfezionista deriva da un conflitto fra l’ostilità che provano verso gli altri e il timore di essere socialmente disapprovati. Tali soggetti risolvono le proprie tendenze ambivalenti reprimendo il risentimento, conformandosi in modo eccessivo alle esigenze sociali e aumentando le proprie richieste verso se stessi e verso gli altri. Il loro disciplinato autocontrollo, in realtà, serve a controllare sentimenti oppositivi intensi e spesso nascosti, e si manifesta con un’aperta passività e con un apparente conformismo sociale. Dietro a questa facciata di correttezza e di autocontrollo si celano intensi sentimenti di rabbia e di aggressività che occasionalmente possono esplodere e far perdere il controllo al soggetto.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Scala 8A: Negativistica – Passivo-Aggressiva (Negativistic – Passive-Aggressive). Questo ambivalente orientamento si avvicina al Disturbo Passivo-Aggressivo di Personalità del DSM-III-R e al costrutto Passivo-Aggressivo (Negativistico) del DSM-IV che include un numero maggiore di tratti diversi rispetto al primo orientamento passivo-aggressivo. I soggetti negativistici sono combattuti tra il desiderio di ottenere i benefici offerti dalla relazione con altri e la voglia di seguire i propri desideri. Questa lotta rappresenta un’incapacità a risolvere i conflitti, incapacità simile a quella esperita dai soggetti ossessivocompulsivi; i conflitti di questi soggetti, tuttavia, restano vicini al livello cosciente e condizionano la vita di ogni giorno. Si tratta di soggetti molto indecisi e delusi nel loro oscillare tra la deferenza e la sfida, tra l’obbedienza e la contrapposizione aggressiva. Il loro comportamento è caratterizzato da uno schema irregolare di rabbia esplosiva o di ostinazione, intervallate da periodi di sensi di colpa e di vergogna. Scala 8B: Masochistica – Autofrustrante (Masochistic – Self-Defeating). Sebbene sia stato eliminato dal DSM-IV, questo orientamento discordante corrisponde al Disturbo Autofrustrante (Masochistico) di Personalità del DSM-III-R, un tipo di carattere ben descritto in letteratura. I soggetti masochistici si rapportano con gli altri in modo ossequioso e sempre pronto al sacrificio e consentono loro, o addirittura li incoraggiano, di sfruttarli o a trarre vantaggi da loro. Considerando questo tratto estremamente negativo, molti asseriscono che tali soggetti si meritano di essere rimproverati e umiliati. Per adattarsi al dolore e all’angoscia che possono percepire come confortanti, questi soggetti rivivono in modo attivo e ripetitivo le loro disgrazie passate e si aspettano esiti problematici anche da esperienze potenzialmente fortunate. Questi soggetti agiscono in modo abitudinario, pacato e schivo; spesso evidenziano le loro caratteristiche negative presentandosi sotto una luce sfavorevole o in una posizione spregevole. Scala S: Schizotipica (Schizotypal). Il Disturbo Schizotipico di Personalità del DSM-IV mostra un orientamento con disfunzione cognitiva e distacco nei rapporti interpersonali. I soggetti schizotipici preferiscono l’isolamento sociale, con legami personali e obblighi ridotti al minimo. Inclini a essere autistici o confusi dal punto di vista cognitivo, questi soggetti formulano pensieri in modo irregolare e spesso appaiono assorti in se stessi, meditativi. Mostrano eccentricità comportamentali e sono percepiti dagli altri come strani o “differenti”. A seconda che il loro schema di comportamento sia attivo o passivo, possono mostrare una cautela ansiosa e una forte ipersensibilità o un appiattimento emotivo e una scarsa capacità affettiva. Scala C: Borderline (Borderline). All’interno della categoria dei disturbi gravi, la personalità borderline è spesso contraddistinta da disturbi meno gravi di personalità. Ciascuna tipologia borderline ha difetti strutturali e sperimenta intensi malumori endogeni con ricorrenti periodi di malinconia e apatia, spesso intervallati da momenti di ira, ansia o euforia. Ciò che distingue più chiaramente questi soggetti dagli altri due disturbi gravi – lo schizotipico e il paranoide – è la disregolazione affettiva che emerge in modo particolare nell’instabilità e nella labilità dell’umore. Molti di questi soggetti presentano, inoltre, pensieri ricorrenti di automutilazione e di suicidio, sono eccessivamente preoccupati di assicurarsi l’affetto e mostrano un’ambivalenza cognitivo-affettiva che risulta evidente nei sentimenti conflittuali di rabbia, di amore e senso di colpa verso gli altri. Scala P: Paranoide (Paranoid). Il Disturbo Paranoide di Personalità del DSM-IV ha come caratteristica una diffidenza vigile verso gli altri e un chiaro atteggiamento difensivo che anticipa critiche e delusioni. Si riscontra un’irritabilità caustica e una tendenza a riversare su altri esasperazione e collera. Se le altre due forme gravi si distinguono per l’instabilità delle pressioni affettive (borderline) o per la discontinuità delle capacità cognitive (schizotipici), i soggetti paranoidi spesso si caratterizzano per il timore di perdere la propria indipendenza, fatto che li porta a resistere tenacemente all’influenza e al controllo esterno. I soggetti paranoidi, quindi, si distinguono per l’immutabilità dei loro sentimenti e per la rigidità estrema dei loro pensieri.

2.3. Domini strutturali e funzionali dei prototipi di personalità dell’Asse II In quali domini i disturbi di personalità dovrebbero essere inseriti e quindi valutati? Sebbene la personalità possa essere considerata da un punto di vista esclusivamente psicodinamico o esclusivamente biologico, gli Autori considerano tali posizioni molto limitate e restrittive. La prospettiva integrativa qui

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2. Validità teorico-sostanziale

sostenuta considera la personalità come un costrutto multideterminato e multireferenziale che può essere studiato e valutato in modo proficuo attraverso una molteplicità di aree di contenuto. Ai fini della valutazione è importante il termine “plurireferenziale”. A oggi uno dei mezzi per trattare il pluralismo concettuale e teorico inerente alla personalità consiste nel valutarla semplicemente secondo un unico modello, eliminando completamente l’eclettismo di prospettive divergenti attraverso l’abbandono di ogni dogmatismo. Una valutazione veramente comprensiva (che sia, cioè, conforme alla natura integrante della personalità come costrutto) richiede, invece, che la personalità sia sistematicamente considerata attraverso molteplici sfere personologiche se si vuole pervenire a una valutazione che abbia validità di contenuto. Vincoli nel funzionamento del sistema possono essere presenti in uno qualunque di questi ambiti. Per scegliere e sviluppare le sfere cliniche di seguito riportate si sono impiegati numerosi criteri. È necessario, innanzitutto, che tali ambiti risultino eterogenei riguardo agli elementi che contengono e cioè che non si limitino al solo comportamento o alla cognizione, ma che racchiudano anche un’intera gamma di caratteristiche clinicamente rilevanti. In secondo luogo, dovrebbero corrispondere a molte delle attuali modalità terapeutiche della nostra professione (ad esempio: tecniche fenomenologiche orientate verso il Sé per modificare la cognizione disfunzionale, procedure di trattamento di gruppo per modificare la condotta interpersonale). Infine, occorre non solo che le sfere cliniche siano coordinate con lo schema ufficiale del DSM dei prototipi dei disturbi di personalità, ma anche che ogni disturbo sia caratterizzato da un elemento distintivo entro ciascun ambito clinico. Come riportato nella figura 2-4, questi elementi diagnostici sono differenziati a seconda dei livelli di dati che rappresentano: comportamentale, fenomenologico, intrapsichico e biofisico; tale differenziazione riflette i quattro approcci storici che hanno caratterizzato lo studio della psicopatologia. Questi ambiti possono essere sistematicamente organizzati seguendo il sistema con cui vengono formulate le distinzioni nel regno biologico, cioè distinguendo gli attributi strutturali da quelli funzionali. La scienza dell’anatomia studia le strutture collegate e per lo più permanenti che costituiscono, ad esempio, il substrato dell’umore e della memoria. La sua controparte funzionale, la fisiologia, si occupa dei processi che regolano le dinamiche interne e le transazioni esterne. Queste strutture e queste funzioni strutturano l’organismo come un’entità coerente. Dividere le caratteristiche del mondo psicologico in attributi strutturali e funzionali non è certo un concetto nuovo. La teoria psicoanalitica fin dall’inizio si è occupata dei costrutti topografici quali il conscio, il preconscio e l’inconscio, e in seguito di concetti strutturali quali l’Es, l’Io e il Super-Io. Allo stesso modo è stata enunciata e studiata una miriade di processi funzionali costanti, come le cosiddette strutture dell’“Io” (Gill, 1963; Rapaport, 1959). Nella formulazione della personalità in termini di domini, i clinici dovrebbero guardarsi dal considerare ciascuno di questi come un’entità indipendente, cadendo così in un’operazionalizzazione ingenua e concreta. Ciascun dominio è una parte legittima, ma altamente contestualizzata, di un’unica unità integrata, unità assolutamente necessaria per mantenere l’integrità funzionale-strutturale dell’organismo. Ciononostante i soggetti differiscono per quanto riguarda gli ambiti in cui si muovono più fre-

Figura 2-4 Domini funzionali e domini strutturali della personalità

Domini funzionali

Domini strutturali Livello comportamentale

Azioni espressive Condotta interpersonale Livello fenomenologico Stile cognitivo

Immagine di sé Rappresentazioni di oggetto Livello intrapsichico

Meccanismi regolatori

Organizzazione morfologica Livello biofisico Umore/temperamento

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

quentemente. In realtà i pazienti variano non solo per il grado in cui si avvicinano a ciascun prototipo di personalità, ma anche per quanto i vincoli incontrati in ciascun ambito contribuiscono a modellare il loro comportamento complessivo. Nel definire concettualmente la personalità come un sistema, affermiamo che i vincoli che il sistema può presentare si manifestano in molteplici ambiti di diversi soggetti, persino quando questi condividono la stessa diagnosi. Solo quegli aspetti del sistema che sono sufficientemente cristallizzati possiedono il carattere duraturo e pervasivo che associamo al concetto di personalità. In questo senso lo scopo di una valutazione è di far luce sui vincoli che perpetrano il funzionamento limitato e rigido del sistema e la conseguente incapacità di un adattamento flessibile. Identificato in questo modo, lo scopo della terapia dovrebbe essere quello di allentare queste specificità, consentendo al sistema di assumere una maggiore varietà di stati o di comportamenti adattativi all’interno delle varie situazioni. 2.3.1. Domini funzionali Le caratteristiche funzionali rappresentano i processi dinamici che si manifestano nel mondo intrapsichico e tra il soggetto e il suo ambiente psicosociale. Sono proprio i domini funzionali che garantiscono il verificarsi di processi transazionali. Allo scopo di formulare delle definizioni, potremmo affermare che i domini funzionali rappresentano i modi espressivi di un’azione regolatoria, cioè il comportamento, la condotta sociale, i processi cognitivi e i meccanismi inconsci che gestiscono, adattano, trasformano, coordinano, equilibrano, regolano e controllano il dare-avere della vita, sia interiore che esterna. Di seguito descriveremo brevemente quattro domini funzionali rilevanti per i disturbi di personalità. Azioni espressive. Questi attributi si riferiscono a ciò che si osserva a livello comportamentale dei dati e vengono rilevati solitamente annotando il modo in cui il paziente agisce. L’osservazione di un comportamento manifesto ci consente di dedurre aspetti che il paziente rivela inconsciamente, oppure, al contrario, ciò che vuole che gli altri pensino di lui. La gamma delle tipologie di azioni espressive è piuttosto vasta e varia e fornisce informazioni cliniche particolari e preziose che vanno dal comunicare un senso di incompetenza personale, al mostrare un atteggiamento generale di difesa, fino all’esibizione di un disciplinato autocontrollo e così via. Questa sfera di dati clinici può essere particolarmente utile nel differenziare i pazienti all’interno della polarità attivo-passivo del modello teorico di Millon (1990). Condotta interpersonale. Lo stile di un paziente di rapportarsi con altri soggetti è esaminato in particolar modo attraverso i dati comportamentali e può essere rilevato con diverse modalità come, ad esempio, il modo in cui le azioni compiute dal soggetto possono influenzare gli altri, sia di proposito sia involontariamente; gli atteggiamenti che sottendono tali azioni, le suggeriscono e danno loro forma; i metodi che il soggetto usa per forzare gli altri a esaudire i suoi bisogni; il suo modo di gestire le tensioni e i conflitti sociali. Servendosi di tali osservazioni, il clinico può costruire un’immagine di come il paziente funzioni nei rapporti con gli altri: in modo antagonista o rispettoso, oppositivo o riservato e così via. Stile cognitivo. Il modo in cui il paziente focalizza e distribuisce l’attenzione, codifica ed elabora l’informazione, organizza i pensieri, formula attribuzioni e comunica ad altri le sue reazioni e le sue idee fornisce informazioni a livello fenomenologico. Queste caratteristiche sono tra gli indici più utili per individuare il modello peculiare di funzionamento del paziente. Sintetizzando questi segni e questi sintomi sarà possibile identificare eventuali tracce di uno stile impoverito, di un pensiero distratto, di una volubilità cognitiva, di un pensiero coartato e così via. Meccanismi regolatori. Sebbene i meccanismi di autoprotezione, di bisogno di gratificazione e di risoluzione del conflitto siano a volte riconosciuti a livello conscio, essi rappresentano dati che derivano principalmente dal livello intrapsichico. Poiché i meccanismi di difesa sono processi di natura interna, sono più difficili da individuare rispetto a quelli che si verificano più vicino alla dimensione osservabile. In quanto tali, non sono soggetti a valutazione di tipo autoriflessivo se non indirettamente, come derivati distanti dai conflitti centrali e dalla loro regolazione dinamica. Per definizione tali meccanismi dinamici regolatori cooptano e trasformano le realtà sia interne che esterne affinché non entrino nella consapevolezza cosciente in una forma troppo forte e inalterata. Quando sono messi in atto in modo cronico, questi meccanismi spesso perpetuano una sequenza di eventi che hanno come conseguenza

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2. Validità teorico-sostanziale

l’accrescimento di quei problemi reali che intendevano aggirare. Malgrado i problemi legati alla metodologia dell’indagine, identificare quali meccanismi sono stati scelti (ad esempio: razionalizzazione, spostamento, formazione reattiva) e fino a che punto sono stati impiegati è estremamente utile nella valutazione complessiva della personalità. 2.3.2. Domini strutturali Al contrario di quanto avviene per le caratteristiche funzionali, gli elementi strutturali rappresentano un architrave profondamente legato e relativamente duraturo di memorie impresse, di atteggiamenti, di bisogni, di paure, di conflitti e così via, che guidano l’esperienza e trasformano la natura degli eventi correnti della vita. Le strutture psichiche hanno una funzione orientativa e preventiva, nel senso che modificano il carattere dell’azione e l’impatto delle successive esperienze secondo le inclinazioni e le aspettative preformate. Abbassandosi, quindi, selettivamente le soglie per l’attivazione di condotte coerenti con le tendenze costituzionali o con l’apprendimento precoce, il soggetto spesso percepisce gli eventi presenti come variazioni del passato. Naturalmente i residui del passato fanno molto più che contribuire passivamente alla visione del presente. Se non altro per una semplice precedenza temporale, essi guidano, formano o distorcono il carattere degli eventi presenti e della realtà oggettiva. Allo scopo di formulare una definizione, i domini strutturali possono essere concepiti come substrati e disposizioni all’azione di natura quasi permanente. Caratterizzate da una rete di tracciati interconnessi, queste strutture contengono i residui del passato interiorizzati sotto forma di memorie e di affetti associati a livello psichico con le concezioni di sé e degli altri. Le strutture servono anche per avvicinare l’organismo a nuove interpretazioni del mondo e per limitare le possibilità di espressione a quelle che sono già divenute predominanti. Il loro carattere di prelazione e di incanalamento gioca un ruolo importante nel perpetuare un comportamento disadattato e i circoli viziosi di una patologia della personalità. Si descrivono brevemente quattro sfere strutturali rilevanti per la personalità. Immagine di sé. Poiché il mondo interiore dei simboli è determinato dallo sviluppo, il turbinio degli eventi che coinvolgono il bambino fa sì che si attui l’esigenza di un crescente senso di ordine e di continuità. Emerge così una netta configurazione capace di imporre una dimensione di identità in un ambiente altrimenti fluido: la percezione del Sé come oggetto e un distinto, onnipresente e identificabile Io o me. L’identità è ampiamente determinata dalle concezioni formate a questo livello fenomenologico di analisi. Esso è particolarmente significativo in quanto serve come indicatore stradale e fornisce continuità a un’esperienza mutevole. Nella maggior parte dei casi le persone hanno un senso implicito di “chi sono”, ma tra di loro ci sono notevoli differenze per quanto riguarda la chiarezza, l’accuratezza e la complessità della capacità introspettiva (Millon, 1986b). Pochi sono in grado di parlare distintamente degli elementi psichici che formano questa immagine (ad esempio: che essi sono primariamente estraniati, inetti, compiacenti, coscienziosi e così via). Rappresentazioni di oggetto. Come detto in precedenza, le esperienze significative del passato lasciano un’impronta interiore, un residuo strutturale composto di memorie, atteggiamenti e affetti che serve da substrato per la predisposizione a percepire e a reagire agli eventi della vita. Analogamente a quanto avviene per i vari sistemi di organo corporeo, la natura di queste rappresentazioni interiorizzate di figure e di rapporti significativi del passato si può differenziare e analizzare a scopi clinici. Le variazioni nella natura e nel contenuto di questo mondo interiore possono essere associate con l’una o l’altra personalità e ci portano a impiegare termini descrittivi per rappresentarle, come superficiale, irritante, indifferenziato, riservato e inconciliabile. Organizzazione morfologica. L’architettura complessiva che serve da scheletro per il mondo psichico di un soggetto può avere diversi punti di debolezza, come scarsa coesione strutturale, difficoltà di coordinazione tra le sue componenti, carenza di meccanismi in grado di mantenere l’equilibrio e l’armonia, necessari per la regolazione di conflitti interiori o per la mediazione con le pressioni esterne. Il concetto di organizzazione morfologica si riferisce alla forza delle strutture, alla congruità interna e all’efficacia funzionale del sistema di personalità. L’organizzazione della mente è un concetto derivato quasi esclusivamente da inferenze di analisi a livello intrapsichico, analogamente a quanto è accaduto per le nozioni psicoanalitiche correnti quali i livelli borderline e psicotici; questa accezione, tuttavia, tende a essere limitata essenzialmente a livelli quantitativi di patologia dell’integrazione e non a variazioni qualitati-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

ve nella struttura o nella configurazione integrata. Varianti stilistiche di questo elemento strutturale si possono, tuttavia, impiegare per caratterizzare ciascun prototipo di personalità; i loro vari attributi organizzativi sono rappresentati con descrizioni come rudimentali, disgregati e compartimentalizzati. Umore/temperamento. Da un punto di vista clinico, secondo un livello biofisico di analisi dei dati, pochi elementi osservabili sono più rilevanti di quanto sia il tipo di affetto predominante di un soggetto e dell’intensità e della frequenza con cui lo esprime. Il significato delle emozioni estreme è facile da decodificare. Ciò non è altrettanto vero per quanto concerne gli umori e le sensazioni più sfumati che in modo insidioso e ripetitivo pervadono i rapporti e le esperienze attuali del paziente. Gli elementi espressivi dell’umore e degli impulsi, descritti con termini quali turbato, labile, incostante, ostile, non sono comunicati solo attraverso una dichiarazione esplicita, ma sono rivelati altrettanto bene, anche se in modo indiretto, dal livello di attività del paziente, dalla qualità del suo linguaggio e dalle manifestazioni fisiche. Ovviamente, l’aspetto più utile di questo attributo, in quanto collegato alla teoria, è la sua capacità di valutare gli elementi rilevanti per le polarità piacere-dolore e attivo-passivo.

2.4. Attributi clinici dell’ambito di ciascun dominio di personalità La figura 2-5 presenta i processi funzionali e gli attributi strutturali dei costrutti di personalità che derivano dalla teoria e che sono inclusi nel MCMI-III. Questi attributi sono stati definiti in modo da essere comprensivi (esaustivi, cioè, delle principali sfere della personalità) e comparabili (ovvero esistono a livelli di astrazione approssimativamente uguali) in relazione alle varie sfere. Riunendo assieme tutte le personalità del DSM-III-R e quelle del DSM-IV si ottiene una matrice 8 x 14 di domini di disturbo. Ciascuna cella della matrice contiene l’attributo diagnostico o il criterio che, a giudizio dell’Autore, meglio rappresenta l’espressione di quello stile di personalità entro quella particolare sfera. Verticalmente la matrice facilita un rapido confronto o una chiara differenziazione tra i vari disturbi nelle aree di contenuto. Orizzontalmente la matrice fornisce i criteri da valutare congiuntamente nelle varie aree di contenuto al fine di ottenere un quadro comprensivo di ciascun prototipo diagnostico. Il primo porta a una validità discriminante, il secondo a una validità convergente. Nelle pagine che seguono questi attributi saranno ulteriormente descritti in paragrafi dettagliati che includono caratteristiche significative ed esaurienti per ciascun disturbo di personalità. A scopo comparativo sono anche segnalati i criteri del DSM per ciascun disturbo parallelamente ai corrispondenti item del MCMI-III. Ciò dovrebbe consentire al lettore di valutare rapidamente la validità di contenuto del MCMI e dei criteri del DSM rispetto alle sfere cliniche.

2.5. Sindromi cliniche: Asse I Le sindromi cliniche dell’Asse I sono più facilmente comprensibili come disturbi interconnessi nel contesto degli stili dell’Asse II. Pertanto nei casi clinici presi in esame sono spesso considerate come estensioni o distorsioni dello schema di personalità di base del paziente. Queste sindromi tendono a essere considerate degli stati relativamente distinti o transitori con una propensione a crescere o, invece, a declinare nel tempo secondo l’impatto delle situazioni stressanti; in momenti di difficoltà accentuano, fino a estremizzarlo, lo stile di base della personalità. A prescindere, quindi, da quanto appaiano distintivi, questi stati assumono significato ed espressione solo nel contesto della personalità del paziente e dovrebbero essere valutati riferendosi a questo pattern. Nonostante sia stato osservato che alcuni disturbi insorgono più frequentemente in particolari stili di personalità, si può affermare che ciascuno di questi stati sintomatologici si potrà verificare in numerosi schemi diversi. Ad esempio, la depressione nevrotica e la distimia si verificano più di frequente tra le personalità evitanti, dipendenti e autofrustranti; la dipendenza dall’alcol si riscontra comunemente negli schemi di personalità istrionica e antisociale. Poiché sono possibili numerose covariazioni tra gli stili di personalità dell’Asse I e dell’Asse II, è fondamentale costruire un modello in cui questi rapporti siano specificati. La maggior parte delle sindromi cliniche descritte in questo paragrafo è di tipo reattivo, quindi di durata sostanzialmente più breve rispetto ai disturbi di personalità. Tali sindromi di solito rappresentano condizioni in cui il processo patologico attivo è chiaramente manifesto ed è spesso scatenato da eventi esterni.

26

2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 Espressione dei disturbi di personalità nei vari domini funzionali e strutturali di personalità – Rassegna

Processi funzionali Disturbo

Attributi strutturali

Azioni espressive

Condotta Stile cognitivo interpersonale

Meccanismi regolatori

Schizoide

impassibile

non coinvolto

impoverito

Evitante

irritabile

oppositivo

con interferenze cognitive

fantasia

Depressivo

sconsolato

indifeso

pessimista

Dipendente

inadeguato

remissivo

Istrionico

drammatico

Narcisistico

Immagine di sé

Rappresentaz. Organizzazione Umore/ di oggetto morfologica temperamento

intellettualizzacompiacente zione

scarso

indifferenziato

apatico

alienato

irritante

fragile

angosciato

ascetismo

privo di valore

abbandonico

svuotato

melanconico

naif

introiezione

inetto

immaturo

rudimentale

iperadattabile, triste

in cerca di attenzione

volubile

dissociazione

gregario

superficiale

incoerente

incostante

arrogante

sfruttatore

espansivo

razionalizzazione

ammirevole

falsificato

fasullo

noncurante

Antisociale

impulsivo

irresponsabile

deviante

acting out

indipendente

svalutato

sregolato

insensibile

Sadico

irruente

maligno

dogmatico

isolamento

combattivo

pernicioso

esplosivo

ostile

Compulsivo

disciplinato

rispettoso

rigido

formazione reattiva

coscienzioso

negato

mentalità a comparti

solenne

Negativistico

risentito

contrario

scettico

spostamento

scontento

tentennante

divergente

irritabile

Masochistico

astinente

deferente

diffidente

esagerazione

immeritevole

screditato

invertito

disforico

Schizotipico

eccentrico

riservato

autistico

annullamento

estraniato

caotico

frammentato

turbato o insensibile

Borderline

spasmodico

paradossale

capriccioso

regressione

instabile

incompatibile

scisso

labile

Paranoide

allarmato

provocatorio

sospettoso

proiezione

inviolabile

inalterabile

rigido

irascibile

Espressione dei disturbi di personalità nei vari domini funzionali e strutturali di personalità – Prototipi

Prototipo schizoide Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressione impassibile, ad esempio, appare in uno stato emotivo inerte, distaccato, riservato, privo di energia e vitalità; è impassibile, annoiato, ritirato, si muove come un automa, è flemmatico; ha difficoltà nell’intraprendere qualunque attività, nell’espressività motoria e nella spontaneità.

Immagine di sé compiacente, ad esempio, mostra una capacità introspettiva minima e una scarsa consapevolezza di sé; è impenetrabile agli aspetti emotivi e personali della vita quotidiana, e indifferente all’approvazione o alle critiche altrui.

segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo schizoide Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Non coinvolto nei rapporti interpersonali: ad esempio, si mostra indifferente e assorbito da se stesso, con scarsa capacità di interazione con le azioni o i sentimenti degli altri; preferisce attività solitarie, manifesta interessi ridotti nei confronti delle altre persone; tende a restare sullo sfondo, è distante e discreto, sembra non desiderare di trarre soddisfazione da rapporti intimi, preferisce mantenere un ruolo secondario nel proprio ambiente sociale, lavorativo e familiare.

Oggetti interni scarsi: ad esempio, le rappresentazioni interne sono poche e scarsamente articolate, per lo più sprovviste di percezioni complesse e di ricordi dei rapporti con gli altri; è capace di uno scarso gioco dinamico tra impulsi e conflitti, tipico invece dei soggetti bene adattati.

Impoverito dal punto di vista cognitivo: ad esempio, appare deficitario in molti ambiti relativi alla conoscenza “del mondo”; mostra processi di pensiero vaghi e poco decifrabili, in particolare riguardo agli schemi sociali; la comunicazione con gli altri è spesso coartata, a tratti non finalizzata a obiettivi o intenzioni, oppure condotta con una logica sconnessa e indiretta.

Organizzazione indifferenziata: ad esempio, data l’aridità interna, ha una necessità minima di soddisfare i bisogni e di difendersi dal conflitto interno o far fronte alle richieste esterne; le strutture morfologiche interne possono essere caratterizzate da una cornice limitata e pattern sterili.

Intellettualizzazione: ad esempio, ha una tendenza a descrivere le esperienze interpersonali e affettive come se fossero un dato di fatto, in modo astratto, impersonale o meccanico; focalizza l’attenzione sugli aspetti formali e oggettivi degli eventi sociali ed emotivi.

Umore apatico: ad esempio, dal punto di vista emotivo spesso non mostra sentimenti, ha insensibilità interna, freddezza e rigidità; riferisce inoltre di provare scarso bisogno di una vita affettiva e sessuale, ed esprime raramente sentimenti intensi; emerge infine l’apparente incapacità di provare, in modo profondo, la maggior parte delle emozioni e dei sentimenti come, ad esempio, piacere, tristezza o rabbia.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (schizoide) Criterio del DSM-IV

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, pp. 699-700).

92. Resto solo per la maggior parte del tempo e preferisco così. 105. Ho poco desiderio di amicizie intime. 27. Se ne ho la possibilità preferisco fare le cose da solo. 46. Ho sempre avuto minor interesse verso il sesso rispetto alla maggior parte delle altre persone. 148. Poche cose nella vita riescono a farmi provare piacere. 165. Al di fuori della mia famiglia non ho amici intimi. 10. Mostro raramente al mondo esterno quei pochi sentimenti che mi sembra di provare.

segue

28

2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo evitante Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressione irritabile: ad esempio, è inquieto, e vive in uno stato costante di timore, esitazione e irrequietezza; reagisce in modo esagerato a eventi non dannosi e li interpreta con ansia, sentendosi ridicolizzato, criticato e disapprovato.

Immagine di sé alienata: ad esempio, si considera socialmente inetto, inadeguato e inferiore, giustificando così il proprio isolamento e il rifiuto da parte di altri; si sente poco attraente, svaluta le proprie conquiste e riferisce un persistente senso di solitudine e di vuoto.

Oppositivo ai rapporti interpersonali: ad esempio, mantiene le distanze nei confronti di attività che comportano rapporti personali intimi e riferisce una lunga storia di sfiducia e di ansia sociale diffusa; ricerca l’accettazione da parte degli altri, ma non vuole essere coinvolto a meno che non sia sicuro di piacere; mantiene le distanze ed è riservato per evitare di essere criticato o umiliato.

Oggetti interni irritanti: ad esempio, le rappresentazioni interne sono composte di ricordi intensi, che celano conflitti e che sono facilmente riattivati, di precoci relazioni problematiche, di possibilità limitate di sperimentare o ricordare le gratificazioni, di scarse capacità di incanalare i bisogni, controllare gli impulsi, risolvere conflitti o allontanare gli agenti stressanti esterni.

Mostra interferenze cognitive: ad esempio, osserva cautamente l’ambiente in cerca di potenziali minacce, ed è afflitto da pensieri e idee non pertinenti e intrusivi; l’insorgere di questo tipo di ideazione disturba la continuità del pensiero e interferisce con la comunicazione sociale e con valutazioni adeguate.

Organizzazione fragile: ad esempio, un precario e complesso intrigo di emozioni è legato quasi esclusivamente ad una singola modalità di soluzione e di scarica, quella dell’evitamento, della fuga e della fantasia; di fronte quindi a rischi personali, a nuove opportunità o a stress imprevisti, poche strutture morfologiche utili sono disponibili per farvi fronte e il sostegno da parte di altri è difficilmente utilizzabile in quanto espone al rischio di scompenso regressivo.

Utilizzo della fantasia: ad esempio, la gratificazione, il sentimento di fiducia e la soluzione dei conflitti dipendono in maniera eccessiva dall’immaginazione; si ritira nei sogni come mezzo per scaricare in modo sicuro gli impulsi affettivi, rabbiosi e frustrati.

Umore angosciato: ad esempio, descrive costanti e confusi stati interni caratterizzati da tensione, tristezza e rabbia; vacilla tra desiderio di affetto, paura del rifiuto, imbarazzo e sentimenti coartati.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (evitante) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 725).

Item paralleli del MCMI-III 40. Ritengo di essere una persona paurosa e inibita. 69. Evito la maggior parte delle situazioni sociali perché mi aspetto che le persone mi critichino e mi rifiutino. 127. Non voglio farmi coinvolgere dalle persone a meno di essere sicuro di piacer loro. 18. Ho paura di avvicinarmi veramente ad un’altra persona perché potrebbe finire con la mia derisione e con vergogna. 99. Nei gruppi sociali sono quasi sempre imbarazzato e molto teso. 174. Nonostante abbia paura di farmi delle amicizie ne vorrei più di quante ne ho. 141. Sento che la maggior parte delle persone pensa male di me. 84. Sono troppo insicuro di me stesso per avventurarmi in cose nuove. segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo depressivo Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressione sconsolata: ad esempio, l’aspetto e la postura evidenziano assenza di speranza, inaccessibilità, cupezza, senso di abbandono, tristezza se non addirittura disperazione; irrimediabilmente abbattuto e scoraggiato, prova un senso di infelicità permanente con una tendenza all’autodenigrazione generalizzata.

Privo di valore di sé: ad esempio, ha di sé una scarsa opinione, si sente inutile per sé e per gli altri, inadeguato e incapace in tutto; sterile, inutile, impotente, si vede come insignificante e degno di biasimo, se non addirittura spregevole, una persona criticabile e disprezzabile; a volte prova vergogna per il fatto di non avere caratteristiche ammirevoli o di non aver commesso azioni degne di lode.

Indifeso nelle relazioni interpersonali: ad esempio, a seguito di sentimenti di vulnerabilità, inadeguatezza e mancanza di protezione, richiede agli altri di essere accudito e protetto; temendo di essere abbandonato, non solo mette in atto comportamenti pericolosi, ma addirittura cerca, se non chiede esplicitamente, rassicurazioni di affetto, presenza costante e dedizione.

Oggetti interni abbandonici: ad esempio, le rappresentazioni interne del passato sembrano di qualità abbandonica, come se le esperienze primarie risultassero prosciugate, devitalizzate, svuotate della loro ricchezza e degli elementi gioiosi, allontanate dalla memoria, lasciando al loro posto un vissuto di abbandono, di privazione, di esclusione, di rifiuto e di solitudine.

Ideazione pessimistica: ad esempio, ha una tendenza disfattista e fatalistica nei confronti di qualunque cosa; vede le situazioni dal punto di vista più negativo e ne mette costantemente in risalto gli aspetti peggiori; sente di valere poco, è scoraggiato e desolato; dà le interpretazioni più cupe degli eventi che accadono e avverte l’impossibilità che le situazioni migliorino.

Organizzazione svuotata: ad esempio, la base su cui poggia la struttura morfologica è notevolmente indebolita, con capacità di coping scarse e strategie difensive inefficaci e prive di forza; tutto ciò sfocia in una diminuita, se non proprio compromessa, capacità di prendere l’iniziativa e regolare gli affetti, gli impulsi e i conflitti.

Meccanismo dell’ascetismo: ad esempio, rifiuta se stesso, si punisce e si tormenta, sentendo di doversi pentire e privarsi delle cose buone della vita; non solo allontana i piaceri, ma esprime duri giudizi su di sé e compie atti autolesivi.

Umore melanconico: ad esempio, è triste, malinconico, lamentoso, cupo per la maggior parte del tempo; caratterizzato da preoccupazioni e rimuginio; spesso è giù di morale e con uno stato disforico pressoché costante.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (depressivo) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 794).

Item paralleli MCMI-III 20. Ho avuto pensieri tristi per la maggior parte della mia vita sin da quando ero bambino. 112. Sono stato affranto e triste per la maggior parte della mia vita sin da quando ero giovane. 123. Ho sempre avuto grandi difficoltà nello smettere di sentirmi di pessimo umore e infelice. 151. Non sono mai stato capace di liberarmi della sensazione di non valere nulla per gli altri. 47. Tendo sempre a rimproverare me stesso quando le cose vanno male. 145. Passo la vita a preoccuparmi per una cosa o per un’altra. 133. Anche nei buoni momenti ho sempre avuto paura che le cose sarebbero presto andate male. 25. Mi sento in colpa per la maggior parte del tempo per nessuna ragione che io conosca. segue

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo dipendente Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Evidenti vissuti di inadeguatezza: ad esempio, evita di prendersi le responsabilità tipiche degli adulti, mettendosi invece nella posizione di ricevere aiuto e ricercando accudimento dagli altri; è docile e passivo, con tendenza a evitare le responsabilità operative e a mostrare scarsissima autostima.

Immagine di sé inetta: ad esempio, si percepisce come debole, fragile e inadeguato; manca di fiducia in sé a causa della tendenza a sminuire le proprie abilità e competenze mostrandosi incapace di gestire da solo le proprie faccende.

Remissivo a livello interpersonale: ad esempio, necessita in modo eccessivo di consigli e rassicurazioni, si sottomette ai più forti e alle figure di accudimento, senza le quali si sente ansioso, solo e senza alcun aiuto; è compiacente, conciliante, calmo, spaventato all’idea di essere lasciato a provvedere a se stesso.

Oggetti interni immaturi: ad esempio, le rappresentazioni interne sono condizionate da vissuti infantili degli altri, idee semplicistiche, ricordi incompleti, linee di condotta poco evolute, impulsi infantili e capacità minime di gestire e risolvere le situazioni stressanti.

Naif dal punto di vista cognitivo: ad esempio, raramente contraddice gli altri e si lascia persuadere facilmente; non è sospettoso ed è ingenuo; ha un atteggiamento alla “Pollyanna” verso le difficoltà interpersonali, attribuendo poco peso a problemi oggettivi e preoccupanti.

Organizzazione rudimentale: ad esempio, a causa della tendenza ad affidare ad altri la responsabilità di soddisfare i propri bisogni e di occuparsi dei compiti tipici degli adulti, si riscontra una struttura morfologica deficitaria e una scarsa varietà di regolatori interni, che mantengono un insieme immaturo e indistinto di capacità adattative, nonché un sistema di funzionamento indipendente assai rudimentale.

Meccanismo di introiezione: ad esempio, venera apertamente altre persone, nel tentativo di rafforzare la convinzione che tra lui e queste esista un legame inseparabile; rinuncia a punti di vista indipendenti a favore di quelli di altri per evitare conflitti e minacce al rapporto.

Affettività triste e iperadattabile: ad esempio, si mostra particolarmente caloroso, dolce e non competitivo; evita timidamente le tensioni sociali e il conflitto interpersonale; la qualità affettiva triste e disforica tende a essere stabile.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (dipendente) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 729).

Item paralleli del MCMI-III 16. Sono una persona arrendevole e sottomessa. 94. Le persone riescono facilmente a farmi cambiare idea anche quando avevo già preso una decisione. 73. Lascio spesso che altri prendano importanti decisioni che mi riguardano. 169. Sono sempre pronto ad arrendermi agli altri quando c’è una discussione perché ho paura della loro rabbia o del loro rifiuto. 35. Spesso smetto di fare delle cose perché ho paura di non poterle fare bene. 45. Mi sforzo sempre di accontentare gli altri anche quando non mi piacciono. 135. Stare solo, senza l’aiuto di qualcuno a me vicino da cui dipendere, mi terrorizza realmente. 108. Sono molto preoccupato di essere lasciato solo e di dovermi prendere cura di me stesso. segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo istrionico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Drammatico nell’espressività: ad esempio, è iper-reattivo, volubile, provocante e seduttivo; non sopporta l’inattività, il che lo porta a una sensibilità impulsiva, molto emotiva e teatrale; ha un’evidente inclinazione verso entusiasmi momentanei, avventure passeggere e un edonismo ipoevoluto.

Immagine di sé gregaria: ad esempio, si considera socievole, stimolante e affascinante; si bea della consapevolezza di essere attraente per quanto riguarda l’aspetto fisico ed è molto impegnato verso uno stile di vita autogratificante.

Ricerca attenzione interpersonale: ad esempio, sollecita attivamente le richieste e manipola gli altri per ottenere le rassicurazioni, l’attenzione e l’approvazione di cui ha bisogno; è insistente, incline al flirt, vanitoso, esibizionista in modo seduttivo, specialmente quando desidera essere al centro dell’attenzione.

Oggetti interni superficiali: ad esempio, le rappresentazioni interne sono in gran parte composte di ricordi superficiali di relazioni passate, di un insieme casuale di affetti e di conflitti transitori e non consapevoli, nonché di impulsi e meccanismi inconsistenti.

Volubile dal punto di vista cognitivo: ad esempio, evita pensieri introspettivi, è facilmente suggestionabile e attento a eventi esterni transitori, utilizza espressioni verbali impressionistiche, ma prive di dettagli; integra scarsamente le esperienze fatte; integra le esperienze in modo poco articolato.

Organizzazione incoerente: ad esempio, si riscontra una struttura morfologica fragile e poco coesa, nella quale i processi di regolazione interna e di controllo sono discontinui e non integrati, come dimostra l’impiego di meccanismi di difesa poco efficaci per tentare di gestire impulsi, comportamento e conflitti; tali meccanismi sono inevitabilmente pervasivi e generalizzati e come tali non permettono di evitare un ulteriore isolamento e disconnessione di pensieri, sentimenti e azioni.

Dissociazione: ad esempio, altera e ricompone sistematicamente le rappresentazioni di sé per creare una serie di facciate socialmente attraenti ma mutevoli; si impegna in attività che lo distraggono, per evitare di riflettere e integrare pensieri ed emozioni spiacevoli.

Umore incostante: ad esempio, mostra emozioni incostanti e che cambiano rapidamente; nell’espressione è brillante, entusiasta e passionale e ha la tendenza a eccitarsi facilmente e, altrettanto facilmente, ad arrabbiarsi o ad annoiarsi.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (istrionico) Criterio del DSM-IV

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, pp. 717-718). 57. Penso di essere una persona socievole ed estroversa. 88. Non me ne sto mai in disparte quando sono ad una festa. 21. Mi piace corteggiare persone di sesso opposto. 12. Dimostro i miei sentimenti facilmente e prontamente. 51. Quando le cose diventano noiose mi piace inventarmi qualcosa di eccitante. 32. Cerco sempre di farmi nuovi amici e di incontrare gente nuova. 80. È facilissimo per me farmi molti amici. segue

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo narcisistico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Arrogante nell’espressione: ad esempio, è altero, vanaglorioso e presuntuoso; svaluta i ruoli convenzionali della vita sociale condivisa, considerandoli naif o inapplicabili a se stesso; manifesta indifferente disprezzo per l’integrità e i diritti personali.

Immagine di sé ammirevole: ad esempio, ha un senso grandioso di sé che lo fa sentire speciale, unico e degno di grande ammirazione; agisce in modo grandioso, spesso senza ottenere risultati altrettanto validi; ha un forte senso del proprio valore malgrado sia, invece, considerato dagli altri egoista, avventato e arrogante.

Sfruttatore nei rapporti interpersonali: ad esempio, sovrastima le proprie capacità e talenti, non mostra empatia e si aspetta favori speciali senza assumere corrispondenti responsabilità; non ha vergogna, dà per scontato che gli altri lo aiutino e li usa per nutrire il proprio sé ed esaudire i propri desideri.

Oggetti interni falsificati: ad esempio, le rappresentazioni interne sono composte, in misura maggiore rispetto alla norma, da ricordi illusori e mutevoli delle relazioni passate; gli impulsi e i conflitti inaccettabili vengono modificati facilmente non appena ne sorge il bisogno, mentre altri sono spesso simulati e pretestuosi.

Espansivo dal punto di vista cognitivo: ad esempio, ha una fervida immaginazione, fantasie immature di successo, autoglorificazione, bellezza o amore illimitati e ingiustificati; si lascia condizionare molto poco dalla realtà oggettiva, riporta i fatti interpretandoli liberamente e spesso mente per confermare le illusioni su se stesso.

Organizzazione fasulla: ad esempio, le strutture morfologiche sottese alle strategie difensive e di coping tendono a essere inconsistenti e fragili, apparendo organizzate in modo più solido e dinamico di quanto in realtà non siano. Questo tipo di soggetti, infatti, regola gli impulsi e i bisogni solo in modo marginale e si crea un mondo interno nel quale i conflitti sono messi da parte, gli insuccessi sono ben compensati e la stima di sé facilmente riconfermata.

Razionalizzazione: ad esempio, si illude e tende a trovare ragioni plausibili per giustificare un comportamento centrato su se stesso e sconsiderato dal punto di vista sociale; cerca di mettersi il più possibile in buona luce e ciò malgrado siano evidenti i deficit e i fallimenti.

Umore noncurante: ad esempio, mostra un atteggiamento di generale indifferenza, imperturbabilità e di simulata tranquillità; appare freddo, non impressionabile, allegramente ottimista, eccetto quando viene scossa la sua narcisistica fiducia in se stesso: in questo caso compaiono repentinamente rabbia e vergogna.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (narcisistico) Criterio del DSM-IV

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, pp. 721-722).

67. Ho molte idee che sono avanti con i tempi. 6. Le persone non mi sono mai state abbastanza riconoscenti per le cose che ho fatto. 159. Bisogna essere veramente eccezionali per comprendere le mie capacità speciali. 144. Suppongo di sforzarmi troppo affinché le persone ammirino le cose che dico o che faccio. 31. Penso di essere una persona speciale degna di attenzioni speciali da parte degli altri. 85. Io non disapprovo nessuno che si approfitti di qualcun altro che glielo permette. 93. Alcuni miei familiari dicono che io sono un egoista e penso solo a me stesso. 26. Gli altri invidiano le mie capacità. 5. So di essere superiore, per questo non mi interessa quello che le persone pensano. segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo antisociale Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Impulsivo dal punto di vista espressivo: ad esempio, è irruente e irrefrenabile, agisce in modo precipitoso, di istinto ed è infaticabile; è irresponsabile, incauto e imprudente, sbaglia nella pianificazione degli eventi, nel considerare le alternative e nel valutare le conseguenze.

Immagine di sé come indipendente: ad esempio, si considera esente dalle restrizioni previste dalle leggi sociali e dall’obbligo di lealtà personale; sopravvaluta la propria immagine e gode della sensazione di essere libero, senza vincoli e non costretto da persone, luoghi, obblighi o routine.

Irresponsabile nei rapporti interpersonali: ad esempio, non merita fiducia ed è inaffidabile; per istinto o intenzione, non tiene fede agli impegni personali nei rapporti coniugali, parentali, occupazionali o finanziari; manipola attivamente i diritti degli altri e li viola; con il suo comportamento menzognero o illegale trasgredisce i codici sociali istituiti.

Oggetti interni svalutati: ad esempio, le rappresentazioni interne contengono rapporti svalutati e corrotti, che provocano atteggiamenti di vendetta e impulsi negativi; questi lo spingono a sovvertire gli ideali e i costumi culturali stabiliti, a svalutare i sentimenti personali e a denigrare, pur desiderandolo, il conseguimento di questi aspetti materiali della società a lui preclusi.

Deviante dal punto di vista cognitivo: ad esempio, crea situazioni e relazioni sulla base di opinioni e morali socialmente non ortodosse; è sdegnoso verso gli ideali tradizionali, non si conforma alle norme sociali e disprezza i valori convenzionali.

Scarse capacità di regolazione: ad esempio, le strutture morfologiche interne risultano piuttosto deficitarie nel contenimento di impulsi e pressioni, come del resto risultano esserlo anche gli sforzi per arginare energie e atteggiamenti non modificabili; questo porta a una tendenza a trasgredire, a sfogare gli impulsi ostili o erotici; possiede limitati canali subliminali, modalità espressive prive di riguardo verso gli altri e una notevole intolleranza per le frustrazioni.

Acting out: ad esempio, pensieri offensivi e azioni ostili raramente sono frenate; gli impulsi sociali più abietti non sono elaborati e sublimati, ma sono scaricati direttamente e in modo precipitoso, di solito senza sensi di colpa o rimorsi.

Umore caratterizzato da insensibilità: ad esempio, è insensibile, irritabile e aggressivo, incapace di esprimere benevolenza, compassione e rimorso; dimostra un grossolano disinteresse e un disprezzo maleducato e offensivo, se non addirittura indifferente, per l’incolumità di se stesso e degli altri.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (antisociale) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 709).

Item paralleli del MCMI-III 53. Le punizioni non mi hanno mai impedito di fare ciò che volevo. 113. Ho avuto problemi con la giustizia un paio di volte. 139. Sono veramente in gamba ad inventarmi delle scuse quando ho dei problemi. 166. Agisco velocemente per la maggior parte del tempo e non rifletto sulle cose quanto dovrei. 101. Penso di non prendere sul serio quanto dovrei molte delle mie responsabilità familiari. 38. Faccio quel che voglio senza preoccuparmi degli effetti su altri. 17. Da adolescente ho avuto un mucchio di problemi per la mia cattiva condotta a scuola. segue

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo sadico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressività irruente: ad esempio, ha la tendenza a reagire con improvvise, brusche, ingiustificate esplosioni; reagisce in modo incurante e temerario; è attratto dalle sfide, dai rischi e dal pericolo; è intrepido, non ha paura del dolore ed è impassibile di fronte alla prospettiva di un pericolo o di una punizione.

Immagine di sé combattiva: ad esempio, è fiero di essere identificato come un tipo decisamente competitivo, energico e ostinato; dà valore agli aspetti di sé più combattivi, vincenti e orientati al potere.

Maligno nelle relazioni interpersonali: ad esempio, prova soddisfazione nell’intimidire, nell’obbligare e nell’umiliare gli altri; esprime regolarmente commenti non rispettosi o derisori delle convenzioni sociali. Il comportamento che mostra risulta maligno se non addirittura fisicamente brutale.

Oggetti perniciosi: ad esempio, le rappresentazioni interne del passato sono caratterizzate, da un lato da rapporti precoci che hanno stimolato molta energia di tipo aggressivo e atteggiamenti malevoli, dall’altro da scarsi ricordi di relazioni affettuose, amorevoli, conflittuali, di vergogna o colpa.

Dogmatico dal punto di vista cognitivo: ad esempio, si mostra come fortemente dogmatico e con una mentalità chiusa, rigido e ostinato nel mantenere i propri preconcetti; ostenta un fermo autoritarismo, intolleranza sociale e forti pregiudizi.

Organizzazione “esplosiva”: ad esempio, nonostante una struttura morfologica generalmente coesa, composta di controlli, difese e canali espressivi modulati adeguatamente, l’insorgere repentino di intensi impulsi di natura aggressiva e sessuale minaccia di portare a esplosioni improvvise che rischiano periodicamente di sommergere le capacità di controllo altrimenti solide.

Isolamento: ad esempio, può mostrare sangue freddo e notevole distacco dalle conseguenze delle sue azioni distruttive, di cui è comunque cosciente; considera in modo impersonale i soggetti che danneggia, vedendoli come oggetti svalutati e privi di sensibilità umana.

