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Italian Pages 368 Year 1970
S. TOMMASO D'AQUINO
LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA XXVI
PASSIONE E GLORIA DEL REDENTORE (III, qq. 46-59)
CASA EDITRICE ADRIANO SALANI
Nihil obstat Fr. Ludovicus Merlini, O. P. '. An TERTIUM DICENDUM quod, sicut Hieronymus dicit, 4 Super Mattk. [4 Comment., ad 27, 33], « quidam exposuit "calvariae ]ocum ", in quo sepultus est Adam: et ideo sic appellatum quia ibi antiqui hominis sit conditum caput. Favorabilis interpretatio, et mulcens aures populi : nec tamen vera. Extra urbem enim, et foris portam, loca sunt in quibus truncantur capita damnato-
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danne capitali : esso fu pf"rciò denominato luogo del te.;;rchio dai decapitati. Quindi GeRÙ volle essere cro(·ifi~so per innalzare ìl vessiJlo del martirio là dove c'era prima il campo rtei condannati. Quanto poi ad Adamo risulta dal Li,bro di Giosuè che era sepolto ad Ebron ». 1 Ed era giusto chP Cristo fosse crocifi~so nel luogo dove comunemente si eseguivano le condanne piutto~to che presso il sepolcro di Adamo, per most.rare che la croce rii lui non riparava soltanto il peccato per~onale di Adamo ma i peccati di tutto il mondo.
ARTICOLO I( Se era eonveuiente che Cristo fosse crocifisso tra i ladroni.
SEMBRA che non fosse conveniente che Cristo venisse crocifisso tra i ladroni. Infatti : 1. S. Paolo scrive : « Che cosa ha a che fare la giustizia con l'iniquità ? ». Ora, «Cristo è stato per noi costituito giustizia da Dio &, mentre è propria dei ladroni l'ingiustizia. Perciò non conveniva che Cristo fosse crocifisso coi ladroni. 2. Commentando le parole di Pietro, «Se occorresse morire per te, non ti rinnegherò », Origene scrive : « Morire con Gesù che moriva per tutti, non era da uomini». E S. Ambrogio, commentando l'altra espressione : «Per te sono pronto a subire il carcere e la morte », osi:ierva : «Il Signore può avere degli imitatori, ma non degli eguali •>. Molto meno quindi era opportuno che Crh~to nella passione fosse accomunato con dei ladroni. 3. In S. Matteo si legge : « I ladroni crocifissi con lui Io insultavano ». In vece S. Luca afferma che uno dei crocifissi con Cristo gli diceva : « Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno ». Sembra quindi che oltre i ladroni che lo bestemmiavano, fosse crocifisso con lui uno che non bPstemmiava. Perciò sembra che gli Evangelisti non abbiano descritto con esattezza la crocifissione di Cristo tra due ladroni. IN CONTRARIO : Isaia a ve va profetato : « Ed è stato annoverato tra i malfattori ». RISPONDO : I motivi per cui Cristo fu crocifisso tra i ladroni furono ben diversi nell'intenzione dei giudei e nel piano divino. Infatti nell'intenzione dei giudei la crocifissione tra i due ladroni doveva servire, come scrive il Crisostomo, 2 «a coprirlo dello stesso i Accoglfendo nella. Somma questo lungo brano di S. Olrola.mo, S. Tommaao mostra di non , scrivendo che «i ladroni lo insultavano&. Oppure si può ritenere con S. Girolamo che «in un primo tempo entrambi lo bestemmiavano; e che in seguito, vedendo i prodigi, uno abbis. creduto ». 1
• Sacrammlum In questo caso può tradursi ugualmente bene col termine mistero : purché non si escludano gli altri sign.iflcatf religiosi racchiusi nel termine sacram.enlo.
LA PASSIONE DI CRISTO
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a.utem ubique crux honoratur. Reges [Lib. contra ludaeos etc., quod Ckristus sit Deus, n. 8], diademata deponentes, assumunt orucem: in purpuris, in diadematibus, in armis, in mensa sacrata, ubique terrarum crux emicat ». Quantum vero ad Dei ordinationem, Christus cum latronibus orucifixus est, quia, ut Hieronymus dicit, 4 Super Matth. [ad 27, 33], « sicut pro nobis maledictum crucis factus est Christus, sic, pro omnium salute, inter noxios quasi noxius crucifigitur ». Secundo, ut dicit Leo Papa, in Sermone De Passione [serm. 55, o. l ], « duo latrones unus ad dexteram alius ad sinistram crucifiguntur, ut in ipsa patiboli specie demonstraretur illa quae in iudicio ipsius omnium hominum facienda est discretio ». Et Augustinus dicit, Super loan. [tract. 31] : « Ipsa crux, si attendas, tribunal fuit. In medio enim iudice constituto, unus, qui credidit, liberatus ; alius, qui insultavit, damnatus est. Iam significabat quid facturus est de vivis et mortuis, alios positurus ad dextram et alios ad sinistram ». Tertio, secundum Hilarium [Comment. in Mattk., c. 33], «duo latrones laevae ac dextrae affiguntur, omnem humani generis diversitatem vocari ad sacramentum passionis Domini ostendentes. Sed quia per diversitatem fidelium atque infidelium fit omnium secundum dextram et sinistram divisìo, unus ex duobus, ad dextram situs, fidei iustificatione salvatur ». Quarto quia, ut Beda dicit, Super Mare. [4 Exposit., ad 15, 27], « latrones qui cum Domino crucifixi sunt, significant eos qui, sub fide et confessione Christi, vel agonem martyrii vel quaelibet. arctioris disciplinae instituta subeunt. Sed qui hoc pro aeterna gloria gerunt, dextri latronis fide designantur: qui vero humanae laudis intuitu, sinistri latronis mentem imitantur et actus ». An PRIMU:M ERGO DICENDUM quod, sicut Christus debitum mortis non habuit, sed mortem voluntarie subiit ut sua virtute vinceret mortem, ita etiam non habuit meritum ut cum latronibus poneretur, sed voluit cum iniquis deputari ut sua virtute iniquitatem destrueret. Unde Chrysostomus dicit, Super loan. [homil. 85], quod « latronem in cruce convertere et in paradisum inducere, non minus fuit quam concutere petras ». An SECUNDUM DICENDUM quod non conveniebat quod cum Christo aliquis alius pateretur ex eadem causa. Unde Origenes ibidem subdit: « Omnes fuerant in peccatis, et omnes opus habebant ut pro eis alius moreretur, non ipsi pro aliis ». An TERTIUM DIOENDU:M quod, sicut Augustinus dicit, in libro 3 De Consensu Evang. [c. 16], possumus intelligere Matthaeum t posuisse pluralem numerum pro singolari », cum dixit, « latrones improperabant ei ». Vel potest dici, secundum Hieronymum [4 Comment. Ì?J Mattk. ad 27, 44], quod «primum uterque blasphemaverit ; deinde, visis signis, unus eorum cre4iderit ». Poiché S. Ilario, come altri scrittori cristiani dell'epoca. tende ad arrlcohire e non a depurare I& lingua di cui si serve.
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 46, a. 12
ARTICOLO 12 Se la passione di Cristo si possa attribuire alla sna divinità.
SEMBRA che la passione di Cristo si debba attribuire anche alla sua divinità. Infatti; 1. S. Paolo afferma : «Se l'avessero conosciuto non avrebbero crocifisso il Signore della gloria ». Ma Cristo è il Signore della gloria secondo la sua divinità. Perciò fa passione a lui va attribuita secondo la divinità. 2. Principio della salvezza umana è la divinità stessa, secondo le parole del salmista : \.SSe p88Slonis Dei mei •, Rmn., c. V I, 3). Esse sono ispirate dalla pietà e dall1:1. pura fede nella divinità di Cristo, non già dalla polemica o dal punti· glio : o noJ contPBto tro~ano la loro giusta spiegazione. - In un primo tempo Roma tollerò la formula di Pietro Fullone introdottasi none chiese monofisite: ma nel 1677 e nel Ix3:i l8 proibl espressa.monte agli Armeni uniti. NoJ secolo VI aveva avuto fortuna una formula monoftslta, che dopo viva.cl con· trasti venne accettata anche dai cattolici : • Unus de Trinitate cruclftxus est •. Essa rfoopla quasi alla lettera la formula di S. Cirillo, riferita da ~. Tommaso stesso nel Ris'poruùJ. L'imperatore Giustiniano la incluse nella professjone di fede emanata il 15 Marzo 533, e i Papi Giovanni II e Vigi1io si adattarono a riconoscerne l'ortodosaia, mentre il Papa. Ormisda prima di loro si era rifiutato di farlo (cfr. CARBONE V. • Teopaschiti •. in Enc. Oatt., Xl, ooll. 197 7 s. ; AM.ANN E •• • Théopuchlte (oontrover· ae) •. D. T. c .. XV, coli. 606·6U).
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 46, a. 12
2. Come si legge negli atti del Concilio di Efeso, «la morte di Cristo, quale morte di un Dio», data cioè l'unione ipostatica. «ha distrutto la morte : poiché si trattava di un uomo-Dio » che accettava la sofferenza. «Ma non fu la natura di Dio ad essere colpita : o a subire le sofferenze con le loro vicissitudini». 3. Come si dice in quel medesimo testo, «i giudei non crocifissero un puro uomo, ma ingiuriarono Dio stesso. Supponiamo, p. es., che un re si esprima a parole, e che queste, scritte su una carta e indirizzate alle sue varie città, vengano lacerate da un ribelle che strappa quella carta. Costui viene condannato a morte, non perché strappa della carta, ma perché tenta di distruggere le parole del re. Perciò il giudeo non si sente tranquillo per aver crocifisso un puro uomo. Ciò che egli vedeva era infatti come la carta : ma quanto in essa si celava era il Verbo regale, nato [da Dio] per natura, non già proferito con la lingua ».
LA PASSIONE DI CRISTO
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AD SECUNDUM DJCENDUM quod, sicut dicitur in quodam sermone Ephesini Concilii [Act., P. III, c. 10, homil. 2 Theodot. Ancyr.], quod . Ora, questo non avverrebbe, se essi non avessero conosciuto che egli era Figlio di Dio: perché l'ignoranza li avrebbe scusati. Perciò i giudei che crocifissero Cristo sapevano che egli era Figlio di Dio. IN CONTRARIO : S. Paolo afferma : «Se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria•· S. Pietro inoltre cosi disse ai giudei : «Io lo so che avete agito per ignoranza, come i vostri capi ». E il Signore mentre pendeva dalla croce pregò : «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che essi fanno•· RISPONDO : Parlando dei giudei bisogna distinguere tra maggiorenti e la gente dcl popolo. I maggiorenti, che erano detti loro principi, certo lo conobbero, secondo l'autore delle Quaestiones Novi et Veteris Testamenti, 2 come del resto gli stessi demoni riconobbero che egli era il Cristo promesso: «infatti essi vedevano avverarsi in lui tutti i segni predetti dai profeti t. Essi però non conobbero la sua divinità: ecco perché l'Apostolo afferma, che «se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria». 3 1
Questi due ultimi articoli della q. 4 7 mettono bene a fuoco il problema della responsabilità morale dei giudei e dci gentili nell'uccisione di Cristo. L'artirolo 5 pa1 la della conoscenza che le parti in causa f'bbcro circa Ja rtignità della vitttm.a da esso sacrificata. Dal grado di conoE-ccnza raggiunto rlai vari attori d~I dramma dipende in gran parte la loro responsabilità. - II problema ò tornato di attualità in seguito a1le vivaci discussioni fatto durante il Concilio Vaticano ·II, a proposito della d lchiarazione N ostTa_adatt:_(n. 4)_sulle religioni non cristiane. Dato Il cara.ttere
LA CAUSA
EFFICI&~TE
DELLA PASSIONE DI CRISTO
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ARTICULUS 5 Utrum persecutores Christi eum cognoverint. 3 Sent .• d. 19, a. 1, qc. 2, ad 5 ; In Malth., o. 21 ; 1 ad Car., c. 2, lect. 2.
An QUINTUM sic PROCEDITUR. Videtur quod persecutores Christi eum cognoverunt. Dicitur enim Matth. 21, 38, quod «agricolae, videntes filium, dixerunt intra se: Hìc est heres, venite, occidamus eum ». Uhi dicit Hieronym.us (6 Comment.] : « Manifestissime Dominus probat his verbis Iudaeorum principcs non per ignorantiam, sed per invidiam Dei Filium crucifixisse. Intellexerunt enim esse illum cui Pater per prophetam dicit : Postula a me, et dabo tibi gentes hereditatcm tuarn ». Ergo videtur quod cognoverunt eum esse Christum, vel Filium Dei. 2. PRAETEREA, Ioan. 15, 24 Dominus dixit : «Nunc autem et viderunt et oderunt et me et Patrem meum ». Quod autem videtur, manifeste cognoscitur. Ergo Iudaei, cognoscentes Christum, ex causa odii ei passionem intulerunt. 3. PRAETEREA, in quodam Sermone Ephesini Concilii [.Act., P. III, c. 10, serm. 2 Theodoti Ancyr.] dicitur : « Sicut qui char. tam imperialem disrumpit, tanquam Imperatoris disrumpens verbum, ad mortem adducitur : sic crucifigens Iudaeus qucm viderat, poenas dabit tanquam in ipsum Deum Vcrbum praesumptiones iniiciens ». Hoc autem non esset si eum Dei Filium esse non cognoverunt : quia ignorantia eos excusasset. Ergo videtur quod Iudaei crucifigentes Christum cognoverunt eum esse Filium Dei. SED CONTRA EST quod dicitur 1 Gor. 2, 8 : «Si cognovissent, nunquam Dominum gloriae crucifixissent ». Et Act. 3, 17 dicit Petrus, Iudaeis loquens : « Scio quod per ignorantiam fecistis, sicut et principes vestri ». Et Dominus, in cruce pendens, dixit (Luc. 23, 34] : « Pater, dimitte illis : non enim sciunt quid faciunt 1>. RESPONDEO DICENDUM quod apud Iudaeos quidam erant maiores, et quidam minores. Maiores quidem, qui eorum (( principes » dicebantur, cognoverunt, ut dicitur in libro Quaest. Nov. et Vet. Test. (q. 66], sicut et daemones cognoverunt, « eum esse Chrii:;tum promissum in lege : omnia enim signa videbant in eo quae dixerant futura prophetae. Mysterium autem divinitatis eius ignorabant & : et ideo Apostolus dixit quod, «si cognovissent, nunquam Domi· num gloriae crucifixissent ». P&Btorale della d lchlarazione suddetta, è Pempre lecito Ol'li studiosi oa.ttollct prose· lt'UÌle l'indagine storica e teolog1ca eull'ergomento. •L'opera appartiene aU' Ambrosiaste, cioè a un "Ignoto esegeta del secolo IV o V, che gli eruditi non sono riusciti a individuare. Sappiamo soltanto che l'altra sua. opera, i! suo commento prcgevoliasimo alle epistole di S. Paolo, attribuito dal manoeerittl a S. Ambrogio, sicuramente non appartiene al grande vescovo della chiesa milanese. · 'L'Autore diatjngue bene tra. la. fedo nel Me&:ia e Ja. fede nella tillazione dfrina. E su tale distinzione insistono giustamente lt'll esegeti moderni.
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LA SOMMA TEOLOGICA, Ili, q. 4i, a. 5
Si noti però che tale ignoranza non li scusava dal delitto: perché si trattava di un'ignoranza affettata. Essi infatti vedevano i segni evidenti della sua divinità: mà per odio ed invidia verso Cristo li travisavano, e cosi non vollero credere alle sue affermazioni di essere il Figlio di Dio. Di qui le parole del Signore : «Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero peccato : ma ora non hanno nessuna scusa del loro peccato •>. E ancora : «Se non avessi compiuto tra loro le opere che nessun altro ha compiuto, non avrebbero peccato ». Perciò si possono applicare ad essi le parole di Giobbe : «Essi dissero a Dio : Allontanati da noi, noi non vogliamo conoscere le tue vie ». Il popolo invece, che non conosceva i misteri della Scrittura, non conobbe pienamente né che egli era il Cristo, né che era Figlio di Dio: sebbene alcuni del popolo abbiano creduto in lui. E anche se talora essi sospettarono che fosse il Cristo, per la molteplicità dei segni e per l'efficacia del suo insegnamento, come nota l'evangelista Giovanni, tuttavia poi furono ingannati dai loro capi, al punto di non credere né che era il Figlio di Dio, né che era il Cristo. Di qui le parole di S. Pietro : So che avete agito per ignoranza, al pari dei vostri capi 1>; cioè perché sedotti da essi. 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. Le parole suddette appartengono ai vignaiuoli, i quali nella parabola rappresentano i capi del popolo, che riconobbero in lui l'erede, in quanto capirono che egli era il Cristo promesso nell'antica legge. · Ma contro questa conclusione sembrano stare le parole del salmista : «Chiedi a me, e ti darò le genti per tuo retaggio»; poiché al Cristo cui si riferiscono viene anche detto : « Tu sei mio ]figlio, oggi io ti ho generato ». Quindi se i capi conobbero che [Gesù] era colui cui erano state indirizzate le prime, ne segue che conobbero anche esser lui il Figlio di Dio. - Inoltre il Crisostomo afferma, che «essi conobbero esser lui il Figlio di Dio >>. - E S. Beda, commentando le parole evangeliche, «Perché non sanno quello che essi fanno », ha scritto : « Si noti che egli non prega per coloro i quali capivano che egli era il Figlio di Dio, e preferivano crocifiggerlo piuttosto che riconoscerlo l>. A ciò si può rispondere che essi lo conobbero quale Figlio di Dio, non per natura, ma [di adozione] per l'eccellenza della sua grazia singolarissima. Tuttavia si può anche dire che l'abbiano conosciuto come vero Figlio di Dio, perché ciò risultava loro dall'evidenza dci segni, ai quali però per odio e per invidia non vollero arrendersi, riconoscendolo come Figlio di Dio. 2. Le parole suddette erano state precedute dalla frase : «Se io non avessi compiuto tra loro cose che nessun altro ha compiuto, non avrebbero peccato», e cosi seguono nel contesto : «Ora essi 1
Pen"liamo che S. TQmmaeo non avrebbe difficoltà a sottoscl'ivero le seguenti afl'er· mazioni del Concilio Vaticano II: t Come attesta la Sacra Scrittura, Gerusalemme non ba conosciuto 11 tempo della sua visita [Luc. J 9, 441 ; gll Ebrei, in gran parte, non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua di.ffn·
LA CAUSA
EFFICI&~TE
DELLA PASSIONE DI CRISTO
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Sciendum tamen quod eorum ignorantia non eos excusabat a crimine : q~ia erat quodammodo ignorantia affectata. Vìdebant enim evidentia signa ipsius divinitatis : sed ex odjo et invidia Christi ea pervertebant, et verbis eius, quìbus se Dei Filium fate .. batur credere noluerunt. Unde ipse de eis dicit, Ioan. 15, 22 : reintegrazione: I b) nell'eredità del cielo
(a.·5)
b) sul Capo del Corpo Mistico - esaltazione (a. 6)
QUAESTIO 49 De eft"ectibus passionis Christi in sea: articulos divisa.
DEINDE considerandum est de ipsis effectibus passionis Christi. Et circa hoc quaeruntur sex. Primo : utrum per passionem Christi simus liberati a peccato. Secundo: utrum per eam simus liberati a potestate diaboli. Tertio: utrum per eam simus liberati a reatu poenae. Quarto : utrum per eam simus Deo reconciliati. Quinto: utrum per eam sit nobis aperta ianua caeli. Sexto: utrum per ea.m Christus adeptus fuerit exaltationcm.
ARTICULUS I Utrum per passionem Christi simus liberati a peccato. Infra, q. 69, a. I. ad 2, 3; 3 Sent., d. 19, a. I ; Exposit. Jftt.; Compend. Theol., c. 239 ; In Svmb. Apost., art. 4.
An PRIMUM SIC PROCEDITUR. Vidctur quod per passionem Christi non simus liberati a peccato. Liberare enim a peccato est proprìum Dei : secundum illud Isaiae 43, 25 : « Ego sum qui deleo iniquitates . ·tua.a propter mc •>. Christus autem non est passus secundum quod ·Deus, sed secundum quod homo. Ergo passio Christi non liberavit nos a peccato. 2. PRAETEREA, corporale non agit in spirituale. Sed passio Christi corporalis est: peccatum autem non est nisi in anima, qua.e est spirìtualis creatura. Ergo passio Christi non potuit nos mundare a peccato. 3. PRAETEREA, nullus potcst liberari a peccato quod nondum oommisit, sed quod in posterum est commissurus. Cum igitur multa peccata post Christi passionem sint commissa, et tota die oommittantur, vidctur quod per passionem Christi non simus libera.ti a peccato. Per comprendere iJ disegno dell'Autore va notato che egli qui procede dal meno &l Più: poiché dagli effetti n. RESPONDEO DICENDUM quod passio Chrìsti est propria causa remissionis peccatorum, tripliciter. Primo quidcm, per modum provocantis ad caritatem. Quia, ut Apostolus dicit, Rom. 5, 8, 9: « Commendat Deus suam caritatem in nobis, quoniam, cum inimici essemus, Christus pro nobis mortuus est 1>. Per caritatem autem consequimur veniam peccatorum: secundum illud Luc. 7, 47: « Dimissa sunt ei peccata multa, quoniam dilexit multum ». Secundo, passio Christi causat remissionem peccatorum per modum redemptionis. Quia enim ipse est caput nostrum, per paseionem suam, quam ex cari tate et obedientia sustinuit, libera vit nos, tanquam membra sua, a peccatis, quasi per pretium suae passionis : sicut si homo per aliquod opus meritorium quod manu exerceret, redimeret se a peccato quod pedibus commisisset. Sicut enim naturale corpus est unum, ex membrorum divcrsitate consistens, ita tota Ecclcsia, quae est mysticum corpus Christi, computatur quasi una persona cum suo capite, quod est Christus. Tertio, per modum efficientiae : inquantum caro, secundum quam Christus passion, il cristiano non può essere configurato una seconda volta alla morte di Cristo con il sacramento del battesimo. Perciò coloro che peccano dopo il battesimo, devono confm·marsi al Cristo sofferente, mediante le penalità e le sofferenze che essi devono Ropportare. Ne bastano però molto meno di quelle che sarebbero richieste dal peccato, perché suffragate dalla soddisfazione data da Cristo. 1 3. La soddisfazione di Cristo ha effetto in noi, come sopra abbiamo notato, in quanto siamo incorporati a lui come le membra al capo. Ma è necessario che le membra siano conformi al capo. Quindi come Cristo in un primo tempo ebbe la grazia nell'anima unita alla passibilità del corpo, e giunse alla gloria dell'immortalità mediante la passione: cosi anche noi che ne siamo le membra siamo liberati mediante la passione dal reato di qualsiasi pena, però in modo da ricevere prima nell'anima «lo spirito di adozione proprio dei figli», che ci assicura l'eredità deHa gloria immortale, pur avendo ancora un corpo passibile e mortale; e solo in seguito, ; cioè in cielo, «per i1 sangue di Cristo». RISPONDO : La chiusura delle porte è un ostacolo che impedisce di entrare. Ora, agli uomini era impedito di entrare nel regno dei cieli per il peccato : poiché, come si esprime Isaia, «quella via sarà chiamata santa, e l'immondo non potrà percorrerla ». Ora, due sono i peccati che impediscono l'ingresso nel regno dei cieli. Il primo è quello comune a tutta la natura ùmana, cioè il peccato dei nostri progenitori. Ed esso aveva chiuso all'uomo la via del regno celeste : poiché come si legge nella Genesi, dopo il peccato del primo uomo « Dio collocò un cherubino con una spada fiammeggiante e roteante, per custodire la via dell'a1bero della vita&. - Il secondo peccato è quello personale di ciascuno, che ogni uomo commette con un proprio atto. Ora, mediante la passione di Cristo noi siamo liberati non solo dal peccato comune a tutto il genere umano, sia quanto alla colpa che all'annesso castigo, a~·endo Cristo soddisfatto per noi, ma anche dai peccati personali, partecipando noi alla sua passione mediante la fede, la carità· e i sacramenti della fede. Perciò la passione di Cristo ci ha aperto le porte del regno dei cieli. Di qui SEMBRA
1
S. Tommaso nel risolvere il quesito tiene presente la vtstone del mondo che era oomune al suol contemporanei. Egli ammette cioè al centro dell'universo visibile il
globo terraqueo, intorno al qwùe 81 muove un certo numero di sfere concentriche,
GLI EFFETTI DELLA PASSIONE DI CRISTO
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ARTICULUS 5 Utrum Christus sua passione aperuerit nobis ianuam caeli. Supra, q. 39, a. 5, ad 3 ; 3 Sent., d. I s. a. 6, qcc. 2, 3 ; d. 22, q. 3, a. I, ad 4; I, d. 4, q. 2, a. 2, qc. 6 ; In Symb. Apost., a. 4.
