Linguaggio Come Portatore Di Suono e Di Senso [PDF]

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Zitiervorschau

ASSOCIAZIONE SIENA JAZZ - ACCADEMIA NAZIONALE DEL JAZZ CORSI SJU - SIENA JAZZ UNIVERSITY TESI DI LAUREA

DIPLOMA ACCADEMICO

DI

PRIMO LIVELLO IN CANTO JAZZ

LINGUAGGIO COME PORTATORE DI SUONO E DI SENSO Utilizzo delle parole per esigenze sonore o per direzionare il significato tramite la relazione parola-nota-armonia.

Relatore:

Candidato:

M° Marta Raviglia

Chiara Chistè

Correlatore:

Matricola:

M° Claudia Pantalone

FSJU000242

ANNO ACCADEMICO 2021/2022

Indice generale INTRODUZIONE.....................................................................................................1 1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO.................................................3 1.1. Scomposizione della parola...............................................................................................................3 1.2. Lingua straniera - Lingua inventata...............................................................................................8 1.3. Linee sovrapposte...............................................................................................................................11 1.4. Ritmicità della parola........................................................................................................................16 1.5. Intelligibilità.........................................................................................................................................19

2. LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ........................23

2.1. Scat..........................................................................................................................................................24 2.2. Wordless singing improvisation....................................................................................................29

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO.................................................................37

3.1. Excursus storico della retorica in musica..................................................................................37 3.2. Figure......................................................................................................................................................39 3.3. Esempi del legame testo-musica nel jazz...................................................................................41

CONCLUSIONI.......................................................................................................55 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA........................................................................57 DISCOGRAFIA CITATA.......................................................................................59 COMPOSIZIONI PROPOSTE.............................................................................61 RINGRAZIAMENTI..............................................................................................75

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE Questa tesi si pone l’obiettivo di ricercare il senso che la parola assume nel contesto musicale, sia a livello semantico che sonoro. Il testo è articolato in tre capitoli: il primo riguarda la lingua come portatrice di suono, ovvero quando la parola riveste un ruolo influente all’interno del brano grazie al suo involucro sonoro; il secondo è un excursus di alcuni linguaggi vocali

nell’improvvisazione jazz e delle relative sillabe utilizzate; ed infine il terzo prende la

parola dalla direzione del suo significato: la musica e il senso semantico, come essa influenza un brano tramite il messaggio che contiene. Il linguaggio, inteso come fattore che mette in gioco l’uso della parola, inventata o esistente che sia, è l’elemento di congiunzione delle tre parti, dove in ognuno, esso viene considerato in maniera differente in base al significato attribuitogli.

Viste le ampie sfumature che il linguaggio può assumere nei confronti del contesto musicale, nei seguenti paragrafi analizzerò diversi brani che vanno a ricoprire le moltissime sfaccettature in cui la parola può essere parte della musica.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO È di uso comune ritenere che l’utilizzo di un testo in una composizione musicale abbia perlopiù un fine narrativo; la parola è intrisa di un significato ma è anche

formata da sillabe che ne creano un suono, indipendentemente dal senso semantico che essa contiene.

1.1. Scomposizione della parola Gli studi con Stefano Battaglia mi hanno suggerito un approccio particolare allo sfruttamento metalinguistico del testo. Di seguito riporto il suo pensiero riguardo ai vari livelli di scomposizione della parola:1

1. Nel primo livello l’intreccio di parole che costituisce la trama linguistica del testo si distacca. I vocaboli sono quindi separati tra loro e il senso narrativo

del contesto è disgregato. Ciò che resta è il senso semantico delle singole parole liberate dalla sintassi, che agiscono con il loro significato intrinseco portando ad infinite direzioni evocative. 2. Il secondo livello si basa invece sullo sfruttamento sillabico e fonemico; dilatando o dividendo la singola parola si ottiene un annullamento del significato in favore del suono. Rallentandone progressivamente l’esecuzione,

si percepiscono movimenti che altrimenti non sarebbero udibili, suoni che diversamente si sarebbero persi nella velocità stessa della parola.

3. La frammentazione della sillaba porta all’ultimo livello di destrutturazione. Le lettere sono dotate di sfumature uniche, che possono essere cantate in modo

puntillistico, creando un tessuto evocativo e sonoro. In questo modo si possono cogliere le potenzialità ritmico-timbriche delle consonanti e delle vocali, e in quest’ultime anche quelle melodico-armoniche. 1

Intervista a S. BATTAGLIA del 02.07.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

La storia della musica è piena di esempi in cui, tramite l’ausilio di varie tecniche, viene utilizzata la scomposizione della parola. Di seguito ne riporto alcuni.

Pérotin, Viderunt Omnes, ~ 1198 Verso la fine del 1100 i canti monodici del medioevo diedero spazio alla polifonia e alle relative nuove tecniche compositive, un cambiamento molto importante nella relazione tra parola e musica. La creazione di linee indipendenti tra loro rese difatti

necessaria l’aggiunta di una notazione che descrivesse la durata delle note oltre che

la relativa altezza. Vacillò così un elemento che nei secoli precedenti fu di fondamentale importanza: la comprensione del testo. In ambito ecclesiastico e accademico l’intonazione melodica di un testo, sacro o profano, doveva essere

finalizzata ad un’intensificazione del testo scritto e non ad una fruizione libera ed esclusivamente musicale. Tuttavia, con l’avvento della polifonia, il ritmo solitamente

dettato dall’andamento della parola fu gradualmente sostituito da un’esecuzione in cui il verso veniva ritmicamente alterato e dilatato in favore della musica.

Uno dei maggiori esponenti di questo periodo fu Pérotin, compositore francese

appartenente alla Scuola di Notre-Dame a Parigi2. Nel suo Viderunt Omnes si può notare lo sfruttamento sillabico come mezzo di creazione melodica. Realizza infatti

percorsi melismatici smisurati tramite l’appoggio vocalico. Per esempio la sillaba vi viene tenuta per diciannove battute prima di passare alla successiva de, la vocale i diventa strumento di variazione melodica e armonica, assumendo un valore estetico musicale che prescinde dal suo valore letterario.

2

https://it.wikipedia.org/wiki/Pérotin consultato il 21.07.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Figura 1: bat1-20 di Viderunt Omnes, Pérotin.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

R. Murray Schafer, Winter Solstice, 2001 Raymond Murray Schafer è considerato uno dei più importanti compositori canadesi del XX secolo3 ed è noto, tra le altre cose, per i suoi studi sul suono delle parole:

“Si può iniziare dal proprio nome ripetendolo fino a che esso perda i suoi segni di identità, si distacchi dal suo significato verbale ed arrivi ad essere niente altro che suono.”4 In alcune sue composizioni libera il testo dal suo senso letterale e lo adopera su un piano meramente sonoro, riportandolo nella musica in modo evocativo. Un brano esemplificativo di tale concetto è Winter Solstice, in cui combina sia parole di lingue diverse con un significato comune, che derivate da lingue inventate e create

onomatopeicamente per avere specifiche caratteristiche richieste dalla musica. Il canto si sviluppa a partire da un ambiente cupo, in cui i vocaboli che compaiono esprimono il buio, fino ad arrivare ad un paesaggio sonoro chiaro con l’uso di termini che rappresentano la luce.

L’utilizzo della parola Tatqiniqquaq5 è interessante, come si può vedere viene scomposta in 6 modi differenti6: 1. At

2. Tatkin (Tatqin)

3

https://www.gg.ca/en/honours/recipients/146-2106 consultato il 13.07.21

4

R. M. SCHAFER, ...quando le parole suonano: viaggio intorno alla vocalità, Ed. Suvini Zerboni, Milano, 1990, p.5

5 6

E’ una parola del popolo Inuit che si riferisce alla luna nei giorni più corti dell’anno. R. M. SCHAFER, Program Notes, p.104

Videografia: https://www.youtube.com/watch?v=CH772v_uf80 consultato il 31.07.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

3. Kinta (Qin-Ta) 4. Kini – Kua – Ta (Qini – qua - ta) 5. Ta

6. Kua – T (Qua – T)

Schafer trasporta quindi le sillabe senza seguirne l’ordine naturale, ne elimina la rigidità strutturale trattandole unicamente per la loro qualità sonora.

Stefano Battaglia, Elsa Martin, Le lucciole, 2020 Nell’album AL CENTRO DELLE COSE7, Stefano Battaglia (piano) e Elsa Martin (voce), perseguono una rigorosa ricerca tra il linguaggio e il suono avvalendosi delle poesie

di Pierluigi Cappello. Il loro amalgama sonoro volge ad un percorso che va oltre al significato poetico dei testi, un esempio significativo si può trovare nel brano Le

lucciole. Dopo l’esposizione del tema iniziale si viene immersi in una stanza d’improvvisazione in cui la cantante utilizza una parte della poesia prendendo i

verbi senza un ordine prestabilito, attuando una rarefazione delle parole nei fonemi.

Il testo diventa una successione di sillabe, vocali e consonanti che vengono utilizzati da un punto di vista parametrico, in questo caso più ritmico. La poesia utilizzata di partenza recita questi versi: 7

Stefano Battaglia, Elsa Martin, AL CENTRO DELLE COSE, Artesuono, Cavalicco, 2020.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

e se poi le luccioline se ne vanno ad una ad una come luci chiacchierine, figliolette della luna Dalla traccia audio si può sentire come ogni lettera sia considerata attraverso una sua identità sonora e venga scelta in base al suo valore onomatopeico o per

l’agevolazione del pensiero sonoro8. I verbi spogliati del loro contenuto letterale volgono ad un ritorno all’essenza del suono, una parentesi di suono primordiale.

1.2. Lingua straniera - Lingua inventata Quando l’orecchio sente una lingua straniera, estranea alla nostra cognizione razionale, il suono che ne deriva perde il suo valore descrittivo, mantenendo la sua qualità musicale. Partendo da questo presupposto, ogni gruppo organizzato di sillabe

può ricordare un linguaggio vero o inventato che attraverso il suo timbro, il suo ritmo e la sua intensità, può essere portatore di una determinata scelta sonora.

Un esempio si può trovare in alcuni brani dei Sigur Rós, band post-rock islandese,

dove il cantante utilizza un linguaggio inventato chiamato Volenska, lingua della speranza - Hopelandic. Tale sistema è privo di un significato verbale, le sillabe utilizzate hanno come fine principale quello di amalgamarsi al contesto sonoro,

combinandosi tra loro in base alle mere esigenze della musica. 9 La percezione del testo che ne deriva è paragonabile a quella che si ha per una lingua straniera, perché

il ritmo e l’intonazione delle sillabe hanno una musicalità simile a quella che avrebbe un testo con un significato letterale.