Umore ostile: ad esempio, ha un temperamento eccitabile e irritabile, che si infiamma su argomenti controversi e degenera facilmente nella violenza fisica; è crudele, di animo malevolo e permaloso, desidera infliggere dolore o opprimere gli altri per farsi strada.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (sadico) Criterio del DSM-III-R*

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-III-R (1987; ed. it.: Masson, 1990, pp. 440-442). 116. Ho dovuto essere molto brutale con alcune persone per tenerle in riga. 95. Spesso mi capita di far arrabbiare le persone dando loro ordini. 9. Spesso critico pesantemente le persone che mi infastidiscono. 14. A volte so essere alquanto rude e scortese con i miei familiari. 64. Non so perché ma a volte dico cose crudeli solo per rendere gli altri infelici. 87. Mi arrabbio spesso con le persone che fanno le cose lentamente. 28. Penso sia necessario tenere sotto stretto controllo il comportamento dei membri della mia famiglia. * Il disturbo di personalità sadica non è incluso nel DSM-IV.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo compulsivo Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Disciplinato nell’espressione: ad esempio, mantiene uno stile di vita regolare, fortemente strutturato e strettamente organizzato; il perfezionismo che lo caratterizza interferisce con la capacità di prendere decisioni e di espletare mansioni.

Immagine di sé coscienziosa: ad esempio, si considera devoto al lavoro, industrioso, affidabile, meticoloso ed efficiente, propenso a eliminare le attività di svago; teme di fare errori o di formulare giudizi sbagliati e quindi rinforza gli aspetti del suo carattere che mostrano disciplina, perfezionismo, prudenza e lealtà.

Rispettoso nei rapporti interpersonali: ad esempio, dimostra un insolito rispetto per le convenzioni sociali e per la proprietà; è scrupoloso ed eccessivamente coscienzioso su questioni morali e di etica; preferisce rapporti personali cortesi, formali e corretti, tenendo molto al fatto che i subordinati aderiscano a regole e a metodi stabiliti personalmente.

Oggetti interni a cui viene negato l’accesso alla coscienza: ad esempio, le uniche rappresentazioni interiorizzate cui consente di affiorare alla coscienza e di essere espresse nel comportamento sono quelle a cui sono legati affetti e atteggiamenti socialmente approvati; di conseguenza, i ricordi e le azioni sono estremamente regolati, gli impulsi proibiti vengono isolati e strettamente limitati, i conflitti personali e sociali negati in modo difensivo, tenuti lontani dallo stato di coscienza e mantenuti sotto un rigido controllo.

Rigido dal punto di vista cognitivo: ad esempio, costruisce il proprio mondo in termini di regole, regolamenti, orari e gerarchie; è rigido, ostinato e indeciso, chiaramente disturbato da idee e abitudini non familiari o ancora nuove.

Organizzazione a comparti: ad esempio, le strutture morfologiche sono rigidamente organizzate in un sistema ben consolidato e suddiviso in numerose, distinte e separate costellazioni di inclinazioni, ricordi e cognizioni, privo di connessioni che consentano rapporti dinamici tra le componenti stesse.

Formazione reattiva: ad esempio, mostra di avere Umore solenne: ad esempio, è teso, torvo e privo di sempre pensieri positivi e un comportamento social- gioia; reprime sentimenti affettuosi e tiene sotto conmente raccomandabile, aspetti diametralmente oppo- trollo la maggior parte delle emozioni. sti ad altri sentimenti profondamente discordanti e proibiti; ostenta grande ragionevolezza e maturità quando deve affrontare circostanze che evocano negli altri rabbia o costernazione. Corrispondenza tra DSM e MCMI (compulsivo) Criterio del DSM-IV*

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, pp. 733-734).

29. Le persone di solito pensano che io sia riservato e serioso. 82. Mi assicuro sempre che il mio lavoro sia ben pianificato e organizzato. 114. Un buon modo per evitare di commettere errori è avere una routine per fare le cose. 97. Credo nel detto “Presto a letto, presto in piedi…”. 137. Mi preoccupo sempre di finire il mio lavoro prima di dedicarmi allo svago. 172. Le persone dicono che sono una persona per bene e corretta. 59. Tengo molto d’occhio il mio denaro in maniera da essere preparato in caso di necessità. 2. Tengo in grossa considerazione le regole poiché esse sono una buona guida da seguire.

* Nel DSM-IV questo disturbo viene etichettato come “Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità”.

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo negativistico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressività caratterizzata da risentimento: ad esempio, si mostra resistente a soddisfare le aspettative altrui, ha la tendenza a procrastinare, è inefficiente e ostinato, oppositivo e fastidioso; ammette di essere gratificato dal demoralizzare e sminuire il piacere e le aspirazioni degli altri.

Immagine di sé scontenta: ad esempio, si considera incompreso, sfortunato, non abbastanza apprezzato, escluso e avvilito dagli altri; ammette di essere amareggiato, scontento e deluso dalla vita.

Rapporti interpersonali caratterizzati da sentimenti contrari: ad esempio, assume ruoli mutevoli e contrastanti nei rapporti sociali, in particolare mostra un’acquiescenza dipendente e contrita, oppure un’indipendenza decisa e ostile; prova invidia e risentimento verso chi è più fortunato; è ostruzionista e intollerante nei confronti degli altri, verso cui ha atteggiamenti negativi o contrari.

Oggetti interni tentennanti: ad esempio, le sue rappresentazioni interne del passato comprendono un complesso di relazioni compensatorie, che mettono in moto sentimenti contraddittori, inclinazioni conflittuali e ricordi contrastanti. Tali sentimenti sono provocati dal desiderio di sminuire le conquiste e il piacere degli altri senza però che questi se ne accorgano.

Scettico dal punto di vista cognitivo: ad esempio, è cinico, dubbioso e diffidente; affronta gli eventi positivi con sfiducia e le possibilità future con pessimismo, rabbia e trepidazione; ha una visione misantropica della vita; si lamenta e brontola, mostrandosi sdegnoso e causticamente critico nei riguardi di coloro che hanno avuto fortuna.

Organizzazione divergente: ad esempio, nello schema delle sue strutture morfologiche si rileva una chiara divisione. Ne è esempio il fatto che le manovre difensive e di coping si attuano attraverso il prefiggersi mete irraggiungibili, lasciando non risolti conflitti importanti e rendendo spesso impossibile una piena coesione psichica, in quanto l’adempimento di un impulso o di un bisogno inevitabilmente ne annulla un altro o lo contrasta.

Tendenza allo spostamento: ad esempio, scarica immediatamente rabbia e altre emozioni problematiche, o utilizza manovre inconsce per spostarle dalla causa reale ad ambienti o persone meno significativi; maschera la disapprovazione con mezzi passivi o sostitutivi come, ad esempio, agendo in modo inetto o perplesso, o comportandosi in maniera negligente o indolente.

Umore irritabile: ad esempio, è spesso suscettibile, capriccioso e irritabile, con conseguenti ritiri astiosi e improvvisi; è spesso petulante e impaziente, schernisce senza ragione chi è investito di autorità e riferisce di essere facilmente annoiato o frustrato dagli altri.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (negativistico) Criterio del DSM-IV* Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 796).

Item paralleli del MCMI-III 7. Quando la mia famiglia esercita pressione su di me spesso mi sento adirato e rifiuto di fare ciò che loro desiderano. 115. Le altre persone mi danno la colpa per cose che non ho fatto. 79. Sono spesso seccato e di cattivo umore. 50. Mi infastidiscono moltissimo le persone arroganti che pensano sempre di poter fare le cose meglio di me. 126. La maggior parte delle persone attualmente di successo sono state fortunate o disoneste. 36. Spesso lascio emergere i miei sentimenti di rabbia e mi sento terribilmente in colpa per questo.

* Nel DSM-IV questo disturbo è denominato “Disturbo Passivo-Aggressivo di Personalità (Disturbo Negativistico di Personalità)”.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo masochistico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Astinente nell’espressività: ad esempio, si presenta come indulgente, sobrio e casto; è riluttante nel ricercare esperienze piacevoli e nel mostrare di godere la vita; agisce in maniera modesta e si mantiene in disparte; preferisce porsi in una luce inferiore o in una posizione degradante.

Immagine di sé immeritevole: ad esempio, si autoumilia, si concentra sugli aspetti più negativi della propria personalità, dando per scontato di doversi vergognare, di venire umiliato e svalutato; ritiene di aver fallito nel rispondere alle aspettative altrui e di meritare quindi di soffrirne le dolorose conseguenze.

Deferente nei rapporti interpersonali: ad esempio, evita coloro che sono eccessivamente protettivi, preferendo relazionarsi con soggetti per i quali si può sacrificare, con cui può essere servile e ossequioso, accettando, o addirittura incoraggiando, il suo maltrattamento e, in generale, il suo sfruttamento; rende inefficaci i tentativi degli altri di aiutarlo e li sollecita a condannarlo, accettando rimproveri immeritati e provocando critiche ingiuste.

Oggetti interni screditati: ad esempio, le rappresentazioni degli oggetti sono composte di rapporti passati falliti e di conquiste personali disprezzate; i sentimenti positivi e gli impulsi erotici sono trasformati nei loro opposti meno attraenti; i conflitti interni sono intenzionalmente aggravati; i meccanismi per ridurre la disforia sono sostituiti dai processi che intensificano il disagio.

Diffidente dal punto di vista cognitivo: ad esempio, esita nell’interpretare positivamente le esperienze, per paura che esse possano perdere le loro caratteristiche problematiche o impedire esiti negativi e autodenigratori; di conseguenza, ha l’abitudine di esprimere ripetutamente atteggiamenti e convinzioni contrarie a idee e sentimenti favorevoli.

Organizzazione invertita: ad esempio, a causa di una pressoché totale inversione della polarità piacere-dolore, le strutture morfologiche hanno qualità contrastanti e doppie, una più o meno convenzionale, l’altra il suo opposto. Tali strutture provocano una ripetuta perdita di affetti e di intenti, uno spostamento da canali di gratificazione sana a quelli che suscitano frustrazione e la tendenza a intraprendere azioni che producono conseguenze antitetiche, se non addirittura di autosabotaggio.

Tendenza all’esagerazione: ad esempio, per mantenere la sofferenza a livelli omeostatici, rimugina ripetutamente sulle ingiustizie subite in passato e anticipa delusioni future; sminuisce gli obiettivi personali e allontana la buona sorte per aumentare o mantenere i livelli abituali di sofferenza e di dolore.

Umore disforico: ad esempio, prova un complesso misto di emozioni: a volte è ansiosamente apprensivo, altre trascurato e triste, oppure angosciato e tormentato; mostra intenzionalmente un aspetto lamentoso e ansioso, spesso allo scopo di causare negli altri sensi di colpa e di disagio.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (masochistico) Criterio del DSM-III-R*

Item paralleli del MCMI-III

Cfr. DSM-III-R (1987; ed. it.: Masson, 1990, pp. 442445).

19. Ho l’impressione di scegliere amici che finiscono col trattarmi male. 70. Penso spesso di non meritare le cose buone che mi accadono. 43. Dopo che mi è capitato qualcosa di buono mi sento spesso triste o ansioso. 161. Ho l’impressione di creare con gli altri situazioni nelle quali vengo offeso o mi sento respinto. 104. Non riesco a provare piacere poiché ho l’impressione di non meritarlo. 122. Mi sembra di sprecare le buone occasioni che mi si presentano. 90. Quando le persone sono gentili con me a volte vado in confusione e sto male.

* Il disturbo masochistico di personalità non è stato incluso nel DSM-IV. Nel DSM-III-R viene etichettato come “Disturbo Autofrustrante di Personalità”.

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo schizotipico Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Eccentrico nell’espressività: ad esempio, manifesta manierismi goffi e peculiari; è percepito dagli altri come anormale, pronto a comportarsi in modo piuttosto eccentrico, diverso, curioso o bizzarro.

Immagine di sé estraniata: ad esempio, mostra ricorrenti perplessità e illusioni sociali, nonché esperienze di depersonalizzazione, di derealizzazione e di dissociazione; si considera trascurato, con ripetuti pensieri di vuoto e di vita senza significato.

Riservato nei rapporti interpersonali: ad esempio, preferisce la privacy e l’isolamento, con affetti rari e obblighi personali poco impegnativi; con il passare del tempo, ricopre ruoli professionali sempre più periferici e svolge attività sociali clandestine.

Oggetti interni caotici: ad esempio, le rappresentazioni interne consistono di un frammentario miscuglio di rapporti e affetti precoci, spinte e impulsi casuali, canali di regolamento non coordinati che solo saltuariamente servono a controllare le tensioni, a soddisfare i bisogni e a mediare i conflitti.

“Autistico” da un punto di vista cognitivo: ad esempio, la capacità di intuire i pensieri e i sentimenti altrui è nettamente disfunzionale; confonde comunicazione sociale con elementi personali non pertinenti, discorsi circostanziali, idee di riferimento e deviazioni metaforiche; spesso è pensieroso, assorbito in se stesso e perso in sogni a occhi aperti; possono esserci pensiero magico, illusioni corporee, convinzioni strane e una confusione di realtà e fantasia.

Organizzazione frammentata: ad esempio, i confini dell’Io sono permeabili; le operazioni difensive e di reazione sono disposte casualmente in un insieme non compatto di strutture morfologiche; questo porta ad azioni irregolari tramite cui i pensieri e gli affetti primitivi vengono scaricati direttamente con scarsa possibilità di sublimazioni compatibili con la realtà; è possibile un’ulteriore e significativa frammentazione, fino a un livello strutturale psicotico, anche in seguito a stress moderato.

Tendenza all’annullamento: ad esempio, manierismi bizzarri e pensieri idiosincratici sembrano riflettere una ritrattazione o un’inversione di azioni o di idee precedenti, che hanno mosso sentimenti di ansia, conflitto o sensi di colpa; il comportamento ritualistico o magico ha lo scopo di portare al pentimento o di annullare presunti misfatti o pensieri “demoniaci”.

Umore turbato o insensibile: ad esempio, è eccessivamente apprensivo e a disagio, specialmente negli incontri sociali; è agitato e ipervigile, manifestando quindi sfiducia negli altri e sospetti sui motivi che li muovono: questo atteggiamento persiste nonostante l’aumento di familiarità; manifesta, inoltre, un atteggiamento scialbo, apatico, indolente, privo di gioia e di spirito; è gravemente carente nei rapporti relazionali e nella espressione delle emozioni.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (schizotipico) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 704).

Item paralleli del MCMI-III 162. Mi perdo spesso nei miei pensieri e dimentico cosa stia accadendo attorno a me. 138. Posso affermare che le persone parlano di me quando gli passo vicino. 76. Continuo ad avere strani pensieri dai quali vorrei potermi liberare. 71. Quando sono solo, sento spesso la vicinanza di qualcun altro che non si può vedere. 117. Le persone pensano che io a volte parlo di cose strane o diverse rispetto a loro. 8. Le persone si divertono alle mie spalle parlando di come mi comporto o di come appaio. 156. Non capisco perché alcune persone mi sorridono. 48. Tanto tempo fa ho deciso che la miglior cosa è avere poco a che fare con le persone. 158. Divento molto nervoso con le persone che non conosco bene perché potrebbero volermi danneggiare. segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-5 – continua Prototipo borderline Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressività spasmodica: ad esempio, mostra un livello di attivazione instabile, con esplosioni improvvise, inaspettate e impulsive; presenta bruschi cambiamenti interni nella gestione degli impulsi e dei controlli inibitori; l’attivazione e l’equilibrio emotivo sono costantemente a rischio; manifesta ricorrenti tentativi suicidari e comportamenti di automutilazione.

Immagine di sé instabile: ad esempio, presenta un’immagine di sé marcatamente e persistentemente immatura, nebulolosa e instabile, spesso caratterizzata da sottostanti sentimenti cronici di vuoto; cerca di rimediare ad azioni impulsive e di cambiare le rappresentazioni di sé con espressioni di contrizione e con un comportamento autopunitivo.

Paradossale nei rapporti interpersonali: ad esempio, nonostante il suo disperato bisogno di attenzione e affetto, si mostra in modo non prevedibile, ribelle, manipolativo e volubile, attirando così più spesso risposte di rifiuto che di sostegno; reagisce disperatamente alla paura di essere abbandonato e isolato, ma spesso lo fa in un modo iroso e autodistruttivo.

Oggetti interni incompatibili: ad esempio, le rappresentazioni interiorizzate includono aspetti rudimentali e sono elaborate in modo estemporaneo e fallimentare, che producono ricordi conflittuali, atteggiamenti discordanti, bisogni contraddittori, emozioni antitetiche, impulsi intermittenti e strategie contrastanti per la riduzione dei conflitti.

Capriccioso dal punto di vista cognitivo: ad esempio, le percezioni e i pensieri relativi agli eventi passati sembrano mutare rapidamente, sono fluttuanti e antitetici; prova emozioni contrastanti e pensieri conflittuali circa se stesso e gli altri, in particolare amore, rabbia e colpa; il suo comportamento provoca negli altri reazioni conflittuali e confuse.

Organizzazione scissa: ad esempio, le strutture interne hanno una configurazione segmentata e conflittuale, nella quale, tra i vari elementi, si nota una netta mancanza di coerenza e conformità; i livelli di consapevolezza variano spesso, provocando rapidi movimenti tra confini che normalmente separano percezioni, ricordi e affetti contrastanti; tutto ciò porta a scissioni periodiche, nelle quali sono presenti ordine e una coesione psichica limitati, che spesso danno origine a episodi psicotici transitori, legati allo stress.

Regressione: ad esempio, sotto stress si rifugia in modalità primitive di tolleranza dell’ansia, di controllo degli impulsi e di adattamento sociale; in adolescenza, questi soggetti non sono in grado di affrontare le richieste degli adulti e i conflitti, come risulta evidente dalla messa in atto di comportamenti immaturi, a tratti infantili.

Umore labile: ad esempio, non riesce a trovare un equilibrio tra il livello disforico dell’umore e la realtà esterna; presenta, infatti, netti cambiamenti tra la normalità e la depressione o l’eccitazione, oppure ha periodi di abbattimento e di apatia, intervallati da episodi di rabbia intensa e inadeguata e brevi periodi di ansia e di euforia.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (borderline) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 714).

Item paralleli del MCMI-III 120. Compierò un gesto disperato per evitare che una persona che io amo mi abbandoni. 98. I miei sentimenti sulle persone importanti della mia vita cambiano spesso dall’amore all’odio. 72. Mi sento privo di scopi e non so cosa sto combinando nella vita. 41. Ho fatto una serie di cose stupide in maniera impulsiva e ciò ha finito per causarmi grossi problemi. 154. Ho provato a suicidarmi. 83. I miei stati d’animo sembrano cambiare moltissimo da un giorno all’altro. 142. Sento spesso che non c’è niente dentro di me, come se fossi vuoto e svuotato. 30. Ultimamente ho cominciato a sentire l’impulso di rompere le cose. 134. A volte mi sento come un pazzo o fuori dalla realtà quando le cose cominciano ad andare male nella mia vita. segue

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-5 – continua Prototipo paranoide Operazionalizzazione funzionale-strutturale Processi funzionali

Attributi strutturali

Espressività allarmata: ad esempio, è attento e vigile, pronto ad anticipare ed evitare discredito, malignità e inganni; è tenace e decisamente resistente a fonti esterne di influenza e controllo.

Immagine di sé inviolabile: ad esempio, ha idee persistenti di importanza e di autoriferimento, percepisce attacchi verso di sé che non risultano evidenti agli altri; considera personalmente denigratorie e offensive, se non addirittura diffamatorie, azioni ed eventi del tutto innocui; è orgogliosamente indipendente, riluttante a fidarsi degli altri e ha una mentalità ristretta, tuttavia prova intense paure di perdere la propria identità, il proprio status e la capacità di autodeterminazione.

Provocatorio nei rapporti interpersonali: ad esempio, conserva rancore e non perdona; mostra un atteggiamento litigioso, permaloso e caustico con le nuove conoscenze; scatena esasperazione e rabbia per la continua necessità di mettere alla prova la lealtà degli altri e presenta una preoccupazione invadente e inquisitoria.

Oggetti interni inalterabili: ad esempio, le rappresentazioni interiorizzate dei primi rapporti significativi sono costituite da una configurazione fissa e implacabile di convinzioni e di atteggiamenti profondamente radicati, provocati da convinzioni ostinate, ordinate in modo idiosincratico, con una gerarchia fissa di presupposti, paure e congetture tenaci e ingiustificate.

Sospettoso dal punto di vista cognitivo: ad esempio, è scettico, cinico e diffidente in modo ingiustificato verso gli altri, compresi parenti, amici e compagni; attribuisce a eventi innocui intenti nascosti o cospiratori; mostra la tendenza a vedere significati nascosti in situazioni benevole e a ingigantire difficoltà secondarie o minori trasformandole in prove di menzogna e di inganno, specialmente per quanto concerne la fedeltà e la lealtà del coniuge o di un amico.

Organizzazione rigida: ad esempio, è presente una sistematica inflessibilità delle strutture morfologiche sottostanti; canali rigidamente prefissati di reazione difensiva, di mediazione dei conflitti e del bisogno di gratificazione creano una cornice di tensioni e forze del tutto incapace di compromessi, tanto che gli agenti stressanti non previsti scatenano facilmente esplosioni dirompenti o frammentazioni interne.

Proiezione: ad esempio, rinnega attivamente tratti e motivi personali indesiderati e li attribuisce ad altri; non si rende conto del proprio comportamento e delle proprie caratteristiche sgradevoli, pur rimanendo molto attento e ipercritico verso elementi simili riscontrati negli altri.

Umore irascibile: ad esempio, mostra un contegno freddo, accigliato, avaro e privo di spirito; tenta di apparire non emotivo e obiettivo, ma è invece irritabile, invidioso, geloso e permaloso e spesso reagisce rabbiosamente.

Corrispondenza tra DSM e MCMI (paranoide) Criterio del DSM-IV Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 696).

Item paralleli del MCMI-III 49. Sin da bambino ho dovuto stare attento alle persone che cercavano di imbrogliarmi. 103. Persone in malafede provano spesso a prendersi il merito per cose che io ho fatto o pensato. 175. Ci sono persone che si suppone essere miei amici che vorrebbero farmi del male. 167. Sto molto attento a mantenere la mia vita una cosa privata cosicché nessuno si possa approfittare di me. 146. Mi chiedo sempre qual è il vero motivo per cui una persona si stia comportando in maniera così carina con me. 6. Le persone non mi sono mai state abbastanza riconoscenti per le cose che ho fatto. 42. Non perdono mai un insulto né dimentico qualcosa che mi è stato fatto per mettermi in imbarazzo. 33. Se qualcuno mi critica perché ho commesso un errore, voglio subito mettere in risalto gli errori di chi mi ha criticato. 89. Osservo la mia famiglia attentamente perché voglio sapere chi merita fiducia e chi no

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Una caratteristica tipica è che esse appaiono in forma alquanto improvvisa o drammatica, spesso accentuando o intensificando gli elementi più comuni dello stile di personalità premorboso o di base. Durante i periodi nei quali la patologia è attiva, non è insolito che molti sintomi varino e cambino da un momento all’altro nel loro grado di gravità. Le scale delle sindromi cliniche del MCMI-III (A – Ansia, H – Somatizzazione, N – Bipolare: Mania, D – Distimia, B – Dipendenza da Alcol, T – Dipendenza da Droghe e R – Disturbo Post-Traumatico da Stress) rappresentano disturbi di media gravità. Le scale delle sindromi cliniche gravi (SS – Disturbo del Pensiero, CC – Depressione Maggiore e PP – Disturbo Delirante) mostrano disturbi di gravità marcata. Ciascuno di questi disturbi è descritto qui di seguito. La figura 2-6 elenca gli item prototipici assegnati a ciascuna scala dell’Asse I. 2.5.1. Sindromi cliniche moderatamente gravi (scale da A a R) Scala A – Ansia (Anxiety). Un paziente tipicamente ansioso presenta una vaga apprensione o specifiche fobie, è teso, indeciso, agitato e tende a lamentarsi di vari tipi di malesseri fisici, quali tensione, sudorazione eccessiva, generici dolori muscolari e nausea. Un esame delle risposte del paziente alla scala Ansia aiuterà a determinare se il soggetto sia principalmente un fobico e, più specificamente, se tale fobia sia di tipo semplice o sociale. La maggior parte dei pazienti ansiosi, tuttavia, evidenzia uno stato generalizzato di tensione, manifestato da un’incapacità a rilassarsi, movimenti nervosi e tendenza a reagire e spaventarsi. Un’altra caratteristica è la denuncia di un malessere sintomatico come, ad esempio, mani fredde o mal di stomaco. Rilevante è anche la presenza di inquietudine e di un senso di apprensione per problemi che si considerano imminenti, un atteggiamento di allerta eccessiva verso l’ambiente, nervosismo e suscettibilità generalizzata. Scala H – Somatizzazione (Somatoform). I pazienti con punteggi elevati alla scala Somatizzazione esprimono le loro difficoltà psicologiche attraverso canali somatici, periodi duraturi di affaticamento e di debolezza, nonché una forte preoccupazione indefinita per la salute e una grande varietà di dolori intensi ma del tutto aspecifici in parti diverse del corpo in alcun modo collegate fra loro. Alcuni pazienti mostrano un disturbo somatico primario caratterizzato da ricorrenti e molteplici lamentele somatiche, spesso presentate in una forma drammatica, vaga oppure esagerata. Altri pazienti presentano una storia che potrebbe essere meglio definita come ipocondria; essi interpretano malesseri o sensazioni fisiche, anche minime, come sintomi di una grave malattia. Se qualche patologia è effettivamente presente, tendono a considerarla molto grave nonostante le rassicurazioni del medico. È tipico che le lamentele somatiche abbiano lo scopo di ottenere l’attenzione degli altri. Scala N – Bipolare: Mania (Bipolar: Manic). I pazienti bipolari evidenziano periodi di esaltazione, esagerata autostima, infaticabile iperattività, distraibilità, linguaggio accelerato, impulsività e irritabilità. È evidente anche un entusiasmo generalizzato, una pianificazione eccessiva per il raggiungimento di mete non realistiche, rapporti interpersonali intrusivi fino a diventare dominanti e pieni di pretese, una riduzione della necessità di sonno, fuga delle idee, rapidi e transitori cambiamenti di umore. Punteggi molto alti possono indicare la presenza di processi psicotici in atto, compresi deliri e allucinazioni. Scala D – Distimia (Dysthymia). I pazienti con punteggio alto alla scala Distimia rimangono attivi nella vita quotidiana, ma da anni sono afflitti da sentimenti di scoraggiamento o di colpa, da mancanza di iniziativa, da comportamento apatico, da scarsa autostima e spesso fanno commenti di autobiasimo. Durante i periodi di prostrazione emotiva possono presentare comportamento lamentoso, idee suicidarie, avere un atteggiamento pessimistico verso il futuro, isolarsi socialmente, avere scarso appetito o iperfagia, lamentare affaticamento cronico, scarsa capacità di concentrazione, netta perdita di interesse in attività piacevoli e riduzione dell’efficacia di esecuzione dei compiti routinari della vita. A meno che anche il punteggio della scala CC (Depressione Maggiore) sia molto elevato, non ci sono molte probabilità che si evidenzino elementi depressivi psicotici. Un attento esame delle risposte agli item specifici che contribuiscono all’alto punteggio del paziente alla scala Distimia dovrebbe consentire al clinico di discriminare le particolari caratteristiche dell’umore distimico (ad esempio: bassa autostima o assenza di speranza). Scala B –: Dipendenza da Alcol (Alcohol Dependence). Un paziente con un punteggio elevato alla scala Dipendenza da Alcol ha probabilmente alle spalle una storia di alcolismo ed è altrettanto probabile che abbia provato a superare il problema con scarso successo, cosa che genera un grande sconforto sia nell’ambiente familiare sia in quello lavorativo.

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2. Validità teorico-sostanziale

Figura 2-6 Item prototipici per le scale dell’Asse I del MCMI-III Ansia (scala A) 58. Nelle ultime settimane sono molto nervoso. 75. Ultimamente sudo moltissimo e mi sento molto teso. 124. Quando sono solo e lontano da casa mi sento teso e molto agitato. 147. Ci sono alcuni pensieri che mi tornano alla mente continuamente. 164. Ci sono terribili eventi del passato che mi tornano ripetutamente alla mente per tormentare i miei pensieri e i miei sogni. 170. Ripeto alcuni miei comportamenti più e più volte, o per ridurre la mia ansia o per evitare che accada qualcosa di brutto. Somatizzazione (scala H) 4. Mi sento debole e stanco per la maggior parte del tempo. 11. Mentre cammino ho grosse difficoltà a mantenere l’equilibrio. 37. Perdo spesso la capacità di sentire qualunque sensazione in alcune parti del corpo. 55. Nelle scorse settimane mi sono sentito esausto senza alcun particolare motivo. 74. Mi sembra quasi impossibile dormire e mi alzo stanco come quando sono andato a letto. Bipolare: Mania (scala N) 3. Mi piace fare talmente tante cose diverse che non riesco a decidere su cosa fare per prima. 54. Succede spesso, senza alcun motivo, che io mi senta gioioso e euforico. 96. In passato le persone hanno detto che io ero troppo interessato ed eccessivamente entusiasta di troppe cose. 106. Ho avuto molti periodi nella vita nei quali ero talmente gioioso e utilizzavo talmente tante energie che mi sono sentito molto giù di morale. 125. Le persone a volte si arrabbiano con me perché dicono che parlo troppo o troppo velocemente per loro. Distimia (scala D) 24. Ho iniziato a sentirmi un fallito qualche anno fa. 56. Da qualche tempo mi sento molto in colpa perché non riesco più a fare le cose nella maniera corretta. 62. Nell’ultimo o negli ultimi due anni sono diventato piuttosto scoraggiato e triste riguardo alla vita. 86. Da un po’ di tempo a questa parte mi sento triste e malinconico e non riesco a riprendermi. 111. Mi sembra di aver perso interesse per molte cose in cui trovavo piacere come, ad esempio, il sesso. 130. Non ho più le energie per concentrarmi sulle mie responsabilità quotidiane. Dipendenza da Alcol (scala B) 52. Ho qualche problema con l’alcol che ha provocato difficoltà a me e alla mia famiglia. 77. Ho moltissimi problemi nel controllare il mio impulso di bere fino all’eccesso. 100. Ritengo di non essere molto diverso dai miei genitori nel diventare una specie di alcolista. 152. Ho un problema col bere che ho provato senza successo a risolvere. 23. (Falso) Bere alcolici non mi ha mai causato nessun problema serio sul lavoro. Dipendenza da Droghe (scala T) 13. In passato l’uso di droghe mi ha spesso dato una grossa quantità di problemi. 39. Assumere le cosiddette droghe illegali potrebbe essere poco saggio ma in passato ne ho avuto bisogno. 66. In passato il mio abituale abuso di droghe ha fatto sì che mi assentassi dal lavoro. 91. Il mio uso delle cosiddette droghe illegali ha causato discussioni in famiglia. 118. Ci sono state volte in cui non avrei potuto affrontare la giornata senza qualcuna di quelle droghe che si comprano per strada. 136. So di aver speso più soldi di quanto avrei dovuto per comprare droghe illegali. Disturbo Post-Traumatico da Stress (scala R) 109. Il ricordo di un’esperienza molto sconvolgente del mio passato continua a tornare e ossessiona i pensieri. 129. Anni dopo ho ancora incubi su un evento che ha realmente minacciato la mia vita. segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 2-6 – continua 149. 160. 173.

Mi sento nervoso e ho difficoltà a prendere sonno a causa di dolorosi ricordi di eventi passati che mi girano per la testa. La mia vita attuale è ancora sconvolta dai ricordi di qualcosa di terribile accadutomi. Mi sento ancora terrorizzato quando penso a un’esperienza traumatica che ebbi alcuni anni fa.

Disturbo del Pensiero (scala SS) 34. Ultimamente mi sento a pezzi. 61. Le idee mi girano ripetutamente in testa e non vogliono più andar via. 68. Ultimamente devo pensare e ripensare sulle cose senza alcun buon motivo. 78. Anche quando sono sveglio mi sembra di non notare le persone che mi stanno attorno. 102. Sin da bambino sto perdendo contatto col mondo reale. 168. Molto spesso sento le cose così bene da provare fastidio. Depressione Maggiore (scala CC) 1. Ultimamente mi sembra di perdere le forze, anche al mattino. 44. In questo periodo mi sento terribilmente depresso e triste per la maggior parte del tempo. 107. Ho completamente perso l’appetito e ho problemi a dormire la maggior parte delle notti. 128. Mi sento profondamente depresso a causa di nessun motivo che io possa immaginare. 150. Ogni giorno guardare al futuro mi fa sentire terribilmente depresso. 171. Recentemente ho pensato seriamente di farla finita. Disturbo Delirante (scala PP) 63. Molte persone hanno spiato la mia vita privata per anni. 119. Le persone stanno provando a farmi credere che io sia pazzo. 140. Penso che si stia complottando contro di me. 153. Qualcuno sta cercando di controllare i miei pensieri.

In questa e nella scala successiva (Dipendenza da Droghe) l’importante è l’opportunità di considerare il problema nel contesto dello stile complessivo del funzionamento e della capacità di lottare che caratterizza la personalità del paziente. Scala T – Dipendenza da Droghe (Drug Dependence). Un punteggio elevato alla scala Dipendenza da Droghe indica che il paziente probabilmente ha una storia ricorrente o recente di abuso di droghe, trova difficile reprimere gli impulsi o mantenerli entro i limiti delle convenzioni sociali ed è incapace di affrontare le conseguenze di questo comportamento. Questa scala – che come la scala Dipendenza da Alcol è composta di molti item celati e indiretti – può essere utile per identificare i soggetti che non sono pronti ad ammettere l’esistenza del loro problema di dipendenza. Scala R – Disturbo Post-Traumatico da Stress (Post-Traumatic Stress Disorder). I pazienti con punteggi elevati alla scala Disturbo Post-Traumatico da Stress hanno fatto esperienza di un evento che ha comportato una seria minaccia per la loro vita e questo evento ha fatto loro provare sentimenti di forte paura o impotenza. Le immagini e le emozioni associate al trauma causano a lungo e in modo persistente ricordi angoscianti e incubi che a loro volta nuovamente attivano le emozioni scatenate dall’evento originario. Persistono sintomi di eccitazione ansiosa (ad esempio: esagerata propensione a trasalire, ipervigilanza) e il soggetto si sforza di evitare circostanze associabili al trauma. 2.5.2. Sindromi cliniche gravi (scale SS, CC e PP) Scala SS – Disturbo del Pensiero (Thought Disorder). A seconda della durata e dell’andamento delle manifestazioni sintomatologiche, i pazienti con un punteggio alto a questa scala sono classificati generalmente come “schizofrenici” o “schizofreniformi” oppure come soggetti affetti da una “breve psicosi reattiva”. Possono presentare periodicamente un comportamento incongruo, disorganizzato o regressivo, spesso appaiono confusi e disorientati e occasionalmente possono mostrare un’affettività inadegua-

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2. Validità teorico-sostanziale

ta, allucinazioni di vario tipo e deliri non sistematici. Il pensiero può essere disorganizzato o bizzarro. L’affettività può essere appiattita e i soggetti possono provare un diffuso senso di isolamento o ritenere di essere incompresi dagli altri. Si può riscontrare una reazione di allontanamento e un comportamento tendente all’isolamento e al riserbo. Scala CC – Depressione Maggiore (Major Depression). I pazienti con un alto punteggio a questa scala manifestano, anche in un ambiente normale, un’estesa incapacità funzionale, sono gravemente depressi e mostrano timore per il futuro, idee suicidarie e atteggiamento rassegnato senza speranza. Alcuni soggetti presentano un netto ritardo motorio mentre altri un’accentuata agitazione, con cui viene sottolineato incessantemente il loro stato di disagio e le loro lamentele. Durante questi periodi spesso emergono numerosi problemi somatici e in particolare diminuzione dell’appetito, stanchezza, perdita o incremento del peso, insonnia e risveglio precoce. Sono presenti, inoltre, frequenti problemi di concentrazione come pure sentimenti di inadeguatezza o di colpa. È spesso evidente l’avere paura e la tendenza a rimuginare. A seconda dello stile di personalità sottostante, si può riscontrare un pattern composto da timidezza, introversione, ritiro, indolenza oppure un tono dell’umore irritabile, lamentoso e piagnucoloso. Scala P – Disturbo Delirante (Delusional Disorder). I pazienti con un disturbo delirante sono frequentemente considerati come paranoici acuti e possono diventare in alcuni momenti molto combattivi, esprimendo irrazionali ma interconnessi deliri di natura persecutoria o grandiosa, ma anche di gelosia. A seconda della presenza di altre sindromi concomitanti, si possono riscontrare chiari segni di pensiero disturbato e di idee di riferimento. L’atteggiamento è generalmente ostile e il soggetto riferisce la sensazione di essere provocato e maltrattato. Concomitanti tipiche sono una forte sospettosità nascosta, vigilanza e allerta per eventuali tradimenti.

2.6. Procedura di validazione degli item del MCMI In precedenza abbiamo parlato della provenienza dei costrutti dell’Asse II e della natura dei costrutti dell’Asse I nel MCMI. Quando è stato pubblicato per la prima volta il MCMI, non vi era ancora la necessità di coordinarlo con altri schemi ufficiali di disturbo mentale anche perché il DSM-III non era ancora stato pubblicato. Di seguito saranno descritti gli esordi del MCMI, in modo da poter meglio descrivere i vari passi che sono stati intrapresi per formulare e validare in modo razionale la prima versione degli item. Queste informazioni sono importanti ai fini storici e didattici nonché per illustrare la continuità tra il MCMI e il MCMI-III. La fase di validazione teorico-sostanziale nello sviluppo del MCMI è avvenuta attraverso tre momenti concatenati: a) la creazione di un gruppo iniziale di item sequenziali con fondamento teorico, b) la riduzione del gruppo di item su base razionale e c) la scelta degli item per stabilire due forme provvisorie equivalenti dello strumento. 2.6.1. Creazione di un gruppo di item La costruzione del MCMI è stata realizzata in maniera innovativa rispetto alla procedura tradizionale della selezione di item con validità sia di contenuto sia di facciata; i gruppi di item per ciascuna scala che era indice di una sindrome erano preparati sulla base di definizioni di derivazione teorica (Gynther, Burkhart e Hovanitz, 1979; Holden e Jackson, 1979; Wrobel e Lachar, 1982). Caratteristiche dettagliate di ogni sindrome, pubblicate nei primi lavori, hanno fornito un campionario di comportamenti reattivi tipici per le varie sindromi espresse in diversi contesti situazionali. Scrivere e selezionare fin dall’inizio gli item da questo ampio spettro di caratteristiche ha garantito che il contenuto del gruppo iniziale fosse comprensivo e rappresentativo. Oltre al volume Modern Psychopathology (Millon, 1969/1983), il testo teorico più importante dell’epoca, sono state esaminate più di ottanta fonti, compresi trattati di psichiatria e di psicologia, scale di punteggi e test di personalità già pubblicati, allo scopo di produrre più di 3500 definizioni di item autodescrittivi orientati al contenuto. In seguito, per fare una classificazione iniziale degli item, si è ricavato un gruppo di 20 scale cliniche teoriche. Tre delle scale originali sono state abbandonate e sostituite da scale di uso clinico potenzialmente migliore. Il sottogruppo di scale di personalità di base variava da 177 item per la categoria del pattern schizoide a 432 per il gruppo antisociale. Le scale dei disturbi di personalità gravi andavano da 179 item per la categoria schizotipico a 200 per il gruppo borderline. Le scale delle sindromi cliniche variavano da un numero di 70

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

item per la categoria somatizzazione fino a 94 nel gruppo dell’ansia. In questa fase di sviluppo tutti gli item erano formulati in modo che la risposta “Vero” significasse la presenza della sindrome cui la scala si riferiva. Sebbene all’inizio ci fosse stata una certa preoccupazione relativa alla predisposizione all’accondiscendenza (Jackson e Messick, 1961), ricerche successive hanno indicato che il ruolo di questa tendenza era probabilmente minore (Rorer, 1965). Le prove iniziali, inoltre, hanno suggerito che item espressi in forma negativa non avevano sufficiente specificità differenziale da essere utili. Numerosi pazienti con diversi tipi di sindromi, in altri termini, sono propensi a concludere che un particolare item comportamentale non si applichi a loro, mentre solo in alcune circoscritte tipologie i soggetti riconoscono quel comportamento come proprio. Queste ipotesi sono state confermate da studi successivi condotti da altri: item formulati in modo negativo hanno dimostrato di avere un potere discriminante considerevolmente inferiore per un uso diagnostico (Holden, Fekken e Jackson, 1985). 2.6.2. Riduzione del gruppo di item seguendo criteri razionali La procedura per ridurre gli item in base a parametri razionali prevedeva numerosi stadi di stesura, utilizzando criteri quali la grammatica, la chiarezza, la semplicità, la validità del contenuto e l’importanza della scala. Come primo passo i lettori hanno eliminato gli item che non erano espliciti, che erano eccessivamente complessi e che potevano essere contestati. Sono stati anche eliminati gli item che contenevano il bias della desiderabilità: potevano risultare inaffidabili o avrebbero finito per avere altissima approvazione. In maniera più efficace possiamo affermare che gli item sono stati selezionati perché esemplificavano i tratti che ben caratterizzavano il costrutto sottostante alla scala di specifico interesse. Si è mirato a scegliere item che raggiungessero una validità convergente e discriminante, cioè si è tentato di giudicare gli item non solo in termini di importanza per una data scala ma anche in termini di “non adattabilità” ad altre scale selezionate di sindromi (Campbell e Fiske, 1959). Un altro importante criterio è stato quello di cercare di includere l’intera sfera di tratti e di comportamenti che caratterizzano ciascuna sindrome. Piuttosto che concentrarsi su uno o più elementi tra quelli che caratterizzavano meglio uno schema di personalità o una sindrome clinica, si è cercato di fornire un campione equilibrato e rappresentativo di tutte le caratteristiche della scala (Wiggins, 1973). Oltre ai già citati step preliminari per la riduzione del numero di item, in questa fase si sono impiegate quattro procedure empiriche per esaminare questo gruppo di item. Primo, a un piccolo campione di pazienti è stato chiesto di leggere gli item rimanenti e di giudicare attraverso un punteggio se risultavano chiari. Secondo, dopo che in base ai giudizi dei pazienti la lista si è ridotta, è stato chiesto a otto professionisti nella salute mentale, competenti sia a livello di teoria che a livello di nosologia, di selezionare in cieco tutti gli item per assegnarli poi alle categorie teoriche più appropriate. Venivano mantenuti solo gli item che erano stati situati in modo corretto da sei o più di questi clinici cioè secondo il modello teorico dello strumento. Terzo, gli item che avevano superato questa prima prova di “migliore adattabilità” clinica sono stati riassegnati ancora una seconda e una terza volta, prima all’interno della loro sottosezione (fatta eccezione per la sezione delle personalità patologiche di tre scale, nella quale si eseguiva solo un secondo sorteggio) e poi nelle altre. Si sono conservati i dati per successive decisioni in merito al punteggio multiplo degli item. Quarto, gli item che avevano superato le prime cernite venivano selezionati ancora una volta per un primo e un secondo controllo di “adattabilità negativa”, cioè per gli item che probabilmente non sarebbero stati confermati da soggetti con particolari stili o disturbi di personalità. Ad esempio, un item indice di un forte interesse nelle attività sociali avrebbe potuto essere selezionato scorrettamente nella scala Schizoide. Questi dati sono stati conservati come fonte di informazione utile in una successiva fase dello sviluppo del test per individuare le risposte false. 2.6.3. Creazione di forme provvisorie valide Usando i criteri e la sequenza di step già esposti in precedenza, il gruppo iniziale di item è stato ridotto ai 1132 item che soddisfacevano il criterio di “miglior adattabilità”; questi sono stati, quindi, suddivisi nelle varie scale (in questo stadio della ricerca non sono state incluse la seconda e la terza selezione di “migliore adattabilità” e di “adattabilità negativa”). Sono stati inclusi, inoltre, 36 item di controllo per le risposte casuali, i rifiuti e la tendenza alle lamentele; sono stati scartati i protocolli che avevano alti punteggi a queste scale che indicano alterazione. Poiché un test di 1132 item richiede molto tempo per la somministrazione ed è poco gestibile da un punto di vista statistico, il gruppo di item è stato suddiviso, secondo un criterio di raggruppamento determinato dalla loro rappresentatività, in due forme

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2. Validità teorico-sostanziale

provvisorie, ciascuna delle quali composta di 566 item. Questo specifico numero di item per ciascuna forma è stato determinato dalla possibilità di usare fogli di risposta che si adattavano precisamente a tale lunghezza. Poiché gli item di entrambe le forme erano stati scelti per la loro coerenza con i gruppi di sindromi derivati dalla teoria, le scale sono state considerate conformi ai criteri di uno strumento sostanzialmente valido. 2.6.4. Creazione e perfezionamento degli item del MCMI-III Poiché la pubblicazione del MCMI è avvenuta prima di quella del DSM-III, realizzatasi nel 1980, il compito di costruire gli item e di eseguire una validazione che avesse base razionale è stato laborioso e ha richiesto molto tempo. Oggi, invece, l’Asse II si è senza dubbio affermato come principale fonte di riferimento nella concezione della psicopatologia e il suo contenuto è stato elaborato attraverso ben tre generazioni di DSM. Il desiderio pertanto di coordinare il MCMI-III con la nosologia ufficiale ha reso la costruzione del test e la scelta razionale relativamente semplice. Inoltre, poiché l’Autore principale era anche uno dei membri del comitato per la messa a punto dell’Asse II del DSM-IV, l’interpretazione ufficiale di questi costrutti riflette in parte la loro concezione della teoria innovativa descritta nei paragrafi precedenti. Perciò, la ricerca di item autodescrittivi che comprendessero adeguatamente sia il criterio ufficiale che la prospettiva teorica dell’Autore è risultata piuttosto facile. In base al giudizio esperto dell’Autore principale è stato creato un consistente gruppo di item per il MCMI-III. Questo gruppo di item è stato poi sottoposto a un esame razionale e minuzioso da parte di ricercatori associati che lavoravano al progetto di revisione. Seguendo i loro suggerimenti e le loro osservazioni critiche, è stata preparata una forma di ricerca del MCMI-II, il MCMI-II Research Form, con 325 item, che è servita come base per un successivo studio empirico. Nel capitolo che segue saranno forniti ulteriori dettagli.

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3.

Validità strutturale interna

In qualunque campo della scienza, per spiegare i risultati dei ricercatori si possono proporre varie teorie. Nell’ambito delle scienze più avanzate come la chimica e la fisica, una delle soluzioni adottate per affrontare il problema della molteplicità di teorie in grado di rendere conto dei dati osservati è stata fornita da esperimenti strutturati con lo specifico obiettivo di introdurre nuovi paradigmi. Questi esperimenti riducono drasticamente il numero delle possibili spiegazioni teoriche, così che restano solo quelle supportate da evidenze empiriche. La sperimentazione gioca un ruolo importante nel progredire della conoscenza. Le evidenze empiriche sono determinanti nel restringere il numero e i tipi di teorie che possono essere proposte come modelli esplicativi della materia. Nelle scienze sociali si dedica meno attenzione alla sperimentazione volta alla conferma delle speculazioni teoriche. Vengono proposte nuove idee che suscitano un iniziale periodo di entusiasmo per venire alla fine abbandonate (Meehl, 1978) senza essere state sottoposte a studi rigorosi di falsificazione. Spesso le fantasiose proposte dei teorici subiscono un significativo processo di involuzione e si trasformano in un gergo tautologico che altri ricercatori del campo trovano difficile da comprendere, come ad esempio accade per le formulazioni psicoanalitiche. Così come si potrebbe proporre un indefinito numero di teorie per giustificare un particolare fenomeno, altrettanto numerosi sono gli item che potrebbero essere scritti in riferimento a un particolare costrutto psicologico. Ciascun item potrebbe essere letto come una teoria circoscritta, per cui si ipotizza che narcisisti, schizoidi, masochisti e così via riconoscano l’item come qualcosa che li contraddistingue. Quando si accorpano questi item per formare le rispettive scale, è necessario valutare tramite alcuni strumenti come funzionano. Nella pratica il metodo statistico più frequentemente usato a tal fine è l’alfa di Cronbach. Un alto coefficiente alfa indica che gli item della scala sono fortemente correlati tra loro e, quindi, funzionano in maniera coerente. Questo fornisce alcune conferme rispetto al fatto che gli item appartengono alla stessa scala. Quando le scale sono relative alla personalità, è necessario impiegare ulteriori statistiche per garantire che il loro comportamento sia coerente con la natura del costrutto di personalità. Ad esempio, i punteggi della scala dovrebbero essere stabili nel tempo, così come sembra esserlo la stessa struttura di personalità. La ricerca di scale con elevata coerenza interna è un tema ricorrente nella storia degli inventari psicologici di valutazione. Quando si è costruito il MMPI, tra la fine del 1930 e l’inizio del 1940, era sembrato molto utile un approccio esclusivamente empirico rispetto alla selezione degli item. La filosofia della scienza conosciuta come positivismo era a quel tempo in ascesa e la teoria psicologica era considerata ancora troppo debole per poter fornire una base per la costruzione degli inventari. Se gli item, apparentemente senza rapporti di contenuto, erano creati con lo scopo di differenziare un gruppo di soggetti psichiatrici da un gruppo di soggetti “normali”, questo poteva essere considerato solo un punto di interesse scientifico che avrebbe potuto in seguito diventare oggetto di interesse e di successivi approfondimenti. In questo contesto l’approccio esclusivamente esterno utilizzato per il MMPI ha portato a sviluppare scale diagnostiche che trascuravano la validità di facciata, cioè non composte di item esplicitamente riferiti ai loro costrutti. Gli item erano, invece, assegnati principalmente in base alla frequenza con cui

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

i soggetti li riconoscevano come caratteristiche proprie. Di conseguenza una scala poteva essere costituita da un certo numero di componenti indipendenti. Questo metodo di costruzione delle scale ha contribuito a creare difficoltà nell’interpretazione. Non solo, infatti, gli elementi latenti che sottostanno ai punteggi più alti di alcune scale e ai pattern sono difficili da spiegare, ma gli stessi punteggi alti e i profili possono significare cose diverse per differenti pazienti. Qualche anno fa sono stati fatti diversi sforzi per diminuire queste difficoltà di interpretazione con la creazione di nuove scale del MMPI (ad esempio: le scale di contenuto del Minnesota Multiphasic Personality Inventory-2 – MMPI-2, Butcher, Dahlstrom, Graham, Tellegen e Kaemmer, 1991; le sottoscale di Harris e Lingoes, 1955, e le scale di Wiggins, 1969).

