La Somma Teologica. L'uomo, pensiero e origini [Vol. 6] [PDF]

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Zitiervorschau

S. TOMMASO D'AQUINO

LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA

VI L'UOMO: b) PENSIERO E ORIGINI (J, qq. 84-102)

tliJ] L.ABOR NON

Cl.AMOR

CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

Nihil obstat Fr. Aloysius Ciappi O. P. Mag. S. Theologiae Fr. Ludovicus Merlini O. P. Doct. S. Theologiae

Imprimi potest

Fr. Laurentius lV{ori O. P. Prior Provincialis S. Marci et Sardioiae Florentiae die XXJII Aprilis MCMLV IMPRIMATUR Paesulis die XXVIII Mai MCMLV t Antonius Bagnoli Episc.

TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Stabilimento Grafico A. Salani, MCMLVI - Printed

tn

ltaly.

L'UOMO: b) PENSIERO E ORIGINI (I, qq. 84-102)

L' UOMO : b) PENSIERO

E ORIGINI (I. qq. 84-102)

INTRODUZTONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P.

INTRODUZIONE 1 - Il volume che presentiamo è a soggetto unico: vi si parla dell'uomo. Ma l'argomento è così vasto, che ha già fornito le questioni più importanti e più numerose al volume precedente, L'uomo: a) natura e potenze dell'anima. Ad esso rimandiamo per lintroduzione generale sull'argomento. Ncilo studio delle facoltà dell'uomo siamo rimasti a mezza strada; porchè un'indagine approfondita delle potenze esige l'analisi accurata delle loro funzioni. Anzi, se l'esposizione non fosse sistematica, ma genetica, questa indagine avrebbe dovuto precedere. Precisando (dopo le limitazioni del trattato, così come è stato concepito nella Somma Teologica), diremo che rimane da studiare il pensiero umano nelle sue manifestazioni, e nel valore intrinseco dei suoi atti. Si arriva in tal modo alla q. 89. Dal la q. 90 alla q. 102 abbiamo invece una sezione completamente nuova: vi si parla delle origini dell'uomo, così comli sono narrate nei primi capitoli della Genesi. E si tratta di un'indagine in cui prevale linteresse dogmatico; mentre nella sezione procedente prevale l'interesse filosofico. Anche per quanto riguarda le fonti del pensiero tomistico si potrebbe stabilire già a priori che nella prima sezione, e cioè dalla q. 84 alla q. 89, le citazioni sono quasi tutte di autori profani ; mentre in quella seguente sono prevalentemente bibliche e patristiche. Ma basta una scorsa sommaria all'indice onomastico del volume per averne la riprova. I « Nihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu ».

2 - Fermiamoci a considerare gli aspetti più discussi del pensiero tomistico, prima di affrontare la lettura dei testi, per procedere possibilmente con un orientamento sicuro. Coloro che sono preoccupati di ricavare una criteriologia da

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contrapPorre al criticismo dei moderni, facendo leva sulle prin. clpall evidenze di ordine soggettivo, si scandalizzano subito nel constatare che l'Aquinate, prima ancora di trattare della conoscenza che l'intelletto può avere di se stesso, si ferma ad analizzare la conoscenza intellettiva delle cose sensibili. Lo scandalo sta in questo: si pensa e si scrive che S. Tommaso ha dato al problema gnoseologico un'impostazione metafisica (cfr. ZAMBONI G., La gnoseologia di S. Tommaso d'Aquino, Verona, 1934, p. 6). Lo scandalo cresce a dismisura quando si constata il suo attaccamento al principio aristotelico : « Nihil est in intellectu, quin prius fuerit in sensu,,; «non c'è conoscenza intellettiva che non sia passata attraverso i sensi». Cominciamo subito a rilevare che non è possibile confondere il realismo moderato di S. Tommaso col sensismo ; il quale dà al suddetto principio un valore ben diverso. Il Dottore Angelico è così persuaso della spiritualità dell'anima e della intelligenza, da sentire il bisogno di giustificare la possibilità stessa di una conoscenza intellettiva della realtà sensibile e materiale. L'argomento che lo costringe a ritenere come unica fonte del pensiero immediato gli oggetti esterni apportati dai sensi, è la constatazione dello stato di potenzialità radicale in cui si trova la nostra intelligenza (q. 87, a. 1). E non si tratta di semplice impostazione metafisica del problema (atto-potenza), si tratta di una costatazione, di cui tutti possiamo fare in ogni istantB l'esperienza. 3 - I sensi tuttavia non possono agire direttamente sull' intelletto; poichè i dati in~ellettivi non sono formalmente i dati della sensibilità. Infatti le nostre idee ali' indagine razionale risultano universali e immateriali. Che cosa dobbiamo concluderne? Siamo costretti a pensare che, oltre alla ben nota facoltà potenziale, la nostra anima deve possedere una facoltà attiva, capace di trasformare le immagini sensoriali, in altrettanti concetti. A meno che non si voglia ricorrere, con S. Agostino, a una illuminazione diretta da parte della divinità, privando ia creatura dell'autosufficienza in una funzione che formalmente le appartiene. Ma è proprio vero che «non c'è conoscenza intellettiva che non sia passata attraverso i sensi,,? Una volta compreso il processo di astrazione, non ci sono difficoltà a dedurne che tutte le nostre conoscenze dirette e immediate passano dalla porta dei sensi. Iia cosa è ben diversa se parliamo della conoscenza riffossa, o logicamente mediata. Infatti, attraverso la riflessione noi possiamo conoscere, tra l'altro, il soggetto pensante, che naturalmente non può passare attraverso i sensi ; e merliante il raziocinio possiamo risalire dalle cause seconde fino a Dio.