An QUINTUM src PROCEDITUR. Videtur quod Christus sua passione non aperuerit nobis ianuam caeli. Dìcitur enìm Proverb. 11, 18: «Seminanti ìustitiam merces fidelis ». Sed merces iustitiae est introitus regni caelestis. Ergo videtur quod sancti Patres, qui operati sunt opera iustitiae, fideliter consecuti essent introitum regni caelestis, etiam absque Christi passione. Non ergo passio Christi est causa apertionis ianuae regni caelestis. 2. PRAETEREA, ante passionem Christi, Elias raptus est in caelum, ut dicitur 4 Reg. 2, 11. Sed effcctus non praecedit causam. Ergo videtur quod apertio ianuac caelestis non sit effectus passionis Christi. 3. PRAETEREA, sicut legitur Matth. 3, 16, Christo baptizato •aperti sunt caeli ». Sed baptismus praecessit passionem. Ergo apertio caeli non est effectus passionis Christi. 4. PBAETE.REA, Mich. 2, 13 dicitur; « ABcendit pandens iter ante eos ». Sed nihil alìud videtur pandcre iter caeli quam eìus ianuam aperire. Ergo videtur quod ianua caeli sit nobis aperta, non per passionem, sed per ascensioncm Christi . . SEn CONTRA EST quod Apostolus dicìt, Heb. 10, 19: «Habemus fiduciam in introitu sanctorum», scilicet caelestium, «in sanguine Christi i>. REsPONDEO DICENDUM quod clausio ianuae est obstaculum quoddam prohibens homines ab ingressu. Prohibebantur autem homines ab ingressu regni caclestis propter peccatum : quia, sicut dicitur Isaiae 35, 8, «via illa sancta vocabitur, et non transi bit per eam pollutus ». Est autem duplex peccatum impediens ab ingressu regni caelestis. Unum quidcm communc totius humanae naturae, quod est pcccatum primi Parentis. Et per hoc peccatum praecludebatur homini aditus regni caelestis : undc legitur Gen. 3, 24 quod, post peccatum primi hominis, « collocavit Deus cherubim, et fiammeum gladium atque versatilem, ad custodiendam viam ligni vitae ». - Aliud autem est peccatum speciale uniuscuiusque personae, quod per proprium actum committitur uniuscuiusque hominis. Per passionem autcm Christi liberati sumus non solum a peccato oommuni totius humanae naturae, et quantum ad culpam et quantum ad reatum poenae, ipso solvente pretium pro nobis: sed etiam a peccatis propriis singulorum qui communicant eius passioni per fi.dem et caritatem et fidei sacramenta. Et ideo per passionem o clelt. TI più alto di cod~tf eieH, di cui parlano per primi Alcuni scrittori ecclesia· etici dell'alto medioevo, sarebbe stata la sede dci beati. Sostanzialmente è il quadro dell'universo che si riscontra nella Di'Dina Omnmedia dell'Alighieri lcfr. 1. q. 66, a.. 3).
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.LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 49, aa. 5-6
le parole di S. Paolo: «Cristo venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, mediante il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, ottenendoci una redenzione eterna ». E ciò era prefigurato nell'antica legge che obbligava l'omicida «a rimanere là &, cioè nella città di rifugio, « fino a quando non moriva il sommo sacerdote unto con l'olio santo»; mentre alla sua morte poteva tornare nella sua casa. SoLuzIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. I santi dell'antico Testamento, facendo le opere della giustizia, meritarono di entrare nel regno dei cieli mediante la fede nella [futura] pg,ssione di Cristo, secondo le parole di S. Paolo: «Per la fede conquistarono i regni, operarono la giustizia &; e per mezzo di essa ognuno veniva purificato personalmente dai peccati. Tuttavia la fede e la gim:1tizia di nessuno di essi poteva bastare per togliere l'impedimento dovuto al reato di tutto il genere umano. Questo fn eliminato dal sangue di Cristo. Ecco perché prima della sua passione nessuno poteva entrare nel regno dei cieli, conseguendo la beatitudine eterna, che consiste nella piena fruizione di Dio. 2. Elia fu sollevato al cielo aereo ; non già al cielo empireo, che è la sede dei beati. 1 Ciò non fu concesso neppure ad Enoc, che fu trasportato nel paradiso terrestre, dove si crede che debba vivere con Elia fino alla venuta delPAnticristo. 3. Al battesimo di Cristo i cieli si aprirono, come sopra abbiamo spiegato, non per Cristo, per il quale sono sempre aperti; ma per indicare che essi sono aperti per i battezzati col battesimo di Cristo, il quale desume la sua efficacia dalla di lui passione. 4. Con la sua passione Cristo ci ha meritato l'ingresso nel regno dei cieli e ne ha rimosso gli ostacoli ; ma con la sua ascensione ci ha come introdotti nel possesso del 1 egno dei cieli. Ecco perché si dice che «ascendendo apre la strada innanzi a loro&.
ARTICOLO 6 Se con la sua sofferenza Cristo abbia meritato la propria esa1tazione.
SEMBRA che con la sua sofferenza Cristo non abbia meritato la propria esaltazione. Infatti : 1. La sublimità della gloria come la conoscenza del vero è propria di Dio, secondo le parole del salmista : «Eccelso su tutte le genti è il Signore, e sopra i cieli si eleva la sua gloria ». Ora, Cristo in quanto uomo ebbe la conoscenza della verità non per qualche • D racconto d~lla ftne di Ella non è una elabo1'8.Zfone poetica. o apoca.Uttica.. né U racconto di una visione ; la eua l"e<à storica come tatto mlraR.oloso non può essere messa in dubbio. Supposta poi la sua traslazione, ancora vivente {ctr. 1 Cor. 1
GLI EFFETTI DELLA PASSIONE DI (,RISTO
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Christi aperta est nobis ianua regni eaelestis. Et hoc est quod Apostolus dicit, Heb. 9, 11, 12, quod « Christus, assistens Pontifex. futurorum bonorum, per proprium sanguinem introivit semel in sancta, aeterna redemptione inventa )), Et hoc significatur Num. 35, 25 88., uhi dicitur quod homìcida « manebit ibi », scHicet in civitate refugii, « donec sacerdos magnus, qui oleo sancto unctus est, moriatur »: quo mortuo, poterit in domum suam redire. AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod sancti Patres, operando opera iustitiae, meruerunt introitum regni caelestis per fidem passionis Christi, secundum illud Heb. Il, 33, «Sancti per fidem vicerunt regna, operati sunt iustitiam » : per quam etiam unusquisque a peccato purgabatur quantum pertinet ad emundationem propriae personae. Non tamen alicuius fides vel iustitia sufficiebat ad removendum impedimentum quod erat per reatum totius humanae creaturae. Quod quidem remotum est pretio sanguinis Christi. Et ideo ante passionem Christi nullus intrare poterat regnum caelestc, adipiscendo scilicet beatitudinem aeternam, quae consistit in piena Dei fruitione. An SECUNDUM DICENDUM quod Elias sublevatus est in caelum aereum: non autem in caelum empyreum, qui est locus beatorum. Et similiter nec Henoch : sed raptus est ad paradisum terrestrem, uhi cum Elia simul creditur vivere usque ad adventum Antichristi [Gen. 5, 24; Eccli. 44, 16; 48, 10; Malach. 4, 5, 6; Apoc. 11, 3 88.]. An TERTIUM DICENDUM quod, sicut supra [q. 39, a. 5] dictum est, Christo baptizato aperti sunt caeli, non propter ipsum Christum, cui semper caelum patuit : sed ad significandum quod caelum aperitur baptizatis baptismo Christi, qui habet efficaciam ex passione ipsius. An QUARTUM DICENDUM quod Christus sua passione meruit nobis introitum regni caelestis, et impcdìmentum removit : sed per suam ascensionem nos quasi in possessionem regni caclestis introduxit. Et ideo dicitur quod « ascendens pandit iter ante eos 1>.
ARTICULUS 6 Utrum Christus per snam passionem meruerit exaltari. Supra., q. 19, a. 3 ; q. 46, a. 1 ; infra., q. 54, a. 2 ; q. 59, a.. 3 ; 3 Sent., d. 18, a.. De V erit., q. 26, a. 6 1 ad 4 fn contrar. ; Oompend. Theol., c. 24.0.
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qo. 3 ;
Videtur quod Christus per suam passionem non meruit exaltari. Sicut enim cognitio veritatis est proprium Deo, ita et sublimitas : secundum illud Psalmi [112, 4] : « Excelsus super omnes gentes Dominus, et super caelos gloria eius •· Sed Christus, secundum quod homo, habuit cognitionem An SEXTUM SIC PROCEDITUR.
15, 51 ; l Tesa. 4, 17), è del tutto superfluo fantasticare sul luogo deJ trasferimento. La questione poi ee Elia eia .veramente morto o no è ancora oggi dibattuta. Bisogna OBServare che Ja Cbif"sa non et è pronunziata per sancire la tradizione favoTevole all'esenzione di Elia da.Ila morte, la cui relazione con la. fede dal resto è molto oecn· ra 1 (E.RB.mlTA M., LII Sacra Bibbia, ed. S. Garofalo. Torino, 1960, vol. I. p. 808).
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merito precedente, ma in forza dell'unione ipostatica, secondo le parole di S. Giovanni : « Abbiamo veduto la sua gloria, come dell'unigenito dcl Padre, pieno di grazia e di verità». Perciò anche l'esaltazione egli ]'ebbe solo in forza dell'unione ipostatica e non per il merito della passione. 2. Come sopra ab biamo notato, Cristo meritò per sé fin da] primo istante del suo concepimento. Ma durante la sua passione egli non ebbe una carità superiore a quella che aveva prima. Essendo quindi la carità principio del merito, sembra che con la passione egli non abbia meritato la sua ~altazione più di quanto l'avesse meritata prima. 3. La gloria del corpo risulta dalla gloria dell'anima, come afferma S. Agostino. Ma Cristo con la sua passione non ha meri· tato la gloria dell'anima; perché questa fu beata fin dal primo istante del suo concepimento. Perciò con la passione egli non meritò l'esaltazione neppure quanto alla gloria del corpo. IN CONTRARIO: S. Paolo scrive: «Si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce: per questo Dio lo .esaltò». RISPONDO : Il merito implica una certa uguaglianza di giustizia, come accenna l'Apostolo: «A chi opera, viene conteggiato quanto merita come cosa dovuta 1>. E quando uno per un ingiusto volere si arroga più di quanto gli spetta, è giusto che gli venga sottratto anche ciò che gli era dovuto : secondo le prescrizioni dcll' Esodo, p. es., «chi ruba una pecora ne renderà quattro 1>. E in tal caso si parla di merito, in quanto così la cattiva volontà viene punita. Parimente, quando uno con una giusta volontà toglie a se stesso ciò che gli era dovuto, merita che gli sia restituito in sovrappiù, quale mercede della sua giusta volontà. Ecco perché, come dice il Vangelo, « Chi si umilia sarà esaltato». Ora, Cristo nella sua passione umiliò se stesso al disotto della propria dignità in quattro cose. Primo~ soffrendo la passione e la morte, che a lui non erano dovute. - Secondo, accettando l'umiliazione del luogo: poiché il suo corpo fu posto nel sepolcro e la sua anima discese agl'inferi. -Terzo, sopportando insulti e derisioni. - Quarto, coll'essere consegnato agli umani poteri, secondo le parole da lui rivolte a Pilato: «Non avresti su di me nessun potere, se non ti (osse stato dato dall'alto». Egli perciò con la sua passione meritò quattro tipi di esaltazione. Primo, la sua gloriosa resurrezione. Di qui le parole profetiche del Salmo : «Tu hai conosciuto Ja mia prostrazione », ossia l'umiliazione della mia passione, «e la mia resurrezione». - Secondo, la sua ascensione al ciclo. Di qui l'affermazione di S. Paolo : «È disceso prima nelle parti inferiori del1a terra: ma colui che è disceso è il medesimo che è asceso al di sopra di tutti i cieli ». - Terzo, l'innalzamento alla destra dcl Padre e la manifestazione della propria divinità, secondo le parole di Isaia : {l Sarà innalzato e si eleverà molto sub1ime : come molti si erano meravigliati che il suo aspetto fosse senza gloria tra gli uomini ». ~_; S. Paolo ha scritto : «Si è fatto obbediente fino a.Ila morte, e alla morte di croce: per
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omnis veritatis non ex ali quo merito praecedenti, sed ex i psa unione Dei et hominis : secundum illud Ioan. 1, 14 : « Vidimus gloriam eius quasi Unigeniti a Patre, plenum gratiae et veritatis ». Er~o neque exaltationem habuit ex merito passionis, sed ex sola unione. 2. PRAETEREA, Christus meruit sibi a primo instanti suae conceptionis, ut supra (q. 34, a. 3] habitum est. Non autem maior caritas fuit in eo tempore passionis quam ante. Cum ergo caritas sit merendi principium, videtur quod non magis meruit per passionem suam exaltationem quam ante. 3. PRAETEREA, gloria corporis resultat ex gloria animae: ut Augustinus dicit, in Epistola Ad Dioscorum (ep. 118, c. 3]. Sed Christus per passionem suam non meruit exaltationem quantum ad gloriam animae : quia anima eius fuit beata a primo instanti suae conception.is. Ergo neque etiam per passionem meruit exaltationem quantum ad gloriam corporis. SED CONTRA EST quod dicitur Philipp. 2, 8, 9 : « Factus est obediens usque ad mortcm, mortem autem crucis : propter quod et Deus exaltavit illum ». RESPONDEO DICENDUM quod meritum importat quandam aequalitatem iustitiae : unde Apostolus dicit [Rom. 4, 4] : « Ei qui operatur, merces imputatur secundum debitum ». Cum autem aliquis ex sua iniusta voluntate sibi attribuit p1us quam debeatur, iustum est ut diminuatur etiam quantum ad id quod sibi debebatur : sicut, « cum furatur quis unam ovem, reddet quatuor », ut dicitur Exod. 22, 1. Et hoc dicitur mereri, inquantum per hoc punitur cuius est iniqua voluntas. Ita etiam oum aliquis sibi ex iusta voluntate subtrahit quod debebat habere, meretur ut sibi amplius aliquid superaddatur, quasi merces iustae voluntatis. Et inde est quod, sicut dicitur Luc. 14, 11, «qui se humiliat, exaltabitur ». Christus autem in sua passione seipsum humiliavit infra suam dign.itatem, quantum ad quatuor. Primo quidem, quantum ad passionem et mortem, cuius debitor non erat. - Secundo, quantum ad locum : quia corpus eius positum est in sepulcro, anima in inferno. - Tertio, quantum ad confusionem et opprobria quae sustinuit. - Quarto, quantum ad hoc quod est traditus humanae potestati : secundum quod ipse dicit Pilato, Ioan. 19, 11 : «Non haberes in me potestatem, nisi datum ti bi fuisset desuper ». Et ideo per suam passionem meruit exaltationem quantum ad quatuor. Primo quidem, quantum ad resurrectionem gloriosam. Unde dicitur in Psalmo [138, 2] : «Tu cognovisti sessionem meam », idest humilitatem meae passionis, «et resurrectionem meam ». Secundo, quantum ad ascensioncm in caelum. Unde dicitur Ephes. 4, 9, 10 : « Descendit primo in inferiores partes tcrrae : qui autem descendit, ipse est et qui ascendit super omnes caelos ». - Tcrtio, quantum ad consessum paterna.e dextera.e, et manifeRtationrm divinitatis ipsius = secundum illud Isaiae 52. 13, 14: « Exaltabitnr et elevabitur, et sublimis erit valde : sicut obstupuerunt ~up~r eum multi, sic inglorius erit inter viros aspectus eius ». Et Philipp. 1
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questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è sopra ogni nome » ~ ha fatto cioè che fosse da tutti chiamato Dio, e che tutti gli prestassero ossequio come a Dio. Di qui le parole che seguono : « affinché al nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno ». -· Quarto, il potere di giudicare. Ciò secondo l'accenno [profetico] del Libro di Giobbe: TJç e l'ebraico scwl. L'idea che gli ebrei avevano del regno del morti non coincideva con quella dei greci e dei latini. - Spes· so nella letteratura giudaica il luogo dei trapassati veniva denominato con l'espres· alone seno di Abramo, che riscontriamo anche nei Vangeli. -Accanto a queste voci di origine biblica abbiamo oggi in teologia anche Il termine limbo, per indicare un luQgo che è aJ.Hne all'lnlemo ed è oome ai margini di essca. Limbv.11 slgnitlca intatti 1
QUAESTIO 52 De descensu Christi ad inCeros in octo arliculos di1'isa.
DEINDE considerandum est de descensu Christi ad inferos. Et circa hoc quaeruntur octo. Primo: utrum conveniens fuerit Christum ad inferos descendere. Sccundo: in quem infernum descenderit. Tertio : utrum totus fuerit in inferno. Quarto : utrum aliquam moram ibi contraxerit. Quinto: utrum sanctos Patres ab inferno liberaverit. Sexto : utrum ab inferno liberaverit damnatos. Septimo : utrum libcraverit pueros in peccato originali defunctos. Octavo: utrum liberaverit homines dc purgatorio.
ARTICULUS I Utrum fuerit conveniens Christum ad infernam descendere. 3 Sent., d. 22, q. 2, a.. 1, qc. 1 ; Oompend. Theol., c. 235 ; In Svmb • .A.post., e.. 5.
An PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod non fuerit con veniens Christum ad infernum descendcre. Dicit enim Augustìnus, in Epistola Ad Evodium [ep. 164, c. 3] : « Nec ipsos quidem inferos uspiam Scripturarum in bono appellatos potui reperire ». Sed anima Christi non descendit ad aliquod malum: quia nec animae iustorum ad aliquod malum descendunt. Ergo videtur quod non fuerit conveniens Christum ad inferos descendcre. 2. PRAETEREA, descendere ad inferos non potest Christo convenire sccundum divinam naturam, quae est omnino immobilis: sed solum convenire potest ei secundum naturam assumptam. Ea vero quae Christus fecit vel passus est in natura assumpta, ordinantur ad humanam salutem. Ad quam non vidctur necessarium fuisse quod Christus descenderit ad inferos : quia per passionem suam, quam in hoc mundo sustinuit, nos liberavit a culpa et poena, ut supra [q. 49, aa. I, 3] dictum est. Non igitur fuit conveniens quod Christus ad infernum descenderet. 3. PRAETEREA, per mortem Christi separata est anima a corpore eius, quod quidem positum fuerat in sepulcro, ut supra [q. 51] habitum est. Non videtur autem quod secundum animam solam lembo, ossia. orlo della vesto. Non è facile precisare l'epoca in cui si è introdotto questo termine, sebbene già ai tempi dei Padri più antichi si sia compresa la neces· sità di distinguere dall'inferno dci dannati U luogo in cui rimasero le anime dei pe.· triarchl, e quello dove finiscono le anime del bambini morti senza Il battesimo. Non risulta che ll termine sia stato usato fino ai tempi di Pietro Lombardo lt ll60], il quale lo ignora: ma già S. Alberto Magno parla df Limbus sanctorum Patrum e del Limbua puerorum (cfr. GAUDEL A. ì Limbes •• iu Dicl. Theol. O.al.A., val. VIII, col. .761.),
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sembra che egli sia disceso all'inferno con l'anima soltanto : poiché questa, essendo incorporea, non sembra che possa muoversi localmente ; ciò infatti è proprio dci corpi, come spiega Aristotele. E il discendere implica un moto locale. Perciò non era conveniente che Cristo discendesse all'inferno. IN co:sTRARIO: Nel Simbolo [degli Apostoli] si legge: «Discese agl'inferi )). i E S. Paolo scrive : «E l'esser salito che vuol dire, se non che egli era disceso nelle parti inferiori della teITa 1 ». E la Glossa spiega : « cioè agl'ìnfori ». RISPONDO : Era conveniente che Cristo discendesse all'inferno. Primo, perché egli, secondo le parole di Isaia, era venuto a soffrire i nostri castighi, per liberarci da essi :·-«Egli ha preso veramente su di sé le nostre infermità, ed ha sopportato i nostri dolori ». Ora, col peccato l'uomo non solo era incorso nella morte corporale, ma anche nella discesa agl'inferi. Perciò era opportuno che Cristo, come col morire ci ha liberati dalla morte, cosi col discendere agl'inferì ci liberasse da codesta degradazione. Di qui le parole del profeta Osea : « O morte, io sarò la tua morte ! Io sarò la tua distruzione, o inferno ! 1>. Secondo, perché era giusto, una volta sconfitto il dPmonio con la passione, che Cristo ne liberasse i prigionieri detenuti nell'inferno, secondo )e parole di Zaccaria : « Tu inoltre nel sangue de1la tua alleanza hai liberato i tuoi prigionieri dalla fossa 1>. E S. Paolo afferma : «Spogliando i principati e le potestà ha liberato i suoi arditamente ». Terzo, per mostrare la sua potenza nell'inferno, visitandolo e spandendovi la sua luce, come l'aveva mostrata sulla terra vivendo e morendo su di essa. Di qui le parole del Salmista : « Alzate, o principi, le vostre porte » ; «e cioè », spiega la Glossa, «o principi dell'inferno cedete il vostro potere, col quale finora avete detenuto gli uomini nell'inforno». E in tal modo, come scrive S. Paolo. « nel nome di Gesù si piega ogni ginocchio » non solo « in cielo &, ma anche (( nell'inferno ». SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTl : I. Il termine inferi, o inferno, ha riferimento al male pena, non al male colpa. Perciò era opportuno che Cristo vi discendesse, non perché lui meritasse"la pena, ma per liberare quelli che dovevano subirla. 2. La passione di Cristo fu come la causa universale della salvezza umana, sia dei vivi che dei morti. Ora, una causa unì versale viene applicata agli effPtti particolari da qualche cosa di speciale. Ecco perché la virtù della passione di Cristo viene applicata ai vivi mediante i sacramenti. i quali ci configurano alla passione di Cristo, e venne applicata ai morti dalla discesa di Cristo agl'inferi. Per quPsto in Zaccaria è detto espressamente, che «liberò i prigionieri dalla fossa nel sangue della sua alleanza•, cioè per la virtù della sua passione. 1 Que~ta espressione fu una delle ultime ad essere introdotta nena celebro profes· atone dl fede che va sotto il nome di Simbolo degli .ilpostoli (cfr. DENZ.·S.p 30, pp. 20·
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ad infernum descenderit : quia anima, cum sit incorporea, non videtur quod localiter possit moveri ; hoc enim est corporum, ut probatur in 6 Physic. [cc. 4, IO; lectt. 5, 12] ; descensus autem motum corporalcm importat. Non ergo fuit conveniens quod Christus ad infernum descenderet. · SED CONTRA EST quod dicitur in Symbolo [Apostolorum]: «Dcsccndit ad infcros •>. Et Apostolus dicit, Ephes 4, 9 : « Quod autPm ascendit, quid est nisi quia desccndit primum ad inferiores partes terrae ? » Glossa [interlin. J: « idest ad inforos •>. REsPoNDEO DICENDUM quod conveniens fuit Christum ad infernum dcscendere. Primo quidcm, quia ipse venerat pocnam nostram portare, ut nos a poena eriperet : secund um illud Isaiae 53, 4 : «Vere languores nostros ipse tulit, et dolorcs nostros ipse portavit ». Ex peccato autem homo incurrcrat non solum mortcm corporis, sed etiam descensum ad inferos. Et ideo, sicut fuit conveniens eum mori ut nos liberaret a morte, ita conveniens fuit eum desccndere ad infcros ut nos a descensu ad inferos liberaret. Unde dicitur Osce 13, 14: «Ero mors tua, o mors ! Ero morsus tuus, infcrne ! ». Secundo, quia convcniens erat ut, vieto diabolo per passionem, vinctos eius eriperet, qui detinebantur in inferno : secundum illud Zach. 9, 11 : « Tu quoque in sanguine testamenti tui vinctos tuos emisisti de lacu 1>. Et Goloss. 2, 16 dicitur : « Exspolians principatus et potestates, traduxit confidenter ». Tertio ut, sicut potestatem suam ostcndit in terra vivendo et moriendo, ita etiam potestatem suam ostenderet in inferno, ipsum visitando et illuminando ; unde dicitur in Psalmo [23, 7, 9] : « Attollite portas, principes, vestras I), Glossa rord. Aug.] : (< idest : Principcs inferni, aufcrte potestatem vestram, qua usquc nunc homines in inferno detinebatis » ; et sic «in nomine Iesu omne genu flectatur », non solum « caelestium », sed etiam «infernorum », ut dicitur Philipp. 2, 10. An PRIMUM ERGO DICENDUM quod nomen infcrnorum sonat in malum pocnae, non autcm in malum culpae. Unde decuit Christum in infernum descendere, non tanquam ipse esset debitor poenae, sèd ut eos qui erant poenae obnoxii, liberaret. An sECUNDUM DICENDUM quod passio Christi fuit quaedam causa univcrsalis humanae salutis, tam vivorum quam mortuorum. Causa autem universalis applicatur ad singulares effectus per aliquid speciale. Unde, sicut virtus passionis Christi applieatur viventibus per sacramenta configurantia nos passioni Christi, ita etiam applicata est mortuis per descensum Christi ad inferos. Propter quod signanter dicitur Zach. 9, 11, quod « eduxit vinctos de lacu in sanguine testamenti sui», idest per virtutem passionis suae. 28). In seguito questa indiscussa dottrina tradizionale fu riaffermata nel Concilio dl 8ens deJ ll40 o 4 l. contro l'errore di Pietro Abelardo (DF.Nz.-S., 738), Il quale riteneva che Cristo fosse disceso agi 'inferi • per potcntiam tantum •. Nel Concilio Ecumenico r~ateranense IV. [12151 contro gli cl't'ori degli Albigesi e dei Catari tn precisato che Cristo • cUscese all'inferno ... in anima • (DENZ.·S., 801).
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3. L'anima di Cristo è discesa all'inferno non già con il moto che è proprio dei corpi ; ma con quello che è proprio degli angeli, come abbiamo spiegato nella Prima Parte.
ARTICOLO 2 Se Cristo sia disceso anche nell'inferno dei dannati.