3.1. Validità strutturale La validità interna è fondamentalmente un requisito che deriva dalla logica: un sistema di proposizioni dovrebbe essere privo di contraddizioni interne, dovrebbe cioè essere coerente rispetto a se stesso e non cadere a causa di difetti concettuali interni. La validità interna è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la sopravvivenza di una teoria o di una tassonomia. A livello di item la coerenza degli elementi base di una scala può essere valutata statisticamente. Il concetto di validità strutturale è strettamente collegato a quello di validità interna. Il confine tra le due è piuttosto confuso, ma può essere reso più chiaro se all’interno della materia di studio si opera una distinzione tra approccio induttivo e deduttivo che in questo specifico caso si collega ai concetti di personalità e psicopatologia. Una volta stabilita, la validità strutturale considera il sistema delle relazioni tra i vari costrutti come determinato dalla teoria e viene espressa operativamente da una matrice di correlazione delle scale dell’inventario. Se si adotta un approccio induttivo, invece, si può semplicemente raccogliere un gran numero di osservazioni e lasciare poi che sia la metodologia – di solito un’analisi fattoriale con rotazione Varimax – a estrarre le dimensioni più importanti o i costrutti che apparentemente sottostanno alle configurazioni di dati ottenute. È la metodologia, quindi, che guida la messa a punto della struttura finale dell’inventario. I fattori definitivi, che diventano poi scale, sono fin dall’inizio estratti con lo scopo di essere reciprocamente indipendenti e internamente coerenti. Le considerazioni strutturali interne sono determinate o imposte, dalla metodologia. La teoria che emerge dalla metodologia costituisce un’affermazione a posteriori basata sul presupposto di adeguatezza della metodologia stessa: si diffondono in questo modo strumenti per la ricerca e per la clinica che si basano su nozioni non consolidate in letteratura. Mentre un quadro induttivo può essere descritto come una teoria debole, un quadro deduttivo si delinea come una teoria forte, poiché punto di partenza sono la teoria stessa e il sistema delle relazioni proposto dalla teoria. Mentre nell’approccio induttivo-descrittivo il costrutto della struttura interna è determinato esclusivamente dalla metodologia, nell’approccio deduttivo-esplicativo il costrutto dell’inventario è sottoposto a un ulteriore obbligo di verifica in quanto deve dimostrare che il sistema di relazioni sta in piedi in base alla teoria, cioè in modo conforme alle aspettative. Nel capitolo precedente è stata descritta la teoria evoluzionistica all’interno della quale si è potuto rilevare, ad esempio, che la personalità narcisistica è collegata a quella antisociale in quanto entrambe sono orientate verso sé piuttosto che verso gli altri. La personalità narcisistica è connessa anche a quella dipendente, perché entrambe sono caratterizzate da pattern relativamente passivi. Ogni inventario che deriva da un modello deduttivo dovrebbe rivelare le relazioni e le differenze tra i fenomeni in esame e fornire le rispettive misurazioni. In un quadro deduttivo la validità strutturale non deriva direttamente dall’analisi fattoriale e non si limita a dimostrare la coerenza interna di ogni scala, ma, al contrario, si focalizza sul rispetto dei vincoli imposti da un paradigma deduttivo. Se il nostro questionario di personalità si propone di valutare i disturbi di personalità, ci si potrebbe aspettare, ad esempio, che nelle personalità classificate come dipendenti si rilevino un numero maggiore di episodi depressivi rispetto alle personalità antisociali, in quanto è probabile che i soggetti dipendenti si sentano indifesi e disperati più spesso e in misura maggiore rispetto ai soggetti antisociali che, invece, prendono maggiormente l’iniziativa e modificano il mondo che li circonda, anche se al solo scopo di migliorare la propria immagine. Queste aspettative costituiscono una serie di vincoli a cui un inventario deve attenersi per essere soddisfacente. Più complesso è il set di vincoli, meglio è, in quanto se l’inventario riesce a soddisfarne molti fin dall’inizio, questo significa che si può ritrovare in esso un buon grado di validità. In generale, tanto più numerosi sono i vincoli teorici che il test è in grado di rispettare, quanto più lo strumento è adeguato e maggiore è la probabi-

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3. Validità strutturale interna

lità che il test sia in grado di sostenere qualsiasi prova sia posta anche in futuro. Ogni vincolo diventa un punto in più attraverso cui lo strumento è messo in relazione con la realtà mediante la prospettiva teorica.

3.2. La natura dei prototipi teorici Attualmente rispetto al tema dei disturbi di personalità ci sono grandi controversie riguardo alla natura categoriale vs dimensionale dei disturbi stessi. Nel DSM i disturbi dell’Asse II sono presentati come entità di disagio latenti diagnosticabili in base al numero-soglia dei criteri. Il processo di medicalizzazione dell’Asse II ha contribuito alla formulazione di molte idee scorrette sui disturbi di personalità e continua ad alimentare il disappunto dei ricercatori, i quali ritengono che le caratteristiche delle strutture di personalità, manifeste e latenti, vadano distribuite lungo un continuum sia per quanto riguarda le loro quantità in valore assoluto sia per le conseguenze patologiche a queste legate. Il MCMI-III rimane fedele al costrutto prototipico adottato per la prima volta nel DSM-III. Un prototipo è il nucleo di caratteristiche più rilevanti ed essenziali di un particolare disturbo dell’Asse I e dell’Asse II. Il prototipo non consiste né in una categoria né in una dimensione, ma è una sintesi di entrambe. Per diversi motivi i modelli prototipici sono attualmente gli schemi preferiti per rappresentare i disturbi di personalità e le sindromi cliniche. La preferenza è dovuta, in primo luogo, al fatto che molte delle attuali tipologie non prevedono né sono costruite come categorie tutto-o-niente. La maggior parte dei sostenitori dell’approccio dimensionale per la clinica ha scelto di ignorare il fatto che la parola “categorie” sia stata usata molto liberamente nel DSM. In secondo luogo, il costrutto prototipico riconosce esplicitamente l’eterogeneità dei pazienti con disturbo di personalità. I casi prototipici sono estremamente rari; la maggior parte dei pazienti soddisfa i criteri per disturbi multipli e può anche avere tratti subclinici di altri stili di personalità. Se le categorie sono intese come prototipi, allora la critica mossa ai modelli categoriali in gran parte cade. I costrutti prototipici non prevedono confini discreti (Cantor e Genero, 1986) e hanno il vantaggio di essere già impliciti nel sistema diagnostico. Horowitz, Post, French, Wallis e Siegelman (1981) hanno così sintetizzato il costrutto: Un prototipo consiste nelle più comuni caratteristiche o proprietà dei membri di una categoria e perciò descrive un’idea teorica o standard alla luce della quale le persone possono essere valutate. Si presuppone che tutte le proprietà dei prototipi caratterizzino almeno alcuni membri delle categorie, ma nessuna caratteristica è necessaria o sufficiente per essere inclusa nella categoria. È, perciò, possibile che nessuna persona reale corrisponda perfettamente a un prototipo teorico, mentre differenti persone si possono approssimare al prototipo a differenti livelli. Più la persona si avvicina all’ideale, più fedelmente simboleggia il concetto (p. 575).

In questa descrizione il criterio diagnostico è esplicitamente utilizzato come metodo euristico non come modello reificato. Come hanno notato Horowitz et al. (1981), la somiglianza di una persona a un prototipo è necessariamente una questione qualitativa e quantitativa. Se è vero che le categorie e le dimensioni inevitabilmente sacrificano uno o l’altro tipo di informazione, il prototipo le conserva entrambe. Vale a dire che in base alla sua natura euristica il prototipo risponde agli interrogativi “in che modo” e “quando” il soggetto assomiglia al prototipo. Dal momento che i pazienti possono somigliare a più di uno di questi ideali teorici, i clinici sono incoraggiati a usare costruttivamente i prototipi al fine di guardare oltre al solo disturbo, all’unica causa, alla singola prospettiva terapeutica, univocità implicita nel sistema diagnostico attuale (ad esempio: comprendere il senso della patologia del paziente nella sua totalità dinamica e integrare i tentativi di intervento con questa concezione). Non si deve postulare l’ulteriore significato causale associato alle categorie o alle dimensioni latenti. Questo approccio tende ad allinearsi con l’orientamento ateorico del DSM che, se portato alle sue conclusioni logiche, dovrebbe essere ateorico non solo rispetto alle varie scuole di psicopatologia ma anche alla prospettiva strutturale.

3.3. Lo sviluppo degli item per il MCMI-II-R Da un ampio pool di item sono stati selezionati 150 nuovi item (oltre i 175 del MCMI-II) in base al giudizio di esperti. Questi item sono stati pensati non solamente per essere esemplificativi degli svilup-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

pi nel campo delle teorie base della personalità quanto a strutture e funzioni, ma anche per essere in linea con i criteri diagnostici del DSM-IV. Questi criteri erano stati nel frattempo riformulati alla luce di due obiettivi: primo, che fossero comprensibili e leggibili anche ai profani come item autodescrittivi e secondo, che riflettessero attributi di personalità consoni alla teoria. Tutti i 325 item selezionati per la ricerca sono stati valutati dagli Autori in base a questo duplice orientamento. Per aumentare la corrispondenza dell’inventario con il DSM-IV, si sono scritti dei nuovi item in modo da verificare i criteri della personalità depressiva (un nuovo pattern clinico di personalità) e del disturbo post-traumatico da stress (una nuova sindrome clinica). Come accennato, questi item sono stati aggiunti ai 175 item del MCMI-II, dando luogo a un questionario di 325 item dicotomici (“Vero-Falso”) denominato MCMI-II-Research Form.

3.4. Descrizione della ricerca La revisione della ricerca ha coinvolto alcune centinaia di clinici che utilizzavano il MCMI-II per la valutazione e il trattamento di pazienti adulti. Tra il giugno 1992 e il febbraio 1993, sono stati raccolti i dati del MCMI-II-Research Form provenienti da 1079 soggetti degli Stati Uniti e del Canada. I soggetti avevano anche completato altri test paralleli e i clinici dovevano valutare per ogni soggetto un certo numero di caratteristiche (la validità dei criteri esterni del MCMI-III è riportata nel capitolo successivo). Prima di partecipare allo studio di validazione del MCMI-II-Research Form, tutti i soggetti avevano firmato un consenso informato. I soggetti non sono stati pagati per la partecipazione, mentre i clinici hanno ricevuto un compenso per ogni persona testata e si sono potuti avvalere anche dei punteggi del MCMI-II e del report interpretativo delle risposte dei partecipanti al MCMI-II-Research Form. Dall’iniziale pool di 1079 soggetti clinici, 8 sono stati esclusi perché mancavano alcuni dati e i moduli erano incompleti. Sono anche stati anche esclusi i soggetti che rispondevano a queste caratteristiche: 1. genere non indicato (n = 0); 2. punteggio dell’indice Validità del MCMI-II superiore a 1 (n = 6); 3. età inferiore ai 18 anni o non riportata (n = 12); 4. ventitré o più risposte assenti ai 325 item (n = 16); 5. punteggi BR (base rate) delle scale 1-8B del MCMI-II tutti al di sotto di 60 (n = 9); 6. punteggio grezzo della scala X (Apertura) del MCMI-II al di sotto di 145 o sopra a 590 (n = 37). Queste condizioni sono identiche a quelle di non validità del MCMI-II, fatta eccezione per il numero degli item omessi che è aumentato in modo da giustificare gli item addizionali del MCMI-II-Research Form. È stato, quindi, escluso un gruppo di 73 soggetti risultati positivi a una o più di queste condizioni (il totale è superiore a 80 perché alcuni soggetti sono stati eliminati per più di un motivo). I rimanenti 998 soggetti sono stati suddivisi in due gruppi: uno (n = 600) è stato impiegato per sviluppare le scale del MCMI-III e l’altro (n = 398) per la cross-validation. Una volta sviluppate le scale MCMI-III sono state applicate due ulteriori regole, in modo da garantire che le regole di esclusione fossero equivalenti alle condizioni di non validità del MCMI-III finale. I soggetti sono stati esclusi, in primo luogo, se i punteggi BR delle scale 1-8B erano al di sotto di 60 e, in secondo luogo, se il punteggio grezzo della scala X (Apertura) del MCMI-III era inferiore a 34 oppure superiore a 178. Su queste basi non sono stati esclusi altri soggetti, lasciando così che lo sviluppo e la cross-validation procedessero con due campioni rispettivamente di 600 e 398 soggetti. Le informazioni anagrafiche e cliniche di questi due campioni sono presentate nelle tabelle 3-1 e 3-2.

3.5. Lo sviluppo delle scale e degli indici del MCMI-III Le scale del MCMI-III sono state sviluppate impiegando i 600 soggetti del campione ottenuto. Si è esaminata, prima di tutto, la frequenza di risposte “Vero” di ognuno dei 325 item per assicurare che fosse abbastanza rilevante in relazione al contenuto dell’item. Gli item che presentavano un tasso di risposte “Vero” inaspettatamente alto o basso sono stati esclusi dalle successive elaborazioni e quelli rimanenti sono stati assegnati alle rispettive scale MCMI-III in base al contenuto. A queste scale preliminari del MCMI-III (in questo stadio erano formate solo di item prototipici) è stato da quel momento assegnato un valore di 2 nel calcolo del punteggio della scala.

52

3. Validità strutturale interna

Tabella 3-1 Informazioni demografiche e cliniche per lo sviluppo del campione (n = 600) Maschi

Femmine

Totale

n

%

n

%

n

%

Gruppo etnico Euroamericani Afroamericani Ispano-americani Asioamericani Nativo americani Altro Non riportato

246 25 13 2 4 2 1

84.0 8.5 4.4 .7 1.4 .7 .3

272 27 4 0 2 1 1

88.6 8.8 1.3 .0 .7 .3 .3

518 52 17 2 6 3 2

86.3 8.7 2.8 .3 1.0 .5 .3

Stato coniugale Mai sposato/a Primo matrimonio Risposato/a Separato/a Divorziato/a Vedovo/a Convivente Altro Non riportato

104 72 27 21 55 7 4 0 3

35.5 24.6 9.2 7.2 18.8 2.4 1.4 .0 1.0

66 84 47 29 55 10 7 5 4

21.5 27.4 15.3 9.4 17.9 3.3 2.3 1.6 1.3

170 156 74 50 110 17 11 5 7

28.3 26.0 12.3 8.3 18.3 2.8 1.8 .8 1.2

53 90 96 38 16 0

18.1 30.7 32.8 13.0 5.5 .0

47 109 83 43 25 0

15.3 35.5 27.0 14.0 8.1 .0

100 199 179 81 41 0

16.7 33.2 29.8 13.5 6.8 .0

116

39.6

118

38.4

234

39.0

32

10.9

29

9.4

61

10.2

62

21.2

97

31.6

159

26.5

3

1.0

4

1.3

7

1.2

41 2 34 3

14.0 .7 11.6 1.0

10 4 38 7

3.3 1.3 12.4 2.3

51 6 72 10

8.5 1.0 12.0 1.7

46 90 35 58 34 26 4

15.7 30.7 11.9 19.8 11.6 8.9 1.4

56 91 36 61 35 24 4

18.2 29.6 11.7 19.9 11.4 7.8 1.3

102 181 71 119 69 50 8

17.0 30.2 11.8 19.8 11.5 8.3 1.3

Età 18-25 26-35 36-45 46-55 56-88 Non riportata Setting/stato Non ricoverato-esterno (mai ospedalizzato) Non ricoverato-esterno (precedentemente ospedalizzato) Ospedalizzato (medicina psichiatrica) Ospedalizzato (medicina generale) Soggetti in riformatorio Segnalati dall’orientatore scolastico Altro Non riportato Scolarità Non ha completato le scuole superiori Diploma di scuola superiore Istituti tecnico commerciali Alcuni anni di università 1° livello Diploma universitario Laurea specialistica Non riportata

Nota. Il campione include 293 maschi (48.8%) e 307 femmine (51.2%).

53

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 3-2 Informazioni demografiche e cliniche per la cross-validation del campione (n = 398) Maschi

Femmine

Totale

n

%

n

%

n

%

Gruppo etnico Euroamericani Afroamericani Ispano-americani Asioamericani Nativo americani Altro Non riportato

161 25 3 0 5 2 1

81.7 12.7 1.5 .0 2.5 1.0 .5

184 8 5 0 1 1 2

91.5 4.0 2.5 .0 .5 .5 1.0

345 33 8 0 6 3 3

86.7 8.3 2.0 .0 1.5 .8 .8

Stato coniugale Mai sposato/a Primo matrimonio Risposato/a Separato/a Divorziato/a Vedovo/a Convivente Altro Non riportato

59 47 30 14 39 3 3 2 0

29.9 23.9 15.2 7.1 19.8 1.5 1.5 1.0 .0

38 49 32 23 44 6 3 5 1

18.9 24.4 15.9 11.4 21.9 3.0 1.5 2.5 .5

97 96 62 37 83 9 6 7 1

24.4 24.1 15.6 9.3 20.9 2.3 1.5 1.8 .3

Età 18-25 26-35 36-45 46-55 56-88 Non riportata

29 55 77 22 14 0

14.7 27.9 39.1 11.2 7.1 .0

39 60 59 30 13 0

19.4 29.9 29.4 14.9 6.5 .0

68 115 136 52 27 0

17.1 28.9 34.2 13.1 6.8 .0

82

41.6

103

51.2

185

46.5

20

10.2

18

9.0

38

9.5

42

21.3

49

24.4

91

22.9

2

1.0

1

.5

3

.8

29 1 16 5

14.7 .5 8.1 2.5

4 2 14 10

2.0 1.0 7.0 5.0

33 3 30 15

8.3 .8 7.5 3.8

36 70 30 33 16 12 0

18.3 35.5 15.2 16.8 8.1 6.1 .0

36 68 24 41 21 11 0

17.9 33.8 11.9 20.4 10.4 5.5 .0

72 138 54 74 37 23 0

18.1 34.7 13.6 18.6 9.3 5.8 .0

Setting/stato Non ricoverato-esterno (mai ospedalizzato) Non ricoverato-esterno (precedentemente ospedalizzato) Ospedalizzato (medicina psichiatrica) Ospedalizzato (medicina generale) Soggetti in riformatorio Segnalati dall’orientatore scolastico Altro Non riportato Scolarità Non ha completato le scuole superiori Diploma di scuola superiore Istituti tecnici e commerciali Alcuni anni di università 1° livello Diploma universitario Laurea specialistica Non riportata

Nota. Il campione include 197 maschi (49.5%) e 201 femmine (50.5%).

54

3. Validità strutturale interna

Successivamente sono state calcolate: la coerenza interna (alfa di Cronbach); le correlazioni itemtotale corrette (ad esempio: correlazioni tra ogni item della scala e il punteggio relativo della scala calcolato senza quell’item); le correlazioni tra ogni item e il punteggio della scala in altre scale preliminari del MCMI-III; i punteggi dati dai clinici; il punteggio dei test paralleli; le correlazioni tra tutti i punteggi preliminari delle scale per il MCMI, tra le scale preliminari del MCMI-III e quelle del MCMI-II, e tra i punteggi clinici del MCMI-III e quelli del test parallelo. Lo sviluppo delle scale è, quindi, nato da un processo di ripetizione nel quale tutte le statistiche sopra citate sono state ricalcolate e rivalutate in parallelo all’aggiunta/eliminazione degli item dalle loro rispettive scale sulla base di criteri statistici (interni ed esterni) e sostanziali (teoria evoluzionistica e DSM-IV). A ogni replica ogni item doveva apparire come prototipo esclusivamente in una scala. Dopo la prima ripetizione, la maggior parte degli item è risultata non prototipica in altre scale, ma è stato loro assegnato un peso di 1 piuttosto che di 2. Gli item sono stati poi ridotti attraverso successive iterazioni fino a raggiungere il numero target di 175 item. In Appendice A sono presentati la composizione delle scale del MCMI-III e il peso finale degli item. Per il MCMI-II i tre indici di modifica – scale X (Apertura), Y (Desiderabilità) e Z (Autosvalutazione) – sono stati ottenuti empiricamente, domandando ai soggetti di compilare il test tenendo in mente un particolare set di risposte (ad esempio: per l’indice Desiderabilità, dovevano cercare di mostrare la parte migliore e apparire come psicologicamente sani). Per il MCMI-III non sono poi stati fatti questi studi empirici. Tutti gli item che apparivano nelle scale X, Y e Z del MCMI-II e che erano mantenuti nelle scale cliniche del MCMI-III sono stati assegnati in modo appropriato all’indice di modifica del MCMI-III. Gli item dell’indice di modifica che dal MCMI-II non erano stati inclusi nel MCMI-III sono stati rimpiazzati con item che avevano un contenuto simile.

3.6. Coerenza interna e affidabilità test-retest La coerenza interna è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per stabilire la validità strutturale. Una completa valutazione della validità strutturale interna richiede non solo che le scale siano internamente coerenti, ma anche che il pattern delle relazioni rilevato attraverso le scale soddisfi quanto richiesto dalla teoria. Nonostante sia più indicato lasciare ai giudizi degli esperti il bilanciamento tra i vincoli teorici e le ridotte possibilità di misurazioni psicometriche, i limiti delle modalità di self-report e le tendenze di particolari stili di personalità a distorcere le proprie risposte sono riportati più avanti nella tabella 3-6 (cfr. paragrafo 3-10). Le analisi riguardano solo la cross-validation del campione (n = 398). Il campione preliminare ha ottenuto risultati con i valori di significatività statistica più elevati, ma questi valori potrebbero essere stati influenzati dal fatto che hanno costituito la base per la selezione degli item e il miglioramento delle scale. 3.6.1. Coerenza interna La coerenza interna di una scala è una misura che riassume il grado di correlazione tra gli item ed è generalmente valutata attraverso l’uso di una statistica, denominata alfa di Cronbach, ovvero la media di tutte le possibili affidabilità split-half. Gli alfa più alti sono generalmente i migliori, sebbene alfa troppo alti possano indicare che una scala è composta di item che dal punto di vista teorico si ripetono a vicenda. La tabella 3-3 presenta il numero totale degli item delle scale, gli alfa relativi alla coerenza interna e l’affidabilità test-retest per ognuna delle scale MCMI-III. La coerenza interna, per le scale cliniche, risulta essere compresa in un range che va da .66 per la scala Ossessivo-Compulsiva a .90 per la scala Depressione Maggiore. Gli alfa superano il valore di .80 per venti scale. 3.6.2. Affidabilità test-retest L’affidabilità test-retest è importante tanto quanto la coerenza interna. A 87 soggetti è stato nuovamente somministrato il MCMI-II-R da 5 a 14 giorni dopo la prima somministrazione. I dati emersi dalla seconda somministrazione sono stati impiegati per stimare la stabilità retest delle scale MCMIIII. La tabella 3-3 presenta l’affidabilità test-retest di ciascuna scala. I risultati sono compresi in un range da .82 per la scala Z (Autosvalutazione) a .96 per la scala H (Somatizzazione). La stabilità mediana del coefficiente è .91 e suggerisce che i risultati del MCMI-III siano decisamente stabili nell’arco di brevi periodi di tempo.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 3-3 Lunghezza, consistenza interna e affidabilità test-retest delle scale del MCMI-III

Numero degli item

Consistenza internaa (alfa di Cronbach)

Affidabilitàb test-retest

Pattern clinici di personalità 1 Schizoide 2A Evitante 2B Depressiva 3 Dipendente 4 Istrionica 5 Narcisistica 6A Antisociale 6B Sadica (Aggressiva) 7 Ossessivo-Compulsiva 8A Negativistica (Passivo-Aggressiva) 8B Masochistica (Autofrustrante)

16 16 15 16 17 24 17 20 17 16 15

.81 .89 .89 .85 .81 .67 .77 .79 .66 .83 .87

.89 .89 .93 .89 .91 .89 .93 .88 .92 .89 .91

Grave patologia della personalità S Schizotipica C Borderline P Paranoide

16 16 17

.85 .85 .84

.87 .93 .85

Sindromi cliniche A Ansia H Somatizzazione N Bipolare: Mania D Distima B Dipendenza da Alcol T Dipendenza da Droghe R Disturbo Post-Traumatico da Stress

14 12 13 14 15 14 16

.86 .86 .71 .88 .82 .83 .89

.84 .96 .93 .91 .92 .91 .94

Sindromi cliniche gravi SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

17 17 13

.87 .90 .79

.92 .95 .86

Indici di modifica X Rivelazione Y Desiderabilità Z Autosvalutazione

nd 21 33

nd .86 .95

.94 .92 .82

Legenda. a = campione di cross-validation (n = 398);

b

= intervallo tra test e retest = 5-14 giorni (n = 87).

3.7. Sviluppo del base rate I punteggi delle scale possono essere trasformati e confrontati fra loro tramite il riferimento a norme o a criteri. Il riferimento alle norme è di facile comprensione e di ampio utilizzo. In questo sistema le norme sono stabilite usando un campione che rappresenta una popolazione più ampia. Quando si testa un soggetto estratto da una popolazione più ampia, la sua performance è comparata con la media e la distribuzione del campione standardizzato. Un punteggio standard della tipologia è, quindi, solitamente usato per descrivere il soggetto testato in relazione al gruppo normativo. Il punteggio T è il punteggio standard più popolare che si usa con gli inventari di personalità. Tuttavia, il punteggio T e il sistema di riferimento normativo che lo sostiene, quando vengono usati con i questionari di personalità, pongono due importanti problemi. Il primo è che la forma della distribuzione dei punteggi molto probabilmente varia da una scala di personalità all’altra. Le differenze nelle forme di distribuzione “svuotano” il punteggio standard e i punteggi soglia dei loro significati.

56

3. Validità strutturale interna

Immaginiamo per un istante che la distribuzione di tre differenti scale sia rappresentata dalle tre curve in figura 3-1. Se i cut-off di queste tre scale sono gli stessi e sono rappresentati da una linea che le attraversa verticalmente in un particolare punto (linea D), la percentuale di popolazione che ha superato questo limite varierà da scala a scala in funzione della forma delle distribuzioni. Il risultato è che lo stesso elevato punteggio T definisce differenti percentili di persone per diverse scale. In altre parole, un punteggio T di 80 in una scala è associato a un differente percentile dello stesso punteggio T di un’altra scala. Questo effetto è poco auspicabile, perché comporta la perdita dei confronti tra i punteggi di differenti scale. Consideriamo, ad esempio, il punteggio rappresentato dall’asterisco in figura 3-1. Il punteggio T alla scala B è quello classificato come il più alto, il punteggio T alla scala C è minore; ciononostante i percentili associati al punteggio della scala C risultano più alti dei percentili associati al punteggio della scala B. Il secondo problema con il punteggio T e il riferimento alla norma consiste nel fatto che entrambi non prendono in considerazione la prevalenza dell’attributo misurato. Il punteggio T è dato fondamentalmente dal modo in cui i soggetti si confrontano con i componenti della popolazione standardizzata. Tipicamente la media è posta a 50 e la deviazione standard a 10; il limite di 70, comunemente usato, è quindi 2 deviazioni standard sopra la media e definisce circa il 2% della popolazione. (Questo 2% è solo approssimativo; ampi scostamenti dalla distribuzione normale della popolazione possono comportare valori che si discostano dal 2%.) Questa rappresentazione, però, non corrisponde quasi mai al tasso di prevalenza attuale di un particolare disturbo in una determinata popolazione e, quindi, introduce un errore automatico. Ad esempio, se il 15% della popolazione ha una personalità dipendente, usando un punteggio T pari a 70 come limite per una scala di personalità dipendente ci si può aspettare di identificare solo il 2% e perdere almeno il 13% dei casi veramente positivi. Si possono evitare i problemi con il punteggio T e le norme usando criteri di riferimento (Retzlaff, 1996). L’obiettivo del criterio di riferimento è di creare un punteggio standard che sia ancorato alla prevalenza degli attributi misurati piuttosto che ai percentili invariabili del campione standardizzato che raramente, se non addirittura mai, coincidono con la prevalenza attuale.

Frequenza

Figura 3-1 Distribuzione ipotetica di tre differenti scale

D (punteggio cut-off) Scala A

Frequenza

Punteggio

Scala B

Frequenza

Punteggio

Scala C

Punteggio

57

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Come il MCMI e il MCMI-II, il MCMI-III usa il punteggio del base rate (BR) come punteggio standard nel quale tradurre i punteggi grezzi. Il punteggio BR è stato studiato per ancorare il punto soglia di prevalenza di un particolare attributo nella popolazione psichiatrica. Il punteggio BR definisce un continuum di pervasività e di gravità di un attributo psicologico e ogni persona può essere valutata attraverso il confronto con questo. L’impiego di un continuum costituisce il riconoscimento del fatto che la differenza tra un disturbo clinico e un normale funzionamento consiste, specialmente nelle scale di personalità, nel grado di inflessibilità e di incapacità a rimanere stabili in situazioni di stress piuttosto che nel tipo di caratteristica (Millon, 1981). Idealmente, un profilo di scale di personalità, trasformato per riflettere differenti frequenze assolute e tassi di disturbi nella popolazione, non sarà identificato semplicemente in termini di quantità di una caratteristica, ma nei termini delle implicazioni di quella particolare quantità per il funzionamento psicologico. Il punteggio base rate rappresenta la modalità più diretta per scoprire quali sono i dati di principale interesse clinico. È realistico pensare che esista un numero di fattori che restringono le possibilità in questo senso. Forse il principale tra questi è che le componenti che costituiscono i disturbi di personalità si sovrappongono e sono intrinsecamente correlate tra loro, e molti pazienti possono essere diagnosticati con due, tre o più disturbi di personalità con parecchie comorbilità di sintomi clinici (Asse I). Oltre al valore assoluto di ciascuna delle scale di personalità con punteggio elevato, quando si formula un giudizio diagnostico nel profilo complessivo si deve, quindi, considerare il grado di importanza di ogni punteggio di personalità. La presenza della patologia di personalità in alcuni pazienti può essere pervasiva al punto da non poter essere categorizzata in modo esauriente in nessun pattern. Come risultato, un numero significativo di soggetti può ottenere punteggi elevati, al di sopra del cut-off di 75 e 85, per vari disturbi o tratti. Ovviamente, non tutti i valori elevati hanno la medesima validità diagnostica. L’approccio del diagnosta dovrebbe comprendere la capacità di distinguere i punteggi elevati più netti e clinicamente significativi da quelli con rilevanza inferiore. Nonostante i miglioramenti apportati dalla trasformazione del punteggio grezzo in punteggi base rate, il giudizio clinico rimane comunque la componente più saliente nel processo di assessment. Le procedure con le quali le trasformazioni BR sono state sviluppate sono descritte di seguito in dettaglio. Ogni step è stato condotto in maniera indipendente per maschi e per femmine. 3.7.1. Sviluppo dei base rate per le scale cliniche Il primo passo nello sviluppo delle trasformazioni dei BR è stato stabilire la prevalenza nella popolazione target delle caratteristiche rappresentate da ognuna delle 24 scale cliniche del MCMIIII. I punteggi target di prevalenza per queste scale sono stati determinati calcolando la proporzione delle volte in cui i clinici avevano codificato ciascun tratto come problema predominante (il tasso di prevalenza predominante) o come presente ma non predominante (il tasso di prevalenza presente). Sono stati aggiunti due punteggi target di prevalenza per le 11 scale di pattern di personalità clinica (1-8B). Queste sono state determinate a partire dal calcolo della proporzione delle volte in cui i clinici avevano valutato ogni pattern di personalità (ad esempio: schizoide) come tratto (l’incidenza del tratto) o come disturbo (l’incidenza del disturbo). In questo modo sono stati stabiliti quattro punteggi per le scale da 1 a 8B e due per le scale da S a PP. Queste stime derivate empiricamente dai tassi della popolazione sono state corrette per sistemare i risultati di una varietà di studi epidemiologici sul target di prevalenza di queste caratteristiche nella popolazione. Queste percentuali corrette hanno avuto origine dal tasso target di prevalenza dal quale erano state sviluppate le trasformazioni del base rate. 3.7.2. Definizione dei punti di ancoraggio per i base rate Le iniziali trasformazioni del base rate per ognuna delle 24 scale cliniche erano ancorate a tre punteggi BR. Un punteggio BR = 0 corrispondeva al punteggio grezzo di 0, BR = 60 corrispondeva al punteggio grezzo della mediana e BR = 115 corrispondeva al punteggio grezzo massimo ottenuto. Inoltre, BR = 75 e BR = 85 servivano come punteggi soglia. Per le 14 scale del disturbo di personalità (1-P), BR = 75 indicava la presenza di un tratto e BR = 85 indicava la presenza di un disturbo. Per le scale da A a PP, BR = 75 indicava la presenza e BR = 85 indicava la predominanza di una sindrome. Di seguito sarà descritto come inizialmente si sono stabilite queste soglie e poi si illustrerà lo sviluppo del punteggio finale BR.

58

3. Validità strutturale interna

Per le scale da A a PP l’assegnazione preliminare di BR = 85 è stata effettuata posizionando tale valore a differenti punteggi grezzi fino a ottenere una proporzione di pazienti sopra e sotto a BR = 85 il più possibile simile alla prevalenza di predominanza precedentemente definita. BR = 75 è stato assegnato ai punteggi grezzi percentili che meglio rappresentavano la somma dei tassi di prevalenza predominante e attuale. Ad esempio, la scala D era la più alta per circa l’8% dei maschi e la seconda più elevata per il 21%. BR = 85 è stato approssimativamente attribuito al punteggio grezzo corrispondente al 92° percentile (100 – 8) e BR = 75 è stato indicato come punteggio grezzo vicino al 71° percentile (100 – 8 – 21). Un procedimento simile è stato seguito per assegnare BR = 75 e BR = 85 per le scale del disturbo di personalità (1-P), con la differenza che per queste scale BR = 75 corrispondeva al tasso di prevalenza dei tratti (piuttosto che lo stato attuale) e BR = 85 misurava il tasso di prevalenza del disturbo come definito sopra (piuttosto che il predominante). È da notare che siccome per l’ordinamento del rango dei BR dalla scala 1 alla scala 8B sono stati anche richiesti i confronti tra i tassi di prevalenza attuale e predominante (cfr. in basso), i punteggi di ancoraggio BR 60, BR 75 e BR 85 non sono stati sempre preservati. 3.7.3. Definizione dei punteggi base rate Per assegnare il punteggio BR ai punteggi grezzi è stata utilizzata l’interpolazione lineare tra i cinque punteggi di ancoraggio. Dai punteggi ottenuti si è ricavata l’iniziale tabella di trasformazione dei BR. Le trasformazioni finali dei BR sono state definite impiegando le procedure seguenti: 1. in base alle tabelle iniziali, i punteggi BR per ciascuna scala sono stati assegnati a ogni paziente; 2. a partire dai punteggi BR di alcune scale sono stati fatti degli aggiustamenti sulla base a) del setting nel quale i soggetti erano stati valutati, b) della durata dell’episodio attuale in Asse I e c) dei valori BR delle scale 4 (Istrionica), 5 (Narcisistica), 7 (Ossessivo-Compulsiva), A (Ansia), D (Distimia) e X (Apertura). I dettagli di questi aggiustamenti sono presentati in Appendice C; 3. per tutte le 24 scale cliniche (1-PP) è stata calcolata la distribuzione di frequenza per i BR così corretti ed è stata stabilita la combinazione tra questi tassi e il tasso di prevalenza target corrispondente ai punteggi di ancoraggio BR 75 e 85; 4. per le scale da 1 a 8B, sono stati anche valutati i seguenti indici: a) il confronto tra quante volte il punteggio di una scala specifica era il punteggio di personalità più alto e quante volte quella scala era valutata come la predominante (tasso predominante) e b) il confronto tra quante volte il punteggio di una scala era il secondo punteggio più alto di personalità e quante volte quella scala era valutata come presente ma non predominante (tasso attuale); 5. se le percentuali osservate (dagli step 3 e 4) variavano molto dal target, i punteggi BR venivano riassegnati; 6. questi step sono stati ripetuti fin quando le percentuali osservate non sono risultate il più simile possibile alle percentuali target. 3.7.4. Sviluppo dei base rate per le scale X, Y e Z In base alle indagini condotte con le scale X (Apertura), Y (Desiderabilità) e Z (Autosvalutazione) del MCMI-II (Millon, 1987), i punteggi BR di 85 o più sono stati utilizzati per indicare il 10% più alto della popolazione dei pazienti, BR 75-84 il successivo 15%, BR 35-74 il 60% centrale e, infine, i punteggi al di sotto di 35 per il 15% più basso. Come era stato fatto per le scale cliniche, i valori compresi tra i punteggi di ancoraggio sono stati ottenuti attraverso un’interpolazione lineare. La tabella 3-4 mostra le frequenze dei range di punteggio BR per le scale X, Y e Z tratti dal totale dei soggetti provenienti dai campioni preliminare e di cross-validation. 3.7.5. Tabelle finali di trasformazione dei base rate Le tabelle finali di trasformazione BR per le 24 scale cliniche e per le scale X, Y e Z sono presentate nell’Appendice B. Eccetto che per la scala X, le trasformazioni BR per i maschi sono differenti da quelle per le femmine. Si è cercato di considerare in maniera rappresentativa la distribuzione nazionale, tenendo conto di variabili potenzialmente influenti come, ad esempio, genere, gruppo etnico, regione geografica

59

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 3-4 Frequenza dei punteggi BR per le scale X, Y e Z nel campione normativo totale (N = 998) Range punteggi BR 0-34 35-74 75-84 85-115

X

Y

Z

14.1% 57.8% 16.3% 11.8%

15.7% 58.9% 16.5% 9.0%

15.9% 53.6% 16.6% 13.9%

di appartenenza, stato civile e classe socioeconomica. Sulla base di questi dati, le analisi delle distribuzioni statistiche dei gruppi subnormativi non hanno evidenziato distinzioni apprezzabili. Gli studi condotti con il MCMI-II sulle relazioni tra queste variabili e i punteggi BR hanno indicato alcune differenze nei punteggi più alti delle scale e nelle configurazioni di profilo. A ogni modo, non è chiaro se queste differenze riflettano le distribuzioni del campione o, invece, “vere” caratteristiche che differenziano queste subpopolazioni. Dall’analisi dei dati, le differenze sono risultate generalmente coerenti con i base rate di prevalenza giudicati dai clinici (ad esempio: le prevalenze del disturbo di abuso di sostanze e della personalità antisociale, secondo il giudizio clinico, sono maggiori tra i maschi; la prevalenza della scala Schizotipica è maggiore tra i bianchi; la prevalenza della scala Istrionica è maggiore tra le femmine, specialmente nella fascia di età compresa tra 26 e 45 anni di età). Per questo, nel punteggio grezzo BR di conversione è preso in considerazione solo il genere dei pazienti.

3.8. Rapporti fra i punteggi base rate del MCMI-III e del MCMI-II Le scale del MCMI-III, più che una svolta radicale, rappresentano uno sviluppo progressivo degli standard operativi previsti dal MCMI-II. In tabella 3-5 sono presentate le correlazioni tra i punteggi BR del MCMI-III e del MCMI-II per le scale da 1 a Z. Non è stato possibile effettuare confronti per le scale 2B e R, perché appaiono solo nel MCMI-III. Per le scale cliniche (da 1 a PP) la correlazione varia da un massimo di .88 (scala D – Distimia) a un minimo di .59 (scala 3 – Dipendente). La maggior parte delle correlazioni cade in un range che va da .60 a .80, con una media leggermente superiore a .70, a dimostrazione di un’alta concordanza. Ci sono tuttavia notevoli differenze tra le scale del MCMI-II e quelle del MCMI-III. Questo era un risultato atteso in quanto, rispetto al MCMI-II, nel MCMI-III era prevista una maggiore corrispondenza con i criteri del DSM. Di conseguenza ci si può aspettare che i pattern del modello ottenuto con il MCMI-III differiscano, occasionalmente, da quelli ottenuti con il MCMI-II. Nonostante le differenze attese nelle configurazioni di profilo, i risultati degli studi di validazione esterna (cfr. capitolo 4) mostrano che l’accuratezza diagnostica del MCMI confrontata con i giudizi di esperti, formulati sulla base della teoria e del sistema del DSM, è piuttosto alta.

3.9. Correlazione tra i punteggi grezzi e i punteggi BR del MCMI-III Nonostante la trasformazione del base rate non sia una trasformazione lineare, risulta comunque monotona. Quindi, mentre alti punteggi grezzi corrispondono sempre a un alto punteggio del base rate (prima delle correzioni), l’intervallo tra i diversi valori del punteggio grezzo è espresso nei termini di un numero variabile di punteggi del base rate. Ad esempio, la mediana di una scala MCMI può corrispondere a un punteggio grezzo di 10, il quale, a sua volta, corrisponde a BR 60. Il punteggio grezzo 11 può corrispondere a BR 62 e il punteggio grezzo 12 può corrispondere a BR 68. Gli intervalli costanti del punteggio grezzo sono trasformati in intervalli BR variabili, a seconda della forma della distribuzione del punteggio grezzo e del target di percentuale predominante. Dal momento che la trasformazione è sempre monotona, possiamo aspettarci che la correlazione tra il punteggio grezzo e il punteggio BR sarà moderatamente alta, come mostrato in tabella 3-5.

60

3. Validità strutturale interna

Tabella 3-5 Correlazioni tra i punteggi BR di MCMI-III e MCMI-II e tra i punteggi BR e i punteggi grezzi del MCMI-III Correlazioni tra punteggi BR MCMI-III e… MCMI-III scale

MCMI-II punteggi BR

MCMI-III punteggi grezzi

Pattern di personalità clinica 1 Schizoide 2A Evitante 2B Depressiva 3 Dipendente 4 Istrionica 5 Narcisistica 6A Antisociale 6B Sadica (Aggressiva) 7 Ossessivo-Compulsiva 8A Negativistica(Passivo-Aggressiva) 8B Masochistica (Autofrustrante)

.69 .78 – .59 .61 .63 .66 .63 .67 .87 .77

.90 .91 .89 .93 .91 .92 .89 .85 .90 .95 .85

Grave patologia della personalità S Schizotipica C Borderline P Paranoide

.71 .78 .64

.83 .94 .88

Sindromi cliniche A Ansia H Somatizzazione N Bipolare: Mania D Distimia B Dipendenza da Alcol T Dipendenza da Droghe R Disturbo Post-Traumatico da Stress

.73 .61 .64 .88 .72 .68 –

.90 .91 .91 .91 .84 .80 .91

Sindromi cliniche gravi SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

.78 .82 .65

.89 .93 .86

Indici di modifica X Rivelazione Y Desiderabilità Z Autosvalutazione

.92 .63 .94

.98 .99 .91

Nota. Tutte le correlazioni sono significative a livello p = .01 (a 1 coda).

3.10. Matrice di correlazione dei base rate delle scale del MCMI-III La matrice di correlazione tra le scale permette di valutare la componente di validità spiegata in questo capitolo ovvero la validità strutturale. Le correlazioni tra i punteggi BR delle scale del MCMI-III sono mostrate in tabella 3-6. Generalmente la matrice di correlazione mostra un pattern di risultati congruo con le aspettative del modello evoluzionista. Il ruolo di un “generale fattore di disadattamento”, infatti, è rilevabile dalla presenza di un complesso di correlazioni che vanno da moderate ad alte.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 3-6 Correlazioni tra i punteggi BR delle scale del MCMI-III Scale 1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B S C P A H N D B T R SS CC PP X Y Z

Scale 1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B S C P A H N D B T R SS CC PP X Y Z

1

2A

2B

3

4

5

6A

6B

7

8A

8B

S

C

P

– .71 .64 .48 –.75 –.43 .32 .32 –.38 .57 .59 .67 .59 .57 .55 .61 .26 .68 .35 .27 .61 .64 .62 .41 .62 –.60 .65

.71 – .72 .65 –.80 –.65 .28 .27 –.40 .61 .70 .68 .62 .57 .55 .54 .28 .66 .32 .23 .57 .60 .58 .35 .67 –.75 .67.

.64 .72 – .63 –.65 –.48 .39 .42 –.50 .69 .74 .70 .76 .56 .66 .65 .45 .79 .40 .32 .75 .76 .69 .38 .78 –.69 .77

.48 .65 .63 – –.52 –.55 .28 .24 –.39 .56 .71 .55 .63 .43 .61 .55 .38 .63 .28 .20 .57 .60 .58 .31 .68 –.61 .66

–.75 –.80 –.65 –.52 – .70 –.25 –.23 .46 –.51 –.60 –.61 –.55 –.47 –.49 –.48 –.17 –.65 –.37 –.22 –.52 –.54 –.53 –.31 –.60 .79 –.60

–.43 –.65 –.48 –.55 .70 – ns ns .36 –.29 –.45 –.38 –.38 –.18 –.37 –.36 ns –.48 –.15 ns –.37 –.36 –.42 ns –.38 .73 –.45

.32 .28 .39 .28 –.25 ns – .65 –.61 .56 .42 .39 .61 .36 .32 .24 .45 .36 .78 .82 .36 .43 .25 .26 .56 –.31 .40

.32 .27 .42 .24 –.23 ns .65 – –.43 .64 .40 .40 .57 .44 .44 .36 .50 .37 .54 .48 .39 .46 .34 .34 .59 –.26 .54

–.38 –.40 –.50 –.39 .46 .36 –.61 –.43 – –.50 –.48 –.46 –.63 –.29 –.39 –.35 –.36 –.51 –.53 –.47 –.43 –.48 –.41 –.22 –.55 .62 –.50

.57 .61 .69 .56 –.51 –.29 .56 .64 –.50 – .69 .68 .79 .72 .61 .55 .59 .66 .48 .43 .65 .68 .57 .53 .83 –.52 .75

.59 .70 .74 .71 –.60 –.45 .42 .40 –.48 .69 – .70 .73 .54 .60 .56 .47 .70 .41 .35 .64 .67 .60 .35 .79 –.65 .70

.67 .68 .70 .55 –.61 –.38 .39 .40 –.46 .68 .70 – .70 .67 .64 .57 .50 .65 .40 .32 .69 .76 .62 .52 .73 –.58 .71

.59 .62 .76 .63 –.55 –.38 .61 .57 –.63 .79 .73 .70 – .55 .67 .58 .57 .74 .54 .51 .74 .79 .68 .42 .81 –.64 .80

.57 .57 .56 .43 –.47 –.18 .36 .44 –.29 .72 .54 .67 .55 – .55 .46 .50 .51 .34 .34 .56 .57 .46 .71 .74 –.37 .60

A

H

N

D

B

T

R

SS

CC

PP

X

Y

Z

.55 .55 .66 .61 –.49 .37 .32 .44 –.39 .61 .60 .64 .66 .55 – .66 .48 .68 .35 .22 .81 .77 .68 .44 .69 –.51 .77

.61 .54 .64 .55 –.48 –.36 .24 .36 –.35 .55 .56 .57 .58 .46 .66 – .32 .78 .26 .13* .64 .71 .87 .39 .60 –.53 .79

.26 .28 .45 .38 –.17 ns .45 .50 –.36 .59 .47 .50 .57 .50 .48 .32 – .35 .39 .39 .48 .52 .31 .42 .62 –.22 .48

.68 .66 .79 .63 –.65 –.48 .36 .37 –.51 .66 .70 .65 .74 .51 .68 .78 .35 – .38 .26 .73 .79 .84 .38 .72 –.67 .85

.34 .32 .40 .28 –.37 –.15 .78 .54 –.53 .48 .41 .40 .54 .34 .35 .26 .39 .38 – .62 .38 .42 .27 .24 .53 –.34 .42

.27 .23 .32 .20 –.22 ns .82 .48 –.47 .43 .35 .32 .51 .34 .22 .13* .39 .26 .62 – .29 .33 .17 .21 .50 –.26 .30

.61 .56 .75 .57 –.52 –.37 .36 .39 –.42 .65 .64 .69 .74 .56 .81 .64 .48 .73 .38 .29 – .76 .72 .43 .74 –.56 .77

.64 .60 .76 .60 –.54 –.36 .43 .46 –.48 .68 .67 .76 .79 .56 .77 .71 .52 .79 .42 .33 .76 – .77 .46 .74 –.58 .82

.62 .58 .69 .58 –.53 –.42 .24 .34 –.41 .57 .60 .62 .68 .46 .68 .87 .31 .84 .27 .17 .72 .77 – .39 .66 –.64 .85

.41 .35 .38 .31 –.31 ns .26 .34 –.22 .53 .35 .52 .42 .71 .44 .39 .42 .38 .24 .21 .43 .46 .39 – .58 –.24 .46

.62 .67 .78 .68 –.60 –.38 .56 .59 –.55 .83 .78 .73 .81 .74 .69 .60 .62 .72 .53 .50 .74 .74 .66 .58 – .62 .80

–.60 –.75 –.69 –.61 .79 .73 –.31 –.26 .62 –.52 –.64 –.58 –.64 –.37 –.51 –.53 –.22 –.67 –.34 –.26 –.56 –.58 –.64 –.24 –.62 – –.67

.65 .67 .77 .66 –.60 –.45 .40 .54 –.50 .75 .70 .71 .80 .60 .77 .79 .48 .85 .42 .30 .77 .82 .85 .46 .80 –.67 –

* p < .05; ns = non significativo. Nota. Salvo diverse indicazioni, tutti i coefficienti sono significativi a livello p = .01 (a 2 code).