INTRODUZIONE

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4 - Quello che rende ostica la gnoseologia tomistica a molti moderni è la complicazione delle specie intenzionali. Alcuni non riescono a comprendere perchè sia proprio necessario interporre il diaframma delle rappresentazioni soggettive, tra l'oggetto e il soggetto. Essi pensano che la conoscenza debba esaurirsi nella rappresentazione soggettiva: questa è l'oggetto. L'oggetto trascendente è un noumeno, un preteso dato conoscitivo, che non regge a una critica spregiudicata. Io posso rendere conto delle mie idee e delle mie impressioni; ma è una pretesa ingenua asserire come stanno le cose nella loro realtà concreta e inesprimibile, posto che tale realtà esista. Altri invece, senza accettare integralmente la critica dell' idealismo, pensano di arrivare alla realtà nella sua concretezza, attraverso l'elaborazione delle impressioni soggettive; e specialmente attraverso linduzione e il raziocinio. Tutte queste critiche partono da un equivoco fondamentale: i filosofi immanentisti di tutte le osservanze possiedono una concezione quasi meccanica della conoscenza. Può sembrare un paradosso, eppure è una semplice constatazione che sorge dal complesso delle loro critiche. Infatti soltanto chi considera la rappresentazione soggettiva (di ordine sensitivo o intellettivo, poco importa) come una ripresa fotografica, può sospettare che il giuoco si esaurisca nella rappresentazione stessa. Chi invece considera la specie intenzionale come la parte costitutiva di un atto inimitabile, quale è appunto la conoscenza, capisce che la rappresentazione è soltanto funzionale in quell'atto. Questo infatti produce per se stesso evidenze immediate che nessuna elaborazione potrebbe altrimenti giustificare, e che nessun idealista riesce praticamente a mettere in dubbio. Questa proprietà delle immagini eicletiche noi la chiamiamo astrattamente intenzionalità. Ogni atto conoscitivo umano ha bisogno di una species intentionalis ; che viene denominata anche specie vicaria, in quanto fa le veci dell'oggetto presso la facoltà conoscitiva. E un dato soggettivo, perchè funzione della facoltà medesima; deve però il suo principio formalo all'oggetto, perchè la facoltà è potenziale rispetto a quanto è chiamata a conoscere. Nel momento in cui l'atto si produce. l'immagine svolge immediatamente la sua funzione formale: presenta l'oggetto. Solo in un secondo tempo, se è spirituale come l'intelligenza, la facoltà potrà riflettere sul proprio atto e rivolgere l'attenzione sulla rappresentazione medesima. Perciò nell'atto di intellezione, mediante la specie intenzionale, avviene una perfetta unione tra oggetto e soggetto. "L' intellett•) in atto è lo stesso intelligibile in atto», dice S. Tommaso. Chi invece intendesse, come fa il Prof. E. P. Lamanna, che lintelletto cc s'identifica con le specie intelligibili » (Storia della Filosofia, Firenze, 1947, p. 774), mostrerebbe di non aver ca-

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L'UOMO

pito perfettamente il pensiero dell'Aquinate. La specie intelligibile infatti è essenzialmente funzionale, e noi ci accorgiamo della sua presenza solo in seguito a laboriose indagini filosofiche. Soltanto il filosofo riesce a scorgere il lato soggettivo delle proprie idee. E questa conoscenza dell'idea in quanto rappresentazione soggettiva deve portare a un certo relativismo, non allo scetticismo, molto meno poi all'idealismo. S. Tommaso per parte sua riconosce l'esistenza di oggetti intelligibili per se, che non sono intelligibili immediatamente quoad nos.

5 - Per il momento ci preme di mettere in evidenza questo fatto: le specie intenzionali sono per loro natura in funzione dell'oggetto; cosicchè negare la loro capacità a stabilire l'unione intima, e intenzionalmente immediata, tra oggetto e soggetto, significa negare la conoscenza stessa; poichè ogni cognizione da noi sperimentata produce, merito o demerito che sia, l'evidenza di questa oggettività. Chi tenta di mediare l'oggetto intelligibile, analizzando o elaborando le rappresentazioni soggettive, è come chi volesse rendersi conto dell'ora esatta, cominciando dallo smontare l'orologio. Se questo vale per una qualsiasi conoscenza, molto più vale per la conoscenza intellettiva. Perciò, come non è possibile ridurre la vita a un complesso di funzioni meccaniche, così non si può ricostruire o valorizzare l'intellezione, riducendola a una serie di impressioni o di immagini sensitive. L'atto intellettivo è talmente originale, che bisogna accettarlo così com'è, cioè senza rinnegare nessuna delle immediate evidenze con le quali si presenta. Gli errori di percezione intellettiva, se li analizziamo bene, non sono dovuti alla prima apprensione, ma alla precipitazione con la quale avanziamo dei giudizi sulln cose. E sul giudizio influiscono tutte le tare fisiche e morali di un individuo, che non pregiudicano affatto la capacità naturale del1' intelligenza a percepire oggettivamente le cose. Non bisogna poi dimenticare che ci sono delle percezioni complesse, che implicitamente contengono dei giudizi (cfr. q. 85, a. 6). Sta il fatto che noi abbiamo una tale fiducia congenita in questa rettitudine delle facoltà apprensive, da ricorrere ad esse tutte le volte che il dubbio viene a turbare la nostra mente. Allora ricorriamo alle evidenze primigenie, e chiediamo all'esperienza immediata o la conferma delle nostre induzioni, o le analogie più sicure per controllare quanto abbiamo speculato intorno alle verità di ordine superiore. Perciò non si può dire che la nostra conoscenza intellettiva si esaurisce nelle cose sensibili ; ma in queste, che sono il suo oggetto formale, l'intelletto umano trova la base di partenza e il banco di prova.

INTRODUZIONE

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II La plurivalenza intenzionale delle specie.

