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Italian Pages 283 Year 1969
S. TOMMASO D'AQUINO
LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL' EDIZIONE LEONINA
XXIV
L'INCARNAZIONE: b) difetti assunti e implicanze (III, qq. 14-26)
CASA EDITRICE ADRIANO SALANI
Nihi1 obstat
Fr. Ludovicus MerJini O. P. Doct. S. Thcologiae Fr. Albertus Doccanegra O. P. Doct. PhiJosophiae et Lect. S. Theologiae Imprimi potest Fr. Leonardus Magrini O. P. Prior Provindalis S. Marci et Sardiniae FJorentiae die XX Octobris MCMLXIX IMPRIMATUR FaesuJis dic XXI Octobris MCMLXIX t Antonius Bagnoli Episc.
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L' INCA~NAZIONE : b) difetti assunti e implicanze (III, qq. 14-26)
INCARNAZIONE: b) difetti assunti e implicanze (I II, qq. 14-26) TRADUZIONE di Mons. Italo Volpi INTRODUZIONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P.
INTRODUZIONE I - Il volume XXIV della nostra traduzione della Somma Teologica non contiene un trattato, ma la sola seconda parte di un trattato. Perciò la vera introduzione è nel volume precedente. Uno 8guardo alla tavola schematica serve a orientare più e meglio di un lungo discorso sullo smembramento materiale che ci è stato imposto dall'ampiezza del De Verbo Incarnato. Nel sottotitolo abbiamo messo in evidenza il gruppo principale delle questioni qui incluse (qq. 16-26) e abbiamo tradotto il termine consequentiae con quello di implicanze, perché esprime in questo caso meglio di ogni altro il pensiero del1'Autore. « La sezione De consequentibus unionem », scrive il P. L. B. Gillon, «non potrebbe essere considerata come una serie di appendici marginali, riallacciate al mistero con un legame più o meno elastico. Non si tratta di un seguito qualsiasi, ma di una serie di conclusioni virtualmente contenute nei principii di cui la sezione precedente (qq. 2-15) ci ha messo in possesso, conclusioni che un procedimento rigorosamente dimostrativo è incaricato di rendere esplicite » (« La notion de conséquence de l'union hypostatique », in A ngelicum, 1938, p. 33). Ci fermeremo dunque a considerare alcuni problemi che si presentano di particolare importanza, o per il loro valore intrinseco, o per la sensibilità mostrata dai teologi moderni nei loro riguardi. I Fonti immediate del trattato tomistico e vicende storiche della Cristologia.
2 - Pochi trattati della Somma Teologica sono così legati alle fon ti immediate come il De Verbo Incarnato nella sua struttura materiale. Il controllo è facile, perché si tratta delle
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L'INCAit.'fAZIONE
due opere teologiche più in voga nel secolo XIII : il De Fide Orthodoxa di S. Giovanni Damasceno, e il 3 Libro delle Sentenze di Pietro Lo1n bardo. Il primo di qùesti scritti è regolarmente citato, il secondo non viene neppure ricordato. E 'lUesto per la semplice ragione che si tratta di una raccolta di tèsti, con1oda quanto si vuole, ma priva di qualsiasi originalità. Del resto una citazione esplicita sarebbe stata inutile per i contemporanei dell'Aquinate ; perché tutti, studenti é studiosi di teologia, avevano sempre le Sentenze a portata di Diano. ·Le due opere ricordate offrivano allo studioso un abbondante materiale di riflessione ; ma neppure il De Fide Orthodoxa poteva considerarsi organicamente ben congegnato, così da soddisfare le esigenze di una mente speculativa come quella del Dottore Angelico. L'opera del Damasceno aveva però il vantaggio di far conoscere, sia pure per sommi capi, le vicende della cristologia cattolica in mezzo alle molte eresie che l'avevano minacciata nei primi sette secoli dell'era cristiana. · 3 - L'informazione storica dell'Aquinate fu in proposito meno perfetta di quella che oggi noi possiamo ricava re da un buon manuale di patrologia. Ed è questo l'unico apporto che noi potremmo offrire f aoilmente al suo trattato. Si sa che nelle mono~rafie moderne sull'argomento non manca mai un excursus sulle controversie cristologiche . . Tale esigenza, possiamo dire che era sentita anche dai teologi medioevali. Infatti nel com1nentare il prologo di S. Giovanni, S. Tommaso aveva abbozzato lo schema seguente a proposito delle prime quattro proposizioni del quarto Vangelo : « Se uno ben consideri queste quattro proposizioni troverà che con esse vengono distrutti in modo evidente tutti gli errori [in proposito] degli eretici e dei filosofi. - Infatti alcuni eretici, cbme Ehione e Cerinto dissero che Cristo non preesisteva alla Beata Vergine: ma che da lei aveva preso inizio il suo essere e- la sua durata~ facendone cioè un puro uomo, che però aveva meritato la divinità mediante i suoi meriti. Errore questo che fu condiviso anche da Fotino e da Paolo di Samosata. E l'Evangelista lo esclude afferma.ndo : " In principio erat Verbum ,,~ egH doè era. prima di ogni cosa