62

4.

Validità del criterio esterno

All’inizio del capitolo 2 si afferma che lo stadio di validità teorico-sostanziale è necessario, ma non sufficiente, per la creazione di sistemi validi di misurazione. Come requisito dello stadio strutturaleinterno di validazione, gli item che operazionalizzano il costrutto teorico dovrebbero costituire scale coerenti e autonome e conformarsi al sistema di relazioni poste dalla teoria stessa. Analogamente a quanto detto per lo stadio di validità teorico-sostanziale, lo stadio strutturale-interno è necessario, ma non sufficiente, per la validazione dello strumento. Due esempi possono chiarire questo aspetto. Il primo riguarda la matematica: questa dottrina si fonda su una serie di sistemi di proposizioni di alto livello basate sulla solidità di prove deduttive. L’intero campo matematico, infatti, riguarda la natura di entità che esistono esclusivamente nel simbolismo astratto e non nel mondo naturale. In tale senso esistono idee profondamente coerenti con i correlati non empirici della vita quotidiana o dell’universo fisico, con una precisa coerenza interna, senza, tuttavia, una realtà empirica corrispondente. Il secondo esempio si riferisce ai pazienti che soffrono di allucinazioni (disturbi deliranti). Molti di loro possiedono strutture di significato estremamente complesse che danno un senso al loro mondo interno, rendendo conto degli eventi oggettivi in modo tale che rispetto al sistema di significato della maggior parte dei soggetti normali, che ha una coerenza interna, risulta ovviamente falso. Lo stadio di validità del criterio esterno, in questo senso, è indispensabile per assicurare che le scale dello strumento abbiano un valore nel mondo reale e non solo nella mente degli Autori del test. Questo capitolo tratta la validità esterna di tre generazioni di MCMI. Sebbene il MCMI-III sia un test molto diverso dal MCMI, la “storia” della validità esterna di questa prima generazione di MCMI è importante per mostrare la continuità tra passato e presente.

4.1. Validità esterna del MCMI: ricerca attraverso il MMPI Uno dei principali problemi nell’elaborazione di uno strumento riguarda la creazione di un database di dati empirici che sia consultabile per capire come lo strumento funziona rispetto a popolazioni specifiche, per comprendere la relazione tra le sue scale e le scale di altri test, e così via. A questo proposito è utile mirare a un’estensione dei collegamenti nomologici dello strumento a partire da studi relativi a standard già accettati. Questa metodologia non solo offre prove di validità concorrente, ma permette anche a chi utilizza il nuovo strumento di valutarlo in relazione a qualcosa che già conosce e, al tempo stesso, di affermare che il nuovo test apporta un contributo in qualche modo innovativo rispetto al campo di interesse. Quando il MCMI fu originariamente pubblicato, nel 1977, era assolutamente nuovo e poggiava le sue basi solo su una parte della ricerca disponibile oggi. Al contrario, sul MMPI, che allora esisteva già da trentacinque anni, erano stati pubblicati forse migliaia di articoli. In quel contesto, uno degli obiettivi principali del MCMI era quello di mostrare non solo una misura di concordanza tra i due strumenti, ma anche che il fondamento teorico forte del MCMI avrebbe potuto apportare qualche contributo al “polverone” dell’empirismo del MMPI. Il proposito era quello di illustrare il potenziale vantaggio nell’utilizzo di dati clinici provenienti da due inventari di personalità concettualizzati e costruiti sulla base di filosofie profondamente differenti. Il MMPI è particolarmente adatto alla rilevazione delle sindromi

63

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

in Asse I, mentre il MCMI sembra maggiormente sensibile alla misurazione dei disturbi in Asse II. Questi strumenti, pertanto, dimostrano spesso un’eccellente complementarietà nel rilevare l’uno le sindromi cliniche, l’altro le strutture di personalità. Sebbene i risultati di seguito riportati si riferiscano al MCMI e possano, quindi, essere in qualche misura differenti da quelli che si otterrebbero ripetendo la ricerca con il MCMI-III e il MMPI-2, la complementarietà dei due strumenti sembra comunque dimostrata. Dalla figura 4-1 alla figura 4-9 si presentano le sovrapposizioni più frequentemente riscontrate tra i codici del MMPI e le scale del MCMI. I dati si riferiscono a uno studio su 3283 pazienti provenienti da setting clinici differenti in cui sono stati utilizzati i due strumenti entro un periodo di tempo inferiore al mese (Antoni, Levine, Tischer, Green e Millon, 1986; Antoni, Tischer, Levine, Green e Millon, 1985a, 1985b; Levine, Antoni, Tischer, Green e Millon, in corso di stampa; Levine, Tischer, Antoni, Green e Millon, 1985). Le configurazioni dei punteggi del MCMI sono limitate alle scale di personalità, pertanto i dati presentati si riferiscono alla relazione tra queste e le scale cliniche del MMPI (Asse I). I dati sono stati raccolti in un arco di tempo superiore ai 18 mesi da 46 clinici appartenenti a differenti strutture nel territorio degli Stati Uniti, di cui: 27 svolgevano una pratica individuale o di gruppo, 12 appartenevano a centri di salute mentale o istituti pubblici, 3 appartenevano a centri medici della Veterans Administration, 2 provenivano da ospedali psichiatrici privati e, infine, 2 da centri medici universitari. Di questi 46 clinici, 43 erano psicologi e 3 psichiatri. Non è stato possibile ottenere dati completi in tutti i casi (ad esempio: per alcuni soggetti mancava la diagnosi o lo stato attuale); laddove erano disponibili tutte le informazioni sono state calcolate stime ragionevolmente accurate. L’86% del campione era formato da pazienti non ricoverati, il 14% da pazienti ricoverati; il 54% era costituito da maschi, il 46% da femmine; il 29% aveva tra i 20-34 anni, il 30% tra i 35-44 anni, il 22% tra i 45-54 anni, il 15% tra i 55-64 anni e infine il 4% più di 65 anni. La classificazione diagnostica è stata effettuata nel 69% dei casi. Le diagnosi in Asse I erano: 21% disturbi affettivi, 17% ansia, 14% problemi disadattivi, 11% abuso di sostanze stupefacenti, 10% abuso di alcolici e 6% schizofrenici. (Non sono state incluse le sindromi in Asse I, diagnosticate solo nel 4% dei casi.) I disturbi in Asse II, in ordine di frequenza decrescente, erano: 17% dipendenti, 15% borderline, 12% atipici/misti, 11% istrionici, 10% passivo-aggressivi, 8% evitanti, 6% compulsivi, 5% narcisisti, 5% antisociali, 5% paranoidi, 3% schizoidi e, infine, 3% schizotipici. Le configurazioni del MCMI e del MMPI relative ai casi con una diagnosi non sono risultate essere apprezzabilmente diverse rispetto a quelle senza diagnosi. Sebbene le figure presentate di seguito siano molto chiare, può essere comunque utile considerarle brevemente una alla volta. La figura 4-3 (rappresentata più avanti), ad esempio, mostra i risultati ottenuti dal 10.8% del campione di pazienti con una codifica al MMPI di 28/82 (Depressione e Schizofrenia). L’asse orizzontale rappresenta le due scale con alti punteggi del MCMI che si presentano più frequentemente. L’asse verticale rappresenta la percentuale di pazienti che più frequentemente ottengono la codifica di 28/82 al MMPI (ad esempio: il 33.9% di tutti i profili 1,2 del MCMI, schizoidi/evitanti, ha ottenuto una codifica 28/82 con il MMPI, così come è accaduto per il 30.3% dei profili 2,1 del MCMI e il 16.2% dei profili 8,2 del MCMI, ecc.). Il rapporto di probabilità in fondo alla figura rappresenta la frequenza con cui questa corrispondenza si verifica in misura maggiore rispetto a quanto ci si attenderebbe su base puramente casuale (ovvero la sovrapposizione tra le codifiche 1,2 del MCMI e le codifiche 28/82 del MMPI è 9.0 volte superiore rispetto al caso; per i profili 2,1 del MCMI è di 6.1 volte superiore al caso, e così via). Sul grafico a barre è rappresentata, inoltre, la percentuale di soggetti del campione che hanno un punteggio al di sopra del cutoff per le scale più gravi: P (Paranoide), C (Borderline), S (Schizotipica). Ad esempio, l’8.0% del 33.9% che ha ricevuto un profilo 1,2 al MCMI non ha ricevuto nessuna di queste tre gravi diagnosi di personalità. In ogni caso circa il 4% ha superato il cut-off paranoide, il 2% quello borderline e circa il 20% quello schizotipico. È interessante osservare i molteplici profili del MCMI cui corrispondono, ad esempio, gli alti punteggi 28/82 del MMPI: come si può notare, l’interpretazione “standard” del MMPI 28/82 potrebbe essere arricchita o raffinata considerando diagnosi e caratteristiche cliniche suggerite da ciascuno dei numerosi codici paralleli del MCMI (ad esempio: un paziente con una configurazione 28/82 al MMPI e 1,2 al MCMI potrebbe apparire in qualche modo simile, sebbene sia clinicamente differente, a un paziente con una configurazione di 28/82 al MMPI e 2,3 al MCMI). Nella discussione vengono descritte le caratteristiche dei pazienti che presentano le sovrapposizioni riportate nelle figure. Ulteriori dettagli si possono ritrovare nei seguenti articoli: Antoni et al. (1986), Antoni et al. (1985a, 1985b), Levine et al. (1985).

64

4. Validità del criterio esterno

La figura 4-1 mostra le scale più elevate del MCMI in 318 pazienti (il 9.7% del campione) che si sovrapponevano con il profilo 24/42 al MMPI (Depressione e Deviazione Psicopatica). Questo pattern del MMPI è utilizzato per i pazienti che in letteratura sono descritti come “psicopatici in difficoltà”, vale a dire soggetti caratterizzati da acting-out, impulsività, immaturità e narcisismo, ma che allo stesso tempo presentano frustrazione, senso di colpa, vergogna e ideazione paranoica. Rispetto alle scale del MCMI si possono identificare alcuni pattern principali di sovrapposizioni con il profilo 24/42 del MMPI. Il primo gruppo presenta le seguenti associazioni: 6*/6,7 e 6,5 (antisociali/compulsivi/narcisistici); questi pazienti tendono a presentare agiti nelle relazioni interpersonali a causa della loro diffidenza verso gli altri (si noti anche l’elevato punteggio alla scala di personalità Paranoide). In entrambi questi pattern, i punteggi identificati superano di gran lunga i base rate (nei casi in cui tali livelli siano rilevanti o l’ampiezza del campione sia sufficiente da giustificarne la presentazione, si riporterà la percentuale di diagnosi in Asse II secondo il giudizio dei clinici). Un altro gruppo di pazienti con profilo 24/42 al MMPI ha presentato una codifica al MCMI in cui la scala 1 (Schizoide) risultava essere predominante, suggerendo un pattern di indifferenza sociale e vuoto affettivo piuttosto che la tendenza attiva a disprezzare gli altri. Altre associazioni MCMI in sovrapposizione con il profilo 24/42 riguardano i profili 8,4 e 8,3 (passivo-aggressivi con elementi istrionici e dipendenti). Questi pazienti possono essere descritti riferendosi a ciò che Antoni et al. (1985a) hanno chiamato “acting-out emotivi”: tali soggetti si caratterizzano per l’intensità dell’espressione affettiva che si rivolge verso l’esterno e per un bisogno di attenzione o supporto. Per spiegare il fatto che il pattern 24/42 del MMPI sembra contraddittorio (depressione/psicopatologia), Antoni et al. (1985a) sostengono che i profili 8,4 e 8,3 del MCMI rappresentano un comportamento intrinsecamente ambivalente, un’oscillazione tra espressione di irritabilità e ostilità. È da notare come quasi la metà dei pazienti con una codifica al MCMI entro i gruppi 8,4 e 8,3 è compresa nel range borderline. Inoltre, a più del 40% è stata fatta una diagnosi di personalità borderline dai propri clinici e più del 20% dei rimanenti è stato diagnosticato come passivo-aggressivo. La figura 4-2 mostra le scale più elevate del MCMI per 228 pazienti (il 6.9% del campione) che si sovrapponevano con il profilo 27/72 al MMPI (Depressione e Psicastenia), creando una configurazione caratterizzata da depressione, ansia, ipersensibilità, sentimenti di disperazione ed estrema emotività. Levine et al. (1985), esaminando le subvarianti di personalità del MCMI associate ai pattern 27/72 del

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Figura 4-1 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 24/42ª

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Depressione/Deviazione Psicopatica; * = modello puro. Nota. n = 318, 9.7% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 3 = Dipendente, 4 = Istrionica, 5 = Narcisistica, 6 = Antisociale, 7 = Ossessivo-Compulsiva, 8 = Passivo-Aggressiva.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-2 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 27/72ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

No grave PD Schizotipica Borderline

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Depressione/Psicastenia; * = modello puro. Nota. n = 228, 6.9% del campione; scale MCMI: 1= Schizoide, 2 = Evitante, 3 = Dipendente, 7 = Ossessivo-Compulsiva, 8 = Passivo-Aggressiva.

MMPI, li hanno divisi in tre tipologie dipendenti: spaventato, ambivalente e compulsivo. La tipologia dipendente spaventato può essere osservata nei pazienti che presentano elevati punteggi in alcune combinazioni di scale, in particolare le scale 1, 2 e 3 (schizoidi, evitanti e dipendenti). Nella figura 4-2, le codifiche del MCMI 3,2; 2,1; 1,2 e 2,3 si presentano due o tre volte in modo più frequente rispetto al caso. La caratteristica principale di questa variante del MCMI è l’esistenza simultanea di profondi bisogni di dipendenza e di una terribile diffidenza verso gli altri. È da notare come i clinici operino una diagnosi di personalità dipendente per quasi il 50% di tali pazienti. Nella seconda variante del MCMI, i soggetti che per Levine et al. (1985) rientrano nel gruppo chiamato dipendente ambivalente ottengono punteggi elevati alla scala 8 – Passivo-Aggressiva (in fig. 4-2: 8* e 3,8). La caratteristica che accomuna questi pazienti è la loro ambivalenza, cioè un conflitto tra indipendenza e assertività da un lato, e dipendenza e sottomissione dall’altro. La maggior parte di loro non solo presenta alti punteggi alla scala Borderline del MCMI, ma circa il 40% ha ricevuto una diagnosi di personalità borderline dai propri clinici. La terza variante del MCMI, il gruppo dipendente compulsivo, è meglio rappresentata dai profili 7,3 e 3,7 (dipendenti e compulsivi) che indicano un atteggiamento eccessivamente conformista e autopunitivo e una rigidità comportamentale. Sebbene questo sia un gruppo relativamente poco numeroso, si dovrebbe notare che quasi il 50% di questi pazienti ha ricevuto una diagnosi di personalità dipendente. Il gruppo con una codifica di 28/82 al MMPI (Depressione e Schizofrenia), costituito da 353 pazienti (il 10.8% del campione), è suddiviso nei corrispondenti profili del MCMI in figura 4-3. Questi soggetti sono stati descritti nella letteratura sul MMPI in modi molto differenti (se non addirittura contrastanti), come dipendenti, sottomessi, irritabili, pieni di risentimento, ostinati e docili. I più hanno ricevuto una diagnosi di personalità maniaco-depressiva o schizo-affettiva. Antoni et al. (1985a) li hanno suddivisi in tre subvarianti in accordo con il loro profilo al MCMI. Il primo gruppo, definito come contraddistinto da agiti nelle relazioni interpersonali, è costituito da quei pazienti che hanno ricevuto una codifica di 1,2 e 2,1 al MCMI (schizoidi ed evitanti); essi “reagiscono allo stress […] attraverso il ritiro, il disprezzo di sé e risposte autopunitive” (p. 396). Come si può osservare in figura 4-3, essi sono da sei a nove volte più frequenti tra le tipologie di codifica al MMPI di 28/82 rispetto a ciò che ci si attenderebbe dal caso; circa la metà di questo gruppo supera il cut-off relativo alla scala Schizotipica. A conferma di ciò, un ampio campione, più del 25%, ha

66

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-3 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 28/82ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Depressione/Schizofrenia; * = modello puro. Nota. n = 353, 10.8% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 2 = Evitante, 3 = Dipendente, 8 = Passivo-Aggressiva.

ricevuto una diagnosi di personalità evitante e più del 15% è stato diagnosticato come schizoide o schizotipico. Tutte e tre le diagnosi sono tre o quattro volte superiori a ciò che ci si aspetterebbe dal caso. La seconda variante del MCMI – contraddistinto da agiti emotivi – corrisponde ai profili con punteggi elevati alle scale 8 e 2 (passivo-aggressivi ed evitanti). Tale subvariante è descritta da Antoni et al. (1985a) come oscillante tra irritabilità, estraneità del Sé, rabbia e impulsività esplosiva. Come si vede in figura 4-3 nelle colonne 8*, 2,8 e 8,2, essi presentano punteggi alti anche nella scala Borderline del MCMI. È interessante notare che quasi il 35% di questi pazienti ha ricevuto dai clinici una diagnosi di personalità borderline e per circa il 20% è stata formulata una diagnosi di personalità passivo-aggressiva. La terza sovrapposizione del MCMI con i profili 28/82 del MMPI è stata riscontrata per le scale 2 (Evitante) e 3 (Dipendente) del MCMI. Questi pazienti, definiti come soggetti contraddistinti da agiti emotivi, vivono un conflitto insanabile tra il bisogno di dipendenza e l’errata interpretazione del comportamento degli altri. Timorosi di essere rifiutati dalle persone da cui dipendono, questi soggetti si chiudono in se stessi togliendosi le possibilità di ricevere supporto, sentendosi quindi soli e isolati. Poiché spesso superano il cut-off delle scale Borderline e Schizotipica, questi pazienti vengono diagnosticati come evitanti, schizotipici e borderline circa tre volte più di quanto ci si aspetterebbe dal caso. La figura 4-4 mostra i profili del MCMI di 186 pazienti (il 5.7% del campione) corrispondenti al profilo 34/43 del MMPI (Isteria e Deviazione Psicopatica). Nella letteratura sul MMPI, i soggetti con una codifica 34/43 ricevono più frequentemente una diagnosi di personalità passivo-aggressiva: sono pieni di risentimento e non hanno mai sviluppato la capacità di esprimere i loro sentimenti di rabbia. Dai dati del MCMI emergono due subvarianti primarie del profilo 34/43 del MMPI: i gruppi conformista e tendenti all’esternalizzazione, entrambi associati alla scala 8 (Passivo-Aggressiva). Il gruppo conformista si riferisce alle colonne 4,8 e 7,8/8,7, le cui percentuali si associano al profilo 34/43 del MMPI (rispettivamente 42.3% e 29.6%) con un rapporto di probabilità particolarmente elevato (rispettivamente 26.7 e 36.1 volte in più rispetto al caso). Nel gruppo tendente all’esternalizzazione la scala predominante del MCMI è la 6 (Antisociale), osservabile nelle colonne 6,8 e 4,6/6,4. Caratterizzati da una mentalità ritorsiva, tali soggetti sembrano essere restii a riconoscere apertamente la loro rabbia. Implicati in un processo definito nella letteratura psicoanalitica come identificazione proiettiva, essi creano relazioni che vivono come prive di senso e terrificanti, tanto da giustificare il loro rifiuto rabbioso.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-4 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 34/43ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Isteria/Deviazione Psicopatica. Nota. n = 186, 5.7% del campione; scale MCMI: 2 = Evitante, 3 = Dipendente, 4 = Istrionica, 6 = Antisociale, 7 = Ossessivo-Compulsiva, 8 = Passivo-Aggressiva.

La figura 4-5 mostra il profilo 48/84 del MMPI (Deviazione Psicopatica e Schizofrenia) e le configurazioni corrispondenti del MCMI. I 202 pazienti (6.2% del campione) cui è stato assegnato questo profilo al MMPI sono descritti come soggetti che in vario modo non si sentono a proprio agio nel loro ambiente. Tali soggetti sono anticonformisti e pieni di risentimento verso l’autorità, con una tendenza a essere instabili, a comportarsi in modo scostante e imprevedibile e a manifestare un esagerato bisogno di

Figura 4-5 MCMI/MMPI codifica sovrapposta MMPI 48/84ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Deviazione Psicopatica/Schizofrenia. Nota. n = 202, 6.2% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 2 = Evitante, 4 = Istrionica, 5 = Narcisistica, 6 = Antisociale, 8 = Passivo-Aggressiva.

68

4. Validità del criterio esterno

affetto e attenzione. Per altri, la codifica 48/84 al MMPI indica la presenza di una tendenza paranoide di lunga durata. Antoni, Levine, Tischer, Green e Millon (1987b) suggeriscono che le corrispondenze con il MCMI contenute in figura 4-5 sono suddivisibili in tre gruppi: il primo ha un punteggio particolarmente elevato in corrispondenza della scala Passivo-Aggressiva (scala 8; ad esempio: 4,8; 6,8; 8,4), il secondo ha un alto punteggio sulle scale Antisociale e/o Narcisistica (scale 6 e/o 5; ad esempio: 6,8; 4,5), il terzo, infine, ha un punteggio elevato sulle scale Schizoide ed Evitante (scale 1 e 2; ad esempio: 1,2). Il primo gruppo – emotivamente ambivalente – include soggetti con profondi conflitti rispetto ai propri bisogni di dipendenza che alternano spesso rabbia, atteggiamento manipolatorio e accondiscendenza dipendente. Il secondo gruppo – emotivamente indifferente – appare simile al gruppo emotivamente ambivalente, ma con la differenza che questi soggetti hanno molti meno conflitti e sono coinvolti in misura minore da problemi di dipendenza o dalla necessità di assicurarsi supporto e accudimento dagli altri. Il loro atteggiamento manipolatorio sembra determinato da una noncurante superficialità, anche se non sprezzante, verso gli altri. La distinzione tra il primo e il secondo di questi gruppi 48/84 del MMPI è supportato in parte dal fatto che i clinici assegnano una diagnosi di personalità antisociale a più del 25% del gruppo emotivamente indifferente ma solo al 5% del gruppo ambivalente. Viceversa, gli ambivalenti sono stati diagnosticati come borderline in circa il 30% dei casi, e, di questi, meno del 10% ha ricevuto tale diagnosi nella categoria emotivamente indifferente. La terza categoria, osservabile nella colonna 1,2, include questo piccolo numero di pazienti con profilo 48/84 al MMPI che sono meglio descritti come distaccati nelle relazioni interpersonali a causa dei loro deficit affettivi o del loro comportamento di ritiro difensivo. La configurazione 49/94 del MMPI (Deviazione Psicopatica e Ipomania) è una codifica ben nota ottenuta da 305 pazienti (9.3%). La figura 4-6 sintetizza i profili corrispondenti del MCMI. C’è una consistente letteratura sulla codifica 49/94 che insiste su aggettivi come: impulsivi, estroversi, alla ricerca di piacere, inaffidabili, pieni di risentimento, egocentrici, ostili e manipolatori. Come si può vedere in figura 4-6, la maggioranza delle codifiche sovrapposte del MCMI sono combinazioni di scale 4, 5 e 6 (istrionici, narcisisti e antisociali). Levine et al. (in corso di stampa) affermano che questi gruppi del MCMI potrebbero essere così descritti: il primo, in cui la scala 4 è la principale (istrionici; ad esempio: 4,5; 4,6/6,4 e 4,8), è stato denominato gruppo orientato ad assumere un comportamento dipendente ed è riconoscibile per il suo insaziabile bisogno di attenzione, la sua impulsività e la sua continua ricerca di sensazioni e stimoli. Il secondo,

Figura 4-6 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 49/94ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Deviazione Psicopatica/Ipomania. Nota. n = 305, 9.3% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 4 = Istrionica, 5 = Narcisistica, 6 = Antisociale, 8 = Passivo-Aggressiva.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

denominato gruppo orientato all’autostima, con un punteggio particolarmente elevato alla scala 5 (narcisisti; ad esempio: 5/5,4; 5,6), è composto di soggetti arroganti, tendenti al predominio e sfrontatamente sicuri di loro. Non stupisce il fatto che più del 25% di questi casi abbia ricevuto una diagnosi di personalità narcisistica dai propri clinici cinque volte più spesso di quanto ci si aspetterebbe sulla base del caso. La terza variante del MCMI, costituita dai profili predominati della scala 6 (antisociali; ad esempio: 6,5; 6,8), è chiamata gruppo orientato all’aggressività. I soggetti appartenenti a questo gruppo temono l’autorità in quanto punitiva e mettono di conseguenza in atto un comportamento ostile, carico di acting-out, irresponsabile e privo di coscienza sociale. Coerentemente, quasi il 40% dei clinici ha formulato per i pazienti di questo gruppo una diagnosi di personalità antisociale con una frequenza sette volte superiore a ciò che si attenderebbe dal caso. La figura 4-7 mostra le scale più elevate del MCMI che si sovrapponevano con il profilo 78/87 del MMPI (Psicastenia e Schizofrenia) in un gruppo di 272 casi (l’8.3% del campione) descritto nella letteratura come introspettivo, ossessivo, indeciso, preoccupato, teso, timido e socialmente inetto. A livello diagnostico tali soggetti sono da alcuni ritenuti nevrotici, da altri psicotici. Quindi, per quanto siano sempre implicate diagnosi di personalità, sono appropriate numerose categorie, quali passivo-dipendenti, schizoidi, schizotipici e borderline. Antoni et al. (1985a), prendendo in considerazione sovrapposizioni simili a quelle presenti in figura 4-7, individuano tre gruppi, alcuni dei quali già descritti nelle pagine precedenti: tendenti all’agito nelle relazioni interpersonali (alto punteggio in corrispondenza delle scale 1 e 2, schizoidi ed evitanti), contraddistinti da agiti emotivi (alto punteggio in corrispondenza della scala 8, passivo-aggressivi) e contraddistinti da agiti emotivi (alto punteggio in corrispondenza delle scale 2 e 3, evitanti e dipendenti). Nel primo gruppo – dato dalla combinazione tra i profili 78/87 del MMPI e 1,2/2,1 del MCMI – i soggetti mostrano ritiro, indecisione, diminuzione dell’autostima, ansia pervasiva e pensieri ossessivi relativi alla propria incompetenza e adeguatezza; questi dati sono in linea con il fatto che i pazienti appartenenti a questo gruppo avevano ricevuto dai clinici una diagnosi di personalità evitante in più del 30% dei casi, valore quattro volte superiore al caso. Il secondo pattern presenta le sue caratteristiche cardinali in una miscela di tumulto interno, sfida rabbiosa e umore svogliato. Tali pazienti sono diagnosticati come borderline in più del 40% dei casi, dato quasi tre volte superiore al caso. Infine, rispetto alle sovrapposizioni del profilo 78/87 del MMPI con le scale 2 e 3 del MCMI, i pazienti sono definiti come

Figura 4-7 MCMI/MMPI codifica sovrapposta MMPI 78/87ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ªPsicastenia/Schizofrenia. Nota. n = 272, 8.3% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 2 = Evitante, 3 = Dipendente, 4 = Istrionica, 8 = PassivoAggressiva.

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4. Validità del criterio esterno

contraddistinti da agiti emotivi per l’incompatibilità tra i loro profondi bisogni di dipendenza e la loro diffidenza verso gli altri. Questa conflittualità comporta un ritiro evitante a scopo difensivo e l’isolamento sociale. La classificazione diagnostica di personalità evitante e schizotipica ha una frequenza significativamente superiore al caso. Il pattern delle configurazioni del MCMI associate con i profili 89/98/9* (Schizofrenia e Ipomania) del MMPI è presentato in figura 4-8. Nella trattazione di Antoni et al. (1986), tali pazienti sono descritti come infantili nelle loro aspettative verso gli altri, bisognosi di attenzione e tendenti al risentimento ostile qualora le loro richieste non vengano soddisfatte. Tali soggetti temono le relazioni strette e tendono a essere socialmente ritirati. Talvolta presentano caratteristiche come iperattività e labilità emotiva, oltre a grandiosità, vanagloria e incostanza, un insieme eterogeneo che potrebbe essere differenziato nelle scale corrispondenti del MCMI. Antoni et al. (1986) hanno identificato tre varianti del MCMI. La prima, tendenti all’agito nelle relazioni interpersonali, identificabile per l’alto punteggio della scala 6 del MCMI (antisociali), è caratterizzata da: diffidenza verso gli altri, atti ostili, rifiuto delle regole sociali, comportamenti pericolosi e abuso di sostanze. I clinici diagnosticano circa il 25% di questi pazienti come antisociale, il 15% come paranoide, il 15% come narcisista, tutto ciò in misura tre o quattro volte superiore al caso. Molti di questi soggetti hanno problemi di abuso di alcol e/o di sostanze. Il secondo gruppo – la variante del MCMI tendente alla grandiosità interpersonale – è caratterizzato dall’alto punteggio alla scala 5 (narcisisti) e presenta un punteggio superiore al cut-off per la personalità paranoide (il 57% nel gruppo 5,6). Tali soggetti sono spinti da un profondo bisogno di autostima e manifestano preoccupazioni riferite al Sé (o autoreferenziali), uno stile personale arrogante e una mancanza di considerazione verso gli obblighi. Per più del 60% di questi pazienti è stata formulata dai clinici, sostanzialmente con le medesime proporzioni, una diagnosi di personalità narcisistica, antisociale o paranoide. La terza variante tendente all’agito, con un punteggio particolarmente elevato in corrispondenza della scala 8 del MCMI (Passivo-Aggressiva), mostra labilità, imprevedibilità, intensità nell’espressione delle emozioni che spesso sono mescolate a senso di estraneità del Sé, dipendenza conflittuale e pessimismo. In misura maggiore di quanto ci si aspetterebbe dal caso, i pazienti di questo gruppo ricevono una diagnosi di personalità borderline, passivo-aggressiva e paranoide.

Figura 4-8 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI 89/98/9*ª

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

ª Schizofrenia/Ipomania; * = modello puro; hyphen = terza scala più alta. Nota. n = 228, 6.9% del campione; scale MCMI: 1 = Schizoide, 3 = Dipendente, 4 = Istrionica, 5 = Narcisistica, 6 = Antisociale, 7 = Ossessivo-Compulsiva, 8 = Passivo-Aggressiva.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

La figura 4-9 mostra la sovrapposizione tra le scale predominanti del MCMI e l’assenza di codici MMPI (170 soggetti, il 5.2% del campione). I soggetti che ottengono tali profili si presentano con caratteristiche apparentemente non cliniche: si tratta di coloro che sono inclini a “far finta di stare bene” o a negare la presenza di ogni problema e coloro che sono ingenui, inibiti e difesi rispetto alle questioni psicologiche. Ciò che si può maggiormente notare rispetto a tali corrispondenze del MCMI è la presenza sostanzialmente uniforme di un alto punteggio alla scala 7 (Ossessivo-Compulsiva) che indica il disturbo di personalità compulsiva. Occorre, inoltre, commentare la bassa proporzione in tutta la colonna dei tre gravi disturbi di personalità. In questo pattern si collocano soggetti normali, persone che tendono a negare o soggetti che sono psicologicamente naif. Il MCMI consente di capire quale di queste tre situazioni caratterizza il paziente. Un alto punteggio alla scala 7 suggerisce proprietà virtuose oppure rigide negazioni dei problemi; la percentuale dei clinici che formulano diagnosi di personalità paranoide e compulsiva tra questi pazienti era più di cinque volte superiore rispetto al caso. I pazienti che presentano i punteggi più alti in corrispondenza della scala 5 (narcisisti), invece, sono arroganti e sprezzanti verso chi cerca di mettere in dubbio le loro illusioni circa se stessi. Entrambe le diagnosi di personalità narcisistica e paranoide sono formulate in proporzione relativamente elevata per tali soggetti. Tra coloro che presentano assenza di codici MMPI e la cui scala più elevata al MCMI è la scala 4 (istrionici), si possono presumibilmente individuare profondi elementi di “desiderabilità sociale” e un bisogno di apparire attraenti e psicologicamente sani. Tra i profili dei soggetti che presentano elementi predominanti in corrispondenza della scala 3 (dipendenti), è molto probabile riscontrare atteggiamenti ingenui “alla Pollyanna” e inconsapevoli forme di rifiuto; questa interpretazione è supportata in parte dall’elevata frequenza di diagnosi di personalità dipendente.

4.2. Profilo dei gruppi diagnostici Nelle figure dalla 4-11 alla 4-32 si evidenziano i profili del MCMI-II di pazienti diagnosticati con differenti tipologie di disturbi del DSM-III-R. I dati riportati in queste figure derivano da tre studi non pubblicati.

Figura 4-9 MCMI/MMPI codifica sovrapposta: MMPI completo

Percentuale MCMI/MMPI codifica sovrapposta

Paranoide Borderline Schizotipica No grave PD

Codifica sovrapposta/codifica campione (%)

Codice MCMI

Rapporto di probabilità

* = Modello puro. Nota. n = 170, 5.2% del campione; scale MCMI: 3 = Dipendente, 4 = Istrionica, 5 = Narcisistica, 7 = OssessivoCompulsiva.

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4. Validità del criterio esterno

Lo Studio 1 rileva i dati diagnostici provenienti da una popolazione di 825 pazienti rappresentativi o normativi del MCMI-II. È importante in questa sede notare come i clinici abbiano formulato le loro classificazioni in Asse I e in Asse II dopo aver avuto con i pazienti solo uno o due colloqui. Questa casistica è stata raccolta a partire dall’ottobre del 1985 e classificata secondo i criteri del DSM-III-R (integrati attraverso un set di criteri per i disturbi di personalità aggressiva/sadica). È da notare anche che è stato assegnato uno spazio per collocare solo una diagnosi per ciascuno dei due assi. Le diagnosi in Asse II sono state assegnate per 479 casi, di cui 52 atipiche-miste, gruppo che non è stato incluso nelle successive analisi dei dati. L’ampiezza del campione per ognuno dei 13 disturbi designati in Asse II è rappresentata a partire dalla figura 4-11 fino alla figura 4-32. Le diagnosi in Asse I che sono direttamente pertinenti per le scale del MCMI-II sono state assegnate per 344 casi. Ciò che differenzia gli Studi 2 e 3 dallo Studio 1 è il fatto che la valutazione diagnostica è stata formulata sulla base di ampi dati clinici, ovvero in seguito a un assessment completo (non includendo il MCMI-II) e/o sei o più colloqui. Nello Studio 2 i clinici hanno assegnato le diagnosi in accordo con le categorie del DSM-III-R e con una checklist (la Millon Personality Diagnostic Checklist – MPDC; Tringone, 1997; cfr. fig. 4-10) che comprende 240 frasi descrittive che riguardano i criteri del DSM-III-R e i criteri del modello teorico dell’Autore sui disturbi di personalità (Millon, 1984, 1986a, 1986b). Dal momento che i clinici hanno usato entrambi i criteri del DSM-III-R e della MPDC e hanno avuto il tempo di conoscere lo stato clinico dei pazienti, si è assunto che i loro assessment diagnostici fossero più accurati di quelli formulati nello Studio 1. Nello Studio 2 ai clinici è stato, inoltre, permesso di collocare fino a tre diagnosi in Asse I e tre in Asse II secondo il DSM-III-R (in ogni caso, solo le prime due di ciascuna sono state incluse nell’analisi dei dati). Centosettanta clinici hanno assegnato indici e diagnosi che sono servite come database per lo Studio 2; contando i due valori più alti per ciascun asse, sono state rilevate in questa popolazione un totale di 431 diagnosi di scale rilevanti in Asse II e 246 in Asse I. Lo Studio 3 differisce dallo Studio 2 per due motivi. In primo luogo tutti i clinici che hanno partecipato allo Studio 3 erano stati colleghi dell’Autore o lo erano al momento, oppure erano dottorandi o avevano partecipato a giornate intere di workshop. In secondo luogo, erano stati addestrati a prestare particolare attenzione alla selezione della diagnosi principale in Asse II e in Asse I. Come nello Studio 2, si è assunto che la maggior precisione diagnostica dei clinici, almeno rispetto all’Asse II, e la loro più estesa conoscenza della situazione clinica dei loro pazienti avrebbero garantito una maggiore accuratezza, rispetto allo Studio 1, nelle diagnosi secondo il DSM-III-R. Inoltre, tali partecipanti erano stati incoraggiati a lasciare che i loro casi venissero valutati indipendentemente anche da altri clinici per numerosi scopi, tra cui stabilire l’affidabilità tra giudici (per 151 casi in Asse II sono stati osservati valori k compresi tra .59 e .86; per 132 casi in Asse I sono stati osservati valori k compresi tra .43 e .93). In seguito alla registrazione delle loro valutazioni indipendenti, i clinici hanno discusso le differenze nella classificazione diagnostica e, dove possibile, sono pervenuti all’accordo per una singola diagnosi principale da usare nello Studio 3. Sono stati valutati e inseriti in questo studio 467 pazienti, ottenendo 458 diagnosi principali in Asse II e 369 in Asse I rilevanti per il MCMI-II. I dati dei test di questo studio sono stati ottenuti attraverso una precedente forma di questionario (MCMI-H Form 220R) che includeva tutti i 175 item del MCMI e la sostituzione di 45 item selezionati dal MCMI-II. Bisogna tener presente che i dati di questa forma di questionario sono stati utilizzati anche per tarare i pesi degli item, creando in tal modo un certo grado di contaminazione nella sua costruzione che ha leggermente “gonfiato” la corrispondenza scala-diagnosi. Sono necessari alcuni commenti e segnalazioni riguardo ai contenuti presenti nelle figure dalla 411 alla 4-32. In primo luogo, i dati degli Studi 2 e 3 sono stati combinati e rappresentati in figura dal gruppo B. I dati dello Studio 1 sono rappresentati dal gruppo A. I clinici negli Studi 2 e 3 conoscevano in modo più approfondito i pazienti che hanno valutato rispetto a quelli dello Studio 1. È importante notare che i profili rappresentano la mediana generale per ciascuna scala, così come bisogna tenere a mente che una figura non rappresenta necessariamente il profilo del MCMI-II esibito da tutti i pazienti nel gruppo diagnostico del DSM-III-R. Questo potrebbe essere il caso di alcuni pazienti, ma non tutti, poiché le figure sono basate su statistiche complessive. Nascoste in questi valori medi vi è l’eterogeneità individuale e la diversità subgruppo. Con ciò si intende che il sommario di ogni profilo assume da due a quattro distinte politetiche sottotipologie. Ad esempio, i pazienti diagnosticati come evitanti potrebbero avere il loro secondo punteggio più alto in corrispondenza della scala 1 (Schizoide), come si vede in figura 4-12; ma altre configurazioni evitanti con punteggio elevato potrebbero presentare il secondo punteggio più alto in corrispondenza delle scale Dipenden-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-10 Millon Personality Diagnostic Checklist (MPDC)* Comportamento/attivazione 1. Si mostra attratto dal rischio, dal pericolo e dal male 2. Impulsivo, irrequieto, impetuoso 3. Non cooperativo, oppositivo e testardo 4. Evita di mettersi alla prova nelle attività ordinarie 5. Mantiene un regolare e ben organizzato stile di vita 6. Si astiene dal fare esperienze piacevoli 7. Compie azioni impulsive, di autodanneggiamento 8. Si mostra incapace di tollerare la noia e l’inattività 9. Ha difficoltà a gestire le proprie faccende 10. Mostra difficoltà nell’espressività 11. Considera lo stile di vita convenzionale non degno di lui 12. Ha esplosioni improvvise e inaspettate 13. Estremamente difeso e vigilante 14. Oscilla tra ostruzionismo e arrendevolezza 15. Fa volontariamente cose non piacevoli per essere approvato 16. Agisce in maniera impulsiva 17. Eccessivamente devoto al lavoro e alla produttività 18. Si oppone fortemente alle influenze e ai controlli esterni 19. Meticoloso e perfezionista 20. Fa deliberatamente un lavoro modesto e in modo svogliato 21. Si comporta in modo strano, particolare ed eccentrico 22. Anticipa ansiosamente gli scherni e le umiliazioni 23. Ha messo in atto minacce e tentativi suicidi 24. Flemmatico e mancante di spontaneità 25. Predisposto all’invidia e alla gelosia 26. Evita le responsabilità e i compiti degli adulti

27. 28. 29. 30. 31. 32.

Mina la propria fortuna Non onora gli obblighi finanziari Appare agli altri curioso se non addirittura bizzarro Si pone in posizione inferiore o umiliante Mente a scopo di danneggiare gli altri Eccessivamente reattivo in maniera sensazionale e teatrale 33. Riluttante nel mantenere un coerente comportamento lavorativo 34. Incapace ad assumere ruoli maturi 35. Arrogante, sicuro e fiducioso di sé 36. Fa di tutto per evitare di stare da solo 37. Mette in atto comportamenti “magici” o rituali 38. Il perfezionismo interferisce con il portare a termine i compiti 39. Procrastina nel tempo e rimanda a dopo le cose 40. Tiene sotto controllo l’ambiente per eventuali minacce 41. Mostra disturbi evidenti prima dei 15 anni 42. Evita impegni personali o un lavoro routinario 43. Non riesce a portare a termine compiti utili a se stesso 44. Non si lascia scoraggiare dal dolore e dalle punizioni 45. Mostra abitudini socialmente maldestre e manierismi 46. Ha tendenze di autosvalutazione e autosabotaggio 47. Appare letargico e privo di vitalità 48. Sconsideratamente audace e apparentemente coraggioso 49. Sotto stress regredisce a livelli immaturi 50. Fortemente autodisciplinato

Umore/affetti 51. Insensibile e anaffettivo dal punto di vista emotivo 52. Insolitamente spaventato dalle nuove esperienze 53. Mostra un miope edonismo 54. Spietatamente indifferente al benessere degli altri 55. Facilmente infastidito e deluso dagli altri 56. Manifesta affetti inappropriati e compressi 57. Suscita rifiuto, quindi si sente ferito e umiliato 58. Tende a essere sgarbato e irascibile 59. Sconvolto quando finiscono relazioni intime 60. Freddo e privo di senso dell’umorismo, ma nervoso 61. Descrive un costante stato di tensione, tristezza o rabbia 62. Reagisce alle critiche con rabbia furiosa o senso di vergogna 63. Duro e insensibile 64. Il suo stato d’animo oscilla dallo sconforto alla rabbia all’apatia 65. Contenzioso e belligerante 66. Incapace di esperire profondo piacere 67. Ha paura di perdere il controllo o di abbandonarsi agli impulsi

68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86.

Persegue un piacere orientato alla vita sociale Mostra tratti marcati di intolleranza alla frustrazione Generalmente apatico e inespressivo Trae piacere dalla sofferenza degli altri Si offende facilmente a livello personale Reprime calore e affetto Mostra intensa instabilità emotiva Esperisce un minimo senso di colpa e rimorso per le proprie azioni Vive un cronico senso di vuoto e noia Ha un temperamento eccitabile e aggressivo Non responsivo nei confronti dei sentimenti degli altri Teme la perdita e l’abbandono Sperimenta di rado rabbia o tristezza Manca di teneri affetti, senso di vergogna o colpa Esagera il rischio di situazioni ordinarie Sembra irritabile e litigioso Esprime una rabbia inappropriata e incontrollata Fortemente agitato e ansiosamente vigile Ha una bassa soglia per la scarica degli impulsi segue

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4. Validità del criterio esterno

Figura 4-10 – continua 87. Mostra emozioni sproporzionate e di breve durata 88. Timido e non competitivo 89. Manifesta scarso interesse nei confronti delle esperienze sessuali 90. Generalmente appare disinvolto e noncurante 91. Vacilla tra l’essere angosciato e intorpidito 92. Gode nell’essere fisicamente crudele e verbalmente abusante 93. Teso, non rilassato e cupo

94. 95. 96. 97. 98. 99.

Spesso permaloso e risentito È incline a entusiasmi passeggeri Propende verso relazioni che lo faranno soffrire Prova a tenere le emozioni sotto stretto controllo Tende a essere scontroso e umorale Facilmente prende fuoco in discussioni e attacchi fisici 100. Prova sentimenti di rifiuto o colpa dopo esperienze positive

Stile cognitivo/contenuto 101. Evita di riflettere su pensieri sgradevoli 102. Ha illusioni percettive 103. Di fronte alle difficoltà assume un atteggiamento da “Pollyanna” (“tanto meglio così”) 104. Si ritira nelle fantasticherie per soddisfare i bisogni 105. Ha un’immaginazione fervente e indisciplinata 106. Mostra pensiero magico e superstiziose credenze 107. Si preoccupa e ha paura di essere lasciato solo 108. Assorbito da sé dal punto di vista cognitivo, se non autistico 109. Il linguaggio è caratterizzato da esagerazioni e iperbole 110. Preoccupazioni interne sconvolgono continuamente il pensiero 111. Inventa eventi per sostenere le proprie illusioni 112. Minimamente introspettivo, con uno sterile mondo interno 113. Facilmente persuadibile e credulone 114. Si mostra sospettoso o con ideazione simil-paranoide 115. Volubile e attento alla superficialità 116. Privo di immaginazione e cognitivamente costretto 117. Preoccupato da fantasie di successo/potere 118. Il pensiero è vago, tortuoso o deraglia facilmente 119. Ignora la sincerità e mente ripetutamente 120. È facilmente disturbato da ciò che non è familiare 121. Chiuso di pensiero, dogmatico e con pregiudizi 122. Miope, fallisce nella pianificazione del futuro 123. Ripetitivamente richiama ingiustizie del passato 124. Tende a essere scettico e cinico

125. Non introspettivo, integra le esperienze in maniera inadeguata 126. Sospettoso e diffidente 127. Indeciso, non riesce a prendere delle decisioni 128. Attirato dalla violenza, dalle lesioni, dalle armi da fuoco, ecc. 129. Mostra disprezzo per la morale convenzionale 130. Spesso contrito per comportamenti umorali/ eccentrici 131. Ha un misantropico punto di vista 132. Facilmente proietta indesiderabili tratti personali 133. Mischia comunicazioni con notizie personali irrilevanti 134. Particolarmente critico nei confronti dell’autorità 135. Preoccupato da liste, dettagli, regole, ecc. 136. Cerca segrete motivazioni negli altri 137. Critico e negativistico 138. Anticipa le difficoltà future e le delusioni 139. Ha idee di referenza 140. Invidioso e sprezzante verso coloro che sono più fortunati 141. Ha la tendenza a essere capriccioso e antitetico 142. Mostra un linguaggio impoverito e digressivo 143. Eccessivamente coscienzioso in ambito di moralità 144. Identifica significati minacciosi nel susseguirsi degli eventi 145. Ha percezioni contrastanti nei confronti di alcune persone

Condotta interpersonale 146. 147. 148. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 156.

Si mostra socialmente distaccato e lontano Compiacente, sottomesso e calmo Inaffidabile e inattendibile Autocentrato e socialmente sconsiderato Quando è in compagnia è preoccupato per tutto e sta in guardia in modo impaurito Ricerca attivamente attenzione e richiede elogi Si coinvolge in attività clandestine Stimola rifiuti piuttosto che desideri di accettazione Si aspetta favori speciali senza ricambiare Eccezionalmente duro con i sottoposti Ostacola gli altri attraverso la non assunzione di responsabilità

157. 158. 159. 160. 161. 162. 163. 164. 165. 166. 167.

Non ha amici stretti o intimi Intensamente competitivo e orientato al potere Usa sfacciatamente gli altri a proprio vantaggio Competitivo e orientato al comando Si mostra accogliente, ma in realtà è autoprotettivamente distante Subordina i desideri per piacere alla persona che si prende cura di lui Aggressivo, ingaggia combattimenti fisici Non riesce a sostenere relazioni monogame Aderisce strettamente alle convenzioni sociali Infligge dolore agli altri offendendoli Assume ruoli sociali conflittuali e sovversivi segue

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-10 – continua 168. 169. 170. 171. 172. 173. 174. 175. 176. 177. 178. 179. 180. 181. 182. 183. 184. 185. 186. 187.