6 - Un aspetto anche meno noto delle specie intenzionali, secondo la concezione tomistica, è la loro plurivalenza. Molti pensano che ogni aspetto della realtà per presentarsi alla mente umana debba inviare il proprio ritratto: una specie impressa per ogni cosa, per assicurarne la perfetta intelligibilità. Così essi concepiscono il processo conoscitivo tomistico. E certo invece che S. Tommaso non è di questa opinione. L'intenzionalità dell'idea non ha affatto i limiti dell'oggetto concreto dal quale venne astratta. Essa serve ad estendere .il dominio conoscitivo di chi pensa, secondo l'intensità dell'atto vitale in cui si inserisce. Per questo motivo la medesima idea posta in due diverse intelligenze non raggiunge i medesimi risultati conoscitivi (cfr. q. 89, a. i). E questo il primo aspetto della plurivalenza intenzionale delle specie. Nell'ambito poi di una medesima intelligenza ogni idea ha un' intenzionalità universale, rispetto agli esseri di una data specie. Anche questo si dimentica, quando si rimprovera ad Aristotele e a S. Tommaso di non aver saputo assicurare l' intellezione dei singolari. L'idea astratta non è l'idea platonica, piovuta da un mondo trascendente: è un'immagine della realtà concreta, con una forza di rappresentazione che abbraccia tutti gli individui di una specie. La rappresentazione è necessariamente universale, ma l'intenzionalità di essa raggi unge i soggetti concreti, che vengono rappresentati nella loro concretezza soltanto nelle facoltà sensitive. Quando io penso al cane so di non pensare a una realtà astratta, ma concreta ; appunto perchè la mia idea del cane, per la sua intenzionalità originale, raggiunge gli individui nella loro concretezza. Nell'atto della riflessione posso rilevare l'universalità della mia idea di cane; ma posso anche rivolgere l'attenzione sul termine concreto di essa. Ed ecco allora che la mia idea viene a concretarsi in questo individuo presentato dai sensi. S. Tommaso applica il termine intentio in campo gnoseologico, sia per indicare l'attenzione della facoltà conoscitiva (cfr. De Verit., q. ii, a. 3, ad 2; q. i3, a. 3; q. 2i, a. 3, ad 5; 1 Cont. Gent., c. 55), sia per indicare i vari aspetti con i quali si presenta un oggetto all'atto della conoscenza (cfr. I, q. 78, a. 3; 1 Sent., d. 19, q. 5, a. i, ad 8; d. 23, q. i, a. 3). - A pensarci bene questa omonimia non disorienta, ma serve a una integrazione reciproca dei due concetti. Infatti l'attenzione determina esattamente lintenzionalità di ogni dato conoscitivo.

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L'UOMO

Alle possibilità illimitate della nostra attenzione intellettiva corrisponde nell'oggetto, in quanto tale, una varietà indefinita di intentiones o respectus. 7 - Siamo così arrivati a quell'aspetto della plurivalenza intenzionale delle specie, che ci sembra la più interessante e la più dimenticata. L'idea di una qualsiasi realtà esterna non serve soltanto a presentare un oggetto, serve anche a porre in atto la nostra intelligenza. Il soggetto passa così dallo stato potenziale a quello attuale. Ma questa attualità rende conoscibili in atto e le facoltà e il soggetto conoscente. Mentre penso io so di pensare. - Ma perchè io pensi a me stesso sarà necessaria una nuova specie intenzionale, diversa da quella che mi presenta l'oggetto al quale sto pensando? S. Tommaso risponde negativamente. La sola specie intenzionale che occupa l'intelligenza permette di raggiungere, con le sue molteplici intentiones, e l'idea in quanto idea, cioè l'atto conoscitivo come tale, e la facoltà che pensa e il soggetto pensante. E vero che la rappresentazione eidetica riguarda il solo oggetto esterno, ma la sua intenzionalità è molteplice, poichè essa sola serve per la cognizione del soggetto pensante in tutti i suoi aspetti. Poichè "non ripugna affatto che un essere concreto immateriale sia oggetto diretto di intellezione,, (q. 86, a. i ad 3). Questa dottrina della plurivalenza intenzionale è la sola che possa avviare a soluzione due questioni gravissime, sorte nei tempi moderni intorno alla gnoseologia tomistica; autocoscienza dell'anima umana, e cognizione dei singolari. Infatti la riflessione intellettiva permette al soggetto di prendere coscienza di tali oggetti, in forza di quella pluralità di intenzioni che lidea possiede. Così, attraverso lidea, si può percorrere in senso inverso il processo conoscitivo umano, e allora si scorge l'universale nel suo legame con limmagine sensibile, causando la complessa percezione del singolare. Si può riflettere sul soggetto conoscitivo, e si ha l'autocoscienza. Ma nell'uno · come nell'altro caso non si potrà fare a meno della specie intenzionale: si tratterà piuttosto di una specie con funzioni non specificamente cc rappresentative,,. Tanto è vero che le conoscenze riflesse di cui abbiamo parlato si completano e si producono in una pluralità di specie espresse. Per chi non avesse pratica di terminologia scolastica, diremo che nell'atto in cui l'attenzione dell'intelligenza si porta su questa o su quell'altra intenzione, noi esprimiamo mentalmente altrettanti concetti definiti. Quando il Dottore Angelico dice che l'anima, le facoltà e gli atti sono oggetto di cognizione " per suam praesentiam >>, o "per essentiam suam », intende escludere la specie impressa propria e distinta ; ma non intende minimamente rinunziare a una qualsiasi specie. Questo è il senso ovvio di tutti quei testi

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INTRODUZIONE

che don G. Zamboni raccolse a sostegno della sua tesi, cioè a favore di una cc conoscenza percettiva intellettuale " indipendente dalle specie intenzionali (cfr. op. cit., pp. ii2-ii9).

III L'origine dell'uomo e i suoi problemi.

8 - Abbiamo già detto che S. Tommaso parla delle origini dell'uomo seguendo il racconto della Bibbia. Dobbiamo precisare che egli esclude dal presente trattato quello che non è strettamente connesso con la produzione del primo uomo. Egli perciò non tratta del peccato commesso dai nostri progenitori: si riserva di farlo nella Il-II, qq. 163-165. Rimanda alla fine di questa I Parte i problemi connessi con la propagazione del genere umano (I, qq: H8, 119). Tratterà i problemi riguardanti il peccato d'origine come tale alla I-II, qq. 8i-83. Abbiamo già fatto osservare nei volumi precedenti che S. Tommaso non è preoccupato di stendere dei trattati distinti e definiti, ma di impostare una sintesi teologica. Perciò se uno pretendesse di scorgere nelle questioni che ci interessano un trattato De homine, avrebbe lingenua sorpresa di riscontrarlo mutilo. Le tredici questioni che qui presentiamo (qq. 90-i02) non sono certo tra le più impegnative per il genio dell'Aquinate. Pare che egli stesso ne abbia coscienza, per la maniera piuttosto sommaria di impostare e di risolvere i problemi. L'unica questione che superi i quattro articoli è CJuella in cui ha trattato del!' immagine divina nell'uomo (q. 93). E si spiega; perchè è l'unica in cui il teologo aveva in mano gli elementi sicuri per una costruzione sistematica. Per il resto il genio di Tommaso è stato sacrificato da un complesso di condizioni sfavorevoli : i) Fu costretto a servirsi di un'esegesi tuttora informe, dcl tutto impari a risolvere i gravi problemi di ermeneutica, intorno ai quali si è tanto lavorato in questi ultimi cento anni. 2) Ebbe dinanzi a sè una fisiologia ancora più arretrata, che doveva compromettere in partenza la soluzione di quei problemi in cui essa era implicata. 3) Non erano ancora sorti i problemi sull'origine dei viventi. creati dalle teorie evoluzioniste. Ciò nonostante la Somma Teologica si legge anche qui con interesse. Se non altro abbiamo un documento storico di imJlortanza eccezionale ; poichè possiamo vedere da queste pagine come un genio ha saputo lottare contro l'errore, che non era in condizioni di poter vincere.