SEMBRA che Cristo sia disceso anche·~ nell'inferno dei dannati. Infatti : 1. L'Ecclesiastico mette sulla bocca della Sapienza divina queste parole : «Penetrerò tutte le parti inferiori della terra». Ma tra le parti inferiori della terra rientra anche l'inferno dei dannati, stando aHe parole dei Salmi: «Entreranno nei luoghi inferiori della terra ». Perciò Cristo, che è la Sapienza di Dio, discese fino all'inferno dei dannati. 2. S. Pietro ha affermato, che «Dio ha risuscitato Cristo, liberandolo dai dolori dell'inferno, perché non era possibile che vi fosse trattenuto». Ma nell'inferno dei Patriarchi non c'erano i dolori : e neppure c'erano nel1'inferno dei bambini, i quali non sono puniti con la pena del senso per il peccato attuale, ma solo con la pena del danno per il peccato originale. Dunque Cristo discese all'inferno dei dannati, oppure in purgatorio, dove gli uomini sono puniti con la pena del senso per i peccati attuali. 3. Nella sua prima lettera S. Pietro scrive, che «Cristo è venuto in ispirito per predicare a quel1i che erano in carcere, e che un tempo erano stati increduli •> ; parole che S. Atanasio riferisce alla discesa di Cristo all'inferno. Scrive infatti che «il corpo di Cristo fu posto nel sepolcro, quando egli andò a predicare agli spiriti che erano prigionieri, come dice S. Pietro ». Ora, sì sa che gli increduli si trovano nell'inferno dei dannati. Perciò Cristo discese nell'inferno dei dannati. 4. S. Agostino osserva: «Se la sacra Scrittura avesse detto che Cristo da morto era venuto nel seno di Abramo, senza nominare l'inferno e i suoi dolori, mi stupirei che si osasse affermare che era disceso agl'inferi. Ma poiché testimonianze evidenti nominano l'inferno e i suoi dolori, non c'è da credere che il Salvatore sia andato là per altro motivo, che per salvare le anime da quei dolori». Ma il luogo dei dolori è l'inferno dei dannati. Dunque Cristo discese nell'inferno dei dannati. 5. Altrove S. Agostino afferma «che Cristo, nel discendere all'inferno, prosciolse tutti i giusti che vi si trovavano prigionieri per il peccato originale». Ora, tra costoro c'era anche Giobbe, il quale aveva detto di se stesso : «Tutto ciò che mi appartiene scenderà nel più profondo dell'inferno». Quindi Cristo discese fino all'inferno più profondo.
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An TERTIUM DICENDUM quod anima Christi non descenderit ad inferos eo genere motus quo corpora movcntur: sed eo genere motus quo angeli moventur, sicut in Prim.a Parte [ q. 53, a. 1] habìtum est.
ARTICULUS 2 Utrum Christus descenderit etiam ad intemum damnatorum. 3 Sent., d. 22, q. 2, a. I, qc. 2.
AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Christus descenderit etiam ad infernum damnatorum. Dicitur enim ex ore divinae Sapientiae, Eccli. 24, 45: « Penetrabo omnes inferiores partes terrae ». Sed inter partes inferiores terrae computatur etiam infernus damnatorum: secundum illud Psal:mi [62, 10] : «Introibunt in inferiora terrae ». Ergo Christus, qui est «Dei Sapientia » [1 ad Cor., l, 24], etiam usque ad infernum damnatorum descendit. 2. PRAETEREA, Act. 2, 24 dicit Petrus quod « Deus Christum suscitavit, solutis doloribus inferni, iuxta quod impossibile erat teneri illum ab eo 1>. Sed dolores non sunt in inferno Patrum : neque etiam in inferno puerorum, qui non puniuntur poena sensus propter peccatum actuale, sed solum poena damni propter peccatum originale. Ergo Christus descendit in infernum damnatorum, vel etiam in purgatorium, uhi homines puniuntur poena sensus pro peccatis actualibus. 3. PRAETEREA, 1 Pet. 3, 19, 20 dicitur quod « Christus his qui in carcere conclusi erant, spiritu veniens praedicavit, qui increduli fuerant aliquando 1> : quod, sicut Athanasius dicit, in Epistola Ad Epictetum [n. 5], intelligitur de descensu Christi ad inferos. Dicit enim quod « corpus Christi fuit in sepulcro positum, quando ipse perrexit praedicare his qui in custodia erant spiritibus, sicut dixit Petrus 1>. Constat autem quod increduli erant in inferno damnatorum. Ergo Christus ad infcrnum damnatorum desccndit. 4. PRAETEREA, Augustinus dicit, in Epistola Ad Evodium [ep. 164, c. 3] : «Si in illum Abrahae sinum Christum mortuum venisse sacra Scriptura dixisset non nominato inferno eiusque doloribus, miror si quisquam eum ad inferos descendisse asscrere auderet. Sed quia evidcntia testimonia et infernum commemorant et dolores, nulla causa occurrit cur illo credatur venisse Salvator, nisi ut ab eisdem doloribus salvos faceret ». Sed locus dolorum est infer-· nus damnatorum. Ergo Christus in infernum damnatorum descendit. 5. PRAETEREA, sicut Augustinus dicit, in quodam Sermone De Passione [in append. serm. 160], Christus ad infernum descendens « omnes iustos qui originali peccato adstricti tcnebantur, absolvit ». Sed inter illos erat etiam lob : qui de seipso dicit, lob 17, 16: «In profundissima inferni desccndent omnia mca ». Ergo Christus etiam usque ad profundissimum inferni descendit.
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 52, a. 2
IN CONTRARIO : Parlando dell'inferno dei dannati Giobbe diceva :
« Prima che io vada, per non tornare, verso la terra tenebrosa e
coperta di caligine di morte, ecc. 1>. Ora, a detta di S. Paolo, non c'è nessun « commercio tra la luce e le tenebre ». Perciò Cristo, che è la luce, non discese nell'inferno dei dannati. RISPONDO : Uno può trovarsi in un luogo in due maniere. Primo mediante i suoi effetti. In tal modo si può dire che Cristo discese in ogni parte dell'inferno : però con effetti diversi. Infatti nell'inferno dci dannati egli produsse l'effetto di confondere la loro incredulità e la loro malizia. A coloro invece che si trovavano in purgatorio diede la speranza di raggiungere la gloria. Ai santi Patriarchi poi, che erano all'inferno solo per il peccato originale, infuse la luce della gloria eterna. Secondo, si può dire che uno è in un dato luogo col proprio essere. E in tal modo l'anima di Cristo discese in quella parte dell'inferno in cui erano detenuti i giusti : poiché volle visitare localmente con la propria anima, coloro che visitava interiormente mediante la grazia con la propria divinità. E così portandosi in una sola parte dell'inferno irradiò in qualche modo la sua azione in tutte le parti di esso; come soffrendo la sua passione in un solo luogo della terra, liberò con essa tutto il mondo. 1 S0Luz10NE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. Cristo, che è la sapienza di Dio, « ha penetrato tutte le parti inferiori della terra )>, non già percorrendole tutte ~ocalmcntc con la sua anima; bensi estendendo a tutte in qualche modo gli effetti della sua potenza. Tuttavia egli non ha illuminato che i giusti ; poiché nel passo citato seguono le parole : «E illuminerò tutti quelli che sperano nel Signore•>. 2. Esistono due specie di dolore. Il primo è dovuto alla sofferenza della pena, subita dagli uomini per il peccato attuale; ad essa si riferiscono le parole del Salmista : «I dolori dell'inferno mi hanno circondato». - Il secondo è ·n dolore derivante dalla dilazione della gloria sperata, secondo l'allusione dei Proverbi : «La speranza differita affligge l'anima». Codesto dolore era sof.. ferto nell'inferno anche dai santi Patriarchi. E S. Agostino accennando ad esso afferma, che « pregavano Cristo supplicandolo con lacrime&. Ebbene, Cristo col discendere agl'inferi mise fine a entrambe le specie di dolore : però in maniera diversa. Infatti pose fine ai dolori dei castighi preservando da essi : come di un medico può dirsi che mette fine a una malattia preservando da essa con l'opportuna medicina. E mise fine sull'istante ai dolori causati dalla dilazione della gloria, donando la gloria. 1
Dante AJigbiori esprime in forma poetica la discesa di Cristo agl'inferi, mettendo queste parole sulla bocca del poeta Virgilio, suo accompagnatore nei regni d'oltre tomba: ... • Io era nuovo in questo stato, quando ci vidi venire un possente. con segno di vittoria coronato.
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SED CONTRA EST quod dc inferno damnatorum dicitur, lob IO, 21: « Antequam vadam, et non revertar, ad terram tcnebrosam et opertam mortis caligine, etc. ». Nulla autem est « conventio lucis ad tenebras 1> : ut dicitur 2 Cor. 6, 14. Ergo Christus, qui est lux, ad illum infcrnum damnatorum non descendit. RESPONDEO DICENDUM quod duplicitcr dicitur aliquid alicubi esse. Uno modo, per suum effectum. Et hoc modo Christus in quemlibet infernum descendit: aliter tamen et aliter. Nam in infernum damnatorum habuit hunc cffectum quod, desecndens ad inferos, eos de sua incredulitatc et malitia confutavit. Illis vero qui detinebantur in purgatorio, spem gloriae consequendae dedit. Sanctis autem Patribus, qui pro solo peccato originali detincbantur in inferno, lumen aeternae gloriae infudit. Alio modo dicitur aliquid esse alicubi per suam essentiam. Et hoc modo anima Christi descendit solum ad locum inferni in quo iusti detinebantur : ut quos ipse per gratiam intcrius visitabat secundum divinitatem, eos ctiam secundum animam visitaret et loco. Sic autcm in una parte inferni cxistcns, effectum suum aliqualiter ad omnes inferni partes derivavit, sicut, in uno loco terrae passus, totum mundum sua passione liberavit. AD PRIMU:M ERGO DICENDUM quod Christus, qui est Dci Sapientia, « penetravit omnes inferiores partes terrac », non localiter, secundum animam omnes circumeundo; sed effoctum suae potentìae alìqualiter ad omnes extendendo. Ita tamen quod solos iustos illuminavit : sequitur enim : « Et illuminabo omnes spcrantcs in Domino 1>. AD sECUNDUM DICENDUM quod duplex est dolor. Unus dc passione poenae, quam patiuntur homines pro peccato actuali : secundum illud Psalmi [17, 6] : «Dolo1·cs inferni circumdedcrunt me ». - Alius autem dolor est de dilatione spcratac gloriae : secundum illud Proverb. 13, 12 : « Spes quac differtur, affiigit animam ». Quem quidem dolorem etiam pàtiebantur sancti Patres in inferno. Ad quod significandum Augustinus, in Sermone De Passione, dicit quod . leggendo la traduzione si rimane incerti Bul signiftr.ato di quel • tutto intero •, che potrebbe 1iferirsl anche alle parti sostanziali dell'umanità assunta. E nou è atfatto vero che In tal senso Cristo sia disceso tutto all'inferno. Per togliere l'equjvoco e per dare un senso al quesito, bisogna. attendere le spiegazioni dell'Autore, tenendo d'ooob.io l'orlgi:nale latino.
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ARTICOLO 4 Se Cristo abbia sostato nell'inf'emo per qualche tempo.
che Cristo non abbia sostato affatto nell'inferno. Infatti: l. Cristo discese all'inferno per liberarne gli uomini. Ma questo egli lo fece subito nell'atto di discendervi ; poiché, come dice l' Ecclesiastico, «è facile al cospetto di Dio risollevare il povero ad un tratto». Dunque Cristo non deve aver sostato nell'inferno per un dato tempo. 2. S. Agostino afferma, che «senza nessun indugio al comando del Salvatore tutte le sbarre dell'inferno furono spezzate». Cosicché il Salmista mette sulla bocca degli angeli che accompagnavano Cristo le parole : « O principi, spalancate le vostre porte ». Ora, Cristo discese all'inferno per spezzarne le barriere. Quindi Cristo non sostò affatto nell'inferno. 3. Dall'alto della croce il Signore disse al buon ladrone : «Oggi sarai con me in paradiso ». Da ciò risulta che in quel medesimo giorno Cristo si recò in paradiso. Ma non con il corpo, il quale era stato collocato nella tomba. Dunque con l'anima, che era discesa all'inferno. Perciò egli nell'inferno non ci rimase neppure per un po' di tempo. IN CONTRARIO : S. Pietro ha scritto : « Dio l'ha risuscitato, infrangendo i dolori dell'inferno, non essendo possibile che egli fosse ritenuto ». Sembra quindi che Cristo sia rimasto nell'inferno fino al momento della resurrezione. RISPONDO : Cristo, come per assumere in se stesso i castighi a noi dovuti, volle che il suo corpo fosse posto in un sepolcro, cosi volle che la sua anima discendesse all'inferno. Ora, il suo corpo, per comprovare la realtà della sua morte, rimase nel sepolcro un giorno intero e due notti. Perciò è da credere che anche la sua anima in tutto questo tempo sia rimasta nell'inferno: cosicché poi simultaneamente uscirono la sua anima dall'inferno e il. suo corpo dal sepolcro. 1 SEMBRA
1 Si noti la moderazione con la quale lAutore esprime il suo convincimento : • videtur •, dice nella conclusione del Sul Contra : e qui dice semplicemente : • crcdcndum est •, • è da credere •. Siamo infatti nelJa sfera di mere ipotesi teologiche, senza l'appoggio di nessun dato delJa rivela.?ione. Il Gaetano tnveee pensa di poter suffragare l'opinione del suo maestro con un principio più universale : • Le penalità del Cristo dovevano durare fino alla sua resUM·ezione, com'è evidente per la pena delJa separazione dell'anima dal corpo ... Pe.rciò ln modo oonvenientissimo l'Autore deduce, dalla durata della permanenza ne-I sepolcro da parte del corpo. J'ugua1c durata dolla penalità da Cristo accettata nell'anima per la bassezza dcl luogo dell'interno • (C.UET., in h. a.). Questo commento viene respinto giustamente da. non pochi teologi, tra 1 quali Fl'. 8uarez (vedi op. cft.• In h. a., p. 387) : poiché la tradizione patristica. è contraria a consirleraro una penalltà per f'ri.sto la sua diseesa agl'inf. 1
Si aocenna cosl alla funzione Ulum.ln&trlce ed eva.ngel:l.zza.trice, che Cristo avrebbe
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AD PRIMUM ERGO DTOENDUM quod Christus, ad infernum descendens, sanctos ibi existentes liberavit, non quidem statim educendo eos de loco inferni, sed in ipso inferno eos luce gloriae illustrando. Et tamen conveniens fuit ut tandiu anima eius remancret in inferno quandiu corpus manebat in sepulcro. AD SEOUNDUM DICENDUM quod (( vectes inferni t) dicuntur impedimenta quibus sancti Patres de inferno exire prohibebantur, reatu culpae primi Parentis. Quos Christus statìm descendens ad inferos, virtute suae passionis et mortis confregit. Et tamen voluit in infer .. no aliquandiu remanere, propter rationem praedictam [in corp.]. AD TERTIUM DIOENDUM quod illud verbum Domini est intelligendum, non de paradiso terrestri corporeo, sed de paradiso spirituali, in quo esse dicuntur quicumque divina gloria perfruuntur. Unde latro loco quidem cum Christo ad infernum descendit, ut cum Christo e_sset, quia dictum est ei, « mecum eris in paradiso»: sed praemio in paradiso fuit, quia ibi divinitate Christi fruebatur, sicut et alii sancti.
ARTICULUS 5 Utrum Christus, descendens ad inf'eros, sanctos Patres inde Iiheraverit. 3 Sent., d. 22, q. 2. a. 2, qo. I ; Comp~nà. Theol., c. 235 ; In Sumb • .4.post., a. 5 ; .4.à Ephes .• o. 4, lect. 3.
An QUINTUM s10 PROCEDITUR. Vidctur quod Christus, descendens ad inferos, sanctos Patres inde non liberaverit. Dicit enim Augustinus, in Epistola Ad Evodium [ep. 164, c. 3] : « Illis iustis qui in sinu erant Abrahae cum Christus in inferna descenderet, nondum quid contulisset inveni, a quibus eum, secundum beatificam praesentiam suae divinitatis, nunquam video recessisse &. Multum autem eis contulisset si eos ab inferis liberasset. Non ergo videtur quod Christus sanctos Patres ab inferis liberaverit. 2. PRAETEREA, nullus in inferno detinetur nisi propter peccatum. Sed sancti Patres, dum adhuc viverent, per fidcm Christi iustificati fuerant a peccato. Ergo non indigcbant liberari ab inferno, ad inferos Christo descendente. 3. PRAETEREA, remota causa, removetur effectus. Sed causa descendendi ad inferos est peccatum : quod fuit remotum per passìonem Christi, ut supra [q.49, a. I] dictum est. Non ergo per descensum Christi ad inferos sancti Patres sunt de inferno educti. SED CONTRA EST quod Augustìnus dicit, in Sermone De Passione [in append. serm. 160], quod Christus, quando ad inferna descendit, « portam inferni et vectes ferreos confregit, et omnes iustos, qui originali peccato adstricti tenebantur, absolvit ». svolto nei regni d'oltre tomba 1:1econdo la tradizione del Padri greci. Si sa inveee che i latini hanno preferito vedere nella. discesa agl'inleri l'opera. di liberazione, ossia di scarcerazione.
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RISPONDO : Come sopra abbiamo detto, nel discendere agl'inferi Cristo agi va in virtù della sua passione. Ma con la passione di Cristo il genere umano è stato liberato non so1o dal peccato, bensl anche dal meritato castigo, come sopra abbiamo spiegato. Ora, gli uomini meritavano il castigo per due motivi. Primo, per il peccato attuale, che ciascuno aveva commesso personalmente. Secondo, per il peccato di tutta la specie umana, derivato per via d'origine dal nostro progenitore, come insegna S. Paolo. Ebbene, il castigo di questo peccato è la morte corporale e l'esclusione dalla vita della gloria, come risulta dai primi capitoli della Genesi : Dio infatti dopo il peccato scacciò l'uomo dal paradiso, avendogli in precedenza minacciata la morte, se avesse peccato. Perciò Cristo col discendere agl'inferi prosciolse i giusti, in virtù della sua passione, da codesto reato di pena che li escludeva dalla vita di gloria, cioè dalla visione di Dio per essenza, nella quale consiste la perfetta beatitudine dell'uomo, come abbiamo spiegato nella Seconda Parte. Ora, i santi Patriarchi erano detenuti nell'inferno per il fatto che non era aperta per essi la via alla vita della gloria per il peccato dei nostri progenitori. Quindi Cristo col discendervi liberò dagl'inferi i santi Patriarchi. Ciò era stato cosi preannunziato da Zaccaria: «Tu mediante il sangue della tua alleanza hai rimandato liberi i tuoi prigionieri da1la fossa dove non c'era acqua &. 1 E S. Paolo afferma, secondo le spiegazioni della Glossa, che Cristo «spogliati i principati e le potestà •>, cioè «i poteri infernali, togliendo loro Isacco, Giacobbe e tutti gli altri giusti, '' li portò fuori ", cioè lontani dal regno delle tenebre, per condurli al cielo &. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. Nel testo citato s. Agostino confuta coloro i quali pensavano che i giusti dell'antico Testamento prima della venuta di Cristo fossero soggetti nell'inferno ai dolori delle pene. Infatti poco prima egli aveva scritto: e Alcuni aggiungono che anche ai santi dell'antico Testamento venne concesso il beneficio di essere liberati dai dolori suddetti. Ma io non vedo in che modo potesse pensarsi in mezzo a quei dolori un Abramo, nel cui seno fu accolto anche il povero e pio Lazzaro ». Perciò la frase successiva in cui dice di «non essere riuscito ancora a capire che vantaggio Cristo abbia portato agli antichi giusti &, va riferita alla liberazione dai dolori delle pene. Egli però giovò loro per il raggiungimento della gloria : e di conseguenza li liberò dal dolore che soffrivano per la dilazione della gloria. Essi tuttavia avevano una grande gioia dalla speranza di essa, secondo l'accenno evangelico : e Abramo, vostro padre, esultò per vedere il mio giorno 1>. Ecco perché S. Agostino conclude : «Non vedo come egli li abbia mai privati della presenza benefica della sua divinità» ; 1 Ecco le parole dl Zaccaria nel loro contesto : • RallegTa.ti molto. :ftglia di Slon, manda grjda di letizia, ftg1ia di Gerusalemme I Ecco il tuo re che a te viene: Egli è giusto e vittorioso ; è mite e cavalca sopra un giumento, sopra il puledro di un'asi· na. ~pazzerà. via I carri da Efraim e i cavalli do Gorusalemmt'. Verrà Infranto l'arco di guerra e parlerà. di pace alle genti. n suo dominio andrà.. da. mare a mare e dal fiume ai con.fi.ni della. terra.. Quanto a. te, per il sangue del tuo patto. io
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RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [a. 4, ad 2] dictum est, Christus, descendens ad inferos, operatus est in virtute suae passionis. Per passionem autem Christi liberatum est genus humanum, non solum a peccato, sed etiam a reatu poenae, ut supra (q. 49, aa. 1, 3] dictum est. Dupliciter autem homines reatu poenae erant adstricti. Uno modo, pro peccato actuali, quod quilibct in sua persona commiserat. Alio modo, pro peccato totius humanae naturae, quod a primo Parente in omnes originaliter devenit, ut dicitur Rom. 5, 12 ss. Cuius quidem peccati poena est mors corporalis et exclusio a vita gloriae, ut patet ex bis quae dicuntur Gen. 2, 17 et 3, 3, 19, 23 ss. : nam Deus hominem de paradiso post peccatum ciecit, cui ante peccatum mortem fuerat comminatus si peccaret. Et ideo Christus, descendens ad inferos, virtute suae passionis ab hoc reatu sanctos absolvit, quo erant a vita gloriae exclusi, ut non possent Deum per essentiam vidcre, in quo consistit perfecta hominis beatitudo, ut in Secunda Parte [I-li, q. 3, a. SJ dictum est. Per hoc autem sancti Patres detincbantur in inferno, quod eis ad vitam gloriae, propter peccatum primi Parentis, aditus non patebat. Et sic Christus, descendens ad inferos, sanctos Patres ab inferis liberavit. Et hoc est quod dicitur Zach. 9, 11: «Tu vero in sanguine testamenti tui eduxisti vinctos de lacu in quo non erat aqua ». Et Ooloss. 2, 15 dicìtur quod, « exspolians principatus et potestates », scilicct « infernales, auferendo Isaac et Iacob et ceteros iustos •>, « traduxit eos », idest, « longe ab hoc regno tenebrarum ad caelum duxit », ut Glossa [ord. et interlin.J ibidem dicit. An PRIMUM ERGO DIOENDUM quod Augustinus ibi loquitur contra quosdam qui aestimabant antiquos iustos, ante adventum Christi, in inferno doloribus poenarum fuisse subiectos. Unde, parum ante verba inducta, praemittit dicens : « Addunt quidam hoc beneficium antiquis etiam sanctis fuisse concessum, ut, Dominus cum in infernum venisset, ab illis doloribus solverentur. Sed quonam modo intelligatur Abraham. in cuius sinum pius etiam pauper ille susceptus est, in illis fuisse doloribus, ego quidem non video ». Et ideo, cum postea subdit «se nondum invenisse quid descensus Christi ad inferos antiquis iustis contulerit &, intelligendum est quantum ad absolutionem a doloribus poenarum. Contulit tamen eis quantum ad adeptionem gloriae: et per consequens solvit eorum dolorem quem patiebantur ex dilatione gloriae. Ex cuius tamen spe magnum gaudium habebant : secundum illud Ioan. 8, 56 : « Abraham, Pater vester, exultavit ut videret diem mcum ». Et ideo subdit: «A quibus eum, secundum beati:ficam praesentiam suae di vinitatis, nunquam video recessisse & : inquan-
estrarrò i prigionieri dal pozzo senz'acqua. Tornate alla rocca, prigionieri serbati alla speranza• (Zaoo. 9, 9-12). - Non c'è dubbio che U passo si riferisce al Messia, e i Padri sono concordi nel riferire le ultime espresPfoni cosl misteriose alla liberazione dei giusti dagl'inferl, ossia dal limbo, per esprimerci con un termine plù recente (cfr. CORNELIUS A. LAPIDE, Com.metil. in. s. Scripi .• t. XIV, Parigi 1866. pp. 460 e.).
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poiché anche prima della venuta di Cristo essi erano b~ati nella speranza, sebbene non lo fossero perfettamente nella realtà. 2. I santi Patriarchi in vita furono liberati per la fede in Cristo da ogni peccato, sia originale che attuale, e dal reato della pena dovuta ai loro peccati attuali : ma non dal reato della pena dovuta al peccato originale, che li escludeva dalla gloria, non essendo stato ancora sborsato il prezzo della redenzione umana. DeJ resto anche adesso i fedeli di Cristo per il battesimo sono liberati dal reato dei loro peccati attuali e del peccato originale per quanto riguarda l'esclusione dalla gloria ; però rimangono soggetti al reato del peccato originale per quanto riguarda la morte corporale; poiché essi sono rinnovati secondo lo spirito e non secondo la carne, come insegna S. Paolo : . Il celebre testo di S. }latteo, che qui è in discussione, non è chiarito neppure dall'esegesi moderna.
Il P. G. J,agrange, p. es., ba scritto 'n proposito: • Questi primi risuscitati che dove· vano apparire con dei corpi, sia per essere riconosciuti, sia per far prcsayire la rcsur· rezione, non ripresero senza dubbio che una vita effimera ; ma ossi non dovettero apparire, che quando il silenzio delJa tomba di Cristo era stato rotto• (F:vang. selon S. Matlhieu, Parigi, 1927. pp. 532 s.). Il P. l. RESPONDEo DICENDUM quod resurrectio est rcparatio a morte in vitam. Dupliciter autem aliquis eripitur a morte. Uno modo, solum a morte in actu : ut scilicet aliquis vivere incipiat qualitercumque postquam mortuus fuerat. Alio modo, ut aliquìs liberetur non solum a morte, sed etiam a necessitate et, quod plus est, a possibilitate moriendi. Et haec est vera et perfecta resurrectio. Quia quandiu aliquis vivit subicctus necessitati moriendi, quodammodo mors ei dominatur: secundum illud Rom. 8, 10: «Corpus quidem mortuum est propter pcccatum ». Illud etiam quod possibile est esse, secundum quid dicitur esse, idest potentialiter. Et sic patet quod illa resurrectio, qua quis eripitur solum ab actuali morte, est resurrectio impcrfecta. Loquendo ergo de resurrectione perfecta, Christus est primus resurgentium : quia ipse resurgendo primo pervenit ad vitam penitus immortalcm ; secundum illud Rom. 6, 9 : « Christus, resurgens ex mortuis, iam non moritur ». Sed resurrectione imperfecta quidam alii surrexcrunt ante Christum : ad praemonstrandum quasi in quodam signo resurrectionem ipsius. Et sic patet responsio ad primum. Quia et illi qui suscitati sunt in vcteri Testamento, et illi qui suscitati sunt a Christo, sic rcdierunt ad vitam ut iterum morerentur. An SEOUNDUM DICENDUM quod de illis qui resurrexerunt cum Christo, duplex est opinio. Quidam enim asserunt quod redierunt ad vitam tanquam non iterum morituri : quoniam maius illis esset tormentum si iterum morercntur, quam si non resurgerent. Et secundum hoc, intelligendum erit, sicut Hieronymus dicit, Super tre egli era accolto trionfalmente nena bbc E>tato il risYeglio dci loro corpi. - S. Tommaso stesso fa oi::servare nel suo commento : • Si deve notare che sebbene queBbJ sia stato narrato m·lla morte di Cristo, tuttavia si deve ritenere che ciò sia narrato per anticipazione, poiché di rotto ciò avvenne dopo la resurrezione• (In Mattà., c. 27, ol, n. 2395; cfr. ln 1 Oor •• lect. 3).
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secondo la spiegazione di S. Girolamo, essi «non sarebbero risorti prima della resurrezione dcl Signore». Infatti l'evangelista afferma, che essi «usciti dalle tombe dopo la sua resurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti ». S. Agostino, invece, riferendo codesta opinione, àfferma: «So che secondo alcuni alla morte del Cristo Signore già sarebbe stata concessa a dci giusti la resurrezione, quale è promessa a noi alla fine del mondo. Ma se costoro non morirono di nuovo deponendo i loro corpi, rimane da spiegare come Cristo possa considerarsi " primogenito dei morti ", avendolo molti preceduto in quella resurrezione. Se si risponde che l'affcrm~~ione evangelica va presa come anticipazione, cosicché i sepolcri si sarebbero aperti alla morte di Cristo sulla croce, ma che i corpi dei giusti non risorsero in quel momento, bensì dopo che egli era risuscitato; allora rimane da spiegare l'affermazione di S. Pietro, il quale deduce aver David predetto di Cristo e non di se stesso che il suo corpo non avrebbe visto la corruzione, dal fatto che la tomba di David era presso di loro ; ché l'argomento non sarebbe stato convincente, se il corpo di David non vi si trovava più; poiché la sua tomba avrebbe potuto rimanere lo stesso, anche se egli fosse risuscitato subito dopo la sua morte, senza vedere la corruzione. D'altra parte non sembra possibile che proprio David, dal cui seme Cristo fu generato, fosse escluso da quella resurrezione dci giusti, se fu loro elargita la vita eterna. Inoltre si mette in dubbio cosi quando dice l'Epistola agli Ebrei a p1 oposito degli antichi giusti, e cioè che essi «non sarebbero arrivati a perfezione senza di noi », se è vero che essi furono costituiti allora in quella incorrnzione dci risuscitati, che a noi è promessa come perfezione finale ». Perciò S. Agostino sembra persuaso che essi risorsero per morire nuovamente. La stessa idea affiora in S. Girolamo nel suo commento al Vangelo di Matteo: «Come risorse Lazzaro, così risuscitarono molti corpi di Santi, per mostrare la resurrezione dcl Signore». Egli però lascia in dubbio la cosa nel Discorso sull'assunzione. Tuttavia le ragioni di S. Agostino sembrano molto più solide. 1 3. I fatti che precedettero la venuta di Cristo erano una preparazione a codesta venuta, come la grazia è predisposizione alla gloria. Perciò quanto appartiene alla gloria, sia rispetto all'anima, come la perfetta fruizione di Dio, sia rispetto al corpo, come la resurrezione gloriosa, anche in ordine di tempo prima doveva attuarsi in Cristo, essendo egli l'autore della gloria. Era giusto invece che la grazia si trovasse anche prima in coloro che erano ordinati a Cristo.
1 La spiegazione di S. Agostino ha pcrsna•m S. Tommaso, ma non i teologi e !?'li esegeti moderni. Questi 11ltinii H·dono nella rcsu r·czione dl'i morti ricordata du :.-s. Matteo non un miracolo, ma un fatto escatologico, ossia la •resurrezione • dei giusti che attendevano di entrare nella. gJoda. Si è trattato dJ una resuITezione iniziale, me·
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Mattk. [4 Oommient., ad 27, 52, 53], quod «non ante resurrexerunt quam resurgeret Dominus &. Unde et Evangelista dicit [v. 53] quod, « exeuntes de monumentis post resurrectionem eius, venerunt in sanctam Civitatem et apparuerunt multis ». Sed Augustinus, in Epistola Ad Evodium [ep. 164, c. 3], hanc opinionem commemorane, dicit : « Scio quibusdam videri morte Domini Christi iam talem resurrectionem praestitam iustis, qualis nobìs in fine promittitur. Quod si non iterum, repositis corporibus, dormierunt, videndum est quomodo intelligatur Christus t primogenitus a mortuis &, si eum in illam resurrectionem tot praecesserunt. Quod si respondetur hoc dictum esse per anticipationem, ut monumenta ilio terrae motu aperta intelligantur cum Christus in cruce penderet, resurrexisse autem iustorum corpora non tunc, sed cum ille prior resurrexisset: sed adhuc restat quod moveat quomodo Petrus non de David sed de Christo asseruit fuisse praedictum carnem eius non vidisse corruptionem, scilicet per hoc quod apud eos erat monumentum David; et sic illos non convincebat, si corpus David ibi iam non erat ; quia, etsi ante in recenti sua morte resurrexisset, nec caro ei us vidisset corru ptionem, posset monumentum illud manere. Durum autem videtur ut David non fuerit in illa resurrectione iustorum, si eis iam aeterna donata est, cuius Christus ex semine commendatur. Periclitabitur etiam illud quod Ad Hebraeos de iustis antiquis dicitur, "ne sine no bis perficerentur ", si iam in illa resurrectionis incorruptione constituti sunt quae nobis perficiendis in fine promittitur ». Sic ergo Augustinus sentire videtur quod resurrexerint iterum morituri. Ad quod etiam videtur pertinere quod Hieronymus dicit, Super Matth. [loco cit.], quod, « sicut Lazarus resurrexit, sic et multa corpora Sanctorum resurrexerunt, ut Dominum ostenderent resurgentem ». Quamvis hoc in Sermone De Assumptione [ep. 9 Ad Paulam et Eustoch.] sub dubio relinquat. Rationes tamen Augustini multo efficaciores videntur. An TERTIUM DIOENDUM quod, sicut ea quae praecesserunt Christi ad ventum, fuerunt praeparatoria ad Christum, ita gratia est disposi ti o ad gloriam. Et ideo ea quae sunt gloriae, sive quantum ad animam, sicut perfecta Dei fruitio, sive quantum ad corpus, sicut rcsurrectio gloriosa, prius tempore debuit esse in Christo, sicut in auctore g1oriae. Gratiam vero conveniebat prius esse in his quae ordinabantur ad Christum.
dfe.nte 1a loro liberazione dallo Sheol. ossia dal Limbo dei Pad.rl. - t Una volta ope· rata la salvezza. è di fede ohe U Limbo si è aperto e che i morti dell'Antico Testa· mento sono entrati in Paradiso : pur senza i loro corpi. sono ugualmente pervenuti alla beatitudine che è riservata alle anime in attesa della resurrezione finale. È chiaramente questo che Matteo vu, come se egli non avesse un corpo reale, bensi fantastico. E per togliere codesta idea egli soggiunse: «Toccate e vedete: ché uno spirito non ha carni e ossa come vedete che ho io». Dunque egli non aveva un corpo fantasma, ma reale. SEMBRA
1 Per l'esattezza. qui Bi dovrebbe pa.rlare delle qualità fisiche del corpo glorioso di Cristo. Oli articoli In cui la questione si divide ne richia.mano il numero: si tratta infatti dcH'impa&Qjbilitd (per out il corpo gl()rioso esclude qualsiasi aJternzione con· tra.ria alle dlspostzioul ohe riceve daJl•auima>, deUa s1.1tt.ilità. (che rende Il corpo glo· r1oso conforme allo stato incorporeo dell'anima beata}, deU"agilità. tebe lo rende del tutto soggetto e pronto agl'impulsi dello spirito}. e della luminoaità (corrispondente
QUAESTIO 54 De quali tate Chris ti resurgen tie in quatuor articuloa dict'8a.
DEINDE considerandum est de qualitate Christi resurgentitl. Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo : utrum post resurl'ee· tion. Non ergo habuit corpus phantasticum, sed verur:n.
alla gloria spirituale dell'anima). S. Tommaso si riprometteva di parlare di 'lued!lte cose con maggiore ampiezza nel trattato dei novissimi (cfr. a. I). La morte perb gl impedl di completare. J'Opera : e quJndi dovremo contenta.rei di quanto trov~rejl)O nel Supplemento, alle qq. 82-85, cioè di quanto 11 Santo aveva già !:IC"itto nt:l s;uo commento alle Sentenze (cfr. I Seni.., d. 44, q. 2, a.a. 1-4). 1
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LA SOMMA TEOLOGICA, Ili, q. 54, a. 1
RisPONno : Come scrive il Damasceno, « risorgere è solo di chi è caduto ». Ora, a cadere era stato il corpo di Cristo : in quanto da esso si era separata lanima, sua perfezione formale. Quindi affinché la resurrezione di Cristo fosse reale, era indispensabile che il medesimo corpo si riunisse all'identica anima. E poiché la realtà o verità di un corpo deriva dalla sua forma, è evidente che il corpo di Cristo dopo la resurrezione era un vero corpo, e dell'identica natura di prima. Ché se il suo fosse stato un corpo fantasma, la resurrezione non sarebbe stata vera, ma apparente. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTl: I. Il corpo di Cristo risorto, stando alla opinione di alcuni, 1 entrò a porte chiuse dai discepoli, ritrovandosi così un a1tro corpo nello stesso luogo, non per un miracolo, bensl conforme alle condizioni della gloria. Ma discuteremo in seguito, parlando della resurrezione universale, 1 se un corpo g1orioso possa coesistere nel medesimo luogo con un altro corpo per una proprietà ad esso inerente. Per il momento basterà dire che si deve non alla natura del corpo, bensì alla virtù della divinità ad esso unita, se il corpo di Cristo, pur essendo reale, entrò dai discepoli a porte chiuse. Ecco perché S. Agostino, rispondendo ad alcuni, che si chiedevano: «Se era un corpo, e se risuscitò dal sepolcro quello che era stato appeso aJla croce, come poté entrare a porte chiuse i», scriveva: «Se puoi comprendere il modo, non è più un miracolo. La fede incomincia là dove la ragione viene a mancare». E altrove scrive: «Alla mole di quel corpo in cui risiedeva la divinità non potevano resistere le porte chiuse: ben poteva attraversarle chiuse chi aveva potuto nascere senza violare la verginità di sua madre». Lo stesso concetto viene ripetuto da S. Gregorio in un'omelia dell'ottava di Pasqua. 2. Cristo, come abbiamo già notato, risuscitò alla vita immortale delJa gloria. Ora, la condizione propria di un corpo glorioso è quella di essere « spirituale », cioè soggetto allo spirito, come insegna l'Apostolo. Ma perché il corpo sia del tutto soggetto allo spirito, si richiede che ogni atto del corpo sia sottoposto alla volontà dello spirito. E la visibilità di una cosa, come spiega il Filosofo, dipende dall'azione di un oggetto visibile sulla vista. Perciò chi possiede un corpo glorificato, ha in suo potere di rendersi visibile quando vuole e invisibile quando non vuol esser veduto. Questo potere però Cristo non l'ebbe soltanto dalla condizione dcl suo corpo glorioso, ma dalla virtù della sua divinità, che può rendere invisibili miracolosamente persino i corpi non gloriosi ; come si legge di S. Bartolomeo, a cui fu concesso « di esser visto o non visto a suo piacimento ». 2 Perciò quando si dice che Cristo disparve dagli occhi dei discepoli, non va inteso 1
Come riferisce Aleesa.ndro df Hales, qneeta era l'opinione d.1 Guglielmo Prepoaittno, prob&htlmente cremonese, cancelliere dell'Univendtà parigina. morto lntomo al 1210 (cfr. ALEXANDER IlALENSIR. Summa Thed. .• P. IV, q. 22. m. 2, &. 1 ). 1 Come abbiamo già. notato, l'Autore non ebbe il tempo per termina.re l'Opera; e quindi I novissim.f. si trovano nel Supplementum.
QUALITA DEL CRISTO RISORTO
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RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Damascenus dicit, in 4 libro [4 De Fide Orth., c. 27], « illud resurgere dicitur quod cecidit ». Corpus autcm Christi per mortem cecidit : inquantum scilicet fuit ab eo anima separata, quae erat eius formalis perfectio. Unde oportuit, ad hoc quod esset vera Christi resurrectio, ut idem corpus Christi iterato eidcm animae uniretur. Et quia veritas naturae corporis est ex forma, consequens est quod corpus Christi post resurrectionem et verum corpus fuerit, et eiusdem naturae cuius fuerat prius. Si autem eius corpus fuisset phantasticum, non fuisset vera resurrectio, sed apparens. AD PRIMUM ERGO DIOENDUM quod corpus Christi post resurrectionem, non ex miraculo, sed ex conditione gloriae, sicut quidam dicunt, clausis ianuis ad discipulos introivit, simul cum allo corpore in eodem loco existens. Sed utrum hoc facere possit corpus gloriosum ex aliqua proprietate sibi indita, ut simul cum alio corpore in eodem loco existat, inferius discutictur, uhi agetur de resur.. rectione communi. N une autcm, quantum ad propositum sufficit, dicendum est quod non ex natura corporis, sed potius ex virtute divinitatis unitae, illud corpus ad discipulos, licet verum esset, ianuis clausis introivit. Unde Augustinus dicit, in quodam Sermone Paschali [serm. 247], quod quidam sic disputant : «Si cor.. pus erat, si hoc surrexit de sepulcro quod pependit in ligno, quomodo per ostia cla:usa intrare potuit 1 ». Et respondet : «Si com· prehendis modum, non est miraculum. Uhi deficit ratio, ibi est fideì aedificatio ». Et Super loan. [tract. 121 ], dicit : « Moli corporis uhi divìnitas erat, ostia clausa non obstiterunt : ille quippe non eis apertis intrare potuit, quo nascente virginitas matris inviolata permansit ». Et idem dicit Gregorius, in quadam Homilia De Octava Paschae [homil. 26 in Evang.]. AD SECUNDUM DICENDUM quod, sicut dictum est [q. 53, a. 3], Christus resurrexit ad immortalcm gloriae vìtam. Haec est autem dispositio corporis gloriosi, ut sit «spirituale&, idest subiectum spiritui, ut Apostolus dicit, 1 Cor. 15, 44. Ad hoc autem quod sit omnino corpus subicctum spiritui, requiritur quod omnis actio corporis subdatur spiritus voluntati. Quod autem aliquid vìdeatur, fit per actionem visibilis in visum : ut patet per Philosophum, in 2 De Anima [c. 7, lect. 15]. Et ideo quicumque habet corpus glorificatum, in potestate sua habet videri quando vult, et, quando non vult, non videri. Hoc tamen Christus ha buit non solum ex conditione corporis gloriosi, sed etiam ex virtute divinitatis : per quam fieri potest ut etiam corpora non gloriosa miraculose non videantur ; sicut praestitum fuit miraculose beato Bartholomaeo, ut, «si vellet, viderctur, non autem videretur si non vellet » [FABBIC., 8 Cod. Apoc. Nov. Test., Apost. Hi8t., c. 2]. Dicitur ergo • Cfr. FABRICTU8 I. A .• Codices .A:pocr. N. Ciò va inteso dei lineamenti : poiché nel corpo di C~isto, concepito ~er .opera de~lo Spirito Santo, non c'era nulla cli deforme che richiedesse di essere rettificato nella resurrezione. Egli però nella resurrezione ricevette lo splendore della gloria. Ecco perché Severiano aggiunge : « Il suo aspetto è mutato diventando da mortale~ immortale: acquistando cioè l'aspetto della gloria, non già perdendo la sostanza delle proprie fattezze». Tuttavia a quei discepoli di cui si parla egli non apparve nel suo aspetto glorioso ; ma come era in suo potere rendere il proprio corpo visibile o invisibile, cosi era in suo potere far si che la propria figura apparisse in forma gloriosa, o non gloriosa, oppure in forma semigloriosa, o in qualsiasi altra maniera. E basta una piccola differenza, perché uno possa apparire sotto una figura diversa.
ARTICOLO 2 Se il corpo di Cristo sia risuscitato glorioso.
SEMBRA che il corpo di Cristo non sia risuscitato glorioso. Infatti : 1. I corpi gloriosi sono luminosi, secondo quelle parole evangeliche : «I giusti risplenderanno come il sole nel regno del loro Padre )}. Ora, i corpi luminosi si vedono per la luce non già per il colore. E poiché il corpo di Cristo risuscitato si vedeva per il colore, tale e quale come prima, è evidente che non era glorioso. 2. Il corpo glorioso è incorruttibile. Ma il corpo di Cristo pare che non fosse incorruttibile. Era infatti palpabile, come risulta dalle sue stesse parole : « Palpate e vedete ». Ora, a detta di S. Gregorio, «ciò che si può palpare necessariamente si corrompe, e ciò che è impalpabile non si corrompe». Perciò il corpo di Cristo [risorto] non era glorioso. 3. Il corpo glorioso, come afferma S. Paolo, non è un corpo animale, bensì spirituale. Ma il corpo di Cristo dopo la resurrezione aveva una vita animale: poiché, come dicono gli evangelisti, egli allora mangiò e bevve con i suoi discepoli. Dunque il suo corpo non era glorioso. TI personaggio che l'Aquinate credeva dl citare è Sc,·criano di Gàbala in C~le· alrla, morto poco dopo il 408. Amico sleale del Crisostomo tramò contro il Santo. 1
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quod Christus ab oculis discipulorum evanuit, non quia corrumperetur aut resolveretur in aliqua invisibilia, sed quia sua voluntate desiit ab eis videri, vel eo praesente, vel etiam eo abscedente per dotém agilitatis. AD TERTIUM DICENDUM quod, sicut Severianus dicit, in Sermone Paschali [S. PETR. CHRYSOLOG., serm. 82]. « Nemo putet Christum sua resurrectione sui vultus effigiem commutasse&. Quod est intelligendum quantum ad lineamenta membrorum: quia nihil inordinatum et deforme fuerat in corpore Christi, per Spiritum Sanctum concepto, quod in resurrectione corrìgendum esset. Accepit tamen in resurrectione gloriam claritatis. Unde idem subdit : « Sed mutatur effigies dum efficitur ex mortali immortalis : ut hoc sit acquisivisse vultus gloriam, non vultus substantiam perdidisse ». Nec tamen illis discipulis in specie gloriosa apparuit : sed, sicut in potestate eius erat ut corpus suum videretur vel non videretur, ita in potestate ei us erat ut ex eius aspectu formaretur in oculis intuentium vel forma gloriosa, vel non gloriosa, aut etiam commixta, vel qualitercumque se habens. Modica tamen differentia sufficit ad hoc quod aliquis videatur in aliena effigie apparere.
ARTICULUS 2 Utrum corpus Christi resurrexerit gloriosum. . Dìcit autem Gregorius, in quadam Homilia [homil. 26 in Evang.], quod « corrumpi necesse est quod palpatur, et palpari non potest quod non corrumpitur ». Non ergo corpus Christi fuit gloriosum. 3. PRAETEREA, corpus gloriosum non est animale, sed spirituale : ut patet 1 Cor. 15, 35 88. Sed corpus Christi videtur animale fuisse post resurrectionem: quia cum discipulis manducavit et bibit, ut legitur Luc. ult. 41 88., et Ioan. ult. 9 88. Ergo videtur quod corpus Christi non fuerit gloriosum. Gennad!o dl Marsiglia lo ricorda come eccellente oratore e biblista. caso il sermone citato dall'Aquinate è di s. Pier Crisologo.
Ma in questo
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 54, a. 2
:ZN CONTRARIO : L'Apostolo ha m~rà il corpo della miseria nostra,
preannunziato: «Cristo trasforsi da renderlo conforme al corpo
della sua gloria ». n1sPONDO : II corpo di Cristo risorto era glorioso. Ciò risulta evtdente da tre motivi. Primo, perché la resurrezione di Cristo fu modello e causa della nostra resurrezione, come insegna S. Paolo. Ora, i santi, stando alle sue parole, avranno nella resurrezione CO:t."pi gloriosi : «È seminato nell'ignominia, e risorgerà nella glo .. ria. ». Essendo perciò la causa superiore all'effetto, e il modello BUt>eriore alla copia, a maggior ragione dovette esser glorioso il CO:t."po di Cristo risorto. . .lSecondo, perché. con l'ignominia della passione egli meritò la glc.ria della resurrezione. Egli stesso infatti ebbe a dire : «Ora la mia anima è turbata », alludendo alla passione ; e poi continuò : • ~adre, glorifica il tuo nome », chiedendo cosi la gloria della resurre~ione.
~erzo, perché l'anima di Cristo fin dal momento della sua con-
ce~ione
era già gloriosa per la perfetta fruizione della divinità. E fu solo per una dispensa, come sopra abbiamo visto, che la gloria n~:n ridondava sul suo corpo, affinché egli potesse compiere il IDI~tero della nostra redenzione con la sua sofferenza. Perciò una volta compiuto il mistero della passione e della morte di Cristo, l'anima subito diffuse la sua gloria sul corpo che aveva riassunto nella resurrezione. E quindi quel corpo divenne glorioso. ~OLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : I. Tutto ciò che si riceve viene ricevuto secondo il soggetto recipiente. E poiché la gloria del COt'po deriva da quella dell'anima, come insegna S. Agostino, lo splendore, o luminosità del corpo glorioso è secondo il colore natut'ale del corpo umano: cioè come il vetro colorato riceve dalla lul!e del sole diverse colorazioni, secondo i suoi vari colori. Ora, co:tne è in potere dell'uomo glorificato, stando alle spiegazioni date, rendere visibile o invisibile il proprio corpo; cosi è in suo potere m~nifestarne la luminosità. Quindi può anche mostrarsi nel propno colore, senza risplendere affatto. Ebbene, Cristo dopo la resur.. rezione apparve ai suoi discepoli in questo modo. 2. Si dice che un corpo è palpabile non solo perché resistente, ml\ anche perché denso. Ora, rarefazione e densità sono accompa~nate dalla levità e dalla gravità, dal caldo e dal freddo e da a1t:te proprietà contrastanti, che sono principii di corruzione nei COI'pi elementari. 1 Perciò i corpi palpabili col tatto umano per natura sono corruttibili. Se invece ci sono dei corpi resistenti al tatto, p. es. i corpi celesti, i quali non hanno le disposizioni e le qualità suddette, oggetto proprio del tatto umano, tali corpi non POfSsono dirsi palpabili. Ma il corpo di Cristo dopo la resurrezione era composto dei quattro elementi, con tutte le qualità tangibili, 1
Con l"espresslone « cot"PI elementari• la :ftRica e.ntfc& indice.va eia I col"J)f misti composti dai quattro elementi (terra, a.equa. aria e fuooo>. eia gli elementi stessi: pe~ò tutti l corpi esistenti sul nostro pianeta. I oorpl celesti era.no invece concepiti
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SED CONTRA EST quod Apostolus dicit, Philipp. 3, 21 : « Reforinabit corpus humilitatis nostrae, configuratum corpori claritatis suae ». RESPONDEO DICENDUM quod corpus Christi in resurrectione fuit gloriosum. Et hoc apparet triplici ratione. Primo quidem, quia resurrectio Christi fuit exemplar et causa nostrae resurrectionis, ut habetur 1 Oor. 15, 12 88. Sancti autem in resurrectione habebunt corpora gloriosa: sicut dicitur ibidem [v. 43] : « Seminatur in ignobilitate, surget in gloria 1>. Unde, cum causa sit potior causato et exemplar exemplato, multo magis corpus Christi resurgentis fuit gloriosum. . Secundo, quia per humilitatem passionis meruit gloriam resurrectiorus. Unde et ipse dicebat [Ioan. 12, 27], « Nunc anima mea turbata est», quod pertinet ad passionem : et postea subdit [v. 28], «Pater, clarifica nomen tuum 1>, in quo petit gloriam resurrectionis. Tertio quia, sicut supra [q. 34, a. 4) habitum est, anima Christi a principio suae conceptionis fuit gloriosa per fruitionem divinitatis perfoctam. Est autem dispensati ve factum, sicut supra [q. 14, a. 1, ad 2; q. 45, a. 2] dictum est, ut ab anima gloria non redundaret in corpus, ad hoc quod mysterium nostrae redemptionis sua passione implerct. Et ideo, peracto hoc mysterio passionis et mortis Christi anima Christi statim in corpus, in resurrectione resumptum, suam glorìam derivavit. Et ita factum est corpus illud gloriosum. An PRIMUM ERGO DICENDUM quod omne quod recipitur in aliquo, recipitur in eo secundum modum recipientis. Quia igitur gloria corporis derivatur ab anima, ut Augustinus dicit, in Epistola Ad Dioscorum [ep. 118, c. 3], fulgor scu claritas corporis gloriosi est secundum colorem humano corpori naturalem: sicut vitrum diversimode coloratum recipit splendorem ex illustrationc solis secundum modum sui coloris. Sicut autem in potestatc hominis glorificati est ut corpus eius videatur vel non videatur, sicut dictum est [a. 1, ad 2]; ita in potestate eius est quod claritas eius videatur vel non videatur. Unde potest in suo colore sine aliqua claritate videri. Et hoc modo Christus discipulis post resurrectionem suam apparuit. An SECUNDUM DICENDUM quod corpus aliquod dicitur esse palpabile, non solum ratione resistentiae, sed ratione spissitudinis suae. Ad rarum autem et spissum sequuntur grave et leve, calidum et frigidum, et alia huiusmodi contraria, quae sunt principia corruptionis corporum elementarium. Unde corpus quod est palpabile humano tactu, est naturaliter corruptibile. Si autem sit aliquod corpus resistens tactui quod non sit dispositum secundum praedictas qualitates, quae sunt propria obieeta tactus humani, sicut est corpus caeleste, tale corpus non potest dici palpabile. Corpus autem Christi vere post resurrectionem fuit ex elementis compositum, habens in se tangibiles qualitates, secundum quod 1
come eetrancf a.I quattro elementl. perché composti di una materia speciale, chiamata appunto • quinta eaeenza •· per non di.re quinto elemento.
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richieste dalla natura del corpo umano: e quindi per natura era palpabile. E se non avesse avuto altro, oltre la natura umana del corpo, sarebbe stato anche corruttibile. Ma aveva qualche cos'altro che lo rendeva incorruttibile : non già la natura dei corpi celesti, secondo l'opinione di alcuni, di cui parleremo più diffusamente in seguito : ma la gloria che ridondava dall'anima sua beata. Poiché come scrive S. Agostino, «Dio fece l'anima di una natura così potente, da far ridondare sul corpo la pienezza della sanità, cioè il vigore dell'incorruzione, dalla sua piena beatitudine». Ecco perché, a detta di S. Gregorio, «dopo la resurrezione il corpo di Cristo si mostra identico nella natura, Jna differente nella gloria ». 3. « Il nostro salvatore», scrive S. Agostino, « mangiò e bevve con i suoi discepoli dopo la resurrezione, vivendo in un corpo spirituale ma vero, non per il bisogno degli alimenti, bensì per la facoltà che aveva di farlo». Poiché, come nota S. Beda, «la terra assetata assorbe l'acqua in modo diverso dal raggio infuocato del sole : la prima per il bisogno, il secondo per la sua virtù ». Perciò Cristo dopo la resurrezione volle mangiare «non per bisogno di cibo, ma per dimostrare in tal modo la natura del corpo risorto». Ecco perché non segue che il suo fosse un corpo animale, bisognoso di cibo.
ARTICOLO 3 Se il corpo di Cristo sia risorto nella sua integrità. 1
SEMBRA che il corpo di Cristo non sia risorto nella sua integrità. Infatti : 1. La carne e il sangue fanno parte dell'integrità del corpo umano. Ora, pare che Cristo non avesse queste cose ; poiché S. Paolo afferma : « La carne e il sangue non possederanno il regno di Dio •>. Ma Cristo è risorto nella gloria del regno di Dio. Dunque egli non aveva la carne e il sangue. 2. Il sangue è uno dci quattro umori. Se Cristo, quindi, aveva il sangue, doveva avere anche gli altri umori, dai quali deriva la corruzione nei corpi degli animali. Ne seguirebbe cosi che il corpo di Cristo sarebbe corruttibile. E ciò non si può ammettere. Quindi egli non aveva la carne e il sangue. 3. Il corpo di Cristo risuscitato ascese al cielo. Ora, in alcune chiese si conservano tra le reliquie alcune gocce del sangue di Cristo. Dunque il suo corpo non risuscitò nell'integrità di tutte le sue parti. 1
Il lettore attento noterà facilmente che questo tcn:o articolo nel prologo della questione occupa i1 secondo poRto. Secondo e tcrz~ si sono scambiati nella red:l.7,ione finale. L'edizione Piana della Samma ha pensato di ristabilire l'ordine prestahilito del prologo supponendo torse un'inversione casuale dei copisti ; ma 'giustamente gli
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requirit natura corporis humani : et ideo naturaliter erat palpabile. Et si nihil aliud habuisset supra corporis humani naturam, fuisset etiam corruptibile. Habuit autem aliquid aliud quod ipsum incorruptibile reddidit : non quidem naturam caelestis corporis, ut quidam dicunt, de quo infra [cfr. Supplem., q. 82, a. l] magis inquiretur ; sed gloriam redundantem ab anima beata ; quia, ut Augustinus dicit, Ad Dioscorum [loco cit.], «tam potenti natura Deus fecit animam ut ex eius pienissima beatitudine redundct in corpus plenitudo sanitatis, idest incorruptionis vigor ». Et ideo, sicut dicit Gregorius, ibidem [loco cit. in arg.], «ostenditur corpus Christi post resurrectionem fuisse eiusdem naturae, sed alterius gloriae 1>. An ~ERTIUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit, 13 De Civ. Dei [c. 22], « Sa1vator noster, post resurrectioncm, iam quidem in spirituali carne, scd tamen vera, cibum ac potum cum discipulis sumpsit, non [22, c. 19] alimentorum indigcntia, scd ea qua hoc poterat potestate ». Ut enim Beda dicit, Super Luc. [6 Exposit., ad 24, 41], «aliter absorbet aquam terra siticns, aliter solis radius calcns : illa indigcntia, iste potentia ». Manducavit ergo post resurrectioncm, «non quasi cibo indigens, sed ut eo modo naturam corporis resurgentis adstrueret 1> [i bid. ]. Et propter hoc, non sequitur quod fuerit eius corpus animale, quod est indigens cibo.
ARTICULUS 3 Utrum corpus Christi resurrexerit integrum. Quodl. 6, q. 3, a.. 1 ; In loan •• c. 20, lect. 6.
Videtur quod corpus Christi non resurrexerit integrum. Sunt enim de intcgritate humani corporis caro et sanguis. Quae Christus non videtur habuisse : dicitur enim 1 Oor. 15, 50 : « Caro et sanguis regnum Dei non possidebunt ». Christus autem rcsurrexit in gloria regni Dei. Ergo videtur quod non habuerit carnem et sanguinem. 2. PRAETEREA, sanguis est unus de quatuor humoribus. Si ergo Christus habuit sanguinem, pari ratione habuit alios humores, ex quibus causatur corruptio in corporibus animalium. Sic ergo sequeretur quod corpus Christi fuerit corruptibile. Quod est inconveniens. Non igitur habuit carncm et sanguinem. 3. PRAETEREA, corpus Christi quod resurrexit, in caelum ascendit. Sed aliquid de sanguine eius in quibusdam ccclesiis rcservatur pro reliquiis. Non ergo rcsurrexit Christì corpus cum integritate omnium suarum partium. AD TERTIUM SIC PROCEDITUB.
editori r.eonlnl fanno osservare l'incongruenza di codesta inversione con quanto l' Au· tore dice all'inizio del Rispond.o in qucHto terzo articolo: • Sicut supra dictum est, corpus r.hristi in resurroctione fuit "eiusdem naturne. sed alterius gloria.e" •. Questo discorso presuppone quanto è E!Ulto detto ntill'articolo che secondo il programma. doveva essere 11 terzo ; ma che poi è passato secondo.
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IN CONTRA.RIO : Parlando ai suoi discepoli dopo la resurrezione, il Signore ha detto:« Uno spirito non ha carne e ossa come vedete che ho io». RISPONDO : Il corpo risorto di Cristo, come abbiamo già notato, «era identico nella natura, e differente nella gloria 1>. Perciò tutto quello che appartiene alla natura del corpo umano era presente nel corpo di Cristo risorto. Ora, è evidente che alla natura del corpo umano appartengono la carne, le ossa, il sangue e ogni altra cosa del genere. Quindi tutte queste cose si trova vano nel corpo di Cristo risorto. E integralmente, senza nessuna diminuizione : altrimenti la resurrezione non sarebbe stajia perfetta, non essendo reintegrato quanto era caduto con la morte. Il Signore infatti ha fatto ai suoi fedeli questa promessa : «Tutti i capelli del vostro capo sono contati». E ancora: «Non andrà perduto neppure un capello della vostra testa ». Dire che il corpo di Cristo manca di carne, d'ossa, o di altre parti naturali del corpo umano, rientra nell'errore di Eutichio, 1 vescovo di Costantinopoli, il quale affermava che «il nostro corpo nella gloria della resurrezione sarà impalpabile, e più sottile del vento e dell'aria » ; e che il Signore, «dopo aver confermato i cuori dei discepoli che lo toccarono, rese sottile tutto quello che in lui era palpabile». Opinione questa che S. Gregorio condanna, poiché il corpo di Cristo dopo la resurrezione non ebbe mutamenti, stando all'affermazione di S. Paolo : «Cristo risuscitato dai morti ormai non muore più ». Perciò Eutichio sul letto di morte ritrattò quello che aveva detto. Infatti se è inaccettabile l'idea che Cristo abbia preso un corpo di natura diversa nel suo concepimento, come pensava Valentino attribuendogliene uno celeste; molto meno accettabile è che egli assumesse un corpo di altra natura nella resurrezione : poiché allora ha ripreso il corpo per una vita immortale, mentre nel concepimento l'aveva preso per la vita mortale. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. « La carne e il sangue » di cui si parla in quel testo non stanno per la natura della carne e del sangue : ma o per il peccato della carne e del sangue, secondo la spiegazione di S. Gregorio ; oppure per la corruzione della carne e del sangue, poiché, come vuole S. Agostino, « là non ci sarà la cor· ruzione e la mortalità della carne e del sangue». La carne quindi possiede il regno di Dio secondo la sua natura, come risulta dalle parole di Cristo: «Lo spirito non ha carne e ossa come vedete che ho io)>. Invece considerata nella sua corruzione la carne non potrà possederlo. Ecco perché l'Apostolo aggiunge : « né la corruzione [avrà] l'incorruttibilità ». 2. S. Agostino spiega: «Cogliendo forse lo spunto dal sangue, il nostro avversario potrebbe incalzare direndo: Se», nel corpo di Cristo risorto, «c'era il sangue, perché non poteva esserci la pitui1
Eutichio [t 582J (da non confondere con Eutfche, padre del monofisismo) tu pa.trlaroa. di Costantinopoli durante l'Impero di Giustiniano, di Giustino li e di Tibe· rio II. Ligio alla Politica Imperiale. cadde in d.tigra.zla e fu esil1ato per alcuni anni.
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SED CONTRA EST quod Dominus dicit, Luc. ult., 39, post resur. rectionem discipulis loquens: « Spiritus carnem et ossa non habet, sicut me videtis habere 1>. RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [a. 2, ad 2] dictum est, corpus Christi in resurrectione fuit « eiusdem naturae, sed alterius gloriae ». Unde quidquid ad naturam corporis humani pertinet, totum fuit in corpore Christi resurgentis. Manifestum est autem quod ad naturam corporis humani pertinent carnes et ossa et sanguis, et alla huiusmodi. Et ideo omnia ista in corpore Christi resurgentis fuerunt. Et etiam integraliter, absque omni diminutione : alioquin non fuisset perfecta resurrectio, si non fuisset redintegratum quidquid per mortem ceciderat. Unde et Dominus fidelibus suis promittit dicens, Matth. 10, 30 : « Vestri autem et capilli capitis omnes numerati sunt 1>. Et Luc. 21, 18 dicitur: « Capillus de capite vestro non peribit 1>. Dicere autem quod corpus Christi carnem et ossa non habuerit, et alias huiusmodi partes humano corpori naturales, pertinet ad errorem Eutychii, Constantinopolitanae urbis episcopi, qui dicebat quod «corpus nostrum in illa resurrectionis gloria erit impalpabile, et ventis aereque subtilius 1> ; et quod Domìnus, «post confirmata corda discipulorum palpantium, omne illud quod in eo palpari potuit, in subtilitatem aliquam rcdegit ». Quod ibidem improbat Gregorius, quia corpus Christi post resurrectionem immutatum non fuit : secundum illud Rom. 6, 9 : « Christus resurgcns ex mortuis iam non moritur ». Unde et ille quae dixerat, in morte rctractavit. Si enim inconveniens est ut Christus alterius naturae corpus in sua conceptione acciperet, puta caeleste, sicut Valentinus asseruit; multo magis inconveniens est quod in resurrectione alterius naturae corpus reassumpserit : quia corpus in resurrectione resumpsit ad vitam immortalem, quod in conceptione acceperat ad vitam mortalem. AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod «caro et sanguis)} ibi non accipitur pro natura carnis et sanguinis: sed vel pro culpa carnis et sanguinis, sicut Grcgorius dicit, in 14 Moral. [loco cit.] ; vel pro corruptione carnis et sanguinis, quia, ut Augustinus dicit, Ad Oonsentium, De Resurrectione Oarnis [ep. 205, c. 2], « non ibi erit corruptio et mortalitas carnis et sanguinis ». Caro ergo secundum substantiam possidet rcgnum Dei : secundum quod dictum est, « Spiritus carnem et ossa non habet, sicut me vidctis habere ». Caro autem, cum secundum corruptionem intelligitur, non possidebit. Undc continuo additum est in verbis Apostoli : «ncque corruptio incorruptelam ». An SECUNDU:vr DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit, in eodem libro [c. I], « fortassis, accepta occasione sanguinis, urge bit nos pAr contrasti circa la questione dell'aftardocetismo. S. Gregorio Magno narra nei pa.rticoJari unii disputa avuta con lui circa il Qu«>sito di questo articolo 3, la quale si concluse praticamente con la morte dell'antagonista. - Gli argomenti addotti dal futuro papa (cfr. 14 Moral •• c. 56) vengono in gran parte riferiti e accettati pie· na.mente da S. Tommaso.
16 - XXVI
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ta &, cioè l'umore flemmatico ? «e perché non il fiele giallo&, cioè l'umore bilioso 1 «perché non il fiele nero», cioè l'umore melanconico 1 «che sono i quattro umori, i quali a detta della medicina costituiscono i temperamenti del corpo umano 1 Ma qualunque cosa uno voglia aggiungere, si stia attenti a escludere la corruzione, per non corrompere la sanità della propria fede. Infatti la potenza divina ha sempre il potere di togJiere tutte le qualità che vuole da questa natura cangiante del corpo, lasciandovi le altre. In modo da escludere il difetto», cioè la corruzione : «ci sia la fisionomia ; ci sia il moto, ma senza la fatica ; ci sia la facoltà di mangiare, ma senza il bisogno della fa:r:ge &. 3. Tutto il sangue che era sgorgato dal corpo di Cristo, appartenendo all'integrità della natura umana, risuscitò con lui. Lo stesso vale per tutte le altre parti appartenenti alla realtà e all,integrità della natura umana. Il sangue poi che in certe chiese è conservato tra le reliquie non scaturi dal costato di Cristo : ma si narra che sia sgorgato da qualche immagine sfregiata di Cristo. 1
ARTICOLO 4 Se il corpo di Cristo dovesse risorgere con le cicatrici. che il corpo di Cristo non avrebbe dovuto risorgere con le cicatrici. Infatti : 1. S. Paolo afferma che « i morti risorgono incorruttibili &. Ma le cicatrici e le piaghe costituiscono una certa corruzione e un difetto. Perciò non era con veniente che Cristo, autore della resurrezione, risorgesse con le cicatrici. 2. Il corpo di Cristo, e l'abbiamo dimostrato qui sopra, risorse integro. Ma l'apertura delle ferite è incompatibile con l'integrità. Dunque non era conveniente che nel corpo di Cristo restassero le aperture delle ferite: anche se dovevano restarvi certi segni delle piaghe, che bastavano alla vista, di cui Tommaso si contentò per credere, stando a quelle parole : «Perché hai visto, o Tommaso, hai creduto». 3. Scrive il Damasceno che «dopo la resur1ezione si riscontrano in Cristo delle cose reali, ma non secondo natura, bensi conformi a una disposizione di vina, allo scopo di certificare che a risorgere era stato il corpo medesimo il quale aveva sofferto: le cicatrici, SEMBRA
1
Nel secoli XIV e XV si accese una polemica. molto vivace tra domenicani e francescani circa la divinità del sangue di Cristo, sparso durante la sua passione. I Primi, seguendo la dottrina di S. Tommaso, insegua.vano che codestn Rangne rimase ipostaticamente unito al Verbo di Dio, e quindi era degno di essere adorato col culto di latria. Ma nel 1351 un frate mi11ore a Bareefloua predicò pubhlicamente il contrarlo. ~ cioè che il sangue spal'l'lo dal Rcdento1·e non pote·rn eE.Sere com~iclcrato e venerato in tal modn. L'inquiqitore d'Aragona. domenicano. gl'impose di ritrattarsi. Nel 1463 la disputa ripreso in Itali&, e precisa.mente a Breecla, dove è. Giacomo della
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molestior persecutor, et dicet : Si sanguis »in corpore Christi resurgentis « fuit, cur D()n et pituita », idest phlegma ; « cur non et fel fiavum &, idest chole.ra, «et fel nigrum », idest melancholia ; « quibus quatuor humoribus naturam carnis temperari etiam medicinae disciplina testatur ~ Sed, quodlibet quisque addat, corruptioncm addere caveat : ne suae fidei sanitatem castitatemque corrumpat. Valet enim divina potentia de ista visibili atque tractabili natura oorporum, quibusdam. manentibus, auferre quas voluerit qualitates : ut absit labes 1>, scilicet corruptionis, «adsit effigies ; adsit motio, absit fatigatio ; adsit vescendi potestas, absit esuriendi necessitas 1>. An TERTIUM DICENDUM quod totus sanguis qui de corpore Christi fl.uxit, cum ad veritatem humanae naturac pcrtineat, in Christi corpore resurrexit. Et eadcm ratio est de omnibus particulis ad veritatem et integritatem humanae naturae pertinentibus. Sanguis autem ille qui in quibusdam ccclcsiis pro reliquiis observatur, non fiuxit de latere Christi : sed miraculosc dicitur cfiluxisse de quadam imagine Christi percussa.
ARTICULUS 4 Utrum corpus Christi cum cieatricibus resurgere debuerit. 8 Sent., d. 21, q. 2, a. 4., qc. 3 ; Oompend. Theol., c. 238 ; In Ioan., c. 20, lect. 6.
Videtur quod corpus Christi cum cicatricibus resurgere non debuerit. Dicitur enim 1 Gor. 15, 52, quod « mortui resurgent incorrupti ». Scd cicatrices et vulnera ad quandam corruptionem pertinent et defectum. Non ergo fuit conveniens ut Christus, qui resurrectionis auctor est, cum cicatrici bus resurgeret. 2. PRAETEREA, corpus Christi integrum rcsurrexit, sicut dictum est [a. praec.]. Sed aperturac vulnerum contrariantur intcgritati corporis : qui a per eas discontinuatur corpus. Non ergo videtur fuisse convcniens quod in Christi corporc apcrturae vulnerum remanerent : etsi rcmanerent ibi quacdam vulnerum insignia, quae sufficiebant ad aspectum, ad quem Thomas credidit, cui dictum est [Ioan. 20, 29] : « Quia vidisti me, Thoma, crcdidisti 1>. 3. PRAETEREA, Damascenus dicit, in 4 libro [De Fide Orth., c. 18], quod «post resurrectionem de Christo dicuntur quaedam vere quidem, non autem secundum naturam, sed secundum dispensationem, ad certificandum quod ipsum quod passum est corAD
QUARTUM
SIC PROCEDITUR.
Marca, O. F. M. {t 1476, canonizzato da Benedetto XIII. o. P., nel 17261. ripetè che U Sangue vereato sul CaJ\'"ario non era unito ipostaticamente al Verbo, e quindi non dovova essere adorato. Questa volta l'inquisitore domenicano di Lombardia si trovò contro l'Ordino l\Unoritico e non il singolo frate. l..a QU!'ltione quindi ftnl dinanzi al Papa P1o II, il qua.le la. fece disutcre ampiamente da teologi dell'uno e dell'altro Ordine. Ma il JDAgos.to H64 il Papa non pronunziò nessuna condanna ; pt·oibì invece sotto pena di scomunica di continuare la disputa (cfr. SYNAVE P., op. cit., pp. 366370).
244
LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 54, a. 4
p. es. &. Ma cessata la causa deve cessare anche l'effetto. Sembra quindi che una volta certificati i discepoli circa la resurrezione, le cicatrici siano scomparse. Ma l'immutabilità della gloria escludeva che egli assumesse qualche cosa che non doveva durare in lui per sempre. Sembra quindi che egli alla resurrezione non dovesse riprendere il corpo segnato dalle cicatrici. IN CONTRARIO : Il Signore cosi disse a Tommaso : « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, e allunga la tua mano e mettila nel mio costato ». RISPONDO : Era conveniente che l'anima di Cristo nella resurrezione riprendesse il corpo con le cicatrici. Primo, per la stessa gloria di Cristo. Scrive infatti S. Beda che egli conservò le cicatrici non per l'incapacità di sanarle, ma «per portare in perpetuo il trionfo della sua vittoria». E S. Agostino insegna, che «forse nel regno dei cieli vedremo nei corpi dei martiri le cicatrici delle piaghe sofferte per Cristo : poiché non si tratta di deformità, bensi di dignità ; cosicché risplenderà in essi una bellezza, quella della virtù, che, pur essendo nel corpo, non sarà del corpo ». Secondo, per confermare « nella fede della sua resurrezione » i cuori dei propri discepoli. Terzo, «per mostrare continuamente al Padre, nel supplicare per noi, quale genere di morte abbia sofferto per gli uomini». Quarto, «per far capire ai fedeli redenti dalla sua morte, con quanta misericordia siano stati soccorsi, mostrando le vestigia della morte medesima ». Finalmente «per denunziare nel giudizio finale quanto giustamente essi siano eventualmente condannati». 1 Ecco perché S. Agostino ha scritto: «Cristo ben sapeva perché dovesse conservare nel suo corpo le cicatrici. Infatti come le mostrò a Tommaso incredulo, perché le toccasse e le vedesse, così la Verità mtJstrcrà quelle piaghe ai suoi nemici, dicendo loro: «Ecco l'uomo che avete crocifisso. Ecco le piaghe che avete inflitto. Guardate il costato che avete trafitto. Poiché da voi e per voi è stato aperto: e tuttavia non siete voluti entrare ». SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : I. Le cicatrici rimaste nel corpo di Cristo non implicano corruzione o difetto: ma contribuiscono a un maggior cumulo di gloria, quali segni particolari di virtù. E in quei luoghi delle ferite apparirà una speciale bellezza. 2. Quell'apertura delle piaghe, sebbene comporti una soluzione di continuità, viene compensata da un decoro maggiore di gloria: in modo che il corpo non sia meno integro, ma più perfetto. Tommaso poi non solo vide, ma toccò le piaghe : poiché come nota il papa S. Leone I, « alla fede propria bastò vedere quello che vide, ma per noi arrivò a toccare ciò che vedeva ». 3. Cristo volle conservare nel proprio corpo le cicatrici, non solo per confermare la fede dei discepoli, ma anche per altri motivi.
r
1 Tutte queste ragioni sono addotte dall'unico passo di S. Bcdq. indicato chiara.· mente tra parentesi nel testo latino : tl In Luc.• o. 24. 40.
QUALITÀ DEL CRISTO RISORTO
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pus resurrexit, ut cicatrices ». Cessante autem causa, cessat effectus. Ergo videtur quod, certificatis discipulis de sua resurrectione, cicatrices ulterius non habuìt. Sed non conveniebat immutabilitati gloriae quod aliquid assumeret .quod in eo perp~tuo .n?n re~aneret. Vìdetur ergo quod non debuer1t corpus cum c1catr1c1bus in resurrectione resumere. SED CONTRA EST quod Dominus dicit Thomae, Ioan. 20, 27 : e Infer digitum tuum huc, et vide manus meas, et affcr manum tuam et mitte in latus mcum 1>. RESPONDEO DIOENDUM quod conveniens fuit animam Christi in resurrectionc corpus cum cicatricibus resumere. Primo quidem, propter gloriam ipsius Christi. Dicit enim Beda, Super Luc. [6 Exposit., ad 24, 40], quod non ex impotentia curandi cicatrices servavit, sed « ut in perpetuum victoriae suae circumfcrat triumphum I). Unde et Augustinus dicit, in 22 De Civ. Dei rc. 19], quod t fortassis in illo regno in corporibus martyrum videbimus vulnerum cicatrices quae pro Christi nomine pertulerunt : non enim deformitas in eis, sed dignitas erìt; et quacdam, quamvis in corpore, non corporis, sed virtutis pulchritudo fulgebit ». Secundo, ad confirmandum corda discipulorum circa« fidem suae resurrectionis » [BEn., loco cit.]. Tertio, « ut Patri, pro nobis supplicans, quale genus mortis pro homine pertulerit, semper ostendat 1> [ibid.]. Quarto, « ut sua morte redemptis quam miscricorditcr sint adiuti, propositis eiusdcm mortis indiciis, insinuet » [ibid.]. Postremo, « ut in iudicio quam iuste damnentur, ibidem annuntiet •> [ibid.]. Unde, sicut Augustinus dìcit, in libro 2 De Symbolo [c. 8] : « Sciebat Christus quare cicatrices in suo corpore scrvaret. Sicut enim demonstravit Thomae non credenti nisi tangeret et videret, ita etiam inimicis vulnera demonstraturus est sua, ut convincens eos Vcritas dicat : " Ecce hominem quem crucifixistis. Videtis vulnera quae infixistis. Agnoscitis latus quod pupugistis. Quoniam per vos, et proptcr vos apertum est: nec tamen ìntrare voluistis " 1>. An PRIMUM ERGO DICENDUM quod cicatrices illae quac in corpore Christi pcrmanserunt, non pcrtinent ad corruptionem vcl defectum : sed ad maiorem cumulum gloriae, inquantum sunt quaedam virtutis insignia. Et in i1lis locis vulnerum quidam specialis decor appare bit. An SECUNDUM DICENDUM quod illa apertura vulnerum, quamvis sit cum quadam solutione continuitatis, totum tamen hoc recompensatur per maiorcm dccorem gloriae: ut corpus non sit minus integrum, sed magis pcrfectum. Thomas autcm non solum vidit, sed etiam vulnera tctigit : quia, ut dicit Leo Papa, « suffecit sibi ad fidem propriam vidissc quod viderat; sed nobis operatus est ut tangeret quem videbat ». An TERTIUM DICENDç':M quod Christus in suo corpore voluit cicatriccs vulnerum remanere, non solum ad certificandum discipulorum fidem, sed etiam propter alias rationes. Ex quibus appa ..
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Ed essi mostrano che quelle cicatrici rimarranno in lui per sempre. Di qui l'affermazione dì S. Agostino: «Credo che il corpo del Signore sia in cielo così com'era quando ascese al cielo ». E S. Gregorio seri ve, che « se uno pensa che nel corpo di Cristo dopo la resurrezione si sia potuto mutare qualche cosa, contro le parole veridiche di S. Paolo, riconduce Cristo alla morte. E chi oserebbe affermarlo, se non lo stolto il quale negasse la verità della resurrezione della carne 1 )), Perciò è evidente che le cicatrici mostrate da Cristo nel suo corpo dopo la resurrezione, non sono state più eliminate neppure in seguito.
QUALITA DEL CRISTO RISORTO
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ret quod semper in eius corpore cicatrices illae remanebunt. Quia ut Augustinus dicit, Ad Consentium De Resurrectione Carnis [ep: 205, c. I] : « Domini corpus in caelo esse credo ut erat quando ascendit in caelum ». Et Gregorius, 14 Moral. [c. 56], dicit quod, t si quid in corpore Christi post resurrectionem potuit immutari, contra veridicam Pauli sententiam, post resurrectionem Dominus rediit in mortem. Quod quis dicere vel stultus praesumat, nisi qui veram carnis resurrectionem denegat ? ». Unde patet quod cica~ trices quas ChriRtus post resurrectionem in suo corpore ostendit, nunquam postmodum ab illo corpore sunt remotae.
QUESTIONE 55 La inanifestazione della resurrezione. Veniamo ora a considerare la manifestazione della resurrezione. Sull'argomento si pongono sei quesiti : l. Se la resurrezione di Cristo dovesse essere manifestata a tutti gli uomini, oppure solo a delle persone qualificate ; 2. Se avesse·~dovuto risorgere davanti ai loro occhi ; 3. Se avesse dovuto convivere con i suoi discepoli dopo la resurrezione ; 4. Se fosse conveniente che apparisse ai suoi discepoli sotto sembianze diverse; 5. Se dovesse manifestare con delle prove la propria resurrezione ; 6. Se tali prove siano state sufficienti. 1
ARTICOLO I Se la resurrezione di Cristo dovesse essere manifestata a tutti.
SEMBRA che la resurrezione di Cristo dovesse essere manifestata a tutti. Infatti : I. Come a un peccato pubblico si deve una pena pubblica, secondo l'esortazione di S. Paolo a Timoteo : «Chi pecca davanti a tutti rimproveralo &, cosi a un merito pubblico si deve un pub. blico premio. Ma «la gloria della resurrezione», a detta di S. Agostino, «è premio per l'ignominia della passione». Essendo stata quindi manifestata a tutti la passione di Cristo, avendola sofferta in pubblico, è evidente che doveva essere manifestata a tutti la gloria della sua resurrezione. 2. Come è ordinata alla nostra salvezza la passione di Cristo, cosi è ad essa ordinata la sua resurrezione, poiché sta scritto : «È risorto per la nostra giustificazione ». Ma quello che riguarda l'utilità di tutti deve manifestarsi a tutti. Perciò la resurrezione di Cristo doveva manifestarsi a tutti e non solo a persone particolari. 3. Quelli che ne ebbero la manifestazione furono i testimoni della resurrezione di Cristo, secondo l'accenno della Scrittura : «Dio lo risuscitò dai morti ; e noi ne siamo i testimoni ». Ma questa testimonianza avveniva con la predicazione pubblica ; la quale è negata alle donne, stando alle parole di S. Paolo : « Le donne in chiesa stiano in silenzio & ; e ancora: «Alla donna non permetto d'insegnare )), Dunque non era opportuno che la resurrezione di Cristo fosse manifestata prima alle donne che a tutta la massa. 1
J.1'0rdine della questione è a.bbaat&n.za perspicuo. Nel primo àrt.icolo si .parla
QUAESTIO 55 De manifesta ti o ne resurrectionis in sex articuJos dinsa.
DEINDE considerandum est de manifestatione resurrectionis. Et circa hoc quaeruntur sex. Primo: utrum resurrectio Christi omnibus hominibus manifestari debuerit, an solum quibusdam spccialibus hominibus. Secundo: utrum fuisset conveniens quod, eis videntibus, resurgerct. Tertio : utrum post resurrectionem debuerit cum suis discipulis conversari. Quarto : utrum fuerit conveniens quod suis discipulis in aliena effigie appareret. Quinto : utrum rcsurrcctionem suam argumentis manifestare debuerit. Sexto: de sufficientia illorum argumentorum.
ARTICULUS I Utrum resurrectio Christi debuerit omnibus manifestari. Supra, q. 36, a. 2 ; Compenà. Theol.. c. 238 ; I ad Cor., c. 15. Iect. 1.
An PRIMUM sic PRoCEDITUR. Videtur quod resurrectio Christi debuerit omnibus manifestari. Sicut enim publico peccato debetur poena publica, secundum illud 1 Tim. 5, 20, « Peccantem coram omnibus argue»; ita merito publico dcbetur praemìum publicum. Sed « claritas resurrectionis est pracmium humilitatis passionis »: ut Augustinus dicit, Super loan. [tract. 104]. Cum ergo passio Christi fuerit omnibus manifestata, eo publice patiente, videtur quod gloria resurrectionis ipsius omnibus manifestari debuerit. 2. PRAETEREA, sicut passio Christi ordinatur ad nostram salutem, ita et eius resurrectio : secundum illud Rom. 4, 26 : « Rcsurrexit propter iustificatìonem nostram 1>. Sed illud quod ad communem utilitatem pcrtinet, omnibus debet manifcstari. Ergo resurrectio Christi omnibus debuit manifestari, et non specialiter quibusdam. 3. PRAETEREA, illi quibus manifestata est resurrectio, fuerunt resurrectionis testes : unde dicitur Act. 3, 15 : « Quem Deus suscitavìt a mortuis : cuìus nos testes sumus ». Hoc autem testimonium fercbant publicc praedicando. Quod quidem non convenit mulieribus : secundum illud 1 Cor. 14, 34: « Mulieres in ecclesiis taceant )) ; et 1 Tim. 2, 12: « Docere mulieri non permitto ». Ergo videtur quod inconvenienter resurrectio Christi manifestata fuerit primo mulieribus quam hominibus communiter. della maggiore o minore universalità della manifestazione. Negli articoli 2·4 si parla del modo in cui si è prodotta ; e negli ultimi due (5, 6) si aeamlna.no le .prove pro· 4otte per rendere manifesta la resurreziollS.
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 55, a. 1
IN CONTRARIO : Sta scritto : «Dio risuscitò Cristo il terzo giorno, ed ha permesso che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma ai testimoni preordinati da Dio». RISPONDO : Tra le cose che si conoscono alcune rientrano nelle comuni capacità della natura; altre invece si conoscono per un dono speciale della grazia, e sono quelle che vengono rivelate da Dio. Ora, a proposito di queste ultime, come insegna Dionigi, Dio ha stabilito questa legge, che vengano rivelate immediatamente da Dio agli esseri superiori, e mediante il loro ministero a quelli inferiori. Il che è evidente nell'ordinamento degli spiriti celesti. Ebbene, le cose relative alla g~9ria futura superano la conoscenza comune degli uomini, secondo le parole di Isaia: «Occhio non vide, eccetto tu, o Dio, qnello che hai preparato per coloro che ti amano». Perciò codeste cose non sono conosciute dall'uomo, se non per rivelazione divina, secondo l'espressione del1' Apostolo : «A noi Dio le ha rivelate mediante il suo Spirito ». E poiché Cristo è risorto con una resurrezione gloriosa, questa doveva essere manifestata non a tutto il popolo, ma ad alcuni per la. cui testimonianza sarebbe giunta a tutti gli altri. 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. La passione di Cristo si compi su di un corpo che aveva ancora una natura passibile, la quale è conosciuta da tutti secondo la legge comune. Perciò essa poté essere manifestata immediatamente a tutto il popolo. La resurrezione di Cristo invece si è compiuta «mediante la gloria del Padre », come si esprime lApostolo. Ecco perché non fu manifestata immediatamente a tutti, ma solo ad alcuni. Quanto alla pena pubblica inflitta ai peccatori pubblici, si noti che si tratta della pena limitata alla vita presente. E in tale ambito anche i meriti pubblici vanno premiati pubblicamente, per incoraggiare gli altri. Ma le pene e i premi della vita futura non vengono manifestati pubblicamente a tutti : bensi a quei previlegiati che Dio ha designato. 2. La resurrezione di Cristo, essendo preordinata alla salvezza di tutti. è fatta per giungere alla conoscenza di tutti : non già raggiungendo tutti con una manifestazione immediata ; ma solo alcuni, che con la loro testimonianza l'avrebbero comunicata a tutti. 3. Alla donna non è permesso d'insegnare in chiesa pubblicamente ; però le è concesso d'istruire privatamente con l'ammonizione familiare. Scrive infatti S. Ambrogio, che «fu inviata ad essi, che erano di casa, precisamente una donna»; ma essa non fu inviata a testimoniare la resurrezione dinanzi al popolo. Ora, Cristo volle per primo apparire alle donne, perché come la donna era stata la prima a portare all'uomo il germe della morte, cosi fosse la prima ad annunziare gli albori della gloria in Cristo risorto. Di qui le parole di S. Cirillo : « La donna che era stata quasi strumento di morte, fu la prima a constatare e ad annunziare il mistero della santa resurrezione. Cosicché il sesso femminile è stato redento dall'infamia e dalla maledizione ».
LA MANIFESTAZIONE DELLA RESURREZIONE
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SED CONTRA EST quod dicitur Act. 10, 40, 41 : « Quem Deus suscitavit tertia die, et dedit eum manifestum fieri, non omni populo, sed testibus praeordinatis a Dco ». RESPONDEO DICENDUM quod eorum quae cognoscuntur, quaedam cognoscuntur communi lege naturae; quacdam autem cognoscuntur ex speciali munere gratiae, sicut ea quae divinitus revclantur. Quorum quidem, ut Dionysius dicit, in libro Caelest. Hier. [c. 4], haec est lex divinitus instituta, ut a Deo immediate superioribus revelcntur, quibus mcdiantibus deferantur ad inferiores: sicut patet in ordinatione caelestium spirituum. Ea vero quae pertinent ad futuram gloriam, communem hominum cognitionem excedunt : secundum illud Isaiae 64, 4 : « Oculus non vidit, Deus, absque te, quae preparasti diligentibus te ». Et ideo huiusmodi ab homine non cognoscuntur nisi divinitus revelata : sicut Apostolus dicit, I Cor. 2, 10 : « Nobis revelavit Deus per Spiritum suum ». Quia igitur Christus resurrexit gloriosa resurrectione, ideo eius resurrectio non omni populo manifestata est, sed quibusdam, quorum testimonio deferretur in aliorum notitiam. AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod passio Christi peracta est in corpore adhuc habente naturam passibilem, quae communi lege nota est omnibus. Et ideo passio Christi omni populo immediate manifestari potuit. Resurrectio autem Christi facta est «per gloriam Patris », ut Apostolus dicit, Rom .. 6, 4. Et ideo immediate manifestata est, non omnibus, sed quibusdam. Quod autem publice peccantibus publica poena imponitur, intelligendum est de poena praesentis vitae. Et similiter publica merita publice praemiari oportet, ut alii provocentur. Sed poenae et praemia futurae vitae non publice omnibus manifestantur: sed specialiter illis qui ad hoc praeordinati sunt a Deo. An SECUNDUM DICENDUM quod resurrectio Christi, sicut est ad communem omnium salutem, ita in notitiam omnium pervenit : non quidem sic quod immediate omnibus manifestaretur; sed quibusdam, per quorum testimonium deferretur ad omnes. An TERTIUM DICENDUM quod mulieri non permittìtur publice docere in ecclesia: pcrmittitur ·autem ei privatim domestica aliquos admonitione instruere. Et ideo, sicut Ambrosius dicit, Super Luc. [10 Exposit., ad 24], «ad eos femina mittitur qui domestici sunt » : non autem mittitur ad hoc quod resur1·ectionis testimonium ferat ad populum. Ideo autem primo mulieribus apparuit, ut mulier, quae primo initium mortis ad hominem detulit, primo etiam initia resurgentis Christi in gloria nuntiaret. Unde Cyrillus dicìt [12 Comment. in Ioan. Evang., 20, 17] : « Femina, quae quondam fuit mortis ministra, venerandum resurrectionis mysterium prima percepit et nuntiat. Adeptum est igitur femineum genus et ignominiae absolutionem, et maledictionis repudium ». Questa manifestazione gradnale non si riscontra solo nella J'eSTlrrezlone, ma anche nella nasl'ita dJ Cristo : vedi sopra, q. 36, a.. 2. I due articoli possono co11SICÌ.erarsi analoghi per n procedimento dimostrativo. 1
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 55, aa. 1-2
Ciò serve anche a dimostrare che nello stato della gloria futura le donne non avranno nessuna minorazione dal loro sesso ; ma .ee saranno più ferventi nella carità, godranno una gloria superiore nella visione di Dio: e questo perché le donne, che avevano amato il Signore più ardentemente, al punto «di non abbandonare il sepolcro, mentre i discepoli lo abbandonavano », videro per prime il Signore risorto nella gloria. ARTICOLO 2 Se era conveniente che i discepoli assistessero alla resurrezione di Cristo.
SEMBRA che sarebbe stato conveniente che i discepoli assistessero alla resurrezione di Cristo. Infatti : I. I discepoli avevano il compito di testimoniare la resurrezione di Cristo, secondo le parole della Scrittura : «Gli apostoli con grande efficacia rendevano testimonianza della resurrezione di Gesù Cristo Signor nostro)}. Ma la testimonianza più certa è quella oculare. Quindi sarebbe stato conveniente che essi vedessero direttamente la resurrezione di Cristo. 2. Per la certezza della loro fede ai discepoli fu concesso di assistere all'ascensione di Cristo, secondo la narrazione della Scrittura : « Si sollevò da terra davanti ai loro occhi •>. Ma la stessa certezza di fede è richiesta per la resurrezione. Sembra dunque che Cristo avrebbe dovuto risorgere davanti ai discepoli. 3. La resurrezione di Lazzaro fu un indizio della futura resurrezione di Cristo. Ora, il Signore risuscitò Lazzaro al cospetto dei discepoli. Dunque Cristo stesso avrebbe dovuto risorgere davanti a loro. IN OONTRARIO : Nel Vangelo si legge:« Essendo risorto il Signore al mattino, cioè il primo giorno della settimana, apparve a Maria Maddalena ». Ora, Maria Maddalena non lo vide risorgere ; ma mentre lo cercava nel sepolcro, si sentì dire dall'angelo : «Il Signore è risorto; non è qui•>. Perciò nessuno lo vide risorgere. RISPONDO : Come l'Apostolo afferma, « ciò che viene da Dio è ordinato». Ebbene, questo è l'ordine istituito da Dio, che quanto è al di sopra dell'uomo venga rivelato agli uomini mediante gli angeli : e ciò secondo le spiegazioni di Dionigi. 1 Ora, nel risorgere Cristo non tornò alla vita ordinaria degli uomini, ma a una vita immortale e conforme a quella di Dio; secondo le parole di S. Paolo : «Ciò che vive vive in Dio». Perciò la resurrezione di Cristo non doveva esser vista dagli uomini immediatamente, ma esser loro annunziata dagli angeli. Di qui le parole di S. Ilario: «L'angelo fu il primo nunzio della resurrezione, perché la resurrezione fosse annunziata mediante una rivelazione della volontà del Padre 1>. 1
L'ordine eerarohlco nelle oomunicazioni eopra.nn&turall è una delle tesi più care
LA MANIFESTAZIONE DELLA RESURREZIONE
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Simul etiam per hoc ostenditur quod, quantum ad statum gloriae pertinet, nullum detrimentum patietur sexus femineus, sed, si maiorì caritate fervebunt, maiori etiam gloria ex visione divina potientur : eo quod mulieres, quae Dominum arctius amaverunt, in tantum ut ab cius sepulcro, « discipulis etiam recedentibus, non recederent », primo viderunt Dominum in gloriam resurgentem.
ARTICULUS 2 Utrum conveniens fuerit quod discipuli viderent Christmn resurgere. In Mallh., c. 28.
An SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur conveniens fuisse quod discipuli vidcrent Christum resurgerc. Ad discipulos enim pcrtincbat rcsurrectioncm Christi tcstificari : secundum illud Act. 4, 33 : « Virtute magna reddebant Apostoli testimonium resurrectionis Iesu Christi, Domini nostri ». Sed certissimum est tcstimonium de visu. Ergo conveniens fuisset ut ipsam rcsurrectionem Christi viderent. 2. PRAETEREA, ad ccrtitudincm fidei habendam, discipuli ascensionem Christi vidcrunt : secundum illud Act. 1, 9: «Videntibus illis, clevatus est ». Sed similiter oporteret de rcsurrcctionc Christi certam fidem habcrc. Ergo videtur quod, discipulis videntibus, debuerit Christus resurgere. 3. PRAETEREA, resurrectio Lazari quoddam indicium fuit futurae resurrectionis Christi. Sed, discipulis videntibus, Dominus Lazarum suscitavit [Ioan. 11]. Ergo vidctur quod etiam Christus resurgere debuerit, discipulis vidcntibus. SED CONTRA EST quod dicitur Marci ult., 9 : « Resurgens Dominus mane prima sabbati, apparuit primo Mariae Magdalenae ». Sed Maria Magdalcna non vidit eum resurgere: scd, cum eum quaereret in sepulcro, audivit ab angelo, « Surrexit Dominus : non est hic » [v. 6]. Ergo nullus vidit eum rcsurgere. RESPONDEO DICENDUM quod, sicut Apostolus dicit, Rom. 13, 1, « quae a Dco sunt, ordinata sunt ». Est autcm hic orda divinitus institutus, ut ea quae supra homines sunt, homini bus per angclos revelentur: ut patet per Dionysium, 4 cap. Cael. Hier. Christus autem resurgcns non rediit ad vitam communiter omnibus notam, sed ad vitam quandam immortalcm et Deo conformcm: sccundum illud Rom. 6, 10 : « Quod cnim vivit, vivit Deo ». Et ideo ipsa Christi resurrectio non dcbuit immediate ab hominibus videri, sed eis ab angelis nuntiarì. Unde Hilarius dicit, Super Matth. [Comment., c. 33], quod « ideo angelus prior rcsurrectionis est index, ut quodam famulatu paternae voluntatis resurrectio nuntiaretur ». allo Pseudo-Dionigi. Codesta tesi però non è cosl assoluta come l'ignoto teologo ellenista pretendeva. S. Tommaso l'accetta nella saa universalità, perché a Dionigi egll accordava il presunto credito del discepolo immediato di S. Paolo.
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LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 55, aa. 2-3
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: l. Gli Apostoli potevano presentarsi come testimoni oculari della resurrezione : perché dopo la resurrezione videro con gli occhi della fede il Cristo vivo, dopo averne constatato la morte. Ma come si giunge alla visione beatifica attraverso l'ascoltare della fede, cosi gli uomini giunsero alla visione di Cristo risorto dagli annunzi prima ascoltati dagli angeli. 2. L'ascensione di Cristo trascendeva la conoscenza ordinaria degli uomini non rispetto al suo punto di partenza, ma solo rispetto al suo punto d'arrivo. Ecco perché i discepoli furono in grado di vederla nel suo punto di partenza, cioè nell'atto in cui Cristo si sollevò da terra. Essi però non la videro nel punto di arrivo: poiché non videro come fosse ricevuto in cielo. 1 Ora, la resurrezione di Cristo trascendeva la conoscenza ordinaria e comune degli uomini, sia nel termine di partenza, che comportava il ritorno dell'anima dagl'inferi e l'uscita del corpo dal sepolcro ancora chiuso; sia nel termine di arrivo, che era il conseguimento di una vita gloriosa. Perciò la resurrezione non doveva avvenire alla presenza degli uomini. 3. Lazzaro fu risuscitato per tornare alla vita che aveva in precedenza, la quale non superava la conoscenza ordinaria dell'uomo. Perciò il paragone non regge.
ARTICOLO 3 Se dopa la resurrezione Cristo dovesse convivere continuamente coi suoi discepoli.
SEMBRA che dopo la sua ~csurrezione Cristo avrebbe dovuto convivere di continuo con i suoi discepoli. Infatti : l. Cristo dopo la sua resurrezione apparve ai discepoli per renderli certi nella fede circa la propria resurrezione, e per consolare le loro anime turbate, come appare dalle parole evangeliche : «Nel vedere il Signore i discepoli furono pieni di gioia 1>. Ma essi si sarebbero certificati e rallegrati di più se la sua presenza fosse stata continua. Dunque egli avrebbe dovuto convivere con essi di continuo. 2. Risuscitato dai morti Cristo non ascese subito al ciclo, ma « dopo quaranta giorni 1>. Ora, in codesto tempo egli non poteva trovarsi meglio in nessun altro luogo che dove erano radunati i discepoli. Perciò egli avrebbe dovuto convivere continuamente con essi. .3. Nel giorno stesso della sua resurrezione risulta che Cristo apparve cinque volte, come fa rilevare S. Agostino: primo, «apparve 1
A questo punto il Gaetano commenta : « Aggiungi che l'ascensione di Cristo per quanto rignarda il Punto d'arrivo, superiore a ogni conoscenza umana, fu manifpstata ai discepoli dagll 8.llgeli con quelle parole [.Atti 1, 111: .. Questo Gesù che tolto a
LA MANIFESTAZIONE DELLA RESURREZIONE
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AD PBIMUM ERGO DICENDUM quod Apostoli potuerunt testificari Christi resurrectionem etiam de visu : quia Christum post resurrectionem viventem oculata fide viderunt, quem mortuum sciverant. Sed sicut ad visionem beatam pervenitur per auditum fideì, ita ad visionem Christi resurgentis pervenerunt homines per ea quae prius ab angelis audierunt. An SECUNDUM DICENDUM quod ascensio Christi, quantum ad terminum a quo, non transcendebat hominum communem notitiam, sed solum quantum ad terminum ad quem. Et ideo discipuli potuerunt videre ascensioncm Christi quantum ad terminum a quo, idest secundum quod elevabatur a terra. Non autem viderunt ipsam quantum ad terminum ad quem : quia non viderunt qnomodo reciperetur in caelo. Sed resurrectio Christi transcendebat communem notìtiam et quantum ad terminum a quo, sccundum quod anima rediit ab infcris et corpus de sepulcro elauso exivit; et quantum ad terminum ad quem, secundum quod est adeptus vitam gloriosam. Et ideo non debuit resurrectio fieri sic quod ab homine videretur. An TERTIUM DICENDUM quod Lazarus resuscitatus est ut rediret ad vitam qualem prius ·habuerat, quae communem notitiam homi-. num non transcendit. Et ideo non est sim.ilis ratio.
ARTICULUS 3 Utrum Christus post resurrectionem debuerit eontinue cum discipulis conversan.
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3 8ent.., d. 22, q. 3, a. 2, qc. 3; In Ioan., c. 20, lect. 6; c. 21, lect. I.
AD TERTIUM SIC PROCEDITÙR. Videtur quod Christus post resur.. rectionem debucrit continue cum discipulis conversari. Ad hoc enim Christus discipulis post resurrectionem apparuit, ut eos de fide resurrectionis certificaret, et consolationem perturbatis afferret, secundum illud Ioan. 20, 20 : « Gavisi sunt discipuli, viso Domino I). Sed magis fuissent certificati et consolati si eis continue suam praesentiam exhibuisset. Ergo videtur quod continue cum eis debuerit conversari. 2. PRAETEREA, Christus resurgens a mortuis non statim ascendit in caelum, sed post «dies quadraginta », ut habetur Act. I, 3. Illo autem tempore intermedio in nu1lo alio loco potuit convenientius esse quam u bi discipuli eius erant pariter congregati. Ergo videtur quod continue cum eis conversari debuerit. 3. PRAETEREA, ipso die resurrectionis Dominicae quinquies Christus apparuisse legitur, ut Augustinus diPit, in libro 3 De Conaensu Evang. [c. 25] : primo quidem, « mulieribus ad monumentum » [Mare. 16, 9 ; Ioan. 20, 14 ss.] ; « secundo, eisdem regrevoi è stato elevato al cielo, verrà nello stosso modo, in cui voi l'avete veduto salire al cielo" •·
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alle donne presso il sepolcro ; secondo, alle medesime lungo la via mentre se ne allontanavano; terzo, a Pietro; quarto, ai due discepoli di Emmaus; quinto, a molti in Gerusalemme, assente però Tommaso 1>. Quindi anche negli altri giorni precedenti alla sua ascensione avrebbe dovuto almeno apparire più volte. 4. Prima della passione il Signore a ve va detto ai discepoli : « Quando sarò risorto vi precederò in Galilea)}. Ciò fu ripetuto dall'angelo e dal Signore stesso alle pie donne. E tuttavia egli prima si fece vedere da essi in Gerusalemme, sia il giorno stesso della resurrezione, come abbiamo già notato, sia otto giorni dopo, come si legge in S. Giovanni. Non sembra quindi che Cristo dopo la resurrezione si sia comportato come si conveniva con i suoi discepoli. IN CONTRARIO : Nel Vangelo si legge, che Cristo riapparve ai discepoli «dopo otto giorni». Egli dunque non conviveva continuamente con essi. RISPONDO: A proposito della resurrezione due cose dovevano esser ben chiarite ai discepoli : la realtà della resurrezione di Cristo, e la gloria del risorto. Ora, per mostrare la realtà della resurrezione, bastava che egli apparisse loro più volte, parlasse, mangiasse e bevesse con loro familiarmente, offrendosi loro come realtà palpabile. Ma per mostrare la gloria della resurrezione egli non volle convivere continuamente con essi come faceva prima; perché non pensassero che fosse risorto al medesimo genere di vita. Si spiega così quella sua dichiarazione : «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero con voi ». Anche allora infatti egli era con loro per la sua presenza corporale: ma prima egli era stato presente non solo per la presenza corporale bensì anche per la sua somiglianza quale essere mortale. Di qui le parole di S. Bcda, a commento della dichiarazione suddetta : « Quando ero con voi nella carne mortale, in cui vi trovate anche voi. Allora infatti egli era risuscitato nella medesima carne : però non si trova va con essi nella medesima mortalità». SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : l. A certificare i discepoli sulla verità della resurrezione bastavano le frequenti apparizioni di Cristo : mentre la convivenza continua avrebbe potuto indurli in errore, facendo credere che egli fosse risorto al medesimo genere di vita che aveva in precedenza. - La consolazione poi derivante dalla sua presenza continua egli la promise loro nell'altra vita: « Io vi vedrò dì nuovo, e ne gioirà il vostro cuore, e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia 1>. 2. Cristo allora non volle convivere continuamente con i suoi discepoli non perché ritenesse più conveniente altrove la sua presenza ; ma perché giudicava più conveniente per la loro istruzione, la sottrazione di tale continua convivenza, per il motivo indicato. Ignoriamo dove egli dimorasse corporalmente in quei giorni d'a~ tesa : poiché la Scrittura non ne parla, e d'altronde «il suo dominio si estende in ogni luogo ». 1 1 «Queste poche parole ci mostrano la prudenza di S. Tommaso: piuttosto che immaginare chissà. quale luogo dove Cristo avrebbe potuto trovarsi durante i qua-
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dientibus a l:nonumento in itinere [Matth. 28, 8, 9] ; tertio, Petro [Luc. 24, 34] ; quarto, duobus euntibus in castellum [Mare. 16, 12; Luc. 24, 13 s".]; quinto, pluribus in lerusalem, uhi non erat Thoxnas » (Ioan. 20, 19 88.]. Ergo etìam videtur quod et aliis diebus ante suam aacensionem ad minus pluries debuit apparere. 4. PRAETE.I?.EA, Dominus ante passionem eis dixerat, Matth. 26, 32: « Po~tquam resurrexero, praecedam vos in Galilaeam 1>. Quod etia.Ill: 4ngelus, et ipsemet Donùnus, post res~rrectionem mu• lieribus dixit [Matth. 28, 7, 10]. Et tamen antea 1n Ierusalem ab eis visus est : et ipsa die resurrectionis, ut dictum est [arg. praec.] ; et etiam dìe octava, ut legitur Ioan. 20, 26. Non ergo vìdetur quod conveJ\icnti modo post resurrectionem curo discipulis fuerit conversatus. SED CONT:Q.A EST quod Ioan. 20, 26 dicitur, quod «post dies octo » Christus discipulis apparuit. Non ergo continue conversa .. batur cum eis. RESPONDEo DICENDUM quod circa resurrectionem Christi duo erant disciplllis declaranda : scilicet ipsa veritas resurrectionis ; et gloria resurg~ntis. Ad veritatem autem resurrectionis manifostandam, sufficit quod pluries apparuit, et cum eis familiariter est locutus, et Qomedit et bibit, et se eis palpandum praebuit. Ad gloriam autem. resurrectionis manifestandam, noluit continue conversari cum eis, sicut prius fecerat, ne videretur ad talem vitam resurrexisse qualem prius habuerat. Unde Luc. ult., 44 dicit eis : • Haec sunt verba quae locutus sum ad vos cum adhuc essem vobiscum ». Tunc quidem erat cum eis praesentia corporali : sed ante cum eis fuerat, non solum corporali praesentia, sed etiam per similitudinem mortalitatis. Unde Beda, supradicta verba exponens, dicit [6 Expo8it.] : « Cum adhuc essem vobiscum »: « idest, Cum adhuc ~ssem in carne mortali, in qua estis et vos. Tunc quidem in eade:tn carne resuscitatus erat: sed cum illis in eadem mortalitate non erat ». AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod frequens Christi apparitio sufficiebat a(j certificandum discipulos de veritate resurrectionis: conversatio autem continua eos potuisset ducere in errorem, si ad similem Vi.tam eum resurrexisse crederent quam prius habuerat. - Consolati()nem autem de continua sui praesentia eis in alia vita repromisit : rsecundum illud Ioan. 16, 22 : « Iterum vidcbo vos, et gaudebit cor vestrum, et gaudium vestrum nemo tollet a vobis ». An SECUN:OuM DICENDUM quod Christus non ideo non continue conversabatttr cum discipulis quia reputaret se alibi convenientius esse : sed qllia hoc discipulis instrucndis convenientius iudicabat, si non conti[lue conversaretur cum eis, ratione praedicta [in corp. et ad l]. In.cognitum autem est quibus in locis intermedio tempore corporaliter esset: cum hoc Scrìptura non tradat, et« in omni loco sit dollijnatio eius » [Ps. 102, 22]. ranta giorni eh~ separano la resurrezione dall'asc'ensfone, risponde che non ne sa nulla ; poiohé I~ Scrittura., nostra fonte d'informazione, è muta sull'argomento. .Ma
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3. Le apparizioni furono più frequenti il primo giorno ; perché, i discepoli, ammoniti da numerosi indizi, fin da principio concepissero la fede nella resurrezione. Ma dopo che questa fu stabilita, non era più necessario che fossero istruiti con apparizioni così frequenti. Ecco perché nel Vangelo dopo il primo giorno non vengono registrate che cinque apparizioni. Dopo le prime cinque, scrive S. Agostino, « la sesta volta apparve quando fu visto da Tommaso; la settima sul lago di Tiberiade con l'episodio della pesca prodigiosa; l'ottava su di un monte della Galilea come narra S. Matteo; la nona quando mangiarono con lui sulla terra l'ultima volta, secondo il racconto di S. Marco ; la decima il giorno stesso mentre ascendeva al cielo, non più sulla terra, ma elevato sulle nubi. Tuttavia come dice S. Giovanni, non tutto è stato scritto. Quindi furono frequenti Je sue relazioni con essi prima di ascendere al cielo &; e questo per il loro conforto. S. Paolo infatti riferisce che «Cristo apparve a più di cinquecento fratelli riuniti, e finalmente a Giacomo &: e di queste apparizioni il Vangelo non parla affatto. 4. Il Crisostomo, nel commentare le parole evangeliche, «quando sarò risorto vi precederò in Galilea&, scrive : «Per mostrarsi ai discepoli egli non va in ]ontane regioni, ma tra quella gente e in quella regione &, in cui a ve va vissuto a lungo con essi, « perché anche da questo si persuadessero che il risorto era proprio lui che era stato crocifisso ». Inoltre «egli dice di voler andare in Galilea, per liberarli dalla paura dei giudei ». Perciò, come dice S. Ambrogio, «il Signore aveva annunziato ai discepoli che lo avrebbero visto in Galilea: ma dato che essi per paura dei giudei se ne stavano chiusi nel cenacolo, prima ancora volle loro mostrarsi. Né questo fu un mancare alla promessa : ma piuttosto un adempimento benignamente anticipato. In seguito, una volta rinfrancati, essi andarono in Galilea. Del resto si potrebbe anche dire che mentre chiusi nel cenacolo erano pochi soltanto, là sul monte furono in molti I). Scrive infatti S. Eusebio : «Due evangelisti, cioè Luca e Giovanni, attestano che egli apparve a Gerusalemme agli undici soltanto: invece gli altri due ricordano che sia l'angelo che il Salvatore raccomandarono di tornare in Galilea non solo agli undici, ma a tutti i discepoli e ai fratelli &. «La vera soluzione quindi è che Cristo apparve prima una o due volte ai discepoli nascosti in Gerusalemme, per loro conforto. Cristo ba potuto trovarPi chissà dove, pprcb/> tutta la terra appartiene alla. sna divi· nità. e quindi egli è a ('Ma sua da per tutto• (SYNAVE P., op. cit., p. 326). Fr. Suarez {1548-1617] però non si contenta di una soluzione cosi semplloo. e aggiunge: t Ciò è vero se parliamo di cognizione certa e Indubitabile; ma S. Tom· maso stesso parlando per congettura nel 8 Smt., d. 22. q. 3, a.. 2, qc. 3, ad 3, indica che allora omto era nel paradiso terrestre : poiché a.fTerma che là c'Prano le anime che con Cristo erano uscite dag1'1nteri. La stessa cOAa !nsogna S. Bonaventm·a nella sua Meditai. Vitae rmazione paolina : « Tutti risorgeremo •>. Invece non tutte le anime risorgeranno : poiché alcune . 1 RISPONDO : Deve esserci proporzione tra il luogo e chi vi risiede. Ora, dopo la resurrezione, Cristo ha iniziato una vita immortale e incorruttibile. Il luogo invece in cui noi abitiamo è quello della generazione e della corruzione: mentre quello dell'incorruttibilità è il cielo. Perciò era conveniente che Cristo dopo la resurrezione non restasse sulla terra, ma ascendesse l!rl Cielo. 11 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : 1. L'essere perfettissimo, che possiede il proprio bene senza sottostare al moto, è Dio, il quale è del tutto immutabile, secondo le parole della Scrittura : «Io sono il Signore, e non mi muto•>. Qualsiasi creatura invece è in qualche cosa mutevole, come spiega S. Agostino. E poiché la natura as· sunta dal Figlio di Dio, come sopra abbiamo visto, rimase una natura creata, non ci sono difficoltà ad attribuirle qualche mutamento. 2. L'ascensione al cielo non accrebbe nulla a Cristo di ciò che è essenziale alla gloria, sia nel corpo che nell'anima: tuttavia gli conferì un luogo più adatto per il coronamento della gloria. Non che i corpi celesti abbiano conferito al suo corpo qualche cosa nelrordine della perfezione o della conservazione, ma solo una certa convenienza [o connaturalità]. Ora, questo in qualche modo rientrava nella sua gloria. E di codesta convenienza egli ebbe una certa gioia : non che cominciasse a goderne quando ascese al cielo come di cosa nuova ; ma perché ne godette in una nuova maniera, cioè come di cosa compiuta. 3 Ecco perché commentando le parole del salmista, « Delizie nella tua destra per sempre », la Glossa spiega : « Delizia e gioia si riverseranno in me, quando sarò assiso alla tua destra, sottratto agli sguardi umani ». 3. Sebbene l'ascensione abbia sottratto ai fedeli la presenza corporea di Cristo, a questi non manca la presenza conti1'ua della sua divinità, da lui espressamente promessa : , dicit Glossa : « Delectatio et laetitia erit mihi in consessu tuo humanis obtutibus subtracto ». AD TERTIUM DICENDUM quod, licet praesentia corporalis Christi fuerit subtracta fidelibus per ascensioncm, praesentia tamen divinita.tis ipsius semper adest fidelibus : secundum quod ipse dicit, Matth. ult., 20: «Ecce, ego vobiscum sunt omnibus diebus usque ad consummationem saeculi ». «Qui» enim «ascendit in caelos, non deserit adoptatos », ut Leo Papa dicit [De Resurrect., serm. 2, c. 3]. verso: poiché non poe&lamo loro concedere 1'ubiq11ità che si addfoe eolo all'Immensità di Dio. Viene quindi da pensare che In fatto d'immortalità e d'Lncnrruttlbilità cosml· ca Il corpo di Cristo risorto non si sia. inFerito ln un contesto ln. Sed ista dicuntur de Deo etiam ante Christi incarnationem. Ergo Christo convenit ascendere in caelum secundum quod Deus. 2. PRAETEREA, eiusdem est ascendere in caelum cuius est descendere de caelo: secundum illud Ioan. 3, 13: « Nemo ascendit in caelum nisi qui de caelo descendit »; et Ephes. 4, 10 : «Qui descendit, ipse est et qui ascendit ». Sed Christus descendit de caelo, non secundum quod homo, sed sccundum quod Deus : non enim humana eius natura ante in caelo fuerat, sed divina. Ergo videtur quod Christus ascendit in caelum secundum quod Deus. 3. PRAETEREA, Christus sua ascensione ascendit ad Patrem. Sed ad Patris aequalitatem non pervenit secundum quod homo : sic enim dicit, « maior me est », ut habetur Ioan. 14, 28. Ergo videtur quod Christus ascendit secundum quod Deus. SED CONTRA EST quod, Ephes. 4, 9, super illud, « Quod autem e.scendit, quid est nisi quia desccndit, dicit Glos.':Ja [Lomb.] : «Constat quod secundum humanitatcm Christus descendit et ascendit &. RESPONDEO DICENDUM quod ly secundum quod duo potest notare : scilicet conditionem ascendentis, et causam asccnsionis. Et si quidem designet conditionem ascendentis, tunc ascendere non potest convenire Christo secundum conditionem divinae naturae. Tum quia nihil est deitate altius, quo possit ascendere. Tum etiam quia ascensio eAt motus localis, qui divinae naturae non competit, quae est immobilis et inlocalis. Scd per hunc modum ascensio competit Christo secundum humanam naturam, quae continetur loco, et motui subiici potest. Unde sub hoc sensu poterimus dicere quod Christus ascendit in caelum secundum quod homo, non secundum quod Deus. Si vero ly secundum quod designet causam asccnsionis, cum etiam Christus ex virtute divinitatis in caclum ascenderit, non autem ex virtute humanae naturae, diccndum erit quod Christus ascendit in caelum, non sccundum quod homo, sed secundum quod Deus. Unde Augnstinus dicit, in Sermone De Ascensione [in app. serm. 176] : «De nostro fuit quod Filius Dei pependit in cruce: de suo quod ascendit ». •TI dlscol"3o qni citato non appartiene a 8. AgO@tino. pur essendo lltato compilato con parecchie espresi:iioni tolte da lui, e pur essendo stato edito tante volte tra le sue opere (cfr. S. AcGCSTTXI, Opem, t. 5, op. et studio Monachorum Con.grog. S. Mauri, Parigi, 1683, pa.rte II, col. 301).
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SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : l. Quelli son testi profetici, i quali si riferiscono a Dio che doveva incarnarsi. 1 t Ma si potrebbe anche rispondere che, pur non addicendosi propriamente alla divinità, l'ascensione può esserle attribuita in senso metaforico : nel senso che « essa ascende nel cuore dell'uomo », quando il cuore dell'uomo si sottomette a Dio e a lui si umilia. E allo stesso modo si può dire che ascende rispetto a qualsiasi creatura per il fatto che questa a lui si sottomette. 2. Identico è colui che ascese con colui che discese. Scrive infatti S. Agostino : «Chi è colui che discese 1 L'Uomo-Dio. E chi è colui che ascese 1 Il medesimo Uomo-Dio». Tuttavia a Cristo vengono attribuite due discese. La prima è quella per cui si dice che discese dal cielo. E questa viene attribuita all'Uomo-Dio in quanto Dio. Poiché questa non va intesa secondo il moto locale; ma secondo« l'annientamento 1>, con il quale egli, «pur essendo in forma di Dio, prese forma di schiavo». Infatti come si dice che egli si è annientato non nel senso che perdesse la propria pienezza, ma per il fatto che assunse la nostra meschinità; cosl si dice che discese dal cielo, non perché abbandonò il cielo, ma perché assunse una natura terrestre nelrunità della sua persona. La seconda discesa è queJia per cui « discese nelle regioni inferiori della terra •>, come si esprime S. Paolo. La quale fu certo una discesa materiale. Perciò va attribuita a Cristo in quanto uomo. f 3. Si dice che Cristo è salito al Padre in quanto venne a sedersi alla sua destra. E questo spetta a Cristo in parte secondo la natura divina, e in parte secondo la natura umana, come vedremo in seguito.
ARTICOLO 3 Se Cristo sia a.sceso al cielo per virtù propria. SEMBRA
che Cristo non sia salito al cielo per virtù propria.
Infatti : l. Nel Vangelo si legge, che «il Signore Gesù, dopo aver parlato con i suoi discepoli, fu assunto in cielo». E negli Atti degli Apostoli : «Alla loro presenza fu sollevato, e una nube lo sottrasse ai loro occhi ». Ma ciò che viene assunto ed elevato viene mosso da altri. Dunque Cristo fu portato in cielo da una virtù estranea e non dalla propria. 2. Il corpo di Cristo era un corpo terrestre come il nostro. Ora, per un corpo terrestre il moto verso l'alto è contro natura. Ma 1
S. Tommaso ora convinto della. messianicità di qut.t.61 tutto II Salterio, e quindi anche del Illi$terioso Salmo 6 7. _citato nella prima difftcoltà. Ma nel caso nostro
L'ASCENSIONE DI CRISTO
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AD PBIMUM ERGO DICENDUM quod auctoritates illae prophetice dicuntur de Deo secundum quod erat incarnandus. Potest tamen dici quod ascendere, etsi non proprie conveniat divinae naturae, potest tamcn ei metaphorice convenire : prout scilicet dicitur «in corde hominis ascendere», quando cor hominis se subiicit et humiliat Deo. Et eodcm modo metaphorice dicitur a.scendere respectu cuiuslibet creaturae, ex eo quod eam subiicit sì bi. AD SECUNDUM DICENDUM quod ipse idem est qui ascendit et qui descendit. Dicit enim Augustinus, in libro 4 De Symbolo : « Quis est qui desccndit 1 Deus homo. Quis est qui ascendit 1 Idem ipse Deus homo ». Descensus tamen duplex attribuitur Christo. Unus quidem, quo dicitur desccndisse de caelo. Qui quidem attribuìtur Deo homini secundum quod Deus. Non enim est iste dcscensus intelligendus secundum motum localem : scd secundum «exinanitionem •>, qua, « cum in forma Dei csset, servi formam suscepit » [Ad Philipp., 2, 6, 7]. Sicut enim dicitur exinanitus, non ex eo quod suam plemtudinem amittcret, sed ex eo quod nostram parvitatem suscepit ; ita dicitur descendisse de caelo, non quia caelum dcseruerit, sed quia naturam tcrrenam assumpsit in unitatem personae. Alius autem est descensus quo . . RESPONDEO DIOENDUM quod asccnsio Christi est causa nostrae 8alutis dupliciter: uno modo, cx parte nostra; alio modo, ex parte ipsius. Ex parte quidem nostra, inquantum per Christi ascensionem mens nostra movetur in ipsum. Quia per eius ascensionem, sicut supra [a. 1, ad 3] dictum est, primo quidem datur locus fidei ; secundo, spei ; tertio, caritati. Quarto etiam, per hoc reverentia nostra augetur ad ipsum, dum iam non existimamus eum sicut hominem terrenum, scd sicut Deum caclestem : sicut et Apostolus dicit, 2 Gor. 5, 16 : « Etsi cognovimus secundum carnem Christum i}, « idest, mortalcm, per quod putavimus eum tantum homincm », ut Glossa [Lomb.] exponit : « sed nunc iam non novimus ». Ex parte autem sua, quantum ad ca quae ipse fecit ascendens propter nostram salutem. Et primo quidem, viam nobis praeparavit ascendendi in caelum: sccundum quod ipse dicit, Ioan. 14, 2: t Vado parare vobis locum »; et Mich. 2, 13: « Ascendìt pandens iter ante eos ». Quìa enim ipse est caput nostrum, oportet illuc sequi membra quo caput praecessit : unde dicitur Ioan. 14, 3 : : quìa scilicet eos qui fucrant a diabolo capti vati, secum duxit in caelum, quasi in locum peregrinum humanae naturae, bona captione captivos, utpote per victoriam acquisitos. Secundo quia, sicut pontifcx in veteri Testamento intrabat sa.nctuarium ut assisteret Deo pro populo, ita et Christus intravit in caelum ((ad interpellandum pro nobis i}, ut dicitur Heb. 7, 25. · lpsa enim repraesentatio sui ex natura humana, quam in caelum intulit, est quaedam interpcllatio pro nobis : ut, ex quo Dcus humanam naturam sic exaltavit in Christo, etiam eorum misereatur pro quibus Filius Dei humanam naturam assumpsit. Tertio ut, in caelorum sede quasi Dcus et Dominus constitutus, exinde divina dona hominibus mitteret: secundum illud Ephes. 4, 10: « Ascendit super omnes caclos ut adimpleret omnia», scilicet «donis suis 1>, secundum Glossam [interlin.]. AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod ascensio Christi est causa nostrae salutis, non per modum meriti, scd per modum efficicntiae: sicut supra [ q. 56, a. 1, ad 3, 4] de rcsurrectione dictum est. An SECUNDUM DICENDUM quod passio Christi est causa nostrae a.scensionis in caelum, proprie loqucndo, per remotionem peccati prohibentis, et per modum meriti. Ascensio autem Christi est eolo del ratto negativo, cioè della privazione delJa presenza. fisica di Cristo, promesaa al discepoli a loro vantaggio ; perché occasione necessaria per Ja diecesa dello Spirito Santo. Ma. non Ri può dire che la discesa deUo Spirito Saoto sia dovuta diretta· mente all'rumensione. Tanto più .ohe la missione invisibile dello ~pirito Santo non è mai disgiunta. dalla mt.ssionc invisibile dcl lt'iglio medesimo. come nota giustamente l'Aquinato nel suo commento (ln Ioann., c. 16. lect. 2. n. 2090).
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la nostra ascensione, quale inizio di essa nel nostro capo, cui necessariamente le membra devono riunirsi. . 3. Cristo salendo al cielo una volta per sempre, ha acquistato per sé e per noi il diritto alla dimora celeste per tutta l'eternità. Tuttavia questa dignità non viene menomata, se in via eccezionale qualche volta egli ritorna sulla terra: o per mostrarsi a tutti come nel giudizio uni versale ; o a qualcuno in particolare, come nella conversione di S. Paolo. E perché nessuno creda che ciò sia avvenuto non per la presenza fisica di Cristo, ma mediante una qualsiasi apparizione, si noti che ciò contrasta con quanto dice l' Apostolo stesso, a conferma della resurrezio~e : « E infine, dopo tutti, è apparso anche a me, come all'aborto ». Ora, questa· visione non potrebbe confermare la verità della resurrezione, se egli non avesse visto direttamente il vero corpo [del Signore].
L'ASCENSIONE DI CRISTO
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directe causa ascensionis nostrae, quasi inchoando ipsam in capite nostro, cui oportet membra coniungi. An TERTIUM DIOEND UM quod Christus, semel ascendens in caelum, adeptus est sibi et nobis in perpetuum ius et dignitatem mansionis caelestis. Cui tamen dignitati non derogat si ex aliqua dispensatione Christus quandoque corporaliter ad terram descendat : vel ut ostendat se omnibus, sicut in iudicio ; vel ut ostendat se alicui specialiter, sicut Paulo, ut habetur Act. 9. Et ne aliquis credat hoc factum fuisse, non Christo ibi corporaliter praesente, sed aliqualiter apparente, contrarium apparet per hoc quod ipse Apostolus dicit, 1 Oor. 15, 8, ad confirmandam resurrectionis fidem: « Novissime omnium, tanquam abortivo, visus est et mihi »: quae quidem visio veritatem resurrectionis non probaret nisi ipsum verum corpus visum fuisset ab eo.
QUESTIONE 58
L'insediamento di Cristo alla destra del P.adre. Passiamo qui a considerare l'insediamento di Cristo alla destra del Padre. 1 Sull'argomento si pongono quattro quesiti : 1. Se Cristo stia seduto alla destra del Padre; 2. Se ciò gli spetti per la sua natura divina ; 3. Se gli spetti per la natura umana ; 4. Se ciò spetti a Cristo in maniera esclusiva.
ARTICOLO I Se si addica a Cristo assidersi alla destra di Dio Padre.
SEMBRA che a Cristo non si addica assidersi alla destra di Dio Padre. Infatti : I. Destra e sinistra sono determinazioni di posizioni corporali. Ora, a Dio non appartiene niente di corporeo : poiché « Dio è spirito », come afferma il Vangelo. È chiaro quindi che Cristo non siede alla destra del Padre. 2. Se uno si siede alla dest!a di un altro, quest,ultimo rimane alla sua sinistra. Perciò se Cristo siede alla destra del Padre, ne segue che il Padre siede alla sinistra del Figlio. Il che è inammissibile. 3. Sedere e stare [in piedi] sono atti tra loro incompatibili. Ora, S. Stefano ha affermato : «Ecco io vedo aperti i cieli, e il Figlio dell'Uomo stare in piedi a destra della potenza di Dio». Quindi Cristo non siede alla destra del Padre. IN ooNTRARIO : Nel Vangelo si legge: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con essi, ascese al cielo e siede alla destra di Dio». 9 RrsPONDo : Col termine e con l'atto di sedersi possiamo intendere due cose : il riposo o quiete, come nel comando di Cristo : « Sedete qui in città » ; e il potere regio o giudiziario, come in quel detto dei Proverbi : «Il re che siede sul seggio de] tribunale dissipa col suo sguardo ogni iniquità ». Ebbene, in entrambi i sensi a Cristo 1 Le affermazioni della sacre. SCl'fttura circa le. sede di Cristo alla destra del Padre sono anohc più numerose di quelle relative alla sua asecni:;ione a1 cielo. L'espre&done • destra di Dio • è un ebraismo che sta a indicare la potenza o potere di Dio. Sedere quindi alla sua deE.tra l'igniftca esercitare un potere ugnale a quello dell'Onnipotente. S. Tommaso ha intuito tutto questo daUa meditazione del testo sacro; pur non aven• do avuto una preparazione filologica adeguata. • N"ella Scrittura come nel simboli della fede l'insediamento di Cristo alla destra
QUAESTIO 58 De sessione Christi ad dexteram Patris in quatuor articulos divisa.
DEINDE considerandum est dc passione Christi ad dexteram Patris. Et circa hoc quaeruntur quatuor. Primo: utrum Christus sedcat ad dextcram Patris. Secundo : utrum hoc conveniat sibi secundum divinam naturam. Tertio : utrum conveniat sibi secundum humanam. Quarto : utrum hoc sit proprium Christi.
ARTICULUS I Utrum Christo conveniat sedere ad dexteram Dei Patris. 1 Sent •• d. 22, q. 3, a. 3, qc. 2 : . RESPONDEO DICENDUM quod in nomine sessionis duo possumus intelHgere : videlicet quietem, secundum illud Luc. ult., 49, «Sedete hic in civitate ,> ; et etiam reJ?;iam vel iudiciariam potcstatem, secundum illud Proverb. 20, 8, « Rcx qui sedet in solio iudicii, dissipat del l'adro fa corpo con la sua ascf\nsione al cielo, quale termine de1 medpsimo atto. Lo stesso S. Tommaso nc1 ,ologi~ considera le due cose in questa. loro intima connessione : • Come salire al Cielo appartiene al Figlio di Dio secondo la. nature umana, cosi sf aggiunge una seconda cosa che a lui conviene tecondo la natma divina, e cioè di sedere alla dpstra del Padre. Infatti non sf deve pensare in questo caso a ttna destra o a nn inscdiamnto materialE> : ma csRcndo la destra la parte più fortt:> ò : « Sedersi va qui inteso nel senso di dimorare ; cioè come si usa dire di una persona qualsiasi : sedette, o risiedette in quel luogo per tre anni. Credete dunque che Cristo dimora alla destra di Dio Padre : egli infatti è felice, e il nome della sua felicità è la destra del Padre». Nel secondo senso si dice che Cristo siede alla destra dcl Padre in quanto regna con lui, e da lui riceve potere di giudicare : e cioè come chi siede alla destra del re ne partecipa le funzioni di re e di giudice. « Per la destra 1>, scrive ancora S. Agostino, « intendete il potere che l'uomo assunto [dal Verbo] ha ricevuto da Dio, per venire a giudicare, dopo esser venuto per esser giudicato 1>. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : I. Rispondiamo col DamasC'eno, che «noi non intendiamo parlare di una destra in senso locale. Chi infatti è incircoscrittibile come potrebbe avere localmPnte una destra ~ Poiché destra e sinistra riguardano esseri cirroscritti. Ma noi chiamiamo destra del Padre la gloria e l'onore della sua divinità I), 2. L'argomento sarebbe valido, se sedere a destra s'intendesse in senso materiale. Di qui le parole di S. Agostino: «Se si prendesse in senso materiale che Cristo siede alla destra del Padre, questi rimarrebbe a sinistra. Ma lassù », cioè nella beatitudine eterna, «tutti sono a destra, perché là non esiste infelicità alcuna». 3. Come dice S. Gregorio, «stare seduto è proprio del giudice : invece stare in piedi è di chi combatte e soccorre. Perciò S. Stefano trovandosi nel combattimento, vide Cristo nell'atto di soccorritore. S. Marco invece dopo l'ascensione ce lo descrive seduto : poiché dopo la gloria di quell'ascensione ricomparirà alla fine del mondo come giudice ».
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ARTICOLO 2 Se sedere alla destra de) Padre spetti a Cristo in quanto Dio.
SEMBRA che sedere alla destra del Padre non spetti a Cristo in quanto Dio. Infatti : I. In quanto Dio, Cristo è la destra del Padre. Ma essere la destra di una persona non sembra che possa identificarsi con colui che siede alla sua destra. Dunque Cristo in quanto Dio non siede alla destra del Padre.
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omne malum intuitu suo ». Utroquc igitur modo Christo convenit sedere ad dexteram Patris. Uno quidem modo, inquantum aetcrnaliter manet incorruptibilis in beatitudine Patris, quae eius dextera dicitur, secundum illud Psalmi [15, 11] : « Delectationes in dextera tua usque in finem •>. Undc Augustinus dicit, in libro 1 De Symbolo [c. 4] : « Sedet ad dexteram Patris » : « Sedere habitare intclligite: quomodo dicimus de qnocumque homine, In illa patria sedit per tres annos. Sic ergo credite Christum habitare in dcxtera Dei Patris : beatus enim est, et ipsius beatitudinis nomen est dex.tera Patris. Alio modo dicitur Christus sedere in dextera Patris, inquantum Patri conregnat, et ab eo habet iudiciariam potestatem : sicut ille qui considct regi ad dexteram, assidet ei in regnando et iudicando. Unde Augustinus dicit., in alio Sermone 2 De Symbolo [c. 7] : « Ipsam dexteram intelligite potestatem quam accepit ille homo susceptus a Deo, ut veniat iudicaturus qui prius venerat iudicandus 1>. An PRIMUM ERGO DIOENDUM quod, sicut Damascenus dicit, in 4 libro [4 De Fide Orth., c. 2], «non localrm dexteram Patris dicimus. Qualiter enim qui incircumscriptibilis est, localem adipiscetur dexteram ~ Dextera enìm et sinistra eorum quae circumscribuntur sunt. Dexteram autem Patris dicimus gloriam et honorem divinitatis ». An SECUNDUM DICENDUM quod ratio illa procedit secundum quod sedere ad dexteram intelligitur corporaliter. Unde Augustinus dicit, in quodam sermone 1 De Symbolo [c. 4] : «Si carnaliter acceperimus quod Christus sedet ad dexteram Patris, ille erit ad sinistram. Ibi autem 1>, idest in aeterna beatitudine, « omnis dextera est : quia nulla ibi est miseria•>. An TERTIUM DICENDUM quod, sicut Gregorius dicit, in Homilia Asr,ensionis [homil. 29 in Evang.], «sedere iudieantis est : stare vero pugnantis vel adiuvantis. Stephanus ergo, in labore certaminis positus, stantem vidit quem adiutorem habuit. Sed bune post ascensionem Marcus sedere describit: quia post assumptionis suae gloriam, iudex in fine videbitur ».
ARTICULUS 2 Utrum sedere ad dexteram Dei Patris conveniat Christo secundnm quod Deus. I Sent., d. 22, q. 3, a. 3, qc. 2; . Ora, Cristo non fu assunto in cielo come Dio. Perciò neppure siede alla destra di Dio in quanto tale. 3. Cristo in quanto Dio è uguale al Padre e allo Spirito Santo. Perciò se in quanto Dio egli sedesse alla destra dcl Padre, anche lo Spirito Santo dovrebbe sedere alla destra del Padre e del Figlio, e il Padre stesso alla destra del Figlio. Il che è inaudito. IN CONTRARio: Il Damasceno insegna: «Noi chiamiamo destra del Padre la gloria e l'onore della divinità, in cui il Figlio di Dio esiste prima dci secoli come Dio e consostanziale al Padre». RISPONDO : Dalle cose già dette risulta che il termine destra può significare tre cose : primo, stando al Damasceno, può indicare «la gloria della divinità»; secondo, stando a S. Agostino, «la beatitudine del Padre » ; terzo, stando a un'altra spiegazione del medesimo, «il potere di giudice ». Sedersi invece può indicare, come abbiamo detto, o la dimora o la dignità di re e di giudice. Perciò «sedere alla destra dcl Padre » non significa altro che avere con il Padre la gloria della divinità, la beatitudine e il potere di giudicare, e ciò in maniera immutabile e regale. Ora, tutto questo spetta al Figlio in quanto Dio. È chiaro quindi che Cristo siede alla destra del Padre per la sua divinità: però la preposizione ad [alla], che ha valore transitivo, qui implica solo la distinzione delle persone e l'ordine di origine, 1 non già una gradazione di natura o di dignità, che nelle persone divine non esiste affatto, come abbiamo visto nella Prima Parte. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : I. Il Figlio è chiamato destra del Padre per appropriazione, allo stesso modo che è detto virtù del Padre. Ma la destra del Padre, nei tre significati descritti sopra, è un attributo comune alle tre persone divine. 2. Cristo in quanto uomo è stato assunto all'onore divino, indicato dall'insediamento suddetto. Tuttavia l'onore divino spetta a Cristo in quanto è Dio, non per una investitura, ma per la sua origine eterna. 3. In nessun modo si può affermare che il Padre siede alla destra del Figlio o dello Spirito Santo : perché il Figlio e lo Spirito Santo traggono la loro origine dal Padre, e non viceversa. Si può dire invece in senso proprio che lo Spirito Santo siede, nel senso indicato, alla destra del Padre o del Figlio : sebbene ciò per una certa appropriazione si attribuisca al Figlio, cui viene appropriata l'uguaglianza, come afferma S. Agostino : , la Glossa aggiunge : « cioè uguale al Padre nelr onore per cui Dio è Padre ; oppure nel godimento dei più grandi beni di Dio 1>. E commentando l'altra espressione, , aggiunge : «siede nell'uguaglianza col Padre, sopra tutte le cose per luogo e per dignità•>. Ma essere uguale a Dio non può appartenere a Cristo in quanto uomo ; ché sotto tale aspetto egli stesso affermava: ((Il Padre è più grande di mc~>. Quindi sedere alla destra del Padre non si addice a Cristo in quanto uomo. IN CONTRARIO : S. Agostino insegna: «Per destra dovete intendere il potere che l'uomo assunto [dal Verbo] ha ricevuto da Dio, per venire a giudicare, dopo esser venuto per esser giudicato». RISPONDO : L'espressione destra del Padre, secondo le spiegazioni date, può indicare o la gloria della divinità di Cristo, o la sua beatitudine eterna, oppure il potere di giudice e di re. Però la preposizione ad [alla] indica una certa approssimazione alla destra, che sta a indicare una conformità accompagnata da una certa distinzione, come abbiamo già notato sopra. 1 E questo può avvenire in tre modi. Primo, mediante conformità di natura e distinzione di persona. Ed è cosi che Cristo, in quanto Figlio di Dio, siede alla destra del Padre, perché ha l'identica natura col Padre. E in tal senso gli stessi attributi spettano essenzialmente al Figlio come al Padre. Ciò significa essere nell'uguaglianza dcl Padre. Secondo, mediante la grazia dell'unione ipostatica : la quale al contrario implica distinzione di natura e unità di persona. E in tal senso Cristo in quanto uomo è Figlio di Dio, e quindi siede alla destra dcl Padre : però allora l'espressione in quanto non indica 1 Nel testo leonino. come in quello di tutte le edizioni, si ha il richiamo immediato all'articolo precedente. Ma tale ricbinmo non serve affatto allo scopo. L'Autore si
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ARTICULUS 3 Utrum sedere ad dexteram Patris conveniat Christo secundum quod homo. Loois cit. a. praoo.
AD TEBTIUM SIC PBOCEDITUB. Videtur quod sedere ad dexteram Patris non conveniat Christo secundum quod homo. Ut enim Damascenus dicit [4 De Fide Orth., e. 2], « dexteram Patria dicimus gloriam et honorem divinitatis )), Sed horror et gloria divinitatis non convenit Christo secundum quod homo. Ergo videtur quod Christus, secundum quod homo, non sedeat ad dexteram Patris. 2. PBAETEREA, sedere ad dexteram regnantis subiectionem excludere videtur : quia qui sedet ad dexteram regnantis, quodammodo illi conregnat. Christus autcm, secundum quod homo, est e subiectus Patri 1>, ut dicitur 1 Cor. 15, 28. Ergo videtur quod Christus, secundum quod homo, non sit ad dexteram Patris. 3. PBAETEREA, Rom. 8, 34, super illud, « Qui est ad dexteram Dei», exponit Glossa: «idest, aequalis Patri in honore quo Deus Pater est ; vel, ad dexteram Patris, idest in potiori bus bonis Dei ». Et super illud Heb. 1, 3, « Sedet ad dexteram Dei in excelsis », Glossa [interlin.] : «idest, ad aequalitatem Patris, super omnia et loco et dignitate ». Sed esse aequalem Deo non convenit Christo secundum quod homo : nam secundum hoc ipse dicit, Ioan. 14, 28 : « Pater maior me est ». Ergo videtur quod sedere ad dexteram Patris non conveniat Christo secundum quod homo. SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in Sermone 2 De Symbolo [c. 7] : « Ipsam dexteram intelligite potestatem quam accepit ille homo susceptus a Dco, ut veniat iudicaturus qui prius venerat iudicandus ». RESPONDEO DICENDUM quod, sicut dictum est [a. praec.], nomine dexterae Patris intelligitur vel ipsa gloria divinitatis ipsius, vel beatitudo aeterna eius, vel potestas iudiciaria et rcgalis. Haec autem praepositio ad quendam ad dcxteram accessum dcsignat, in quo designatur convenientia cum quadam distinctione, ut supra [ibid.] dictum est. Quod quidem potest esse triplicitcr. Uno modo, ut sit con venienti a in natura et distinctio in persona. Et sic Christus, secundum quod Filius Dei, scdet ad dexteram Patris, quia habet eandem naturam cum Patre. Undc praedicta conveniunt essentialiter Filio sicut et Patri. Et hoc est esse in aequalitate Patris. Alio modo, secundum gratiam unionis : quae importat e converso distinctionem naturae et unitatem personae. Et secundum hoc Christus, secundum quod homo, est Filius Dei, et por consequens scdcns ad dexteram Patris : ita tamcn quod ly secundum
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riferisce ai testi ben precisi della Prima Parte: q. 35, a. 2, ad. 3; q. 93, a.. 1, ad 2 .
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la condizione della natura, ma l'unità del supposito, come più sopra abbiamo spiegato. i Terzo, l'approssimazione può intendersi mediante la grazia abituale, che in Cristo è più abbondante che in tutte le altre creature, cosicché la stessa natura umana è in lui più beata che nelle altre creature, e sopra ogni altra creatura riveste un potere regale e giudiziario. Perciò se l'espressione in quanto vuol designare la condizione della natura, allora Cristo siede «alla destra del Padre », ossia «nell'uguaglianza del Padre», in quanto Dio. In quanto uomo in vece egli siede « alla destra del Padre .», solo perché « gode dei beni paterni più di ogni altra creatura», ossia «di una maggiore beatitudine », e . - Se invece l'espressione in quanto sta a designare l'unità di rapporto, allora anche in quanto uomo egli siede alla destra del Padre «secondo una uguaglianza d'onore»: poiché noi veneriamo con lo stesso onore, secondo le spiegazioni date, sia il Figlio di Dio che la natura da lui assunta. S0Luz10NE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'umanità di Cristo, considerata secondo la condizione della natura assunta, non può avere la gloria o l'onore della divinità: questo però gli spetta a motivo della persona cui è unita ipostaticamente. Ecco perché il Damasceno aggiunge : «Nella quale», cioè nella gloria della divinità, «il Figlio di Dio esistente da prima dei secoli come Dio e consostanziale al Padre, è assiso nella gloria e la sua carne è conglorificata con lui. Viene infatti adorata con la sua carne un'unica ipostasi da tutte le creature, mediante un'unica adorazione ». z 2. Cristo in quanto uomo è soggetto al Padre, se con l'espressione in quanto si vuole indicare la condizione della natura. E in tal senso, cioè in quanto uomo, non gli spetta sedere alla destra del Padre nell'uguaglianza. Però gli spetta di sedere alla destra dcl Padre, se designiamo così l'eccellenza della beatitudine e la potestà giudiziaria su tutte le creature. 3. Essere nell'uguaglianza dcl Padre non può appartenere alla natura umana di Cristo, ma solo alla persona divina che l'ha assunta. Essere invece nel godimento dei più grandi beni di Dio, in quanto ciò implica una superiorità sulle altre creature, appartiene anche alla natura assunta.
• Questa proposizione: "Cristo in quanto uomo è Figlio di Dio'', è vera in forza dell'unità. di supposit.o esistente in Cristo: ma alJa q. 16, a. 11 [di quC'sta Terza Parte], S. Tommaso aveva dichiarato ehe bisogna piuttosto negàrla che affermarla. Se qui cgJl l'accetta, lo fa per salvaguardare la dignità del . Ora, risuscitare non è soltanto di Cristo. Dunque per lo stesso motivo neppure «sedere in cielo alla destra di Dio ». ·· 2. Come nota S. Agostino, « per Cristo sedere alla destra del Padre equi vale a dimorare nella sua beatitudine ». Ma questo viene. concesso a molti altri. Quindi sedere alla destra del Padre non è proprio di Cristo. 3. Cristo stesso ha affermato : «A chi avrà vinto darò un posto con me sul mio trono; come io ho vinto e mi sono assiso con mio Padre sul suo trono •>. Ora, Cristo siede alla destra del Padre per il fatto che siede sul suo trono. Perciò anche gli altri che vincono sederanno alla destra del Padre. 4. Il Signore ebbe a dire : « Assidersi alla mia destra o alla mia sinistra non appartiene a me di concederlo a voi, ma a quelli cui il Padre mio l'avrà destinato ». 1 Ora, queste parole sarebbero state dette invano, se ciò non fosse stato disposto per nessuno. Dunque sedere alla destra di Dio non appartiene esclusivamente a Cristo. IN OONTRABIO: S. Paolo si domanda: «A quale degli angeli Dio ha mai detto : Siedi alla mia destra 11>, cioè secondo la Glossa, «nei miei beni più grandi•>, ovvero «nell'uguaglianza della divinità ? ». Come per dire : « A nessuno ». Ora, gli angeli sono superiori alle altre creature. Molto meno quindi può attribuirsi a qualsiasi altro, all'infuori di Cristo, assidersi alla destra del Padre. RISPONDO : Stando alle spiegazioni precedenti, si dice che Cristo siede alla destra del Padre in quanto secondo la natura divina possiede l'uguaglianza col Padre, e secondo la natura umana gode il possesso dei beni divini in modo superiore a tutte le altre creature. Ora, entrambe queste cose spettano a Cristo soltanto. Dunque a nessun altro, angelo o uomo che sia, si addice di sedere alla destra del Padre all'infuori di Cristo. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: I. Essendo Cristo il nostro capo, ciò che è stato conferito a lui, è stato in lui conferito anche a noi. Perciò essendo egli già stato resuscitato, l'Apostolo afferma che Dio in qualche modo « ci ha conresuscitati » con lui, pur non essen1 Queste parole furono d~tte dal Rfgnore a Salomè, madre di Gia>. Sed angeli sunt superiores aliis creaturis. Ergo multo minus ulli alii convenit sedere ad dexteram Patris quam Christo. RESPONDEO DICENDUM quod, sicut dictum est [a. 3], Christus dicitur sedere ad dexteram Patris, inquantum secundum divinam naturam est in aequalitate Patris, secundum autem humanam naturam in excellenti possessione divinorum bonorum prae cetcris aliis creaturis. Utrumquc autem soli Christo convcnit. Unde nulli alii, nec angelo nec homini, convenit sedere ad dexteram Patris, nisi soli Christo. An PRIMUM ERGO DICE~DUM quod, quia Christus est eaput nostrum, illud quod collatum est Christo, est etiam nobis in ipso collatum. Et propter hoc, quia ipse iam resuscitatus est, dicit Apostolus quod Deus nos quodammodo ei « conresuscitavit », qui bere lo I Oli risposero : Lo possiamo. Replicò loro : Voi el berrete U calice mio, però sedere alla mia destra, o alla mia sinistra non sta a me concederlo; ma è per quelli al quali è stato predisposto dal Padre mio• (Mett. 20, 21-24). - Nel suo commento al vangelo di S. Matteo 1' Autore c'informa che gli Ariani rieorl'evnno a c1ut•st'ultima espressione per affermare i1 loro errore, e cioè la subordinazione di Cristo al Padre. con la negazione della sua divinità (cfr. In. Malt., c. 20, n. 1661).
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do noi ancora resuscitati, ma solo destinati alla resurrezione, secondo quelle altre sue parole : «Colui che ha resuscitato Cristo dai morti, ridonerà la vita anche ai nostri corpi mortali ». E secondo questo modo di parlare lApostolo aggiunge che «ci ha fatti sedere in cielo » : cioè per il fatto stesso che siede nel cielo il nostro capo~ che è Cristo. 2. Poiché per destra s'intende ·la beatitudine divina, «sedere alla destra» non significa semplicemente essere nella beatitudine, ma possederla con una specie di dominio e di potere, e quasi come propria e naturale. Il che può attribuirsi a Cristo soltanto, e a nessun'altra creatura. - Si può dire, però che tutti i santi i quali sono nella beatitudine sono . Però si può anche rispondere che i figli di Zebedeo avevano chiesto al Signore una preminenza sugli altri nel partecipare ì1 suo potere giudiziario. Infatti essi non chiesero di sedere a destra o a sinistra del Padre, ma a destra o a sinistra del Figlio.
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tamen in nobis ipsis nondum sumus resuscitati, sed resuscitandi secundum illud Rom. 8, 11 : « Qui suscitavit Iesum Christum ~ mortuis, vivificabit et mortalia corpora nostra ». Et secundum eundcm modum loquendi subdit Apostolus quod « consedere nos fecit in caelestibus 1>: scilicet in hoc ipso quod caput nostrum quod est Christus, ibi sedet. ' An SECUNDUM DICENDUM quod, quia dextera est divina beatitudo, non significat simpliciter esse in beatitudine, sed habere beatitudinem cum quadam dominativa potestatc, et quasi propriam et naturalem. Quod soli Christo convenit, nulli autcm alii creaturae. - Potest tamen dici quod omnis sanctus qui est in beatitudine, est «ad dexteram Dei constitutus » [cfr. 2 ad Oor. 4, 14; Ad Ephes. 1, 20]. Unde et dicitur Matth. 25, 33, quod «statuet oves a dextrìs ». AD TERTIUY DICENDUM quod per thronum significatur iudiciaria potestas, quam Christus habet a Patre. Et secundum hoc, dicitur « sedere in throno Patris >>. Alii autem sancti habent eam a Christo. Et secundum hoc, dicuntur «in throno Christi sedere » : secundum illud Matth. 19, 28 : , idest consessus dexterae, e invius est omnibus non solum hominibus, sed etiam angclis. Sicut enim praecipuum Unigeniti ponit Paulus, dicens : " Ad quem autem angelorum dixit unquam, Sede a dextris meis ? " ». Dominus ergo, «non quasi existentibus » quibusdam qui sessuri sint, « sed condeseendens interrogantium supplicationi, respondit. Hoc enim unum solum quaerebant, prae aliis stare apud ipsum ». Potcst tamen dici quod petebant filii Zebedaci exccllcntiam habere prae aliis in participando iudiciariam potestatem eius. Unde non petcbant quod sederent ad dextcram vel sinistram Patris, sed ad dexteram vel sinistram Christi [Matth. 20, 21].
QUESTIONE 59 Il potere giudiziario di Cristo. Veniamo ora a trattare del potere giudiziario di Cristo. Sull'argomento si pongono sci quesiti : 1. Se tale potere debba essere attribuito a Cristo ; 2. Se gli spet~i in quanto uomo ; 3. Se l'abbia meritato; 4. Se questo suo potere di giudice sia universale rispetto a tutti gli uomini, 5. Se oltre il giudizio che esercita nel tempo presente, si debba attendere per il futuro un giudizio uni· versale; 6. Se il suo potere giudiziario si estenda anche agli angeli. Per quanto riguarda lo svolgimento dcl giudizio universale ne parleremo meglio nelle questioni relative alla fine del mondo. 1 Per ora basterà accennare a quanto riguarda la dignità di Cristo.
ARTICOLO I Se il potere giudiziario debba attribuirsi a Cristo in modo partioo)are.
SEMBRA che il potere giudiziario non debba attribuirsi a Cristo in modo particolare. Infatti: I. Il giudizio su una persona spetta al suo signore, come fa notare S. Paolo : «Chi sei tu che giudichi il servo di un altro ~ ». Ora, essere Signore delle creature è comune a tutta la Trinità. Dunque il potere giudiziario non va attribuito particolarmente a Cristo. 2. In Daniele si legge : «L'Antico dei giorni si pose a sedere» ; e subito dopo : «La corte si assise e i libri furono aperti 1>. Ora, l'Antico dei giorni sta a indicare il Padre ; poiché, a detta di S. Ilario, « nel Padre c'è l'eternità ». Perciò il potere giudiziario va attribuito più al Padre che a Cristo. 3. Il compito di giudicare spetta a colui che ha quello di convincere il reo. Ma convincere spetta allo Spirito Santo; poiché ne) Vangelo sta scritto : «Quando egli », cioè lo Spirito Santo, «verrà, convincerà i1 mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio 1>. Quindi il potere giudiziario va attribuito più allo Spirito Santo che a Cristo. IN CONTRARIO : Negli Atti si legge di Cristo : « Questi è colui che è stato costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti ». 1 1
Purtroppo lAutore non ebbe ll tempo dJ tra.tta.re •le questioni relative alla ftne
QUAESTIO 59 De iudiciaria potestate Christi DEINDE considerandum est de iudiciaria potestate Christi. Et circa hoc quaeruntur sex. Primo: utrum iudiciaria potestas sit attribuenda Christo. Secundo : utrum conveniat sibi secundum quod est homo. Tertio : utrum fuerit eam ex merito adeptus. Quarto : utrum eius potestas iudiciaria sit universalis respectu omnium hominum. Quinto : utrum, praeter iudicium quod agit in hoc tempore. sit expectandus ad universale iudicium futurum. Sexto : utrum eius iudiciaria potestas etiam ad angelos se extendat. De executionc autem finalis iudicii convenientius agetur cum considerabimus de his quae pertinent ad finem mundi [cfr. Supplem., qq. 88 ss.]. Nunc autem sufficit ea sola tangere quae pertinent ad Christi dignitatem. ARTICULUS I Utmm iudiciaria potestas sit specialiter attrihuenda Christo. 4 Sent., d. 47. q. 1. a.. 2, qc. 3: d. 48, q. I, a. I, ad 4; In Symb • ...4.posl., a. 7; In Ioan., c. 5, lect. 4.
AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod iudiciaria potestas non sit specialitcr attribuenda Christo. Iudicinm enim aliquorum videtur pertinere ad dominum : unde dicitur Rom. 14, 4 : «Tu quis es, qui iudicas alienum servum 1 )>. Sed esse Dominum creaturarum est commune toti Trinitati. Non ergo debet Christo specialitcr attribui iudiciaria potestas. 2. PRAETEREA, Danirl 7, 9 dicitur : « Antiquus Dierum sedit )} ; et postea subditur [v. 10] : « Iudicium sedit et libri aperti sunt ». Sed Antiquus Dierum intelligitur Pater : quia, ut Hilarius dicit [2 De Ttin. n. I], «in Patre est aeternitas ». Ergo iudiciaria potestas magis est attribuenda Patri quam Christo. 3. PRAETEREA, eiusdcm videtur iuilicare cuius est arguere. Sed arguere pertinet ad Spiritum Sanctum : dicit enim Dominus, Ioan. 16, 8 : « Cum autem venerit ille », scilicet Spiritus Sanctus, « arguet mundum de peccato et de iustitia et de iudicio )>. Ergo iudiciaria potestas magis dcbet attribui Spìritui Sancto quam Christo. SED CONTRA EST quod dicìtur Act. 10, 42 de Christo : « Hic est qui constitutus est a Deo iudex vivorum et mortuorum ». del mondo • qui nella Smnma TeolOQica. Esse verranno desunte dal suo Commento alle Sentenze (cfr. 4 Seni.. dd. 47, 48), e inserite nel Supplemento, qq. 88 ss. f'he a Cristo spetti il potere