Enigmatico e reticente Non mostra riguardo per i diritti degli altri Ha pochi desideri sociali o interessi umani Non nutre interesse per le persone che lo trattano bene Cerca di indurre il senso di colpa negli altri Teme di apparire socialmente sciocco Non esce da relazioni problematiche temendo l’abbandono Seduttivamente civettuolo ed esibizionista Non riesce a far fronte a responsabilità sociali ed economiche Intimidisce, reprime e umilia gli altri Interpersonalmente corretto e rispettoso Rifiuta e distrugge gli sforzi di aiuto degli altri Porta rancore, non perdona gli insulti Ha relazioni instabili e intense Appare indifferente a lodi o critiche Si crea una facciata sociale attraente, ma mutevole Insiste nel far fare agli altri le cose a suo modo Polemico e scontroso quando gli altri muovono richieste Desidera affetti, ma ha paura di essere rifiutato Trae vantaggi e sfrutta gli altri

188. È pronto a far del male per raggiungere i propri scopi 189. Assume una posizione sacrificale e da martire 190. Incoerente e paradossale a livello interpersonale 191. Preferisce che siano gli altri ad assumere le decisioni maggiori 192. Ingiustamente mette in discussione la fedeltà del coniuge/amico 193. Fa resistenza passiva alle aspettative sociali 194. Preferisce ruoli periferici e attività solitarie 195. Mostra piacere nel minare i desideri degli altri 196. Mantiene le distanze nell’incertezza di essere gradito 197. Irresponsabile, se genitore 198. Va alla ricerca di immeritate critiche e biasimi 199. Tende a essere provocatorio e irritabile 200. Rivendica il fatto che gli altri hanno ingiuste pretese verso di lui 201. Capriccioso e imprevedibilmente oppositivo 202. Consapevole ma indifferente ai sentimenti altrui 203. Socialmente irascibile e irritante 204. Quando è solo esperisce sentimenti di debolezza e inconfortabilità 205. Viola codici stabiliti socialmente e legalmente 206. Ricerca costantemente riconoscimento e ammirazione 207. Permette agli altri di sfruttarlo e maltrattarlo

Immagine/percezione di sé 208. Vede se stesso come socievole e affascinante 209. Considera se stesso come superficiale, privo di genuinità 210. Minimamente interessato nei confronti della propria vita 211. Vede se stesso come socialmente isolato 212. Sente di aver diritto a essere considerato speciale 213. Riferisce di sperimentare sentimenti di solitudine e vuoto 214. Teme di perdere la capacità di autodeterminazione 215. Particolarmente timoroso di commettere errori 216. Appare vanitoso e autoindulgente 217. Cerca di essere autonomo e non “ingombrante” 218. Ha un Sé grandioso 219. Si percepisce come incompreso e non accettato 220. Si percepisce come fragile o inetto 221. La coesione del Sé è fragile e inconsistente 222. Si sente rifiutato e non voluto da parte degli altri 223. Preferisce i vincoli, la prudenza e il controllo emotivo * © Dicandrien, Inc.

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224. 225. 226. 227. 228. 229. 230. 231. 232. 233. 234. 235. 236. 237. 238. 239. 240.

Afferma di meritare di essere umiliato e svilito Eccessivamente interessato alle apparenze fisiche Svaluta le proprie attitudini e competenze Ha un confuso senso di sé Si presenta come dominante e/o brutale Riconosce di essere disilluso e permaloso Orgogliosamente indipendente e di mentalità ristretta Focalizzato sulle sue peggiori caratteristiche Le percezioni di sé sono casuali e frammentate Ha un’alta stima del proprio valore Esperienze di depersonalizzazione Si percepisce come affidabile e coscienzioso Manca notevolmente di fiducia in sé Ha una personalità continuamente disturbata Esagera le proprie azioni e il proprio talento Si vede meritevole di soffrire Descrive la propria vita in modo meccanico e impersonale

4. Validità del criterio esterno

te, Autofrustrante o Schizotipica. Il lettore dovrebbe tenere a mente che ogni profilo diagnostico elimina automaticamente numerosi pattern di configurazioni anche se il set è limitato. Dalla figura 4-11 alla 4-32 vengono presentati i dati relativi all’estensione con cui i punteggi del MCMI-II corrispondono alle diagnosi formulate in accordo con i criteri del DSM-III-R. La figura 4-11 presenta i punteggi mediani per i 16 pazienti (gruppo A) diagnosticati nello Studio 1, una volta applicati i criteri del DSM-III-R per il disturbo di personalità schizoide. Viene presentata la medesima statistica per i 27 pazienti (gruppo B) diagnosticati negli Studi 2 e 3 come schizoidi. In entrambi i casi, la scala 1 (Schizoide) ha ricevuto il punteggio più alto per tale profilo. Il gruppo B, i cui dati sono da ritenersi più affidabili in virtù della loro maggiore ampiezza e base clinica, ha mostrato punteggi elevati anche in corrispondenza delle scale Schizotipica ed Evitante, sovrapposizioni queste attese in base al modello teorico alla base del MCMI. (Come si è potuto notare nei precedenti paragrafi, è probabile che il sommario del profilo mascheri un determinato numero di sue subvarianti.) La figura 4-12 presenta i dati per i 60 pazienti dello Studio 1 (gruppo A) e i 101 pazienti degli Studi 2 e 3 (gruppo B) a cui è stato diagnosticato dai clinici un disturbo di personalità evitante utilizzando i criteri del DSM-III-R. I profili sono abbastanza simili. La scala 2 (evitanti), come atteso, è la più alta, con il secondo punteggio più alto in corrispondenza delle scale 1 (schizoidi), 8A (passivo-aggressivi), 8B (autofrustranti) e S (schizotipici). La sovrapposizione con la scala 8B non è sorprendente, visto che le personalità evitanti e autofrustranti condividono la percezione di essere umiliate e abusate, anche se per differenti ragioni. L’alta corrispondenza con i “punteggi” in Asse I della scala A (Ansia) e della scala D (Distimia) è ugualmente comprensibile considerando la paura cronica e il rifiuto che caratterizza la maggior parte della vita dell’evitante. Come si può osservare in figura 4-13, la scala 3 (Dipendente) è la scala predominante tra quelle con una diagnosi di disturbo di personalità dipendente nel gruppo A e nel gruppo B. Il punteggio elevato nelle scale 2 (Evitante) e 8B (Autofrustrante) riflette, probabilmente, la condivisione reciproca del senso di bassa autostima. I sottotipi sono simili a queste due scale e alla scala 1 (Schizoide).

Figura 4-11 Disturbo Schizoide di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 27

NORMATIVO

Gruppo A N = 16

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Sindromi cliniche

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

77

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-12 Disturbo Evitante di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 101

NORMATIVO

Gruppo A N = 60

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-13 Disturbo Dipendente di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

78

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 162

NORMATIVO

Gruppo A N = 102

4. Validità del criterio esterno

In figura 4-14 emerge un pattern degno di nota. La scala 4 (Istrionica) non presenta un punteggio elevato del MCMI-II tra i pazienti diagnosticati come istrionici nel gruppo A, mostrando piuttosto una predominanza tra quelli che hanno ricevuto tale diagnosi nel gruppo B. È possibile che il MCMI-II sia adeguatamente sensibile alla tristezza, ma che in questa fase del disturbo non sia in grado di elicitare il loro quadro di personalità premorboso. Gli istrionici, infatti, iniziano il trattamento sembrando piuttosto perduti e rifiutati, esibendo caratteristiche cliniche diverse rispetto alle loro prevalenti caratteristiche comportamentali (Millon, 1981). Una volta risolta la fase più acuta di sconforto, emerge il loro stile più tipico oppure i clinici hanno avuto l’opportunità di effettuare un più approfondito assessment delle caratteristiche premorbose della loro struttura. Il profilo ottenuto dal gruppo A è coerente con tali argomentazioni: si può osservare che i pazienti diagnosticati come istrionici non assomigliano agli istrionici del MCMI-II, ma in loro si evidenziano depressione acuta e agitazione, riflesse nell’alto punteggio in corrispondenza delle scale D (Distimia), SS (Disturbo del Pensiero) e CC (Depressione Maggiore). In contrasto con ciò, queste scale hanno successivamente un punteggio più basso tra i pazienti diagnosticati come istrionici nel gruppo B, in cui la scala 4 (Istrionica) presenta il più alto punteggio. Vi è una consistenza tra i profili del gruppo A e del gruppo B osservabile in figura 4-15, in cui la scala 5 (Narcisistica) assume il punteggio più alto tra i pazienti diagnosticati con un disturbo di personalità narcisistica in accordo con i criteri del DSM-III-R. Tra le seconde scale più predominanti vi sono le scale 4 (Istrionica) e 6B (Aggressiva – Sadica), ognuna delle quali gioca probabilmente un importante ruolo nella costituzione della configurazione dei sottotipi. Sebbene il campione sia relativamente piccolo per i gruppi A e B presenti in figura 4-16, essi mostrano un forte supporto per la validità della ricostruzione della scala 6A (Antisociale) del MCMI-II. Tale scala è stata cambiata sulla base della teoria e per renderla più coerente con il DSM-III (Widiger e Frances, 1987). L’elevato BR per questa scala del gruppo A sembra essere in profondo contrasto con la sovrapposizione delle scale del gruppo B, riflettendo invece apparentemente un maggiore accordo nel gruppo A rispetto a quello riscontrato nel gruppo B, in cui i clinici hanno avuto a disposizione più tempo e più dati per formulare le loro diagnosi. Forse gli antisociali “più puri” sono stati individuati più rapidamente rispetto a quelli con uno stile più complicato o “subdolo” che emergevano solo dopo una più estesa

Figura 4-14 Disturbo Istrionico di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 84

NORMATIVO

Gruppo A N = 21

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

79

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-15 Disturbo Narcisistico di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 69

NORMATIVO

Gruppo A N = 28

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-16 Disturbo Antisociale di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

80

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 32

NORMATIVO

Gruppo A N = 19

4. Validità del criterio esterno

valutazione. Sarebbe quest’ultimo gruppo a mostrare una miscela di punteggi elevati in corrispondenza delle scale 5 (narcisisti) e 6A (antisociali), spiegando quindi la configurazione osservabile in figura 4-16. L’esiguità dell’ampiezza del campione del gruppo A in figura 4-17 rende i dati troppo inattendibili per una seria considerazione, benché generalmente concordino con i dati del gruppo B. Inoltre, come atteso, questa nuova scala di personalità, scala 6B (Aggressiva – Sadica), mostra i punteggi più alti tra i pazienti del gruppo B diagnosticati secondo i criteri del DSM-III-R. I secondi punteggi più alti degni di nota sono quelli in corrispondenza delle scale 8A (Passivo-Aggressiva) e 6A (Antisociale). Inoltre, i relativi picchi rispetto ai disturbi borderline, paranoide e alla dipendenza da droghe (scale C, P e T) sono da tenere in considerazione per future ricerche. La figura 4-18 presenta i risultati relativi ai soggetti diagnosticati, secondo il DSM-III-R, in linea con i criteri del disturbo di personalità ossessivo-compulsivo. Seppure in misura minore, il contrasto tra i gruppi A e B è simile a quello riscontrato in figura 4-14, contrasto connesso alla personalità istrionica. In alcuni casi, quando i compulsivi manifestano i primi turbamenti, appaiono piuttosto diversi da come sono abitualmente e quindi è comprensibile che possano trarre in inganno i clinici. In questi casi, il rigido controllo emotivo può venir meno, permettendo il riaffiorare di risentimenti e ostilità precedentemente repressi e producendo un breve, ma anomalo, comportamento aggressivo. Perciò, per il gruppo A ci sono alte punte nelle scale 6B (Aggressiva – Sadica) e 7 (Ossessivo-Compulsiva), una configurazione atipica ma dalle dinamiche comprensibili durante i periodi di tumulto. Questa fase può passare dopo un certo tempo; così nel gruppo B i clinici possono stimare più casi compensati che non solo presentano alti punteggi alla scala 7, ma risultano ancora una volta capaci di negare i loro tratti meno attraenti, producendo, quindi, i bassi punteggi riscontrabili in tutte le scale per il gruppo B. Anche la figura 4-19 mostra un interessante, ma non inaspettato, pattern per quelle personalità diagnosticate in accordo con il DSM-III-R come passivo-aggressive, una delle ultime categorie affidabili del DSM-III. Questi pazienti, che erano stati valutati dopo solo uno o due colloqui (gruppo A), hanno ottenuto i punteggi più alti nella scala 6B (Aggressiva – Sadica). Forse alcuni clinici erano poco inclini ad assegnare la nuova e più malevola etichetta di “sadico” ai soggetti che risultavano idonei a questi criteri.

Figura 4-17 Disturbo Aggressivo (Sadico) di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 36

NORMATIVO

Gruppo A N=4

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

81

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-18 Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 94

NORMATIVO

Gruppo A N = 42

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

Sindromi cliniche gravi

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-19 Disturbo Passivo-Aggressivo di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

82

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 90

NORMATIVO

Gruppo A N = 35

4. Validità del criterio esterno

Di contro, con maggiori e migliori prove dello stile caratteristico dei pazienti (gruppo B), vediamo che il passivo-aggressivo (scala 8A) raggiunge l’atteso livello di predominanza nonostante la scala 6B continui a rimanere alta. Il Disturbo Autofrustrante di Personalità del DSM-III-R è profilato nella figura 4-20. Per il gruppo A e il gruppo B la scala 8B (Autofrustrante) è la scala più alta. I dati per il gruppo B sono rilevanti. Le alte sovrapposizioni per 8B sono probabilmente con le scale 3 (Dipendente) e 2 (Evitante), un pattern discusso precedentemente nella figura 4-13. Coloro che sono diagnosticati come autofrustranti hanno anche alti punteggi nelle scale A (Ansia), D (Distimia), SS (Disturbo del Pensiero) e CC (Depressione Maggiore). Anche la configurazione della figura 4-21 è coerente con le aspettative. Nonostante la scala S (Schizotipica) sia alta, essa si associa, in linea con la teoria, con le scale 1 (Schizoide), 2 (Evitante) e 3 (Dipendente) che la rimpiazzano totalmente. È da notare che gli alti punteggi complessivi in questo profilo, eccetto che per le scale 4 (Istrionica), 5 (Narcisistica), 7 (Ossessivo-Compulsiva) e N (Bipolare: Mania), suggeriscono che i pazienti che vengono diagnosticati come schizotipici riportano un ampio range di disturbi sintomatologici. La valutazione dei soggetti con diagnosi di disturbo borderline di personalità (i cui punteggi MCMIII sono riassunti nella fig. 4-22) è ugualmente accurata sia a seguito di solo uno o due colloqui (gruppo A) sia dopo molti colloqui (gruppo B). Il più alto punteggio del disturbo di personalità per il gruppo B si trova nella scala 8B (Autofrustrante), seguito da vicino dalle scale C (Borderline) e 8A (Passivo-Aggressiva), catturando ognuno di questi significativi elementi del pattern borderline. Allo stesso modo gli alti punteggi alle scale D (Distimia), A (Ansia), B (Dipendenza da Alcol) e T (Dipendenza da Droghe) sono coerenti con le caratteristiche composite, se non proprio discordanti, di questo disturbo. La figura 4-23 mostra i risultati relativi al piccolo campione di soggetti diagnosticati come personalità paranoidi. Nonostante la scala P (Paranoide) abbia uno dei punteggi più alti del profilo, essa è rimpiazzata per il gruppo B dalla scala 6B (Aggressiva – Sadica), la quale risulta essere anche in linea con il modello teorico.

Figura 4-20 Disturbo Autofrustrante di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 49

NORMATIVO

Gruppo A N = 14

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

83

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-21 Disturbo Schizotipico di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 26

NORMATIVO

Gruppo A N = 12

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

Sindromi cliniche gravi

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-22 Disturbo Borderline di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

ANSIA

84

SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 99

NORMATIVO

Gruppo A N = 60

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-23 Disturbo Paranoide di Personalità: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 20

NORMATIVO

Gruppo A N=8

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Tornando alle sindromi dell’Asse I, la figura 4-24 mostra i punteggi mediani delle scale del MCMIII per i soggetti diagnosticati con un primario disturbo d’ansia generalizzato. Sono degne di nota le differenze tra il gruppo A e il B. Dato il profilo relativamente piatto del gruppo A, possiamo inferire che l’ansia acuta della fase iniziale e l’ansia di qualità più duratura e pervasiva possono risultare difficili da discriminare. Dopo che i clinici hanno migliorato la conoscenza di questi pazienti (ed è stato possibile identificare anche quelli in cui l’ansia si era abbassata), la capacità di formulare una diagnosi accurata è migliorata. Così, tra i soggetti del gruppo B si vede che la scala A (Ansia) è maggiormente elevata nelle scale 2 (Evitante), 8A (Passivo-Aggressiva) e 8B (Autofrustrante), nelle quali i sentimenti d’ansia sono spesso elementi intrinseci. La diagnosi di somatizzazione (cfr. fig. 4-25) sembra corrispondere, come ci si attendeva, all’elevazione alla scala H (Somatizzazione) e alle scale 4 (Istrionica) e 7 (Ossessivo-Compulsiva), dove sono caratteristici il disagio somatico e la sostituzione della tensione. La figura 4-26 mostra la solidità dei due set dei pazienti bipolari-maniacali diagnosticati dal DSMIII-R. La coerenza si può definire al massimo modesta, con le maggiori divergenze tra le scale di personalità. All’interno del campione più ampio e più sofisticato (gruppo B), vediamo la classica configurazione della mania depressiva ricavabile dagli alti punteggi delle sue rispettive scale, N (Bipolare: Mania) e D (Distimia). Il basso punteggio nella scala di personalità Schizoide (scala 1) e gli alti punteggi delle scale 4 (Istrionica) e 8A (Passivo-Aggressiva), entrambe misura di un’attiva espressione dell’affetto, supportano la teoria sottostante. L’ampia dimensione del campione in figura 4-27 (pazienti diagnosticati come distimici) aumenta l’affidabilità dei risultati. Anche alzando il nostro livello di confidenza, la coerenza interna dei profili dei gruppi A e B risulta relativamente alta. La maggior rilevanza della validazione del MCMIII in opposizione ai criteri del DSM-III-R è data dal fatto che la scala D (Distimia) risulta essere il punto più alto in entrambi i profili.

85

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-24 Disturbo d’Ansia Generalizzato: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 143

NORMATIVO

Gruppo A N = 66

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

Sindromi cliniche gravi

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-25 Disturbo di Somatizzazione: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Sindromi cliniche

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

86

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 45

NORMATIVO

Gruppo A N = 16

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-26 Disturbo Bipolare: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 32

NORMATIVO

Gruppo A N = 17

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-27 Distimia: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 184

NORMATIVO

Gruppo A N = 133

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

87

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Risulta evidente dalla figura 4-28 che la scala B (Dipendenza dall’Alcol) del MCMI-II corrisponde perfettamente alla diagnosi di dipendenza da alcol nel DSM-III-R. Punteggi alti si ritrovano anche nelle scale T (Dipendenza da Droghe) e 1 (Schizoide) nel gruppo B, e nelle scale 6A (Antisociale) e 6B (Aggressiva – Sadica) nel gruppo A. La figura 4-29 mostra l’alta corrispondenza tra la scala T (Dipendenza da Droghe) e la diagnosi di dipendenza da sostanze del DSM-III-R. Si potrebbe notare che questi pazienti mostravano anche alti punteggi nella scala B (Dipendenza da Alcol), a testimonianza del fatto che molti soggetti manifestavano una forte dipendenza da sostanze. È importante rilevare (e coerente con il profilo nella fig. 4-16) anche la corrispondenza tra le diagnosi di personalità dipendenti da sostanze e quelle antisociali. Nonostante la figura 4-30 mostri che la scala SS (Disturbo del Pensiero) è elevata nei profili dei gruppi A e B, i pazienti diagnosticati come schizofrenici in accordo con il DSM-III-R mostrano punteggi molto alti nelle scale 2 (Evitante), 8B (Autofrustrante) e S (Schizotipica). La relativa mancanza di salienza della scala SS può essere un prodotto del fatto che il pensiero di questi pazienti e, di conseguenza, la loro risposta siano disturbati. È plausibile, inoltre, che i clinici possano non essere in grado di differenziare il ritiro sociale e lo stile bizzarro delle comunicazioni dei soggetti evitanti e schizotipici da quelli che presentano un disturbo del pensiero schizofrenico e un comportamento antisociale. Permane, tuttavia, il fatto che alti punteggi alle scale 2, 8B e S possano rivelarsi valide misurazioni diagnostiche di schizofrenia così come punteggi alti alla scala SS. Diverse ricerche chiariscono questi risultati. La figura 4-31 mostra il profilo dei pazienti diagnosticati come affetti da depressione maggiore in accordo ai criteri del DSM-III-R. Per i gruppi A e B la scala CC (Depressione Maggiore) è tra i picchi più alti del profilo, con alti punteggi anche delle scale D (Distimia), A (Ansia), 3 (Dipendente), 8A (Passivo-Aggressiva), 8B (Autofrustrante) e 2 (Evitante). La figura 4-32 mostra che la scala PP (Disturbo Delirante) ottiene alti punteggi tra i pazienti diagnosticati con un disturbo di allucinazione nel DSM-III-R. Sono importanti i punteggi alti nelle scale SS (Disturbo del Pensiero), P (Paranoide), S (Schizotipica), 2 (Evitante) e 8A (Passivo-Aggressiva).

Figura 4-28 Dipendenza da Alcol: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

ANSIA

88

SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 43

NORMATIVO

Gruppo A N = 20

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-29 Dipendenza da Droghe: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO B

Categoria

Gruppo B N = 53

NORMATIVO

Gruppo A N = 25

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL

Sindromi cliniche gravi

DIPENDENZA DA DROGHE DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-30 Schizofrenia: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N = 32

NORMATIVO

Gruppo A N = 16

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

89

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-31 Depressione Maggiore: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Mediana BR GRUPPO A

Profilo punteggi BR

Categoria

Mediana normativa

GRUPPO B

Gruppo B N = 65

NORMATIVO

Gruppo A N = 46

SCHIZOIDE Pattern di personalità clinica

EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche

ANSIA SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

Sindromi cliniche gravi

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Figura 4-32 Disturbo Delirante: profilo dei punteggi mediani

Scale diagnostiche

Pattern di personalità clinica

SCHIZOIDE EVITANTE DIPENDENTE ISTRIONICA NARCISISTICA ANTISOCIALE AGGRESSIVA (SADICA) OSSESSIVO-COMPULSIVA PASSIVO-AGGRESSIVA

Grave patologia della personalità

AUTOFRUSTRANTE

SCHIZOTIPICA BORDERLINE PARANOIDE

Sindromi cliniche gravi

Sindromi cliniche

ANSIA

90

SOMATIZZAZIONE BIPOLARE: MANIA DISTIMIA DIPENDENZA DA ALCOL DIPENDENZA DA DROGHE

DISTURBO DEL PENSIERO DEPRESSIONE MAGGIORE DISTURBO DELIRANTE

Mediana BR GRUPPO B

Profilo punteggi BR

Mediana normativa

GRUPPO A

Categoria

Gruppo B N=

NORMATIVO

Gruppo A N=

4. Validità del criterio esterno

4.3. Validità esterna del MCMI-III: giudizio diagnostico sperimentale Nello studio clinico di valutazione del MCMI-III riportato nella prima edizione del manuale del MCMI-III, i giudizi erano formulati da clinici che avevano visto i loro soggetti una sola volta. Le valutazioni erano molto spesso fatte subito dopo la somministrazione del MCMI-II-R, abitualmente all’inizio. Nonostante ciò costituisca un limite per le statistiche di efficienza diagnostica (Retzlaff, 1996), queste analisi hanno comunque potuto fornire alcune indicazioni per valutare la validità esterna del MCMIIII in forma preliminare. Negli studi più recenti e completi per il MCMI-III, ai clinici fu esplicitamente richiesto di valutare solo i soggetti che conoscevano meglio. Questi risultati, quindi, provengono da un disegno che si avvicina di più alla validità esterna degli studi riportati nel manuale del MCMI-II, il che consente di fare migliori confronti tra le tre generazioni dello strumento. Il proposito di questo paragrafo è di riportare questi risultati e confrontare l’efficienza diagnostica del MCMI-III con quella del MCMI-II e, dove possibile, con il MCMI. 4.3.1. Metodo Settantacinque clinici, a cui era stata ben spiegata la teoria evoluzionistica del MCMI e di Millon (1990) e che avevano partecipato al primo progetto di ricerca, sono stati invitati a partecipare allo studio sulla validità diagnostica del MCMI-III. Circa 30 avevano espresso la loro volontà di partecipare. La maggior parte aveva indicato alcuni colleghi clinici associati che avevano intenzione di unirsi a loro nel dare il giudizio clinico. In tutto 67 clinici hanno partecipato alla valutazione dei pazienti in accordo con le istruzioni e le linee guida del Clinician’s Rating Reference Booklet (cfr. fig. 4-33). Contrariamente agli studi riportati nella prima edizione del manuale del MCMI-III, tutti questi clinici hanno riferito di avere un considerevole contatto diretto con i pazienti che essi valutavano. Il tempo di contatto minimo richiesto era di “almeno tre colloqui terapeutici o di counseling”; la moda era sette colloqui, il numero di ore di incontri andavano da tre a più di sessanta. La prima parte del Clinician’s Rating Reference Booklet è riprodotta per intero in figura 4-33. Sono stati inclusi anche gli esempi rappresentativi delle sezioni dell’Asse I e dell’Asse II. Il Clinician’s Rating Reference Booklet è diviso in due parti. La parte A consiste in una revisione degli studi che si sono occupati dell’inclusione ed esclusione di criteri e nella descrizione dettagliata degli step di cosa veniva richiesto ai clinici partecipanti. Ad esempio, lo step 1 domanda ai clinici: “Analisi delle descrizioni delle sindromi dell’Asse I e dei disturbi dell’Asse II dati nella parte ‘B’ di questo opuscolo”. È anche da notare che i clinici hanno delle nozioni di preferenza sui disturbi e questo spiega perché è necessario per i partecipanti usare un singolo set di criteri o di descrizioni nella valutazione dei pazienti. Risulta anche importante, nella parte A, la descrizione delle fasi per i compiti valutativi. La gravità di ogni sindrome clinica dell’Asse I, ad esempio, fu valutata in una scala a cinque punti. Anziché lasciare al clinico l’interpretazione del significato delle etichette lieve, medio, sindrome, sindrome marcata, sindrome grave, erano forniti dei paragrafi descrittivi per aumentare la standardizzazione del significato di questi punteggi tra i valutatori. Questo ha assicurato che i clinici partecipanti valutassero le stesse dimensioni nello stesso modo e che il significato di ogni particolare punto lungo le dimensioni date fosse lo stesso per ogni valutatore. Per ottenere un’adeguata dimensione del campione, i clinici, nell’includere i soggetti, hanno selezionato quelli di cui si erano già avvalsi nel MCMI-III, ma, per minimizzare i criteri di contaminazione, sono stati specificatamente istruiti a escludere quelli di cui avevano un chiaro ricordo dei risultati. La parte B del Clinician’s Rating Reference Booklet standardizza i prototipi con i quali i pazienti sono stati valutati. Questa parte viene divisa in due sezioni, l’Asse I e l’Asse II. Per la sezione dell’Asse I è stato suggerito ai clinici di seguire strettamente i criteri del DSM-IV. Dove le corrispondenze non erano esatte con una particolare scala esistente del MCMI-III, come ad esempio l’Ansia (cfr. l’opuscolo citato), i paragrafi descrittivi sono stati forniti dai clinici. A differenza della sezione dell’Asse I, i costrutti dell’Asse II sono stati operazionalizzati sia attraverso i criteri diagnostici del DSM che con le teorie generate dalla descrizione dei domini di Millon, presentate nel capitolo 2. È stato scelto questo approccio perché, considerando la teoria evoluzionistica, il DSM è solo parzialmente rappresentativo dei domini secondo i quali la personalità si esprime. È stato importante per i clinici, nel completare le loro valutazioni, essere consapevoli dell’intera gamma dei contenuti rilevanti

91

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-33 Clinician’s Rating Reference Booklet PARTE A I. INFORMAZIONI GENERALI SUL PROGETTO Grazie per aver deciso di partecipare all’attuale progetto sul MCMI-III. Giocherete un ruolo chiave nel processo di perfezionamento dello strumento diagnostico più ampiamente utilizzato nell’ambito della salute mentale. Per garantire la validità e l’utilità clinica del MCMI-III sono stati inclusi ambiti come i Vostri, provenienti da diversi setting nel paese, utili a raccogliere un campione clinico ampio e rappresentativo. Questo accurato studio di validazione e perfezionamento è una grande impresa che non può aver successo senza la partecipazione di psicologi come Voi e i Vostri associati. Vi ringraziamo per il vostro tempo, interesse e gli sforzi fatti. Lo scopo di questo pacchetto è fornire dettagli circa la partecipazione a questo progetto. Se avete qualche domanda o volete discutere alcuni aspetti del processo di ricerca, siete pregati di contattare Ted Millon, Roger Davis o Andrew Wenger. II. CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE Come parte integrante di questo progetto di ricerca è stato assunto che: 1) i pazienti scelti per questo studio hanno già svolto (o lo faranno presto) un MCMI-III valido (non il MCMI-II); 2) il valutatore ha personalmente visto il paziente almeno per tre colloqui terapeutici o di counseling; 3) il valutatore ha ben capito le caratteristiche cliniche del paziente e quelle di personalità; 4) il valutatore ha esaminato gli schemi delle sindromi cliniche e dei disturbi di personalità del DSM-IV come pure le descrizioni in campo clinico di Millon fornite nella parte B di questo opuscolo. Questi sono i criteri di inclusione per questo studio. Idealmente, la Vostra valutazione della sindrome in Asse I e della personalità in Asse II può essere completamente eseguita attraverso i risultati MCMI-III. Per garantire un campione di ampiezza adeguata, abbiamo incoraggiato l’inclusione dei pazienti i cui risultati al MCMI-III erano già stati acquisiti. Non è stato pur tuttavia possibile includere i pazienti per cui Voi avete un chiaro ricordo dei loro punteggi MCMI-III prima di completare il Clinical Rating Form. Questo è il criterio di esclusione per lo studio. III. VALUTAZIONI DEI CLINICI Si chiede, a Voi e ai Vostri associati, di completare separatamente un Clinician’s Rating Form per ciascun paziente valutato. Informazioni dettagliate riguardanti i criteri di valutazione di ciascuna delle sindromi cliniche e stili di personalità o disturbi sono incluse nella parte B di questo opuscolo. Questo tipo di informazione è utile come guida perché la Vostra valutazione sia standardizzata. Lo studio ha una struttura che consiste di cinque step: 1) Voi e i Vostri associati potete vedere le descrizioni delle sindromi cliniche e le caratteristiche di personalità nella parte B di questo opuscolo. Potete sentirVi liberi di fare o meno riferimento a queste descrizioni mentre procedete con la Vostra valutazione; 2) Vi è richiesto di valutare ciascun paziente in rispetto al numero di disturbi in Asse I inclusi nel DSM e valutati dal MCMI e quindi dare un giudizio sulla gravità di questi disturbi; 3) Vi è richiesto di scegliere tre pattern di personalità che caratterizzano il paziente e quindi valutare la gravità di questi pattern; 4) Vi è richiesto di indicare il Vostro grado di accordo in ciascuna delle valutazioni precedenti; 5) dopo aver completato quanto sopra, Vi viene chiesto di individuare i punteggi BR al MCMI-III ottenuti da questi pazienti e indicare TUTTO nelle caselle in fondo al Clinical Rating Form. Per assicurare uniformità nelle procedure, descriveremo qui di seguito in dettaglio questi step.

segue

92

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-33 – continua STEP 1: ANALISI DELLE DESCRIZIONI DELLE SINDROMI DELL’ASSE I E DEI DISTURBI DELL’ASSE II DATI NELLA PARTE “B” DI QUESTO OPUSCOLO I clinici hanno varie interpretazioni delle diverse sindromi cliniche dell’Asse I e dei disturbi di personalità in Asse II. Quello che un clinico considera una personalità depressa può essere interpretato da altri clinici come caratteristica di una personalità masochista. Di conseguenza, diventa necessario definire o operazionalizzare più precisamente ciascun disturbo. Per questo, mentre ciascun clinico può continuare a mantenere la sua concezione preferita riguardo ai vari disturbi, per l’obiettivo della ricerca le sue concezioni devono essere definite come misure della standardizzazione. Per le sindromi cliniche dell’Asse I, suggeriamo che Voi seguiate accuratamente la lista dei criteri del DSM-IV, a cui si fa riferimento nella parte B di questo opuscolo. Per i pattern di personalità dell’Asse II, tuttavia, abbiamo fornito sia la lista dei criteri del DSM per ciascun disturbo, sia la descrizione per ciascuno degli otto domini di personalità derivati dalla teoria di Millon. Qui il nostro punto di vista è che la personalità non è espressa solamente nel regno cognitivo, comportamentale, psicodinamico o interpersonale, ma si manifesta invece trasversalmente a tutti questi domini, e che il DSM è gravemente incompleto riguardo all’analisi di alcuni domini di espressione clinica. Potete tentare di utilizzare sia i criteri del DSM che quelli del MCMI-III quando prendete le decisioni sulla valutazione della personalità.

STEP 2: VALUTATE PER QUESTI PAZIENTI FINO A TRE SINDROMI CLINICHE IN ASSE I E LA LORO GRAVITÀ Tutte le sindromi cliniche incluse nel MCMI-III sono elencate nella parte superiore della colonna di sinistra del Clinician’s Rating Form. Segnate il numero cerchiato sotto la prima colonna per la sindrome clinica che richiede il maggiore interesse o trattamento. Si fa notare che due sindromi cliniche non possono essere valutate entrambe come principali; la prima colonna conterrà quindi solamente un cerchio annerito. Poi, compilate il numero cerchiato che è allineato con la seconda sindrome clinica più significativa. Si fa notare che due sindromi cliniche non possono essere valutate entrambe come seconde; la seconda colonna può contenere solamente un cerchio annerito. Se è presente una terza sindrome, per quanto di poca importanza, compilare il suo numero appropriato. In seguito, stabilite la gravità di quelle sindromi cliniche che precedentemente avete giudicato come prima, seconda e terza; queste valutazioni relative alla gravità sono posizionate a metà sezione della griglia. Notate che la gravità dei giudizi non è esclusiva: due sindromi cliniche possono essere entrambe giudicate, ad esempio, “marcate”. Usate le definizioni successive come guida nel formulare i vostri giudizi: LIEVE:

MEDIO (sotto-soglia):

SINDROME:

SINDROME MARCATA:

SINDROME GRAVE:

i sintomi sono presenti, ma in modo modesto e solo occasionalmente. Solitamente non raggiungono la preoccupazione clinica. L’intervento clinico non è richiesto sulla base dei soli sintomi. questi sintomi non sono sufficientemente problematici da richiedere un trattamento attivo di per se stessi. Tuttavia, sono problematici per i pazienti e/o per gli altri, solitamente in modo più o meno transitorio. Questi sintomi possono occasionalmente essere associati con lievi difficoltà sociali, occupazionali o familiari. Il trattamento può essere visto come opzionale. i sintomi sono sufficientemente problematici per giustificare una diagnosi di sindrome clinica. Difficoltà nel funzionamento sociale, occupazionale e/o familiare sono chiaramente presenti e il trattamento auspicabile. indica la presenza di seri e/o prolungati sintomi clinici che danneggiano marcatamente tutto il funzionamento psicosociale. Richiedono un accurato assessment professionale e la valutazione del fatto che il trattamento possa, o non possa, svolgersi in un setting di ricovero. i sintomi sono intensi e disfunzionali, socialmente e occupazionalmente debilitanti. Generalmente necessitano di un trattamento di tipo residenziale. segue

93

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-33 – continua STEP 3: VALUTATE LE TRE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ PIÙ PROMINENTI E LA LORO GRAVITÀ Dopo, tornate alla griglia di personalità nella colonna in alto a destra. Identificate un pattern di personalità che in modo più corrispondente si adatti o racchiuda le caratteristiche del funzionamento del paziente in accordo alla descrizione data nella parte B. Tipicamente, si adattano ad un solo tipo di personalità; spesso posseggono caratteristiche o domini distintivi di due o tre pattern. Come avete visto nella sezione per la valutazione delle sindromi cliniche, ci sono colonne per una seconda e terza scelta. Il secondo miglior adattamento può essere annotato sotto la seconda colonna. Se un terzo “adattamento aderente” sembra possibile, riempite il cerchio appropriato sotto la terza colonna. Poi, calcolate la gravità di questi pattern di personalità nella parte in fondo della griglia. Notate che la gravità dei giudizi non è esclusiva; cioè, due pattern possono essere entrambi giudicati, ad esempio, come disturbi o tratti. Utilizzate le seguenti definizioni come guida quando formulate la gravità dei giudizi: TRATTO:

STILE:

DISTURBO:

DISTURBO MARCATO:

DISTURBO GRAVE:

la presenza di lievi, ma ben definite, caratteristiche di personalità. Al momento è presente una varietà di tratti manifesti, ma clinicamente insignificanti, che cadono chiaramente nel range della normalità. una distintiva e caratteristica configurazione di tratti di personalità che in natura è essenzialmente subclinica, sebbene vi siano occasionali difficoltà adattive; il trattamento solo in base a queste motivazioni non è indicato. il pattern di personalità è sufficientemente problematico da giustificare una diagnosi clinica. Le caratteristiche certamente danneggiano le modalità di funzionamento, sfociando in periodiche ma significative difficoltà adattive. (Nota: personalità valutate come schizotipica, paranoide e borderline possono essere giudicate almeno a livello di “disturbo” e non di “stile” o “tratto”.) È indicato un trattamento di ricovero. le caratteristiche di personalità sono di qualità grave e persistente e danneggiano marcatamente e ripetutamente il funzionamento psicosociale. Il trattamento è senza alcun dubbio richiesto, generalmente in una situazione di non ricovero, ma frequentemente il ricovero si può rendere necessario. le caratteristiche di personalità sono intense, croniche e pervasive, spesso di carattere chiaro e idiosincratico e invariabilmente debilitanti. È richiesto un trattamento di ricovero/residenziale.

STEP 4: SEGNALATE LA VOSTRA FIDUCIA NELLE PRECEDENTI VALUTAZIONI Il livello di sicurezza della vostra valutazione dipende in gran parte dalla complessità del caso e dalla possibilità che Voi avete avuto di studiare sintomi e caratteristiche. Usando la guida qui di seguito, segnate nella griglia appropriata il livello della Vostra fiducia in relazione a ciascuno delle sindromi o disturbi che avete individuato. ALTO: MEDIO:

BASSO:

giudizi basati su numerose informazioni e una sicura conoscenza dei sintomi/caratteristiche valutate prima; si presume che questi giudizi siano accurati. giudizi basati su informazioni ragionevolmente valide e su un’adeguata conoscenza clinica dei sintomi/caratteristiche valutati precedentemente. Tuttavia, con informazioni aggiuntive potrebbe emergere una più precisa valutazione. i giudizi sono poco fondati; la comprensione dei sintomi/caratteristiche valutati precedentemente è, a questo punto, solamente superficiale. Informazioni aggiuntive probabilmente aumenterebbero la validità di questi giudizi.

segue

94

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-33 – continua STEP 5: INDICATE L’ATTUALE PUNTEGGIO BR AL MCMI-III DI QUESTI PAZIENTI Ricordate: non esaminate i punteggi BR del MCMI-III dei Vostri pazienti prima di valutarli nella sezione sotto la linea nera. Scrivete il numero dei punteggi BR in entrambe le colonne dopo aver completato le Vostre valutazioni. IV. IL CLINICAL RATING FORM ILLUSTRATIVO Nella pagina successiva è stato riprodotto un esempio di un completo Clinician’s Rating Form. Come potete vedere, il genere e l’età del paziente sono stati inseriti dal clinico. Sono stati anche formulati tre giudizi nella griglia delle sindromi cliniche in Asse I. La distimia è stata posizionata nella prima colonna a significare che è stata valutata la sindrome più prominente o clinicamente significativa; l’abuso di alcol è in seconda colonna, mentre la somatizzazione è stata posta in terza colonna. Come si può notare, quest’ultima è stata anche definita una “sindrome marcata”, mentre le altre due sono state valutate come “medie”. Nella griglia delle personalità, la schizotipica è stata considerata la più aderente ed è stata posta in prima colonna. L’evitante, che si è aggiudicata il secondo posto di meglio adattata, è stata posizionata in seconda posizione, la negativistica è stata assegnata alla terza colonna; tutte le altre personalità sono state messe a sinistra. Evitante e schizotipico sono stati considerati come “disturbi”, mentre negativistico, come stile. La stima della confidenza dei clinici è stata segnata come “media”, eccetto che per gli schizotipici, per i quali è stata giudicata “alta”. In fondo sono i punteggi BR del MCMI-III per questi pazienti come completati dal clinico.

segue

95

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-33 – continua CLINICIAN’S RATING FORM STUDIO DI VALIDAZIONE DEL MCMI-III Istruzioni: usate il Clinician Rating Reference Booklet per guidare il Vostro pensiero verso la sindrome clinica e la valutazione di personalità, in due colonne in basso. Sotto la linea nera riportate i punteggi che sono stati ottenuti dal paziente valutato. Occorre anche compilare l’età e il genere del paziente. Utilizzeremo una lettera per indicare il setting e il numero del paziente.

32

Età = ________

Genere: M

F

XYZ Paziente n. = ________ /9

Setting: ________

Asse I Sindromi cliniche A Ansia H Somatizzazione N Bipolare: Mania D Distimia B Dipendenza da Alcol T Dipendenza da Droghe R Disturbo Post-Traumatico da Stress SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante Gravità della valutazione in Asse I Lieve Medio (sotto-soglia) Sindrome Sindrome marcata Sindrome grave Fiducia nella valutazione Alto Medio Basso

Prominenza I II III 1

2

1

2

1

2

3

2

3

1

3

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

Asse II Caratteristiche di personalità 1 Schizoide 2A Evitante 2B Depressiva 3 Dipendente 4 Istrionica 5 Narcisistica 6A Antisociale 6B Sadica (Aggressiva) 7 Ossessivo-Compulsiva 8A Negativistica (Passivo-Aggressiva) 8B Masochistica (Autofrustrante) S Schizotipica C Borderline P Paranoide Gravità della valutazione in Asse II Tratto Stile (sotto-soglia) Disturbo Disturbo marcato Disturbo grave Fiducia nella valutazione Alto Medio Basso

I 1

Pattern II III 2

1

3 3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

3

1

2

1

2

3

1

2

3

2

3

1

2

3

1

2

3

Istruzioni: per favore, state attenti a non esaminare o trascrivere questi attuali punteggi BR prima di fare le Vostre valutazioni. 1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B S C P

96

Scale MCMI Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica (Aggressiva) Ossessivo-Compulsiva Negativistica (Passivo-Aggressiva) Masochistica (Autofrustrante) Schizotipica Borderline Paranoide

Attuale BR

72 80 78 62 22 31 14 20 41 64 84 91 85 58

A H N D B T R SS CC PP

Scale MCMI Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo Post-Traumatico da Stress Disturbo del Pensiero Depressione Maggiore Disturbo Delirante

Attuale BR

78 84 23 88 95 67 70 80 70 47

4. Validità del criterio esterno

Figura 4-33 – continua PARTE B CRITERI ASSE I Disturbo d’Ansia La scala parallela del MCMI-III è pensata per stimare i sintomi generali di ansietà e per fungere da controllo per il più specifico disturbo d’ansia. Non c’è un solo criterio del DSM-IV che metta esattamente in parallelo il contenuto degli item di questa scala. Soggetti con alti punteggi riportano sintomi cognitivi come eccessiva ansia (Disturbo d’Ansia Generalizzato) e pensieri ossessivi (Disturbo Ossessivo-Compulsivo), sintomi cognitivi-somatici, come sensazioni di tensione e panico quando si è fuori casa (Agorafobia e Disturbo di Panico), sintomi somatici, come il sudare, e sintomi comportamentali, come il tentare compulsivamente di ridurre l’ansia (Disturbo Ossessivo-Compulsivo). Disturbo Somatoforme La scala del MCM-III relativa al Disturbo Somatoforme rappresenta una costellazione di sintomi fisici, che includono la difficoltà a mantenere un certo equilibrio, il sentirsi debole e stanco la maggior parte del tempo, l’essere privo di sensibilità in varie parti del corpo, la difficoltà nel dormire e la perdita di appetito. Per i criteri del DSM-IV per il Disturbo Somatoforme Indifferenziato, cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, 1996, p. 498). segue

97

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 4-33 – continua CRITERI ASSE II DISTURBO SCHIZOIDE DI PERSONALITÀ Domini clinici del MCMI-III

Criterio del DSM-IV

Livello comportamentale: Cfr. DSM-IV (1994; ed. it.: Masson, (F) Espressione impassibile: ad esempio, appare in uno stato emotivo 1996, pp. 699-670). inerte, distaccato, riservato, privo di energia e vitalità; è impassibile, annoiato, ritirato, si muove come un automa, è flemmatico; ha difficoltà nell’intraprendere qualunque attività, nell’espressività motoria e nella spontaneità. (F) Non coinvolto nei rapporti interpersonali: ad esempio, si mostra indifferente e assorbito da se stesso, con scarsa capacità di interazione con le azioni o i sentimenti degli altri; preferisce attività solitarie, manifesta interessi ridotti nei confronti delle altre persone; tende a restare sullo sfondo, è distante e discreto, sembra non desiderare di trarre soddisfazione da rapporti intimi, preferisce mantenere un ruolo secondario nel proprio ambiente sociale, lavorativo e familiare. Livello fenomenologico: (F) Impoverito dal punto di vista cognitivo: ad esempio, appare deficitario in molti ambiti relativi alla conoscenza “del mondo”; mostra processi di pensiero vaghi e poco decifrabili, in particolare riguardo agli schemi sociali; la comunicazione con gli altri è spesso coartata, a tratti non finalizzata a obiettivi o intenzioni, oppure condotta con una logica sconnessa e indiretta. (S) Immagine di sé compiacente: ad esempio, mostra una capacità introspettiva minima e una scarsa consapevolezza di sé; è impenetrabile agli aspetti emotivi e personali della vita quotidiana, e indifferente all’approvazione o alle critiche altrui. (S) Oggetti interni scarsi: ad esempio, le rappresentazioni interne sono poche e scarsamente articolate, per lo più sprovviste di percezioni complesse e di ricordi dei rapporti con gli altri; è capace di uno scarso gioco dinamico tra impulsi e conflitti, tipico invece dei soggetti bene adattati. Livello intrapsichico: (F) Intellettualizzazione: ad esempio, ha una tendenza a descrivere le esperienze interpersonali e affettive come se fossero un dato di fatto, in modo astratto, impersonale o meccanico; focalizza l’attenzione sugli aspetti formali e oggettivi degli eventi sociali ed emotivi. (S) Organizzazione indifferenziata: ad esempio, data l’aridità interna, ha una necessità minima di soddisfare i bisogni e di difendersi dal conflitto interno o far fronte alle richieste esterne; le strutture morfologiche interne possono essere caratterizzate da una cornice limitata e pattern sterili. Livello biofisico: (S) Umore apatico: ad esempio, dal punto di vista emotivo spesso non mostra sentimenti, ha insensibilità interna, freddezza e rigidità; riferisce inoltre di provare scarso bisogno di una vita affettiva e sessuale ed esprime raramente sentimenti intensi; emerge infine l’apparente incapacità di provare, in modo profondo, la maggior parte delle emozioni e dei sentimenti come, ad esempio, piacere, tristezza o rabbia.

Legenda. F = funzionale, S = strutturale.

98

4. Validità del criterio esterno

dei costrutti dell’Asse II; diversamente le loro valutazioni sarebbero state standardizzate attraverso gli incompleti criteri del DSM, o, peggio, attraverso gli aspetti verso cui ognuno era sensibilizzato dal suo training accademico o clinico, sia che fosse cognitivo, comportamentale, psicodinamico o altro. 4.3.2. Risultati: Asse II I risultati dell’Asse II sugli studi di validità diagnostica sono presentati nelle tabelle 4-1 e 4-2. Le statistiche delle scale dell’Asse II sono discusse in questo sottoparagrafo, nel seguente si riportano quelle dell’Asse I. I successivi due sottoparagrafi riassumono la performance attraverso le tre generazioni del MCMI. Sebbene i metodi di raggruppamento dei dati per ogni versione del MCMI siano differenti in termini di precisione delle istruzioni date ai valutatori clinici, gli standard diagnostici in uso al tempo, le procedure di campionamento e l’essenziale richiesta di usare valutatori clinici informati è stata standard e uniforme; gli studi attraverso le tre generazioni si sono basati, in altri termini, sui giudizi espressi da clinici con una sostanziale conoscenza del paziente valutato (ciò si contrappone con i risultati presentati nella prima edizione del manuale del MCMI-III e per il gruppo A delle figure da 4-11 a 4-32 di questa edizione). Frequenze statistiche. La tabella 4-1 riporta le frequenze grezze e i tassi di prevalenza per i pazienti inclusi negli studi di validità esterna. Come illustrato nella prima colonna della tabella 4-1, 18 pazienti sono stati valutati come primariamente schizoidi dai loro clinici, 34 come primariamente evitanti e così via. Il disturbo di personalità riscontrato più frequentemente come primario è stato il disturbo di personalità dipendente (n = 41), seguito dal borderline (n = 40) e dalla nuova personalità depressiva (n = 37). La seconda colonna della tabella 4-1 traduce questi tassi di frequenza in tassi di prevalenza o base rate (ad esempio: la personalità dipendente al 13%, la borderline e la depressiva ognuna al 12%). La terza e la quarta colonna riportano il numero e la prevalenza dei tassi per personalità giudicate dai clinici come le seconde più predominanti. È interessante che la personalità appena entrata (depressiva) e quella recentemente cancellata (masochistica) siano state tra i tre disturbi giudicati nei pazienti come i più frequenti anche se secondari.