P.

TITO SANTE GENTI

0. P.

L'UOMO : PENSIERO E ORIGINI 1)

essenza

2)

potenze

~V.

1)

v.

l l volume

nello stato di unione col corpo :

1)

!)

Natum'

I

intellettiva

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B)

A)

L'UOMO

II) Origine:

a) della parte

A) Anim" Corpo [estraneo, di per sè, alla teologia]

La creazi,one stessa dell nomo··

. B) T ermme ecoronamento di essu. (l{. ~)3).

,

3)

l

operazioni

DJ Suo luogo e dimora(q. HY'2).

di separazione (q. 89).

(

~

se rnede~1-

ma (q. 81 1. 3) riguardo

alle nature superiori (q. 8fl).

b) della parte

appetitiva. (Vedi Seconda Parte dell'opera)

1)

rispetto all'anima (q. 90).

2)

r i s p e t t o al corpo

~

· 11) qua n t a I- ~ l'anima

CJ ~tato e cond~z10ne del pnmo uomo:

Il) nello stato

1~)

la)

riguardo mezzo conoalle nature scitivo (q.8'). inferiori: b) procedimento ( 85) riguardo e) ogge1io (q:86).

a

) d li'

{

e uomo q.

91)

. ci

b) della donna (q. ()_).

rispettivamente ali' intelletto {q. 94). 1) grazia e innocenza (q. 95). b) rispettivamente alla volontà l 2) d · · {q. 96) . t omm10 :21 quanto a I ~ a) per la conservazione dell'individuo (q. 97). corpo . b) per q u e 11.a \ 1l generaz10ne (q. 98). della specie 2) condizione ~ I) quanto al corpo (q. 99). · della prole Il) quanto all'innocenza (q. 100). III) quanto alla scienza (q. 101). 0

a)

AVVERTENZE 1. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indicazioni delle opere citate, perchè figura.no a fronte nel testo latino. Dove lintelligibilità della frase lo richiedeva è stato inserito qualche termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la comprensione del testo senza ricorrere a perifrasi. Nella punteggia.tura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale. I richiami delle note sono tutti nel testo italiano, esse però continuano anche sotto il testo latino e talvolta. nelle pagine seguenti. 2. Il testo critico latino dcll' Edizione Leonina è riprodotto con la. più scrupolosa fedeltà. La sola enumerazione degli articoli all' inizio della Quaestio è stata fatta senza capoversi. Manca però, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole varianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle note. Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l' Ed. Leonina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Soltanto i versetti della sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza altri contrassegni. Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni. Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture più comuni: per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, abbiamo trascurato i titoli e lo enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.

QUESTIONE 84 La conoscenza dell'anima unita al corpo rispetto alle cose materiali ad essa inferiori. Passiamo ora a studiare le operazioni dell'anima, spettanti alle sole potenze intellettive e appetitive; poicihè le altre facoltà non ricadono direttamente nel campo della teologia. Gli atti poi della parte nppetitiva appartengono alla scienz.a morale: perciò ne tratteremo nella seconda parte di quest'opera, in crui ci occuperemo di tale scienza. 1 Ora ci limiteremo alle operazioni della parte intellettiva. Nell'indagine procederemo in questo modo: primo, vedremo in quale maniera intende l'anima quando è unita al corpo; secondo, in quaJ maniera essa intende nello st-0.to di separazione. La prima indagine sarà diviaa. in tre pa.rti : primo, considereremo in che modo l'anima conosce gli ea.seri materiali che sono ad essa inferiori ; secondo, come conosce se stessa o quello cihe è in essa ; terzo, come oonosce J.e sostanze immateriali ad essa superiori. Tre sono le considerazioni da farsi intorno alla conoscenza dei corpi: primo, con qua.Ii mezzi essa li conosca; secondo, 1n crual modo e con quale ordine; terzo, che cosa conosca in essi. Sul primo punto si pongono otto quesiti: 1. Se l'anima conosca i corpi mediante l' intelletto; 2. S.e li conosca intellettualmente mediante la propria essenza, 0 servendosi di specie intelligibili ; 3. Posto che intenda con le specie, si domanda se le specie di tutti gli oggetti intelligiMli siano in essa inlnate; 4. Se queste vengano infuse in essa da forme immateriali separate; 5. Se l'anima nostra veda nelle ragioni eterne tutto quello che intende; 6. Se ricavi dai sensi la conoscenza intellettiva; 7. Se l' iintelletto possa avere l'atto d' intellezione mediante le specie intelligibili che possiede, senza volgersi ai fantasmi; 8. Se l'atto iittellettivo del giudizio sia ostac·olato dall'assopimento dei sensi. 2

ARTICOLO 1

Se l'anima conosca i corpi mediante lintelletto.

SEMBRA che l'anima non conosca i corpi mediante I' 1ntelletto. Infatti: 1. Dice S. Agostino: "I corpi uon possono essere percepiti dall' in-

1 S. Tomm'ISO ha coscienza. di Jedicare all'u-0mo non le sole qq. 75-102 della Prtmq Parte, ma anche Ie 114 questioni della I-li e le 189 della li-Il. Evidentemente gli autori medioevali non era.no così persi in Dio, da trascurare l'uomo.

Alnu:no al Dottore Angelico h!sogna attribuire un

«

umanesimo ., Incontestabile.