ed eternamente nel Padre~ perciò non presf" inizio dalla Vergine. « Sabellio invece, pur affermando che Dio il quale assunse la carne non ebbe inizio dalla Vergine, ma esisteva dall'eternit~, tuttavia riteneva che la Persona del Figlio la quale assunse la. carne dalla Vergine non fosse distinta da quella del Padre, ma eh~ Pa> . (q. 22, a. l ). Si direbbe quindi che mediatore sia quasi il ge.nere prossimo rispetto alla nozione di sacerdote. Eppure nella .Somma queste due proprietà del Cristo sono oggetto non solo .di questioni bP.n distinte ma addirittura non contigue. Il . sn.ce-rdozio infatti è preso in esame alla q. 22, cioè nel ~ruppo de1le Quest,ioni reltttive a.i rapporti di Cristo col Padre. la sua ·mediazione inYece è rimandata alla q. 26. come finale di quelle ·relative ai ~11oi rapporti con noi. Lo smembramento si deve · ap-punto all'acce.ttazione di codesta distinzione tra i due tipi ·di rapporti come schema di lavoro : e Quindi al fatto che nel · conregbiera (q. ill)
a)
3)
III) Implieanze dell'unione ipostatica:
2)
sacerdozio
(q. 22)
in rapporto al Pa·
' dre: relazioni del Padre verso 11 Figlio :
b)
~
1) adozione (q. 23)
( 2) predestinazione (q. 24) a) nostra adorazione verso di lui (q. 25) 3) in rapporto a noi: b) sua mediazione per noi (q. 26)
AVVERTENZE
I. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indica. zioni delle opere citate, perché figurano a fronte nel testo latino. Dove l'intelligibilità della frase lo richiedeva è stato inserito qualche termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la comprensione del testo senza ricorrere a perifrasi. Nella punteggiatura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale. I richiami deJie note sono tutti ne] testo italiano, esse però continua.no anche sotto il testo latino e talvolta nelle pagine seguenti. 2. II testo critico latino dell'Edizione Leonina è riprodotto con la più scrupolosa fedeltà. La sola enumerazione degli articoli all'inizio della Quacstìo è stata fatta senza capoversi. Manca però, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole varianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle note. Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l'Ed. Leonina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Soltanto i versetti della Sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza altri contrassegni. Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni. Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture più co .. munì : per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, ab: biamo trascurato i titoli e le enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.
QUESTIONE 14 I difetti corporali assunti da Cristo nella natura umana.
Passiamo ora a considerare i difetti che Cristo assunse nella sua natura umana. Prima, i difetti del corpo ; poi, i difetti dell'anima. 1 Sul primo argomento sì pongono quattro quesiti : 1. Se il Figlio di Dio dovesse assumere nella sua natura umana i difetti del corpo ; 2. Se abbia assunto la necessità di soggiacere a tali difetti ; 3. Se abbia contratt.o questi difct.ti ; 4. Se li abbia assunti tutti.
ARTICOLO I Se il Figlio di Dio dovesse assumere la natura umana con i difetti corporaJi.
SEMBRA che il Figlio di Dio non dovesse assumere la natura umana con i difetti del corpo. Infatti : 1. Al pa.ri dell'anima anche il corpo è stato unito ipostaticamente al Verbo di Dio. ~Ia l'anima di Cristo aveva ogni perfezione e di grazia e di scienza, come si è visto sopra. Dunque anche il suo corpo ·avrebbe dovuto essere perfetto per ogni verso, senza alcun difetto. . 2, L'anima di Cristo a.veYa la visione beatifica del Verbo di Dio, come si è detto sopra, ed era perciò beata. Ma la beatitudine dell'anima rende glorioso il corpo, secondo le parole di S. Agostino : «Tanto potente Dio ha fatto Panima, che dalla pienezza de11a sua beatitudine ridondi anche, sulla natura inferiore del corpo, non la beatitudine che è propria di una sostanza capace di gioia e dotata d'intelligenza, ma. un'integra sanità, il vigore cioè dell'incorruttibilità ». Dunque il corpo di Cristo era incorruttibile e senza alcun difetto. 3. La pena è una conseguenza della colpa. Ma in Cristo non c'era nessuna colpa, come attesta la Scrittura : «Non ha commesso peccato ». Dunque non ci dovevano essere in lui neppure i difetti corporali, che sono delle penalità. 1
I.1a tirannia dello spazlo cl ha costretti a eeparare, nei volumi della nostra cdl· zione, un argomento che rl:mane sostanzialmente unitario : le qualità che li };'igli.o d1 Dio ha assunto indlrottament.e nell'assumere la natura umana. Nel volume prece· dente sono stat.e considerate le qualità che implicano perfezione; qui invece vedremo
QUAESTIO 14
De defectibus corporis quos Christus in humana natura assumpsit in quatuor articulos divisa.
DEINDE considerandum est de defectibus quos Christus in humana natura assumpsit. Et primo, de defectibus corporis; secundo, de defectibus animae [q. 15]. Circa primum quaeruntur· quatuor. Primo : utrum Fi1ius Dei assumere debuerit in humana natura corporis defectus. Secundo : utrum assumpserit necessitatem his defecti bus subiacendi. Tertio : utrum hos defectus contraxerit. Quarto: utrum omnes huiusmodi defectus assumpserit.
ARTIOULUS I Utrum Filius Dei debuerit assumere naturam humanam cum corporis defectibus. 8 Sent., d. 15, q. 1, a. 1 ; 4 Oont. Gent., cc. 53, 55 ; Oompenil. Theol., c. 226.
An PRIMUM sic PROCEDITUR. Videtur quod Filius Dei non debuit assumere naturam humanam cum corporis defectibus. Sicut enim anima unita est Verbo Dei personaliter, ita et corpus. Sed anima Christi habuit omnimodam perfectionem, et quantum ad gratiam et quantum ad scientiam, ut supra [q. 7, a. 9; qq. 9 ss.] dictum est. Ergo etiam corpus eius debuit esse omnibus modis perfectum, nullum in se habens defectum. 2. PRAETEREA, anima Christi videbat Verbum Dei ea visione qua beati vident, ut supra [q. 9, a. 2) dictum est : et sic anima Christi erat beata. Sed ex beatitudine animae glorifìcatur corpus : dicit enim Augustinus, in Epistola Ad Dioscorum [ep. 118, c. 3]: « Tam potenti natura Deus fecit animam ut ex eius pienissima beatitudine redundet etiam in inferiorem naturam, quae est corpus, non beatitudo, quae fruentis et intelligentis est propria, sed plenitudo sanitatis, idest incorruptionis vigor ». Corpus igitur Christi fuit incorruptibile, et absque omni defectu. ~· PRAETEREA, poena consequitur culpam. Sed in Christo non fuit aliqua culpa : secundum illud 1 Pet. 2, 22 : «< Qui peccatum non fecit ». Ergo nec defectus corporales, qui sunt poenales, in eo esse debuerunt. quel difetti, che sono impliciti nella condizione della natura umana dopo il peccato, COD.dlzione che il Figlio di Dio si è degnato di accettare. Si tratta di quei difetti :: ordine fisico e di ordine psicologico, che non sono incompatibili con le perfezioni oui abbiamo già parlato, e che sono ormai fuori discussione.
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LA SOMMA TEOLOGICA, 111, q. 14, a. 1
4. Chi è saggio, non aRsume ciò che l'ostacola nel conseguire il proprio fine. .~Ia i ~i~etti ?orporali iI?pe~ivan~ il fino d~ll,inc~r: nazione per p1u motivi. Pnmo, perche essi toglievano agh uom1n1 la possibilità di con?s:er~o~ avverando la I?rofezia : ."-Noi ~'B;hbiamo desiderato. Ma egh e disprezzato e respinto dagh uom1ru, uomo di dolori ed esperto nel soffrire, simile a colui davanti al quale ci si vela la faccia; per questo non lo abbiamo preso in conside. razione ». Recando. perché così non veniva accolto il desiderio dei Padri dell'Antico Testament.o, a nome dei quali si legge in Isaia : «Déstati, déRtati, rivèstiti di forza, tu che sei il braccio del Signore». Terzo, perché meglio con Ja forza che con la debolezza si poteva rintuzzare il potere del diavolo e sanare l'infermità dell'uomo. Dunque non era conveniente che il Figlio di Dio assumesse la natura umana con le infermità o i difetti corporali. · IN CONTRARIO : L'Apostolo scrive che, «avendo egli stesso speri· mentato la tentazione e fa. sofferenza, può venire in aiuto di quelli che sono messi alla prova ». Ma egli doveva venire proprio per aiutare noi ~ per cui diceva David : (( Alzo i miei occhi al monte donde mi verrà l'aiuto ». ~Jra dunque conveniente che il Figlio di Dio assu~esse la carne soggetta alle debolezze umano, perché in essa potesse soffrire ed essere provato e cosi venirci in aiuto. 1 RISPONDO : Era convenìente che il corpo assunto dal Figlio di Dio soggiacesse alle debolezze e deficienze umane, e questo princi. palmente per tre ragioni. Primo, perché il Figlio di Dio, assunta la carne, è venuto nel mondo precisamente per espiare il peccato del genere umano. ~la uno espia per il peccato d'un altro, quando si accolla la pena dovuta al peccato altrui. Ora, i difetti corporali, quali la morte, la fame la sete e shnili, sono pene del peccato che è stato introdotto nel mondo da Adamo, come si esprime S. Paolo : (( Per un solo uo1no il peccato entrò nel mondo, e con il peccato Ja morte». Era perciò conveniente al fine dell'incarnazione che Cristo nella nostra carne prendesse tali penalità in nostra vece, secondo le parole del profeta : «Veramente si è addossato i nostri mali ». Secondo, per facilitare la fede nell'incarnazione. Perché, non essendo la natura umana conosciuta dagli uomini se non come soggetta a questi difetti corporali, qualora il Figlio di Dio avesse assunto una natura umana priva di essi, si sarebbe dubitato che egli fosse vero uomo e avesse preso vera carne e non fantastica, come hanno detto i :ì\Ianiuhei. Per questo è scritto in S. Paolo : « Annientò se stesso prendendo forma dì servo, fattosi simile agli uomini e dimostratosi uomo nel suo modo di vi vere ». Cosicché lo stesso Tommaso fu ricondotto alla fede dalla costatazione delle ferite, come racconta il Vangelo. 1
, L'argomcnt.o sembra. che sia stato htsciato volutamente in abbozzo, nella sua fun· zione di argomento in contrario. Nel 4 (font. Gcnt., c. 55, viene meglio formulato nei termini seguenti: •L'ufficio di mediatore esigeva che egli avesse in comune con noi
I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI
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4. PRAETEREA, nuIIus sapiens assu1nit id quod impedit illum a proprio fine. Sed per huiusmodi defectus corporalcs multipliciter videtur impediri finis incarnationis. Primo quidem, quia propter huiusmodi infirmitates homines ab eius cognitionc impediebantur : secùndum illud Isaiae 53, 2, 3 : « Desideravimus eu1n ; despectum et novissimum virorum, virum dolorum et acientem infi.rmitatem, et quasi absconditus est vultus eius et despectus ; unde nec reputavimus eum ». Secundo, quia sanctorum Patrum desiderium non videtur impleri, ex quorum persona dicitur Isaiae 51, 9 : « Consurge, consurge, induere fortitudinem, Brachium Domini ». Tertio, quia congruentius per fortitudinem quam per infirmitatem videbatur potestas diaboli posse superari, et humana infirmitas posse sanari. Non ergo videtur conveniens fuisse quod Filius Dei humanam naturam assumpserit cum corporalibus infirmitatibus sive defectibus. SED CONTRA EST quod dicitur Heb. 2, 18 : «In eo in quo passus est ipse et tentatus, potens est et eis qui tentantur auxiliari ». Sed ad hoc venit ut nos adiuvaret : unde et David dicebat [120, 1]: «Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi ». Ergo conveniens fuit quod Filius Dei carnem assumpserit humanis infir. mitatibus subiacentem, ut in ea posset pati et tentari, et sic auxilium nobis ferre. RESPONDEo DICENDUM conveniens fuisse corpus assumptum a Filio Dei humanis infirmitatibus et defectibus subiacere : et praecipue propter tria. Primo quidem, quia ad hoc Filius Dei, carne assumpta, venit in mundum, ut pro peccato humani generis satisfaceret. Unus autem pro peccato alterius satisfacit dum poena1n peccato alterius debitam in seipsum suscipit. Huiusmodi autem defectus corporales, scilicet mors, fames et sitis, et huiusmodi, sunt poena peccati, quod est in mundum per Adam introductum : secundum illud Rom. 5, 12 : « Per unum hominem pcccatum intravit in mundum, et per pcccatum mors ». Unde convcniens fuit, quantum ad finem incarnationis, quod huiusmodi poenalitates in nostra carne susciperet, vice nostra : secundum illud Isaiae 53, 4: «Vere Ianguores nostros ipse tulit ». Secundo, propter fi.dem incarnationis adstruendam. Cum enim natura humana non aliter essct nota hominibus nìsi prout huiusmodi corporalibus dcfectibus subiacct, si sine his defoctibus Filius Dei naturam humanam assumpsisset, viderctur non fuissc verus homo, nec veram carnem habuisse, sed phantasticam : ut Mani~haei di xerunt. Et ideo, ut dicitur Philipp. 2, 7,