Tabella 4-1 Diagnosi primarie e secondarie basate su giudizi clinici e sul MCMI-III (disturbi Asse II) Diagnosi primaria

Diagnosi secondaria

Diagnosi primaria o secondaria

MCMI base rate

Giudizio Giudizio Giudizio Primari o clinici Prevalenza clinici Prevalenza clinici Prevalenza Primari Secondari secondari (N = 321) (%) (N = 317) (%) (N = 638) (%) (N = 322) (N = 322) (N = 644) Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica (Aggressiva) Ossessivo-Compulsiva Negativistica (Passivo-Aggressiva) Masochistica (Autofrustrante) Schizotipichica Borderline Paranoide

18 34 37 41 23 22 18 7 30

6 11 12 13 7 7 6 2 9

20 37 32 28 19 25 25 16 9

6 12 10 9 6 8 8 5 3

38 71 69 69 42 47 43 23 39

6 11 11 11 7 7 7 4 6

15 30 43 27 27 18 22 7 28

21 40 42 23 13 27 24 14 12

36 70 85 50 40 45 46 21 40

16

5

28

9

44

7

18

21

39

12 11 40 12

4 3 12 4

42 11 18 7

13 3 6 2

54 22 58 19

8 3 9 3

23 15 34 15

41 9 23 12

64 24 57 27

99

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

La quinta e sesta colonna della tabella 4-1 riassumono le prime e seconde frequenze e le prevalenze grezze. Le personalità evitanti, depresse, dipendenti e borderline sono considerate le più alte in classifica. Quelle prevalentemente giudicate come ultime sono le personalità paranoide, schizotipica e sadica. Le tre colonne finali della tabella 4-1 riportano la prima e la seconda frequenza più alte in base alle scale di personalità in accordo al MCMI-III. Le scale Depressiva (n = 43) e Borderline (n = 34) sono state le scale dell’Asse II più frequentemente alte al MCMI. Raggruppando la prima e la seconda più alta, le personalità depressiva (n = 85) ed evitante (n = 70) sono state le prevalenti, mentre la sadica (n = 21), la schizotipica (n = 24) e la paranoide (n = 27) sono state le meno frequenti. Confrontando la quinta e la nona colonna della tabella 4-1, si può vedere che vi è un generale accordo tra giudizi clinici e MCMI-III riguardo a quali personalità siano le più e le meno prevalenti. Efficacia diagnostica. La maggior parte dei lettori ha probabilmente una qualche familiarità con il concetto di validità concorrente. Una scala continua di nuova costruzione è posta in correlazione con misure già stabilite e già accettate dello stesso costrutto. Se la nuova scala correla altamente con queste misure più vecchie, si dice che essa ha validità concorrente. Nonostante le scale si prestino agevolmente alla misurazione delle correlazioni della validità concorrente, nel DSM i disturbi comportamentali sono pensati come entità di disagio presenti o assenti in base all’uso dei criteri diagnostici e associate alla loro statistica efficienza diagnostica. Questo capitolo sarà centrato sulla Sensibilità e sul Potere Predittivo Positivo. Poiché queste misure tendono a essere inversamente relate, una valutazione intelligente di uno strumento richiede una considerazione congiunta. Ciascuno di essi può essere quasi perfetto mentre l’altro no. Ad esempio, assumiamo che 100 pazienti di un campione di numerosità 1000 vengano etichettati da un giudizio clinico come aventi un disturbo del pensiero. Se tutti i 100 soggetti sono identificati da una scala di disturbo del pensiero, la Sensibilità della scala è perfetta. Se, però, anche gli altri 900 sono identificati con lo stesso disturbo, la nostra stima di utilità della scala cambia drammaticamente. Qui la perfetta Sensibilità è ottenuta a spese di un ampio numero di falsi positivi. All’opposto, se tutti i pazienti identificati dalle scale hanno effettivamente un disturbo del pensiero anche secondo il giudizio clinico, il Potere Predittivo Positivo dello strumento è perfetto. Se, però, la scala riesce a identificare solo uno del totale di 100 pazienti con disturbo del pensiero la nostra stima è di nuovo drammaticamente cambiata. Questi due esempi sono semplicemente illustrativi. In generale, quando la Sensibilità di un indicatore aumenta, anche i falsi positivi aumentano e il Potere Predittivo Positivo declina un po’; viceversa, quando aumenta il Potere Predittivo Positivo la Sensibilità tende a diminuire. Le statistiche di efficienza diagnostica per le scale dell’Asse II del MCMI-III sono riportate in tabella 4-2. Queste statistiche sono state calcolate in termini di giudizio clinico di disturbo persona-

Tabella 4-2 Efficienza diagnostica delle scale Asse II MCMI-III

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B S C P

100

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica (Aggressiva) Ossessivo-Compulsiva Negativistica (Passivo-Aggressiva) Masochistica (Autofrustrante) Schizotipichica Borderline Paranoide

Potere Predittivo Positivo (PPP) (%)

Sensibilità (SENS) (%)

Tasso Predittivo Positivo (PPR)

67 73 49 81 63 72 50 71 79 39 30 60 71 79

56 65 57 54 74 59 61 71 73 44 58 82 60 92

11.89 6.92 4.24 6.38 8.79 10.54 8.92 32.76 8.41 7.80 8.14 17.41 5.66 21.02

4. Validità del criterio esterno

lità primario e del corrispondente risultato del MCMI-III. La statistica Potere Predittivo Positivo (PPP) rappresenta la percentuale dei pazienti che hanno una scala di personalità MCMI-III particolarmente alta nel profilo che, effettivamente, è stato giudicato dai clinici come disturbo di personalità primario. Di conseguenza, il PPP è uguale al numero dei veri positivi (accordo positivo tra giudizio clinico e test) diviso per il numero totale dei test positivi. Ad esempio il 67% dei soggetti valutati dal MCMI come primariamente schizoidi è stato giudicato tale anche dai clinici (cfr. tab. 4-2), e lo stesso si è verificato anche per il 79% di quelli valutati dal MCMI come primariamente compulsivi. I migliori risultati riguardano le scale Dipendente (81%), Paranoide (79%) e Ossessivo-Compulsiva (79%). I punteggi più scarsi riguardano le scale Masochistica (30%), Negativistica (39%) e Depressiva (49%). I bassi risultati PPP di queste scale possono riflettere il modo superficiale con cui il DSM-IV ha trattato questi costrutti: il disturbo di personalità autofrustrante (masochista) che è stato completamente cancellato dal DSM-IV, il negativista (passivo-aggressivo) e il depressivo relegati nell’Appendice del DSM. La Sensibilità si riferisce alla precisione con cui un indicatore individua un particolare pattern di disturbo della personalità. La statistica Sensibilità (SENS) riportata in tabella 4-2 riferisce la percentuale di pazienti valutati dai clinici come aventi un particolare disturbo di personalità identificato in modo analogo al MCMI-III. Quindi, la Sensibilità è il numero di pazienti positivi sia al test che secondo il giudizio dei clinici, diviso per il numero totale dei giudizi di positività formulato dai clinici. Ad esempio, il 57% dei soggetti giudicati dai clinici come aventi primariamente una personalità depressiva aveva anche come scala più alta al profilo di personalità del MCMI-III la scala Depressiva. Il Tasso Predittivo Positivo (PPR) è inteso come un incremento rispetto al caso della percentuale di soggetti valutati correttamente come positivi. Ad esempio, se il tasso di prevalenza di un disturbo è 12% e un indicatore non produce dei miglioramenti rispetto al caso, il 12% dei pazienti verrà identificato correttamente. Un indicatore o un test che “funziona” correttamente dovrebbe comportare un miglioramento, rispetto al caso, nelle identificazioni. La statistica PPR è calcolata dividendo il PPP per il tasso di prevalenza. Ad esempio, il PPR della scala Evitante del MCMI-III è 6.92, ovvero identifica circa sette volte più correttamente rispetto al caso. Ovviamente, dove il tasso di prevalenza è alto, il PPR ha un limite superiore più basso. Ad esempio se il tasso di prevalenza di un particolare disturbo è 50%, il test potrebbe essere accurato al 100% nell’identificare la presenza del disturbo e tuttavia avere un PPR solo di 2. Al contrario, dove il tasso di prevalenza di un disturbo è 2% e il test ottiene un PPP del 10%, il PPR è 5. Di conseguenza la bontà dei valori del PPR è più evidente per i disturbi con un tasso di prevalenza basso, ad esempio i sadici (≈ 33), i paranoici (≈ 21), gli schizotipici (≈ 17) e gli schizoidi (≈ 12). I PPR meno validi sono ottenuti dai disturbi con un alto tasso di prevalenza, ad esempio i depressi (≈ 4), i borderline (≈ 6), i dipendenti (≈ 6) e gli evitanti (≈ 7). Indice di quanto sia molto più accurato il MCMI-III (o qualsiasi altro strumento) rispetto a una poco approfondita attribuzione diagnostica, il PPR è il più utile nelle statistiche di efficienza diagnostica. Esporremo maggiormente la nostra discussione sull’efficienza diagnostica delle scale dell’Asse II più in là in questo capitolo. 4.3.3. Risultati: Asse I Le tabelle 4-3 e 4-4 presentano l’efficienza diagnostica dell’Asse I per le scale MCMI a BR ≥ 85 e BR ≥ 75, rispettivamente, attraverso tre generazioni del MCMI. Cominciamo discutendo il potere predittivo del MCMI-III. Sono presentati due metodi di conteggio. Nella colonna finale della tabella 4-3 (detta M-IIIb), il punteggio soglia BR 85 è confrontato con quello che dai clinici è stato giudicato il disturbo più significativo del paziente in Asse I. La questione è questa: fino a che punto i punteggi soglia predicono correttamente il disturbo più significativo del paziente in Asse I? Il range della statistica Potere Predittivo Positivo va da un 33% per un disturbo delirante a un 93% per abuso di sostanze. I due disturbi più significativi in Asse I sono le scale Ansia e Distimia che raggiungono rispettivamente un Potere Predittivo Positivo di 75% e uno di 81%. Le Sensibilità (nella colonna M-IIIb) per questo metodo di conteggio variano dal 24% per il disturbo somatoforme al 100% per il disturbo del pensiero. La colonna della Sensibilità etichettata M-IIIa valuta la seguente questione: fino a che punto i punteggi soglia BR 85 predicono un disturbo individuato dai clinici come presente anche se quel disturbo può essere di secondaria importanza? Questi valori di Sensibilità risultano generalmente più bassi. La tabella 4-4 valuta la stessa questione diagnostica con riferimento al punteggio soglia BR 75. Come atteso, le Sensibilità sono risultate più alte e il Potere Predittivo Positivo è stato notevolmente inferiore a BR 85.

101

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 4-3 Prevalenza, Sensibilità e Potere Predittivo Positivo delle scale dell’Asse I del MCMI a BR ≥ 85

Tassi di prevalenza (%) M A H N D B T R

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo PostTraumatico da Stressc SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

M-II M-IIIa M-IIIb

Potere Predittivo Positivo (%)

Sensibilità (%) M

M-II M-IIIa M-IIIb

M

M-II

M-IIIa M-IIIb

24 13 4 26 12 6

23 5 3 29 8 9

46 24 6 38 30 19

28 12 4 23 17 11

67 37 49 73 56 52

69 43 40 76 79 62

57 25 44 55 65 78

64 24 64 65 80 82

73 44 50 76 66 63

74 33 53 72 88 78

80 53 57 88 91 92

75 39 58 81 88 93

– 3 3 2

– 2 6 1

18 10 20 9

6 4 11 2

– 15 24 15

– 20 47 25

53 52 65 40

88 100d 84 50

– 19 27 23

– 30 50 40

73 59 72 63

67 52 66 33

Legenda. M = MCMI, M-II = MCMI-II, M-III = MCMI-III; a statistiche calcolate usando tutti i disturbi giudicati dai clinici al momento attuale; b statistiche calcolate usando il disturbo giudicato dai clinici come più significativo; c il disturbo post-traumatico da stress non è stato valutato nel MCMI e nel MCMI-II; d solo 12 pazienti con disturbo del pensiero hanno partecipato allo studio.

Tabella 4-4 Prevalenza, Sensibilità e Potere Predittivo Positivo delle scale dell’Asse I del MCMI a BR ≥ 75

Tassi di prevalenza (%) M A H N D B T R

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo Post-Traumatico da Stressa SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

M-II M-III

Sensibilità (%) M

M-II M-III

Potere Predittivo Positivo (%) M

M-II

M-III

34 18 8 41 17 11

39 13 4 46 15 13

46 24 6 38 30 19

88 42 56 91 74 78

80 57 42 81 87 72

88 59 67 85 86 92

79 51 55 84 63 71

84 53 55 80 92 82

70 49 55 61 83 89

– 6 6 5

– 4 14 5

18 10 20 9

– 39 41 32

– 37 68 34

82 74 85 77

– 45 46 36

– 50 73 61

52 51 51 61

Legenda. M = MCMI, M-II = MCMI-II, M-III = MCMI-III; a il disturbo post-traumatico da stress non è stato valutato nel MCMI e nel MCMI-II. Nota. Statistiche calcolate usando tutti i disturbi giudicati dai clinici al momento attuale.

4.3.4. Tre generazioni di MCMI: Asse I Le tabelle 4-3 e 4-4 permettono il confronto tra Sensibilità e Potere Predittivo Positivo relativi a BR ≥ 75 e BR ≥ 85 per tre generazioni di scale dell’Asse I del MCMI. A dispetto del fatto che queste statistiche devono essere viste come generalmente favorevoli per ogni versione del MCMI, il confronto tra le varie generazioni di MCMI necessita di assunti che possono non essere sempre sostenibili. I cambiamenti avvenuti nei criteri diagnostici nelle tre generazioni del DSM, insieme ai cambiamenti che talvolta sono avvenuti sulla scia di alcune diagnosi, creano enormi difficoltà di messa a confronto. In tabella 4-3 le colonne etichettate M-IIIa presentano la prevalenza, la Sensibilità e il Potere Predittivo Positivo con BR ≥ 85 per tutti i disturbi giudicati dai clinici come presenti (la prevalenza è derivata dai giudizi clinici). Qui le prevalenze statistiche sono le più alte tra tutte le generazioni di MCMI. Le Sensibilità, rispetto alle precedenti generazioni di MCMI (che assumono uniformemente i tassi di prevalenza più bassi per ogni

102

4. Validità del criterio esterno

scala), sono più basse per molte scale. In particolare, la Sensibilità della scala Somatizzazione è relativamente bassa. Comunque la Sensibilità e il Potere Predittivo Positivo delle scale delle sindromi gravi dell’Asse I (Disturbo del Pensiero, Depressione Maggiore e Disturbo Delirante) sono più alti che per il MCMI e il MCMI-II. Le colonne etichettate M-IIIb in tabella 4-3 presentano la prevalenza, la Sensibilità e il Potere Predittivo Positivo a BR ≥ 85 per quei disturbi dell’Asse I giudicati dai clinici come i predominanti. Quando conteggiati in questo modo, i tassi di prevalenza M-IIIb di ogni disturbo in Asse I sono diminuiti per approssimare più accuratamente quelli delle precedenti generazioni di MCMI, per ottenere un miglior paragone tra i tre strumenti. Nonostante le Sensibilità siano simili a quelle del MCMI-II, il Potere Predittivo Positivo è generalmente più alto, e in alcuni casi di molto, rispetto al MCMI-II. La tabella 4-4 presenta un paragone tra le tre generazioni di MCMI a BR ≥ 75. Le statistiche sono state conteggiate usando tutti i disturbi giudicati presenti dai clinici. Di conseguenza i tassi riportati per il MCMI-III sono gli stessi di quelli dati in colonna M-IIIa in tabella 4-3. In conclusione, queste analisi mostrano una validità del criterio diagnostico del MCMI-III comparabile e, per alcune scale dell’Asse I, leggermente superiore rispetto al MCMI-II. 4.3.5. Tre generazioni di MCMI: Asse II Cominciamo questo sottoparagrafo facendo nuovamente notare che un paragone tra le generazioni del MCMI è problematico. La struttura e il contenuto delle scale dell’Asse II del MCMI sono spesso state influenzate dai cambiamenti nella teoria di Millon e nella nosologia ufficiale del DSM. Le aggiunte includono le scale Aggressiva (Sadica) e Autofrustrante dal MCMI al MCMI-II e la scala Depressiva del MCMI-III. L’aggiunta di queste scale è stata, inoltre, associata al riposizionamento del contenuto di altre. Le scale Antisociale e Passivo-Aggressiva del MCMI sono state spostate per inserire le scale Aggressiva (Sadica) e Autofrustrante nel MCMI-II. Inoltre, nel MCMI-III il contenuto degli item riflette i criteri del DSM molto più di quanto ciò non accada con il MCMI-II. Di conseguenza il confronto di queste statistiche nel tempo non è qualcosa di direttamente quantificabile, ma risulta invece un problema di giudizio. Ovviamente, i paragoni tra MCMI e MCMI-II e tra MCMI-II e MCMI-III sono probabilmente meno problematici che i paragoni tra MCMI e MCMI-III. La tabella 4-5 presenta Sensibilità e Potere Predittivo Positivo per le scale dell’Asse II considerando il giudizio clinico per la diagnosi primaria; la tabella 4-6 presenta le stesse informazioni relative al giu-

Tabella 4-5 Statistiche relative all’efficienza diagnostica per le diagnosi primarie dell’Asse II formulate da giudizi clinici nelle tre generazioni di MCMI Sensibilità (%)

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica (Aggressiva) Ossessivo-Compulsiva Negativistica (Passivo-Aggressiva) 8B Masochistica (Autofrustrante) S Schizotipichica C Borderline P Paranoide

Potere Predittivo Positivo (%)

MCMI

MCMI-II

MCMI-III

MCMI

MCMI-II

MCMI-III

38 67 – 63 58 50 42 – 53

33 67 – 72 53 59 60 68 66

56 65 57 54 74 59 61 71 73

50 70 – 69 65 65 55 – 53

38 72 – 70 48 55 68 58 61

67 73 49 81 63 72 50 71 79

47

59

44

62

50

39

– 58 60 54

48 38 67 31

58 82 60 92

– 74 64 79

46 47 60 40

30 60 71 79

Legenda. – = questo costrutto non è stato valutato in questa versione del MCMI.

103

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 4-6 Statistiche relative all’efficienza diagnostica per le diagnosi primarie e secondarie dell’Asse II formulate da giudizi clinici nelle tre generazioni di MCMI Sensibilità (%)

Potere Predittivo Positivo (%)

MCMI

MCMI-II

MCMI-III

MCMI

MCMI-II

MCMI-III

88 88 – 80 79 74 62 – 58

62 76 – 79 68 74 71 78 73

68 62 75 56 75 72 81 74 74

68 80 – 80 79 59 61 – 57

71 79 – 76 65 69 80 71 67

72 63 61 78 79 77 76 81 76

78

72

59

73

64

67

– 74 77 71

66 57 72 50

85 73 79 89

– 68 71 68

58 69 66 65

73 67 81 65

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadicaa (Aggressiva) Ossessivo-Compulsiva Negativisticaa (Passivo-Aggressiva) 8B Masochisticaa (Autofrustrante) S Schizotipichica C Borderline P Paranoide

Legenda. – = questo costrutto non è stato valutato in questa versione del MCMI; a Sadica, Negativistica e Masochistica fanno riferimento ad Aggressiva (Sadica), Passivo-Aggressiva e Autosfrustante, rispettivamente, nel MCMI-II.

dizio clinico di diagnosi primaria e secondaria. Un paragone tra le colonne delle tabelle 4-5 e 4-6 mostra generalmente, con alcune eccezioni, una buona conformità tra il MCMI e il giudizio di clinici esperti tra tutte e tre le generazioni del test. In termini di scale individuali, le statistiche più basse sono state osservate per la scala Masochistica (30%; questo disturbo è stato cancellato dal DSM-IV) e per le scale corrispondenti ai due disturbi che sono stati spostati all’Appendice del DSM-IV: le scale Negativistica (39%) e Depressiva (49%). Le più basse statistiche Sensibilità del MCMI-III sono state osservate per le scale Negativistica (44%) e Dipendente (54%). Quando tutti questi disturbi di personalità sono considerati diagnosi primarie o secondarie (come in tab. 4-6) le Sensibilità sono più alte. Poiché è difficile arrivare a un qualche giudizio sui paragoni del MCMI-III con il MCMI-II assimilando i risultati nelle tabelle 4-5 e 4-6 in toto, queste statistiche sono state espresse come distribuzioni di frequenza in tabella 4-7. Queste distribuzioni nel complesso mostrano che Sensibilità (SENS) e Potere Predittivo Positivo (PPP) del MCMI-III sono tendenzialmente migliori.

Tabella 4-7 Statistiche relative a Sensibilità e Potere Predittivo Positivo per MCMI-II e MCMI-III (diagnosi di Asse II) Valore statistiche SENS e PPP % 30-39 40-49 50-59 60-69 70-79 80-89 ≥ 90

Diagnosi combinate primarie e secondarie SENS MCMI-II

2 2 9

SENS MCMI-III

2 2 6 3

PPP MCMI-II

1 7 4 1

PPP MCMI-III

4 7 2

Diagnosi primarie SENS MCMI-II 3 1 3 5 1

Legenda. SENS = Sensibilità; PPP = Potere Predittivo Positivo. Nota. La personalità depressiva non è inclusa in questi risultati perché non è parte del MCMI-II.

104

SENS MCMI-III 1 4 3 3 1 1

PPP MCMI-II

PPP MCMI-III

1 4 3 3 2

2 1 3 6 1

4. Validità del criterio esterno

Per come è concepito l’Asse II, un paragone diretto delle analisi di efficienza diagnostica di MCMI, MCMI-II e MCMI-III mostra che ogni forma dello strumento raggiunge un soddisfacente livello di precisione predittiva e clinica. Dove i clinici sono ben informati sulle basi del costrutto di personalità teorico e clinico, e, ancora più importante, quando conoscono il paziente abbastanza bene, i risultati del MCMI-III sono molto incoraggianti. Il cambiamento delle statistiche di efficienza diagnostica dell’Asse II dal MCMI al MCMIII e MCMI-III mostra una modesta ma generale tendenza ascendente nella Sensibilità dello strumento e nel Potere Predittivo Positivo.

4.4. Correlazioni tra i punteggi della scala BR e i punteggi della scala collaterale L’efficienza diagnostica è solo uno degli strumenti utilizzati per la valutazione della validità esterna, strumento che risente peraltro di molti punti deboli, non ultimo la natura dicotomica del paragone. Al contrario, l’uso di uno strumento collaterale di self-report non solo permette correlazioni grazie al livello di misurazione su scala continua, ma permette anche il confronto con i tradizionali indici del MCMIIII che sembrano misurare costrutti simili. I clinici partecipanti al progetto di sviluppo hanno richiesto ai loro soggetti di completare tutti i test collaterali, con le loro sottoscale, elencati di seguito: • il Beck Depression Inventory (BDI; Beck e Steer, 1987); • il General Behavior Inventory (GBI; Depue et al., 1981):  Depression;  Hypomania;  Total; • il Michigan Alcohol Screening Test (MAST; Selzer, 1971); • l’Impact of Event Scale (IOES; Horowitz, Wilner e Alvarez, 1979); • lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI; Spielberger, 1983):  Ansia di stato;  Ansia di tratto; • la Symptom Checklist-90-Revised (SCL-90-R; Derogatis, 1994):  Somatizzazione (SOM);  Ossessivo-Compulsivo (O-C);  Sensibilità Interpersonale (INT);  Depressione (DEP);  Ansia (ANX);  Ostilità (HOS);  Ansia Fobica (PHOB);  Ideazione Paranoide (PAR);  Psicoticismo (PSY);  Indice di Severità Globale (GSI);  Indice di Sintomi Positivi di Distress (PSDI);  Sintomi Positivi Totali (PST); • il MMPI-2:  1 – Ipocondria (Hs);  2 – Depressione (D);  3 – Isteria (Hy);  4 – Deviazione Psicopatica (Pd);  5 – Mascolinità-Femminilità (Mf);  6 – Paranoia (Pa);  7 – Psicastenia (Pt);  8 – Schizofrenia (Sc);  9 – Ipomania (Ma);  0 – Introversione Sociale (Si). La tabella 4-8 mostra le correlazioni tra i punteggi BR e i punteggi di questi test collaterali. I risultati sono qui discussi. Un fattore di generale disadattamento ha prodotto delle correlazioni discretamente alte tra il BDI e un ampio numero di scale del MCMI-III. Eccezioni notevoli si sono rivelate le scale Istrionica (–.49), Nar-

105

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 4-8 Correlazioni tra i punteggi BR al MCMI-III e i punteggi dei test collaterali BDI (N = 149) Scale MCMI-III 1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B

Totale

Schizoide .53** Evitante .45** Depressiva .56** Dipendente .50** Istrionica –.49** Narcisistica –.40** Antisociale .20* Sadica .22** Ossessivo-Compulsiva –.30** Negativistica .43** Masochistica .53**

GBI (N = 51) Depression Hypomania

Total

MAST (N = 53)

IOES (N = 25)

STAI (N = 59)

Totale

Totale

Ansia stato Ansia tratto

.54** .62** .66** .53** –.46** –.43** .29* .20 –.29* .63** .58**

.43** .43** .52** .38** –.32* –.21 .28* .25 –.23 .48** .43**

.53** .58** .64** .51** –.44** –.38** .29* .22 –.28* .61** .55**

.22 .25 .32* .20 .36** –.10 .39** .20 –.43** .23 .35*

.25 .49* .41* .60** –.37 –.36 –.16 .02 .14 .35 .61**

.45** .52** .53** .42** –.40** –.27* .23 .20 –.27* .44** .44**

.48** .59** .62** .48** –.54** –.44** .26* .24 –.42** .55** .59**

S Schizotipichica C Borderline P Paranoide

.51** .56** .42**

.55** .64** .60**

.51** .53** .50**

.56** .64** .60**

.26 .35* .10

.51** .47* .55**

.48** .49** .42**

.55** .59** .40**

A H N D B

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol T Dipendenza da Droghe R Disturbo PostTraumatico da Stress

.61** .63** .24** .71**

.57** .55** .38** .61**

.54** .47** .48** .48**

.59** .55** .43** .59**

.22 .09 .12 .30*

.54** .59** .19 .56**

.55** .54** .25* .60**

.58** .52** .27* .68**

.36**

.24

.28*

.26

.67**

.12

.25*

.22

.18*

.26

.27

.27

.33*

–.26

.11

.17

.63**

.66**

.52**

.64**

.30*

.61**

.49**

.55**

SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

.62** .74** .23**

.56** .70** .39**

.54** .52** .51**

.58** .67** .45**

.33* .20 .17

.48* .59** .19

.56** .65** .19

.59** .67** .17

* p ≤ .05. ** p ≤ .01 (a 2 code).

106

segue

4. Validità del criterio esterno

Tabella 4-8 – continua SCL-90-R (N = 92) Scale MCMI-III

Somatizzazione

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica Ossessivo-Compulsiva Negativistica Masochistica

S C P

Schizotipichica Borderline Paranoide

A H N D B T R

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo PostTraumatico da Stress SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante

* p ≤ .05. ** p ≤ .01 (a 2 code).

Ossessivo-Compulsivo

Sensibilità Interpersonale

Depressione

Ansia

Ostilità

.30** .27** .34** .33** –.27* –.27** .10 .22* –.08 .33** .29**

.53** .49** .56** .54** –.52** –.40** .29** .28** –.37** .47** .58**

.48** .60** .53** .58** –.57** .55** .24* .23* –.30** .49** .58**

.54** .51** .65** .54** –.54** –.45** .23* .22* –.38** .47** .58**

.38** .35** .41** .42** –.39** –.36** .14 .10 –.27** .33** .42**

.36** .40** .40** .31** –.35** –.32** .36** .38** –.39** .50** .41**

.41** .27** .41**

.66** .52** .42**

.62** .51** .55**

.64** .58** .48**

.53** .43** .41**

.47** .45** .48**

.52** .55** .28** .48** .19 .06

.50** .55** .40** .63** .32** .20

.47** .41** .28** .59** .36** .24**

.56** .57** .33** .70** .32** .24*

.54** .43** .26* .58** .23** .16

.41** .32** .30** .43** .37** .30**

.46** .48** .56** .38**

.53** .67** .60** .37**

.49** .58** .56** .41**

.62** .71** .74** .39**

.48** .64** .62** .35**

.38** .50** .41** .38** segue

107

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 4-8 – continua SCL-90-R (N = 92) Scale MCMI-III

Ansia Fobica

Ideazione Paranoide

1 Schizoide 2A Evitante 2B Depressiva 3 Dipendente 4 Istrionica 5 Narcisistica 6A Antisociale 6B Sadica 7 Ossessivo-Compulsiva 8A Negativistica 8B Masochistica

.35** .38** .36** .45** –.33** –.36** .08 .11 –.18 .31** .43**

.48** .48** .47** .44** –.44** –.32** .24* .27* –.30** .50** .52**

.47** .45** .51** .49** –.50** –.46** .25 .18 –.33** .42** .52**

.51** .51** .57** .54** –.52** –.46** .24* .25* –.34** .50** .57**

.43** .36** .37** .38** –.34** –.27** .23* .26* –.25* .40** .42**

.50** .54** .59** .57** –.55** –.44** .25* .27** –.36** .52** .57**

S Schizotipichica C Borderline P Paranoide

.50** .36** .46**

.58** .51** .64**

.58** .48** .48**

.66** .53** .56**

.49** .36** .46**

.64** .55** .52**

A H N D B T R

.43** .38** .30** .51** .22* .14

.42** .34** .39** .47** .29** .29**

.45** .39** .26* .56** .35** .26*

.58** .55** .35** .67** .34** .23*

.39** .42** .33** .49** .19 .21*

.60** .54** .35** .67** .37** .19

.43**

.46**

.48**

.58**

.42*

.57**

.52** .52** .38**

.52** .47** .56**

.58** .57** .42**

.69** .69** .47**

.54** .55** .39**

.66** .62** .42**

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo Post-Traumatico da Stress

SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante * p ≤ .05. ** p ≤ .01 (a 2 code).

108

Indice di Psicoticismo Severità Globale

Indice di Sintomi Positivi di Distress

Sintomi Positivi Totali

segue

4. Validità del criterio esterno

Tabella 4-8 – continua MMPI-2 (N = 132) Scale MCMI-III

1 – Hs

2–D

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica Ossessivo-Compulsiva Negativistica Masochistica

.37** .28** .37** .30** –.27** –.25** –.02 .04 –.14 .22** .25**

S C P

Schizotipichica Borderline Paranoide

A H N D B T R

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo Post-Traumatico da Stress

SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante * p ≤ .05. ** p ≤ .01 (a 2 code).

3 – Hy

4 – Pd

5 – Mf

.46** .56** .59** .53** –.52** –.52** .03 .01 –.34** .25** .49**

.17 .16 .25** .22* –.11 –.20* –.13 –.05 –.13 –.01 .14

.29** .34** .41** .23** –.36** –.27** .41** .20* –.51** .30** .45**

.06 .16 .08 .06 –.15 –.05 .08 .02 –.06 .00 .20*

.32** .28** .10

.45** .47** .14

.15 .19* –.15

.43** .44** .22*

.19* .07 .03

.42** .63** .09 .45** .01 –.08 .39**

.52** .65** .06 .68** .07 –.01 .50**

.28** .52** –.03 .37** –.07 –.16 .25**

.38** .30** .11 .44** .35** .34** .41**

.09 .11 –.03 .04 .01 .07 .07

.44** .60** .16

.58** .71** .13

.33** .52** –.01

.35** .37** .24**

.08 .11 .07 segue

109

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 4-8 – continua MMPI-2 (N = 132) Scale MCMI-III

6 – Pa

7 – Pt

8 – Sc

1 2A 2B 3 4 5 6A 6B 7 8A 8B

Schizoide Evitante Depressiva Dipendente Istrionica Narcisistica Antisociale Sadica Ossessivo-Compulsiva Negativistica Masochistica

.43** .47** .47** .42** –.45** –.35** .31** .27** –.44** .38** .48**

.47** .53** .60** .66** –.52** –.51** .24** .15 –.47** .40** .60**

.50** .55** .60** .55** –.55** –.46** .25** .16 –.51** .46** .60**

.16 .00 .17* .11 –.06 .17 .40** .33** –.23** .36** .25**

.57** .74** .60** .60** –.77** –.70** .09 .08 –.33** .41** .54**

S C P

Schizotipichica Borderline Paranoide

.54** .54** .29**

.52** .57** .20**

.60** .55** .35**

.37** .28** .38**

.47** .46** .31**

A H N D B T R

Ansia Somatizzazione Bipolare: Mania Distimia Dipendenza da Alcol Dipendenza da Droghe Disturbo Post-Traumatico da Stress

.54** .55** .26** .55** .31** .19* .54**

.61** .68** .21* .70** .23** .19* .57**

.63** .63** .25** .67** .22* .16 .61**

.36** .12 .43** .16 .30** .38** .38**

.45** .45** .07 .57** .16 –.05 .42**

.59** .60** .38**

.62** .73** .22*

.61** .67** .42**

.25** .08 .44**

.51** .50** .16

SS Disturbo del Pensiero CC Depressione Maggiore PP Disturbo Delirante * p ≤ .05. ** p ≤ .01 (a 2 code).

110

9 – Ma

0 – Si

4. Validità del criterio esterno

cisistica (–.40) e Ossessivo-Compulsiva (–.30). Le più alte correlazioni tra il BDI e il MCMI sono risultate, come atteso, per le scale Depressione Maggiore e Distimia, rispettivamente a .74 e .71. Tra i disturbi di personalità le più alte correlazioni sono risultate per le scale Depressiva (.56), Borderline (.56), Masochistica (.53) e Schizoide (.53). Sono state riscontrate relazioni deboli tra le scale BDI e le scale Antisociale (.20) e Sadica (.22). I risultati per il GBI hanno mostrato un andamento simile. La scala Depression del GBI presenta correlazioni superiori a .60 con molte importanti misure del MCMI, includendo le scale Depressione Maggiore, Borderline, Distimia e Depressiva. Il MAST avvalora la validità della scala Dipendenza dall’Alcol del MCMI con una correlazione di .67. Il MAST e la scala Antisociale del MCMI hanno mostrato una correlazione pari a .39, riflettendo la frequente compresenza di tratti antisociali e alcolismo. La IOES tipicamente serve come misura della presenza di persistenti ricordi stressanti. Le correlazioni più alte della IOES coinvolgono le scale Disturbo Post-Traumatico da Stress (.61), Dipendente (.60) e Masochistica (.61). Sono state ottenute correlazioni negative con le scale Istrionica (–.37), Narcisistica (–.36), Dipendenza da Droghe (–.26) e Antisociale (–. 16). Piuttosto imprevedibilmente le misure di ansia di stato e di tratto dello STAI correlano maggiormente con le scale MCMI-III della depressione che con le scale dell’ansia. Come anticipato, le correlazioni tra le scale rilevanti dei disturbi di personalità e le misure dei tratti sono più alte delle misure degli stati. La SCL-90-R è un questionario di screening ampiamente utilizzato che racchiude un range di cluster sintomatologici. La scala Somatizzazione del MCMI correla .55 con la scala Somatizzazione della SCL. È stata ottenuta una correlazione di .56 tra la scala Somatizzazione della SCL e la scala Depressione Maggiore del MCMI, risultato non sorprendente date le caratteristiche vegetative di un grave disturbo depressivo. Nonostante che la scala Ossessivo-Compulsivo della SCL non valuti i tratti di personalità, essa riflette la presenza del pensiero ossessivo e del comportamento compulsivo, sintomi che sono sempre più riconosciuti come biologicamente determinati. Questa scala correla maggiormente con le scale Schizotipica e Disturbo del Pensiero del MCMI, rispettivamente .66 e .67. La misura di Sensibilità Interpersonale della SCL è più legata alle scale Schizotipica (.62) ed Evitante (.60). Tra le più alte correlazioni per la scala Depressione della SCL si trovano le seguenti scale del MCMI: Depressione Maggiore (.74), Distimia (.70) e Depressiva (.65). La scala Ansia della SCL è altamente correlata con le scale Depressione Maggiore (.62), Distimia (.58), Disturbo del Pensiero (.64) e Ansia (.54) del MCMI. La scala Ansia Fobica della SCL correla rispettivamente .51 e .43 con le scale Distimia e Ansia. La scala Ideazione Paranoide della SCL e le scale Paranoide, Schizotipica e Disturbo Delirante del MCMI risultano moderatamente in relazione, con correlazioni rispettivamente di .64, .58, e .56. L’Indice di Severità Globale della SCL è fortemente correlato con le scale Disturbo del Pensiero (.69), Depressione Maggiore (.69) e Schizotipica (.66) del MCMI. L’importanza storica del MMPI-2 e le differenze filosofiche che definiscono i due questionari (il MMPI-2 è stato costruito in accordo al metodo gruppo-criterio e il MCMI con il modello integrato di validità descritto sopra) rendono alcuni studi e le loro relazioni particolarmente interessanti. Nonostante la recente revisione del MMPI, la mantenuta eterogeneità delle sue scale attenua la forza delle correlazioni che ci si possono attendere data la consistenza interna delle scale del MCMI-III. Ci sono tuttavia alcune ovvie aree di contenuti simili. La scala 1 – Hs, ad esempio, ha la correlazione più alta (.63) con la scala Somatizzazione del MCMI, seguita da Depressione Maggiore, pari a .60. Questi risultati rispecchiano quelli ottenuti con la SCL e possono essere attribuiti alla relazione tra somatizzazione e depressione, in quanto entrambe condividono caratteristiche “vegetative”. La scala 2 – D del MMPI-2 è fortemente correlata con le scale Depressione Maggiore e Distimia del MCMI, pari rispettivamente a .71 e .68. Come per i disturbi di personalità del MMPI-2 e del MCMI, le correlazioni in tabella sono piuttosto basse, riflettendo un uso più appropriato del MMPI-2 come misura dell’Asse I rispetto ai fenomeni dell’Asse II. La più forte correlazione è risultata tra la scala 2 – D del MMPI-2 e le scale Depressiva (.59) ed Evitante (.56). Il pattern di correlazione con la scala 4 – Pd del MMPI-2 è composito e difficile da spiegare. Sono state trovate moderate correlazioni tra la scala 4 – Pd e la scala Antisociale (.41) e Borderline (.44), come ci si aspettava. Una più interessante relazione esiste tra la scala 4 – Pd e le scale Masochistica (.45), Schizotipica (.43) e Depressiva (.41). Un esame delle sottoscale secondo Harris e Lingoes (1955) rivela che queste relazioni possono essere mediate da differenti sfaccettature della scala 4 – Pd, in particolare le sottoscale Alienazione Sociale e Auto-Alienazione in relazione con le scale Schizotipica e Masochistica del MCMI.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

È interessante che la scala 6 – Pa del MMPI-2 correla solo moderatamente con le scale Paranoide e Disturbo Delirante del MCMI (rispettivamente .29 e .38) e di più con le scale Disturbo del Pensiero (.59), Depressione Maggiore (.60) e Disturbo Post-Traumatico da Stress (.54). Sono state osservate delle correlazioni anche tra la scala 6 – Pa del MMPI-2 e le scale Schizotipica e Borderline (entrambe pari a .54). La scala 7 – Pt del MMPI-2 ha le sue più vicine corrispondenze con le scale Somatizzazione (.68), Ansia (.61), Disturbo del Pensiero (.62), Depressione Maggiore (.73) e Distimia (.70) del MCMI. Nonostante le correlazioni tra la scala 8 – Sc del MMPI-2 e le scale Schizotipica (.60) e Disturbo del Pensiero (.61) del MCMI siano alte, correlazioni altrettanto forti si sono ottenute con le scale Masochistica e Depressiva (entrambe .60). Sono notevolmente alte anche le correlazioni della scala 8 – Sc del MMPI2 con le scale dell’Asse I del MCMI, come la Distimia (.67) e la Depressione Maggiore (.67). Si presentano, infine, le relazioni tra la scala 9 – Ma del MMPI-2 e le parallele Bipolare: Mania e Disturbo Delirante del MCMI, rispettivamente .43 e .44. Per finire la scala 0 – Si del MMPI-2 è strettamente collegata con le scale Evitante e Schizoide, rispettivamente .74 e .57 e con le scale Dipendente e Depressiva, entrambe .60. Si notino anche le correlazioni negative tra la scala 0 – Si del MMPI-2 e le scale Istrionica (–.77) e Narcisistica (–.70) del MCMI.

4.5. Riassunto In questo capitolo abbiamo revisionato la validità esterna del MCMI attraverso tre generazioni di ricerca. Abbiamo cominciato con la ricerca del MCMI e del MMPI, inserendo queste informazioni nel contesto storico e mostrando la complementarità dei due strumenti. In seguito abbiamo discusso della validità di criterio del MCMI-III, tramite i giudizi di clinici esperti e confrontando questi giudizi con i risultati ottenuti con il MCMI e il MCMI-II. Per ultimo abbiamo esaminato le correlazioni con altri strumenti in riferimento alla validità concorrente del MCMI-III. La nostra conclusione complessiva è che la validità esterna del MCMI-III è analoga o leggermente migliore rispetto a quella del MCMI-II.

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5.

Somministrazione e scoring

Il MCMI-III può essere somministrato nella versione tradizionale carta-matita o via computer. Lo scoring può essere svolto solo attraverso lo specifico software di elaborazione. Il foglio di risposta è predisposto per la lettura ottica.

5.1. Popolazioni su cui è appropriato eseguire il test Il MCMI-III è stato creato per essere usato con adulti che abbiano richiesto un intervento psicologico e che abbiano una capacità di lettura equivalente almeno alla terza media. L’uso del MCMI-III, inoltre, dovrebbe essere limitato a popolazioni che non differiscano troppo per background culturale dai campioni impiegati per sviluppare le norme di base rate dello strumento (ad esempio: il MCMI-III non è adatto per popolazioni di adolescenti). Poiché il campione normativo comprende soggetti provenienti da situazioni molto diverse, è necessario che la deviazione dei sottogruppi sia minima. Nella situazione ottimale il paziente dovrebbe essere quanto più possibile a proprio agio, senza distrazioni e non troppo affaticato. Il clinico deve tener presente che il MCMI-III è uno strumento di autovalutazione e che quindi una grave ansia, uno stato di confusione, sedazione o intossicazione da farmaci interferiscono con la capacità della persona di rispondere agli item del test. Se il test viene somministrato in una di queste situazioni, il soggetto dovrà essere valutato nuovamente in un altro momento.

5.2. Preparazione e applicazione Psicologi, consulenti, psichiatri o i loro assistenti, prima di poter somministrare il MCMI-III, dovrebbero conoscere bene le istruzioni e le altre componenti del test; se si vuole utilizzare il programma di scoring informatizzato, acquisendo le risposte per lettura ottica, gli esaminandi devono essere forniti di una superficie rigida adatta a scrivere e di una matita n. 2 o un pennarello nero, per facilitare la corretta compilazione del foglio di risposte. Poiché il MCMI-III non richiede condizioni o istruzioni speciali oltre a quelle fornite dal test, la somministrazione in ambienti clinici può essere eseguita facilmente e in forma routinaria da assistenti opportunamente addestrati. La brevità del test e le attrezzature minime richieste ne rendono l’uso adatto ad ambienti in cui siano limitati il tempo, lo spazio e la privacy. Il MCMI-III non dovrebbe essere inviato per posta ai pazienti né consegnato loro per completarlo a casa.

5.3. Indicazioni e spiegazioni Le istruzioni per completare il MCMI-III sono fornite con il test e sono ampiamente autoesplicative. Sebbene lo strumento preveda un’autosomministrazione, alcuni esaminandi potrebbero richiedere assistenza. Il MCMI-III è stato pensato in modo tale da non rappresentare, per la maggior parte dei soggetti, una minaccia, e può essere presentato come un breve strumento finalizzato ad aiutare il clinico a comprendere la situazione e i particolari problemi del paziente.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Sarà richiesto al soggetto di leggere attentamente le istruzioni e di fornire le informazioni richieste: la data di nascita, il genere, lo status coniugale, la scolarità, il gruppo etnico e i principali problemi. Per fornire queste informazioni potrà essere data al paziente assistenza, quando fosse necessario. I clinici sono normalmente tenuti a usare un numero di identificazione del paziente, così da assicurarne l’anonimato; ma coloro che non hanno questa necessità possono chiedere al soggetto di dire, se lo crede opportuno, anche il proprio nome. Se sussistono dei dubbi circa il fatto che il soggetto abbia compreso le istruzioni, l’esaminatore dovrebbe leggerle a voce alta e rispondere a qualunque domanda in merito. Le domande formulate dagli esaminandi sulle procedure o sul senso delle parole devono ricevere risposta, per assicurare l’accuratezza della somministrazione e un adeguato atteggiamento verso la stessa. Gli esaminandi dovrebbero essere incoraggiati a rispondere agli item del test senza l’aiuto dell’esaminatore. Potrebbe essere necessario rassicurare alcuni soggetti sul fatto che sia comune avere qualche problema nel rispondere a certi item, ma è fondamentale che essi prendano da soli la decisione circa quale risposta scegliere. Per ottenere risultati validi è essenziale che da parte del paziente ci sia la volontà di affrontare lo strumento con onestà e serietà. Potrebbe essere necessario far rilevare ai soggetti che è nel loro interesse assumere un atteggiamento franco e aperto nel rispondere agli item. Alcuni pazienti potrebbero esprimere il timore per l’uso che potrà essere fatto dei risultati ottenuti. È importante rispondere in modo sincero a queste preoccupazioni, come richiesto dai diritti individuali e da una corretta pratica professionale. Ad esempio, è consigliabile avvisare in anticipo il paziente del fatto che i dati ottenuti saranno utilizzati per una valutazione clinica o per una ricerca o per altri usi specifici comunque appropriati. Allo stesso modo è necessario rassicurare i pazienti sul fatto che saranno prese adeguate misure per mantenere la riservatezza dei risultati ottenuti e la sicurezza dell’accesso ai questionari e ai relativi rapporti. Si otterrà più facilmente una decisione informata e volontaria a partecipare alla somministrazione del test se si forniranno al soggetto le informazioni necessarie a valutare, da un lato il potenziale vantaggio derivato dal prendere parte allo studio e, dall’altro, i possibili rischi connessi al dare informazioni personali. Poiché ogni valutazione di test psicologico si basa su un implicito contratto tra un diagnosta professionista e un esaminando, il clinico ha la responsabilità di fornire ai soggetti le informazioni circa i potenziali vantaggi e svantaggi della valutazione. Senza queste informazioni non si può avere una decisione informata e volontaria sulla partecipazione.

5.4. Verifica delle informazioni Quando l’esaminando ha finito di compilare il test, l’esaminatore dovrà rileggere il protocollo per controllare che siano state fornite tutte le informazioni, che non ci siano item segnati con entrambe le risposte (sia “Vero” che “Falso”) e che non ci sia un numero eccessivo di item omessi (12 o più). Se si riscontrano degli errori, il questionario dovrebbe essere riconsegnato al soggetto pregandolo di completare le informazioni o di correggere gli errori. Inoltre, per evitare qualunque ritardo nella procedura di valutazione e assegnazione del punteggio, è importante controllare che a tutte le domande sia stato risposto con una matita n. 2, che vengano cancellati tutti i segni fuori degli spazi appositi e che i moduli non siano né strappati né perforati.

5.5. Scoring Lo scoring del MCMI-III può essere effettuato solo attraverso lo specifico programma di elaborazione fornito da Giunti O.S. Organizzazioni Speciali. Poiché la procedura manuale di attribuzione del punteggio è, infatti, molto complessa e spesso porta a errori nel calcolo, non vengono fornite – nella versione italiana – griglie per la correzione manuale. Qui di seguito si dà, comunque, per completezza di informazione, notizia della procedura manuale di scoring.