QUAESTIO 84 Quomodo anima coniuncta intelligat corporalia, quae sunt infra ipsam tn octo articulos dtvtsa.

Consequenter considerandum est de actibus animae, quantum ad potentias intellecti vas et appetitivas: ali a e enim anima e potentiae non pertinent directe ad considerationem theologi. Actus autem appetitivae partis ad considerationem moralis scientiae pertinent: et ideo in socunda parte huius operis de eis tractabitur, in qua oom~i­ derandwn erit de morali materia. Nunc autem de acUbus intellectivae partis agetur. In consideratione vero actuum, hoc modo procedemus: primo no.mque considerandum est quomodo intelligit anima corpori coniuncta; secundo, quomodo intelligit a corpore separata [q. 89]. Prima autem consideratio erit tripartita: prim namque considerabitur quomodo anima intelligit corporalia, quae sunt infra ipsam ; secundo, quomodo intelligit seipsam, et ea quae in ipsa sunt [q. 87]; trrtio, quomodo intelligit substantias immateriales, quae sunt supra ipsam [q. 88]. Circa cognitionem vero corporalium, tria consideranda occurrunt: primo quidem, per quid ea cognoscit; secund-0, quomodo et quo ordine [q. 85]; tertio, quid in eis cognoscit [q. 86]. Circa primum quaeruntur octo. Primo: utrum anima cognoscat rorpora per intellectum. Secundo : utrum intelligat ea per essentiam suam, vel per aliquas species. Tertio: si per aliquas species, utrum spccies omnium intelligibilium sint ei naturaliter innatae. Quarto: utrum effluant in ipsam ab aliquibus formis immaterialibus separa1is. Quinto: utrum anima nostra omnia quae intelligit, videat in rationibus aeternis. Sexto: utrum cognitionern intelligibilem acquirat a sensu. Septimo: utrum intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad phantasmata. Octavo: utrum iudicium intellectus impediatrnr per impedimentum sensitivarum virtutum. ARTICULUS 1 Utrum anima cognoscat corpora per intellectum. De Vertt., q. 10, a. 4.

An PRilltuM src PROCFDITun. Videtur quod anima non cognoscat corpora per intellectum. Dicit enim Augustinus, in 2 Soliloq. [c. 4] quod ., corpora intellectu comprehendi non possrn1t; nec aliquod corpo2 L'enumerazione stessa del que~lti e! fa comprendere che slamo d!n.Rnzl a una clflile questlcnl più importanti per Il slstem:i. filosofico dell'Autore. Essa potrebbe h\'er>, cioè indipendentemente da quelle immagini, "capace di giudicare liberamente sulla specie di tali immagini» : è quanto egli chiama "mente» o "intelletto». Dice invece che è "comune a noi e alle bestie » quella parte che viene rivestita di tali immagini, e cioè I' immaginativa. 2. Aristotele non affermò che l'anima è composta di tutte le cose, in maniera attuale, come volevano gli antichi naturalisti, ma disse che "l'anima è, in certo qual modo, tutte le cose»·, cioè in quanto è in potenza rispetto a tutte le cose: col senso rispetto a quelle sensibili, con l' intelletto a quelle intelligibili. 3. Ogni creatura ha un essere definito e determinato. Quindi l' essenza di una creatura superiore, benchè abbia una somiglianza con quella inferiore, per il fatto di avere un genere comune, tuttavia non ha questa somiglianza in modo completo, perchè è detenminata a una data specie, cui è estranea la specie della creatura inferiore. Invece l'essenza di Dio è immag;ine perfetta di tutte le cose e di quanto in esse si trova, essendo egli la causa universale di ogni essere. ARTICOLO 3 Se l'anima conosca tutte le cose per mezzo di idee innate. 1

SEMBRA che l'anima intenda tutte le cose per mezzo di idee innate. Infatti: 1. Dice S. Gregorio che "l'uomo ha in comune con gli angeli l' intelligenza». Ora, gli angeli intendono tutte le cose mediante idee in essi innate: difatti nel Liber De Causis si legge che "ogni intelligenza è piena di forme [intelligibili]"· 2 Dunque l'anima possiede delle idee innate, con le quali conosce gli esseri corporei. 2. L'anima intellettiva è più nobile della materia prima. Ora, quest'ultima è stata creata da Dio sotto quelle forme alle qua.li pur.:i è in potenza. A maggior ragione dunque è stata creata da Dio rivestita di specie intelligibili l'anima umana. E in tal modo avremo che l'anima oonosoe le cose materiali, servendosi di specie innate. 3. Nessuno può dare una risposta vera su ciò che non conosce. Ora, anche un uomo ignorante, privo di scienza a.cquisit.a, risponde con verità alle singole domande, purchè venga interrogato con metodo, come narra Platone nel Menane. Perciò un uomo possiede la conoscenza delle cose prima d'acquistarne la scienza: cosa impossibile,

• L'artioolo prende di mira I' innatismo platonico; ma la critica tomistica è cosi profonda, da valere sem'altro oontro quals.iasi forma di idealismo.

27

LA CONOSCENZA DELL'ANIMA

ut informetur per aliquam formam. Et sic de seipsa facit huiusmodi imagines: non quod anima vel aJiquid animae convertatur, ut sit haec vel illa imago ; sed sicut dicitur de corpore fieri aliquid coloratum, prout informatur colore. Et hic sensus apparet ex his quae sequuntur. Dicit enim quod « servat aliquid >>, scilicet non formatum tali imagine, « quod libere de specie talium imaginum iudicet »: et hoc dicit esse « mentem n vel « intellectum ». Partem autem quae informatur huiusmodi imaginibus, scilicet imaginativam, dicit esse "communem nobis et bestiis "· AD SECt:NDUM DICENDUM quod Aristoteles non posuit animam esse actu composi.tam ex omnibus, sicut antiqui Naturales; sed dixit « quodammodo animam esse omnia'" inquantum est in potentia ad omnia; per sensum quidem ad sensi.bilia, per intellectum vero ad intelligibilia. An TERTIUM DICENDUM qu.od quaelibet creatura habet esse finitum et determinatum. Unde e.ssentia superioris creaturae, etsi haibeat quandam similitiudinem inferioris creaturae prout communicant in aliquo goo.ere, non tamen complete habet similitudinem illius, qui.a determinatur ad aliquam speciem, praeter quam est species inferioris creaturae. Sed essentia Dei est perfecta similitudo omnium quantum ad omnia quae in -rebus iuveniuntur, sicut universale principium omnium.