Ci sono inoltre dei popoli, come quello della Tribù Yamana della Terra del Fuoco o

quello dei Veda indiani, che invocano dei canti privi di significato, ma che con la giusta intonazione e declamazione risultano efficaci nella loro funzione. In questi 8 9

Intervista personale con Elsa Martin.

https://it.wikipedia.org/wiki/Vonlenska consultato il 26.06.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

casi il suono fa da padrone al senso delle parole, “la parola vive oramai unicamente dell’incanto e della purezza dell’effetto emotivo che si è conservato nella sua forma sonora”.10

Un altro caso di lingua inventata utilizzata in musica è presente nei brani Singles e Epilogue11 della cantante Sidsel Endresen e del pianista Bugge Wesseltoft, entrambi norvegesi, sono degli importanti esponenti della scena jazz nordeuropea. L’album è

cantato in inglese eccetto la prima e l’ultima traccia, in cui la cantante usa una gamma di parole inusuali che richiamano un linguaggio lontano, senza tempo. Le sillabe sono sensibili ad ogni variazione musicale e il suo lirismo fonde la parola con la musica, non si comprende il testo ma si scorge un’emotività fortissima. La domanda che sorge spontanea in questo paragrafo è: si può cantare un testo con una forte partecipazione emotiva, pur ignorando completamente il significato di

questo, ma facendo riferimento solo ad un’aspetto sonoro? Ovvero, laddove non si comprenda a fondo il significato del testo o non gli si dia importanza, è possibile risultare espressivi partendo dagli aspetti fonici di esso?

Tierney Sutton, cantante jazz americana è convinta, per esempio, che “la musica trascenda le parole”12. Lei mette il testo in secondo piano, ragionando più che altro in termini musicali. Nonostante le interessi maggiormente il rapporto tra parola e altezza del suono, è presente un’efficacia e partecipazione espressiva notevole. Parte

quindi da un presupposto più musicale che emotivo ma in qualche modo la

situazione viene ribaltata, forse per il fatto che è presente un’estetica del suono forte. Stando a questo ragionamento, se l’idea di base è valida, il testo può anche avere un significato piatto o nullo, cantato con la giusta intensità può dare un risultato molto musicale.

10 R. M. SCHAFER, ...quando le parole suonano: viaggio intorno alla vocalità, Ed. Suvini Zerboni, Milano, 1990, p.37 11 Sidsel Endresen, Bugge Wesseltoft, DUPLEX RIDE, Curling Legs As, Germany, 1998. 12 JAZZIT, Settembre-Ottobre, 2007, p.80

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Mi ricollego a R. Murray Schafer che, ragionando sotto quest’ottica ha composto Beautiful Spanish Song: “Questo piccolo brano per voci soprano è stato scritto a seguito di un workshop che ho tenuto a degli insegnanti di musica in Costa Rica nell’inverno del 1994. Uno dei compiti della classe era quello di fare

un elenco di quelle che consideravano le parole più belle della lingua

spagnola… Quando sono tornato in Canada, ho deciso di creare un brano utilizzando le parole che mi erano state date. Non parlo

spagnolo, quindi quello che è venuto fuori è stata semplicemente la mia reazione alle parole come suoni.”13 Il compositore osserva che dal punto di vista del significato effettivo del testo, questa tecnica può portare ad un risultato estraniante e divertente, ma fruendo del brano in veste di ascoltatore esterno alla lingua, il risultato è affascinante.

Slegarsi dai vincoli della lingua inventando le proprie parole facilità la creazione di

suoni che si intrecciano in modo migliore al registro utilizzato, al ritmo dato dai singoli fonemi, all’intensità desiderata e in genere ad uno sviluppo musicale più libero.

Conforme a questo pensiero si posiziona lo scat, una forma di glossolalia musicale, nonché un idioma formato da sillabe insensate: un linguaggio semanticamente vuoto. Nonostante ciò, la sequenzialità delle sillabe può essere evocativa ed emotiva, e può

creare delle storie non categoricamente e univocamente interpretabili. Rimando al capitolo seguente un approfondimento di questo stile.

13 R. M. SCHAFER, Program Notes, p.87-88: “This little piece for treble voices was written following a workshop I gave to music educators in Costa Rica in the winter of 1994. One of the assignments to the class was to make a list of what they considered the most beautiful words in the Spanish language... When Igot back to Canada I decided to create a little piece employing the Spanish words I had been given. I don't speak Spanish so what came out was simply my reaction to the words as sounds.”

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

1.3. Linee sovrapposte Tra le varie tecniche esistenti in cui la parola viene usata come mezzo compositivo, mi soffermo sulla creazione di linee vocali sovrapposte, perché utilizzando contemporaneamente più linee testuali si tende a perdere l’intelligibilità del messaggio a favore di un suono globale. Prendo in analisi due esempi di mottetto perché credo colgano a pieno il concetto che voglio riportare.

Il mottetto è una forma polifonica nata nel XIII secolo nell’ambiente della scuola di

Notre Dame, vede il suo periodo di spicco nel cinquecento e si sviluppa in forme sempre più complesse per tutti i secoli seguenti fino ad oggi; può essere vocale o

vocale-strumentale.14 I mottetti sono lavori musicali con testo (a volte ogni voce ha un testo differente - mottetto politestuale), in cui nella loro funzione letteraria c’è

una contraddizione: ogni voce ha un testo accuratamente realizzato ma il sovrapporsi simultaneo di più linee ritmicamente e melodicamente autonome ne oscura la comprensibilità.

Non procederò ad un’analisi della struttura del mottetto poiché questa non è la sede più adatta, ma riporterò degli esempi completi che argomentino la mia riflessione.

Guillaume De Machaut, De bon espoir/Puis que la douce/Speravi15, ~1300-1377 Guillaume De Machaut è stato il più importante e influente compositore del XIV secolo e ha contribuito in modo inestimabile alla fioritura del mottetto. De bon

espoir/Puis que la douce/Speravi è un esempio di mottetto isoritmico16 a tre voci: la voce più grave e con movimenti più lenti è data al tenor che con il verbo latino Speravi si appoggia alle vocali E – A – I usando solo 4 note che sono costantemente

alternate. Le due voci superiori si chiamano duplum (o motetus) e triplum, e portano due poemi diversi in lingua francese che parlano dei temi dell’amor cortese. Alla voce più alta è data la parte melodica più fiorita. 14 https://it.cathopedia.org/wiki/Mottetto consultato il 14.08.21 15 Esempio audio riferito alla versione di: Guillaume De Machaut, The Hilliard Ensamble, MOTETS, ECM, 2004. 16 Nei mottetti isoritmici dei pattern ritmici venivano ripetuti.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Nonostante le linee abbiano tutte dei versi di rilievo, al primo ascolto risulta difficile capire il significato narrativo della composizione. Questo approccio infatti privilegia la partitura leggibile del mottetto e necessita di una decodifica semantica che

prescinda dal momento dell’esecuzione. Perché avere diversi testi se non è possibile

ascoltarne nemmeno uno durante l'esposizione? Cosa rimane quindi, a livello testuale, durante la performance? Io credo che la risposta si trovi nel suono dell’intreccio delle parole, il risultato di un vortice di vocali e consonanti. “La natura dei mottetti politestuali con la loro simultanea presentazione di due testi

compromette il messaggio di entrambi” 17, infatti si può apprezzare il suono della poesia senza ricavarne una totale comprensione, le parole lasciano il senso dietro a se stesse.

Le differenze timbriche e di registro delle voci sono delle importanti variabili che

permettono al nostro orecchio di concentrarsi su ciascuna delle linee, e quindi di distinguere una sorgente a discapito dell’altra, rendendone più chiara l’intelligibilità. Per esempio nell’estratto seguente le prime due voci sono tessute nello stesso

registro, con intervalli che arrivano al massimo ad una quinta, ad eccezione di alcune note di passaggio, rendendo ancora più complicata la comprensione testuale.

17 “The very nature of double motets with their simultaneous presentation of two texts jeopardized the ‘message’ of either” Pesce, Dolores. “The Significance of Text in Thirteenth-Century Latin Motets.” Acta Musicologica, vol. 58, no. 1, 1986, pp. 91–117, www.jstor.org/stable/932939. Consultato il 14.08.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Figura 2: Estratto di De Bon Espoir/Puis que la douce/Speravi, Guillaume De Machaut

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Thomas Tallis, Spem In Alium, ~ 1570 Thomas Tallis è considerato uno dei più influenti compositori inglesi del periodo rinascimentale. Nel 1570 musicò il testo liturgico Spem In Alium con un organico di quaranta elementi divisi in otto cori da cinque voci ciascuno, ovvero soprano, alto, tenore, baritono e basso, creando un intricato brano reputato capolavoro assoluto.

Ci sono diversi fattori che rendono difficile la comprensione testuale di questo mottetto, l’impasto sonoro si mischia così profondamente che è quasi impossibile

discernere la musica dai versi. Più linee melodiche diverse si aggiungono, soprattutto se non omoritmiche e con parole diverse, più è difficile l’estrapolazione del senso

semantico. Il tema inizia da una sola voce, si evolve o viene imitato e ruota attorno al coro fino ad arrivare al culmine in cui tutti i quaranta elementi sono presenti; le idee melodiche e le successioni dei colori dati dall’armonia sono tantissime.

Inoltre questa musica veniva eseguita in ambienti molto grandi (es. Cattedrali) in cui l’acustica permetteva al suono di riecheggiare per diversi secondi grazie alla

presenza naturale del riverbero. Questo è un altro elemento che rende più difficile la distinzione semantica.

L’esecuzione di tale brano rende meglio dal vivo rispetto ad una registrazione perché esso è pensato per essere eseguito da un coro disposto in maniera circolare attorno

ad un pubblico, in tal modo è possibile giocare con la direzione della sorgente sonora tramite la divisione dei cori e la rotazione del suono attraverso essi.

Nella figura 5 riporto la parte finale del brano, in cui tutte le voci si uniscono per il

tema che recita i versi Respice humilitatem nostram. Già osservando la parte si può notare la difficoltà nel cogliere il testo, che a livello sonoro risulta quasi impercettibile.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Figura 3: Estratto di Spem In Alium, Thomas Tallis

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

1.4. Ritmicità della parola In contrapposizione al concetto della scomposizione delle parole, si può pensare anche ad suo utilizzo prettamente ritmico, che si traduce in un risultato timbrico

molto diverso. In questo caso il testo diventa veicolo non di significato semantico ma di scansione ritmica: ciò avviene soprattutto attraverso la ripetizione di cellule

che diventano così il leitmotiv della sezione. Tali raggruppamenti vengono creati tramite il ritmo naturale della parola stessa, nella fattispecie la sillaba gioca un ruolo fondamentale, si parla di un uso sillabico e non più melismatico del verso, in cui ad ogni movimento ritmico corrisponde una sillaba distinta.

Allo stesso pattern metrico possono appartenere diversi fonemi: la variazione del vocabolo porta dunque alla variazione del timbro. Essendo la parola un elemento

versatile, quest’ultimo può essere ulteriormente modificato grazie alla diversità di pronuncia che possono avere i vari esecutori, creando così differenti sfumature sonore.

Seguendo questo principio analizzo nel concreto un esempio in cui la parola viene sfruttata come componente ritmico.