5.5.1. Procedure per lo scoring manuale Ciascun protocollo deve essere valutato due volte, per assicurarsi dell’accuratezza della procedura. Quando si procede alla valutazione manuale, si tenga a mente quanto segue: primo, l’unico item che

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5. Somministrazione e scoring

con risposta “Falso” pesa come un item prototipico è l’item 23 della scala B. Tutti gli altri item indicati come “Falso” ricevono un valore di 1. Secondo, tutti gli item delle scale Y (Desiderabilità) e Z (Autosvalutazione) hanno un valore di 1. Il primo passo nella valutazione manuale del punteggio è il calcolo dei punteggi grezzi (tuttavia molte condizioni possono invalidare il test e rendere quindi superfluo calcolare il punteggio; si veda più avanti). Poiché gli item del MCMI sono valutati a seconda della loro verifica di validazione e della loro centralità nei rispettivi prototipi, il calcolo dei punteggi grezzi non consiste solo nell’aggiungere a ogni scala il numero delle risposte-chiave. L’Appendice A elenca il valore di ciascun item delle scale del MCMIIII. A ciascun item viene assegnato un punteggio in base a come è stato classificato e valutato. Ad esempio, se il primo item della scala Schizoide, l’item 4, viene segnato come “Vero”, è aggiunto 1 punto al punteggio grezzo totale della scala Schizoide. Se l’item successivo, il numero 10, è segnato come “Vero”, vengono aggiunti 2 punti al punteggio grezzo totale della scala Schizoide, e così via per tutti gli item contrassegnati come “Vero”. L’item 32 è il primo item della scala Schizoide che deve essere segnato come “Falso”. Se è segnato come “Falso”, viene aggiunto 1 punto al punteggio grezzo totale della scala Schizoide. L’unica eccezione a questa procedura per calcolare i punteggi grezzi si ha con la scala X (Apertura). Il punteggio grezzo della scala X è la somma dei punteggi grezzi delle scale da 1 a 8B, ad eccezione del punteggio della scala 5 che è calcolato con i due terzi, perché è più lunga delle altre scale. Pertanto, scala X = scala 1 + scala 2A + scala 2B + scala 3 + scala 4 + scala 5 x 2/3 + scala 6A + scala 6B + scala 7 + scala 8A + scala 8B. Il valore della scala X ottenuto con questa formula viene poi arrotondato al numero intero più vicino. 5.5.2. Trasformazione in base rate I punteggi grezzi raramente sono quelli finali. Poiché le singole scale predisposte per un test differiscono tra loro per numero di item e forma della distribuzione, quasi tutti gli strumenti richiedono la trasformazione dei punteggi grezzi in un comune sistema di misura. Una volta che siano stati calcolati i punteggi grezzi del MCMI-III, il passo successivo è quello di trasformarli in punteggi base rate. Ciò comporta controllare ciascun punteggio grezzo dell’Appendice B. Da notare che è usata una tabella di trasformazione per il BR diversa per maschi e per femmine. Per la scala V (Validità) non viene fornita alcuna trasformazione in base rate perché il valore del punteggio grezzo è utilizzato direttamente. 5.5.3. Adattamenti dei base rate Dopo che i punteggi grezzi sono stati trasformati in base rate, potranno essere necessari uno o più adattamenti per arrivare ai punteggi base rate finali. Questi adattamenti sono descritti qui di seguito e nell’Appendice C. Adattamento relativo all’apertura. La scala X (Apertura) valuta il grado di sincerità del soggetto, quanto egli sia stato sincero, reticente o riservato nel parlare di se stesso rispondendo agli item del MCMI-III. Il punteggio grezzo della scala X determina se c’è stato un adattamento nei punteggi BR iniziali delle scale da 1 a PP. Se il punteggio grezzo della scala X è basso (123), i punteggi BR dalla scala 1 alla scala PP vengono diminuiti. La misura in cui specificamente i punteggi BR sono aumentati o diminuiti dipende dal valore del punteggio grezzo della scala X (cfr. Appendice C). Per i punteggi grezzi della scala X compresi tra 61 e 123 (incluso) non vengono fatti adattamenti del punteggio BR alle scale da 1 a PP. Adattamento ansia/depressione. Il punteggio individuale può risultare distorto se il soggetto, al momento di rispondere ai vari item, si trova in uno stato emotivo acuto e intenso (Hirshfeld et al. 1983; Reich, Noyes, Coryell e O’Gorman, 1986). L’adattamento ansia/depressione è applicato alle cinque scale che più frequentemente sono influenzate da un turbamento psichico: 2A (Evitante), 2B (Depressiva), 8B (Masochistica), S (Schizotipica) e C (Borderline). Questo adattamento può diminuire i punteggi BR di queste scale se il punteggio BR alla scala A (Ansia) o alla scala D (Distimia) è di 75 o più, punteggio indicativo della presenza di una sindrome. Combinazioni varie della durata dell’episodio in Asse I e uno status di degenza rispetto a uno di non degenza determinano la misura in cui vengono ridotti i punteggi BR.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Adattamento per degenti. Alcuni pazienti che hanno subito da poco un ricovero ospedaliero tendono a negare l’ovvia gravità del loro attuale stato emotivo. Questo adattamento può aumentare i punteggi dei base rate nelle scale SS (Disturbo del Pensiero), CC (Depressione Maggiore) e PP (Disturbo Delirante) se il paziente è un degente e se la durata del disturbo sull’Asse I è di quattro settimane o meno. L’adattamento per degenti viene effettuato usando l’Appendice C. Adattamento rifiuto/lagnanza. Alcuni tipi di personalità, in particolare quella istrionica (scala 4), quella narcisista (scala 5) e quella compulsiva (scala 7), tendono ad avere un carattere difensivo e, nel fornire un’autovalutazione, a far emergere profili piatti. Per compensare, se una di queste scale è la più alta fra i pattern di personalità clinica (scale da 1 a 8B), il punteggio BR per quella scala viene aumentato di 8 punti; altrimenti non è eseguito alcun adattamento. Considerazioni ulteriori. Nessun punteggio base rate può essere adattato a un valore inferiore allo 0 o superiore a 115. Dopo aver eseguito qualunque adattamento, ogni valore BR che sia inferiore a 0 viene portato a 0 e ogni valore BR che sia superiore a 115 viene portato a 115. 5.5.4. Condizioni di non validità del test Un profilo del MCMI-III non è considerato valido se si riscontra una qualunque delle seguenti condizioni: 1. il genere del soggetto non viene indicato. Senza questa informazione non è possibile scegliere la corretta tabella di trasformazione del base rate e quindi calcolare il punteggio; 2. l’età è inferiore a 18 anni o non è indicata. Il MCMI-III è stato convalidato e suddiviso secondo norme solo per gli adulti; 3. si riscontrano 12 o più item a cui non è stata fornita risposta (o che hanno ricevuto due segni). Con un numero così alto di risposte omesse non è possibile garantire la validità dei punteggi alle scale, poiché potrebbe darsi che per ciascuna scala non sia stato completato il numero sufficiente di item; 4. a due o più item della scala V è stato risposto “Vero” (item 65, 110 e 157). Convalidare item che hanno un tasso di approvazione così basso indica che il paziente può non aver prestato sufficiente attenzione al contenuto dell’item o può aver avuto difficoltà a leggerlo o a comprenderlo. Approvare anche solo uno di questi tre item indica che il protocollo del test ha una validità discutibile e il clinico dovrebbe tener presente questo fatto al momento dell’interpretazione dei risultati del test; 5. il punteggio grezzo alla scala X (Apertura) risulta inferiore a 34 o superiore a 178. Questi punteggi estremi indicano che il soggetto in questione potrebbe avere sintomi significativi non riportati appieno o esagerati, in misura tale da inficiare l’interpretazione dei risultati; 6. nessuno dei punteggi BR alle scale dei pattern di personalità clinica (da 1 a 8B) è al di sopra di 59. In un caso del genere, dai dati del test non emerge alcuno schema di personalità chiaro e pertanto non dovrebbe essere tentata alcuna interpretazione.

5.6. Profili di codifica del MCMI Sebbene i profili del MCMI possano essere riassunti in modo informale considerando semplicemente le caratteristiche connesse ad alti punteggi sull’Asse II e sull’Asse I, spesso è auspicabile un sistema di profili di codifica più esplicito. I paragrafi che seguono descrivono un tale sistema che dovrebbe essere utilizzato per i punteggi BR del MCMI-III. Per consentire al lettore di afferrare meglio il sistema, qui di seguito è presentato un codice di riferimento. Codice di personalità: 8A8B3**2A2B6A*–+6B714”5//S**C*// Codice della sindrome: BA**TD*//SS**–*// Notare la struttura del codice. Le 24 scale cliniche sono suddivise in quattro segmenti principali, ciascuno dei quali è seguito da una doppia barra: le scale dei pattern di personalità clinica (1-8B), le scale di grave patologia della personalità (S, C, P), le scale delle sindromi cliniche (A, H, N, D, B, T, R) e le scale delle sindromi cliniche gravi (SS, CC, PP). I primi due segmenti costituiscono il codice di personalità, gli altri due il codice della sindrome.

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5. Somministrazione e scoring

Innanzitutto le 11 scale dei pattern di personalità clinica sono elencate nel codice per ordine di grandezza. Le scale con punteggi BR di 85 o più alti sono collocate alla sinistra del doppio asterisco (**), quelle nella gamma di punteggio BR da 75 a 84 sono seguite da un unico asterisco (*), le scale con punteggi BR da 60 a 74 sono seguite dal segno più (+), le scale con punteggi BR da 35 a 59 sono seguite dalle virgolette (”), e le scale con punteggi inferiori a 35 non sono seguite da alcun simbolo, ma semplicemente chiudono la serie alla sinistra della prima doppia barra. Un segno meno (–) è impiegato per indicare che nessuna scala ha ottenuto un punteggio BR nell’ambito di uno di questi range numerici. I punteggi delle scale che sono simili o differiscono di un solo punto sono sottolineati (anche qualunque simbolo aggiuntivo è sottolineato). In secondo luogo, per le altre tre sezioni del codice sono elencati soltanto quei punteggi che superano BR = 74. Di nuovo, due asterischi (**) seguono le scale con punteggi BR superiori a 84, mentre un solo asterisco (*) segue le scale con un punteggio tra 75 e 84. Se le indicazioni descritte vengono seguite, l’esempio di codice riportato si traduce nel modo seguente: Codice di personalità: 8A8B3**2A2B6A*–+6B714”5//S**C*// Codice della sindrome: BA**TD*//SS**–*// Per il primo segmento del profilo le scale 8A e 8B sono le più alte, seguite dalla scala 3, tutte con un punteggio BR maggiore di 84. Le scale 2A (Evitante), 2B (Depressiva) e 6A (Antisociale) sono simili o differiscono al massimo di un punto, e si situano tra i punteggi BR da 75 a 84 (incluso). Non ci sono scale tra punteggi BR da 60 a 74. Le scale 6B, 7, 1 e 4 decrescono per dimensioni e si collocano in una gamma di BR da 35 a 59. La scala 5 è al di sotto del punteggio BR 35. Nel secondo segmento la scala S è superiore al BR 84 e la scala C è tra BR 75 e BR 84. Nel codice della sindrome le scale B e A, in quest’ordine, sono maggiori di BR 84. Le scale T e D hanno BR da 75 a 84. Nella quarta sezione la scala SS è superiore a BR 84 e non ci sono scale con un BR tra 75 e 84. A prima vista questi codici possono sembrare complicati, ma l’uso regolare li rende più facili ed essi facilitano effettivamente la comunicazione dei profili clinici.

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6.

Interpretazione

Il processo di interpretazione del MCMI-III si snoda attraverso tre passaggi: il primo consiste nella valutazione della validità del protocollo, il secondo nel prendere decisioni diagnostiche relative a ogni singola scala e il terzo nella formulazione del funzionamento clinico complessivo del paziente basato sui pattern di profilo. Altri passaggi facoltativi comprendono l’integrazione delle informazioni sulla storia personale o lo sviluppo del soggetto, nonché l’esame dei dati forniti dagli item. Il metodo interpretativo qui descritto riguarda soltanto le informazioni provenienti dal MCMI-III. Come per tutti i test diagnostici o di personalità, è importante integrare i risultati con i dati ottenuti da altre fonti. Le conclusioni risultano più accurate quando vengono tratte considerando anche il background demografico del soggetto, la sua storia, le impressioni ricavate dal colloquio e da altri strumenti clinici. Le interpretazioni alla cieca possono essere utili durante l’addestramento, ma il loro uso è sconsigliato in situazioni cliniche professionali. Le informazioni relative a genere, età, status socioeconomico, salute mentale e altri risultati di test o dati provenienti dall’intervista forniscono gli elementi per interpretare i profili del MCMI-III. Una buona capacità di integrare i dati ausiliari costituisce, inoltre, un importante vantaggio per il clinico rispetto al solo report interpretativo automatizzato. I programmi computerizzati, infatti, sono pensati per considerare in modo esauriente il ruolo di caratteristiche predefinite potenzialmente rilevanti, ma non le variabili individuali specifiche che le regolano.

6.1. Valutazione dei test dubbi I dati forniti da un test sono generalmente valutati come validi o non validi. Di conseguenza la maggior parte dei risultati dei test o viene interpretata o viene scartata. Il problema di valutare la validità di un protocollo individuale è, tuttavia, molto più complesso. Tutti i profili di test possono essere considerati come validi o non validi fino a un certo punto e, inoltre, nell’ambito di un dato profilo, i punteggi di alcune scale possono essere validi mentre altri possono esserlo meno, come avviene, ad esempio, quando le omissioni agli item si raggruppano attorno a temi cui è sotteso un determinato costrutto. In generale i clinici dovrebbero essere consapevoli che la validità di qualunque profilo individuale di test non può essere valutata nella maniera “tutto o niente” nonostante la modalità usata per raccogliere le informazioni del test (ad esempio: autovalutazione, intervista strutturata, ecc.). La letteratura clinica relativa alla valutazione è ricca di studi che suggeriscono quali fattori possono distorcere i risultati dei protocolli di autovalutazione. Tali distorsioni possono produrre risultati che necessitano di interventi per aumentarne la validità oppure che sono talmente scorretti da essere del tutto inutilizzabili a scopi di misurazione o di interpretazione. Le ricerche sull’importanza di questi fattori che possono alterare i dati hanno dato risultati incerti. A nostro parere, una deliberata cattiva interpretazione o risposte casuali a test clinici o di personalità sono molto meno frequenti di quanto normalmente non si ritenga. Allo stesso modo il ruolo di un gruppo di risposte fonte di distorsione dei dati sembra avere minore importanza se paragonato al contenuto delle scale sostanziali. Annullare tali fattori di risposta può anche diminuire in modo significativo il loro potere di discriminare tra importanti tratti di personalità. Inoltre, i protocolli la cui valutazione è determinata in modo considerevole dal criterio esterno di ricerca sono solo minimamente influenzati da problemi di distorsione di stile o di di-

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storsione intenzionale; gli item possono essere confusivi quando non correlano con i criteri esterni, e vengono quindi eliminati, oppure quando si dimostrano predittivi di questo criterio. Questa argomentazione non vuole essere una giustificazione per negare il potenziale effetto degli atteggiamenti problematici nell’esecuzione del test. Gli sforzi per controllare questi pregiudizi fanno parte della tradizione del MCMI. Nel capitolo 5 sono stati discussi quattro adattamenti del base rate. Ognuno di questi dovrebbe servire sia per rilevare possibili tendenze caratterologiche, situazionali o personologiche sia come indice della presenza di fattori che possono influenzare l’affidabilità o la validità dei punteggi del MCMI-III. 6.1.1. L’indice di Validità (scala V) Il primo degli indici da valutare è l’indice di Validità che comprende tre item bizzarri o molto improbabili (gli item 65, 110 e 157). Quando due o più di questi item sono segnati come “Vero”, il protocollo è ritenuto non valido. Un punteggio 0 permette di considerare il protocollo valido, mentre un punteggio di 1 indica una validità discutibile. Un protocollo con un punteggio di 1 dovrebbe essere interpretato con precauzione. Malgrado la sua brevità, l’indice di Validità è molto sensibile a risposte confuse, non accurate o fornite a caso. 6.1.2. L’indice di Apertura (scala X) L’indice di Apertura (scala X) è il secondo degli indici che possono indicare un atteggiamento problematico nelle risposte, specialmente quando il soggetto tende a essere franco e sincero o reticente e riservato. L’indice di Apertura viene calcolato in base al grado di deviazione, in senso negativo o positivo, dal range medio di un punteggio grezzo totale ottenuto dalle scale da 1 a 8B. La scala X è l’unica scala del MCMI-III per la quale si può interpretare un punteggio basso dal punto di vista clinico. Quando il punteggio grezzo per questa scala è inferiore a 34 o superiore a 178, il protocollo dovrà essere considerato non valido. Circa il 10% dei soggetti che esegue il test ottiene un punteggio base rate di 85 o superiore e circa il 25% dei soggetti ottiene un punteggio base rate di 75 o superiore. 6.1.3. L’indice di Desiderabilità (scala Y) L’indice di Desiderabilità (scala Y) valuta il grado in cui i risultati possono essere stati influenzati dalla tendenza del soggetto a mostrarsi socialmente attraente, moralmente virtuoso ed emotivamente ben controllato. I punteggi base rate superiori a 75 alla scala Y indicano la tendenza del soggetto a porsi nella luce migliore e in una posizione in cui appare personalmente attraente. Più il punteggio è alto, più è probabile che il soggetto nasconda alcuni aspetti delle proprie difficoltà psicologiche o interpersonali. 6.1.4. L’indice di Autosvalutazione (scala Z) L’indice di Autosvalutazione (scala Z) riflette generalmente le tendenze opposte a quelle indicate dalla scala Y. In alcuni casi, tuttavia, entrambi gli indici sono alti, specialmente in pazienti particolarmente riservati. In generale punteggi base rate superiori a 75 nell’indice di Autosvalutazione suggeriscono una tendenza a criticare o svalutare se stesso presentando difficoltà emotive e personali che a un esame obiettivo non risultano altrettanto gravi. Un punteggio particolarmente elevato merita un esame attento, non solo in modo da valutare più accuratamente una possibile percezione distorta di problemi psicologici, ma anche per determinare se ciò può rappresentare una richiesta di aiuto da parte di un paziente che sta sperimentando una situazione emotiva particolarmente intenso. 6.1.5. Considerazioni sullo stile di risposte Come per altre misure, le scale X, Y e Z possono essere interpretate secondo la configurazione che assumono. Ad esempio, bassi base rate alle scale X e Y con un alto punteggio alla scala Z suggeriscono la presenza di una lieve tendenza a esagerare i problemi emotivi attuali, sufficientemente corretta però da non influenzare la validità interpretativa del MCMI-III. Nel caso in cui la scala X sia bassa e le scale Y e Z siano alte, il paziente evidenzia sintomi e caratteristiche antitetici, e questo solleva dubbi sulla validità del profilo. Questa configurazione si ottiene di solito nel caso di pazienti con gravi disturbi depressi-

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6. Interpretazione

vi, generalmente di tipo agitato, per i quali la relazione interpretativa (fornita in modo automatizzato dal computer) propone un’analisi del significato della configurazione delle scale X, Y e Z. Sono rilevanti anche altri schemi del profilo. I soggetti che cercano di presentarsi sotto la luce migliore potrebbero presentare un punteggio basso alla scala X e uno alto alla scala Y. Le ricerche condotte con il MCMI-II hanno rilevato la tendenza di tali persone ad avere punteggi alti ad alcune delle scale di personalità. A seconda che essi vogliano apparire cooperanti, fiduciosi o coscienziosi possono presentare punteggi alti alle scale Dipendente, Narcisistica o Ossessivo-Compulsiva. Al contrario, è tipico che in questi profili non siano presenti picchi elevati alle scale più orientate sui sintomi, come quelle di grave patologia della personalità o quelle delle sindromi cliniche. Nella letteratura (Bagby, Gillis, Toner e Goldberg, 1991; Retzlaff, Sheehan e Fiel, 1991) è stata rilevata la difficoltà di distinguere tra un profilo “falso buono” e uno valido in soggetti che presentano di fatto questi attributi (ad esempio: dipendenza o perfezionismo). Il rovescio della medaglia è il profilo “richiesta di aiuto” che è presente in soggetti che adottano uno stile di risposta che li fa apparire più psicologicamente deteriorati di quanto in effetti non siano. In casi del genere le scale X e Z hanno punteggi elevati, così come sono alti anche i punteggi a molte delle scale associate a grave psicopatologia (Bagby, Gillis, Toner e Goldberg, 1991; McNiel e Meyer, 1990; Retzlaff, Sheehan e Fiel, 1991; Van Gorp e Meyer, 1986). Sebbene lo scopo delle scale X, Y e Z sia quello di compensare l’effetto di questi tre stili di risposta, tali adattamenti non possono rendere valido un profilo che non lo è né possono effettivamente compensare i casi in cui lo stile di risposta è la forza propulsiva predominante alla base dei punteggi del soggetto. La scoperta di uno stile di risposta dominante può avere di per sé rilevanza clinica, perché consente al clinico di formarsi un’opinione di quanto un paziente possa essere ingenuo o realistico circa i propri problemi. Per andare oltre questa interpretazione, il professionista potrebbe dover somministrare il test una seconda volta, magari dopo aver sollecitato il soggetto a rispondere il più onestamente possibile a ciascun item.

6.2. Filosofia del modello multiassiale Il MCMI-III è uno strumento multiassiale che deriva da un modello integrato di psicopatologia e di personalità ed è coordinato anche con il modello multiassiale del DSM. La logica interpretativa del MCMI si fonda in gran parte su questi due orientamenti di base. I clinici che usano il MCMI dovrebbero farlo allo scopo di ottenere una comprensione della persona in quanto entità integrata e non come un aggregato di diagnosi. Il movimento verso l’integrazionismo nella concezione della malattia non è soltanto un ideale; è anche un fatto empirico e storico, illustrato dall’evoluzione delle scienze sanitarie attraverso due cambiamenti paradigmatici, nessuno dei quali è stato ancora completato nell’ambito della psicopatologia. Le serie di cerchi concentrici della figura 6-1 rappresentano i cambiamenti che si sono verificati in campo medico durante l’ultimo secolo. Al centro è l’Asse I: le sindromi cosiddette cliniche (ad esempio: depressione e ansia). Queste sono paragonabili a ciò che caratterizzava lo stato della medicina un centinaio o più di anni or sono. All’inizio e a metà del diciannovesimo secolo, i medici hanno definito i disturbi dei loro pazienti in termini della loro sintomatologia manifesta – starnuti, tosse, vesciche e febbre – etichettando queste “malattie” con termini quali “consunzione” e “varicella”. Il cerchio esterno della figura 6-1 può essere invece paragonato all’Asse IV del DSM. Il relativo cambiamento del paradigma medico si è verificato circa un secolo fa, quando si è cominciato a considerare le malattie come il risultato di microbi che infettano e danneggiano le normali funzioni del corpo. Con il tempo la medicina ha cominciato ad assegnare delle etichette diagnostiche per riflettere questa nuova eziologia, sostituendo, quindi, i vecchi termini descrittivi: “la demenza paralitica”, ad esempio, ha cominciato a essere nota come “neurosifilide”. Fortunatamente la medicina negli ultimi due decenni del secolo scorso è andata oltre il suo modello di “malattia infettiva” e negli ultimi quindici anni, in seguito alla comparsa di malattie legate al sistema immunitario come l’AIDS, si è assistito a un progresso particolarmente sorprendente. Questa evoluzione riflette una crescente consapevolezza del ruolo chiave svolto dal sistema immunitario, ovvero quella capacità intrinseca del corpo di lottare contro l’onnipresente moltitudine non solo di infezioni potenzialmente distruttive, ma anche di agenti cancerogeni che invadono l’ambiente corporeo. La medicina ha imparato che non sono i sintomi – gli starnuti e la tosse – o le infezioni invasive – i virus e i batteri – le determinanti ultime degli stati di salute e di malattia ma, piuttosto, l’efficienza delle capa-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 6-1 Natura interattiva del sistema multiassiale

Asse IV Agente psicologico stressante Asse II Disturbo di personalità Asse I Sindrome clinica

(Ansia, Distimia = febbre, tosse)

(Borderline, Istrionico = sistema immunologico) (Status coniugale, economico = agenti infettivi)

cità difensive del corpo. Allo stesso modo nella psicopatologia la chiave di un benessere psicologico non sono l’ansia o la depressione o gli agenti stressanti della prima infanzia o della vita attuale. La chiave è piuttosto l’equivalente mentale del sistema immunologico del corpo, ovvero quella struttura e quello stile dei processi psichici che rappresentano la nostra capacità complessiva di percepire e di affrontare il nostro mondo psicosociale: in altre parole, ci si riferisce a quel costrutto psicologico che chiamiamo personalità. Il modello multiassiale è stato creato specificamente per facilitare le concezioni integrate dei sintomi manifesti della persona in termini di interazione tra stili duraturi di comportamento e agenti psicosociali stressanti. Il nostro compito in quanto clinici è quello di riassumere l’evoluzione storica, per così dire, all’interno di ciascuna persona, al fine di ottenere per ciascun paziente una concezione della psicopatologia che non si limiti semplicemente a diagnosticare e a documentare le sue vesciche o i suoi starnuti (i disturbi dell’Asse I), ma ponga questi disturbi manifesti nel più ampio contesto dello stile individuale di percepire, di pensare, di sentire e di comportarsi. Il processo interpretativo può essere descritto in base a numerosi livelli o ordini che facilitano una tale interpretazione integrativa.

6.3. Logica interpretativa di primo ordine: formulazione delle diagnosi Il primo livello interpretativo si occupa soltanto di fornire informazioni per formulare le diagnosi. Le decisioni diagnostiche basate su test carta e penna, tipo i self-report, sono di solito giustificate solo in tre tipi di situazioni: primo, quando il costo e il tempo impiegati nella somministrazione del test sono ridotti al minimo e il livello di accuratezza è sufficientemente alto per servire da sistema discriminante o da procedura di valutazione preliminare; secondo, quando il livello di accuratezza è almeno analogo a quello ottenuto con procedure diagnostiche più lunghe e più costose; terzo, quando aggiunge una misura di maggiore validità (Sechrest, 1963) ad altre forme affermate ed efficienti di valutazione dei pazienti. La storia del MCMI nella pratica clinica e lo studio di validità sostanziale, precedentemente presentato all’interno di questo manuale, depongono per l’impiego del MCMI in tutte e tre queste condizioni. Il livello diagnostico di interpretazione è il livello più importante ma anche potenzialmente il più difettuale. A questo livello siamo interessati solo a determinare quali scale siano elevate e quali diagnosi si potrebbero formulare. Per il MCMI-III questo comporta l’esame dei picchi delle scale che superano i cut-off dei base rate di 75 e 85. Per i disturbi dell’Asse II, il base rate di 75 può essere considerato come un indice della presenza di tratti di personalità clinicamente significativi. Se un soggetto ottiene un base

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6. Interpretazione

rate di 74 alla scala Borderline, è probabile che egli possieda tratti del costrutto borderline. Al contrario, picchi di BR di 85 o più alti indicano presumibilmente una patologia diffusa al punto da essere definita disturbo di personalità. Per l’Asse I, un base rate di 75 indica la presenza di una sindrome e un base rate di 85 indica cospicuità. Questi picchi costituiscono la base delle ipotesi diagnostiche che si dovrebbero, quindi, prendere in considerazione nel contesto di altre informazioni ottenute al di fuori del test, comprese una conferma verbale del paziente, le impressioni del terapeuta, i commenti di altre persone significative, le informazioni relative al background del soggetto e così via. Se dopo aver preso in considerazione tutti questi fattori il clinico continua a essere incerto rispetto alla formulazione di una precisa diagnosi, potranno essere rivisti gli item prototipici del costrutto dato, al fine di determinare quali criteri diagnostici emergano dalle risposte del soggetto agli item paralleli del MCMI-III. In vista della meta finale – ovvero di una comprensione globale del soggetto e delle sue patologie – un livello di interpretazione puramente diagnostico costituisce una grossolana approssimazione che nel contesto del complessivo obiettivo clinico può solo essere considerata semplicistica. Questi giudizi “presente” vs “assente” presentano l’intera persona in una forma assai frammentata. Primo, la natura dicotomica della diagnosi trascura l’importanza dei disturbi che sono rilevabili come disturbi sotto soglia, ma che spesso hanno legittime implicazioni funzionali, come il potere di esacerbare altre condizioni o di esplodere esse stesse in un disturbo. Pertanto, sebbene un base rate di 72 sia sotto la soglia di 75, esso indica tuttavia che il cliente si è riconosciuto in un numero di item rilevante per il costrutto in cui ha ottenuto il punteggio e quindi il clinico dovrebbe preoccuparsi di fare ulteriori indagini. Secondo, un’attenzione rigidamente diagnostica ignorerebbe la potenzialità configurativa dello strumento. Ad esempio, un narcisista dipendente è molto diverso da un narcisista antisociale, anche se il base rate del secondo schema di personalità è inferiore a 85, ed è, quindi, probabile che si tratti di una questione di stile di personalità piuttosto che di una disfunzione. Il modello diagnostico trascura il ruolo immunologico che la personalità assume nella resistenza o nella suscettibilità individuale a sviluppare sintomi in condizioni di stress psicosociale. In effetti, già solo l’idea che la personalità possa essere diagnosticata è qualcosa di potenzialmente molto dannoso per la logica sottostante al modello multiassiale e richiede pertanto un commento particolare. I termini diagnosi e disturbo di personalità richiamano esplicitamente il cosiddetto modello medico e quindi indirettamente riducono il valore dell’Asse II e dell’Asse I, presentando i disturbi di personalità come una variante della malattia, un’entità o una lesione che proviene dall’esterno e che invade la persona, minandone le normali funzioni: in pratica, questa terminologia riduce a livello di semplici vesciche o starnuti i costrutti che hanno lo scopo di giocare il ruolo di mediazione immunologica tra lo stress psicosociale e la produzione di sintomi. A sua volta questo errato concetto medico viene rinforzato dall’idea che la personalità sia una specie di sostanza che riempie il recipiente della persona in forma omogenea o indifferenziata (con l’ulteriore infelice implicazione che il terapeuta dovrà cambiare la persona svuotando e poi riempiendo il recipiente). Nel capitolo 2 i disturbi di personalità sono stati considerati grazie a un certo numero di ambiti funzionali e strutturali. In contrasto con un’idea di tipo statico, questa concezione della personalità come internamente differenziata in funzionale/strutturale, lungi dall’essere influenzata da una prospettiva psicodinamica, comportamentale, cognitiva o persino evolutiva, deriva direttamente dalla visione della personalità in quanto costrutto, ovvero dall’idea che la personalità abbia a che fare con l’intera matrice della persona. Di conseguenza questa prospettiva costituisce un correttivo ottimale delle erronee concezioni paradigmatiche perpetrate dall’evocazione del termine medico disturbo di personalità. Questa prospettiva ha importanti implicazioni interpretative sulle quali torneremo successivamente. L’approccio al MCMI-III che interpreta i picchi delle scale in base alla configurazione e al contesto risulta quindi nettamente migliore di un approccio puramente diagnostico o medico.

6.4. Interpretazione delle configurazioni delle scale di personalità Il primo passo nell’interpretare le configurazioni è quello di ottenere un’adeguata caratterizzazione della personalità del soggetto. Così come è necessaria una prospettiva dimensionale per formulare valutazioni quantitative realistiche, questa prospettiva legata all’interpretazione delle configurazioni è necessaria per formulare valutazioni qualitative realistiche. Raramente i pazienti si presentano come prototipi puri. Ad eccezione del caso in cui il pattern di personalità più alto è significativamente superiore al successivo, i picchi delle scale secondarie sono quasi sempre significativi. Si considerino i seguenti esempi.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Esempio 1. Due pazienti presentano il punteggio più alto nei pattern di personalità clinica alla scala 3 (Dipendente). In un caso, il secondo picco più alto è alla scala 2A (Evitante), mentre nell’altro caso il secondo picco più alto è alla scala 4 (Istrionica). Preso da solo, il dato del predominio della personalità dipendente suggerirebbe la presenza di elementi quali il bisogno di figure più forti, protettive, una tendenza a essere condiscendente, conciliante, un concetto di sé debole e fragile, un atteggiamento ingenuo e acritico verso le difficoltà interpersonali. In un dipendente-evitante si troverebbero, tuttavia, elementi piuttosto diversi, compreso un ritiro difensivo di fronte ai rapporti sociali (che deriva dalla paura di un rifiuto), una tendenza a ridurre un’eccessiva sensibilità interpersonale, una persistente tendenza mascherata alla depressione e alla solitudine e un risentimento segreto e intenso verso coloro da cui il soggetto dipende. In un dipendente-istrionico si riscontrerebbero elementi diversi. Oltre alle caratteristiche di compiacenza, ingenuità e dipendenza rilevate nel dipendente puro, saranno evidenti anche la ricerca di attenzione attraverso un’autodrammatizzazione, sforzi persistenti per creare un’armonia interpersonale a spese dei valori interni, nonché periodi occasionali di euforia ipomaniacale e di depressione. Da questi esempi risulta evidente che l’aggiunta della scala con il secondo picco più alto (giusto un passo verso l’analisi del profilo) altera in modo significativo il quadro della personalità. Esempio 2. Presumiamo che due pazienti abbiano un punteggio significativo alla scala B (Dipendenza da Alcol), ma differiscano per quanto riguarda il loro stile di personalità di base. Uno è un istrionicoantisociale (4,6A) mentre il secondo è un compulsivo-dipendente (7,3). È probabile che questi pazienti mostrino un comportamento e un modo di affrontare il problema dell’alcolismo in forme chiaramente divergenti. Si può ipotizzare che il tipo misto istrionico-antisociale sia non convenzionale e irresponsabile, che agisca in modo punitivo e impulsivo e che reagisca con rabbia e irritazione agli sforzi esterni di controllo del suo alcolismo. Al contrario, il tipo misto compulsivo-dipendente si mostrerà convenzionale e controllato (ad eccezione degli episodi di alcolismo), avrà conflitti profondi circa la propria dipendenza, agirà in modo autopunitivo, avrà tentato di controllare il proprio alcolismo senza successo e reagirà alle preoccupazioni degli altri con contrizione e senso di colpa. Come illustrano questi esempi, picchi diversi di punteggio a scale secondarie producono interpretazioni piuttosto diverse. 6.4.1. Sintesi dei domini di configurazione In questo sottoparagrafo e nel seguente indicheremo la logica sottesa a ottenere descrizioni dettagliate della personalità in base ai profili del MCMI-III. Ci sono, tuttavia, alcune obiezioni che portano a modificare questa procedura ideale, obiezioni che descriveremo nel sottoparagrafo seguente. Come rilevano da molto tempo i filosofi della scienza, l’utilità di qualunque sistema di classificazione risiede nella capacità delle sue categorie di suggerire attributi oltre a quelli che si possono osservare direttamente. Gli otto ambiti strutturali e funzionali elencati per ciascun costrutto di personalità (cfr. il capitolo 2) formano gli elementi che sono associati, con certezza o con un’alta probabilità, ad altri attributi clinici nell’ambito dei rispettivi pattern di personalità. Ogni personalità, quindi, è in un certo senso una struttura di caratteristiche che covariano all’interno di quei dati ambiti. La presenza, pertanto, di una qualunque caratteristica ne implica altre cui è associata all’interno del quadro di una particolare personalità. Gli attributi clinici nel capitolo 2 sono stati formulati per essere comprensivi, vale a dire in grado di esaurire i contenuti degli ambiti a cui sono ancorati (piuttosto che essere legati a una qualunque scuola di pensiero), e confrontabili, cioè sono a livelli di astrazione approssimativamente uguali. Nell’interpretazione del MCMI-III diventano, quindi, degli importanti punti di riferimento. Possiamo dunque affermare con alta probabilità che qualunque soggetto giudicato come narcisista sarà portato a comportarsi in modo arrogante, sfruttatore nei rapporti interpersonali, fervido dal punto di vista cognitivo e così via. In generale se solo una scala dell’Asse II del MCMI-III descrive il profilo (cioè, se solo una scala è elevata), quel pattern di personalità può essere definito prototipico del soggetto sottoposto al test e le caratteristiche dell’ambito ad esso associato possono essere ricavate dalle tabelle del capitolo 2 senza introdurre cambiamenti significativi. Sfortunatamente tali profili prototipici sono rari. Nella maggioranza dei casi i risultati del test rifletteranno un codice a due o a tre punti. In questo caso è necessario integrare o mescolare i paragrafi descrittivi di ogni ambito, soppesandoli in base a quanto ciascun codice domina il profilo. Pertanto se alla scala 5 si ottiene un base rate di 110, con un picco secondario di 76 alla scala 3, la relazione clinica

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6. Interpretazione

dovrebbe essere scritta in modo da riflettere le caratteristiche più coerenti con il prototipo narcisista. Il clinico sceglie di dare un peso ai vari elementi di questi disturbi secondo una misura che dipende da molteplici fattori, comprese le informazioni aggiuntive a disposizione. 6.4.2. Ricavare caratterizzazioni di personalità con scale di personalità ugualmente elevate L’interpretazione sulla base della configurazione diviene più difficile quando le scale hanno picchi più o meno allo stesso livello, cioè quando non vi è una configurazione specifica. In questo caso è necessario considerare diverse ipotesi funzionali e strutturali all’interno di ciascun prototipo con punteggio elevato. Si può scegliere di integrare o di mescolare gli aspetti di entrambe le configurazioni o concentrarsi su una fino a escludere più o meno l’altra. Se, ad esempio, si trova un profilo narcisista-dipendente che presenta entrambe le scale elevate più o meno allo stesso livello, ci si trova di fronte alla possibilità di fare in ciascuno degli otto domini due scelte, come illustrato nella figura 6-2. Nel cercare prove a sostegno di ipotesi specifiche a livello degli ambiti clinici, il clinico può ricorrere a due forme complementari di informazione. La prima è a livello degli item, all’interno del MCMI stesso. Bisogna avere presente che il test è stato costruito secondo il modello prototipico che è alla base del DSM. A un dato item è attribuito un valore di 1 o 2 punti a seconda della sua centralità rispetto al corrispettivo costrutto e ai risultati dello studio di validità. Quando si cercano i criteri per sostenere piuttosto che per rifiutare la moltitudine di ipotesi suggerite da due o tre scale di personalità che presentano un’elevazione simile, gli item prototipici potrebbero essere considerati come “item critici” che fanno pendere il giudizio clinico in una direzione o nell’altra. Malgrado le obiezioni mosse al sistema di valutazione degli item del MCMI, gli item prototipici hanno un importante valore interpretativo, tassonomico e sostanziale. È da ricordare, tuttavia, che, come mostrerà una rassegna degli item prototipici per una qualunque delle scale di personalità, il MCMI non contiene tutti gli item necessari a campionare ciascun dominio funzionale e strutturale per ogni personalità, in parte perché alcuni domini sono più deduttivi di altri (ad esempio: i meccanismi difensivi) e non adatti a un’autovalutazione, e in parte per il loro maggiore coordinamento con il DSM-IV che privilegia alcuni domini rispetto ad altri (Millon e Davis, 1996). Il ricorso alle informazioni provenienti da questo livello, tuttavia, è spesso decisivo quando si devono sintetizzare sotto forma di una relazione clinica due o tre scale di personalità. La seconda fonte di informazione che si può utilizzare per valutare le ipotesi del dominio è esterna al MCMI ed è data dalle impressioni cliniche, dai racconti di altri soggetti che conoscono bene il cliente, dai risultati di altri strumenti (sia oggettivi che proiettivi) e dalla natura della problematica riferita. Pertanto riprendendo l’esempio sopra riportato, se un soggetto è intervistato e si rileva che è indeciso e manca di autostima, questo avallerà un’interpretazione più “dipendente” nell’ambito della sfera dell’immagine di sé. Se altri riferissero, tuttavia, che il soggetto si mostra grandioso o esibisce un atteggia-

Figura 6-2 Sfere dei prototipi narcisista e dipendente

Narcisista

Dipendente

Azioni espressive

arrogante

inadeguato

Condotta interpersonale

sfruttatore

remissivo

Stile cognitivo

espansivo

naif

Immagine di sé

ammirevole

inetto

Rappresentazioni di oggetto

falsificato

immaturo

Meccanismi regolatori

razionalizzazione

introiezione

Organizzazione morfologica

fasullo

rudimentale

Umore/temperamento

noncurante

iperadattabile, triste

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

mento di eccessiva autoconsiderazione, questo suggerirebbe che la presenza dell’immagine di sé “inetta” tipica del dipendente e di quella “ammirevole” del narcisista dovrebbero in qualche modo essere integrate, magari attraverso la considerazione psicodinamica che un atteggiamento di grandiosità serve a proteggere da sentimenti nascosti di inferiorità. Come avviene per qualunque strumento, l’insieme di conoscenze aggiuntive e di teoria psicologica servono per formulare interpretazioni più sfaccettate e plausibili del carattere della persona.

6.5. La gravità e la funzionalità delle personalità patologiche La normalità e la patologia di una personalità sono rappresentabili come un continuum. La netta linea diagnostica divisoria creata nel manuale ufficiale e le soglie dei punteggi BR di 75 e di 85 nel MCMI sono state stabilite a scopi pratici, ma queste divisioni non esistono nella realtà. Come possiamo, quindi, interpretare molteplici punteggi al di sopra di BR 75 e in quale modo riflettono la gravità e la funzionalità della patologia di una personalità? Quando molte scale di disturbi di personalità sono elevate oltre BR 75, non a tutte va dato lo stesso peso interpretativo. Al contrario, la priorità interpretativa va data alle due o tre scale di personalità più alte della configurazione: saranno queste scale a essere considerate come disturbi di personalità. Le altre scale – che all’interno della configurazione risultano più basse, ma sono sempre al di sopra di BR 75 – potranno essere interpretate come stili di personalità; vale a dire che occasionalmente e in alcuni contesti il soggetto potrebbe presentare i tratti caratteristici di tali disturbi, oltre a quelli che formano la configurazione primaria. Come regola generale, quanto più è alto il numero delle scale con un BR superiore a 75, tanto più è estesa la patologia della personalità. Se si desidera una maggiore precisione, per situare un paziente sul continuum – dalla relativa normalità dello stile di personalità alla patologia (Millon, 1969/1983) – si possono usare i tre elementi caratterizzanti la patologia che sono di seguito descritti. Il primo elemento che caratterizza in modo tipico gli schemi di personalità clinica è una minore stabilità in situazioni di stress soggettivo. Come tutti i sistemi attivi, le personalità normali mostrano tra i loro vari aspetti un’integrazione funzionale-strutturale. Le personalità normali, ad esempio, si impegnano in comportamenti che riducono al minimo l’incompatibilità fra i bisogni dell’organismo e la pressione dell’ambiente, un processo di feedback negativo che mantiene l’integrità dei loro sistemi psichici. Le personalità cosiddette patologiche, tuttavia, mettono in pratica strategie che producono inavvertitamente un feedback positivo, ampliando le loro difficoltà di adattamento. Il risultato è che soggetti già caratterizzati da numerose problematiche divengono vulnerabili agli eventi che rimettono in gioco il passato; la loro scarsa flessibilità e la ridotta capacità di ricorrere a meccanismi efficaci per far fronte agli avvenimenti, inoltre, li rendono più indifesi e suscettibili a nuove difficoltà e cedimenti. Di fronte a fallimenti ricorrenti, angosciati dal riemergere di vecchi conflitti irrisolti, incapaci di mettere in atto nuove strategie adattative, questi soggetti possono adottare forme patologiche di gestione delle situazioni, mostrare un controllo poco adeguato delle loro emozioni e, in ultima analisi, essere soggetti a un aumento di percezioni arbitrarie e distorte della realtà e a una produzione di sintomi clinici. La seconda caratteristica che distingue gli schemi patologici è la loro mancanza di flessibilità adattativa. I sistemi di personalità sono sistemi aperti in uno stato costante di interazione attiva con il loro ambiente fisico, familiare, sociale e culturale. Per le personalità nella gamma normale ciò significa una flessibilità di ruolo che a volte porta a prendere l’iniziativa di modificare il proprio ambiente e a volte di adattarsi a quanto esso offre, in accordo con la polarità attivo-passivo della teoria evoluzionistica. In queste interazioni i soggetti normali mostrano elasticità, così che le loro iniziative o reazioni risultano proporzionate e adeguate a quanto richiesto dalla situazione. Tuttavia, quando vengono meno adeguatezza ed equilibrio, l’interazione è dominata dalla persona. Le strategie alternative impiegate dal soggetto per relazionarsi con altri, per raggiungere delle mete e per gestire lo stress sono generalmente poche di numero e vengono messe in atto in maniera rigida. Spesso la persona è incapace di adattarsi in modo efficace alle circostanze della sua vita e tende a modificare l’ambiente per evitare eventi obiettivamente neutrali che sono, però, percepiti da lei come stressanti. Di conseguenza le opportunità del soggetto di sperimentare e acquisire nuove e più efficaci strategie di adattamento sono ridotte e le esperienze di vita divengono ancor più circoscritte e limitate. La terza caratteristica che differenzia il modello patologico da quello normale è data dalle conseguenze della rigidità e dalla mancanza di flessibilità, e consiste in una tendenza a favorire l’instaurarsi di circoli viziosi. Le numerose costrizioni tramite cui i soggetti con personalità disturbate interagiscono

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6. Interpretazione

nel loro ambiente sociale creano inevitabilmente processi di feedback che perpetuano e intensificano le difficoltà preesistenti. La costrizione protettiva, la distorsione cognitiva e l’eccesso di generalizzazione costituiscono esempi dei processi messi in atto dai soggetti per limitare le opportunità di nuovi apprendimenti, per deformare eventi fondamentalmente positivi, per provocare negli altri reazioni che rimettono in gioco problematiche di vecchia data. In effetti, quindi, gli schemi della personalità patologica sono a loro volta patologici: generando e perpetrando dilemmi, provocando nuove condizioni stressanti e mettendo in moto sequenze di autosfida con altri, tali schemi provocano la persistenza e un aggravamento ulteriore delle difficoltà preesistenti e durature. Il MCMI-III descrive due differenti livelli di gravità, BR 75 e BR 85, che possono essere facilmente utilizzati per caratterizzare il grado di funzionalità di un dato profilo di personalità. In generale, quanto più è alto il BR della personalità, tanto più è alta la probabilità che il soggetto mostri in grado maggiore le tre caratteristiche di personalità patologica descritte sopra. Una diretta interpretazione di queste soglie è tuttavia complicata da altri due fattori: uno riguarda il rapporto circolare tra il continuum normalità-patologia e determinati costrutti di personalità e l’altro deriva dalla teoria evoluzionistica. 6.5.1. Le scale Narcisistica, Istrionica e Ossessivo-Compulsiva Una ricerca precedente con il MCMI ha mostrato che i picchi a tre specifiche scale di personalità possono indicare a volte i punti di forza della personalità, a volte la patologia della stessa. Queste sono le scale Narcisistica, Istrionica e Ossessivo-Compulsiva. La misurazione di questi costrutti è problematica dal punto di vista psicometrico per varie ragioni: prima fra tutte è che queste personalità si distinguono per la grande abilità nel minimizzare i problemi, nel negare le difficoltà e nel presentarsi sotto una luce favorevole. Ognuna di queste personalità è in difficoltà nell’ammettere le proprie debolezze e le proprie pecche, sebbene per ragioni diverse. Allo stesso modo un’altra fonte di complicazioni è il fatto che questi tre costrutti tendono, a livelli diversi di intensità, a presentare anche tratti normali, sebbene rigidi, mentre altre personalità, come la negativistica, l’antisociale o la sadica, hanno scarsa adattabilità anche in presenza di livelli moderati di patologia. I tratti sadici sono considerati sempre problematici, mentre livelli moderati di autostima e di socievolezza (componenti prototipiche, rispettivamente, dei costrutti narcisistico e istrionico) sono considerati positivi. Pertanto la “forma” di questi due costrutti è curvilinea: i livelli troppo alti o troppo bassi indicano un cattivo adattamento, mentre livelli medi sono considerati indici di salute. Come dimostra un controllo psicometrico dell’assegnazione degli item, queste tre scale di personalità comprendono, inoltre, un gran numero di item che sono classificati “Falso”. Pertanto, quando un soggetto senza una patologia significativa completa lo strumento, sarà proprio l’assenza di patologia ad alzare queste tre scale. Quando un punteggio elevato a una o più di queste tre scale è considerabile come un indice di salute invece che di patologia, la procedura seguita nel sottoparagrafo precedente non può essere applicata in modo rigoroso, perché è finalizzata alla creazione di caratterizzazioni della personalità basate sulle descrizioni del dominio. Fortunatamente un certo numero di fattori va a sostegno dell’ipotesi che un innalzamento delle scale Narcisistica, Istrionica e Ossessivo-Compulsiva rifletta caratteristiche di personalità sane. Primo, più è alto è il BR, più è probabile che indichi una patologia della personalità, piuttosto che un suo punto di forza. Secondo, la presenza di una significativa patologia in Asse I sostiene la presenza di un disturbo di personalità. Terzo, la presenza di patologia della personalità può anche essere indicata dal livello delle tre scale di grave patologia della personalità, esaminate qui di seguito. 6.5.2. Interpretazione delle scale di grave patologia della personalità Il modello evoluzionistico presentato nel capitolo 2 sostiene che le scale di grave patologia della personalità rappresentano varianti di una funzionalità estremamente problematica nelle scale di pattern di personalità clinica. Le varianti di cattiva funzionalità del tipo schizoide ed evitante si combinano pertanto frequentemente nello schizotipico, le varianti di cattiva funzionalità del tipo masochista e del sadico spesso si fondono o nel borderline o nel paranoide, le varianti di cattiva funzionalità del dipendente e dell’istrionico si combinano nel borderline, le varianti di cattiva funzionalità del narcisista e dell’antisociale si fondono nel paranoide, e le varianti di cattiva funzionalità del compulsivo e del negativistico si mescolano sia nel borderline che nel paranoide. Ovviamente, quindi, quando si ottengono dei picchi nelle scale di grave patologia della personalità (S, C e P), è più facile risolvere il problema di distinguere la salute dalla patologia con le scale Narcisistica, Istrionica e Ossessivo-Compulsiva.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

In precedenza abbiamo ricordato che le interpretazioni basate sulle scale con i picchi più alti nella configurazione delle scale di base della personalità dovrebbero essere adattate anche in base ai picchi delle scale secondarie. Allo stesso modo i picchi delle configurazioni di base delle scale di personalità dovrebbero essere qualificati anche da quelli ottenuti alle scale della grave patologia di personalità. Ad esempio, un paziente con un profilo di personalità 2A,8A (evitante e negativistico), che ha anche un punteggio alto alla scala Schizotipica, sarà caratterizzato da una diffusa apprensione, da una tendenza ad essere distante o isolato nei rapporti sociali nella convinzione che gli altri lo rifiuteranno, da un forte desiderio di affetto e di sostegno, represso dalla paura e dalla percezione di sé come misero ed estraneo. Altrettanto patologico, ma in modo diverso, sarebbe un paziente 2A,8A con un alto punteggio alla scala Borderline. È probabile che un tale soggetto si comporti in modo imprevedibile, irritabile o astioso, che reagisca a volte in modo impulsivo e ostile, anticipando un possibile rifiuto da parte degli altri, che alterni periodi di profonda tristezza e di negativismo irrazionale ad altri in cui esprime genuino rimorso e dispiacere. Come per tutti i dati forniti dai test, determinare il livello di funzionalità della struttura di personalità di un paziente sarà molto più facile se si dispone di buone informazioni sulla storia del soggetto, in particolar modo se ottenute da strumenti paralleli. Le persone afflitte da un disturbo acuto spesso tendono a distorcere le informazioni storiche che le riguardano. I pazienti depressi, ad esempio, spesso fanno un quadro piuttosto incolore degli eventi e delle circostanze passate. Il problema fondamentale è, quindi, se i tratti di personalità rivelati dal MCMI-III abbiano provocato un deterioramento significativo e cronico delle capacità di funzionamento del paziente.