ARTICULUS 3 Utrum anima intclligat omnia per species sibi naturaliter inditas. ~

Coni. Gent.,

c.

83; De l'erit., q. JO, a. 6; q. 11, De A'fltma, a. !G.

a.

1; q. 18,

a.

7; Q. 19,

a.

1;

AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod anima intelligat omnia per species sibi natura.liter indita.s. Dicit enim Gregorius, in Homilia Ascensionis [homil. 2D in Evang.] quod "homo habet commune cum angelis intelligere ». Sed angeli intelligunt omnia per formas naturaliter inditas: unde in libro De Causis (prop. 10, lect. 10], dicitur quod « omnis intelligentia est piena formis », Ergo et anima ha.bet ::;pecies rerum naturaliter inditas, qui.bus corporalia intelligit. 2. PRAETEREA, anima intellectiva est nobilior quam materia prima corporalis. Sed materia prima est creata a. Deo sub formis ad quas est in potentia. Ergo multo magis anima intellectiva est creata a Deo sub speciebus intelligibilibus. Et sic anima intelligit corporalia per species sibi naturaJiter inditas. 3. PRAETEREA, nullus potest ve,rum respondere nisi de eo quod scit. Sed aliquis etiam idiota, non ha.bens sciemtiam acquisitam, respondet verum de singulis, si tamen ordinate interrogetur, ut narratur in Menone [cc. 15 ss.] Platonis de quodam. Ergo antequam aliquis acquirat. scientiam, habet rerum cognitionem. Quod non esset nisi 2 II Ltber De Cau.~ts è una racClOlta di aforismi filosofici tratta dalle opere di Proclo, filosofo neopL~tonico dcl II sec. dopo Cristo.

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se l'animo. non avesse delle idee innate. Dunque l'anima intende le cose materiali mediante tali idee. IN CONTRARIO: Il Filosofo, parlando dell'intelletto, d.ice che« è come una tavoletta in cui non c'è scritto niente>>. ' RISPONDO: Essendo la forma principio di operazione, è necessario che un essere si trovi ad avere verso la forma, principio della sua operazione, lo stesso rapporto che ha verso quella operazione. Se, p. es., il tendere verso l'alto proviene dalla levità, è necessario che quanto si muove solo potenzialmente verso l'alto sia solo potenzialmente un corpo lieve ; invece ciò che attualmente si solleva in alto sarà in atto un corpo lieve. Ora noi riscontriamo 2 che l'uomo talora rispetto al conoscere è solo in potenza, sia per la conoscenza sensitiva, che per quella intellettiva. E viene posto in atto a partire da tale p-0tenzialità: sente cioè in forza dell'azione degli oggetti sensibili sui sensi; e intende in forza dell'insegnamento!> dell'induzione. Bisogna dunque affermare che l'anima conoscitiva è in potenza aricevere, sia le immagini che sono i principii della sensazione, sia le immagini che sono i principii dell' inteH&ione. Per tale motivo Aristotele sostenne che lintelletto, col quale l'anima formalmente conosce, non possiede idee innate, ma che inizialmente è in potenza tutte le specie intenzionali. Potrebbe però accadere che un e·ssere, il quale possiede attualmente una forma, non possa agire in forza di essa per un qualsiasi impedimento: che un corpo Ieg·gero, p. es., possa essere impedito di oollevarsi in alto. Per tale motivo Platone pensò che lintelletto umano è per natura ripieno di tutte le specie intelligibili, ma che l'unione col corpo gl' impedisce di passare all'atto. Ma una tale p-0sizione non è sostenibile. Pl'imo, perchè, se lanima ha una nozione naturale di tutte le cose, non sembra possibile che cada in tanta dimenticanza di questa conoscenza naturale, da ignorare persino di possedere una tale conoscenza. Nessuno infatti dimentica quello che conosce p-er natura, che il tutto, p. es., è maggiore della sua parte, e altre verità del genere. Ma la cosa diviene anche più insostenibile, se ammettiamo che per l'anima è naturale essere unita col corpo, come abbiamo già dimostrato. E: assurdo infatti che l'attività naturale di un essere venga totalmente impedita da ciò che le compete per natura. • - Secondo, la falsità di tale teoria apparisce chiaramente dal fa.tto che, quando abbiamo la mancanza di un dato senso, viene a mancare la scienza di qruel!e cose che sono percepite per mezzo di esso; così il cieco nato non può avere alcuna nozione dci colori. Om, questo non avverreibbe, se nell'anima fossero innati i concetti d.i tutte le cose intelligibili. - Dobbiamo dunque concludere che l'anima non C·Onosce gli esseri materiali servendosi di idee in essa innate. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. È vero che l'uomo ha in comune con gli angeli l'intelligenza, non raggiunge però l'eminenza del loro intelletto. Così i corpi inferiori, i quali, al dire di S. Gregorio, hanno la sola esistenza, sono ben distanti dal modo di esistere dei corpi superiori. Infatti la materia dei primi non è del tutto attuata dalla 1 E la celeberrima frase di Aristotele, che tutti conoscono abbreviata ruill'espressione latina, tabuia rasa. 2 S. Tommaso parte qui dall'>, et sic de aliis. Has ergo formas separatas ponebat participari et ab anima nostra, et a materia corporali ; ab anima quidem nostra. ad oognoscendum, a materia vero corporali ad essendum; ut sicut materia corporalis per hoc quod participat ideam lapidis, fit hic lapis, ita intellectus noster per hoc quod pa,rticipat ideam lapidis, fit intelligens lapidem. Participatio autem ideae fit per aliquam similitudinem ipsius ideae in participante ipsam, per modum quo exemp1ar participatur ab exemplato. Sicut igitur ponebat formas scnsibiles quae sunt in materia corporali, effiuere ab ideis sicut quasdam earum similitudines; ita pouebat species intelligibiles nostri intellectus esse similitudine:s quasdam idearum ab eis efliuentes. Et propter hoc, ut sup['a [a. 1] dictum est, scientias et defìnitiones ad ideas referebat. Sed quia contra rationem rerum sensibiliurn est quod earum f.ormae subsistant absque materiis, ut Aristoteles multipliciter proLat (7 Melaph., cc. 14, 15, lect. 14, 15]; ideo AvicPnna, !wc positione remota, posuit [De Anima, part. V, c. 5; Meta.ph., tract. VIII, c. 6; tract. IX, cc. 4, 5] omnium rnrum sensibilium intelligibiles species, non quiùcm per se subsistere absquc materia, sed praeexistere immaterialiter in intellcctibus separatis; a quo.rum primo derivan1ur huiusmodi spccies in sequemtcrn, et sic de aliis usque ad u.ltimum intellectum separatum, quem nominat intellectum agentem; a quo, ut ipse dici!, effluunt species intelligibiles in animas nostras, et formae sensibiles in materiam corporalem. - Et sic in hoc Avicenna cum Platone concordat, quod species intelligibiles nostri intellectus effluunt a quibusdam formis separatis: quas tamen Plato dicit per se subsistere, Avicenna vero ponit eas in intellige:ntia agente. Diffcrunt etiam quantum a.d hoc, quod Avicenna pooit species intelligibiles non remanere in intellectu nostro postquam desinit actu intclligere; sed indiget ut iterato se convertat ad recipiendum de novo [cfr. De Anima, part. V, c. 6]. Unde non ponit scientiam animae Jiaturaliter inditam, sicut Plato, qui ponit participationes idearum immobiliter in anima permanere. Sed secundum hanc positionem sufficiens ratio assignari non possct quare anima nostra corpori uniretur. Non enim potest dici quod ha un grande rispetto verso i filosofi che lo hanno preceduto, in modo SJl«!iale verso Platone e Avicenna. Perciò confuta il loro errore mediante un approfondi-