Caroline Shaw, Partita for 8 Voices, No. 1. Allemande, 2013 Caroline Shaw è una compositrice americana vincitrice del Premio Pulitzer nel

2013 per la sua Partita for 8 Voices18, brano a cappella composto per essere eseguito dal gruppo Roomful Of Teeth, di cui lei stessa è fondatrice19. La scrittura di questa suite si trascina e prende ispirazione dalle forme di danza dell’epoca barocca (Allemande, Sarabande, Courante e Passacaglia – a cui dà rispettivamente il nome ai quattro movimenti della composizione), e i mondi musicali di oggi, dando vita così ad un lavoro innovativo che unisce il passato con la nostra epoca. 18 Caroline Shaw, CAROLINE SHAW: PARTITA FOR 8 VOICES, New Amsterdam, New York, 2013.

19 Gruppo vocale che mira alla “rivisitazione del potenziale espressivo della voce umana”. “Vocal band dedicated to reimagining the expressive potential of the human voice” https://www.roomfulofteeth.org/roomful consultato il 19.08.21

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

L’esempio che voglio riportare riguarda il primo movimento: l’Allemanda. Essa è una delle più comuni danze barocche, ha normalmente un andamento moderato in tempo binario e in forma bipartita, ed è inoltre caratterizzata da un inizio

anacrusico, nonché un frammento in levare che introduce il tempo forte della prima battuta.

In questa prima parte, la compositrice si serve del testo in modo creativo, esso è una

porta per la creazione di idee ritmiche. Alterna la voce parlata, che porta la maggior parte dei versi, a quella cantata, che usa perlopiù vocali. Le frasi sono ripetitive, ostinate, sembrano disconnesse le une dalle altre e pare che la funzione primaria sia di moto rispetto a quello della semantica intrinseca.

Come si evince dalla figura 6, la cellula ritmica fondamentale è composta da due sedicesimi seguiti da un quarto, che cade sempre in battere e recita il testo to the

side. Le altre parole usate in questa sezione hanno tutte la stessa ritmicità, avendo esattamente lo stessa sintassi fonetica: and around, and across e la frase through the middle and composta dalla stessa figura prolungata di due sedicesimi.

La giustapposizione della voci crea una risultante ritmica che si può osservare in

figura 7. Le frasi quindi suonano tutte in modo simile, la differenza è data dalla diversità timbrica delle voci che porta una variazione sonora e dalla diversità stessa

delle lettere che compongono le parole. Un fatto degno di nota è che la particella ritmica iniziale finisce sempre in battere e la sua funzione ritmica rimane inalterata perché l’inizio del frammento viene sempre mantenuto in levare: questo crea una sorta di continuità e ciclicità all’interno della sezione.

Da battuta 8 a partire dal secondo movimento troviamo il testo che recita Two, Three, Four, Five, Six, Seven, Eight con un ritmo che equivale ad un quarto, rievocando il conteggio della musica nella danza.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Figura 4: battute 1-9 di Allemande, Partita For 8 Voices, Caroline Shaw

Figura 5: risultante ritmica di Allemande (bat.1-9), Partita For 8 Voices, Caroline Shaw

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

1.5. Intelligibilità In questa sezione non voglio parlare solo dell’intelligibilità semantica, bensì della facilità con la quale una parola può essere riconosciuta dal solo ascolto all’interno

del brano. Alcuni elementi come il canto melismatico o la polifonia sono già stati trattati precedentemente, per cui non li ripresenterò in questo paragrafo.

La morfologia della parola è svincolata dal messaggio che contiene; incentro quindi la mia esposizione sulla comprensibilità strutturale del verbo in senso lato, ovvero dal solo fatto di riconoscere il fonema: estrapolarlo dal contesto sonoro e collocarlo nella sua forma. Quando i temi vengono cantati in funzione del testo, la metrica delle frasi viene solitamente anticipata o posticipata in modo da dare più risalto al messaggio. Nel paragrafo riguardante la scomposizione della parola ho parlato del concetto di rallentamento che porta alla perdita di significato a favore del suono; un parallelismo si può avere tramite l’utilizzo di tempi molto rapidi, dove la velocità d’esecuzione di

un verso è un fattore che veicola la comprensione testuale e la capacità di estrapolare la parola dalla musica.

Nel vocalese, stile di canto jazzistico tramite la quale la voce adatta un testo ad un

solo già esistente, è difficile comprendere di primo acchito tutte le parole utilizzate. Le improvvisazioni sulla quale essi vengono creati sono prive di uno schema di linea totalmente prevedibile, sono spesso ricche di passaggi veloci in cui la parola viene ritmicamente alterata e posta in passaggi molto intricati e celeri. Nonostante in

questo stile il contenuto del messaggio abbia una certa importanza, si può notare come in alcuni casi quello che viene assimilato è il ritmo del passaggio e l’impronta

sonora che lascia più che la parola nel suo insieme, perché c’è una certa difficolta nel comprendere esattamente la sua totalità e quindi una difficoltà nella sua trascrizione.

Ciò fa sì che in quel punto preciso, quella parola abbia un ruolo più sonoro che di altro genere. Nella figura sottostante20 si può notare come l’accentazione dei 20 Lambert, Hendricks & Ross,THE HOTTEST NEW GROUP IN JAZZ, Columbia, New York, 1959.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

pronomi I e it porti ad un addensamento delle successive frasi had a brain e was insane, tramite l’uso della terzina che velocizza in modo significativo la frase. Stessa

cosa per quando riguarda la parola soldiers, la sua dilatazione iniziale porta ad un’accelerazione nella parte successiva, destabilizzando così l’ascoltatore.

Figura 6: Estratto del Vocalese di Annie Ross su Twisted

Si può dedurre che porre un testo su un ritmo complesso porti ad una difficoltà nel comprendere la parola nella sua interezza, vera o inventata che sia. Anche lo stile vocale influenza la parola e ciò è facilmente dimostrabile provando a trascrivere un brano vocale jazz, ovviamente ci sono delle eccezioni come nel vocalese, e uno classico: sarà molto più difficile riuscire a decifrare tutte le parole del

secondo rispetto al primo. Questo perché nella lirica l’omogeneità del suono è un

fattore di primaria importanza, avere un’uniformità del colore della voce è essenziale per cantare in tale stile. Cosa invece diversa per quanto riguarda il canto jazz, in cui

la creazione di una palette diversificata di timbri porta ad avere più possibilità sonore che permettono l’esplorazione di ambienti nuovi. Per esempio il suono soffiato è

molto in uso nel jazz, è una sfumatura intima, di dinamica medio-grave che invece nella lirica non è contemplata. Nel canto classico le parole risultano per la maggior

parte cantate con lo stesso suono, sacrificando l'intelligibilità poiché la rotondità del timbro non rispetta l’esigenza articolatoria di determinati versi. Il jazz invece ha molte più possibilità di differenziazione sonora, elemento che consente una maggiore attenzione per il messaggio letterale.

Il timbro gioca quindi un ruolo fondamentale nella comprensione letterale del testo, si pensi ai vari generi musicali cantati esistenti. Nel folk, dove lo storytelling è un elemento primario, spesso si ricorre ad un suono che ricorda il parlato; d’altro canto

nel metal l’utilizzo del growl fa sì che il messaggio risulti pressoché incomprensibile, a favore di un timbro aggressivo.

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1. LINGUA COME PORTATRICE DI SUONO

Pure il registro può aiutare l’ascoltatore a comprendere un determinato verso, infatti ai limiti di esso la distinzione delle vocali è più difficile, quindi cantare in un registro medio può favorire una maggiore decodificazione fonetica.

Infine anche la scelta degli intervalli ha una certa influenza in questo contesto:

provando a cantare una frase in modo sillabico dividendo le sillabe attraverso intervalli molto ampi, diventa più complicato comprendere l’intera parola rispetto al parlato, dove sono presenti molti ribattuti.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

2. LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ Questo capitolo si pone come obiettivo l’analisi di alcuni tra i diversi linguaggi vocali nell’improvvisazione jazz, esplorandone gli stili e le caratteristiche. Quando si pensa all’improvvisazione vocale nel jazz si fa molto spesso riferimento allo scat, tuttavia non è l’unica pratica improvvisativa utilizzata. Con lo svilupparsi di

un linguaggio jazzistico più moderno si sono ampliate le possibilità di esplorazione della voce e la concezione dell’improvvisazione vocale ha raggiunto una forte libertà

stilistica. Nello scat il cantante prende come riferimento lo stile improvvisativo degli strumentisti di jazz tradizionale e ne imita il linguaggio; nel pensiero più moderno invece, la voce è concepita come strumento a sé stante in cui l’idea è quella di svilupparne le potenzialità senza imitare necessariamente un idioma. Ho suddiviso lo scat dal wordless singing perché il primo fa riferimento ad uno stile preciso che trova il suo nido nella tradizione jazzistica a partire dagli anni ‘20,

mentre il secondo si riferisce a tutti gli altri modi d’improvvisazione che dipendono invece dal contesto sonoro di volta in volta utilizzato e dal gusto personale di ogni

cantante. Wordless singing, dall’inglese canto senza parole, è appunto il modo di chiamare il canto senza l’utilizzo di un testo. Nonostante l’assenza di quest’ultimo, è

comunque presente una sorta di linguaggio: l’emissione di suono porta con sé l’utilizzo di vocali, consonanti o sillabe, che quindi costituiscono di per sé un linguaggio fittizio in cui il senso semantico non è di primaria importanza. Il fatto

che esso sia creato estemporaneamente e non porti un significato ben delineato dall’uso di parole sensate, non limita il cantante dal poter raccontare una storia. In

questo caso infatti, lo storytelling avviene attraverso parametri diversi, come la scelta fonemica, l’intensità, il timbro, l’emotività e la personalità.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

2.1. Scat Il linguaggio vocale d’improvvisazione più comunemente associato alla musica jazz tradizionale è lo scat. La sua nascita è controversa, alcuni la attribuiscono a Louis Armstrong tramite il brano Heebie Jeebis nel 1926, altri la riportano invece ad una data antecedente.21 La predominanza di questo linguaggio si concentra nell’era dello swing e del bebop, dove grazie a questa tecnica i cantanti jazz potevano pareggiarsi ai fiatisti nell'improvvisazione, non dovendo infatti preoccuparsi dell’uso di un testo vero. L’introduzione di questa forma permise un progresso nel ruolo storico e

tradizionale per il quale i cantanti dovevano cantare solo la melodia. Non essendo

la narrazione testuale un fattore importante nello scat, la scelta delle sillabe è estemporanea e personale ad ogni cantante, che così facendo crea un vocabolario

proprio e riconoscibile; spesso alcuni fonemi ricordano onomatopeicamente altri strumenti ed influenzano il timbro e il ritmo della performance, infatti lo scat è spesso considerato una forma imitativa di altri strumenti.