6.6. Interpretazione delle scale moderate e gravi dell’Asse I Poiché la personalità è per sua natura un costrutto integrato, l’interpretazione del profilo delle scale di base e di grave patologia dell’Asse II è una necessità. L’integrazione del profilo riflette un aspetto basilare della vita umana: mentre le persone possono essere descritte in termini di molte caratteristiche diverse, queste caratteristiche sono sintetizzate in modo organico o sostantivo. Al contrario, i disturbi dell’Asse I possono riflettere parecchie “malattie mediche” tra loro diverse, per cui un’interpretazione integrata del profilo delle scale dell’Asse I, anche se ovviamente è possibile, non è esplicitamente richiesta dalla natura di questi disturbi (come invece accade per quelli dell’Asse II). In parte ciò riflette una realtà clinica: la concomitanza di stati patologici e, quindi, di diverse diagnosi dell’Asse I può essere condizionata da una qualche altra variabile o può essere dovuta a una pura coincidenza. Pertanto, mentre ciascun costrutto dell’Asse II è mutuamente contestuale agli altri, proprio perché la personalità è ritenuta un unico sistema organico, le “vesciche e gli starnuti” dell’Asse I possono indicare reali processi patologici, spesso mediati dal sistema neurochimico. Allo stesso modo l’interpretazione dei picchi di BR alle scale dell’Asse I è del tutto chiara. I punteggi BR tra 60 e 74 suggeriscono sintomi patologici della scala, ma non sono sufficientemente indicativi degli stessi, a meno che non siano i punteggi più alti in questo segmento del profilo. Punteggi compresi fra 75 e 84 suggeriscono la presenza della sindrome clinica della scala. Punteggi di 85 o superiori forniscono una chiara conferma della presenza di sintomi patologici.

6.7. Integrazione dei risultati dell’Asse I e dell’Asse II Si ricorda che l’Asse II è stato concepito come un contesto immunologico integrato dal quale i sintomi separati dell’Asse I traggono il loro significato. Poiché ogni persona è un soggetto complesso, nel tracciare il profilo di personalità del paziente, dei suoi sintomi clinici e della sua storia psicosociale, i clinici devono fare riferimento alla teoria clinica e alla loro personale esperienza. 6.7.1. Analisi di un caso A questo punto possiamo esaminare in dettaglio i risultati ottenuti da un soggetto al MCMI-III. Il caso riguarda un tale Bob S., di anni 48, maschio bianco, divorziato, che è stato inviato dal suo datore di lavoro. Bob aveva lavorato per 10 anni come guardia addetta alla sicurezza in un ospedale privato. Era stato inviato per una valutazione perché aveva minacciato altri impiegati e l’avevano visto nascondere

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6. Interpretazione

una pistola nel suo armadietto personale. Per molti anni aveva avuto il problema di rapporti ostili con i colleghi e di esplosioni di rabbia sul lavoro: la cosa si era aggravata specialmente durante l’ultimo anno, al punto che era stata presa in seria considerazione la possibilità di licenziarlo. Bob sosteneva che il problema era dovuto a differenze di opinione con il suo supervisore. Affermava che gli altri impiegati avevano un basso livello di preparazione e riteneva che le sue ripetute lamentele in proposito fossero responsabili della diffusa convinzione che fosse un “piantagrane”; ammetteva di aver minacciato verbalmente i suoi colleghi, ma si difendeva sostenendo che minacce simili erano state formulate spesso da molti altri membri del personale. Considerava molti dei suoi colleghi come “ubriaconi incompetenti”. Sosteneva di aver portato la pistola sul lavoro perché voleva lasciarla, sulla strada del ritorno a casa, al negozio di armi per farla pulire. Bob ammetteva che, in modo occasionale, beveva “alcune birre” e sosteneva di non bere più di un pacco di sei birre durante i fine settimana. Non considerava il bere come un suo problema, anche se era stato arrestato due volte per guida in stato di alterazione alcolica e gli era stata sospesa la patente per un certo periodo di tempo. Era stato sottoposto a psicoterapia come paziente esterno per 6 mesi, una condizione richiesta per mantenere l’impiego. Figlio unico, Bob era nato e cresciuto in una grande area metropolitana. Il padre era andato via di casa quando Bob era piuttosto piccolo. Viveva con la madre di 65 anni a cui sembrava molto affezionato. Aveva un titolo di scuola superiore e due anni di crediti nei corsi di legge di un college locale. Era stato sposato una volta, ma il matrimonio era finito dopo due anni con uno “schifo di divorzio”: sosteneva di aver subito abusi fisici dalla moglie e che questa aveva relazioni sessuali con altri uomini. I risultati del MCMI-III di Bob sono presentati nella figura 6-3. Esaminiamo prima di tutto i punteggi della scala Validità e gli indici di modifica. Il punteggio della scala Validità indica che Bob ha letto e ha compreso gli item del test. La scala X (Apertura) è nell’ambito di accettabilità. L’unico indice di modifica che produce risultati significativi è la scala Y (Desiderabilità). Questo non deve sorprendere, poiché è una valutazione di “adeguatezza nello svolgimento del compito”. Una rapida occhiata al resto del profilo evidenzia che il tentativo di Bob di mostrarsi sotto una buona luce non ha impedito al test di rivelare alcune delle aree problematiche del soggetto. Dovrebbe, tuttavia, essere tenuto a mente il picco alla scala Y che sarà utilizzato in seguito per sollevare dubbi clinici in aree nelle quali il punteggio di Bob non è abbastanza alto da costituire un risultato significativo. Le scale dei disturbi di personalità indicano un aspetto paranoide (scala P) con tendenze narcisistiche (scala 5) e antisociali (scala 6A). La presenza di una significativa quantità di ostilità è suggerita dall’effetto cumulativo delle scale P (Paranoide), 8A (Negativistica) e 6B (Sadica) che descrivono una persona oppositiva, arrabbiata e risentita. Nel profilo si intravede anche un aspetto di dipendenza inadeguata. Il picco alla scala Paranoide (una scala di grave patologia della personalità) e gli altri picchi in altre numerose scale che indicano disturbi di personalità suggeriscono che la struttura di personalità del soggetto può avere gravi deficit funzionali. Una diagnosi di disturbo paranoide della personalità è facilmente confermata quando si esamina la storia di Bob. La conferma viene dalle denunce di abusi fisici subiti, l’assenza di fiducia nella moglie e dalla cronicità e dal tipo di problemi incontrati sul lavoro. La relazione interpretativa potrebbe essere di questo tipo: I punteggi ricavati al MCMI-III suggeriscono che il paziente soffre di un disturbo paranoide di personalità, con elementi di ostilità, narcisismo e antisocialità. Questi risultati sono coerenti con la presenza di una significativa patologia del carattere e sollevano dubbi sulla capacità del soggetto di comportarsi in modo collaborante, specialmente quando si sente minacciato o non sostenuto. I soggetti che al MCMI-III ottengono un profilo simile tendono a temere di essere imbrogliati o ingannati dagli altri. Pazienti di questo genere sono, inoltre, spesso irritabili, caustici e facilmente preda della rabbia, cioè persone “permalose” che pongono chiari problemi nelle situazioni sociali. Questi soggetti esprimono il timore di perdere la loro autonomia e sono molto restii di fronte ai tentativi altrui di controllare la loro vita in un qualunque modo. Sebbene il loro pensiero possa essere internamente coerente, si basa spesso su premesse che agli altri appaiono improbabili. Al di là degli elementi di sfiducia e di aggressività della personalità che sono più visibili, si intuisce una visione di se stesso sovradimensionata, il considerarsi una persona superiore o “speciale”. È probabile che sia presente una tendenza a esagerare le proprie capacità e i propri attributi positivi e a costruire argomentazioni per sottolineare il proprio valore e disprezzare gli altri. Questa tendenza è probabilmente esteriorizzata da un atteggiamento di convinzione e di autorassicurazione. Parte del senso di superiorità mostrato deriva dalla tendenza del paziente a considerare sempre l’ambiente circostante come competitivo. Soggetti simili pensano di doversi difendere per poter funziona-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 6-3 Profilo del caso di “Bob S.”

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6. Interpretazione

re. Si considerano positivi, energici, autosufficienti, forti e realistici. Sono convinti di dover essere “duri” per potercela fare nella corsa al successo. Tali soggetti di solito giustificano la propria aggressività denunciando il comportamento ostile e sfruttatore degli altri. Si mostrano sprezzanti verso le persone compassionevoli e affettuose, considerandole deboli e possibili vittime di soprusi. L’atteggiamento competitivo è conforme alla sfiducia e ai sentimenti di superiorità, specie quando il paziente si trova in una situazione in cui ha la possibilità di “vincere”. Tipico dei soggetti con questa personalità è mostrare insensibilità di fronte ai desideri e alle preoccupazioni degli altri.

Se si prosegue nell’interpretazione del profilo del MCMI-III, vediamo che nessuna delle scale di sindromi cliniche o di sindromi cliniche gravi risulta elevata. Di solito questo risultato sarebbe indice dell’assenza di un’ulteriore patologia nelle sindromi cliniche dell’Asse I del DSM-IV. A causa del picco alla scala Desiderabilità, tuttavia, è possibile che alcuni dei punteggi alle scale subcliniche indichino l’esistenza di un’area problematica. Il punteggio BR alla scala Disturbo Delirante è probabilmente la conseguenza dell’atteggiamento paranoide di Bob (sulla difensiva) e può non aggiungere nuove informazioni; questa ipotesi è sostenuta dall’assenza di pensiero delirante nell’anamnesi del soggetto. Il picco subclinico alla scala Dipendenza da Alcol può, tuttavia, fornire maggiori informazioni. Un attento esame delle risposte di Bob mostra che, come previsto, egli nega di avere un problema di dipendenza da alcol, ma il fatto che abbia un picco subclinico a questa scala e che abbia subito in passato due arresti per guida in stato di ebbrezza suggerisce che in realtà ci siano dei problemi in questa area. Il picco subclinico alla scala Disturbo Post-Traumatico da Stress può indicare che si sono verificati, in passato, abusi o traumi. Ciò andrebbe ulteriormente verificato. La relazione potrebbe trattare questi argomenti nel modo seguente: Il paziente non si considera afflitto da problemi legati all’alcolismo. Tuttavia il picco subclinico alla scala Dipendenza da Alcol solleva il dubbio che rifiuti semplicemente di ammettere l’abuso. Andrebbe ulteriormente verificata la possibilità che ci siano stati, in passato, abusi o traumi.

Di solito si ricorre ai risultati dei test per formulare indicazioni per il trattamento. Nel caso di Bob le raccomandazioni per il trattamento dovrebbero essere espresse come segue: È stato riferito che l’efficienza lavorativa del paziente è ridotta. Data la sua personalità, ci si può aspettare che reagisca con scarsa sopportazione a ulteriori conflitti o a tentativi di controllo da parte di altri. Sarebbe opportuno rimuoverlo dalle situazioni di conflitto o fare tentativi per eliminare i conflitti attuali. Il soggetto trarrebbe beneficio anche da una psicoterapia a lungo termine. Tuttavia, data la patologia del suo carattere, sembra difficile che possa instaurare una buona alleanza terapeutica o che percepisca la necessità di un cambiamento. Il terapeuta, all’inizio, dovrà fornire molto sostegno. Sulla base della sua struttura di personalità, ci si deve aspettare che il paziente si senta più a suo agio in situazioni nelle quali si sente considerato, ammirato o, per lo meno, rispettato. Soggetti del genere spesso hanno bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione. Se nella terapia si fa uso della confrontazione, dovrà essere esercitata con molto tatto per non ferire il suo narcisismo, oltre al grado di sopportabilità del soggetto. Ulteriori difficoltà nel caso di una confrontazione potrebbero insorgere dal fatto che il soggetto potrebbe interpretarla come parte di un rapporto competitivo e, quindi, lottare contro quanto gli viene detto invece che accettarlo come un utile feedback. D’altro canto, il terapeuta non dovrebbe esagerare nel sostenere il narcisismo del paziente, altrimenti non c’è feedback negativo e non si agevola la crescita del paziente. È importante trovare il modo di aiutare il soggetto ad accettare la propria fallibilità e a lavorare sui propri problemi senza sentirsi non rispettato o umiliato. Una volta stabilita l’alleanza terapeutica, si potranno mettere in atto tentativi per far comprendere al paziente le esperienze che hanno contribuito a creare i suoi problemi di personalità. Come parte di questo piano di trattamento, il terapeuta dovrà ricercare la possibile presenza di abuso o di traumi subiti nel passato. Lo scopo è quello di aiutare il soggetto a divenire meno diffidente e rabbioso e a capire quanto il suo comportamento possa danneggiare gli altri.

6.7.2. Altri esempi clinici Qui di seguito riportiamo altri esempi clinici che illustrano il processo interpretativo. Caso 1: Fred W., 52 anni, coniugato, tre figli. Fred, un bianco ben vestito, ingegnere impiegato in una società aerospaziale, era stato ammesso come paziente volontario in un ospedale urbano molto noto per

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

il trattamento dell’alcolismo. Appariva ansioso e depresso, ed esprimeva costernazione per la propria persistente incapacità a controllare la compulsione a bere. Si mostrava coerente, di intelligenza moderatamente alta e fortemente motivato a superare il proprio problema di alcolismo. I fondi per pagare la sua permanenza come paziente esterno erano stati trovati mediante il Programma di assistenza degli impiegati (Employee Assistance Program – EAP) dal suo datore di lavoro. Con l’eccezione dei suoi ricorrenti problemi di alcolismo, Fred risultava essere un lavoratore responsabile ed efficiente, nonché un buon padre di famiglia. Era religioso e coinvolto in numerose attività della comunità. Durante la prima settimana della sua permanenza nell’unità di cura dell’alcolismo gli furono somministrati numerosi strumenti di valutazione. I punteggi di Fred al MCMI-III hanno prodotto i seguenti codici: Codice di personalità: 7**3*1+8A”46A2//–**–*// Codice della sindrome: B**D*//–**–*// Il punteggio BR più alto della sindrome clinica si era riscontrato alla scala Dipendenza da Alcol e il secondo punteggio più alto si riscontrava alla scala Distimia; entrambi questi dati corrispondevano all’osservazione clinica. La configurazione 7,3 (compulsivo e dipendente) alle scale di base della personalità suggeriva, inoltre, che il comportamento di Fred era legato a un ansioso conformismo alle aspettative degli altri, in particolare a quelle di chi era investito di autorità. Risultava notevole anche la compulsività, il timore di perdere il controllo, una propensione a incolparsi, una tendenza alla serietà, una preoccupazione di commettere errori e una preferenza per attività ripetitive, routinarie e familiari. L’ulteriore ipotesi che Fred avesse una tensione persistente e disturbi somatici funzionali si è dimostrata corretta. È stata riscontrata un’alta corrispondenza fra queste interpretazioni del MCMI-III e i fatti che sono emersi durante le tre settimane di permanenza del soggetto nell’unità di cura. Caso 2: Larry L., 50 anni, celibe. Larry era un nero, veterano del Vietnam, che era disoccupato da quando era stato congedato per problemi psichiatrici dopo un lungo periodo di servizio militare durante la guerra del Vietnam. Sebbene la sua intelligenza fosse al di sopra della media, Larry aveva abbandonato la scuola superiore. Dopo aver lasciato gli studi, Larry aveva vissuto con la madre e numerosi fratelli più giovani, impiegandosi in svariati lavori non specializzati. A un certo punto era entrato nell’esercito. Il foglio di dimissione riportava la diagnosi di schizofrenia di tipo catatonico. Dopo un ricovero in ospedale durante il servizio militare, Larry era stato ammesso in un ospedale locale che aveva continuato a frequentare per 25 anni come paziente esterno. Riconosciuto come schizofrenico cronico di tipo indifferenziato, Larry era rimasto a casa: guardava la televisione quasi tutto il giorno, qualche volta visitava dei parenti, e andava alla Clinica di Igiene Mentale per ricevere il trattamento medico e per partecipare a sedute periodiche di psicoterapia di sostegno di gruppo. Il codice del MCMI-III di Larry era il seguente: Codice di personalità: 32A2B**–*8A1+7”45//S**C*// Codice della sindrome: DA**–*//–**SS*// Un’interpretazione alla cieca di questo profilo aveva fatto ipotizzare le seguenti caratteristiche. Il paziente è docile, si sente inadeguato, si mantiene in disparte e non è competitivo. Tende a essere abbattuto e teso, si mostra indifeso e assume un ruolo passivo nei rapporti interpersonali. Appare privo dei mezzi per condurre un’esistenza autonoma ed è vulnerabile specialmente di fronte all’abbandono. Si ritira da un coinvolgimento personale, si rivolge contro se stesso ed è apertamente critico e punitivo verso di sé per la propria inadeguatezza e i propri fallimenti. Il soggetto, che nega di avere aspirazioni e ha sperimentato continue critiche e fallimenti, spesso soccombe all’apatia depressiva e all’esaurimento. La vita, per lui, è vuota e inaridita; riferisce una costante sensazione di stanchezza e di inutilità.

La corrispondenza tra questi giudizi formulati alla cieca e le valutazioni cliniche appare piuttosto soddisfacente. Caso 3: Barbara R., 42 anni, divorziata, due figli. Barbara, una donna bianca divorziata da sei anni, era stata inviata dal suo medico a un centro di igiene mentale della comunità per una depressione che per-

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6. Interpretazione

sisteva malgrado il trattamento farmacologico. Il suo medico le aveva prescritto un insieme di farmaci antidepressivi che però non avevano avuto effetti rilevanti. Il marito di Barbara l’aveva lasciata alcuni mesi prima del divorzio, adducendo come motivazione il fatto di non poter più tollerare la sua continua tristezza. Il divorzio era stato lungo e travagliato; poco dopo la sua conclusione (uno o due anni dopo) Barbara era caduta in una grave depressione clinica. Il suo medico la descriveva come una donna tesa, agitata, con un’anamnesi di disturbi nervosi, di emotività imprevedibile e di numerose difficoltà nei rapporti sociali e familiari. Il profilo del MCMI-III di Barbara è riassunto nel seguente codice: Codice di personalità: 8A**4*6A2B+32A7”15//–**–*// Codice della sindrome: DA**H*//–**–*// Un’analisi cieca del profilo aveva condotto alle seguenti conclusioni sul suo comportamento: Il comportamento del soggetto è caratterizzato da un alto grado di labilità emotiva, da brevi periodi di attività impulsiva, da estese lamentele di tipo depressivo, da tristezza e malumore. Altrettanto rilevante è l’ipersensibilità irritata alle critiche e una bassa tolleranza alla frustrazione. L’umore del soggetto tende a essere fragile e variabile, con periodi di forte eccitamento alternati a letargia, affaticamento, ipersonnia, iperfagia e possibili eccessi nel bere. Se la donna è privata dell’attenzione esterna, per lei fondamentale, si mette alla ricerca frenetica dell’approvazione altrui e si mostra facilmente ferita e litigiosa o abbattuta e trascurata.

Fatte alcune eccezioni non particolarmente rilevanti, la relazione interpretativa corrispondeva in modo molto aderente alle osservazioni cliniche e a questa interpretazione.

6.8. Integrazione dei dati di sviluppo Le informazioni ottenute con il MCMI-III possono essere usate per ottenere un quadro vivido della personalità e della psicopatologia di un soggetto. Quadri del genere, tuttavia, si hanno, per loro stessa natura, grazie a informazioni incrociate. I dati biografici e le considerazioni dello sviluppo sono troppo numerosi per essere integrati nella struttura dello strumento. Il clinico dovrà ottenere queste informazioni mediante un colloquio clinico e altri informatori collaterali. Fortunatamente esistono molti modelli focalizzati sui rapporti tra i disturbi di personalità e le sindromi cliniche dell’Asse I. Uno è stato già descritto ed è quello in cui la personalità è considerata come l’equivalente psicologico del sistema immunitario. Hirschfeld e Shea (1992) si riferiscono a esso come al modello della predisposizione o della vulnerabilità. Gli Autori descrivono, inoltre, il modello della complicazione, il modello dello spettro e il modello patoplastico (cfr. fig. 6-4). Secondo il modello della vulnerabilità, i disturbi della personalità predispongono lo sviluppo di un disturbo dell’Asse I. Quando le risposte per affrontare gli agenti stressanti sono limitate o impoverite, aumentano notevolmente le probabilità di sviluppare un disturbo dell’Asse I, come l’ansia o la depressione. Stili di risposte abituali, inoltre, portano spesso il paziente con disturbi di personalità a evocare agenti stressanti molto forti in base ai quali si svilupperanno successivamente i disturbi dell’Asse I. Ad esempio, nei rapporti interpersonali questi soggetti si fanno coinvolgere spesso in circoli viziosi che perpetuano condizioni stressanti e, quindi, indeboliscono in modo cronico i loro “sistemi immunitari”. Nel modello della complicazione la direzione della causalità è invertita, cosicché una condizione dell’Asse I, comunque sia iniziata, predispone a cambiamenti della personalità. Ad esempio, le persone che sperimentano il loro primo episodio schizofrenico a volte hanno abbastanza coscienza da capire la natura del loro disturbo e, quindi, diventano estremamente depresse. Ne deriva un forte pessimismo per il futuro che può evolvere verso un tratto di personalità. I pazienti che sperimentano una grave e prolungata depressione possono interiorizzare il pessimismo e la mancanza di speranza. In contrasto con questi due modelli, che concepiscono le condizioni dell’Asse I e dell’Asse II come relativamente distinte, il modello dello spettro considera i disturbi di questi assi come se si sviluppassero dallo stesso terreno costituzionale e, pertanto, esistono come un continuum. Tratti subclinici con basi biologiche si strutturano prima dello sviluppo di caratteristiche più adattive, divenendo così, in effetti, il principio organizzativo dell’intera personalità.

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Figura 6-4 Possibili rapporti tra i disturbi dell’Asse II e dell’Asse I

T E M P O

ATTACCO

Modello della vulnerabilità: Agenti stressanti psicosociali penetrano le difese della personalità a diversi livelli di profondità. Quando il soggetto non ha a disposizione risposte per far fronte al problema, si sviluppa un disturbo dell’Asse I

Normalità

Modello della complicazione: Un disturbo in Asse I che perdura produce cambiamenti di personalità

Tratti subclinici

Modello patoplastico: Sebbene la personalità non sia coinvolta nello sviluppo del disturbo dell’Asse I, una volta che quest’ultimo esiste, la personalità ne influenza il corso

Patologia dell’Asse I

Modello dello spettro: La personalità normale, i tratti subclinici e la sindrome dell’Asse I sono disposti lungo un continuum

Al contrario, il modello patoplastico sostiene che la personalità, pur influenzando il corso di un disturbo dell’Asse I, di per se stessa non predispone il soggetto verso lo sviluppo del disturbo stesso. Di conseguenza, se condizioni particolari dell’Asse I sono connesse con la personalità, ciò avviene soltanto perché il corso del disturbo tende a essere influenzato da specifiche caratteristiche della personalità. Nell’ambito di questo modello l’insorgere di un disturbo dell’Asse I è considerato come indipendente dallo stile della personalità. Tutti questi modelli possono essere accettabili e validi per soggetti diversi: non si escludono a vicenda. In effetti la parziale indipendenza delle condizioni dell’Asse I e dell’Asse II fa ritenere che tutti i modelli possano essere applicabili, in qualche grado, a un dato soggetto. Un soggetto con un disturbo dell’Asse II, ad esempio, può essere predisposto a sviluppare una particolare condizione dell’Asse I. La maggior parte delle persone sperimenta delle reazioni o delle emozioni in relazione ai propri sintomi e la consapevolezza che nasce da questa esperienza fa sì che le loro caratteristiche di personalità si influenzino reciprocamente. Non potrà verificarsi, tuttavia, alcuna condizione dell’Asse I o dell’Asse II se non per fattori costituzionali o genetici. Ancora una volta dobbiamo ricordare che il clinico, prima di sostenere delle precise ipotesi, dovrà raccogliere e considerare ogni informazione possibile.

6.9. Uso delle risposte rilevanti L’insieme degli item del MCMI-III contiene item che sono indicati come “risposte rilevanti” se la risposta data è “Vero” (cfr. Appendice D). Questi item hanno lo scopo di avvisare il clinico sulla presen-

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6. Interpretazione

za di informazioni così rilevanti da meritare una considerazione interpretativa o, qualora sia il caso, un immediato intervento clinico (ognuno di questi item segnati “Vero” è indicato nel report interpretativo automatizzato). Ad esempio, l’item 132 recita: “Odio pensare ad alcuni modi in cui ho subito abusi quando ero bambino”. L’item 171 recita: “Recentemente ho pensato seriamente di farla finita”. A seconda del contesto clinico una risposta “Vero” a questi item può richiedere che il clinico indaghi con il paziente il significato della risposta, magari per determinare se sia o meno a rischio in modo concreto. Le risposte rilevanti sono raggruppate in sei aree di contesto: preoccupazioni riferite allo stato di salute, alienazione nei rapporti interpersonali, discontrollo emotivo, potenziale autodistruttivo, abuso infantile e disturbi dell’alimentazione.

135

7.

Report interpretativi automatizzati

Imparare a interpretare uno strumento multiassiale attraverso i diversi livelli che lo compongono – item, scale e configurazione del profilo – è un compito molto lungo e complesso. Sono, inoltre, enormemente vasti l’archivio di casistiche, i trattati e i manuali disponibili. Il numero di articoli relativi al MCMI è in costante aumento (Choca et al., 1992; Choca e Van Denburg, 1997; Maruish, 1992; McCann e Dyer, 1996; Millon, 1969/1983, 1981, 1990; Millon e Davis, 1996; Retzlaff, 1995). Di conseguenza il sistema interpretativo computerizzato, su base attuariale e basato sulla teoria, contribuisce in modo significativo ad aumentare l’affidabilità dei clinici nel valutare, nel formulare diagnosi e nel prescrivere le terapie. Si ha così il vantaggio di una relazione preparata sulla base di una teoria clinica esaustiva e di uno stretto coordinamento con il DSM-IV.

7.1. Vantaggi dei report automatizzati Le decisioni cliniche che si basano soltanto su considerazioni deduttive, trascurando completamente i dati derivati dalle statistiche e sostenuti in modo empirico, sono soggette a possibili errori interpretativi di proporzioni tutt’altro che modeste (Meehl, 1954). Un sistema attuariale – specialmente se sorretto da una teoria clinica sistematica – dovrebbe fornire relazioni valide almeno quanto quelle redatte da clinici esperti e competenti. La banca dati di un computer costituisce, inoltre, una fonte di informazioni molto più consistente, per ampiezza e varietà, di quanto non sia quella disponibile a un clinico qualunque. Chi formula la diagnosi deve ricorrere a ipotesi piuttosto vaghe quando si trova di fronte a nuove configurazioni di profili; al contrario, il programma del computer è ampiamente fornito di casi per il confronto a cui attingere per un riferimento interpretativo. Sebbene un clinico esperto possieda abilità di giudizio nettamente superiori a quelle di un computer, quest’ultimo è in grado di immagazzinare e di recuperare rapidamente una notevole quantità di dati configurativi e i loro correlati empirici. In pochi secondi il computer può confrontare un profilo con configurazioni comparabili e produrre un rapporto descrittivo adeguato. Da un punto di vista puramente pratico i report automatizzati costituiscono un significativo risparmio di tempo e di lavoro. Molte cliniche, ospedali e ambulatori sono carenti di personale specializzato in grado di formulare diagnosi, per cui qualunque sistema che riduca il tempo per formularle è importante in quanto consente ai professionisti di dedicarsi ad altre attività. L’ausilio del computer è un risparmio di tempo notevole, se si considerano le ore necessarie per interpretare, preparare e scrivere una relazione clinica interpretativa completa.

7.2. Limitazioni dei report interpretativi Sebbene i metodi automatici di valutazione consentano di superare alcuni limiti propri dell’interpretazione umana, presentano alcuni problemi intrinseci fra cui, prima di tutti, l’assenza di dati empiricamente fondati grazie ai quali convalidare le interpretazioni configurative formulate (Butcher, Keller e Bacon, 1985; Fowler e Butcher, 1986; Matarazzo, 1986; Mitchell, 1986; Moreland, 1985; Skinner e Pakula, 1986). È possibile ottenere questi dati, ma la loro raccolta è resa difficile da due ostacoli princi-

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MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

pali. Primo, è virtualmente impossibile formare gruppi-criterio le cui basi possano essere giudicate sicuramente superiori rispetto alla prova stessa (Meehl, 1959). In altre parole la formazione di un gruppo di criteri di ordine superiore presuppone implicitamente l’uso di alcuni strumenti grazie ai quali valutare i giudizi del profilo del gruppo, cioè un insieme di strumenti che a loro volta dovranno essere convalidati e così via. Secondo, per convalidare ogni configurazione di profilo bisogna che sia disponibile un numero molto ampio di soggetti, ma, se il numero di soggetti necessario per ogni tipo di codice è moltiplicato per il numero delle potenziali configurazioni, il campione totale richiesto diviene molto più ampio di quello usato per la standardizzazione del test. Il secondo problema piuttosto importante dei report automatizzati è lo stereotipo interpretativo. La logica in base a cui il computer prepara la sua relazione porta a un prodotto non sufficientemente individualizzato o “calibrato”. Si può cercare di dotare il programma di una varietà di opzioni narrative, ma queste inevitabilmente non riusciranno a descrivere le diversità delle caratteristiche tra i vari pazienti. Esistono, infatti, limiti al potere dello strumento di distinguere in modo empirico le sottili differenze tra i pazienti. Inoltre, poiché il programma del computer non è in grado di considerare i base rate locali, variabili importanti o informazioni storiche, è necessario porre dei limiti alla sua portata speculativa. In ogni caso la teoria sulla quale si basa il MCMI-III fornisce una relazione automatica con un margine di ipotesi che supera quello che sarebbe disponibile se lo strumento fosse stato creato solo mediante mezzi puramente esterni di selezione degli item. Un terzo problema è il tono tipicamente negativo della maggior parte dei report automatizzati. Al fine di mantenere il criterio di brevità, il report descrive soltanto gli aspetti più problematici della personalità del paziente, concentrandosi prevalentemente sulla sintomatologia e sul grado di deterioramento. Sebbene l’attenzione del professionista sia focalizzata sul cattivo funzionamento adattativo, bisognerà prendere in considerazione anche i punti di forza e le potenzialità del soggetto che vengono ignorate nella maggioranza delle relazioni. Il computer è cieco rispetto ad alcune importanti variabili, ma si è mantenuto un approccio conservativo circoscrivendo le affermazioni finalizzate all’interpretazione a quelle scale che hanno un base rate maggiore di 75: per la loro formulazione si ricorre a una fraseologia che si applica a una popolazione molto varia di pazienti. Alcuni critici potrebbero contestare il valore dei report automatizzati, perché forniscono informazioni riguardo al paziente che possono in ogni modo essere ricavati dal clinico nel corso della terapia. La funzione del report automatizzato, tuttavia, non è quella di pervenire a conclusioni che non potrebbero mai essere fornite da un clinico, ma è quella di fornire informazioni in modo rapido ed efficiente prima dell’inizio della terapia, piuttosto che durante il suo svolgimento, mettendo così in allerta il clinico circa possibili situazioni e problemi significativi che potrebbero insorgere in seguito. Si dovrebbero considerare le affermazioni contenute nel report automatizzato come un insieme di ipotesi da verificare ricorrendo ad altre fonti di informazione e non da accettare acriticamente. I dati ottenuti da altri strumenti, le osservazioni dello stesso clinico, le informazioni ricavate dal paziente e dalle interviste di persone vicine al paziente, nonché la raccolta dei dati biopsicosociali del soggetto costituiscono tutte importanti fonti di informazione che devono guidare i risultati clinici. Più queste fonti confermano i risultati del MCMI-III, maggiore sarà la fiducia che il clinico potrà avere nella loro validità. Ovviamente, in una relazione alcune informazioni saranno più valide di altre. Qualora si riscontrino notevoli discrepanze, il clinico dovrebbe cercare di ottenere ulteriori notizie; quando ciò non sia possibile, il professionista dovrà basarsi sulle proprie capacità cliniche per formulare le sue conclusioni circa il soggetto.

7.3. Origine dei report interpretativi I sistemi di interpretazione automatizzata si basano sul presupposto che esista un rapporto empiricamente dimostrato fra i punteggi o i pattern del test (“predittori” di input) e i sintomi clinici o i tratti di personalità ricavati dall’osservazione e non dal test (“descrittori” dell’output). Esistono molti modi per formulare i “predittori” di input del test e i “descrittori” dell’output del comportamento clinico. È anche necessario prendere decisioni circa quali “predittori” e quali “descrittori” mettere in relazione. Le scelte su questi aspetti hanno spesso un’influenza significativa sulla validità e sull’uso di un programma interpretativo. Tutti i sistemi meccanici sono organizzati secondo una serie di regole che assegnano automaticamente dichiarazioni interpretative specifiche (descrittori) a particolari picchi del punteggio o a configurazioni del profilo (predittori). La discussione che segue descrive brevemente il sistema che è stato creato per il report automatizzato interpretativo del MCMI.

138

7. Report interpretativi automatizzati

7.3.1. Selezione dei profili dei “predittori” L’idea di costruire sistemi automatizzati è nata agli inizi degli anni Sessanta con il MMPI, quando i clinici hanno rilevato che in particolari popolazioni si presentavano con notevole frequenza determinati profili che erano regolarmente collegati con tratti e sindromi identificabili e significativi. Per il MCMI i criteri guida sono stati tuttavia forniti, fin dall’inizio, da una teoria clinica che postulava l’esistenza di otto schemi di personalità prototipici (Millon, 1969/1983). La scelta degli schemi di profilo è stata a sua volta determinata dagli ampliamenti della teoria di base del MCMI (Millon, 1981, 1986a, 1986b, 1990) e dal perfezionamento introdotto dal modello multiassiale del DSM. A mano a mano che la ricerca progrediva con lo sviluppo del MCMI-II e del MCMI-III, si sono esaminati i dati dei giudizi clinici al fine di identificare quali profili del test costituissero delle varianti significative per quei prototipi di base. Si sono scelti come unità predittive di base i profili empirici che avevano un significato in base alla teoria e si dimostravano coerenti con le formulazioni espresse nel DSM-III, DSM-III-R e DSM-IV. 7.3.2. Sviluppo delle affermazioni che descrivono il comportamento I database di MCMI, MCMI-II e MCMI-III sono composti di valutazioni cliniche quantitative dei paragrafi descrittivi e delle frasi che caratterizzano ciascuna scala del test. Tra queste valutazioni, le combinazioni più frequenti e più logiche dal punto di vista clinico sono state selezionate per costituire i principali descrittori dell’output. Queste combinazioni di descrizione del profilo sono state “sintetizzate” e arricchite dall’applicazione di deduzioni comportamentali basate sulla teoria (Millon, 1969/1983, 1981, 1986a, 1986b, 1990). 7.3.3. Relazioni tra predizione e descrizione del comportamento Il temine automatizzato indica semplicemente che viene impiegato un programma di computer come mezzo meccanico per selezionare le affermazioni che descrivono quali comportamenti si associno ai profili dei “predittori”. Sono stati realizzati numerosi programmi di questo tipo mentre altri non lo sono, cioè mancano di un sistema computerizzato in grado di produrre report stampati di predizione e di descrizione. Sebbene il fondamento del sistema del MCMI sia in parte attuariale, poiché si basa sui risultati di ricerche considerate tutte insieme, è anche connesso, e in modo significativo, alle ipotesi di una teoria clinica sistematica. Quando esistono dati sostanziali e chiari, il sistema di relazioni predizione-descrizione viene in buona parte determinato dalla scelta delle valutazioni di resoconti descrittivi e diagnostici con le stime più alte di probabilità. Quando i dati sono insufficienti e non coprono il vasto ambito dei possibili profili di “predizione”, la teoria fornisce una cornice deduttiva di ipotesi cliniche con le quali si possono colmare questi aspetti deficitari. Grazie alla capacità della teoria di ovviare a questi deficit è quindi possibile interpretare il 100% di tutti i possibili profili del MCMI-III. Per queste ragioni è più corretto considerare il programma del MCMI-III come un sistema misto, sia empirico sia teorico. Il sistema di “predizione e descrizione” del MCMI-III affronta i profili delle 24 scale suddividendoli in molteplici sezioni principali. Per prima cosa, per selezionare un certo numero di paragrafi descrittivi si utilizzano varie combinazioni delle 11 scale di pattern di personalità clinica. Per elaborare i paragrafi iniziali della personalità clinica si aggiunge, quindi, una configurazione tratta dalle scale di grave patologia della personalità. Successivamente ciascuna scala delle sindromi cliniche (Asse I) è trattata come un indice separato per produrre descrittori caratteristici. Dopo che si sono valutate queste scale individuali, si considera il rapporto tra le scale delle sindromi cliniche e la configurazione della personalità, in modo che la presenza della stessa sindrome clinica produca un diverso report interpretativo a seconda della configurazione della scala di personalità del paziente. Questa traccia iniziale è ulteriormente analizzata e articolata in una sintesi finale descrittiva multiassiale. Il MCMI-III è adatto a tutti i pazienti che necessitano di valutazione e di psicoterapia che abbiano forze e lucidità sufficienti da completare il test. I punteggi dello strumento e i resoconti interpretativi, tuttavia, sono stati pensati per discriminare quanto più possibile tra i pazienti che lamentano un’ampia gamma di disturbi psicologici. A causa della grande diversità di pazienti cui viene somministrato il test (da coloro che presentano disturbi di adattamento transitori a quelli che sono affetti da psicopatologia grave e cronica), i punteggi e i resoconti del MCMI-III possono, alcune volte, sopravvalutare il livello di deficit dei primi e sottovalutare quello dei secondi.

139

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

7.4. Ricerca valutativa dei report interpretativi del MCMI Nei decenni passati sono stati creati numerosi programmi per computer finalizzati all’interpretazione dei punteggi delle scale e gli schemi configurativi ricavati da test di personalità e di autovalutazione clinica. Nella letteratura (Butcher et al., 1985; Fowler e Butcher, 1986; Matarazzo, 1986; Mitchell, 1986; Moreland, 1985; Skinner e Pakula, 1986; Tallent, 1987) si rilevano varie preoccupazioni rispetto alle basi empiriche e alla validità clinica di questi programmi. Questo paragrafo presenta una breve rassegna degli studi che hanno confermato l’adeguatezza e la validità delle relazioni interpretative originali del MCMI formulate con il computer. Le relazioni ottenute attualmente sono state perfezionate sulla base dell’evoluzione teorica e della ricerca empirica più recente e rappresentano un netto miglioramento rispetto a quelle formulate all’epoca del MCMI originale. Sono state condotte tre indagini separate su coloro che utilizzano il MCMI per valutare l’accuratezza diagnostica e l’utilità clinica delle relazioni interpretative. Green (1982) ha riferito una ricerca condotta con 23 esperti di igiene mentale che hanno paragonato le relazioni interpretative del MCMI e del MMPI di 100 loro pazienti. Il confronto si basava sull’adeguatezza dell’informazione fornita, sull’accuratezza descrittiva e sull’utilità del formato della relazione. I risultati di questa Autrice hanno indicato che le relazioni del MCMI erano considerate più valide, utili e accurate di quelle del MMPI per la valutazione dei rapporti interpersonali, dei tratti di personalità e delle modalità di coping. Usando un disegno di ricerca simile, Jolosky (1985) ha confrontato i punteggi del MCMI, del MBHI e del Millon Adolescent Personality Inventory (MAPI; Millon, Green e Meagher, 1982a) di 92 soggetti. L’Autore ha riferito che tutti e tre i test erano giudicati utili per la diagnosi e il trattamento. “Il MCMI ha, tuttavia, ottenuto un punteggio notevolmente più alto per tutti i parametri, forse perché questo strumento è disponibile da più tempo” (p. 2). Siddall (1986) ha condotto un’indagine che si proponeva di descrivere l’utilità clinica delle relazioni interpretative del MCMI per la diagnosi e la pianificazione del trattamento in soggetti con abuso di sostanze. Sono state esaminate le valutazioni formulate da dieci clinici su 660 loro pazienti degli ultimi due anni. Sono state usate le stesse domande e le stesse opzioni di punteggio impiegate da Green (1982) e da Jolosky (1985). I risultati delle tre indagini relative all’adeguatezza delle informazioni delle relazioni del MCMI possono essere consultati nella tabella 7-1. Hanno ottenuto un alto punteggio Conferma della conoscenza, Aggiunta di informazioni rilevanti e Classificazione del caso. Erano del tutto assenti (o presenti in quantità minime) in un’alta percentuale delle relazioni Esclusione di informazioni importanti, Inclusione di informazioni irrilevanti e Inclusione di informazioni fuorvianti. In tabella 7-2 sono presentati i risultati delle valutazioni dell’accuratezza descrittiva del report interpretativo del MCMI. Riunendo le categorie di valutazione “eccellente” e “buono”, il MCMI è stato giudicato notevolmente accurato per tutte le dimensioni descrittive, a eccezione fatta per Processi del pensiero e Gravità del disturbo. Nella categoria di valutazione “eccellente”, la valutazione più alta è stata ottenuta da Tratti di personalità e comportamento, Atteggiamenti e rapporti interpersonali e Tono affettivo e umore. Nelle ricerche più recenti (Siddall, 1986) i giudizi clinici per le categorie Immagine di sé, Sintomi primari e lamentele e Processi del pensiero sono notevolmente migliori di come erano prima che venissero introdotte le modifiche per affinare il report interpretativo. I risultati della valutazione del format e dell’utilità del MCMI sono riportati nella tabella 7-3. Nelle prime tre dimensioni si sono ottenute valutazioni alte. Le categorie di risposta “eccellente” e “buono” per Coerenza interna, Organizzazione e Comprensibilità e chiarezza sono risultate particolarmente alte. Circa i tre quarti dei soggetti che hanno partecipato alle indagini hanno ottenuto al MCMI una valutazione di Collaborazione nel trattamento. Le valutazioni del tipo descritto nei precedenti paragrafi potrebbero essere contestate in quanto spesso mancano gruppi di confronto o perché riflettono semplicemente quello che è noto come effetto Barnum. Green (1982), tuttavia, ha usato due gruppi di confronto, composti di report interpretativi di sistemi ben affermati di programmi MMPI computerizzati. I dati avevano mostrato chiaramente valutazioni più alte al MCMI, specialmente per i tratti di personalità e i rapporti interpersonali. Sebbene l’effetto Barnum (la pronta accettazione di alto BR, ma un insignificante feedback di personalità) sia stato studiato di solito tra studenti o pazienti non istruiti, è possibile che simili effetti si verifichino anche fra i clinici. Allo scopo di valutare se i giudizi espressi dai clinici circa l’accuratezza delle relazioni prodotte dal computer fossero imputabili all’effetto Barnum, sono stati condotti due studi (Moreland e Onstad, 1987; Sandberg, 1987), usando valutazioni simulate di pazienti in analoghe situazioni cliniche.

140

7. Report interpretativi automatizzati

Tabella 7-1 Valutazioni dei report interpretativi del MCMI: adeguatezza delle informazioni

Adeguatezza delle informazioni 1. Conferma della conoscenza Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 2. Aggiunta di informazioni rilevanti Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 3. Classificazione del caso Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 4. Esclusione di informazioni importanti Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 5. Inclusione di informazioni irrilevanti Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 6. Inclusione di informazioni fuorvianti Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1985)

N

Sostanziale %

Moderata %

Minima %

Nessuna %

660 80 100

76 64 41

24 33 38

0 3 15

0 0 6

660 80 100

64 53 30

27 41 34

9 6 23

0 0 13

660 80 100

30 55 39

68 40 21

2 4 27

0 1 13

660 77 100

0 10 12

7 17 12

76 68 49

17 5 27

660 78 100

0 4 9

1 13 10

61 67 44

38 17 37

660 71 100

0 4 7

8 21 10

39 63 39

53 11 44

Modificato da: Siddal (1986). Copyright 1986 della NCS Pearson, Inc.

Tabella 7-2 Valutazioni dei report interpretativi del MCMI: accuratezza descrittiva Accuratezza descrittiva 1. Atteggiamenti e rapporti interpersonali Siddall (1986) Green (1982) 2. Tono affettivo e umore Siddall (1986) Green (1982) 3. Tratti di personalità e comportamento Siddall (1986 Green (1982) 4. Immagine di sé Siddall (1986) Green (1982) 5. Sintomi primari e lamentele Siddall (1986) Green (1982) 6. Stile di reattività Siddall (1986) Green (1982) 7. Aree di conflitto o di stress Siddall (1986) Green (1982) 8. Processi del pensiero Siddall (1986) Green (1982) 9. Gravità del disturbo Siddall (1986) Green (1982)

N

Eccellente %

Buono %

Adeguato %

Scarso %

660 100

23 61

66 20

11 12

0 7

660 100

26 53

61 26

13 12

0 9

660 100

72 42

17 39

11 13

0 6

660 100

23 19

51 38

26 29

0 14

660 100

34 29

57 36

9 23

0 12

660 100

19 32

68 42

13 20

0 6

660 100

30 23

42 39

28 28

0 10

660 100

8 13

53 17

39 49

0 21

660 100

15 27

15 32

58 29

11 12

Modificato da: Siddal (1986). Copyright 1986 della NCS Pearson, Inc.

141

MCMI-III Millon Clinical Multiaxial Inventory – III

Tabella 7-3 Valutazioni dei report interpretativi del MCMI: format e utilità Format e utilità del report 1. Coerenza interna Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 2. Organizzazione Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 3. Comprensibilità e chiarezza Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982) 4. Collaborazione nel trattamento Siddall (1986) Jolosky (1985) Green (1982)

N

Eccellente %

Buono %

Adeguato %

Scarso %

660 76 100

38 50 43

46 46 39

15 4 9

0 0 9

660 81 100

64 62 65

15 35 23

20 4 10

0 0 2

660 79 100

72 61 41

19 32 37

9 8 18

0 0 4

660 78 100

27 45 27

45 37 48

26 17 13

2 1 12

Modificato da: Siddal (1986). Copyright 1986 della NCS Pearson, Inc.

Nello studio condotto da Sandberg (1987) è stato chiesto a studenti diplomati in psicologia clinica di simulare le risposte di due diversi pazienti con i quali avevano lavorato o che conoscevano bene, e di rispondere a due formati del MCMI nel modo in cui ritenevano che i pazienti in questione avrebbero risposto. Ottenute le relazioni computerizzate dei pazienti simulati, gli studenti furono invitati a valutare l’accuratezza di ciascuna relazione, usando lo stesso questionario impiegato negli studi riferiti precedentemente da Green (l982), Jolosky (l985) e Siddall (1986). Di ciascun gruppo di relazioni rinviate agli studenti una era “errata”, cioè prodotta a caso, mentre l’altra era “corretta”. Gli studenti ritenevano, invece, che entrambe fossero state preparate in modo legittimo e corretto da un clinico professionista o da un computer. Il numero di studenti utilizzati per il giudizio era piccolo (34), tuttavia l’effetto Barnum rilevato è risultato minimo. Riguardo al giudizio sull’adeguatezza dell’informazione dei resoconti (cfr. tab. 7-1), sono state rilevate differenze significative in tutti gli item del resoconto errato e di quello corretto. I resoconti corretti sono stati giudicati superiori a quelli errati nei termini di Classificazione del caso e di Conferma della conoscenza. Nei resoconti errati è stata, inoltre, riscontrata una quantità nettamente superiore di informazioni irrilevanti o fuorvianti. Per quanto riguarda la quantità di informazioni fornite, i resoconti errati sono stati giudicati meno favorevolmente di quelli corretti. Per ciò che concerne l’accuratezza descrittiva dei resoconti, tutte le categorie differivano in modo significativo quanto a interpretazioni errate e corrette, a eccezione di Sintomi primari e lamentele. Differenze chiare nell’accuratezza sono state riscontrate nelle categorie Atteggiamenti e rapporti interpersonali, Tono affettivo e umore, Tratti di personalità e comportamento e Immagine di sé. Queste differenze, sebbene in grado minore, si sono riscontrate anche nelle categorie Stile di reattività, Aree di conflitto o di stress, Processi del pensiero e Gravità del disturbo. In termini di format e di utilità non sono state rilevate differenze per Organizzazione e Comprensibilità e chiarezza. Sono state tuttavia riscontrate differenze significative nelle categorie Coerenza interna e Collaborazione nel trattamento. In uno studio ben controllato eseguito da Moreland e Onstad (1987), otto psicologi clinici con dottorato hanno valutato, in sei situazioni diverse, l’accuratezza di un paio di relazioni interpretative del MCMI prodotte dal computer per ciascuno dei 99 soggetti. Una delle relazioni era prodotta in modo usuale (caso) e l’altra era stata scelta a caso (controllo). Sette sezioni delle relazioni sono state valutate separatamente, e cioè il resoconto dell’Asse II, il resoconto dell’Asse I, le diagnosi dell’Asse I, le diagno-

142

7. Report interpretativi automatizzati

si dell’Asse II, i fattori stressanti dell’Asse IV, la gravità e le implicazioni terapeutiche. I giudici dovevano scegliere tra le etichette valutative “abbastanza accurato”, “piuttosto inaccurato”, “relazione poco chiara”, “non so”. Attribuendo a ogni report un punto per ciascuna delle sette sezioni giudicate come accurate, è stata fatta una valutazione composita dell’accuratezza complessiva delle relazioni. Il risultato è stata una valutazione mediana di accuratezza di 5 (moda = 6) per i report dei casi e una mediana di 2 (moda = 1) per i report di controllo. La differenza fra le valutazioni dei casi e quelle dei controlli era altamente significativa (p