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si può dire infatti che l'anima intellettiva si unisce al corpo a vantaggio del corpo ; p.oichè la forma non è per la materia, nè il motore per il mobile ; piuttosto è vero il contrario. Il motivo principale per cui il corpo si dimostra necessaJrio all'anima intellettiva è l'operazione specifica di questa, cioè lintellezione: poichè quanto all'essere l'anima non dipende dal corpo. Ma se l'anima avesse per natura l'attitudine a ricevere le idee dall'influsso di sostanze separate, senza ricavarle dai sensi, non avrebbe bisogno del corpo per intendere ; e quindi sarebbe inutile la sua unione col corpo. E non basta replicare che l'anima nostra ha bisogno eg1U.almente dei sensi per intendere, per il fatto che prende da essi come uno stimolo a considerare le oose di cui riceve le specie intelligibili dalle sostanze. separate. Perchè un tale stimolo è necessario all'anima solo in quanto essa, al dire dei platonici, è come assopita e smemorata in seguito alla sua unione col corpo: cosicchè i sensi gioverebbero all'anima intellettiva solo per togliere le difficoltà provenienti dalla sua unione col corpo. Rimane dunque sempre da chiarire quale sia la causa dell'unione tra l'anima e il corpo. E neppur.e giova replicare con Avicenna che i sensi sono necessari all'anima, perchè questa poo.sa essere stimolata a rivolgersi a.Il' intelletto agente da cui riceve le idee. Perchè, se fosse vero che l'anima è fatta per intendere mediante le idee infuse dall'intelletto agente, potrebbe anche rivolgersi a questo intelletto, si.a in forza della sua inclinazione naturale, sia dietro lo stimolo di un altro senso, per avere le idee di quegli oggetti sensibili di cui w10 non avesse mai avuto la percezione. Così un cieco nato potrebbe avei!'e la scienza dei colori: cosa evidentemente falsa. - Dobbiamo dunque concludere che le idee, mediante le quali l'anima nostra intende, non derivano dalle forme separate. 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT.4.: 1. Le specie intelligibili partecipate dal nostro intelletto dipendono, come da causa prima, >, ve! "in incommutabili veritate n, quasi ipsae rationes aeternae videantur, patet per boe quod ipse dicit in libro Octoginta trium Quaest. [loco cit.], quod "rationalis anima non omnis et quaelibet, sed quae sancta et pura fuerit, asseritur illi visioni n, scilicet ratìonum aeternarum, cc esse idonea n; sicut sunt animae beatorum. Et per baec patet re-sponsio ad obiecta.

vita e le altre perfezioni simpUctter stmpllces .... fuori di Dio. Se.:onclo, perchè queste forme venivano considerate come creatrici: mentre la creazione spetta unicamente a Dio " (in h. a.). • Con ciò l'Autore non pretende di attribuire senz'altro a S. Agostino la teoria aristotelica: egli sa di trattare con un platonico. Vuole soltanto sottolineare quel testi dai quali risulta che il grande Vescovo atTricano ha sentito le lnsufllcienzo di una teoria, al cui motivi abitualmente si Ispirava, ma di cui non si rose ma.f schiavo.

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ARTICOLO 6 Se la cognizione intellettiva derivi dalle cose sensibili. 1