Lo studio dello scat richiede un allenamento armonico, melodico e ritmico notevole,

che permetta al cantante di sentirsi libero di esprimersi anche all’interno di strutture complesse.

Essendo la scelta sillabica soggettiva e creativa, ogni improvvisatore cerca di avere un proprio stile, ma per apprendere al meglio il linguaggio sillabico è molto importante ascoltare le registrazioni dei più influenti improvvisatori del passato, in modo tale da acquisire i loro diversi pattern linguistici. Come si può vedere dall’esempio sottostante, Chet Baker nella sua improvvisazione su Everything Happens to Me22 fa un largo uso della lettera D, minimizzando l’utilizzo di altre consonanti. Tale peculiarità è una caratteristica stilistica che è presente nella maggior parte dei suoi soli vocali.

21 https://en.wikipedia.org/wiki/Scat_singing#cite_note-25 consultato il 02.08.21

22 Chet Baker, Everything Happens To Me, CHET IN PARIS VOL.2, EmArcy, Paris, 1988.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

Figura 7: Chet Baker solo su Everything Happens to Me, CHET

IN PARIS VOL.2,

1988

Essendo lo scat una forma in cui ogni artista crea il proprio personale dialetto, troviamo Ella Fitzgerald in contrapposizione al linguaggio delicato e morbido di

Chet Baker. Le sue improvvisazioni sono incredibilmente creative, la sua dizione è ricca di sillabe diverse e il suo talento nel fraseggio la porta a giocare con fonemi

molto differenti tra loro. L’imitazione timbrica di diversi strumenti o le citazioni di

temi e frammenti di soli di altri musicisti è udibile in molte delle sue performance. In particolare, nel quinto chorus di solo della celebre Oh, Lady Be Good23, cita il brano

Oop Bop Sh'bam di Dizzy Gillespie24 che, oltre ad essere una varizione del riff introduttivo usato da Gillespie in Confirmation25, è un omaggio al batterista Kenny Clarke; il suo soprannome era infatti Klook a Mop, espressione che denota onomatopeicamente dei colpi forti improvvisi caratteristici del suo stile.

Figura 8: 5° Chorus del solo di Ella Fitzgerald su Lady Be Good

23 Ella Fitzgerald, LULLABIES OF BIRDLAND, Decca, New York 1954. 24 Dizzy Gillespie, THAT'S EARL BROTHER / OOP BOP SH' BAM, Musicraft, New York, 1946.

25 Dizzy Gillespie, CONFIRMATION / DIGGIN’ DIZ, Electro Broadcast Studios, Glendale, 1946.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

Paragonando una lingua vera e propria allo scat, si può affermare che tramite le varie influenze dei molti approcci stilistici di artisti differenti, tale linguaggio è creato da

un sottoinsieme di dialetti sviluppati in modo singolare e creativo. Nonostante però ogni cantante crei la propria palette sillabica, questo stile è, come già detto,

fortemente legato alla tradizione americana dello swing e del bebop, e la scelta fonemica è sì soggettiva, ma anche estremamente oggettiva, nonché attenta alle necessità musicali del periodo a cui è legata. Si può pensare ad esso come ad un

linguaggio espressivo universale legato all’utilizzo di determinati elementi che ne

comprovano l’uso stilemico corretto, ma al contempo un sottoinsieme in cui ogni cantante personalizza i vari macro fattori creando differenti dialetti personali. La netta contrapposizione tra lo stile di Chet Baker e quello di Ella Fitzgerald, sta

nella differente scelta dialettale, ma i macro elementi che contraddistinguono questo

linguaggio sono i medesimi. È da tenere in considerazione che il mezzo principale per comprendere questo linguaggio è l’ascolto e la successiva imitazione dei grandi che hanno fatto la storia di questo periodo: a volte lo studio imitativo basta per rendere un cantante capace di improvvisare in questo stile. Di seguito un riassunto degli elementi che definiscono lo scat in quanto tale. •

Armonia e Melodia

La conoscenza delle principali progressioni armoniche presenti nei brani swing e bebop è fondamentale. In questo senso è necessario il lavoro di ear

training: non essendo muniti di tasti e chiavi ai quali affidarsi, nella fase di studio è essenziale riuscire ad essere il più consapevoli possibili dell’armonia e di quale nota si sta cantando su un determinato accordo. Le progressioni

armoniche possono essere molto dense, quindi è difficile andare ad orecchio senza prima essersi addentrati nell’armonia in modo analitico. Ci sono

svariati esercizi utili per allenarsi: cantare la fondamentale di ogni accordo e successivamente la terza e la settima; creare una linea melodica semplice che

colleghi ogni accordo con piccoli salti, in modo da rendere più chiaro il

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

cambio armonico; cantare la scala di riferimento per ogni accordo; o ancora cantare gli arpeggi per ogni accordo. Tali esercizi facilitano il cantante nella

presa di coscienza dell’armonia e nella successiva libertà melodica durante l’improvvisazione. Quest’ultima può fare uso dell’improvvisazione verticale, nonché della descrizione melodica di ogni accordo, o sfruttare quella

orizzontale, in cui il pensiero melodico si basa sulla creazione di una linea che sviluppi un’idea narrativa senza il bisogno di descrivere ogni singolo

accordo. Le principali forme armoniche in cui è utilizzato lo scat sono i II-V-I maggiori e minori, i turnaround, il blues e il rhythm changes.

Ogni cantante sviluppa solitamente un vocabolario di propri pattern melodici a cui attingere in fase perfomativa. È infatti molto comune nella tradizione jazzistica “rubare” le frasi di altri e citarle all’interno dei propri soli. •

Ritmo Il contesto ritmico è un fattore sostanziale per lo scat, dove lo swing è l’elemento trainante. Nel fraseggio vengono spesso marcati i tempi più deboli

delle battute: questo crea un effetto più sincopato e più proiettato in avanti. Le frasi non cominciano esclusivamente sull’inizio delle misure, e spesso

vengono concluse anticipando o ritardando il battere della battuta successiva. Le cellule ritmiche più utilizzate si basano su combinazioni di quarti, ottavi e

terzine, e possono fare uso di poliritmi come la sovrapposizione dei tempi

ternari sui tempi binari. Nelle improvvisazioni, spesso molto articolate, si ritrovano frequentemente elementi caratteristici del linguaggio swing e bebop, come i raggruppamenti di tre ottavi che vengono ripetuti seguendo l’armonia:

in questo caso l’effetto finale risulta essere una sovrapposizione della pulsazione dei quarti puntati sul tempo originale. •

Articolazione fonemica

Le opzioni sillabiche di base consistono di pattern che facilitano la dizione e rendono al meglio il ritmo swing che si va a ricercare, quindi ogni cantante

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

sfrutta le sillabe che maggiormente riflettono l’articolazione ritmica e dinamica necessaria. Sebbene ci siano infinite soluzioni fonetiche, affinché l’esecuzione risulti credibile è bene tenere a mente che alcune sillabe sono più

sfruttate di altre. Lo scat, essendo molto ritmico, fa un largo uso di consonanti, grazie alle quali il movimento tra le diverse note risulta

agevolato. Si pensi ad un’improvvisazione scat creata soltanto attraverso le vocali: sarebbe incoerente con lo stile e soprattutto sarebbe molto difficile

rendere il movimento oscillante dello swing. Questo perché la differenziazione delle note tramite le vocali risulterebbe più disordinata: se esse non fossero

seguite da una pausa, tenderebbero a creare collegamenti tra le note, dato che per pronunciarle non sussisterebbe alcun movimento di stacco o chiusura; al contrario nella pronuncia consonantica è sempre presente un movimento

divisorio. Le vocali invece sono spesso utilizzate dopo le consonanti per accentuare il fraseggio o per tenere eventuali note lunghe. Di seguito descrivo alcuni esempi26:

Figura 9: Esempi di Scat Syllables di Blues Scatitudes, BOB STOLOFF

Le consonanti più utilizzate per attaccare una nota sono la B e la D, mentre

la L è molto sfruttata per i passaggi in velocità grazie alla sua celere pronuncia. DN non è mai accentata ed è spesso usata per le ghost notes. La I è molto utile nei passaggi più acuti in quanto per sua natura tende ad

innalzare la laringe, mentre la O grazie alla sua rotondità di suono si presta ad essere posizionata nel registro più grave.

È importante ricordare che queste sono solo le sillabe più comunemente 26 Gli esempi riportati provengono dalla consultazione di: BOB STOLOFF, Blues Scatitude, Hal Leonard, 2003.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

usate, come già detto prima ogni cantante crea il proprio vocabolario che si discosta dagli esempi sovrastanti ma rimane comunque affine allo stile

sopracitato. Pensiamo ad un solo scat in cui si fa largo uso di consonanti come la C, la F, la G, la M, o la R: il risultato sarebbe molto strano perché

tradizionalmente l’idioma jazzistico porta ad un tipo di linguaggio diverso, in cui le lettere più sfruttate sono altre.

L’utilizzo degli stessi fonemi dello scat per improvvisare in contesti differenti dalle loro epoche di riferimento risulta bizzarro, in quando il risultato diverge dall’idioma per il quale è stato creato questo stile e l’effetto è spesso fuori contesto.

2.2. Wordless singing improvisation Intorno agli anni ‘60 con l’espandersi del free jazz e il progressivo passaggio a nuove correnti che sempre più risentivano dell’influenza di generi diversi, si iniziò a

esplorare l’uso sperimentale della voce. La concezione di essa iniziò a distaccarsi dall’idea che doveva essere sempre legata ad un testo o ad un’improvvisazione scat.

Si introdusse un approccio di wordless improvisation: la voce come uno strumento e non più imitatore di uno. Si iniziarono a ricercare dei modi alternativi

d’improvvisazione, che non dovessero coincidere con gli stilemi dello scat. È difficile definire esattamente quali siano questi altri modi d’improvvisare, dato che il jazz si è sempre più sviluppato in una direzione che rende complicata una netta

catalogazione degli stili, com’è stato invece per lo scat. Non è quindi mia intenzione differenziare in modo netto i vari linguaggi successivi allo scat, ma analizzare invece differenti ecosistemi sonori, dove il processo improvvisativo viene inevitabilmente influenzato grazie alla diversificazione degli stimoli che ognuno di essi comporta.

In questo paragrafo verranno analizzati due modi differenti di stile improvvisativo di due cantanti con ecosistemi sonori diversi: il primo che riguarda il jazz

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

contemporaneo europeo e il secondo che deriva da un connubio tra elementi folkloristici ed il jazz.

Norma Winstone Cantante anglosassone, è una delle pioniere del wordless singing nella musica jazz europea. Inizia la sua carriera cantando nei locali londinesi dove, verso la fine degli

anni ‘60, viene notata per il suo particolare approccio strumentale alla voce. Esso infatti si distacca dallo scat e dalla più comune concezione di cantante jazz dell’epoca, da cui lei stessa deriva tramite l’ascolto di Frank Sinatra, Ella Fitzgerald e

altri. La scintilla che contribuisce alla nascita della sua identità vocale si cela

nell’ascolto di KIND OF BLUE di Miles Davis27, infatti alla domanda sulle origini del suo retaggio stilistico, afferma che discende dall’amalgama sonoro di quel gruppo: “Ha avuto un grande impatto su di me. Ho sentito che poteva esserci una voce in

questo tipo di musica, in qualche modo. Non avevo mai sentito nessuno fare qualcosa del genere. Sai, molte delle cantanti che sentivo cantavano canzoni,

standard. E così anch’io. . . . Ho solo immaginato che il suono della voce potesse

essere usato nel modo in cui gli strumenti stessi venivano usati – non necessariamente tramite l’improvvisazione, ma per il suono. Ecco cos’è; è la voce come un suono”28. La sua ricerca vocale deriva quindi dall’ascolto del nuovo panorama musicale dell’epoca, dove al ritmo swing che aveva pervaso tutto il

precedente scenario, si stava sostituendo un ritmo even-eight, con sonorità più moderne e aperte. “Credo sia stato perché era modale, non era bebop. . . . Così era più facile improvvisare, avere l’idea di cosa fare senza dover cantare troppe note

sbagliate. . . . Mi ha dato l’idea che la voce potesse essere in un certo senso integrata 27 Miles Davis, KIND OF BLUE, Columbia Records, New York, 1959. 28 “When I heard Miles Davis and that great KIND OF BLUE group, that music really struck me; it had a big affect on me. I felt there could be a voice in this kind of music, somehow; I never really heard anybody do anything like that. You

know, most of the singers I heard were singing songs, singing standards. So was I. . . . I just imagined that the sound of the voice could be used in the way these instruments are being used—not necessarily improvising but just the

sound. That’s what it is; the voice as a sound.” https://downbeat.com/news/detail/qa-with-norma-winstone-theconsummate-voice consultato il 20.11.21

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

in un brano come uno strumento vero e proprio. Non avevo idea di come poteva succedere, ma era nella mia testa. Così provavo a trovare pezzi inusuali su cui cantare.”29 Da queste dichiarazioni si può dedurre che la prima differenza tra il suo

modo di cantare e lo scat, sta innanzitutto nella sua particolare concezione della voce, dove essa diventa parte integrante del tessuto sonoro del gruppo e non solo

elemento solistico. Grazie a questo modo di considerare il suo strumento, Norma Winstone è diventata negli anni una delle più grandi cantanti jazz contemporanee,

affidando alla voce una funzione anti tradizionale, in cui alla formula tema con testo

più solo scat, si sostituisce un uso creativo della voce che non solo interpreta ed improvvisa, ma diviene anche strumento accompagnatore. Il colore della sua voce è un elemento importante nell’orchestra di Kenny Wheeler, trombettista canadese, e MUSIC FOR LARGE AND SMALL ENSAMBLE30 ne è il frutto più rappresentativo. Qui lo strumento voce è amalgamato nella trama della sezione

fiati, aggiungendo un timbro nuovo e inusuale al gruppo. È strano che la presenza delle voci nelle sezioni di fiati delle big band sia tuttora un tabù: spesso essa non

viene equiparata agli altri strumenti e le parti che riveste sono comunque usate senza esaltarne le sua qualità intrinseche, ma piuttosto solo per ricoprire parti

solistiche. Essa dovrebbe aggiungere un surplus al suono degli altri fiati e non essere solo elemento tematico, dato che una voce con un certo background di studio e/o

culturale dovrebbe riuscire a soddisfare le esigenze che questo tipo di lavoro comporta, come la lettura melodica, ritmica, la consapevolezza armonica, l’intonazione e altro. Tornando alla big band di Wheeler, si può sentire come le

armonie utilizzate siano moderne e difficili ma al contempo molto cantabili. Non si appoggiano sui più tradizionali passaggi armonici jazzistici, tingendosi piuttosto di 29 “I guess because was modal; it wasn't bebop. . . . It was easier to improvise to that, to get ideas of what to do without singing too many wrong notes. . . . It gave me the idea that voice could somehow be integrated into a piece of music

as an instrument. I had no idea how it could happen. But it was in my mind, so I was trying to find unusual pieces to sing to.''

https://www.smh.com.au/entertainment/music/wordless-original-20110606-1fp57.html consultato il

20.11.21

30 Kenny Wheeler, MUSIC FOR LARGE AND SMALL ENSAMBLE, 1990, Germany, ECM Records.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

sequenze sonore aperte, che richiamano l’odierna concezione di jazz europeo. La voce di Winstone si amalgama nell’impasto del gruppo e soffermandosi sui fonemi

che utilizza, si può captare come la scelta ricada quasi sempre sulle vocali. In particolare la U viene usata in tutti i registri ma soprattutto per le parti più acute, insieme alla A e la O nelle altre. Spesso la sfumatura della vocale si confonde, ne

resta un suono puro e omogeneo, una semplice nota senza un’accentazione vocalica forte: una voce strumentale. In un’intervista per NPR, alla domanda se preferisse vocali o consonanti, risponde: “Penso alla voce come un suono. Mi piace che esso sia

giusto. Sai, quando canto una parola, voglio che suoni corretta e non esterna alla musica o come se fosse stata aggiunta successivamente. Mi piace proprio che venga

fuori dalla musica. Suppongo che perlopiù cantiamo comunque vocali. Tutti i suoni delle vocali sono suoni aperti e le consonanti sono la parte ritmica. Se utilizziamo

queste ultime da sole non possiamo farne molto, a meno che non si stia facendo un pattern ritmico.”31 Tale scelta fonemica ricade anche nelle sue improvvisazioni e se ne trovano molti esempi nel trio Azimuth, nato dal suo incontro con Kenny Wheeler e John Taylor, pianista britannico. Il suono tipicamente europeo è il binario perfetto per le improvvisazioni della cantante, distese e attente alle esigenze sonore del gruppo. Il

brano Eulogy32 è la perfetta dimostrazione del suo stile improvvisativo, qui Norma Winstone utilizza per lo più vocali e frasi estese, arpeggi che si intrecciano

nell’armonia con un timbro etereo. Questa improvvisazione risalta le sue capacità vocali come strumentista, il suo orecchio e il suo studio la portano a creare melodie eleganti e complicate, ma allo stesso tempo rarefatte ed eteree.

31 “I do think of the voice as a sound. And I like the sound to be right. You know, when I'm singing a word, I like it to

sound right and not to sound alien to the music or as if it's been added on. I like it to come out of the music. And so, I suppose, well, we mostly sing vowels anyway. All the sounds of vowels are just open sounds, and consonants are

really the rhythmic part. We can't really do much with them on their own unless you're making a rhythmic pattern, you know.” https://www.npr.org/transcripts/92454360?t=1638271228350 consultato il 30.11.12

32 Azimuth, THE TOUCHSTONE, ECM, Oslo, 1978.

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

Il suo modo di stare sul tempo, la sua scelta melodica, timbrica e sillabica è sicuramente in contrapposizione con lo stile dello scat. Ciononostante anche la musica che fa da cornice alla sua improvvisazione le permette di ricevere degli stimoli sonori che la portano ad attingere a determinati timbri, melodie e ritmi, che

forse difficilmente troverebbe con una musica diversa. È però rischioso e probabilmente sbagliato affermare quest’ultimo concetto, ed è sicuramente difficile trovare una verità assoluta: lo stile di Norma Winstone riuscirebbe ad esistere in un

brano dove solitamente le improvvisazioni sono scat? E di conseguenza: è lo stile del cantante che influenza un’improvvisazione scat da una di un altro tipo o, invece, è il

tipo di musica che crea il contesto ad influenzare il cantante ad avere un determinato stile piuttosto che un altro? In conclusione credo che la risposta sia un connubio di tali pensieri.

Jen Shyu Cantante, poli strumentista, compositrice e danzatrice americana, Jen Shyu è una delle più interessanti artiste e pioniere della scena jazz attuale. Nata negli Stati Uniti

da una famiglia di immigrati ha creato un perfetto connubio tra la musica folkloristica derivante da diverse culture orientali - tra cui quelle dei genitori

provenienti dal Taiwan e dal Timor Est - con la cultura del jazz odierno, spingendo i confini dei generi musicali verso nuovi orizzonti sonori.

Oltre al suo essere una cantante di jazz, il suo background musicale si tinge dello studio del pianoforte classico, del violino, dell’opera e del balletto. È forse la sua continua spinta verso l’apprendimento di nuove arti e la sua necessità di rottura e

mescolanza delle barriere di genere che la rende un’artista a tutto tondo così intensa

e personale. Jen Shyu, inoltre, conosce circa dieci lingue33 e questo suo essere poliglotta le ha permesso l’ausilio di maggiori possibilità fonetiche. È proprio grazie

all’influenza proveniente dai molteplici retaggi culturali acquisiti, che l’artista ha creato uno stile nuovo e originale: i suoi album sono un connubio tra sonorità 33 http://www.jenshyu.com/bio.html#nil consultato il 17.11.21

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

esotiche e altre tipiche dell’ovest, con passaggi da strumenti tradizionalmente temperati all’utilizzo di strumenti folkloristici antichi come il moon lute, o ancora dall’uso vocale di quarti di tono.

A volte è difficile scindere le sue improvvisazioni da qualcosa di pre composto,

questo deriva a mio parere da due elementi fondamentali che caratterizzano la sua musica: gli intervalli e le sillabe. Il suo metodo improvvisativo si basa appunto sugli intervalli: prendendo in considerazione soltanto alcuni tra i dodici intervalli musicali possibili, improvvisa avendo la consapevolezza melodica dell’utilizzo ascendente o discendente di un numero definito di soluzioni melodiche. Questa sistema è piuttosto cervellotico,

riuscire a liberare il flusso improvvisativo attraverso costrizioni è infatti molto difficile e richiede un lavoro di allenamento armonico, melodico e di ear training notevole. Ciò nonostante quando si prende confidenza con tale approccio il risultato

è sorprendente: alla parte matematica si aggiungerà infatti anche il parametro emotivo e la costrizione renderà in realtà più liberi di creare melodie sofisticate alle

quali solitamente l’orecchio non porta in maniera naturale. Ovviamente la logica dell’esecutore può far ricadere gli intervalli su note che appartengono alla tonalità

della sequenza armonica considerata o ancorarsi ad intervalli che portano alla creazione di frammenti non tonali. L’effetto di questo metodo si rispecchia nel suo modo di improvvisare, ed è proprio per le sonorità così particolari che i suoi

fraseggi sembrano linee melodiche già scritte e non realizzate in modo estemporaneo. Altro elemento distintivo è il suo peculiare uso delle sillabe, che formano una glossolalia non sempre nettamente categorizzabile sotto le sfere del semanticamente pieno o del semanticamente vuoto. Jen Shyu infatti, per cantare i temi dei suoi brani

mette in luce, oltre alla sua lingua madre che è l’inglese, le lingue che ha assimilato nel corso delle sue ricerche. In questo modo l’ascoltatore, che non capisce tutti i linguaggi utilizzati dall’artista, si ritrova destabilizzato in delle sonorità estranee alla

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

percezione intrinseca del significato testuale. Il fattore che rende però complicato scindere il suo utilizzo sillabico da testi in lingua sconosciuta pre esistenti è che le sue scelte fonetiche ricadono su sonorità non comuni nella musica occidentale e

quindi di difficile collocazione semantica nel caso prendesse spunto da parole straniere. La domanda sorge spontanea: le sillabe utilizzate nelle sue improvvisazioni

derivano da testi stranieri in una lingua semanticamente piena o sono sillabe inventate in modo estemporaneo che prendono solo spunto dalle culture assorbite? Il punto di vista di Jen Shyu sulla percezione sillabica risulta chiaro leggendo la sua

intervista per All About Jazz: “Mi piace usare le lingue per buttare dentro cose. Parte di quello che faccio è creare una lingua che suoni come tale ma che non lo è. . . .

Qualunque sillaba stia cantando significa qualcosa in qualche altra lingua, ecco perché mi piace scivolare in altre lingue, poiché so che qualcuno là fuori parla quella

lingua, magari non tra il pubblico, ma da qualche parte nell’universo.” 34 Si traduce perciò nella consapevolezza che per qualcuno le sillabe che utilizza possano avere un

significato intrinseco, mentre per altri risultare solo un elemento sonoro. Deduco che l’incidenza dello studio di lingue diverse sulla sua arte ha ispirato enormemente la creazione della sua personale palette sillabica.

È interessante come questa ricerca linguistica che l’ha portata ad essere l’artista che

oggi è, si rifletta non solo sulle sue composizioni ma anche in contesti dove la musica è idiomatica e riferita agli standard jazz. Ho avuto la fortuna di assistere alla

sua esibizione con il pianista Kenny Werner nei seminari di Siena Jazz del 2018 35, qui i due musicisti hanno creato una All the Things You Are estremamente personale e rappresentativa delle loro peculiarità stilistiche. Come si può sentire dal video,

l’utilizzo sillabico di Jen Shyu è molto lontano dall’usuale scat che di consueto viene 34 "I like to use languages just to throw things in there. Some of what I do is creating a language that sounds like one,

but isn't. . . . Whatever syllable I'm singing does mean something in some other language. That's why I like to slip into other languages, because I know someone out there speaks that language, maybe not in the room, but somewhere in the universe” https://www.allaboutjazz.com/jen-shyu-and-theo-bleckmann-breaking-the-song-barrier-theobleckmann-by-daniel-lehner consultato il 18.11.21

35 https://www.youtube.com/watch?v=beBPVqpNULI consultato il 18.11.21

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2.LINGUAGGI VOCALI NELL’IMPROVVISAZIONE JAZZ

impiegato per questo genere di brani. L’antitesi del linguaggio della cantante crea un ambiente sonoro molto distante dal jazz tradizionale, mischiando sonorità che di

rado si sfiorano. Ne deduco, quindi, che non importa tanto il cosa venga suonato, ma il come lo si suoni per mettere il pubblico in comunicazione con il proprio universo musicale e il proprio mondo emotivo.

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3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO Spostando l’attenzione verso la semanticità della parola, si può analizzare quanto essa influenzi la musica a livello compositivo e armonico, o quanto quest’ultima

abbia le capacità di richiamare determinate sensazioni e di conseguenza vocaboli relativi. Tale analisi non vuole essere una generalizzazione, ma una chiave di lettura

alternativa per comprendere il senso interpretativo dei testi. La musica e la poesia presentano delle fortissime analogie: si avvalgono entrambe dello scorrere del tempo,

trasformandosi tramite esso, sono udibili dallo stesso organo sensoriale e sono strutturate in una forma precisa. Nella poesia le frasi sono suddivise da segni d’interpunzione, per esempio il punto, la virgola e via dicendo; analogicamente nella musica, le pause del discorso si possono accostare a determinate sequenze armoniche, quali cadenze.

Partendo dal presupposto che le tecniche che seguiranno non hanno un carattere

assoluto, l’ambizione è quella di avere una diversa visione dell’opera e un’ulteriore soluzione a cui attingere per espandere la propria creatività, scovando possibilità alternative sul rapporto tra musica e parola in una composizione.

3.1. Excursus storico della retorica in musica La retorica è una disciplina antica che si occupa dell’organizzazione sistematica del linguaggio e ha avuto un’influenza essenziale sulla musica. Un trattato importante a

cui fare riferimento è quello di Hans-Heirich Unger del 1941, che consiste nell’analisi dell’affinità tra musica e retorica fra XVI e XVIII secolo. 36 Come scrive Unger, la predominanza della ratio in musica rese possibile un collegamento tra le due arti.

Guido d’Arezzo, teorico e introduttore del rigo musicale, fu il primo ad accostare

una prassi retorica in musica. Nel 1026 scrive il trattato Micrologus in cui individua 36 HANS-HEINRICH UNGER, Musica e Retorica fra XVI e XVIII secolo, ALINEA editrice s.r.l., Firenze, 2003, p.51

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3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

la Inventio (uno dei procedimenti della retorica che consiste nello stabilire il contenuto del discorso) come mezzo per facilitare il musicista nel processo

compositivo. Scrive di associare ad ogni lettera dell’alfabeto una tonalità e adeguare il tutto alle parole del testo da musicare, adattandolo successivamente tramite leggere modifiche che seguono il gusto personale dell’artista37.

Successivamente la notazione mensurale, ovvero la rappresentazione ritmica delle note, introdusse il concetto di numero in musica, rendendondolo una nuova fonte da cui trarre ispirazione tramite la logica. Questa breve esposizione storica mette in evidenza due dei fattori fondamentali che hanno portato i compositori dell’epoca a

comporre utilizzando raziocino, e come questa concezione abbia avvicinato la musica alla retorica, dato che essa è fondata su basi razionali.

Tra il ‘400 e il ‘500 si partecipa ad un netto cambiamento nei musicisti occidentali,

da una parte quelli più attenti a ciò che è matematico, dall’altra quelli più interessati al significato della parola. Difatti nel corso del XVI secolo si assiste alla poetica degli affetti, nonché la teoria che accomuna in maniera più profonda il medesimo

interesse della poesia e della musica, ovvero la capacità di trasmettere all’uditore delle emozioni e degli stati d’animo. La musica descrive ora le immagini e i valori

del testo tramite una spiegazione logica della parola, sollecitando sensazioni sul piano emotivo. Per fare ciò si utilizzavano tecniche proprie della retorica, e

adottando per esempio precisi intervalli a determinati sentimenti o anomalie

armoniche.38 La retorica era al centro della vita culturale, veniva studiata sia a scuola che nelle università ed essendo solitamente i compositori frequentatori di quegli

ambienti, studiavano la materia in prima persona.39 A fine secolo l’influenza del linguaggio sulla musica era talmente radicata che Joachim Burmeister, teorico e compositore tedesco, realizza il primo di molti trattati sul rapporto tra musica e retorica.40 37 Ibid. p.53

38 https://it.wikipedia.org/wiki/Retorica_musicale#La_teoria_degli_affetti consultato il 19.09.21 39 HANS-HEINRICH UNGER, Musica e Retorica fra XVI e XVIII secolo, ALINEA editrice s.r.l., Firenze, 2003, p.44 40 Ibid. p.63

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3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Verso la fine del XVIII secolo con l’avvento dell’estetica romantica, si ha un avvicinamento ad un’ispirazione individualistica ed un allontanamento dai concetti messi in risalto dalla retorica musicale.

Nei secoli successivi non si fece riferimento alla materia, ma la musica creata è stata sicuramente condizionata dalle correnti precedenti, sia per influenze dirette che per necessita di contrapposizioni, e quindi in qualche modo la musica successiva è tale anche grazie all’importanza che la retorica musicale ha dato nel suo periodo di maggiore fioritura.

3.2. Figure La maggior parte delle figure che riporterò in questo paragrafo prendono la loro origine dalla retorica classica, anche se non tutte hanno mantenuto lo stesso significato; altre sono solo figure musicali il cui obiettivo è l’illustrazione del testo

nella corrispettiva trasposizione in musica. Unger afferma: “I teorici (…) nel collegare figure retoriche a date forme musicali cercarono senza dubbio di

rispettarne il significato originale. (…) Pertanto è innegabile che la dottrina delle figure musicali si è sviluppata grazie all’accurata imitazione della retorica, il che

implica anche una traduzione in musica di gran parte dei contenuti semantici delle figure retoriche.”41

L’utilizzo dell’analisi retorica può essere utile anche per la comprensione di brani strumentali, avere la conoscenza delle principali tecniche retorico-musicali può aiutare nella fase di ricerca interpretativa. Di seguito elencherò alcune delle molteplici figure utilizzate in musica che Unger cita nel suo libro. •

Anabasi: ascesa melodica utilizzata per descrivere sentimenti di esaltazione. Al contrario si ha la catabasi, ovvero una discesa melodica che esprime sentimenti di abbattimento.

41 Ibid. p.147-148

39

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO



Circulatio: frase di ornamento circolare raffigurante parole che esprimono movimento.



Pathopoeia: espressione che suscita forti emozioni, sia di gioia che di dolore, mediante l’utilizzo di dissonanze e/o cromatismi, per creare un effetto che

non rimanga indifferente all’ascoltatore. Una forma di pathopoeia è il passus durisculus, nonché un movimento cromatico ascendente o discendente che copre una quarta e denota sofferenza e affanno. •

Noema: si usa per risaltare il contenuto di una sezione/frase contenente dei significati importanti, essi vengono espressi cercando di attuare una

distinzione stilistica rispetto a ciò che li circonda. Nella polifonia si traduce in una andamento omofono delle voci. •

Aposiopesi: indica la pausa. Il silenzio aveva un forte carattere simbolico di morte ed eternità o anche di sospiro, in quest’ultimo caso prende il nome di tmesis.



Ellissi: tecnica tramite la quale un sentimento assume maggiore importanza quando la frase che lo contiene, dopo essere stata rimarcata in maniera

esaustiva, viene lasciata con un arresto improvviso e fatta proseguire con un’idea diversa, o tramite un’omissione di cadenza, ovvero non tende a modulare dove ci si aspetterebbe. •

Tra le varie figure retoriche esistenti, quelle di ripetizione hanno come fine

quello di enfatizzare un concetto, nonché esaltare una determinata parola e passaggio musicale. Tra le altre evidenzio 1) l’anadiplosi, che consiste nell’utilizzo della fine della frase precedente come mezzo per iniziarne una

nuova; 2) l’anafora, dove invece è la frase iniziale che viene ripetuta in successione; 3) il poliptoto, in cui la frase viene ripetuta con delle variazioni di registro.

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3. MUSICA E SENSO SEMANTICO



Parresia: è l’utilizzo ingegnoso tramite cui si esprime un passaggio dissonante, derivante dall’andamento logico delle voci. In retorica si utilizza per dire qualcosa di aspro ma attenuandolo in modo da non offendere nessuno.



Antitesi: si usa quando un materiale tematico contrastante è affiancato o suonato simultaneamente e quindi messo in relazione. Per esempio, tramite

l’uso di consonanze seguite da dissonanze si esprimono sentimenti opposti e così la loro diversità è accentuata tramite il contrasto. •

Dubitatio: attraverso questa figura si esprime l’incertezza di un sentimento. Si può attuare tramite una modulazione incerta o attraverso un indugio sull’andamento melodico.

3.3. Esempi del legame testo-musica nel jazz Ad oggi il metodo della retorica musicale non viene utilizzato in modo analitico per

comporre, ma ritengo che conoscerne le principali tecniche possa portare ad un incremento del proprio bagaglio coloristico, a cui attingere in caso di necessità.

Nella musica il bisogno di trasmettere emozioni continua ad essere molto importante, affinità tra parola e musica si trovano in varie composizioni di generi

diversi. Probabilmente alcune tecniche della retorica musicale vengono usate senza saperne i nomi, alcuni accostamenti di parola a determinati tipi di accordi, melodia o altro, potrebbero derivare anche da una bagaglio culturale che la musica classica ci ha lasciato. In questo paragrafo riporterò degli esempi di alcune composizioni jazz in cui il testo è un elemento fondamentale nello sviluppo compositivo del brano, focalizzerò l’attenzione sulle analogie che sussistono tra le due arti, cercando di analizzare i

brani da un punto di vista retorico-musicale, con l’obiettivo di trovare dei

collegamenti tra il testo e la musica. Non utilizzerò i nomi delle figure

41

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

precedentemente elencate, che come abbiamo già visto, non vengono più usate in maniera così rigida.

Billy Strayhorn, Lush Life, 1933 – ca. 1936 Nonostante non sia un nome conosciuto al pari di altri della sua epoca, Billy Strayhorn è stato uno dei più importanti compositori e arrangiatori della storia della musica americana. La sua è una figura rimasta nell’ombra, la spalla fedele del celebre

Duke Ellington. Lush Life è tra le composizioni con la quale si presentò al famoso

compositore nel 1938 e fu una delle ragioni che gli permisero di lavorare al suo fianco nei successivi anni della sua vita fino alla sua morte. Il processo di scrittura e

pubblicazione di questo brano fu molto lento, iniziò a scriverlo a 18 anni e lo finì circa nel 1936, periodo in cui Strayhorn lo cantava e suonava frequentemente in contesti privati. Questo era un progetto che, come lui stesso disse, teneva per se

stesso.42 Solo nel 1948 venne eseguito e pubblicato per la prima volta in un

concerto di Ellington con la sua orchestra alla Carnegie Hall di New York: una performance intima, in duo, alla voce Key Davis e al pianoforte Strayhorn. 43 Forse è stato il lungo periodo passato a comporre questo brano che gli ha permesso di

mettere cura in ogni minimo particolare, creando così uno degli standard più belli mai scritti.

Tradotto letteralmente lush life sta per vita lussureggiante, tuttavia lush nel linguaggio colloquiale può significare anche ubriacone. ll connubio tra i due termini porta più vicini al senso ermeneutico del titolo: eleganza e alcolismo sono i riflessi della vita dell’uomo che l’ha scritta, un autoritratto di sé stesso nel futuro. In questo

brano il verse, introduzione solitamente facoltativa negli standard jazz, gioca un ruolo fondamentale per l’integrità della canzone: la sua esecuzione è imprescindibile per capire il contesto della narrazione.

42 D. HAJDU, Lush Life – a biography of Billy Strayhorn, North Point Press, New York, 1996, p.110 43 https://www.jazzstandards.com/compositions-0/lushlife.htm consultato il 17 ottobre 2021

42

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Riporto di seguito il testo in modo che sia più facile seguirne l’analisi44. I used to visit all the very gay places, those come-what-may places Where one relaxes on the axis of the wheel of life To get the feel of life from jazz and cocktails The girls I knew had sad and sullen gray faces with distinguée traces That used to be there you could see where they’d been washed away

A (Verse)

A1 (Verse)

By too many through the day, twelve o’clock tales Then you came along with your siren song To tempt me to madness!

I thought for a while that your poignant smile was tinged with the sadness

B (Verse)

Of a great love for me

Ah yes, I was wrong, again, I was wrong Life is lonely again and only last year everything seemed so sure

Now life is awful again, a trough full of hearts could only be a bore

C (Tema)

A week in Paris will ease the bite of it

D (Tema)

I’ll forget you, I will, while yet you are still burning inside my brain

C1 (Tema)

All I care is to smile in spite of it

Romance is mush stifling those who strive I’ll live a lush life in some small dive

E (Tema)

And there I’ll be while I rot

With the rest of those whose lives are lonely too

44 La trascrizione degli accordi e della melodia di Lush Life riportata in questa tesi è presa dalla versione di Billy Strayhorn registrata a Basin Street East a New York il 14 gennaio, 1964. Il brano è contenuto nella compilation “BILLY STRAYHORN – LUSH LIFE”, Red Baron, US, 1992.

43

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Il canto sillabico è presente dall’inizio alla fine, ovvero ogni sillaba corrisponde ad una nota, denotando così che il senso delle parole è essenziale e la forma in cui è

scritto ne facilita la sua comprensione. Inoltre sono presenti molti ribattuti che aiutano maggiormente l’intelligibilità testuale. Lush Life è un esempio singolare per un’analisi di tipo retorico-musicale dato che testo e musica sembrano muoversi insieme, influenzandosi reciprocamente. In A e A1 la gravità è su Db maggiore, tonalità caratteristica del brano; qui il narratore introduce il contesto della storia in prima persona. Le frasi sono tutte in

rima, la risoluzione della fine di A si ha sulla fine di A1, infatti jazz and cocktails risolve su twelve o’clock tales. In queste prime due sezioni descrive la sua vita prima

del futuro incontro che porterà alla sezione B. Parlando al passato racconta delle nottate passate a rilassarsi in posti sontuosi, tra cocktails e jazz, per avere il brivido

di vivere la vita, la cosiddetta lush life. La tonalità maggiore crea un mood vivace che contiene però anche delle sfaccettature opposte: Strayhorn utilizza determinati escamotage armonici per tramutare certi sentimenti in musica. Parallelamente a questo percezione di vivere la vita sulla cresta dell’onda infatti, ci sono dei punti che

fanno capire come in realtà questa facciata sia una maschera che nasconde appunto sad and sullen gray faces, facce tristi, imbronciate e cupe.

Figura 10: sezione A di Lush Life

44

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

La successione armonica e melodica di questa parte sembra procedere senza nessun tipo di elemento che susciti sentimenti bui, con delle eccezioni. La prima cosa che si può notare è come le frasi, libere e dettate dai respiri naturali del parlato, procedano

con un andamento anabasico e seguendo le regole della retorica musicale delineano

un sentimento di esaltazione. Si noti come questo principio, in linea con la sezione A, si interrompa a metà della quinta battuta, proseguendo nella sesta e settima,

lasciando spazio alla catabasi e portando con sé dei sentimenti di abbattimento. A rafforzare la percezione di un mood più cupo si aggiungono due fattori: 1) Il tritono

a battuta 5 tra l’Abm7 e D9, accordo utilizzato per tornare a Db maggiore. Questa dissonanza sembra addentrarsi improvvisamente dentro ad un clima più tetro,

contrapponendo i temi e l’armonia presentata fin’ora ad un intervallo secco, duro, che spezza la vivacità della sezione. 2) L’intervallo di sesta minore ascendente che si

trova nella melodia a battuta 6 tra il la bemolle e il mi naturale. La prorompenza di intervalli che vanno a toccare la quinta bemolle e la nona maggiore di un accordo di dominante, mettono in contrapposizione il senso semantico positivo delle parole per

avere la sensazione della vita, tra jazz e cocktails 45 ad una melodia dissonante che sembra portare dentro di sé una maschera di tristezza e oscurità. Notare che nella

versione di Strayhorn del ‘63 contenuta nel suo album THE PEACEFUL SIDE OF JAZZ e nelle versioni comunemente suonante, la melodia è leggermente diversa:

Figura 11: estratto di Lush Life

In questo caso è il tritono l’elemento dissonante che porta la sfaccettatura del significato narrativo.

L’unica parte in minore è la B, che si basa prevalentemente su un pedale di Fm, il terzo grado della tonalità precedente. In questa seconda metà del verse è presentato 45 “To get the feel of life, from jazz and cocktails”

45

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

il soggetto che reca la sofferenza, la descrizione dell’amore tormentato vissuto dal narratore. Le prime due frasi sono caratterizzate da una melodia che cresce fino a

culminare su madness e successivamente sadness, i due punti più intensi di questa parentesi. Nonostante la melodia di queste due frasi sia pressoché uguale, c’è una nota, una raffinatezza che porta ad una riflessione sull’influenza testo-musica. A

battuta 17, dove il testo recita madness, il tritono tra re naturale e la bemolle e la relazione di tono e terza maggiore con il precedente e successivo do, trasporta l’ascoltatore verso la sonorità enigmatica del modo dorico; mentre a battuta 21, su

sadness, si vede come il compositore abbia accostato il modo eolio, tramite la presenza della nota re bemolle, ovvero della sesta minore della scala, alla parola

tristezza. Inoltre la frase non finisce su questo culmine ma scende fino alla nota fa di battuta 23, che assume la funzione di tensione essendo la quarta eccedente di B7. Tale soluzione armonica fa sì che l’ascoltatore si ritrovi immerso in una scala

esatonale, portatrice di sensazioni di sospensione. In realtà nella versione in cui canta Strayhorn la melodia di battuta 21 non cade sul re bemolle ma ribatte il do e sostituisce il la bemolle con un si bemolle:

Figura 12: Estratto di Lush Life

In questo caso la melodia non marca il re bemolle, però la sua presenza si fa sentire tramite la settima dell’accordo diminuito E, che in contrasto con il do della melodia

a distanza di semitono, direziona la sonorità di questo frammento verso una sonorità triste. In tutte le altre versioni la parte di riferimento è senza dubbio quella riportata a figura 12.

Da notare la sequenza armonica di battuta 22-23: Eb-9 e Ab9 sono un II V che

dovrebbero portare al primo grado, nonché Db maggiore, invece la cadenza su B9, il settimo grado bemolle, sembra specchiarsi nella figura della dubitatio, in cui il

46

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

dubbio che porta il narratore a pensare di star vivendo un amore ricambiato pensai per un attimo che il tuo sorriso commovente fosse tinto dalla tristezza di un grande amore per me46, viene tradotto con una modulazione confusa e inaspettata.

La risoluzione finale e l’esito morale della storia si ha con la sequenza armonica

delle ultime due battute di B: mantenendo al basso la dominante, Strayhorn passa da un accordo sospeso ad uno alterato, introducendo così la sezione successiva.

Figura 13: sezione B di Lush Life

Elemento caratteristico della sezione C e C 1 è il movimento tra Db maggiore e D lydian dominant, dove la melodia si sposta cromaticamente tra i due accordi passando continuamente tra le due scale, che in relazione hanno solo il do e il la bemolle.

L’affiancamento di due accordi che in comune hanno così poco, fa sì che la melodia

risulti accentuata tramite il contrasto e di conseguenza anche il messaggio testuale assume una connotazione maggiore. In questo passaggio è contenuta la delusione di

un amore non corrisposto e la consapevolezza che la vita è di nuovo solitaria47, ovvero la conclusione di ciò che è stato raccontato nel verse.

Strayhorn utilizza cromatismi e cadenze di II-V-I con sostituzioni di tritono per 46 “I thought for a while that your poignant smile was tinged with the sadness of a great love for me” 47 “Life is lonely again”

47

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

spostarsi da Db ad altre tonalità. Per esempio a battuta 31-32 si dirige verso E maggiore, nuova tonalità che sembra essere usata come flashback in linea con il testo in cui parla al passato, in contrapposizione con la prima parte in Db in cui si racconta al presente: life is lonely again, and only last year, everything seemed so sure.

Figura 14: sezione C di Lush Life

Figura 15: sezione C1 di Lush Life

In D Strayhorn racconta di ciò che lo farebbe stare meglio: una settimana a Parigi e il sorridere al di là di tutto48. Anche l’armonia sembra rispecchiare il cambio drastico di contenuto testuale, questa volta positivo e speranzoso, appoggiandosi dunque su tre nuove tonalità maggiori: Ab, D e C. Tale concetto è enfatizzato dal fatto che la melodia delle due frasi è la stessa che viene rimarcata con un cambio di registro.

Figura 16: sezione D di Lush Life

In C1 tornano i temi del tormento e della tristezza e riappare la gravità di Db maggiore.

48 “A week in Paris will ease the bite of it, all I care is to smile in spite of it”

48

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Successivamente la disperazione di ti dimenticherò, lo faro, mentre tu ancora bruci nella mia mente49, lascia spazio al cinismo dell’ultima sezione. In E il testo sembra essere un epitaffio alla ruvida brutalità dell’amore, in cui sembra che il narratore si lasci cadere nel vortice della solitudine, dicendo che rimarrà a

marcire con il resto di coloro le cui vite sono altrettanto sole 50. Parallelamente anche gli accordi esprimono una successione di cadenze verso la gravità di Db.

Nella prima versione del brano pubblicata nel ‘48 con Key Davis 51, nella versione in solo piano e coro di Strayhorn del ‘6352 e nella sua versione live al piano e alla voce del ‘6453, la parola rot ovvero marcire, a battuta 50, viene enfatizzata tramite un accento staccato nella pronuncia della parola e nell’accompagnamento, andando a creare così una pausa di sospensione che sofferma l’attenzione dell’ascoltatore sul vocabolo.

Figura 17: bat. 45-50, sezione E di Lush Life

Le ultime due battute della sezione sono costruite per moto contrario: l’idea degli accordi è quella di avere un movimento cromatico discendente, mentre la melodia

sale cromaticamente fino ad arrivare alla terza dell’accordo. Questa contrapposizione

49 “I’ll forget you, I will, while yet you are still burning inside my brain”

50 “And there I’ll be while I rot with the rest of those whose lives are lonely too” 51 Duke Ellington Orchestra, LIVE AT CARNEGIE HALL, Musidisc, New York, 13 novembre 1948.

52 Billy Strayhorn, Lush Life, THE PEACEFUL SIDE OF JAZZ, United Artists Records, Parigi, 1963. 53 Lush Life, registrata a Basin Street East, New York, 14 gennaio, 1964. Brano contenuto nella compilation BILLY STRAYHORN – LUSH LIFE, Red Baron, US, 1992.

49

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

rende la linea melodica carica di tensione e la sua risoluzione a battuta 52 diventa ampiamente attesa.

Figura 18: bat. 51-52 di Lush Life

Riassumendo possiamo dunque elencare alcuni degli elementi che il compositore ha utilizzato per dirigere la composizione seguendo la narrazione del testo: •

una tonalità per descrivere il suo stato d’animo generale all’interno del brano, nonché Db;



le modulazioni in altre tonalità per esprimere concetti narrativi diversi;



intervalli sia nella melodia che nell’armonia che ricorrono quando deve enfatizzare emozioni particolari, per esempio il tritono, la sesta minore o la seconda minore.

Charles Mingus, Eclipse, 1953 Charles Mingus, uno dei maggiori punti di riferimento nel jazz, registrò per la prima volta Eclipse nel ‘53 con Janet Thurslow54 alla voce. Le altre sue versioni registrate

sono quella con la cantante Lorraine Cusson nel ‘60 55 e quella con la cantante Honey Gordon nel ‘7256. La scelta di analizzare questo bano risiede nel fatto che i contrasti armonici sono in linea con il contenuto lirico forte ed evocativo, rendendo la relazione testo e musica imprescindibile anche in questo caso.

La struttura del brano è ABCA1, dove ogni sezione musicale corrisponde ad una sezione testuale diversa riguardo al contenuto narrativo trattato.

54 Charles Mingus, AUTOBIOGRAPHY IN JAZZ, Debut, Us, 1953. 55 Charles Mingus, PRE-BIRD, Mercury Records, New York, 1961.

56 Charles Mingus, CHARLES MINGUS AND FRIENDS IN CONCERT, Columbia, New York, 1972.

50

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Figura 19: Eclipse - Charles Mingus

Le A hanno un chiaro riferimento all’eclissi solare, dove l’incontro tra sole e luna crea l’abbraccio dei colori bianco e nero. Questa metafora si riflette nel contenuto tematico della prima e ultima sezione e nel contesto in cui poi è sviluppata l’intera

storia narrativa: l’amore interrazziale. Le due A stanno agli estremi del brano ad

incorniciare la serie di eventi che scaturiscono nelle altre sezioni, come riflesso di ciò che comporta questa eclissi d’amore. Interessante anche l’utilizzo verbale del

primo verso di A e A1, in cui meets diventa has met. L’'inizio del presente denota un avvenire di qualcosa, mentre l’utilizzo del passato mette un punto alla storia precedentemente raccontata. Ciò è in linea con il loro ruolo di cornice del brano, racchiudendo al loro interno il resto degli eventi.

Da notare come le A siano composte da due accordi che si ripetono atterrando sulla gravita di Eb maggiore, in cui il primo Db7#9 tramuta successivamente in Dbmaj7. Sembra come se la scelta dei due accordi si rispecchiasse nei due soggetti sole e luna, dove il cambio tra la settima minore del primo accordo, tensivo e alterato, si

51

3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

trasforma in un accordo di settima maggiore a battuta 3. Ciò riflette i sentimenti metaforici dell’amore tra una persona bianca e una nera, ovvero sia la tensione di quello che le persone potevano pensare, che la bellezza del sentimento amoroso. Tali concetti contrastanti vengono approfonditi nelle successive sezioni. La B recita: le persone passano di lato, gli occhi alzati e imbronciati, per loro è un’immagine che vedono raramente. Alcuni guardano attraverso gli occhiali pieni di fumo,

nascondendo i loro occhi; altri pensano sia tragico, sogghignando quando il buio incontra la luce.57 Questi versi rappresentano l’immagine della resistenza sociale, il razzismo che nasceva nelle persone bianche nel vedere insieme due persone con la pelle diversa. La tensione derivante dalle parole è rappresentata molto bene da alcuni elementi

presenti nell’armonia e nella melodia: dalle molteplici dissonanze presenti nella sezione e dal fatto che le frasi sono posizionate sugli accordi in modo da non risaltare il collegamento tra II V diversi. In questo modo viene enfatizzato l’ausilio di molteplici tonalità che si susseguono in modo irrequieto58.

Figura 20: sezione B di Eclipse

Considerare che nelle prime due registrazioni di Eclipse, le prime battute della B sono suonate diversamente e aggiungono una coloritura ancora più tensiva:

Figura 21: bat.1 versione del '53

Figura 22: bat.1-2 versione del '60

57 “People go around, eyes look up and frown, for it’s a sight they seldom see. Some look through smoked glasses hiding their eyes, others think it’s tragic sneering as dark meets light.”

58 Le note in rosso delle figure che seguono descrivono le note dissonanti.

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3. MUSICA E SENSO SEMANTICO

Il tema di C evoca la vincita dell’amore: ma al sole non interessa e la luna non ha paura per il destino che fa la sua scelta.59

La contrapposizione dei temi di C e B è ben udibile a livello musicale. Innanzitutto, il cambio da una stanza così dissonante ad una soave e lirica, è risaltato dal fatto che da Gmaj7 si passa a Emaj7 facendo un salto di terza minore ed interrompendo il

flusso di discesa di tono delle quattro battute precedenti. Inoltre è di rilievo come il

passaggio a C sia anticipato dalle parole dark meets light, buio incontra luce, palesando come la sezione B riguardi un tema cupo e la C uno sereno. Il collegamento tra le due sezioni è evidenziato anche dalla nota si che viene ribattuta a battuta 12 e 13

ma che risolve solamente sul primo grado di battuta 14. Quest’ultimo collegamento

di nota anticipa quello che sarà l’andamento delle successive quattro battute dove, a differenza della sezione precedente, i movimenti melodici collegano ogni accordo al successivo.

Figura 23: sezione C di Eclipse

È messa in risalto la nota in rosso della figura 22 perché è l’unica tensione

dissonante della sezione C ed è singolare come essa cada proprio sulla parola fear, ovvero paura.

59 “But the sun doesn’t care and the moon has no fear for destiny’s making her choice.”

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CONCLUSIONI

CONCLUSIONI Abbiamo evinto come la lingua possa essere portatrice di suono. Questo apre molte porte al compositore: difatti il testo in un brano non dev’essere necessariamente relegato al suo ruolo narrativo, ma può nascere anche solo per un’esigenza di suono

e quindi ricadere sulla musicalità delle sillabe che lo compongono. La scomposizione della parola in sillabe, l’utilizzo di linee melodiche sovrapposte, o ancora la ritmicità stessa della parola sono tutti fattori che influiscono sul risultato sonoro finale. L’esempio

più

comune

di

un

linguaggio

semanticamente

vuoto

si

ha

nell'improvvisazione vocale, che come abbiamo visto fa spesso largo uso di sillabe

prive di un significato letterale, giocando con esse per la loro funzione sonora ed usandole da canovaccio per la creazione di linee melodiche. D’altro canto, il linguaggio può essere il direttore d’orchestra dell’andamento musicale attraverso il suo senso semantico, andando a dirigere e direzionare l’armonia e la melodia.

Al lavoro di ricerca per la tesi se n’è accostato uno di composizione di alcuni brani, prendendo ispirazione dai capitoli tratti in esame.

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56

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