SEMBRA che la conoscenza intellettiva non derivi dalle cose sensibili. Infatti: 1. S. Agostino insegna che "non bisogna aspettarsi una sincera verità dai sensi del corpo"· E lo prova in due modi Primo, dal fatto che « quant-0 è oggetto dei sensi si trasforma ininterrottamente ; e ciò. che è instabile non può essere percepito "· Secondo, dal fatto che «possiamo avere l' impressione delle immagini di tutto ciò che sentiamo mediante il corpo, anche quando le cose sono assenti dai sensi, p. es., nel sonno o nei momenti di alienazione ; inoltre con i sensi non sialTIQ capaci di discernere, se effettivamente sentiamo le cose sensibili, o le loro immagini fallaci. Ora, niente può dirsi percepito, se non viene distinto da ciò che è falso». Perciò S. Agostino conclude che non si deve aspettare la verità dai sensi. Ma la conoscenza intellettiva include la percezione della verità. Dunque non dobbiamo aspettare dai sensi la cogn1zfone intellettiva. 2. S. Agostino scrive: «Non si creda che il corpo possa agire oo.llo spirito, mettendo lo spirito di fronte all'azione del corpo in condizione di materia: poichè chi agisce è, sotto tutti gli aspetti, superiore a chi subisce l'azione». E conclude che «non il corpo produce l'immagine del corpo ne.Ilo spirito, ma lo spirito la produce in se stesso», Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sensibili. 3. Gli effetti non possono oltrepassare la virtù della loro ca.usa. Ora, la conoscenza intellettiva si estende al di là delle cose sensibili: abbiamo infatti l'intellezione di cose non percepibili dai sensi. Dunque la cognizione intellettiva non deriva dalle cose sensibili. IN r.ONTRARJO: Il Filosofo dimostra che i sensi sono il prindpio di tutta la nostra conoscenza. RISPONDO: Sulla presente questione tre furono le opinioni dei filosofi. 2 Democrito insegna, come riferisce S. Agostino, e.be «l'unica causa di ogni nostra conoscenza consiste nel fatto che dai corpi, sui quali si volge il nostro pensiero, partono le immagini ed entrano nelle nostre anime». Anche Aristotele ricorda che Democrito spiegava la conoscenza "mediante immagini ed emanazioni"· - La ragione di questa teoria sta nel fatto che tanto Democrito, quanto gli antichi naturalisti ritenevano che l'intelletto non differisse dal senso, come attesta Aristotele. E siccome il senso viene alterato dall'oggetto sensibile, riteneva.no che 'ògni nostra conoscenza avvenisse Sl}lO mediante lalterazione prodotta dalle cose sensibili. E Democrito sosteneva che questa alterazione si produce mediante emanazioni di immagini.

1 DoPo di aver es.elusa ogni Rltra fonte di conoscenza Intellettuale, si viene ad esporre, non più In funzione di critica, ma di costruzi-0ne sistematlca, la soluzione aristotelica: " Ogni nostra conoscenza comincia del sensi "·

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LA CONOSCENZA DELL'ANIMA

ARTICULUS 6 Utrum intellectiva cognitio accipiatur a rebus sensibilibus. De Verit., q. 10, :t. 6; q. 19, a. 1; De Antma, a. 15; Quodlib. 8, q. 2, Compenà. Tneol., cc. 81 es.

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AD SEXTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod intellectiva cognitio non accipiatur a rebus sensibilibus. Dicit enim Augustinus, in libro Octoginta trium Quaest. [q. 9], quod. "non est expectanda sinceritas veritatis a corporis sensibus ». Et hoc probat dupliciter. Uno modo, per hoc quod "omne quod corporeus sensus attingit, sine ulla intermissione te:mporis commutatur: quod autem non ma.net, percipi non potest ». Alio modo, per hoc quod "omnia quae per corpus sientimus, etiam cum non adsunt sensibus, :i:magi.n.es tamen eorum patimur, ut in somno vel furore; non autem sensibus discernere valemus utrum ipsa sensi:bilia, vel imagines eorum falsas sentiamus. Nihil autem percipi potest q;uod a falso non discernit.ur ». Et sic concLutdit quod non est expectanda veritas a sensibus. Sed cognitio intellectualis est apprehensiva veritatis. Non ergo cognitio intellectualis est expectanda a sensibus. 2. PRAETEREA, Augustinus dicit, 12 Su.per Gen. ad litt. [c. 16]: «Non est. putandum far-ere aliquid corpus in spiritum, tanquam spiritus corpori facienti materiae vice subdatur: omni enim modo praestantior est qui facit, ea re de qua aliquid facit >>. Unde concludit qrwod "imaginem corporis non corpus in spiritu, sed ipse spiritus in seipso facit ». Non ergo intellectualis cognitio a sensibilibus derivatur. 3. PnAETEREA, effectus non se ext.endit ultra virtutem sua.e causae. Sed intelledualis cognitio se extendit ultra sensibilia: intelligimus enim quaedam quae sensm pcrcipi non possunt. Intellectualis ergo cognitio non derivatur a rebus sensibilibus. SED CONTRA EST quod PhiJ.osophus probat, 1 Metaphys. [c. 1, lect. 1), et in fine Poster. [2, c. 15, lect. 20], quod principium nostrae cognit.ionis est a sensu. RESPONDEO DICENDUM quod circa istam quaestionem triplex fuit philosophorum opinio. Democritus enim posuit quod cc nulla est alia causa cuiuslibet nostrae cognitionis, nisi cum ab his corporibus quae cogitamus, veniunt atque intrant imagines in animas nostrasn, ut Augustinus dicit in epistola sua a.d Dioscorum [Epist. 118, c. 4]. Et Aristoteles etiam dicit, in libro De Somn. et Vigil. [De Divin. per Somn., c. 2] quod Democritus posuit cognit.ionem fieri «per idola et deftuxiones ». - Et huius position.is ratio f.uiit, quia tam ipse Demociitus quam alii antiqui Naturales non ponebant intellectum differre a sensu, ut Aristotei.~s dicit in :tbro De Anima [3, c. 3, lect. 4]. Et ideo, quia sensus immutatur a sensibili, arbitrabantur Ol!J.1'nem nostram cognitionem fieri per solam immutationem a s-ens·i.bilibus. Quam quidem immutationem Democritus asserebat fieri per imaginum deftuxiones. 2 In sostanza, anche negli sviluppi succes.5ivi d.el pensiero filosofico, non si sono registrate altre soluzioni del problema, radicalmente diverse da quelle già indi· cate da S. Tommaso: sensismo, idealismo e " astrazionismo o realismo moderato"·

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Platone al contrario stabili che lintelletto è distinto doal senso, e che esso è wia potenza immateriale, ln qua.le nei suoi atti non si serve di un orge.no co11>oreo. E polchè ciò che è incorporeo non può essere alt~ato dalle cose corporiee, pensò che la cognizione intellettiva non avviene mediante un'alterazione dell'intelletto dovuta alle cose sensibili, ma per la pa.rtccipazfone di forme intelligibili separate, come abbiamo spiegato. Pensava anzi che anche il senso fosse una facoltà capace di agire per se stessa. Sicchè il senso, ridotto ad essere una potenza immateriale, non potrebbe essere trasmutato dalle cose sensibili ; ma sarebbero alterati soltanto gli organi della sensibilità, e da questa alterazione l'anima sarebbe sollecitata a formare in se stessa le specie delle cose sensibili. Sembra che a una tale opinione V()g.lia accennare S. Agostino, quando scrive: