La Somma Teologica. Le virtù [Vol. 10] [PDF]

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Zitiervorschau

S. TOMMASO D'AQUINO

LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA

X

LE VIRTÙ

CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

Nìhil obstat Fr. Ludovicus Merlini O. P.

Doc.t. S. Theo!ogia.e

Fr. Victorius Scoccimarro O. P. Doct. S. Theolop:iae

Imprimi potest f:r. lonocentius Co1osio

Prior Proviocialis S. Marci et Sardiniae

florentiae die :X VB Apri!is MCMLXIII IMPRIMATUR Faesulìs .die ), come si esprirne il nostro Autoret ispirandosi ad Aristotele (cfr. 2 Elide., c. 6; lect. 7; I-Il, q. 58, a. 1, ad 1.l. Inoltre l'ese1·cizìo di essi rimane in possesso di chi se li è procarciati. S. To1nn1aso ha fatto sua Ja definizione di A \;"erroè: L;abito è un n1rzzo col quale uno agisce quando vuole)) (cfr. q. 50, a. i, arg. 1; q. 5i, a. i, arg. l; q. 71, a. 4; q. 78, a. 2). 8 - E falso perciò pensare che l'azione compiuta in forza di un abito sia 1neno volontaria, e quindi meno meritoria, o responsabile. di una decisione improvvisa, senza precedenti. Anzi è vero prccisarnente il contrario, nota ron sottile perspicacia il Santo Dottore (cfr. f2. Scnt., d. 43, a. 2; I-Il, q. 78, a. 2). Abbian10 drUo che le virtù e i vizi sono considerati da S. Tommaso abiti flellivì, ma qui bisogna aggiungere che a suo parere tutti gli abili operativi u1nani, persino le virtù infuse e i doni del lo Spirito Santo, si. trovano sostanzialmente nelle medesime eondizioni. Anche queste uHinHJ: infatti, sono date da Dio cc si ne nobis aguntibus. sed non tmnen sine nobis consentientibus ,, 1

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l '1 · n~·5 , I

a.

lii,

a d \)t:>) .

F~ se questi ahiti sono elettivi, a fortiori sono da considerarsi forn1allncnte razìonaìi. Non fosse altro, codesta razionalità scaturisce dal fatto stesso che gli abiti morali sono connessi tutti nolla prudenza. (q. 6r)ì. Se si fossero tenute presenti queste considerazioni eienwntarL nessuno avrebbe pensato di sostituire la vecchia dottrina degli abiti con le così dette idee-! orza di cui tanto I1arlano gli educatori moderni. Per f'Oncludere questo breve paragrafo, diremo che secondo S. Ton1n1aso l'ahi.to e q1mlchf' cosa di mezzo tra la potenza e

lNTRODUZIONE

13

ratto (q. 49, a. 3). E come tale caratterizza a suo modo la condizione umana. In Dio non ci sono abiti, perchè è puro atto. Negli animali e in tutti gli esseri privi di ragione gli abiti sono inconcepibili, perchè da natura essi sono perfettamente determinati nei loro atti. Negli angeli possiamo supporre soltanto abiti dì ordine soprannaturale, ma non sappiamo come giustificare in essi veri abiti n1orali naturali. L'uomo è invece un essere in divenire, artefice del proprio destino. E le fasi del suo sviluppo passano attraverso la costituzione e il potenziamento degli abiti. III Le fon ti del trattato sulle virtù in genere.

9 - Uno sguardo all'indice onomastico dice in proposito più di tutte le osservazioni e prefazioni. Nelle 21 questioni che c'interessano Aristotele è citato almeno quanto la sacra Scrittura. Sarebbe ridicolo minimizzare in questo caso una così manifesta dipendenza: la morale di S. 'l'ommaso è sostanzialmente una morale aristotelica. Qualcuno però pretende di concludere, che quindi essa non è genuinamente cristiana. Anzi si crede di sapere che S. Tommaso non avrebbe avvertito la novità del messaggio cristiano imperniato sul precetto della carità, quando rivalutava così 1a morale di Aristotele. In sostanza egli si sarebbe contentato di applicare qualche toppa alle logore vesti dello Stagirita. Egli avrebbe avuto il torto, nel costruire la sua etica, di prendere ((come base la natura umana com'essa era apparsa in un mondo in cui mancava ancora l'idea della grazia n (CARLINI A., (1-11, q. ifO, a. 2). Stando così le cose, c'è da chiedersi che cosa rimane della citata critica del Carlini, in nome di certo spiritualismo cristiano. Potremmo formulare il nostro quesito in altri termini: si poteva forse trascendere meglio, e cioè più radicalmente, il pensiero aristotelico, senza cadere nell'errore? Errore certamente si avrebbe, se con Baio si volesse esasperare la formula agostiniana: de di t:s:>e (q. 56).

I

' a) ìnteliPttuali ;_q. ;:,>;. 3)

ADITI E VIRTÙ a)

Il) Abiti 1)

le vere virtù in se stesse

loro distinzione , ti) morali :qq. ~18-61:. in y) teologali (q. 62).

~

4)

abiti buoni, os· sia vtrtù

loro cause (q. 63). ( a.) giusto mezzo (q. 6~i.

\ ~) connessione recipl'oca \q. 6;:,J. 5) loro proprietà f y) uguaglianza (q. G6ì.

Bl in par•tieolare (

o) durata (q. 6/). ì I\ b) il lOl'O

mento

2)

·,\

a. cattivi, ossla vizi e peccati (vedi val. Xl).

corona-

1)

l

doni dello Spir-ito Santo

68).

2) beatitudini (q. 69).

3) frutti dello Spirito Santo (q. 70).

AVVERTENZE

1. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indicazioni delle opere citate, perché figurano a fronte nel testo latino. Dove l1 intelligibilità della frase lo richiedeva è stato inserito qualche termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la comprensione del testo senza ricorrere a perifrasi. Nella punteggiatura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale. I richiami de!le noie sono tutti nel testo italiano, esse però conti ·nuano anche sotto il testo latino e talvolta nelle pagine seguenti. 2. Il testo critico latino dell'Edizione Leonina è riprodotto con la più scrupolosa fedeltà. La sola enumerazione degli articoli all' inizio della Quaestio è stata fatta senza capoversi. Manca però, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole varianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle note. Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l' Ed. Leonina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Soltanto i versetti della sacra Scrittura in corsivo figurano senza altri contrassegni. Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni. Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture più comuni: per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, abbiamo trascurato i titoli e le enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.

QUESTIONE 49 Gli abiti in generale, loro natura. Dopo gli atti o le passioni si devono considerare i principii degli atti umani. Primo, i principii intrinseci. Principii intrinseci sono te potenze e gli abiti; 1 ma avendo noi già trattato delle potenze nella Prirria Parte, rimane ora da trattare degli abiti. Prima degli abiti in generale; e quindi delle virtù e dei vizi e di tutti gli altri abiti, che sono principii degli atti umani. Sugli abiti in generale quattro sono le questioni da considerare: primo, la natura degli abiti; secondo, la loro sede; terzo, le cause deJ loro nascere, crescere ed estinguersi ; quarto, le loro distinzioni. 2 Stù primo tema tratteremo quattro argomenti: 1. Se l'abito sia una qualità; 2. Se sia una qualità specificamente distinta dalle altre; 3. Se l'abito dica ordine alroperazione; '•· La necessità degli abiti. 3

ARTICOLO 1 Se rabito sia una qualità.

SE:\JRR\

che l'abito non sia una qualità. Infatti:

1. ~. .:'-\gostino"' afferma che cc H terrnìne abito deriva dal verbo

m:ere n. Ora, il vel'bo avere non si usa solo per le qualità, ma anche per gli altri generi: infatti diciamo di avere e la quanti1à, e il danaro1 e altro ancora. Dunque l'abito non è una qualità. 1 lii proposito staremo bcno attenti a non tradur1·e il latino habitus col tE'rntine al11twline. Infattì con quest'ultjmo termine viene indicata quella clisposiz:ti.rne che uascc in forza di una consuctudinè, ovvero pe1· assuefazione. Chi traduce ahitudlne falsa nel termine stesso il concetto di abito, concepito dalla filosofia classica non come un insiem("- Cli rmessì spontanei, che l'ammaestramento può ottenere anche nel regno animate, m:i come disposizione tntrìnseca che potenzia e perff~Ziona una cletcrminata natura. 2 Pci• conoscere esattamente la posizione del tt·att:ìto nel fdano generale dell'Ope1•a., ...-~~ùi Introd. n. 1. 3 l/t>numerazione dei p:rohlemi può lasciare perplesso un lettore moderno; il quale sarehhe tentato di rovesciare l'ordine dei quesiti, cominciando da quest'ultimo Anzi ai moderni, poco avvezzi a mancgp;iare le categorie aristoteliche, i primi due al'ticoli possono semhl'aPe fo1'se dcl tutto inutili. :Ma se dietro quella nomenc:Jatura inusitata siamo ancora capaci di afferrare il problema, allora la ricerca non ci son1In•erà affatto sti•ana. o accadomica. Si tratta di sapere quale consisttm;i;a ontologica abbiano gli abiti. -- JS'oi moderni, malati di fenomenologtsmo e di empirismo. lnilierP.nrn10 la ricerca in questi termini: Gli uomini si diff('.reru:lano profondamt'nte fra luro. non soJo pi•r qneJJo eh!' hanno compiuto, ma Jdi1 ant~ora per quello elle sono rapaci di compi('l'!'. C'hf' sono mai t{Uf'!l>te capa·

QUAESTIO 49 De habitibus in generali, quoad eorum substantiam tn quatuor arttculOs dtvtsa.

Post actus et passiones, considerandu1n est de principiis humanorum actuum. Et primo, de principiis intrinsecis [qq. 49-89] ; secwido, de principiis extrinsecis [q. 90}. Principium ante~ intrinsecum est potentia et habitus ; sed quia de potentiis in Prima Parte [qq. 77 ss.] dictum est, nun~ restat de habitibu~ co1,1sideran~~':11· Et primo quidem, in generali; secundo vero, de virtul.Ibus et vitns. et aliis huiusmodi habitibus, qui sunt humanorum actuum principia [q. 55]. Circa ipsos autem habitus in generali, quatuor consideranda sunt: primo quidem, de ipsa substantia habituum; secundo, de subiecto eorum [q. 50]; tertio, de causa generationis, augmenti et corruptionis ipsorum [q. 51); quarto, de distinctione ipsorum [q. 54]. Circa primum quaeruntur quatuor. Primo: utrum habitus sit qualitas. Secundo: utrum sit determinata species qualitatis. Tertio: utrum habitus importet ordinem ad actum. Quarto: de necessitate habitus. ARTICULUS 1 Utrum habitus sit qualitatis. 3 Sent., d. 23, q, 1, a. t; 5 Metaphys., lect. 20.

Videtur quod habitus non sit qualitas. Dicit enim Augustinus, in libl'o Octoginta trium Quaest. [q. 73}, quod «hoc nomen habitus dictum est ab hoc verbo quod est habere n. Sed habere non solum pertinet ad qualitatem, sed ad alia genera: dicimur enim habere etiam quantitatem, et pecuniam, et alia huiusmodi. Ergo habitus non est qualitas. AD

PRIMUM SIC PROCEDJTUR.

cttà? Non sono le potenze, le facoltà naturali, comuni a tutta la specie umana. Sono dunque delle abilità supplementari, degli abiti operativi elle perfezionano e potenziano la nostra anima e le nostre facoltà. 1'on sono la sostanza dcl nostro essere. pur essendo profondamente radicate in noi; non sono da confondersi con la quantità. con la figura esterna di ciascuno di noi.... Come allora dobbiamo classtft.carle? Per lo più noi moderni starno sprovvisti delle categorie occorrenti. Non abbiamo punti sicuri e comuni di riferimento. Per la cultura medioevale un 1mnto dl riferimento esisteva, e risparmiava non pochi equivoci: si ricorreva alle categorie di Aristotele. Con questo si potevano chiarire i concetti, prima cli a«rontare i problemi più impegnativi per il pensiero filosofico e religioso. - La qualità è qualsiasi determinazione accidentale della sostanza in se c;tessa, in conseguenza cioè della sua forma sostanziale. ' II Santo Vescovo di Ippona (354-430] è una delle fonti plù importanti i:t. 9)

della

torma .

. Qualità Relazione

non come misura . .

t)

t'he e' è sog~etto

dipen·

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come mi."mra Ì \

b)

Quando

lli tempo

di luogo:

~ Clbt

Ì Situs \

cì desunti da ( 1) inerente CO· ciò che è in ' mc principio 1 , par·lc i11erente ' parte I 2) inerente co. e in l me termine \ estraneo

fsituazionel Aztone Passione

GLI ABITI 1IN GENERALE, LORO NATURA

2. PRAETEREA, Habitus ponitur unum praedicamentum; ut patet in libro Praedicamentoruni [c. 6]. Sed unum praedicamentum non continetur sub alio. Ergo habitus non est qualitas. 3. PRAETEREA, n omnis habitus est dispositio n, ut dicitur in Praedicamentis [ibid.]. Sed dispositio est l sicut scientia et virtus complete. 1

ARTICULUS 2 Utrum habitus sit determinata species qualitatis. ne Vtrtut., q. 1. a. 1.

Videtur quod habitus non sit deter· minata species quaJHatis. Quia, ut dictum est [a. 1], habitus, secundum quod est qualitas, dicitur « dispositio secundum quam bene aut male disponitur dispositum >>. Sed hoc contingit secundum quam· AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR.

3 Gli studiosi moderni non concordano con t commentatori an tirhi sult' interpretazione di questi passi aristotelici. Ma essi sono ben lungi dell'accordarsi tra .loro (vedi in ARISTOTEUO:, La .1',felafisica, traduzione e commento di A. CarJini, Bari 1928. P. 1i6, n. 1). R. Bonghi, dopo aver accennato alle varie intC'rprrtazionì scriveva: «La scolastica è vera: e conforme alla mia, dalla prtma maniera in fuori, rispetto ana qualo credo che Averroè o gli Scolastici sbag]ia_ssrro" {in AR1STOTELF.. La Meta(lstca, volg-arizzata e commentata da R. nonghi, 1\Jilano 1943, vol. Il,

PP. lt7, 118,

n. 4).

Chi non conosce- a snffici~nza la dottrina aristotelica sulle categorie, presti attenzione alla. nota 1 della pag. precedente, per poter leggere con interesse ra. 2. 4

26

LA S0.\11\lA TEOLOGICA, I-Il, q. MJ, a. 2

può atea de re per qualsiasi qualità: poichè anche per la figura una cosa può essere disposta bene p male, così per il caldo e per il freddo, e via dicendo. Dunque r abito non è una determinata specie della qua. l i't'a. l 2. 11 Filosofo afferma che il caldo e il freddo sono disposizioni o abiti, come la malattia e la salute. ~la il caldo e il freddo sono nr.Ua terza specie della qualità. Quindi l'abito e la disposizione non si distinguono dalle altre specie di qualità. 3. Esser "difficile a muoversi» non è una differenza che riguarda il genere qualità, ma piuttosto il moto e la passione. Ora, nessun genere può essere determinato a una data specie mediante difierenze appartenenti ad altri generi; ma è necessario, come insegna il Filosofo, che 1c differenze per se stesse si riferiscano al loro genere. Perciò, dal momento che l'abito è «una qualità difficile a m.noversi n, non può essere una specie determinata dalla qualità. IN CO:'.'JTR.>tlUO: 1l Filosofo scrive, che a l'abito e 1a disposizione sono una specie della qualità)). HISPONDO: Il Filosofo tra le quattro specie della qualità mette al primo posto ((la disposizione e l'abito>>. Simplicio così parla delle difterenze cli codeste specie: u Tra le qualità alcune sono natura1i, e son quelle che sono insite per natura e permanenti: altre sono avventizier vengono dall'esterno e si possono perdere. E queste))' cioè le avventizie, H sono gli abiti e le disposizioni, che differiscono tra loro in quanto sono facili o difficili a perdersi. Tra le qualità natur. . . Ji alcune si desumono da elementi potenziali: e abbiamo così la seconda. specie della qualità [cioè potenza e impotenza]. Altre si desumono da elementi attuali, o in profondità, o in superficie. Se in profondità abbiamo la terza specie della qualità [cioè passione e quali.là passibili]: se in superficie abbiamo la quarta specie, cioè la figura. e Ja forma, cho è la figura degli esseri animati n. - Ma questo modo di distinguere le specie della qualità non è accettabile. Infatti molte figure e qualità passihHi non sono natura1i, ma avventizie; e molte disposizioni non sono avventizie, ma naturali, come la salute, la bellezza e cosi via. Inoltre codesta spiegazione inverte l'ordine delle specie: mentre ciò che è più naturale deve rimanere sempre al primo posto. Perciò la distinzione delle disposizioni e degli abiti dalle altre qualità si giustifica in un altro modo. Infatti la qualità è una modalità della sostanza. E una modalità, come dice S. Agostino, è cc deltn1itata da una misura 1>. Quindi, come ciò che determina la potenza della materia nell1essere sostanziale costituisce la qualità che è la differenza sostanziale ; così ciò che determina la potenza di on soggetto nell'essere accidentale costituisce la qualità accidentale, che è anch'essa una differenza, come spiega il Filosofo. Ora, le. modalità o determinazioni di un soggetto nel suo essere accidenfole possono riguardare: o la nat.ura del soggetto, o l'azione e la passione che derivano dai principii di natura, cioè dalla materia e dalla forma, oppure riguardano la quantità. Se riguardano La quaHtà., pre...~ in senso stretto, è l'accidente che modifica e determina la ìn Sf': medesima. Quale genere supremo, o categoria, essa si divide nelle quattro specie :>.J. E altrove affenna, che 11 gli abiti sono quei modi secondo i quali ci comportiarno bene o n1aie rispetto alle passioni,,. Infatti quando il modo conviene aìlo. natura di una cosa ha ragione di bene; e quando nou conviene ha ragione di male. E poichè Ia natura è il primo aspetto che vn cnrn;:;iderato in una cosa, l'abito occupa il primo posto tra le specie della qualità. 1 S0Luz1o~E DELT.E nrFF1co1.TÀ: 1. Come abbiamo già detto, la disposizione implica un certo ordine. Perciò quando si dice cJrn uno è disriosto a una data qualità, s\ intende in ordine a qualche cosa. E se si aggiunge ettivi, assicura anche l'ordine sistematico delle specte della quaJftà.

GLI ABITI

I~

GENEHALE, LORO NATURA

35

Ao TERTI UM DICENDUM quod sanilas dicitur habitus, vel habitualis dispositio, in ordine ad naturam, sicut dictum est [a. 2, ad 1]. Inquantum tamen natura est principium actus, ex consequenti importat ordinem ad actum. Unde Philosophus dicit, in IO De Historia Animai. [c. 1], quod homo dicitur sanus, vel membrum aliquod, «quando potest facere operationem sani u. Et est simile in aliis. ARTICULUS 4 Utrum sit necessarium esse habitum. 3 Sent., d. 23, q. 1, a. t; De Vent., q. 20, a. 2: De Vtrttll., q. 1, a. t.

AD QUARTUM SIC PROCEDlTUR. Videtur quod non sit necessarium esse habitus. Habitus enim sunt quibus aliquid disponitur bene vel male ad aliquid, sicut dictum est [a. 2]. Sed per suam formam aliquid bene vel male disponitur: nam secundu1n formam aliquid est bonum, sicut et ens. Ergo nulla necessitas est habituum. 2. PRAETEREA, habitus importat ordinem ad actum. Sed potentia importat principium actus sufficienter: nam et potentiae naturales absque habitibus sunt principia actuun1. Ergo non fuit necessarium habitus esse. 3. PRAETEREA, sicut potentia se habet ad bonum et malum, ita et habitus: et sicut potentia non semper a.git, ita nec habitus. Existentibus igitur potentiis, superfiuum fuit habitum esse. SED coXTR\ EST quod habitus sunt perfectiones quaedam, ut dicitur in 7 Physic. (c. 3, Iect. 5]. Sed pcrfectio est maxime necessaria rei: curn habeat ratione1n ftnis. Ergo necessarium fuit habitus esse. REsPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [ aa. 2, 3] dictum est, habitus importat dispositionem quandam in ordine ad naturam rei, et ad operationem vel finem eius, secundum quam bene vel male aliquid ad hoc disponitur. Ad hoc autem quod aliquid indigeat disponi ad alterum, tria requiruntur. Primo quidem, ut id quod disponitur, sit alterum ab eo ad quod disponitur; et sic se habeat ad ipsum ut potentia ad actum. Unde si aliquid sit cuius natura non sit composita ex potentia. et actu, et cuius substantia sit sua opera.tio, et ipsum sit propter seipsum ; ibi habitus vel dispositio locum non habet, sicut patet in Deo. Secundo requiritur quod id quod est in potentia ad alterum, possit pluribus 1nodis determinari, et ad diversa. Unde si aliquid sit in potentia ad alterum, ita tamen quod non sit in potentia nisi ad ipsum, ibi dispositio et habitus Iocum non habet: quia tale subiectum ex sua natura habet debitam habitudinem ad talem actum. Unde si corpus caeleste sit compositum ex materia et forma, cum illa materia non sit in potentia ad aliam formam, ut in Primo [q. 66, a. 2] dictum est, non habet ibi locum dispositio vel habitus 1 Apparentt-mcml('; l 'articoJo sembra usci1•e dai limiti della questione 49. Chiedersi infatti se gli abiti siano necessari, equivale a chiedersi se essi esistono; e. trattandosi cli accidenti, equivale a chiedersi quali possano ossere i subietti dl Codeste qualità. E inneg-abìlC che il problema ha una certa affinità con la questione seguente ..Ma enumerando lo tre condizioni richieste per ll costituirsi di un abito, s. Tommaso sapeva bene di precisare definitivamente la nozione di abito. È questa la funzione dell'articolo, anche se non è (llchiarata nell'enunciato di esso.

36

LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. ti,9, a.

~

ad altre operazioni; poichù la natura del coz·po celeste è in potenza soltanto a un moto determinato. 1 Terzo, si richiede che concorrano più ele1nenti a disporre il soggetto verso uno dei termini ai quali è in potenza, e che questi possano contemperarsi in diverse maniere, così da disporlo bene o male rispetto alla forma o all'operazione. Perciò le qualità primordiali degli elementi, che appartengono in una sola maniera determinata a Ha 101·0 natura, non si possono denominare disposizioni o abiti, ma qualità semplici: invece denominiamo disposizioni o abiti la salute, la bellezza, e altre cose consimili, che implicano una proporzione di più elementi, i quali si possono contemperare in vari modi. Ecco perchè il Filosofo scrive, che u l'abito è una disposizione n, e la disposizione è u l'ordine di un essere composto di parti, o secondo il luogo, o secondo la potenza, o secondo la specie )) ; come sopra abbiamo spiegato. 2 ùra, essendo molti gli esseri la cui natura ed operazione esigono il concorso di molti elementi, che in più modi possono contemperarsi, bisogna ammette1·c la necessità degli abiti. SoLt;ZIONE DELLE nurFicm.TÀ: 1. La natura di una cosa deve la sua perfezionr, alla forma: rna è necessario che mediante una disposizione il soggetto sia predisposto in ordine a codesta forn1a. - Del resto la forma stessa a sua volta viene ordinata all'operazione, che. ne è il fme, o il m.ezzo al fine. E se la forma non ha che un'unica op~ra~Jone determinata, non si richiede ali ra disposizione per operare aH' infuori della forma. ::\Ia se si tratta di una forma, la quale, come 1'anima, può operare in più modi, ò necessario che riceva dagli abiti una disposizione ad operare mediante certi abiti. 2. Talora la potenza dice ordine a più cose: e quindi è necessario che venga determinata in un dato modo. Se invece prendiamo una potenza che non dice ordine a piil cose, essa non ha bisogno di un ahito che la determini, come abbiamo già detto. Per questo le potenze naturali non compiono le loro operazioni con l'aiuto degli abiti: poichè per se stesse sono determinate a un unico atto. 3. Co1ne vedremo in seguito, l'abito che ha per oggetto il bene non è identico a quello che ha per oggetto il male. Invece è identica la potenza per il bene e per il male. Perciò sono necessari gli abiti, per determinare al bene le potenze. t L'e!;;cmpìo de.I coroi celesti era ben chiaro per i medioevali. Secondo la filosofia aristoteJica Jo sfere concentriche, le quali avret1hero costituito l'universo al di sopra dcll'orl1~ lerraquco, sarebbero state composte dì una. materia speciale, Ja famos& quint'essenza. Codesta materia sarebbe stata attuata perfettamente da

GLI ABITI

I~ GE~ERALE,

LOHO NATUHA

37

ad formam, ant etiam ad opera(ionem; quiu natura cackstis corporis non est in potentia nisi ad unum inotmn determinat uni. Tertio requiritur quod plura concnrrant ad disponendum subiectum ad unurn eorurn ad quae est in pote11tia, quae diversis modis commensurari possunt, ut sic disponatur bene vel male ad formam vel ad operationem. Onde qualitates simplices elementorum, quae secundum unum modum determinatum naturis elementorum conveniunt, non dicimus dispositio.ues vcl habitus, sed simplices qualitates: dicimus autem dispositiones vel habitus sanitatem) pulchritudinem et alia huiusmodi, quae ilnportant quandam commensurationem plurium quae diversis modis comrnensurari possunt. Propter quod Philosophns dicit, in 5 Meta1Jltys. [c. 20, lect. 20], quod ((habitus est dispositio », et dispositio est cc ordo habentis partes vel secuudum locum, vel secundum potentiam, vel secundum speciein ) l ; ut supra [a. 1, ad 3] dictum est. Quia igitur multa sunt entium ad quorum naturas et operationes necesse est pl.ura concurrere quae diversis modis commensurari possunt, ideo necesse est habitus esse. AD PRIMUM ERGO DICENnc::vc quod per formam perficitur natura rei: sed oportet quod in ordine ad ipsam formam disponatur snbiectum aliqua dispositione. Jpsa tamen forrna ordinatur ulterius ad ope. rationem, quae vel est fmis, vel via in finem. Et si quidein habeat forma determinate unam tanturn operationem determinatam, nulla alia dispositio requiritur ad operationem praeter ipsam formarn. Si autem sit talis forma quae possit diversimode operari, sicut est anima, oportet quod disponatnr ad suas operationes per aliquos habitus. Ao SECUNDUM DlCEJ\'DUM quod potentia quandoque se habet ad multa: et ideo oportet quod aliquo alio determinetur. Si vero sit aliqua potentia quae non se haheat ad multa, non indiget habitu determinante, ut dictun1 est [in corp.]. Et propt.er hoc vires naturales non agunt operationes snas mediantibus aliquibus habitibus: quia secundum seipsas sunt deterrninatae ad unum. Ao TERTIU:J-1 DICKN1Hf)i1 quod non idem habitus se habet ad bonum et malum, sicut infra [q. 5~, a. 3) patebìt. Eadem autem potenti a se habet ad bonum et malum. Et ideo necessarii sunt habitus ut potentiae determinentur ad bonum. un'unica forma sostanziale; il che riduecva rollesti corpi a una comlizionc di sostanziale irn·orruttibilita.. a Tre sono dunque le condizioni prercquisite di un ahUo: 1) sto. 1

QUAESTIO 50 De subiecto habituum tn sex arU.culos divisa.

Deinde considerandum est de subiecto habituu1n. Et circa hoc quaeruntur sex. Pri1no : utrum in corpore sit aliquis habitus. Secundo: utru1n anima sit subiectum habitus secundum suam essentiam, vel secundum suam potentiam. Tertio: utrum in potentiis sensitivae partis possit esse aliquis habitus. Quarto: utrum in ipso intellectu sit aliquis habitus. Quinto: utrum in voluntate sit aliquis habitus. Sexto : utrmn in substantiis separatis. ARTICULUS 1 Utrum in corpore sit aliquis habitus.. 3 Senl., d. 23, q, 1, a. 1.

Videtur quod in corpore non sit aliquis habitus. Ut enim Commentator dicit, in 3 De Anima [comm. 18), I trattato, a p. 18.

QUAESTIO 5i De causa ha bituum quantum ad generationem ipsorum in

quatuor

arttculs

divisa.

Deinde con'siderandum est de causa habituum. Et primo, quantum ad generationem ipsorum; secundo, quantum ad. augmentum [q. 52]; tertio, quantum ad diminntionem et corruptionem [q. 53]. Circa primum quaeruntur quatuor. Primo: utrum aliquis habitus sit a natura. ~ecundo: utrum aliquis habitus ex actibus causetur. TerUo; utrun1 per unum actu1n possit generari habitus. Quarto: utrum aliqui habitns sint in hominibus infusi a Deo. ARTICULUS 1 Utrum aliquis habitus sit a natura. Infi-a, q. 63, a. 1.

AD PRB1:UM SlC PROCEDITlJR. Videtur qnod nullus habitus sit a natura. Eorum eni1n quae snnt a natura, usus non subiacet voluntati. Sed «habitus est quo quis utitur cum voluerit », ut dicit Commentator, in,'-/ De Anima [comm. 18]. Ergo hahitus non est a natura. 2. PRAETEREA, natura non facit per duo quod per unum potest facere. Sed potentiae animae snnt a natura. Si igitur habitus potentiarum a natura essent, habitus et potentia essent unum. 3. PRAF.TEREA, natura non deficit in necessariis. Sed habitus sunt necessarii ad bene operandum, ut supra [q. 49, a. 41 dictum est. Si igitur habitus aliqui essent a natura, videtur quod natura non deficeret quin omnes habitus necessarios causaret. Patet autem hoc esse falsum. Ergo habitus non snnt a natura. SEo CO:'ITRA EST quod in 6 Ethic. [c. 6, lect. 5], inter alios habitus ponitur intellectus principiorum, qui est a natura: unde et principia prima dicuntur naturaliter cognita. RESPONDEO DICENDUM quod aliquid potest esse naturale alicui dupliciter. Uno rr10do. secundum naturam speciei: sicut naturale est homini esse risihile, et igni ferri snrsum. Alio modo, secundum natnram individui: sicut naturale est Socrati vel Fiatoni esse aegrotativum vel sanativum, secundum propriam complexionem. - Rursus, secundum utramque naturam potest dici aliqnid naturale dupliciter: uno modo, quia totum est a natura; alio modo, quia secundum aliquid est a natura, et secundum aliquid est ab exteriori principio. Sknt cum oJiqni.s sanatur per seipsum, tota sanitas est a natura: cum autem aliquis sanatur auxilio medicinae, sanitas partim esl a natura, partim ab cxleriori principio. 2 Si passa così a studiare Ja vii.a, o Ja dinamica d~gli abiti: genesi e sviluppo crisi e distruzione. In questo moto incessante c· è tutta la vita spirituale dell'uomo con le sue grandezze e con le sue miserie. Di qui l'importanza eccezionale dell'argomento.

G2

LA :;;:oMMA TEOLOGICA, I-II, q. 51, a. 1

Perriò, se parliamo dell'abito ìn cJuanto disposizione del soggetto in ordine alla forma o alla natura, 1 possono esserci abiti naturali in ciascuno dei modi predetti. Ci sono infatti delle disposizioni naturali dovnte alla specie umana, di cui nessun uomo può mancare. F. queste sono naturali secondo la natura specifica. - 1\-Ia poirhè codeste disposi:lioni hanno una certa ampiezza, possono adattarsi in grado diverso ai diversi uomini secondo la loro natura individunte. E codeste disposizioni. possono derivare, o totalmente dalla natu1·a; oppure in parte dn.Ha natura, e in parte da principii esterni, come si è detto di coloro che sono guariti dalla medicin·a. L'abito, invece, c.he dispone all'operazione, e che risiede, come abbiamo dettu, nelle potenze dell'anima, può esser naturale e secondo la natura specifica, e secondo la. natura individuale. Secondo la natnra specifica, in quanto dipende direttamente dall'anima, che_, essendo forma del eorpot è prindpio specifico. Secondo la natura individuale. in dipendenza dal corpo che è principio di ordine materiale. Ma in nessuno di questi due modi ci sono nell'uomo degli abiti naturali, che dipendono totalmente dalla natura. Ciò capita negli a11geli, per il fatto che possiedono le specie intelligibili infuse per natura; il che non può dirsi per l'anima umana, come abbiamo spiegato nella Prima Pa·rt.e.. Ci sono, dunque, nell'norno degli ahiti naturali, dovuti in parte alla natura, e in parte a un altro principio; però nelle potenze conoscitive ciò avviene in modo diverso che in quelle appetitive. Infa tli nelle potenze counscitive ci possono essere abiti naturali incipienti, e S(~condo la natura sriecifiea, e secondo la natura individuale. Secondo Ja natura specifica? cioè in dipendenza dall'anima: e ne è un esempi.o r intelletto dei principii, che è un abito naturale. 2 Infatti in forza della natura stessa dell'anima intellettiva l'uomo ha la. proprietà di intendere che qualsiasi tutto è maggiore delJa sua parte, appena conosciuto il tutto e la parte: e cosi per gli altri principii. fi'la egli non può conoscere il tutto e la parte se non mediante le specie intelligibili, che riceve dai fantasmi. Per questo il Filosofo dimostra che la nostra conoscenza dei principii deriva dai sensi. - Anche secondo la natura individuale ci sono abiti conoscitivi naturali incipienti, in quanto un uomo è più adatto di un altro ad intendere, in forza delle disposizioni organiclie, poichè per le funzioni deJP intelletto si richiedono le facoltà sensitive. Invece nelle potenze appetitive non ci sono abiti naturali incipienti in dipendenza dell'anima, per quello che l'abito è in se stesso~ ma soltanto in rapporto a certi suoi principii, quali i principii del diritto un i versale che sì dicono germi deUe virtù. E questo perchè l'inclinazione verso l'oggetto proprio, che si potrebbe considerare l' ini:do di un abito, non appartiene all'abito, ma piuttosto alla natura delle potenze. - Però in dipendenza dal corpo possono esserci degli abiti appetitivi incipienti, secondo la natura 1

Se val'liorno. in aHri termmi. •li ahiti t>ntìtativL.. neJle sue iù alto che l'abito delle virtù morali, prodotto dagli atti nelle potenze appetii ive; e I'" intelletto dei primi principii )) è superiore alla scienza delle conclusioni. 3 1

1 Questa affermazione è molto hnportante, per comprendere la soluzione che S. Tommaso ha dato al problema della connessione delle virtù (cfr. q. 65). Infatti la connessione di tutte le virtù acquisite nella prudenza naturale ùlpende da questo influsso della ragione su tutti gH alti lleJJc potenze inferiori e della stessa volontà. La ragione in questo raso muove in base ai primi principii di ordine pratico. i quali hanno nena sinderesi come un abito connaturato, primo germe delfo vktù moraH: cosi come nell' tntellectus -prtncipiorum hanno il loro primo germe gli abiti !';CientificJ. "Alle. virtù morali pr1·stabìlisce il fine la ragione naturale, che è denomi11ata sin!lerest " 111-11, q, 47. a. 6, ad 1). E questo fine in concreto coincide con ·· [ priuci[lli noti tK'r natura, che sono i fini delle virtù morali •I (ibid. in corp.). Per i.ntoodersj. è necessario riCordare elle la perfezione della virtù parte dalla per-

GENESI O FORMAZIONE DEGLI ABITI

67

tus per actum sui ipsius, sequeretur quod idem esset movens et motum, agens et patiens. Quod est impossibile, nt dicitur in 7 Physic. [c. 1, lect. 1]. 3. PRAETEREA, effectus non potest esse nobilior sua causa. Sed habitus est nobilior quam actus praecedens habitum: quod patet ex hoc, quod nobiliores actus reddit. Ergo habitus non potest causari ab actu praecedente habitum. SED CONTRA EST quod Philosoplrns, in 2 Ethic. [c. 1, lect. 1], docet habitus virtutum et vitiorurn ex actibus causari. REsPONDEO DICENDUM quod in agente quandoque est solum activum principium sui actus: sicut in igne est solum principium activum calefaciendi. Et in tali agente non potest aliquis habitus causari ex proprio actu: et inde est quod res naturales non possunt aliquid consuescere vel dissuescere, ut dicitur in 2 Ethic. [c. 1, lect. 1]. ~ Invenitur autem aliquod agens in quo est principium activum et passi vum sui actus : sicut patet in actibus humanis. Nam actus appetitivae virtutis procedunt a vi appetitiva secundum quod movetur a vi apprehensiva repraesentante obiectum: et ulterius vis intellectiva, secundum quod ratiocinatur de conclusionibus, habet sicut principium activum propositionem per se notam. Unde ex talibus actibus possunt in agentibus aliqui habitus causari, non quidem quantum ad primum activum principium, sed quantum ad principium actus quod movet rnotum. Nam omne quod patitur et movetur ab alio, disponitur per actum agentis: unde ex multiplicatis actibus generatur quaeda1n qualitas in potentia passiva et mota, quae nominatur habitus. Sicut habitus virtutum moralium causantur in appetitivis potentiis, secundum quod rnoventur a ratione: et habitus scientiarurn causantur in intellectu, secundum quod movet ur a primis propositionibus. AD PRIMUM ERGO DICE~DUM quod agens, inquantum est agens, non recipit aliquid. Sed inquantum agit motum ab alio, sic recipit aliquid a movente : et sic causatur habitus. AD SF.CUNDUM DICENDUM quod idem, secnndum idem, non potest esse n10vens et moturn. Nihil autem prohibet idem a seipso moveri secundum diversa, ut in 8 Pftysic. [cc. 4, 5; lectt. 7, 10] probatur. Ao TF.1'TICM DICENDUM quod actus praecedens habitum, inquantmn procedit a principio activo, procedit a nobiliori principio quam sit habitus generatus: sicut ipsa ratio est nobilius principium quam sit habitus virtutis moralis in vi appetitiva per actuum consuetudines generatus; et intellectus principiorum est nobilius principium quam scientia conclusionurn.

fezione della natura. E, trattandosi dell'essere razionale, il punto di partenza è la ragione, già partecipata costiluzionaJmente alle varie tacoJtà. In ordine dinamico però si parte dall' impertum ralionts, atto de11' intelletto pratico, il quale « rappresenta la ragione pratica. rJ10 assolvo il suo compito squisitamente pratico di atterrare l'atto per imbeverlo dì ragione" r.St:RTJL~.A'.liOF.~ A. D .• La philOsophie morale de S. Tnomas, Parigi, 1942, p. 158). 2 Per capil'e la posizione di S. Tommaso in questo iu·oblema. bisogna ammette1·e come lui la realtà del1 'essere umano in tutta Ja sua complessità. Essenza ed esistenza, co:rpo e ani1na, 01-gani e facoltà. abiti ed atti sono distinzioni reali tnd1· spensabili quamto si vogliono risolvere delicati problemi di psicologia e di morale. 3 In altri termini, si direbbe che i princìpii riel buon senso valgono assai più c:Ii ·tutte le ftlosofte.

LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. 51, a. 8

68

ARTICOLO 3 Se f abito possa essere prodotto da un solo atto.

che l'auito possa essere generato da un solo atto. Infatti: l. La di1nostrazione è un atto ùella ragione. Ora, una sola dimostrazione è sufficiente a causare la scienza, quale abito di una data conclusione. Dunque l'abito puo essere causato da un solo atto. 2. Un atto può crescere sia. di numero che d'intensità. Ora, se molt ip!icando il numero degli atti, si può produrre un abito; intensificando un unico atto si J)otrà avere lo stesso risultato. 3. La sàlute e la malattia sono abiti. ~Ma un uomo può guarire, o ammalarsi, per un unico atto. Dunque un unico atto può causare un abito. IN coNTRARIO: Il Filosofo scrive, che ((una rondine e un giorno non fanno la primavera: così non rende beato e felice un giorno oppure poco tempo n. Ma, com.' egli dice, n la beatitudine è un'operazione secondo l'abito della virtù perfetta». Dunque l'aLito della virtù, e per lo stesso motivo ogni altro abito, non viene prodotto da un unico atto. RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, l'abito viene a prodursi per il fatto che una potenza passiva viene mossa da un principio attivo. Ma perchè in unu potenza passiva si produca una qualità, è necessario che il principio attivo la dornini totalmente. Vediamo infatti che il fuoco, non potendo dmninare subito il combustibile, non lo infiam1na immediatamente, ma un po' per volta ne scaccia le contrarie disposizioni, in modo da dominarlo totahnente, irnprimendt, \·i la propria somiglianza. Ora, è evidente che la ragione quale principio attivo non può don1inare totalmente la potenza appetitiva in un unico atto~ poichè la potenza appetiti va è predisposta in molte n1aniere a una nlolteplicità di oggetti, mentre il giudizio della ragione, mediante un atto, stabilisce che una data cosa è da desiderare secondo determinati motivi e cir-::ostanze. Perciò da questo fatto la potenza appetitiva non è dmninat.a totalmente, da indirizzarsi poi ordinariamente verso il medesimo oggetto, quasi per natura: come l'abito virtuoso richiede. Perciò l'abito della virtù non può essere prodotto da un atto unico, ma da rnùHL 1 Si deve poi notare che nelle potenze conoscitive e~ è un duplice soggetto passivo: il primo è lo stesso intelletto possibile; il secondo è queff intelletto che Aristotele chiama ;wssivo, 2 vale a dire la SEMBRA

i

Si tratta evidentemente delle virtù moralì, che !Sono esst>nzialmente "ahili

1'011suetwlinari, elle si a.cttuis!ano cioè, t> si l)erdono t·on la sola consuetucline o ripetizione di attl n {RonRE7., op. 1 lt., p. 139). (.-iu~ti al>iti, non avl•ncto una via l>c'll

determinata di arquisizione-. a. ron!iidera.rli ast1·attainente nella loro essenza, cioè lli certi abiti senza i nostri atti. 3. Se un abito viene infuso da Dio, con esso l'uorno plJÒ compiere molti atti. lVla uda quesl i atti viene prodotto un abito consimile n, a dire di Aristotele. Perciò ne seguirebbe che nel medesimo soggetto ci sarebbero due abiti della medesima specie, uno acquisito e l'altro infuso. E questo è impossibile: poicl1è due forme della medesima specie non possono trovarsi nel medesimo soggetto. Dunque nessun abito è infuso nell'uomo da Dio. IN coNTRAHIO: Sta scritto: u Lo riempirà dello spiril o di sapienza e d'intelletto n. Ma la sapienza e l'intelletto sono abiti. Quindi alcuni abiti sono infusi nell'uo1no da Dio. 2 RISPONDO: Alcuni abiti dell'uomo sono da attribuJrsi all'infusione di Dio, per due motivi. Primo, pcrchè alcuni di essi servono a disporre l'uomo a un fine che SUfH,ra la capaciUt della natura umana, e cioè all'ultima e perfetta beatitudine, di cui abbiamo già parSEMBRA

1 In sostanza la conclusione affermativa dell'articolo è oggetto di fede divina. Ecco infatti come si esprime il Concilio Tridentino: «In iusa iustificatione cum remissione pe.ccatorum hacc omnia simul inrusa accìpit homo per Jesum Christum. cui 1nseritur: fidem, spem et caritatem " !DE~Z., 800). - Per essere esatti, il Concmo volle evitare i termini abito e quarH(ì ~ e quindi a tutto rigore non è di fede che le virtù teol0!2'8.Ii siano abiti. Ma per chi è in condizione di classificare codeste vtrtù nelle suddette categorie, nessun duhbio può sussistere. Del resto è sentimento

GENESI O

FORMAZIO~E

DEGLI ABITI

71

passivurn, qui est ratio particularis, idest vis cogitativa cum memorativa et imaginativa. Respectu igitur primi passivi, potest esse aliquod activum quod uno actu totaliter vincit potentiam sui passivi: sicut una propositio per se nota convincit intellectum ad assentiendum firmiter conclusioni; quod quidem non facit propo. sitio probabilis. Unde ex multis actibus rationis oportet causari habitum opinativum, etiam ex parte intellectus possibilis: habitum antem scientiae possibile est causari ex uno rationiR actu, quantum ad intellecturn possibìlem. - Sed quantun1 ad inferiores vires apprehensivas, necessarium est eosdem actus pluries reiterari, ut aliqnid Ormiter memoriae imprimatur. Unde Philosophus, in libro De ltf emoria et Reminfscentia [c. 1, lect. 3], dicit quod spel'ienza ciel fatto è di una evidenza assoJurn.. ,\la giustiftca1·p razionalmente lo sviluppo di una qualità non è cosa altrettanto Sf!mplic. I tPntatiri dei filosofi non sono conco1·di, come vedremo. E S. Tomma~o sara c:ostretio a ricostruire con pazienza le basi metafisiche della vera solu1.ione. Il lettore è Drcp:ato di non lasciarsi frastornare da qualche esempio ingenuo t.ratto dalla ftsir.a antica: codesti esempi non possono 1

QUAESTIO 52 De augmento habituum tn tres arttculos dtr:tsa.

Deinde considerandum est de augmento habituum. Et circa hoc quaeruntur tria. Primo : utrum habitus augeantur. Secundo: utrum augeantur per additionem. Tertio: utrum quilibet actus augeat habitum. ARTICULUS 1 Utrum habitus augeantur. Infra, q. 66, a. 1; De Vtrtut., q. 1, a. 11; q. 5, a. 3; IO Etntc., lect. 3. AD PRIMUM SIC PROCEOITUR. Videtur quod habitus augeri non possint. Augmentum enim est circa quantitatem, ut dicitur in 5 Physic. [c. 2, lect. 4]. Sed habitus non sunt in genere quantitatis, sed in genere qualitatis. Ergo circa eos augmentum esse non potest. 2. PRAETEREA, habitus est perfectio quaedam, ut dicitur in 7 Physic. (c. 3, lect. 5]. Sed perfectio, cum importet finem et terminum, non videtur posse recipere magis et minus. Ergo habitus augeri non potest. 3. PRAETEREA, in his quae recipiunt magis et minus, contingit esse alterationem : alterari enim dicitur quod de minus calido fit magis calidum. Sed in habitibus non est alteratio, ut probatur in 7 Physic. [c. 3, lectt. 5, 6]. Ergo habitus augeri non possunt. SED CONTRA F.ST quod fides est quidam ·habitus, et tamen augetur: unde discipuli Domino dicunt: I'e con-vt~nienti anche se di verse; e quindi codesta disposizione può variare in pili o in meno, entro i limiti delfa salute. Perciò il Filosofo afferma, che u la salute ammette delle gradazioni: poichè l'equilibrio [degli umori] non è uguale in tutti, e non è sempre uguale in un medesilno soggetto; ma anche se dirninnito fino a un certo limite rimane sempre salute n. Ora, codeste diverse disposizioni relatlve alla salute sono l'una superiore, o inferiore all'altra: se quindi il termine salute fosse riservato alla sola disposizione piì1 perfetta, non si potrehbe parlare di una salute maggiore o rninore. Così abbiamo chiar·ito in che modo una qualità o uua forma è, per se stessa, passibile o meno di aumento e di diminuzione. Se invece eousideriamo qualità o forme come partecipale e inerenti a un soggetto, anche allora ti·oviamo che alcune sono passibili di gradazioni, e altre no. Simplicio fa dipendere questa diversità dal fatto che la sostanza per se stessa non ammette gradazioni, essendo un ente per se. E quindi qualsiasi forma venga ricevuta in un soggetto in maniera sostanziale non ammette anmento o diminuzio11e: i.nfatti nel gene.re di sostanza non si parla di gradazioni. E poichè la quantità è vicina alla sostanza, e la figura è legata alla quantità, anche in queste iion si ammetlono gradazioni. E quindi il Filosofo Ia notare che quando una cosa riceve forma o figura, non si dice che viene alterata, ma piuttosto che viene fatta. - Invece fo altl'e qualità, che sono più distanti dalla sostanza, e che sono connesse con le funzioni della passione e dell'azione, amn1eitono gral, idest quantum ad participationem formae specifìcac; e< sed si quidem quac cum materia", idest, secundum materiales dispoi?.itiones invenitur magis et minus in substantia. Alio modo potest contingere ex hoc quod ipsa indivisibilitas est de ratione formae: unde opertet quod, si aliquid participet formam illam, qnod participet illam secnndum rationes indivisibia Quest'ultima precisaziOne è ri110rtata solo per completare lJ sno stato di composizione con la rnate1•ia. I..c disposizioni del1a materia possono essere più o meno favorevoli a una forma specifica; ma la fot'ma specifica è o non è. (• Le gradaziont sono Jiossihili ppr il ratto rhe la materia parleripa la forma in maniera più o meno .Perfetta. Quindi, non la bianchezza. è passibile rtì gradazioni, ma la cosa btanea" (In 8 Metaph., c. 3, lect. 3, n. 1727).

LA SOMMA TEOLOG CCA,

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-II, q. 52, aa. 1-2

essi ogni specie è costituita da una u ità indivisibile. Lo stesso si dica delle varie specie della quantità continua nu1nericamente deter1ninate, p. es.i delle grandezze di d e cubiti, di tre cubiti, ecc. ; oppure dei null1eri correlativi, come l doppio e il triplo; ovvero delle misure geometriche, come il tr angolo, il quadrilatero, ecc. Aristotele accenna a questo argomen o, nel determinare il motivo per cui le figure non ammettono grad zioni: cc Le cose che attuano la nozione di triangolo, o di circolo, s mpre sono ugualmente triangoli e circoli n; questo perchè l 1 indi isibilità è implicita nel loro concetto, e quindi tutti i soggetti che ne partecipano sono costretti a parteciparne in maniera indivisibil . Ecco perciò chiarito perchè gli ab ti e le disposizioni, essendo, come Aristotele insegna, delle qualit · correlative a un dato ter· mìne, 1 possono ammettere delle gra azioni. E questo in due maniere. Primo) in se medesimi: e cio nel senso che diciamo maggiore o minore la salute, o la scienza, la quale può avere maggiore o 1ninore estensione. - Secondo, in apporto alla loro partecipazione o inesione in un soggetto: nel senso che un'uguale scienza, o un'uguale salute può essere ricev ta più in un soggetto che in un altro, secondo la diversa attitudin di natura o di assuefazione. Infatti l'abito e la disposizione non dànno la specie al soggetto: e nel loro concetto non implicano ìn ivisibilità. In che modo ciò si applichi alle vi tù, lo vedremo in seguito. SotUZlONE DELLE DIFFICOI.TÀ: 1. Co e la parola grandezza, che pure deriva dalla quantità rnaterial , è passata a indicare le perfezioni immateriali delle forme; cos' è avvenuto per la nozione di aumento) il quale termina appunto ella grandezza. 2. Certamente l'abito è una perfez one: tuttavia non è una per· fezione che segna un limite fisso de soggetto, dandogH, p. es., la sua natura specifica. E neppure inc ude la nozione di limite o di terinine, come le specie dei numeri. Dunque niente impedisce che possa avere delle gradazioni. 2 3. L'alterazione si riscontra diretta ente nelle qualità della terza specie. Invece può trovarsi soio ind rettamente nelle qualità della prima specie: infatti in seguito all'· terazione dal caldo al freddo, l'animale si altera da sano a malato. Parimente, in seguito a un'alterazione nelle passioni dell'appetit sensitivo o nelle potenze CO· noscitive sensibili, si produce un'al erazione nella scienza e nelle virtù, come nota Aristotele. ARTICO~O 2 Se gli abiti debbano a un'ag~iunta il loro aumento.

SEMBRA

che l'aumento degli abiti

Infatti: L C01ne abbiamo detto, il termin

fvvenga mediante un'aggiunta. aumento applicato alle forme

Chiarito come e pe1'(~hè in certe qual là non sono possibili le gradazioni, problema è sostanzialmente risolto. Gi· abiti non sono forme specifiche di ordine sostanziale: non implicano indìYisili lità net loro concetto. essendo qualità correlative; dunque Ilossono ammettere gr azioni. i

il

SVILUPPO DEGLI ABITI

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litatis. Et inde est quod species numeri non dicuntur secundum magis et minus: quia uuaquaeque species in eis constituitur per indivisibilem unitatem. Et eadem ratio est dc speciebus quantitatis continuae qnae secundurn numeros accipiuntur, ut bicubitum et tricubitum; et de relationibus, ut duplum et triplum; et de figuris, ut trigonum et tetragonum. Et hanc rationem ponit Aristoteles in Praedicarnentis [c. 6], ubi, assignans rationem quare figurae non recipiunt niagis et minus, dicit: : quia scilicet indi visibilitas est de ipsa eorum ratione, unde quaecumque participant rationem eorum, oportet quod indi visibiliter participent. Sic igitur patet quod, cnm habitus et dispositiones dicantur secundum ordinem ad aliquid, ut dicitur in 7 Physic. (c. 3, lectt. 5, 6); dupliciter potest intensio et remissio in habitibus et dispositionibus considerari. Uno modo, secundum se: prout dicitur maior vel 1ninor sanitas; vel maior vel minor scientia, quae ad plura vel pauciora se extendit. - Alio modo, secundum participationem subiecti: prout scilicet aequalis scientia vel vanitas magis recipitur in uno quam in alio secundum diversam aptitudinem vel ex natura vel ex consuetudine. Non enim habitus et dispositio dat speciem subiecto: neque iterum in sui ratione inclndit indivisibilitatem. Quomodo autem circa virtutes se habeat, infra [q. 66, a. 1) dicetur. AD PRIMU.M ERGO DlCENDUM quod, sicut nomen magniturlinis derivatur a quantitatibus corporalibus ad intelligibiles perfectiones formarum ; ita etiam et nomen augmenti, cuius terminus est magnum. AD SEClJNDUM DICENDUM quod habitus quidem perfectio est: non ta men talis perfectio quae sit terminus sui snbiecti, puta dans ei esse specificum. Neque etiam in sui ratione t.erminum includìt, sicut species numerornm. Unde nihil nrohibet quin recipiat magis est minus. Ao TERTIUM DICENDUM quod alteratio primo quidem est in qua1itatibus tertiae speciei. In qualitatibus vero primae speciei potest esse alteratio per posterins: fac'lt>-. enirn alteratione secundnm calidum et frigidum, sequitur animai alterari secnndum sanum et aegrum. Et similiter, facta alteratione secundum passiones appetitus sensitivi, vel secundum vires sensitivas apprehensivas, sequitur alteratio secundum scientias et virtutes, ut dicitur in 7 Physic. [c. 3, lect. 6J. 4

ARTICULL'S 2 Utrum habitus augeatur per additionem. li 11, q. 94,

a. 5;

ne

Vlrtut., q. 1. a. 11; q. 5, a. 3.

An SECUNDUM src PROCEDITUR. Videtur quod augmentum habituum fiat per additionem. Nomcn enim augmenti, ut dictum est [a. 11, a quantitatibus corporalibus transfertur ad formas. Sed in quantitaIn porhe paralo s. Tommaso ha riassunto stupendamente in questa soluzione la dottrina dell'articolo. II problema però è così complesso da offrire non poco lavoro ai commentatori di s. Tommaso e ai loro avversari. 2

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LA

SOM~lA

TEOLOGICA, I-II, q. 5?, a. 2

deriva dalla quantità 1nat.eriale. Ora, tra le quantità materiali non c è au1nento senza un 'aggiunta: infatti Aristotele scrive, che u aumentare è aggiungere a una grandezza preesistente n. Perciò negli abiti non c'è aumento senza un'aggiunta. 2. Un abito non può a1unentare senza un agente. ::\'la ogni agente produce qualche. cm;a nel so{lgetto paziente: chi riscalda, p. es., produce il calore nel corpo che viene riscaldato. Quindi non può esserci aumento senza un' agg-i unta. 3. Come una cosa non bianca è in potenza al bianco, così una cosa poco bianca è in potenza a un bianco più vivo. Ora, la cosa non bianca non diviene tale che con l'aggiunta della bianchezza. Perciò quella che è poco bianca non diviene più bianca che mediante l'aggiunta di altra bianchezza. lN coN"TnAmo: Il Filosofo scrive: u Un corpo caldo diviene più caldo, senza che si produca nella materia un calore nuovo, che non esisteva quando era meno caldo >>. 1 Dunque, per lo stesso motivo, anche nelle altre forme che aumentano non ci sono aggiunte. RISPONDO: I~a soluzione di questo problema dipende da quanto abbiamo detto. Infatti nell'articolo precedente abbiamo visto che lo sviluppo e la diminuzione delle forme soggette a codeste variazioni dipendono in primo luogo, non dalle forme considerate in se stesse, ma dal diverso modo con cui il soggetto ne partecipa. Perciò l'aumento di questi abiti, o forme, non avviene mediante l'aggiunta di una forma sull'altra; ma mediante la partecipazione più o meno perfetta di una data forma. E come quando un corpo si riscalda sotto l'azione di un principio caldo, sembra che cominci a pa.rtecipare dal niente la nuova forma, senza che ciò implichi la creazione della medesima, come Aristotele dimostra~ cosi quando r inftnsso dell'agente è più intenso, il corpo diviene più caldo, per· chè partecipa viù perfettamente di quella medesima forma, ma senza aggiungP,r niente alla forn1a stessa. :1 Infatti se codesto aumento si concepisce come un 'aggiunta, que~ sta potrebhe avvenire soltanto, o nella forma stessa, o nel soggetto di essa. Se avvenisse nella forma, codesta addizioue o sottrazione muterebbe .la s_pecie, secondo le spiegazioni date; come cambia la specie del colore, quando da giallo diviene bianco. - Se invece codesta aggiunta si attrihui~ce al soggetto, essa potrebbe concepirsi in due modi soltanto: o in quanto una parte del soggetto riceve la forma che prima non a veva come si dice che il freddo aumenta in un uomo perchè da una parte si estende alle alt re parti del corpo; o in quanto accanto al primo si aggiunge un secondo soggetto partecipe della medesima forma, come se a un rorpo caldo avviciniamo nn altro corpo ca1do, o a nna superficie bianca altra superfìrie dello stesso rolore. Però in questi (\ne casi non si dice rhe una Cl)Sa è più bia11ca o 11iù calda, rr1a so]o che è più estesa. Siccome però alcuni accidenti, come abhiamo dimostrato, aumen. tano per se stessi, in qualcuno l'aumento può avvenire per addizione. Infatti il moto aumenta mediante l'aggiunta di qualche cosa, 1

1

1 L'esempio, sehbe1w più \"Ottc ripetuto, non è certo troppo felice, percllè il calore peP l.1 sua mawriaJH.t è riducJbilc praticamente a un rtato quantitativo. Qul:'sto ed altri eserrtJ}i consimili non devono però far credere ai lettori del secolo XX che tutt.e le uualità si pnssano risolvere in dati numprici, come il calore in calorie. Specialmente non si possono rìdune in numeri le vir•tù intellettuali e mC\rali, dì rnf esplicitamente trattiamo.

SVILUPPO DEGLI ABITI

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tibus corporalibus non fit augrnenlum sin e additione: unde in 4 De Genera!. [c. 5, leet. 13] dicitur quod u augmentum est praeexistenti magnitudini a.dditamentum)) Ergo et in l1abitibus non fit augmentun1 nisi per additio11em. 2. PRAETEREA, habitus non augeniur nisi aliquo agente. Sed omne agens aliquid facit in snbiecto patiente: sicut calefaciens facit calorem in ipso calefacto. Ergo non potest esse augmentum nisi nliq ua fìat additio. 3. PRAETI~REA, sicut id quod non est album, est in potentia ad album; ita id quod est n1inus album, est in potentia ad magis album. Sed id qnod non est album, non fit album nisi per adventum albedini8. Ergo id quod est minus album, non ftt rr1agis album nisi per aliquam aliam albedinem supervenientem. SED co.'.'ITRA :EST quod Philosophns dicit, in 4 Physic. [c. 9, lect. 14]: ((Ex ca.lido fit magis calidum, nullo facto in materia calido, quod non esset calidum quando erat minus calidum >), Ergo, pari ratione, nec in aliis formis quae augentur, est aliqua additio. IlESPONmm n1cE1'DU.M quod huius quaestionis solutio dependet ex praemissa. Dictum est enim supra [a. 1) quorl augmentum et din1inutio in formis quae intenduntur et remittuntur, accidit uno modo non ex parte ipsius formae secundum se consideratae, sed ex diversa participatione snbiecti. Et ideo huiusmodi augmentum habitnum et aliarum formarum, non fìt per additionem formae ad forrnam; sed fìt per hoc quod subiectum rnagis vel minus per fecte participat unam et eandem formam. Et sicut per agens quod est actu, fit aliquid actu calidum, quasi de novo incipiens participare formam, non quod fiat ipsa forma, ut probatur 7 Metaphys. [cc. 8, 9; lectt. 7, 8]; ita per actionem intensam ipsius agentis efftcil ur magis calidum, tanquam perfectius participans formam, non tanquam formae aliquid addatur. Si enim per additionem intelligeretur huiusmodi augmentum in formis, hoc non posset esse nisi vel ex parte ipsius formae, vel ex parte snbiecti. Si autem ex parte ipsius formae, iam [a. 1] dictum est quod talis additio vel subtractio speciem variaret; sicut variatur species coloris, quando de pallido fit album. - Si vero huinsmodi a.dditio intelligatur ex parte subiecti, hoc non posset esse nisi vel quia aliqna pars subiecti recipit formam quam prius non habehat, ut si dicalur frigus crescere in homine qui prius frigebat in una parte, quando iam in pluribus partibus friget: vel quj'.:!. .:tiiquod alind subiectum additur participans eandem formam, sicut si calidum adiungatur calido, vel album albo. Sed secundum utrumque istorurn duorum modorum, non dicitur aliquid magis album vel calidum, sed maius. Sed quia quaedam accidentia augentur secundum seipsa, ut supra [ibid.1 dictum est, in quibusdam eorum fieri potest augmentum per additionem. Augetur enim motus per hoc quod ei aliquid 2

((Per capire come ciò sia possibile, restando identica l'entit.à della forma, bisogna considerare l' inrlole creua causa formale. Infatti la torma produce l'effetto formate, cioè ne causa l'entità, in quanto la causa efficiente glielo fa causare, cioè in quanto µ:getto, ne s~guirebbe nI e si definisce mediante il soggetto in cui si trova. Se, dunque, un abito non pnò aumenlare nè diminuire per se stesso, non poh·à de:·an! riport.ati ùa S. Ag-o:;tino. 2 Il prof>lema è meno facile di quanto possa sembrare a prima vista, specialmente per gli allltt di scienza. Infatti quanùo uno studioso, partendo dal princtpii della rwop1·ia disciplina. esµIora tutto lo scibile che rientra nelle sue pro1-'ipcthn), gli orizzonti si dilatano al\' inbe forse anche concedere una certa relatività in pro· posito. InfatU un principio di sciem:a non Ila la medesima vit·tualità reale in tutte le intelligenze. E quindi mentre un grande ingegno è capace di afferrare virtuaJment-0 tutte le diramazioni di una data disriplina nella forza di un unico principio_ intelligenze più modeste hanno bisogno di accorciare le dlstanzc con abiti più circoscritti. Di qui la tendenza dei meùiocrl a costituire scienze più specializzate.

112

LA SOM\IA TEOLOGICA, 1-ll, q. 54, a. 4

2. Le parti ~ittribuife alle singole virtl1 cardinali non sono parti integranti, cioè parti costitutive di un tutto; ma parti subiettive o potenziali. come spiegheremo in seguito. 1 3. Chi in una da.tu dh;ciplina acquista la scienza di una conclusione mediante il ragionamento, possiede l'abito scientifico, però imperfetta mente. E (JllHllÙo acquista con nna dirnostrazione ·1a scienza di una seconda conclusione, non si produce in lui un secondo abito; ma l'ahHo ('lit• [>Yimn Prfl impeJ'fetro si perfeziona, estendendosi a un nurnero maggiore di oggel li: 1wichè le conclusioni e le dimostrazioni di un' nnica scienza sono tra 101·0 ordinate, e l'una deriva dall'altra. t Le muti inf1'.Qrnh o inlf',!!1•anti sono quegli e1eme-nli indispensabili a costitnirfl l'atto perfetto di uua virtù. U puclor·e e il decoro, p. es., accompagnano ogni atto di temperanza. L~ pai•tì sub'iP.ttWe sono invece le varie specie di una \·irtù. - Lu parH polm1ziaii sono nrtù agg·iunle, ordinat~ ad operazioni similari che non raggiungono il grado della virrn principale, alla quale predispongono. La J)azienza, p. es., J)a1•te potenziale della fortezza, dispone al martirio che ne è ratto prim. ip.ali·~sfmo (cfr. Il-il, q. 4S, a. 1). I.a dipendenza però è qui solo ccn-

DISTI~ZIO~E

DEGLI ABITI

113

Ao SECUDV!\f DlCENOUM qnod oarles quae singulis virtutibus cardinalibus assignantur, non sunt partes integrales, ex quibus constituatur totum: sed partes subiectivae sive potentiales, ut infra [q. 57, a. 6, ad 4; Il-II, q. 48~ pat.ebit. An TERTIUM DICENDU:\1 quod ille qui in aliqua scientia acquirit per demonstrationern scientiam conclusionis unius, habet quidem habitum, sed imperfecte. Cum vero acquirit per aliquam demonstrationem sr.ientiam conclusionis alterius, non aµ:µ:eneratur in eo alius habitus; sed haldtus qui prius inerat nt. perfectior, utpote ad plura se extendens; eo quod conclusiones et demonstrationes unius scientiae ordinatae sunt, et una derivatur ex alia. cettuale. rioè rispetto alla modalità spceifica che costituisce la virtù prlncipaw e raccoglie il gruppo delle virtù annesse, non già nell'ordine r-f'ale f' causale. L·umUtà, p. es., é parto potenziale della temperanza, percllè frf'narc la l>rama della propria PCt:eUcnza implica mt>no dinlcoltà immediata c11e la repressione ragionevole degli appetiti ftsiologici, in cui è impegnata la suddetta virtù cardinale. Ma la virtù delt 'umiltà ~ mo Ho superiOre alla virtù della tern_pe:ranza, come Vfdremo (cfr. 11-11. q. 1.61,

a. :>).

QUESTIONE 55 La virtù neUa sua essenza. Veniamo ora a parlare degli abiti in particolare. E poichè essi si distinguono, eome abbiamo \·isto, in base all'opposizione tra bene e male, prima tratteremo degli abiti buoni, ossia delle virtù e di altre disposizioni affini, quali sono i doni, le beatitudini, e i frutti [dello Spil'ito Santo]; e poi degli abiti cattivi, cioè dei vizi e dei peccati. · A proposito delle viri ù si devono considerare cinque argomenti: primo, l'essenza della virtù; seeoudo, la sede di essa; terzo; la di\'isi011e delle virtù ; quarto, la loro causa; quinto, alcune loro proprietà. 1 Sul pI'imo si pongono quat1ro problemi: 1. Se le virtù umane siano abiti ; 2. Se siauo abiti operativi; 3. Se siano abiti buoni; 4. La definizione della virtù. AHTICOLO 1

Se le virtù umane siano abiti.

virtù umane non siano abiti. Infatti: 1. Come sj esprime Aristotele, la virtù è u l'ultimo termine della p0tcnza n. Ora, in ogni genere di cose l'ultima rientra nel genere cni appartiene come ultima,: il punto, p. es., rientra nel genere della linea. Dunque le virtù rientrano nel genere delle potenze, e non in quello degli abiti. 2. S. AgostillO insegul. Et Philosophus dicit, in 2 Ethic. [c. 6, lect. 6], quod n virtus est quae bonum facit habentem, et opus eius bonum reddit n. RESPO~DEO DICENDUM quod, sicut supra [a. 1) dictum est, virtus importat perf ectionem potentiae: un de virtus cuiuslibct rei determinatur ad ultimum in quod res potest, ut dicitur in I De Caelo [c. 11, lect. 25]. Ultimum autern in quod unaquaeque potentia flOtest, oportet quod sit bonum: nam omne malum defectum quendam importat; unde Dionysius dicit, in 4 cap. De Div. Nom. l)ectt. 22. 23], quod omne malum est (( inffrmum ». Et propter hoc oportet quod virtus cuiuslibet rei dicatur in ordine ad bonum. Unde virtus humana, quae est habitus operativus, est bonus habitus, et boni operativus. AD PRIMUM ElWO DICENOUM quod sicut perfectum, ita et bonum dicitur metaphorice in malis: dicitur enirn et perfectus fur sìve latro, et bonus fur si ve latro; ut patet per Philosophum, in 5 Metaphys. [c. 16, lect. 18]. Secundum hoc ergo, etiam virtus metaphorice in malis dicitur. Et sic « virtus peccati ii dicitur lex, inquantum scilicet per legem occas1onaliter est peccatum augmentatum, et quasi ad maximum suurn posse pervenit. An sECt:NDt:\.t DtCENDUM quod malum ebrietatis et nimiae potationis, consistit in defectu ordinis ral ionis. Contingit autem, cum defectu rationis, esse aliquam potentiam inferiorem perfectam ad id quod est sui generis, etiam cum repugnantia vel cum defectu 1

tivo già perfetto, ne segue che in forza delle propt'ie \"htù oµ:ni essere è buono in se stesso e neJJe sue operazioni" (ln 1 Ethfc., lel't. 6, n. 308).

122

LA SOl\'lMA TEOLOGICA; l-II, q. 55, aa. 3-4

gnata da un difetto della ragione, non può essere co11siderata una virtù umana. 3. I.a ragione si ri rela tanto più perfetta, quanto è più capace di vincere, ossia di sopportare, le infermità del corpo e delle fa· coltà inferiori. Perciò la virtù uruana, che va attribuita alla ragione, «ha la sna perfezione uelle infermità n, non della ragione, bensl del corpo e delle potenze inferiori. ARTICOLO 4

Se la virtù sia ben definita.

che non sia buona la definizione che si è soliti dare della virtù, e cioè: ((La yirtù è una qualità buona della mente umana, con la quale rettamente si vive, e di cui nessuno inalamente usa, e che Dio produce in noì senza di noi>>. Infatti: 1. La viri ù è la boutà di un uomo: poichè ((rende buono chi la possiede n. Ora., la bontà non può dirsi buona; come la bianchezza non è bianca. Duuque non sta bene l'affermazione che la virtù è ({una qualità buona n. 2. t;na differenza non può essere più estesa del suo genere: essendo una suddivisione del gl'nere. Ora, la bontà è più estesa della qualità~ infatti il bene coincide con Pente. Ounque la bontà non deve entral'e nella deftuizione della virtù curne differenza della qualità. 3. ::::.. Agostino scrive: ({ QnmuJ.o troviamo che un elemento non è comune a noi e. alle bf~stie, esso appartiene all'anima». Ora, certe virtl1 appartengono anclH· alle facoltà inferiori, come il Filosofo dinrnstra. Perciò nm1 t ulk le virti'1 Rmto buone qualità a della mente n. 4. La rettitudine fa pnrle della giustizia: difatti le stesse persone si dicono insirme rette e giust(~ . .:Via la giustizia è una specie della vjrtù. :Non è, dnnque, a pror;osito mettere la rettitudine nella definizjone della Yirtù, nell'espressione e< con la quale si vive rettamente n. 5. Chiunque s;' insuperbisce di una cosa, ne usa male. Ma sono molti quelli che s'insuperbiscono della virtù: infatti .s. Agostino afferma, che "la superbia tende insidie anche alle opere buone, pfrf renderle vane n. Quindi è falso che stn.

QUAESTIO 56 De subiecto virtutis tn sex articutos dìvtsa.

Deinde considerandum est de subiecto virtutis. Et circa hoc quaeruntur sex. Priino: utrum virtus sit in potentia animae sicut in subiecto. Secundo: utrum una virtus possit esse in pluribus potentiis. Tertio: ulrum intellectus possit esse subiectum virtutis. Quarto: utrum irascibilis et concupiscibilis. Quinto: utrum vires apprehensivae sensitivae. Sexto utrum voluntas. ARTICULUS 1 Utrum virtus sit in potentia animae sicut in subiecto. 3 Sent., d. 33, q. 2. a. 4., qc. 1; De

Vtrtut., q.

1, a. 3.

AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod virtus non sit in potentia animae sicut in subiect.o. Dicit enim Augustinus. in 2 De Lib. arbit. [c. 19), qnod « virtus est qua recte vivitur n. Vivere autem non est per potentiam animo.e, sed per eius essentiam. Ergo virtus non est in potentia animae, sed in eius esscntia. 2. PRAETEREA, Philosophns dicit, in 2 Ethic. [c. 6, lect. 6]: (( Virtus est quae bonum facit habentem, et opus eius bonum reddit n. Sed sicut opus constitnitur per potentiam, ita habens virtutem constituitur pe1 essentiam animae. Ergo virtus non magis pertinet ad potentiam animae, quam ad eius essentiam. 3. PRAETEREA, potentia est in secunda specie qualitatis. Virtus autem est quaedam qualitas, ut supra (q. 55, a. 4) dictum est. Qualitatis auten1 non est qualitas. Ergo virtus non est in potentia animae sìcut in subiecto. SED CONTRA, « virtus est ultimum potentiae l>, ut dicitur in 4 De Caelo [c. 11, lect. 25]. Sed ultimum est in eo cuius est ultimum. Ergo virtus est in potentia animae. RESPO;\;DEO mcENDUM quod virtutem pertinere ad potenliam ani. mae, ex tribus potest esse manifestum. Primo qnidem, ex ipsa ratione virtutis, quae importat perfectionem potentiae: perfectio autem est in eo cuius est perfcctio. - Sccundo, ex hoc quod est habitus operativus, ut supra [q, 55, a. 2] dìctum est: omnis autem operatio est ab anima per aliquam potentiam. Tertio, ex hoc quod disponit ad optimum: optimum autem est finis, qui vel est operatio rei, vel alìquid consecutnm per operationem a potentia egredientem. Unde virtus humana est in potentia animae sicut in subiecto. AD PRIM:UM ERGO DICENDDM quod vivere dupliciter sumitur. Quan~ 2 Gli oJementi di questa distinzione li troviamo in A1·iJ:1to1e1e a proposito della. definizione dell'anima come principio di vita (.2 De Antma, cr,. 2, 4.l.

1!}()

L.\ SOML\lA TEOLOGICA, 1-ll, q. 56, aa. 1-2

si dìce vivere l'essere stesso di un vivente: e in questo caso appartiene all'essenza dell'anima, clie nel vivente è il principio dell'essere. Altre volte per viYere s'intende l'operazione di un vivente: e jn questo caso si vive rettamente con la virtù, in quanto con essa uno rettamente agisce. 2. La bontà o si attribuisce al fine, o a ciò che è ordinato al .fine. Perciò, siccome il bene di chi opera consiste nell'operare, anche l'attitudine deUa virtù a rendere buono l'operante si riferisce all'operazioue, e quindi alla potenza. 3. Si può dire che un accidente è il subietto o la sede di un altro accidente, non nel senso che possa sostentarlo: ma perchè un accidente può risiedere in una sostanza 1nediante un altro accidente come il colore, il quale è nel corpo mediante la superficie; e quindi la superficie si dice che è la sede o il subietto del colore. E cosi che le potenze dell'anima sono sede delle virtù. ARTICOLO 2 Se una virtù possa risiedere in più di una potenza.

SEMBRA che una virtù possa risiedere in due potenze. Infatti: 1. Gli abiti sono conosciuti mediante i loro atti. Ora, un atto può derivare diversamente da diverse potenze: il camininare, p. es., deriva dalla ragione che dirige, dalla volontà che muove e dalla potenza locomotiva che lo eseguisce. Dunque un abito virtuoso può risiedere in diverse potenze. 2. Il Filosofo insegna che per la virH1 si richiedon.o tre cose, cioè ((sapere n, u volere>> e «operare con fermezza n. Ma sapere spetta ali' intellettoJ volere invece alla volontà. Quindi una virtù può trovarsi in più d'una potenza. 3. La prudenza risiede nella ragione: essendo, come dice Aristotele, ((la retta ragione dell'agire >l. Ma si trova pure nella volontà: poiché, come nota il medesimo, essa è incompatibile con una volontà perversa. Perciò una virtù può risiedere in due potenze. lN coNTRi\RIO: La virtù ha come sede, o subietto, qualche potenza dell'anima. Ora, il medesimo accidente non può risiedere in più subietti. Dunque una virtù non può trovarsi in più di una potenza dell'anima. 1 RISPONDO: La presenza di una qualità in due soggetti st può concepire in due modi. Primo, a. pariià di condizioni nell'uno e nel1'altro. E allora è ilnpossihile che una virtù si trovi in due potenz~ in questo modo: poichè la distinzione delle potenze si desume dalle differenze generiche degli oggetti, mentre la distinzione degli abiti si desume da quelle specifiche; perciò se e' è una distinzione di potenze ci sarà pure una distinzione di abiti, sebbene non viceversa. Secondo, una qualità può trovarsi in due o più soggetti non a parità di condizioni, ma secondo un certo ordine. E allora - una virtù può appartenere a più di una potenza, così da trovarsi in 1 Sebbene l'argomento sia impostaw su un principio inoppugnabile («il medesiluo accidente non DUò risiede:re in pi\\ soggetti .. ). tuttavia. ha un valore sol-

LA 8EDE DELLE VI HTù

131

doque enim dicitur vivere ipsum esse viventis: et sic pcrtinet ad essentiam animae, quae est viventi essendi principium. Alio modo vivere dicitur operatio viventis: et sic virtute recte vivitur, inquantum per eam aliquis recte operatur. AD SECUNDUM DICENDUM quod bonum vel est finis, vel in ordine ad finem dicitur. Et ideo, cum honurn operantis consistat in ope· ratione, hoc etiam ipsum quod virtus facit operantern bonum, refertur ad operationern, et per consequens ad potentiam. AD TERTIUM DICENDUM quod unum accidens dicitur esse in alio sicut in subiecto, non quia accidens per seipsurri possit sustentare ali ud accidens: sed quia unum accidens inhaeret substantiae mediante alio accidente, ut color corpori mediante superficie; unde superficies dicitur esse subiectum coloris. Et eo modo potentia animae dicitur esse subiectum virtutis.

ARTICULUS 2 Utrum una virtus possit esse in pluribus potentiis. Infra, q. 60, a. 5: 4 Sent., d. 14, q.

t,

a. :i, qc. 1 ; De Verti., q. 14, a. 4, ad 7.

Videtur quod una virtus possit esse in duabus potentiis. Habitus enim cognoscuntur per actus. Sed unus actus progreditur diversimode a diversis potent.iis: sicut am~ bulatio procedit a ratione ut a dirigente, a voluntate sicut a movente, et a potentia motiva sicut ab exequente. Ergo etiam unus habitus virtntis potest esse in pluribus potentiis. 2. PRAETEREA, Philosophus dicit, in 2 Ethic. [c. 4, lect. 4], quod ad virtutem tria requiruntur, scilicet uscire, velle et immobiliter operari )), Sed scire pertinet ad intellectum, velle ad voluntatem. Ergo virtus potest esse in pluribus potentiis. 3. PnAETEREA, prudentia est in ratione: cum sit (( recta ratio agihilium n, ut dicitur in 6 Ethic. [c. 5, lect. 4]. Est etiam in voluntate: quia non potest esse cum voluntate perversa, ut in eodem libro [c. 12, lect. 1O] dicitur. Ergo una virtus potest esse in duabus potentiis. SED CONTRA, virtus est in potentia anirnae stcut in subiecto. Sed idem accidens non potest esse in pluribus subiectis. Ergo una virtus non potest esse in pluribus potentiis animae. RESPO::SDEO DJCENDUM quod aliquid esse in duobus, contingit dupliciter. Uno modo, sic quod ex aequo sit in utroque. Et sic impossibile est unam virtutem esse in duabus potentiis: quia diversitas potentiarum attenditur secundum generales conditiones obiectorum, diversitas autem habituum secundum speciales; unde ubicumque est diversitas potentiarum, est diversitas habituum, sed non convertitur. Alio modo potest esse ali quid in d uobus vel pluribus, non ex aequo, sed ordine quodam. Et sic una virtus pertinere potest ad plures potentias; ita quod in una sit principaliter, et se extenAD

SECUNDUM SIC PROCEDITUR.

tanto dialettico. come d'ordinar10 avviene p~r gli argomenti tn contrarto. Nel caso il principio è troppo generico, e non si adegua perfettamente alla complessità del problema.

una di esse in maniera principale, e nelle altre per estensione o come predisposizione; in base alla mozione che una potenza esercita sull'altra, o al fatto che l'una riceYe qualche cosa dell'altra. 1 SOLUZIO:-.:E DELLE. DiFFICOLTÀ: 1. Il medesimo atto non può appartenere a potenze diverse a pariht di condizioni: ma può loro appartenere secondo ragioni diverse e secondo un ordine differente. ~. Il sapere è un 1u·erequisito della virtù morale, in quanto una Yirtù moralB agisce secondo la reUa ragione. Ma essenzialmente la virtù murale consiste in un fatto appetitivo. 3. Sostanzialmente, come vedremo, la prudenza risiede nella ragione: n1a presuppone, quale sno principio, la rettitudine della v~lontà.

AHTICOLO 3 Se l'intelletto possa essere sede di virtù. 2

SE:vIBRA

che l'intelletto non sia sede di virtù. Infatti:

1. S. Agostino insegna che ogni vitti1 è amore Ora, l'amore non

risiede nell' intelletto, ma soltanto nelle potenze appetitive. Dunque nessuna virtù risiede nell'intelletto. 2. La virtù, eome abbiamo dirnostrato, è ordinata al bene. Però il bene non è oggetto dell' inteHetto, ma delle potenze appetitive. Quiudi sede delle virtù non è 1' intelletto, ma la potenza appetitiva. 3. A dire del Filosofo, cc la Yirt ù rende buono chi la possiede n. Ora, labito ehe perfeziona I' inl elleUo non rende buono chi lo possiede: infatti un uomo non si dicl.:l buono per la sua scienza o per la sua arte. Dunque l' inlellelto non è 8ede delle virtù. l~ coNTHARIO; Jl.lente si dice in modo specialissimo dell'intelletto. Ora, soggetto proprio delle vìrtiJ è la mente, com'è evidente dalla definizione ri1wrtata sopra. Dunque l'intelletto è sede delle virtù. RISPONDO: La. virtù, come ahhiarno detto, è un abito che serve a ben operare. Ora. un abito pnò essere ordinato a ben operare in due maniere. Primo, in quanto codesto abito conferisce a un uomo la sola capacità di compiere bene degli atti: l'abito della grammatica, p. es., dà a un uomo la capacità di parlare correttamente. l\ila la grannnatica non fa sì che egli parli sempre correttan1enf e: infatti un µ-ramrnatico può anche permettersi dei barbarismi o dei solecismi. Lo stesso si dica. delle altre scienze o arti. Secondo, in quanto un abito nlin solo dà la capacità di agire, ma anche quella di usare hcne di codesta capacità: la giustizia, p. es., non soltanto fa sì che un uomo sia di pronta volontà nel comr>iere r.ose giuste, ma fa sì che agtsca, secondo giustizia. 1 I due casi si trovano escmpWirali r1srmtllvamente nell'a. 4, come estensione, e nen·a. 5 come 11r·edisposlzìone. 2 E c1uesto l'articolo centrate per la. distinzione tra Je virtù intellettuali e le virtù morali. Qui s. Tommaso approfondisce n [)rohlema. analizzando l'aspetto lntellettualislico e quello volonte1·1srico dHl'a!("ire umano. - Per comprendere appieno limportanza della soluzione, si deve tener presente ìt primo articolo della q. 9 deUa I-li. d(>ve sono analizzali i dU> [A ugust., tract. 26, In Joan.]. - Intellectus vero practicus est subiectum prudentiae. Cum enim prudentia sit recta ratio agibilium, requiritur ad prudentiam quod homo se bene habeat ad principia huius rationis agendorum, quae snnt fines; ad quos bene se habet homo per rectitudinem voluntatis, sicut ad principia speculabilium per naturale lumen intellectus agentis. Et ideo sicut subiectum scientiae, quae est ratio recta speculabilium, est intellectus speculativus in ordine ad intellectum agentem; ita subiectum prudentiae est intellectus practicus in ordine ad voluntatem rectam. AD PRJMUM ERGO DICENDUM quod verbum Augustini intelligendum est de virtute simpliciter dieta: non quod omnis talis virtus sit simpliciter amor ; sed quia dependet aliqualiter ab amore, inquantum dependet a voluntate, cuius prima affectio est amor, ut supra (q. 25, aa. 1, 2, 3; q. 27, a. 4; I, q. 20, a. 1] dictum est. AD sEcUNDUM DICENDUM quod bonum uniuscuiusque est finis eius: 1

Questo amore è la carità, rta cui deriva ogni virtù «propriamente detta"·

1:16

1.A

~f>:\DlA

TEOL(H;lCA, 1-11, q. 56, aa.. 3-i

fine dell' intdh·tto il \'ero, conoscere il vero è Patto buono dell' intelletto. Qui11di l'abito che dà perfezione all'intelletto con la conoscenza. de} vero, sia in campo speculativo che in campo pratico, si dice virtù. 3. l/argomento è \'alido; se si tratta della virtù in senso assoluto.

Se

r

AHTICOLO 4 irascibile e il concupiscibile possano essere sede di virtù. 1

SEMBRA che l' irasdbiJe e il concnpiscibile non possano essere sede di virili. Infatti: 1. Codeste facoltà sono comuni a noi e ai bruti. Invece noi ora parliamo delle virtù proprie dell' norno, rio è delle virtù umane. Perciò le -virtì1 umane non possono risiedere nell'irascibile e nel concupiscihile, che sono potenze delPappetito sensitivo, secondo le spiegazioni date nella Pri1na Parte. 2. L'appetilo sensitivo è una facoltà organica. Ora, il bene della virtù nou µuò trovarsi nel rorpo dell'uomo; infatti l'Apostolo afferma: e< Io so bene che non abita in me, cioè nella inia carne, il bene n. Dunque un appetito Sf~nsitivo non può essere sede o subietto di virtù. fl. S. Agostino dimostra che la virtù non è nel corpo, ma nell'anima, dall'essere il corpo retto dall'anima: il fatto quindi che uno usi hene del corpo va attri1Juito totalmente all'anima; ((come se un cocchiere conducesf!e sulla strada giusta i cavalli, seguendo le mie inOtentia ad agendum, ibi indiget potentia habitu perficiente ad ùene agene di somma importanza, pur essendo ristretta in bero lunghe riflessioni e non pochi commenti.

poch~

parole, le quali meriterPb-

144

LA

SO.M~iA

TEOLOGICA, I-II, q. 56, a. 6

e cioè di una virtù, quando a ciò non sia sufficiente la sua stessa natura. Ora, la natura propria di ciascuna potenza si desume dall'oggetto. Perdò, ayendo noi già dimostrato che oggetto della volontà è il bene

  • i I Vf'ro e il falso. Quindi, come insegna Aristotele, esse non sono \'irf ù intelleU uali.

    AHTICOLO 3

    Se gli abiti intelletf,uali delle arti o mestieri siano virtù.

    che gli nlJiti intelJef!uali delle arli o mestieri non siano virtù. Infatti: 1. S. Agostino insegna che 'mpiersi medimde il corpo, e che sono in qualche modo servili, in quanto il corpo è sottoposto all'anima come schiavo, n1entre l'uoruo in forza dell"a.uirna è libero. Invece le scienze che non sono ordinate a nessm1'overa, si dicono semplicemente scienze., non giii arti. ~la per il fatto che le arti liberali sono più nobili, non (.l; dci to che ad esse convenga di più la natura di arti.

    1 Pùr potere .~curifl(fco ctpJl'm1ima s'intende la capacità dell' intellctt.o umano dì l!'iungere a {'OTlrudenza è fatta per ben consigliarsi 11 nel deliberare. -:\la. uno può agire anche dietro un buon èonsiglio di altri. Perciò non è nec:essario che uno per ben vivere al)bia eidi stes:::o la prudrudenza è ricordata tra le vittù necessat·ie alla vita umana, là dove si dice della divìna sapienza: u Insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla c'è di più utile in vita agli uomini». RrSPONHO: La prndet1za è una virt u sommam.en1e necessaria per Ja vita umana. Infatti il ben YiYere consiste nel ben operare. 1\Ia perchè uno operi bene non si de'\ie considerare solo quello che compie, ma in che modo lo compie ; e cioè si richiede che agisca non per un impeto di pas.sioue, ma seguendo un'opzione retta. E poiehè l'opzione, o elezione, ha per oggetto i mezzi indirizzati a un fine, la rettitudine dell'opzione richiede due cose: il debito fine, e i mezzi ad esso proporzionati. Ora, un uomo viene ben orientato al debito fine da quelle virtù che ornano la parte appetitiva del1' anima, la quale ha per oggetto il bene e il fine. Invece la buona predisposizione di un umno rispetto ai mezzi richiede il diretto intervento di un abito della ragione: poichè deliberare e scegliere, atti avenli per oggttto i mezzi, appartengono alla ragione. Perciò è necessario che tiella ragione vi sia una virtù intellettuale, che le. conferisca una predisposizione retta nei riguardi dei mezzi ordinati al fine. E codesta virtù è la prudenza. Dunque la prudenza 0 una virtù neces~aria a hen viv(lre. 1 SOLUZIO~E DELLE DlFFlCOLT.~: 1. La bontà nel campo delle arti non risiede neir artefice, ma uei suoi prodotti, essendo l'arte la retta norma deHB cose da farsi: infatU il facimento, essendo un'azione transith·a, non è perfezione di chi produce, ma del prodotto, come iI moto è l'alto dcl soggetto poRto in movimento; e l'arte ha per oggetto le cos.e fattibili. Ma il bene della prudenza appartiene all'ageute medesimv~ che ottiene la slia perfezione proprio nell'agire: infaHi la prudenza è la retta norma delle azioni da compjere, come abbiamo detto. Perciò nell'arle non si richiede il ben operare del1' artefìce, ma la sola bontà del suo prodotto. Piuttosto si richiederebbe il ben operare dAl prodotto rr1edesimo, e cioè elle il coltello tagliasse bene, o che la sega segasse bene; se invece di essere cose da adoperare, niancando loro il dominio dei propri atti, fossero capaci di adoperarsi. Quindi l'arte non è rid1ìesta al ben vivere dell'artigiano medesinw; ma _!:.;olo per costruire e per conservare un buon prodotto. IIIvr,·e la prudenza è necessaria all'uomo per viver bene, e non soltaiito per diventar buono. 2. Quando un umno compie i1 bene mosso dall'altrui consiglio, e non dal proprio, la sua operazione non è del tL1tto perfetta, rispetto alla ragione e all'appe.t ito (;hiamati a dirigerlo e a muo\"erlo. Perciò anclie se opera il bene, non l'opera proprio bene in modo asEloluto, come richiederebbe il ben vivere. 2 1 St dev~ notare 11ui che tutta la forza àcll'argom~nto consiste nel mettere in evidenza la suhorcfinazione dell'agire nma.no dalla lihera scelta della ragione. l4a somma importanza rlella virtù d.ella rirucJenza sta nel fatto che la ragione regolata dalla prud~nza è la prima radice {lell'elezione, sebbene l'atto della stelta

    LE VIRTÙ INTELLETTUALI

    161

    semper dicere verum, et nunquarn falsum. Sed hoc non videtur contingere secundum prudentiam: non enim est hurnanum quod in consiliando de agendis nunquam erretur; cum humana agibilia sint contingentia aliter se habere. Unde dicitur Sap. 9, 14. u Cogitationes mortalium timidae, et incertae providentiae nostrae n. Ergo videtur quod prudentia non debcat poni intellectualis virtus. SED CONTRA EST quod Sap. 8, 7, connumeratur aiiis virtutibus necessariis ad vitam humanam, cum dicitur de divina sapientia: u Sobrietatem et prudentiam docet, iustitiam et virtutem, quibus utilius nihil est in vita hominibus ». REsPoNDEO DICENDUM quod prudentia est virtus maxime necessaria ad vitam humanam. Bene enim vivere consistit in bene operari. Ad hoc autem quod aliquis bene operetur, non soium requiritur quid faciat, sed etiam quomodo faciat; ut scilicet secundum electionem rectam operetur, non soium ex in1pctu aut passione. Cum autem electio sit eorum quae sunt ad finern, rectitudo eiectionis duo requirit: scilicet debitum finem; et id quod convenienter ordinatur ad debitum finem. Ad debitum autcm finem homo convenienter disponitur per virtutern quae perftcit partem animae appetitivam, cuius obiectum est bonurn et finis. Ad id autem quod convenienter in finem debitum ordinatur, oportet quod homo directe disponatur per habitum rationis: quia consiliari et eligere, quae sunt eorum quae sunt ad fincrn, sunt actus rationis. Et ideo necesse est in ratione esse aliquam virtutem intellectualem, per quam perficiatur ratio ad hoc quod convenienter se habeat ad ea quae sunt ad ftnem. Et haec virtus est prndentia. Unde prudentia est virtus necessaria ad bene vivenduni. AD PRIML'M: ERGO mcENDUM quod bonum artis consideratur non in ipso artifice, sed magis in ipso artificiato, cum ars sit ratio recta factibilium: factio enim, in exteriorem materiam transiens, non est perfectio facientis, sed facti, sicut motus est actus mobilis; ars autem circa factibi1ia est. Sed prudentiae bonum attenditur in ipso agente, cuius perfectio est ipsum agere: est enim prudentia recta ratio agibiliurr1, ut dictmn est [a. 4]. Et ideo ad artem non reqniritur quod artifex bene operetur, sed quod bonum opus faciat. Requireretur autcm magis quod ipsum artificiatum bene operaretur, sicut quod cultellus bene incideret, vel serra bene secaret ; si proprie horum esset agere, et nou magis agi, quia non habent dominiuin sui actus. Et ideo ars non est necessaria ad bene vivendum ipsi artifici; sed solum ad faciendum artificiatum bonum, et ad conservandum ipsum. Prudentia autem est necessaria homini ad bene vivendum, non solum ad hoc quod flat bonus. AD SECUNDUM DICENDUM quod, cum homo bonum operatur non secundum propriam rationern, sed motus ex consilio alterius; nondum est omnino perfecta operatio ipsius, quantum ad rationem dirigentem, et quantum ad appetitum moventem. Unde si bonum operetur, non tamen simpliciter bene ; quod est bene vivere. appartenga immediatamente e formalmente alJa volontà. Pur respingendo la confusione socratica tra sapere e virtù, non bisogna dimenticare che l'agire umano. per essere degno del suo nome. devo essere reirolato dalla ragione: mentre ogni disordine morale è sempre accomtiag-nato da un errore 1watico di valutazione concreta. 2 La 1>rudenza è virtù prcpria delle persone mature, che agiscono seguendo in tutto e pel' tu.tto H proprio a1·bitrìo. Essa pe1·ù appartiene per riflesso a tutti

    162

    LA

    ~OJ.L\IA

    TEOLOGICA, 1-JJ, q. 57, aa. 5-6

    ~~. La verità dell' iutellelto pratico si deve giudicare diversamente dalla verità dell' intelJetto speculativo! come nota Aristotele. Infatti la ve,rità ùell' intelletto speculativo si misura dalla conformità dell' inte1letto con la realtà. E poichè l'intelletto non può conformarsi con esattezza alla realtà in cose contingenti, ma soltanto in quelle necessarie> nessun abito speculativo che s'interessi del contingente pnò es!'lere una virtù intellettuale, ma solo quegli abiti che riguardano il necessario. -· I nvcf"e la verità dell'intelletto pratico si desume dalla. conformità col retto volere. La quale conformita non eRiste nel campo del nBcessario, il quale non dipende dalla volontà umana; ma solo nel rampo dei contingenti, i quali possono essere compiuti da noi, siuno essi azioni da compiersi o opere esterntt da farsi. Ecco perrhè Ja virtù dell'intelletto pratico si limita ai soli contingenti: virtù che rispetto alle cose fattibili è arte; e rispetto alle azioni da compiere è prudenza.

    AnTICOLO 6 Se reubulia, la synesis e la gnome 1 siano virtù annesse alla prudenza.

    SEMBRA che alla prudenza non siano state aggiunte a proposito l'eubulia, la synesis e la gnome. Infatti: 1. L'enbulia come scrive Aristotele, è e< un abito mediante il quale deliberiamo bene n, .:\:Ia egli dice pure che ;is è :fatta per ben giudicare. Quindi la synesis non è una virtù aggiunta alla 1>rudenza, ma è virtù principale. 3. Le cose da giudicare sono diverse, come diverse sono quelle su cui si deve deliberare. 2\Ia per tutte le cose da deliberare viene indicata una sola virtù, cioè l'eulmlia. Perciò a ben giudicare sulle azioni da compiere non è necessario stabilire una seconda virtù oltre la synesis) cioè la gnome. 4, Cicerone enu1nera. tre altre parti della prudenza, e cioè: u la n1emoria. del passato, I' intelligenza del presente», e u la previdenza per il futuro i>. Anche ·Macrobio aggiunge altre parti alla prudenza: u la cautela, la docilità n, e altre cose del genere. Dunque le virtù ricordate nou sono le uniche da aggiungere alla prudenza. Is CO~TRAH10: Valga ra utorità del Filosofo, il quale presenta le tre virtù suddette come aggiunte alla prudenza. HrsPONflO: Tra pote11ze subordina.te la principale è quella che è ordinata all'atto più importante. Ora, rispetto alle azioni umane troviamo tre atti della ragione: il primo di essi è deliberare, il se~ i).

    coloro che con docilità seguono le ittd.ica.zioni e i conslgU delle oersone sperimentate e sicure :"dr. li-Il, q. 40, a. 3). l In italiano. ronH' \n latino. non esistono termini equivalenti di codeste virtù rleH'et1ca 1ni'!:l.t.olf'lica. ~iamo anrhe noi rostret\i a presentarlrale, che è consona alla raµ:ionc come una sc,co1i.da natnrai è unica nel caso di passioni contrari e. ~5. Le tre passioni indicat ~ sono indirizzate in un certo ordine a llfl nwdP~irnn op:getto, conie abbiamo visto. Perciò appartengono a uu 'unka virtù morale.

    ARTICOLO 5 Se le virtù morali debbano distinguersi secondo i diversi oggetti delle passioni.

    SEMBRA che i,~ virtù morali non debhano distinguersi tra loro secondo gli oggetti delle passioni. Infatti: L Le pasfiioni hanno i loro oggetti come hanno i loro oggetti le operazioni. Ora, le virl ù morali riguardanti le operazioni non si distinguono secondo gli oggetti. delle operazioni: infatti a un'unica virtù che è la giustizia appartiene la compra-vendita sia della casa che del ca vallo. Perciò neppure le virtù rnorali riguardanti le passioni so110 distinte secondo i vari oggetti delle passioni. 2. Le passioni sono atti o moti. dell'appetito sensitivo. Ora, si richiede maggior differeuza per fondare una distinzione di abiti, che una dlstinziun~ di atti. Perci6 oggetti diversi incapaci di dare una diversità specifica alle passioni, llOn potranno dare una diversi! à svecifica alle virtù rnorali. Cosicrhè per tutti i piaceri dovrà rsserci un'unica virtù uwra.lc: e ('OSr per il resto . .'l t 1na semplice gradaziont! non dà diversità di specie. Ora, alClllli oµ·getti di piacere dil'feriscono tra loro soltanto per una gradazione. Qnindi tutti codm;t) orrp:etti appartengono a un'unica spede di virtù. Lo stesso si dica ver tnt te le cose temibili, e cosi via. Dunque le vi1•tù morali nnn possono dislinguersi in base agli oggetti delle JJassioni. .}. l'~na virtl1, come ha il eo111pito di operare il bene, ha quello dì impedire il inale. Ora, per i desideri delle cose buone ci sono rlivei·se virtù: e cioè la temperunza per il desiderio, o concupiscenza dei pia!.'eri del tat.t o~ e !'eutrapeHa 1 per i piaceri del giuoco. Dunque anche per i timori di cose cattive devono esserci diverse virtù. J;i.; COlX1l~A.RIO: La cnstitù rjgtia.rda quanto forma l'og-getto dei piaceri Y(rnerri; l'astinenza rignnrda le cose gustabili del mangiare; e l'eu1rupelìa quelle divertenti del giuoco. Hit'PO?\OO: La, Yirt ù è una perfezione che dipende dalla ragione: inveee la passione è lllla perfezione che dipende dallo stesso appetito sensitivo. Ecco perd1ò le virtù si suddistinguono in rapporto alla ragione: le passioni invece in ordine all'appetito. Perciò gli oggetti delle passioni, in base alJa diversità dei loro rapporti con l'appelito sensitivo, prodncono :;peric diverse di passioni: e in base a.i Jor0 rn ppntti con la ro.gionc e a usano specie diverse di virtù. Difatti il moto della rogioue uou si identifica col moto dell'appe-

    DISTINZIOI\E DELLE VIRTÙ )IORALI TRA LORO

    209

    An SECUI\Dt:M nICE:-JDC M quod, sicut in naturalibus iùen1 est pl'in cipinm quo receditur ab uno principio, et acceditur ad aliud; et in rationalibus est eadem ratio contrariorum: ila etiam virtns moralis, quae in modum naturae ra1 ioni conseutit, est eadem contrariarum passionum. AD TERTHJM mCENOUM quod illae tres passiones ad idem obiectum ordinantur secundum quendam ordinem, ut dictum est [in corp.]. Et ideo ad eandem viri utem moralem pertinent.

    AHTICULL'S 5 Utrum virtutes morales distinguantur secundum diversa obiecta passionum. ~

    Ethtc., Iectt.

    s, 9.

    An QUINTUM sic PROCEDITUR. Videtur quod virtutes rnorales non distinguantur secundum obiecta passionum. Sicut enim sunt obiecta passionum, ita sunt obiecta operationum. Sed virtutes morales quae sunt circa operationes, non dislinguuntur secundum obiecta operationum: ad eandem enim virtutem iustitiae pertinet emere vel vendere domum, et equum. Ergo etiarn nec virtutes mornles quae sunt circa passiones, diversificantur per obiecta passionun1. 2. PRAETEREA, passiones sunt quidam actus vel motus appetitus sensitivi. Sed rrrn.ior diversitas requirit.ur ad diversitaterr1 habituurr1, quarn ad diversitatem actuurn. Diversa igitur obiecta quae non diversificant speciem passionis, non diversifieabunl specie1n virtutis rnoralis. Ita scilicet quod de omnibus delectahilibus erit una virtus moralis: et sirniliter est de aliis. 3. PnAn:REA, magis et minus non diversificant speciem. Sed diversa delectabilia non differunt nìsi secundum magis et minus. Ergo omnia delectabilia pertinent ad unarn speciem virtutis. Et eadem ratione, ornnia terrihilia: et similiter de aliis. Non ergo virtus moralis distinguitu r secundurn obiecta passionurn. 4. PRAETERJome ahhian:w notato. 2

    r

    1

    Qu(:"ita d!\·ision1:1 delle vi1·tù è' data

    f'ì~··ornlo

    la

    mat~ria,

    cìoè serondo iJ so,g-

    gt>Uo rlH' t~~sr !'iOIW t !1i;rnwi0 a rF-;rolat·P. Per quanto rigmH·cJa Ie \'irtù ca:rtlioali c•)(lC·'.:'-la 1.livisione è~ da ronsi(W1·ar~i valida. e irrefutabile in tutti i casi, (lata la Plio rmntr1·1a rn qua) e oggrtto (matet·ia ctrca quam) (q. 61, a. 2ì hiv1:re p('r le virlù ~rrond:HiA (pa1·ti potenziali) quPsta coincidt>nza 11011 dkaronn a Ilo ~tndio. fl nuche quelli rhe ne furono impediti, o

    LE VIRTÙ CAHDINALI

    229

    Dei est eius immutabilitas; iustitia vero Dei est observatio legis aeternae in suis operibus, si.cut Plotinus dixit I cfr. 1\f AcnoB., loco cit. ]. Et quia homo secundum suam naturam est anhnal politicum, virtutes huiusmodi, prout in homine existunt secundum condilionem suae natura.e, politicae vocantur: prout seilicet homo secundurn has virtutes recte se habet in rebus l1umanis gerendis. ~ecundmn quem modm11 hactciius de his virtutibus locuti sumus. Sed quia ad hominen1 pertinet ut etiam ad divina se trahat quantum potest, ut etiam Philosophus dicit, in IO Ethic. [c. 7, lect. 111; et hoc nobis in sacra Scriptura multipliciter commendatur, ut est illnd :Vlatth. 5> 48: '' Estote perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus est n: necesse est ponere quasdam virtutes medias inter politicas, quae sunt virtutes humanae, et exemplares, quae snnt virtutes divinae. Quae quidem vi.rtutes distinguuntur secundum diversitatem motns et termini. Jta scilicet quod quaedan1 sunt virtutes transeuntium et in divinam similitudinem tendentium: et hae vocantur virtntes purgatoriae. Ita scilicet quod prudentia omnia mundana di vinorurn contemplatione despiciat, omnemque animae cogitationem in divina sola dirigat; temperantia vero relinquat, inquantum natura patitur, quac corporis usus requirit~ fortitudinis autem est ut anima. non terreatur propter excessum a corpore, et aecess.ur ad superna; iustitia vero est ut tota anima consentiat ad huius propositi viam. - Quaedam vero sunt virtutes iam assequentium divinam similitudinem: quae vocantur virtutes iam pun1ati animi. Ita scilicet quod prudentia sola divina intueatur; temperantia terrenas cupiditates nesciat; fortitudo passiones ignoret; iustitia curn divina mente perpetuo foedere societur, eam scilicet imitando. Quas quidem virtutes dicimus esse beatorum, vel aliquonnn in hac vita perfectissimorum. AD PRIMt;M ERGO [)ICENDUM quod Philosophus loquitur de his virtutibus secundum quod sunt circa res humanas: puta iustitia circa emptiones et vendHiones, fortitudo circa timores, temperantia circa concupiscentias. Sic enirn ridiculnm est eas Deo attribuere. An sEcexm:M DICl."NDCM quod virtutes humanae sunt circa passiones, scilicet virtutes hominum in hoc mundo conversantiurn. ~ed vil'tutes eorum qui plenam beutitudinerr1 asscquuntur, sunt absque passionibus. t;nde Plotinus dicit [cfr. ~1Acnon., loco cit.) quod u passiones politicae virtutes molliunt 11, idest ad medium reducunt; (( secundae », scii i e et purgatoriae, t'c11Jo XH (n'di LnITJ~ o., " Les premièrc>s -; vertus an :\loyc·n-A~e •·, l~c1" 8l'. Pii. Tlt., 1\ì2~. p. 37i>, nota, e pas:sim). cia1·t~

    2 Pèr cos11·uire 11 sun t.1·attato p:e1wl':-tl0 clf'rerei·isce presentare la grazia come apporto diretto tii Dio ana nostra pe1•ff'zìonc spi1•ituale. Infatti come egli dirà .. Dio ci istruisce con la legge e ci aiuta con la grazia .. (q, 90, prÒl.). Invece a quc-slo punto la grazia verrclJbe pr2: "ogniquaholta un O!!~ che occhio non vide nè orecchio udì, nè ascese al cuor dell' uorno è ciò che Dio preparò a quelli che lo amano"· Perciò era necessario che rispettivaniente all'una e all 1 altra far,oltà l'uomo ricevesse soprannaturalmente qualche cosa che lo indirizzasse al fine soprannaturale. Primo, rispetto aH' intelligenza l'uomo riceve alcuni principii soprannaturali, conosciuti mediante la luce di Dio: sono questi i dogmi, oggetto della fede. - Secondo, la volontà viene ordinata al fine suddeHo, gia per il moto dell'intenzione, che forma l'oggetto della speranza; sia per una t~er!a unione spirituale, mediante la quale

    1 I te 11·

    fi~1·nha

    rnot1·ici tlt!l!'aniuw

    ~npel"iore:

    1·:,gione (ff>e-

    LE VIRTÙ TEOLOGALI

    ARTICULUS 3 U trum convenienter fides, spes et earitas ponantur virtutes theologicae. Il-11, q. 17, a. 6;

    a Sent.,

    d. 23, q. 1, a. 5; d. 26, q, 2, a. 3, c1c. 1: 1~!. lettt. 2, 4.

    De Virtut., q. 1. aa. 10, 1:2; I Cor., c.

    Ao TERTIUM sic PROCEDlTUR. Videtur quod inconvenienter ponantur tres virtutes theologicae, fìdes, spes et caritas. Virtutes enim theologicae se habent in ordine ad beatitudinem divinam, sicut inclinatio naturae ad fìnem connaturalem. Sed inter virtutes ordinatas ad finem connaturalem, ponitur una sola virtus naturalis, scilicet intellectus principiorum. Ergo debet poni una sola virtus theologica. 2. PRAETEREA, theologicae virtutes sunt perfectiores virtutibus intellectualibus et moralihns. Sed inter intellectuales virtutes fides non ponitur: sed est aliquid minus virtute, cum sit cognitio imperfecta. Similiter etiam inter virtutes morales non ponitur: sed est aliquid minus virtute, cum sit passio. Ergo multo minus debent poni virtutes theologicae. 3. PRAETEREA, virtutes theologicae ordinant animam hominis ad Deum. Sed ad Deum non potest anima hominis ordinari nisi per intellectivam partem, in qua est intellectus et volun tas. Ergo non debent esse nisi duae virtutes theologicae, una quae perficiat intellect.um, alia quae perficiat voluntatem. S.En CONTRA EST quod Apostolus dicit, 1 ad Cor., 13, 13: (( Nunc autem manent fides, spes, caritas, tria haec 11. HESPONDEo DICENDU.M quod, sicut supra fa. 1] dictum est, virtutes theologicae hoc modo ordinant hominem ad beatitndinem supernatnralem, sicut per naturalem inclinationem ordinatur homo in fìnem sibi connaturalem. Hoc autem contingit secundum duo. Primo qu idem, secundum rationem vel intellectum: inquant um continet prima principia universaZia cognita nobis per naturale lumen intellectus, ex quibus procedit ratio ta1n in speculandis quam in agendis. Secundo, per rectitudinem vo1un1atis naturaliter tendentis in bonum rationis. Sed haec duo deflcinnt ab ordine beatitudinis supernaturalis; ser.undum illud f ad Cor. 2, 9: u Oculus non vidit et anris non audivit, et in cor hominis non ascendit, quae praeparavit Deus diligentibus se)), Pnde oportuit quod quantum ad u1rnmque, aliquid homini supernaturaliter adderetur, ad ordinandum ipsum in fmrm snpernatnralem. F.t primo quidem, quantum ad intellectum, adduntur homini quaedam principia supernaturalia, quae divino lumine capinntur: et haec sunt credibilia, de quibus est fides. S.ecundo vero, vohmtas ordinatnr in illum finem et quantum ad motum intentionis, in ipsum tendente1n sicut in id quod est possibile consequi, quod pertinet ad spem: et quantum ad unfonem tito irascibile (speranza), e appetito cow·uriiscibile (carità). Evidenreuwnte S. Tommaso non poteva accetc are r,odesta ~pìegazione. EP:li risolse il 111·01llema mediante lo sòop]liamento dell'attività volitiva, cioè facentlo forza sulla distinzione tra intenzione del fine e conformità con esso.

    ';!!1-1)

    L..\ ~O:\L\IA TEOLUlilCA, 1-11, q. 62, au. 3-4

    uno viene trasformato i o qualche maniera ris}Jetto a codesto fine, il che avviene in forza della carità. Infatti l'appetito di qualsiasi essere si munve e tende naturalmente verso il fine che gli è connaturale: e codesto 1noto dipende da una certa conformità di ogni éssere col 1n·oprio fine. SOIXZIO~E DELLE DlFFICOLT.~: 1. L'intelletto ha hh:;ogno di specie int('Bi~ibili pPr iutendere: verde) si richiede nn abito naturale che compiet.i la potenza. ~Ientre la natura stessa della volontà basta per stabilire. l'online naturale vetso il fine, sia rispetto ali' intenzione del lìne, sia rii;;petto alla conformità con esso. Al contrario in ordine alle cose ~oprannaturali la natnra della potenza è del tutto inadeguata. Perciò si richiede il complemento di abiti soprannaturali rispetto all'una e all'altra T)Otenza. 2. La fede e la speranza implicano una certa imperfezione: poid1(• la fede ha per· oggel to cose che non si vedono, e la speranzo. cose che non si possiedono. Perciò a vcr fede e speranza per CO$C che cadono sotto i] potet'e dell'uomo, non raggiunge il grado di virtù ..Ma aver fede e speranza per cose che sorpassano le capacità deHa natura umana, sorpassa qualsiasi virtù umananwnte limitata; secondo l'esnrcssione di S. Paolo: 1< La debolezza di Dio è più forte deg·li uomini)). 3. L'appetito richiede due cose, e cioè: il moto verso il fine, e il c1H1forrnarsi. dell'ar1petito al fine mediante l'amore. Ed è per questo che IH:ll'apprtito umano bisogna porre due virtù teologali, cioè la spe1·anza e la carità. ARTICOLO 4

    Se la fede preceda la speranza, e la speranza la carità.

    SEMBH.\ che. l'ordine delle virtù teologali non richieda la preeedenza della fede suUa speranza, e della speranza sulla carità.

    Infatti: 1. La radice ò prima di l."iò che da essa deriva. Ora, la carità è radic~ di bitte le virtù; sec1HHl0 respressione di S. Paolo: rrw:ilo. Orn, In ~p.:ranza sia a indicare un affetto: ahbiarno visto. infalt i, clic e~sa è una pn::.sione. Dnnque la carità, che è nmore, ("- primn della .speranza.. 1.N' CONTRA.RIO: L'Apostolo nomina le virt.ù suddette in questo ordine, dicerHln: H Ora JH~rdurnno In fede, la speranza e la cari1 à )\. 1 t t:Apo5to\o Ia r1nnp1 en, dicit Glossa Augustini [ Gioss. ordin., ex lih. Sentent. PROSPERI, sent. 1061: « Omnis infidelium vita peccatum est; et nihil est bonum sine summo bono. Ubi deest cognitio veritatis, falsa est virtus etiam in optimis moribus n. Sed fides non potest acquiri ex operibus, sed causatur in nobis a Deo; secundum illud E]Jhes. 2, 8: nza intcmzioni cattive, non ra pel·.cato; sehherm la sua opei·a, non informata tlalla g1•azia, non sia me· rHoria .. (Anto, gli sviluppi sur.oossivi. Trattandosi dei nostri ~viluppi intellettuali e mo1·ati, quesro elemento in atto non può essero che la nostra natura umana con In sue potenze e lo sue capacità naturali. Sono questi " i principii o Io cause più alte'" capaci di produrre come effetti Lmmediati ato virtuosi. e come effetti remoti disposizioni e abiti di virtù. 1

    L. \

    ~OJ\L\IA

    TECJLO(i I CA, I-II, q. 63, a. 3

    ARTICOLO 3 Se alcune vil'tù morali si trovino in no-i per infusione.

    SDrnHA cln~, oltre le \"i r! ù troloµ-::ili, no11 siano infuse in noi dn Dio altre vil'tù. l11fatti: 1. Le cose che po~sono essere prodotte dalle cause seconde non sono prodotte immediatamente da Dio, salvo casi iniracolosi: poichè, come :::ieri ve Dionigi, ({è legge della divinità raggiungere i termini eslrem.i sen-endosi di quelli intermedi>>. Ora, le virtlì intellettuali e nwrali possono essere causate in noi dai nostri atti, come abbia mo de1to. Dunque 11011 sollo prodoUe in noi per infusione. 2. :\t:He opere di Dio il superfluo è da esclnclersi più che in quelle della Ha1 ura. Ma. per disporeì al ber re soprannaturale bas?ano le virtù teologali. Perciò non e! è necessità di altre virtù di origine soprannaturale, causate in noi da Dio. 3. La natura non irnpiega due mezzi quando ne basta uno solo: e molto rneuo Dio. Ora, Dio ha inserito neJl'anima nostra i sen1i delle virtù, come dice la Glossa. Dunque non è necessario che causi in noi per inf11sioiH' altre virtù. IN co~TRARIO: ~ta scritto: Iar1to e (\i Oillierto Ponctano: Alano de rnsulis, Simone
  • Ile vfrti.I morati. acquisite e infuse. Scoro inverf' riap1·e il problema ponenclo in dullhio l'esistenza tlellf' vil'ttì morali infuse, negate poi apnramente da Enrico di Gand. Goffl•f'clO de Fonlaines, Durando e Oc-kam. Dal sProio XVI ritoma l'una11imilà sull'argomNtt.o. Oggi llissentono Jiochi teologi per lo più clclla scuola di J,ovanio (cf1•. S11ma Esp(ln., loc:o cit .. p :lliO).

    7.!r)l

    L:\ f-:((\1\IA TEOLO(ilCA, I il, q. 63, aa. 3-4

    ma ha bisogno di essere dotata di. altre virtù infuse rispetto alle altrè cose se.111pre p~rò in ordine a Dio.

    3. I .a virtù dei principii inseriti in noi per natnra non si estende ultre i limiti tiella natura. Perciò in ordine al fine soprannaturale l'uomo ha hiso~lln di. essere gratificato di altri principii.

    ARTICOL.O 4 Se una virtù- acquisita si identifichi specificamente con la corri.spetti va virtù infusa. 1

    SE~IBRA

    che Ie virtù iufuse non siano differenti nella specie dalle virtù aClJ.Uìsite. lnfalli: 1. La virtù acquisita e quella infusa, stanrlo alle cose già dette, non differiscono che in ordine all'ultimo fine. l\Ia gli abiti e gH atti umani so1in specificati. dal fine prossimo e non dall'ultimo fine. Dunque le \.-irtù infuse morali, o intellettuali, non differiscono sperifìcamente da quelle acquisì te. 2. t~ li aliiti si co11o~cono dagli atti. Ora, l'atto della ternperanza infusa è identico a quello della temperanza acquisita, che è il dominio sulle concupiscenze del talto. Quindi codeste virtù 11011 differisrono spedficauiente. 3. La virtù infusa differisce da quella acquisita per il fatto che l'una è prodotta imr:nediatarne11te da Dio, l'altra dalla creatura. \la l'uomo creato da Dio e quello generato per via naturale non difft•risro110 specHicamentc: come uon differiscono l'occhio che egli diede al cieco nato, e quello prodotto dalla facoltà formativa o plasmatrice. Perciò la virtù acquisita e quella i11fnsa sono dr.Ila mede~ima SDecie. I~ t.ONTRAf!lo:

    Qualsiasi ò.ifferenza clw si trova nella definizione, se viene loltn, dà una differenza Rpeeifica. Ora., come ahbiamo visto, nella definizione della viri ù infusa trnviarno le parole: no aJla posiziOne
  • ;, cioè jn quanto armlica la regola della virtù aJJa. materia propria: u h1n:>re rispetto all'ottimo e al bene è un estretnt) ;i, cinè rispeU o alla co11for1uità l'Oll la ragione. 2. Negli atti e ndlr. passiotii ~iusto mezzo ed estre1ni vanno determillati secoudo le diverse cireostanzc: perciò niente impedisce che in u11a virtù si ahbia un m;tremo rispetto a una data circostailza, il quale tuttavia drnane giut)to rriezzo ris1)etto ad altre cirporto alh.~ altre circostanze, allora ha ragione di tern1ine intermedio; Jnlichè a eodesto terinine tendono le suddette virtù secondo la regola della 1·ugione, e cioè dove, quando, e perchè si richiede. lnvece a vrernmo n n er'r1~sso se si tendesse a quel massimo quando e dove 11011 sì richiede, e per motivi che non lo richiedono. e si avrebbe un difetto, se ad esso non si tendesse dove e quando si l'ichiede. F: quanto dke il Filosofo, scrivendo che ( ( i l rnag-nanirnn è estremo nella grandet:za; ma essendolo là dove si ricltiede, è moderato ll. :3. La stef'.sa ragione invocata per la rnagnani1nità, vale anche per la Yerginità r pN· la pnYertà. Infatti la verginità si astiene da tutti i piaceti venerei, e. la vovertà da tulte le ricchezze per giusti m.ntivi e nei modi richiesti; rioè se>condo il comando di Dio, e per la vi1a. eterna. Inveee se unn lo facesse ma. non nel debito modo, e cioè sc-µ:ne rnfo una r;;uperstizione illecita, o anche per vanagloria, ~i avrebbe li tl eccesso. Se poi uno non lo facesse quando si richiede, rom· è (ffide111e uel caso di chi lrn.sgredisce il voto di verginità o di povertà,, allnra si avrebbe nn vizio per difetto. 1

    lL GIU8TO MEZZO DELLE VIHTf~

    261

    vit-tus de sui ratione ordinat hominern ad lmnum. :'.\Joralis autem virtus proprie est perfectiva appetitivae partis a11imae circa aliquam deterrninatarn materiam. l\Iensura autem et regula appetitivi rnotus circa appetibilia, est ipsa ratio. Bonun1 antem cuiuslibet mensurati et regulati consistit in hoc quod conforrnetur suae regulae: sicut bonurn in artificiatis est ut consequantur regularn artis. Malum auterr1 per consequens in huiusmodi est per hoc quod aliquid discordai a sua regula vel mesura. Quod qnidem contingit vel per hoc quod superexcedit mcnsuram, vel per hoc quoù deficit ab ea: sicut rnauifeste apparet in omnibus regulatis et mensuratis. Et ideo patet quod bonum virtutis moralis consistit in adaequatione ad mensuram rationis. Manifestum est antem quod inter excessum et defectum medium est aequalitas sive conformitas. Unde manifeste apparet quod virtus rnoralis in medio co11sistit. AD PRIMV.'.VI ERGO DJCEN.DUM quod virtus moralis bonitatem habet ex regula rationis: pro rnateria autem habet J)assiones vel operatìones. Si ergo comparetur virtus moralis ad rationem, sic, secundum id quod rationis est, habet rationem extrerni nnius, quod est conformitas: excessus vero et defectus habet rationem alterius extremì, quod est difformitas. Si vero cnnsideret ur virtus rrwralis secundum suarn materiam, sic habet rationem rnedii, inquantum passionern reducit ad regulam rationis. t:nde Philosophus dicit, in 2 Ethic. [c. 6, Iect. 8], quod « virtus secunduni suhstantiam medietas est», inquantum regula virtutis ponitur circa propriam materiam: atet in transg1·eùientibus votum virginit atìs vel paupertati.s. 1

    Ili r se ste!=ìso, come abbiamo già notato: e quindi il Riub1P mezzo di ragione nella giustizia s'identifica col giusto mezzo delle co~t\ in qnan1o la giustizia dà a ciascuno ciò èhe si deve, nò piìl, nè meno. Invece le altre virtù morali riguardano le rrn~s.1Mii interiori in cui lwn si può stabilire ciò che è giust n sempre 2 llo ~te!ìso modo. perchè gH uomini sono diversamente disp(}sli d:.:::.pt·tl:l1 alle pnsshrni: (~ allora è necessario determinare ln rPttitudine dPlla ragione, avemf11 riguardo a noi che ~iamo sotto ]'influsso delle passioni. 1 i Il ~·iu~10 mezzn lh rat.rinne IìPn " da com.:epi1·si esist nll' infinito nella serie delle virtù. 3. TI g-instn mezzo sta tra dne contrari, come Aristotele dimostra. :\la Ilelr inU:lletto non esiste alcuna contrarietà; po:chè gli stessi contrari in quanto !:10110 nell' intelletto non sono contrari, ma vrngoi.o eonm•dnti sirnultaneamente. Dunque non esiste un giusto mezzo nelle virtù i nteHett uali. l~ co~Tl\:\Rto: Come in Regna. Aristotele, l'arte è una virtù in1ellettnale; e tuttavia a suo parete esiste il giusto mezzo nell'arte. Perriò anche le Yirtù i.ntellettuali consistono in un giusto meizo. n ISPO:'.'mo: Il hene di una cosa cow:iste nel giusto mezzo, in quanto è- conforme a una regola o lni8nra che essa µotrebbe sorpassare e non raggiung-ere, come ahbiamo fletto. Ora, le virtù intellettuali snno ordinate al bene come qne.lle morali, secondo le spiegazioni dat.e. Perciò il lwne de Ha virtù ini eHettuale come consiste nena mit.;nra, rosì consiste nel giusto mezzo. Ora, il bene di l1na virtù int e.lieHunft• f> il vero: di una virtù ~peculati va il vero in assoluto, r conto dei prnpt•i limiti. non rispetta il p1·eciso disegno eh Dio 1ie.i suoi rigu:u•1Ii. Chi, senza motivo proporzionato p. es., si espone a un g1·ave pericolo c·on la speranza di un intenento miracoloso di Dio, cade in un eccesso~ non percllè il fatto sorpassa i limiti dell'onnlpoteuza e della hontà lH Dio, ma perd1è rotlesto miratolo è negato in partenza ila Dio stesso per i limiti da lui posti alla natura umana., o a quel determinato Jrnlivlduo ln quene part iroiari ch•ro.'!tanze.

    QUESTIONE 65 La connessione delle virtù. Passiamo a studiare la connessione delle virtù. 1 Sull'argomento si pongono cinque problemi: 1. Se le virtù morali siano connesse tra. loro; 2. Se le virtù morali possano esistere senza la carità; 3. Se la carità possa esistere senza di esse; 4. Se la fede e la speranza possano esistere senza la carità; 5. Se la carità possa esis:tere senza di esse. AHTICOLO 1 Se le virtù morali siano connesse tra loro..

    SE~IRnA che le vìrl.ù morali non siano necessariamente connesse. Infatti: 1. Talora le virtù morali ve11gono causate dalla ripetizione degli atti, come Aristotele dirnostra. Ma un uorr10 può esercitarsi negli atti di una ,datà -virtù, se11zu esercitarsi nelle azioni di un'altra. Percio si può possedere ut1a virtù morale senza le aitre. 2. La rn.unificenza e !a magnauirnità sono virtù morali. Ora uno può avere le altre virtù morali senza avere la munificenza e la magnanimità: infatti il Filosofo scrive che «il povero non può essere muHHìco)); pur avendo altre virtù; e aggiunge che H chi è degno di piccole cose, e di esse si reputa degno, è temperato, ma non è magnanimo n. Dunque le virtù morali non sono connesse. 3, Come le virtù morali affi:nauo la parte appetitiva dell'anima le virtù intellettuali affinano quella intellettiva. Ma le virtù intellettuali non gono connesse: infatti uno può possedere una scienza senza le altre. Perciò anche le virlù morali non sono connesse. 4. Se le virtù morali fossero connesse, la loro connessione potrebbe avvenire solo nella prudenza. Ma ciò non basta per la connessiù1ie delle vi:rl ù m01·ali. lnfatli uno può essere prudente per le azioni apparlenentì a una data virtù, senza esserlo per quelle che apiinrte11gono a un'altra: allo stesso modo che uno può avere l'arte rispe.tto a determinati manufatti, senza averla rispetto ad altri. E la prudenza è la retta. ragione delle azioni da compiere. Dunque non è nece~flario che le virtù rnorali siano connesse.

    l r:a!'gonwnto r.' cli eap1talc: impntt.am:a. Pl'r comprendere l'unità t' la coerenza cli t11tta hl vit:1 rni. Finalmente Cicerone scrive: «Se tu devi confessare di non avere una data virtù, è ner:es~arin {'he tu non ne abbia nessuna 11. 1 RisPosno: Una virtù morale può essere perfetta o imperfetta. La virtù. morale irnperfetta, te1nperanza o fortezza che sia, non è che una nostra inclinazione a compiere qualche atto buono: inclinazione che può essere innata, o dovuta all'esercizio. Prese in qucst1. Et Tnllius dicH, in 2 De Tuscul. Q11ac.;;t. f c. 11.l: 11 ~i unam virtutern confessus es te non habere, uullam uecesse est te habitururn >1. RESPONDEO 1HCK:SDU:\f quod virtus moralis potest accipi vel perfecta, vel irnperfecta. J mperfecl a quidem moralis virtus, ut temper·antia vel fortitndo, nihil aliml es!. q11am aliqua inclinatio in nobis existens ad opus aliquod de genere bonorum faciendum: si ve talis inclinatio sit in no bis a Il atura, si ve ex assuetudine. Et hoc inodo accipiendo virtules nwrales, non sunt connexae: videmus enim aliquem ex naturali eomplexione, vel ex aliqua consuetudine, esse prornptnrn ad opera liberalitatis, qui tamen non est promptus ad opera castitatis. Perfecta autem virtus moralis est habitus inclinans in bonurn opus bene agcndum. Et sic accipiendo virtutes morales, dicendum est eas connexas esse; ut fere ab omnibus ponitur. Cuius ratio duplex assignatur, secundum quod diversimode aliqui virtutes carrlinales distinguunt. Ut enim dictnm est f q. 61, aa. 3, 4], quidam distinguuntur eas secundum qua.sdem generales conditiones virtutum: utpote quod discretio pcrtineat ad prudentiam, rectitudo ad iustitiam, moderantia ad temperantiam, flrmitas animi ad fortitudinem, in quacumque materia ista considerentur. Et secundmn hoc, n1anifeste apparct ratio connexionis; non enim firmitas habet lauden1 virtutis, si sit sine moderatione, vel rectitudine, aut discrelione; et eadein ratio est de aliis. Et hanc rationem connexionis assignat. Grcgorius, 22 Morrrl. [loco cit. J, dicens quod virtutes, si sint disiunctae, uon possunt esse perfectae n, secundnm rationem virtutis: il'tù mor;tli · il 111c1.litmi cirtutls assicurato (lalla Pl'Udenza, e la Vil'tiwiitil clel fine, rhe Ila funzione di principio nena vit.a. mo1·a1e. I ,1ue elementi di HI;;ione sono da conCRpirsi come inti:+rclipendenti: poichè la prutle11za, elle> stabi1iscc il medium r;t1·tun~. non sarebhe }n g1·aao di estendm·e H suo pa.ciflco dominlo

    LA

    CO~::-\E~:'IO:'."\E

    DELLE Vll1Tt

    275

    haberi 1us1 habeantur virtutes morales: cum prudentia sit recta ratio agibiiium, quae, sicut ex principiis, procedit ex finibus agibilium, ad quos aliquis recte se habet per virtutes morales. Unde sicut scientia speculativa non potest haberi sine intellectu principiorum, ita nec prudentia sine virtutibus moralibus. Ex quo inanifeste sequitur virtutes morales esse connexas. An PRIMUM ERGO DICENDUM quod virtutum moralium quaedam perfìciunt hominetn secundum connnunem statmn, scilicet quanturn ad ea quae communiter in omni vita hominum occurrnnt agenda. Unde oportet quod homo simul exercitetur circa matcrias omnium virtutum moralium. Et si quidem circa mnnes exercitetur bene operando, acquiret habitus omnium virtutum moralium. Si autem exercitetur bene operando circa unam materiam, non autem circa aliam, puta bene se habendo cil'ca iras, non autem circa concupiscentias; acquiret quidem habitum aliquem ad refrenandum iras, qui tamen non habebit rationem virtutis, propter defectum prudentiae, quae circa concupiscentias corrumpitur. Sicut etiam naturales inclinationes non habe11t perfectam rationem viriutis, si prudentia desit. Quaedam vero virtutes morales sunt qua.e perficiunt hominem secundurr1 aliquem eminentem staturri: sicut magnificentia, et magnanimitas. Et quia exercitium circa materias harum virtutum non occurrit unicuique communiter, potest aliquis habere alias virtutes morales, sin e hoc q uod habitus harum virtutum habeat actu, 1oqnendo de virtutibus acquisitis. Sed tamen, acquisitis aliis virtutibus, habet istas virtuies in potcnt ia propinqua. Cum enim aliquis per exercitiuni adeptus est liberalitatem circa mediocres donationes et sumptus, si superveniat ei abundantia pecuniarum, modico exercitio acquiret magnificentiae habitum: sicut geometer modico studio acquirit scientiam alicuius conclusionis quam nunquam consideravit. lllud autcm habere dicimur, quod in promptu est ut habearnus; secundnm illud Philosophi, in 2 Physic. [c. 5, lect. 9] : « Quod parum deest, quasi nihil deesse videtur ». Et per hoc pat.et responsio ad secundum. An TERTIUM DICENDUM quod virtutes intellectuales sunt circa diversas materias ad invicem non ordinat.as: sicut patet in diversis scientiis et artibus. Et ideo non invenitur in eis connexio quae invenitur in virtutibus moralibus existentibus circa passiones et operationes, quac rrianifeste habent ordinem ad invicem. Nam omnes passiones, a quibusdam prirnis procedentcs, scilicet arrwre et odio, ad quasdam alias terminantur, scilicet delectationem et t.ristitiam. Et similiter omnes operat.iones quae sunt virtutis moralis materia, hahent ordinem ad invicem, et etiam ad passiones. Et ideo tota materia moralium virtutum sub una ratione prudentiae cadit. Habent tamen omnia intelligibilia ordinem ad prima principia. Et secundum hoc, omnes virtutcs intellectuales dependent ab intellectu principiorum; sicnt prndentia a virtutibus moralibus, nl dictum est rin corp. l. Principia autern universalia, quorum est intellectns principiornm, non depcndent a con cl usi on i bus, de quibus sulle passioni, se nulle facoltà appetitive non fosse già determinato il punto di orientamento, cioè la tendenza al ùellito iine mediante le virtù della giustizia, tiella fo1·tezza e della temperanza.

    L\

    ~O:\l~IA

    TE« 1L(HdCA, l-1 l, q. (i;), aa. 1-2

    conclusioni, oggetto delle altre viri i1 irtlellettn~tli; a differenza delle virtù morati cui è subordinata la. prudenza; e questo perchè, in qualche modo, l' :-ippetit o n1uove la .ragior1P, e la ragione l'appetito, eorne sopra abbiamo dimostrato. 4. Le azioni umane, alle quali le virtù morali inclinano, stanno alla fH'ndenz.a come principii di essa: invece le cose fattibili non stanno nll'arte come f)rincipii, ma solo come niatPria. Ora, la ragione potrà anche essere n!lt a JH'f' una rnatm·ia e non retta per un'altra; ma. è evidente che non iwtril dirsi retta in nessun modo, se ha un difetto in qualcuno dei snoi principii. ~e uno infatti sbagliasse in questo principio, ((Il tutto è sempre .maggiore della sua parte 11 non IH.lirebhe avere la scienza della geometria: poichè sarebbe portato necessariamente> ad allontanarsi molto dalla verità nelle eorwlusioni. - Inoltre k azioni da compiere sono ordiliate tra loro; non rosi le cose fattibili, come abbiamo già notato. Perciò la mancanza di prudenza iu uria parie delle azioni da com~ piere, Jlorterebbe a. mancarne anche rispetto alle altre. Il che non avviene nelle cose fattihili. 1

    AHTICOLO 2

    Se Ie Yirtù morali possano esistere senza la carità.

    SEMBHA rhe le vir1 ù mora O pussa110 esistere senza fa cnritù. Infatti: 1. Nelle Sentenze di ~. Pro~JH!l'O 1 si legge, che «ogni virtù, eccetto la carità, può essere com11nc ai huoni e ai malvagi"· Ma «la carità non può csbere c.l1e nei buoni))' come là si afferma. Dunque è possibile avere le altre virtù senza ]a carità. 2.. Come insegna Asistntele, Je virtù morali si JlOf;Sono acquistare con atti mmnli. Invece la carHù si ha solo per infusione; secondo l' insegnameli to di S. Paolo: ((La carità di Dio si ò riversata nei nostri cuori per In ::-\pirito Santl> elle ci fu dato H. Perciò le altre \'irtù si po~sono avere scnz11 la carità. 3. Le virtù morali sono cun ue:->se tra loro in quanto dipendono dalla prudenza. ~:Ia la cari I ,·L 11011 dipende dalla prudenza; anzi la trascende, secondo l'es1iressione di ~. Paolo: iPre il br~ne in online n un fine che 11on supera la rapacità naturah-' de!I'11orno, t:.i l)()S~mw acquist.n1·e f'er industria umana. E, così acqai~ilt', 11o~s1)110 esistc-re se11za la carit:'t: eornc )J,

    l s_ P1·ospero ili .\quilania Lt 1,(hl disrcpolo {' : « Caritas Dei diffusa est in cordibns nostris per Spiritum Sanctum, qui datus est nobis n. Ergo aliae virtutes possunt haberi sine caritate. 3. PRAETEREA, virtutes morales connectuntur ad invicem, inquant um dependent a prudentia. Serl caritas IlOn depenrlet a prudentia: immo prudentiam excedit, secundun1 illud Eplw.r;. ~~. 19: «Superrminentem .scientiae caritatem Cli risti n. Ergo YÌl'i ul es morales nou cmmectuntur caritati, sed sine ea esse possunt. ~ED CONTRA EST quod dicitur 1 loan. 3, 14: r< Qui non diligit, manet in morte >1. Scd per virtutes perficitur vita spiritnalis: ipsae enin1 sunt (( quibus rectc vivilur )), ut Augustinus dicit, in 2 De Lib. ArbU. [cc. 18, 19]. Er·go non possunt esse sine dilectione caritatis. RESPONDEO DICEl\ntTM quod, sicut supra [q. 63, a. 21 dictum est, virtutes morales prout Slmt operativae boni in ordine ad finem qui non excedit facultatem natnralem hmnin!s, possunt per opera hnrnana acquiri. Et sic acquisitae sine caritate esse possnnt: sicut

    Il Srntrnliar·um n operilni.~ S. Ag11lltint de1tbatarnm lihrr. C'hf' qui i' rilato !'la S. Tommasd, è uno dei tauti opuscoli usl"iti daHR suiamo vi51 o ciw la. rmrn(•ssione 1telle virtù dipende e dalla prudenza f'. dl-li finì pa1·tico11ni (Jf'He virt ii 111m·aii. Qui invece r,assiamo a considerare il co1w1·('t!) ordtn(' Sl'>rkn t!'til.llito 1Ja hio sul piano soprannaturale, caratterizrnlo naHr virHI tf'nloJrnli. or:t. s11 '"'"''"'o piano il tinf' ::XE:..;~10~E

    UELLE VIHTù

    270

    fuerunt iu multis gentilibus. - 8ecundum autern quod sunt operativae boni in ordine ad ultimum finem supernaluralein, sic perfecte et vere habent rationem virtutis; et non possunt humanis actibus acquiri, sed infunduntur a Deo. Et huiusmodi virtutes rnorales sine caritate esse non possunt. Dictun1 est enim supra [a. 1; q. 58, aa. 4, 5] quod aliae virtutes morales non possunt esse sine prudentia; prudentia autem non potest esse sine virtutihns moralibus, inquant um virtutcs morales faciu ut bene se habere ad quosdam fines, ex quibus procedit ratio prudentiae. Ad rectam autem rationem prudentiae multo magis requiritur qnod homo bene se habeat circa nltimum finem, quod fit per caritatem, quam circa alios fines, quod fit per virtutes morales: sicut ratio recta in speculativis maxirne indiget primo principio indemonstrabili, quod est u contradictoria non simul esse vera)). Unde manifestum fìt quod nec prudentia infusa potest esse sine caritate; nec aliae virtu1es morales consequenter, quae sinc prudentia esse non possunt. Patet igitur ex dictis quod solae virtutes infusae sunt perfectae, et simpliciter dicendae virtutes: quia bene ordinant hominem ad finem ultimum simpliciter. Aliae vero virtutcs, scilicet acquisitae, sunt secundum quid virtntes, non autem simpliciter: ordinant enim hominem bene respectu flnis ultimi in aliquo genere, non antem respeclu finis ultimi simpliciter. Unde Rom. 14, 23, super illud, nte, allora la \'01ontà S.ille Più in alto cli quanto possa s3Jirc l'intelletto,, (ne Caritate, q. 1, a. :1, ac! 1:1).

    LA t'Ol\11\l.\ TE(1LO\ÌILA, I-li, q.

    ()~1,

    a.

    :~

    opere di vittù; il che è evidente da quelle parole di ~. Paolll: t< La carif à è longanime, è benigna .... "· Dunque per chi ha la carità le alt.re virtù sono superflue. 2. Chi possiede labito di una virtù, facilmente ne rornpie le opere, ed esse di per sè gli riescono piacevoli : cosicchè, a dire di Al'istotele, et il ph1c(~re che si produce nell'operare è segno del· l'abito)) raggiuuto. Invece molti hanno la carità, trovandosi senza peccato i:nortale, ma provano difflcoltà nelle opere di virtù: ed esse non riescono loro piacevoli per se stesse, ma solo in quanto si riferiscono alla earità. Dunque molti hanno la carità, senza aYerc le altre virtli. 3. La carità si trova in tutti i santi. Ora, ci sono dei santi che rnancann di qualche vfrtù: iitfatti S. Beda 1 affenna che i santi si umiliano di più 1)er le virtù che non hanno, di quanto non si glori.no per le virtù che possiedono. Perciò non è necessario che chi hù la cal'ità., ahbia tutte le virtù rnorali. 1~ CONTR.-iRIO: Con la cari là, a dire di S. Paolo, si adempie tutta la legge: ((Chi ama il prossilno ha adempiuto la legge>>. Ma non si può osservare tutta la legge che rn.ediante tutte le virtù morali: J>Oichè le leggi son fatte per comandare tutti gli atti delle virtù, come nota Aristotele. Chi, dnnque, ha la carità, ha tutte le· virtù moraJL -- Andw S. Agostino insegna che la carità include in sè tutte le virtl1 cardinali. RrsPo~no: Ctrn la carità vengono infuse tutte le virtù morali E Ia ragio11t: è questa, che Dio non può compiere le opere della grazia rnenn perfettamente di quelle della natura. Ora, in naturn vediamo die non si trova in un essere il principio di determinate operazioni, sproYvisto di ciò che è necessario per compierle: negli animali, p. es., si riscontrano gli organi per poter cornpiere le operazioni rhe sono in potpre ùfllla loro anima. Ora, è evidente rhe la en J'iU:1, in quanto ordina l'uomo al fine ultimo, è il principio cti i utte le (;perazi.oni ordinaldli all'ultimo fine. E quindi è necessn.rio che assierne alla carita vengùno infuse tutte le virtù morali, r.he servono aH'nmno p(:r compiere. ogni genere di opere buone. 2 È così dimostrato che tutte le virtù rnorali infuse non soJo sono connesse in forza de11a prudenza. ma anche in forza della carità. E quinòi chi perde la carità col peccato mortale 1 perde tutte le virtù inorali infuse. SoLL'ZIO:i.iJ.: DELLJi~ mFFICOJ.T..\: L Perche l'atto di una facoltà inferiore sia perfrt.to, non solt ani o si richiede la perfezione nelle faC'Olt à snpcrìori, ma anche in queHe inferiori: infatti, quando l'agente principale è dehitn.rnrnte disposto, non può seguirne un'azione perfetta, Re poi mane a la hnona disposizione dello strnmcn to. Ora, affinrhi'. l'uomo operi il bene rispetto alle cose ordinate al fine. non ~olo è necrssario che abbia la virtl1 che lo di8pone hene al fine stesso, ma anche le virtù atte a ben disporlo a.lle nzinnì ordinate al f) ne: poichè la virtù che ha per oggetto iI fine, f> come principale e movente rispetto a quelle che sono i S. fh'da Il Yenrrabilr (6'ì3·i35'.. Padr\' t- nouore dBlla Chiesa, svolse in Jnghilfl'I':ra uua rni:;::;lnne :rnalog-a a 1ruf'lla di S Isidoro in Ispagna. Oltre alla celebre

    .-..·1nr1a ea/Nì11.~t1m aerrn na:10,ie rnare.~c. eg-li oprIBRA che la fede e. !u sper·anza non possano mai trovarsi senza Ja carità. Infatti: l. Essendo esse virtu t.eologalij devono essere superiori alle stesse virtù morali infuse. Ora, le virtù morali infuse non possono essere senza la carità. Dunque neppure la fede e la speranza. 2. A dire di S. Agostino, ((nessuno crede, se non perchè vuole». l\Ia la carità, e. l'abbiamo già visto, si trova nella volontà conie perfezione di essa. Quindi non può esserci fede senza carità. 3. ~. Agostino scrive, che «non può esserci speranza senza l'amore». Ora 1 la cariUt è mnore: infatti egli parla proprio di questo amore. Perciò la speranza oon può esistere senza la carità. I~ co:STRARIO: Nel commentare il vangelo di S. Matteo, la Giossa afferma cbe la fede genera la speranza, e la speranza la carità». Ora chi genera è prima del generato, e può esistere senza di esso. Dunque la fede lJUÒ esistere senza speranza; e la speranza senza carità. 1 RisPoxno; Come le virtù mora1i 1 la fede e la speranza si possono corisidernre sotto due punti di vista: primo, come virtù incipienti; secondo, come virt.ù perfette. Ora, una virtù, essendo ordinata a compiere azimii buone., si ùirà che è perfetta per il fatto che è capace di un'azione perfettamente buona: il che avviene quando ciò che !;Ì eompie non solo è un'opera buona, ma è con1piuta bene. Altrimenti nou sarebbe perfettamente buona: e l'abito che fosse principio di tale operazione non potrebbe possedere perfettamente natura di virtù. ~e uno, p. es., facesse delle cose giuste, compi1(

    1

    1 In vroposito la Clli~·sa ~i è pronunciata romlannando co10ro che nep:avano l::t possillilità d} una ff>cle e tli nna snenrnrn ìnf01•mi. Le comlanne più en€'r~khe :'!Orlo contr'{) i Proti?::S!frnti 1rrr. DENZ., 808, 838). La condanna non riguardava l'esi-

    LA

    CO~NE~~IO~E

    DELLE VIHTU

    283

    earum quae sunt ad Hnem. Et ideo cum caritaie necesse est etiam habere alias virtutes morales. AD SECUNDUM DICENDUM quod quandoque contingit quod aliquis habens halJitum, patitur diffìcultatem in operando, et per consequens non sentit delectationem et complacentiam in actu, propter aliquod impedirnentur:n extrinsecus superveniens: ·sicut ille qui habet habitum scientiae, patHur dilncultatem in intelligendo, prop1er somnoleniiain \:el aliquam inftrrnitatem. Et similiter habitus rnoralium virtuturn infusarum patiuntur interdurn difficultatem in operando, propter aliquas dispositiones contrarias ex praecedentibus actibus relictas. Quae quidern difficnltas non ita accidit in virtutibus moralibus acquisitis: quia per exef'citium actuum, quo acquiruntur, toUuntur etia1n contrariae dispositiones. AD TERTIUM DICENDUM quod aliqui sancti dicuntur aliquas virtutes non habere, inquantu1n patiuntur difficultatem in actibus earum, ratione iam [in resp. ad 2J dieta; quamvis habitus omnium virtutum habeant. ARTICULUS 4 Utrum fides et spes 1")Ssint esse sine caritate. rr-11, q, 23, a. 7, ao 1; 3 .sent., e\. 23, q. 3, a. i, qc, 2; d. 26, q, 2. a. 3, qc. 2,; I Cor., e. 13, lect. 1.

    AD QI;ARTL'M SIC PROCEDITUR. Videtur quod fides et spes nunquam sint sine caritate. Cum enim sint virtutes theologicae, digniores esse videntur virtutibus moralibus etiam hifusis. Sed virtutes mo1·ales infusae non possunt esse sine caritate. Ergo neque fides et spes. 2. PRAETEnEA, u nulius credit nisi volens », ut Augustinus dicit, Super Ioan. [tract. 2{r}. Sed caritas est in voluntate sicut perfectio eius, ut. supra [q. 62, a. 3J dictum est. Ergo fìdes non potest esse sine caritate. 3. PRAETEREA, Augustinus dicit, in Enchirid. [c. 81, quod n spes sine amore esse non potest H. Amor autem est caritas: de hoc enim amore ibi loquitur. Ergo spes non potest esse sine caritate. SEn CONTRA EST quod Matt.h. 1, 2, dicitur in Glossa [interlin.] quod « fides generat spem, spes vero cariiatem ». Sed generans est prius generato, et potest esse sine eo. Ergo fides potest esse sine spe; et spes sine caritate. RESPONDEO IHCENDUM quod fìdes et spes, sicut et virtutes rnorales, dupliciter considerari possunt: uno modo, secundum inchoationem quandam; alio modo, secundum perfectum esse virtutis. Curn enim virtus ordinetur ad bonum opus agendum, virtus quidem perfecta dicitur ex hoc quod potest in opus perfecte bonum: quod quidern est dum non solum bonum est quod fìt, sed etiam bene fit. Alioquin, si bonum sit quod fit, non autem bene fiat, non erit perfecte bonum: unde ncc hahitns qui est talis operis principium, habebit stenza tll even1uaH ilt> che si possa avero la prima infusione della fede, senza la grazia t> la rarità. :\fa 1•iguarcla I fedeli che rol peccato mortale perdono la grazia P la rarità. senza nt'.' per(etlt nHla t:q!;ic>nl?. 1ti virtu, 11011 appal'isrono connessi rn~cessariamente

    perfccte rationem virtuiis. Sicut si aliquis opcretur iusta, bouum quidem facit: sed non erit opus perfectae virt utis, nisi hoc bene faciat, idest secundum electionem rectam, quod est per prudentiam: et ideo iustitia sine prudentia non potest esse virtus perfecta. Sic igitur fides et spes sine caritate possunt quidem aliqualiter esse: perfectae autem virtutis r·ationem sine caritate non habent. Cum enim fidei opus sit credere Deo; credere autcm sit alicui propria Yolunlatc assentire: si non debito modo velit, non erit fìdei opus perfectmn. Quod autern debito modo velit, hoc est per caritatem, quae perficit voluntatem ~ ornnis enim rectus motus voluntatis ex recto amore proccdit, nt Augustinus dicit, in 14 De Civ. Dei [c. 9 }. Sic igitur Hdes est quidem sine caritate, sed non perfecta virtus: sicut 1emperantia vel fortitudo sine prudentia. - Et shniliter dicendum est de spe. Nam actus spei est expectare futuram beatitudincm a Deo. Qui quidem actus perfectus est, si fiat ex meritis quae quis ì1abet: quod non potest esse sine cari tate. ~i antem hoc expeciet ex merHis quae nondnn1 habet, sed proponit in fnt.urun1 acquirere, erit actus i1nperfectus: et hoc potest esse sine caritate. Et ideo fides et spes possunt esse sin e caritate: sed sine caritate, proprie loquendo, virtutes non sunl; nam ad rationem virtutis pertinet ut non solum secundum ipsam aliquod bonum operernur, sed etiam bene, ut dicitur in 2 Eihic. [c. 6, lect. 6]. An PRIMUM ERGO rncF.:r\DVM quod virtutes morales dependent a prudentia: prndentia autem infnsa nec rationem prudentiae haLere potest absque caritate, utpote deficiente debita hahitudine acl primum principium, quod est ultimus ftnis. Fidcs autem et spes, :secnndum pr0prias rationes, nec a prudentia nec a caritate dependent. Et ideo sine caritate esse possunt; licet non sint virtutes sine carit.ate, ut dictmn est [in corp.]. AD SECUNDUM DICENDl:\I quod ratio illa procedit de fide quae habet perfectam rationem virtutis. AD TERTIUM DICE:[';DUM quod Augustinus loquitur ibi de spe, secundum qund aliquis expectat futuram beatitudinem per merita qnae iam habet: quod non est sine caritate.

    ARTICULUS 5 U trum caritas possit esse sine fide et spe.

    An QUlr\TcM sic PROCEDITen. Videtur quod cariias possit esse sine fide et spe. Caritas enim est amor Dei. Sed Deus potest a nobis aruari naturaliter, etiam non praesupposita fide, vel spe futurae beatitudinis. Ergo caritas potest esse sine fide et spe. con la carità. Quìnd1 in qualche maniera possiamo dire che sono più connessi tra loro le virtù morali rhe olOg-o 1·lw , ma per una spiep.aztone Più . Spes etiam est quae introducit ad caritatem, ut supra (q. 62, a. 4] dictum est. Ergo caritas non potest haberi sine fide et spc. REsPONDEO DICF.NDUM quod caritas non solum significat amorem Dei, sed etiam amicitiam quandam ad ipsmn; quae quidem super amorem addit mutuam redamationem cum quadam mutua com· inunicatione, ut dicitur in 8 Ethic. (c. 2, Iect. 21. Et quod hoc ad caritatem pertineat, patet per id quod dicitur t l·1an. 4, 16: « Qui manet in caritate, in Deo manet, et Dens in eo i>. Et I ad Cor. 1, 9, dicitur: u Fidelis Deus, per quem varati estis in societatem Filii eius ». Haec autem societas hominis ad Deum, quae est quaedam familiaris conversatio cum ipso, inchoatur quidem hic ìu praesenti per gratiam, perficietur autem in futuro per gloriam: quorum utrumque fide et spe tenetur. Unde sicut aliquis non posset cum aliquo amicitiam habere, si discrederet vel desperaret se posse habere aliquam societatem vel familiarem conversationem cum ipso; ita aliquis non potest habere amicitiam ad Deum, quae est carit.as, nisi fidem habeat, per quam credat huiusmodi societatem et conversationem hominis cum Deo, et speret se ad hanc societ atem pertinere. Et sic caritas sine fide et spe nullo modo esse potest. AD PRI~ru:'.\f ERGO DICENDt:M quod caritas non est qualiscumque amor Dei: sed amor Dei quo diligitur ut beatitudinis obiectum, ad quod ordinamur per fiden1 et spero. AD SECCNOUM DlCENDOM quod caritas est radix fidei et spei, inquantum dat eis perfeclionem virtutis. Sed fides et spes, secundum rationem propriam, praesupponnntur ad caritatem, ut supra [ q. 62, a. i J dictum est. Et sic caritas sin e eis esse non potcst. An TERTIUM DICENDU::\'1 quod Christo defuit fides et spes, p.ropter id quod est imperfectionis in eis. Sed loco fidei, habuit apertam visionem; et loco spei, plcnam comprehensionem. Et sic fuit perf ecta carit as in eo.

    2 L'elemento della caì'ità, r•irorùaio corne quarto nella nota precedente, viene qui ampiamente illustrato dall'Autore. t:"n minimo di l'illessione hasta a farci comprendere l'enorme importanza dell'aspetto sodale della beat.ituàine futura e de.Ha vita mo1•a1e che ne è la preparazione. Si tenga presente, pe1· ulteriori sviluppi, che la carità ''erso il (JL'ossimo non è diversa e distinta da Questa società. con Dio: e quindi la prospeH iva. del cristiano si nllarga in un amore elle abbraccia tutta la famiglia lli Dio.

    QUESTIONE 66

    Uguaglianza delle virtù. Passiamo ora a studiare l'uguaglianza delle virtù. 1 ~u questo tema tratteremo sei argornenti: 1. Se una virtù possa essere nra.ggiore o minore; 2. Se le virtù, esistenti contemporaneamente nel mellesin10 soggetto, siano tutte uguali; 3. Confronto tra virtù morali e intellettuali; .}. Confronto delle virtù morali tra loro; S. Confronto reciproco dt:lle Yirtù intellettuali; 6. Confronto reciproco tra le virtù teologali.

    ARTICOLO 1 Se una virtù possa essere maggiore o minore.

    che una virUt non possa essere maggore o minore. Infatti: 1. Nell' A7wcalisse si dice cli e i lati della città di Gerusalemme sono uguali. Ora, secondo la spiegazione della Glossa, questi lati stamio a indicare le virtù. :.i Perciò le virtù sono tutte uguali. E quindi una virtù non può essere maggiore di un'altra. 2. Tmto ciò che eonsistP essenzialmente in un massimo non può essere rnagg-iore o 11tinore. Ora Ia virtù consiste essenzialmente in un massimo: è infalti {(l'ultimo gTado della potenza a dire del Filosofo; e S ...:\gostinc) insegna, che «le virtù sono i massimi beni, dei quali nessuno può usare :malamente)>. Dunque la virtù non può es5e1·e nè ma.ggiore uè minore. 3. La grandezza di un effetf o si misura dalla potenza dell'agente. ::\Ia le virtù perfette, che sono le virtù infuse, vengono da Dio la cni potenza è uniforme e infinita. Perciò non sembra che una virtù possa essere maggiore di un'altra. IN co~TR:\RIO: Dove è possibile l'aumento e la sovrabbondanza, può esserci disnguaglianza. Ora, nelle virtù non rnanca sovrabbondanza e aumento; poirhè nPI Vangelo si legge: ì qui il titolo (lella questione 66. Si trattera lìa im~tt>sa uguagUanza delle virttì, per dimostrare, con opportuni confronti, che si tratta piuttosto di cl isuguaglianza, di vari:nioni, di sviluppi. 2 Qn('s1a inte1•pr('taziOHt> curiosa era ormai traflizionale, come si vede dalla sua inserzione nella raos.~11. '.\la 1w 11ossiamo aversposizione dt>ll'Apot·a1is:~e dcolo VIII].

    L\ i:-;0:\L\IA TEOLOGICA . I-li, q. ()(), a. 1 La queslhme se u11a virtù pussa essere maggiore delsi può intendere in due rnodi. Primo, a proposito di virlù specificamente di verse. E allora è evidente che una virtù è n1aggiore dell'altra. Infatti una causa è sempre superiore ai suoi effetti; e tra gli efietti più uno è prossimo alla causa, e più sovrasta. Ora> è evidente, da quanto abbiamo detto, che causa e radice del bene umano è la ragione. Perciò la p1·udenza, clrn aflirm la, rag·hnie~ Hovrastu in LonLà le altre ·virtù 111.nruli, che affinano la parte appetitiva in quantl) partecipe della ragione. E tra q_ueste tanto più una (~ superiore all'altra, quanto più si avvicina alla ragione. E quindi la giustizia, che è nella volontà, è preferibile alle altre virtù morali.: e la fortezza che è nell'irascibile, va preferita alla temperanza, la quale essendo nel concupiscibile, 11artecipa meno della :tagione) come nota Aristotele. Secondo, la questione può essere intesa a proposito di virtù della medesima spede. E allora, stando a qnello che abbiamo detto SO· ri.ra, parlando dello sviluppo degli abiti, una virtù può dirsi maggiore o n1i 11ore sotto due aspetti: primo, per se stessa; secondo, per parte del soggetto in cui si trova. Considerata per se stessa, la grandezza di una virtù si misura dalle cose cui si estende. Ora, chiunque alibia. una virtù, rnettian10 la temperanza, la possiede in rapporto a tutte le cose cui la temperanza si estende. Il che non avviene per le scienze e per le arti: non è detto, infatti, che ogni grammatico sappia tutto ciò che appartiene alla grammatica. E in questo dissero bene gli Stoici, come riferisce Simplicio, che la virtù non ammette il più e il meno come la scienza e le arti; perchè la "'·irtù consiste essenzialmente in un massimo. Se invece si Cl)llsidera la virtù dal lato del soggetto che ne partecipa, allora essa può essere maggiore o minore, sia per la di\.·ersità dei soggettii sia rispetto alle varie epoche, se si tratta del medesimo soggett.n. 1 lnfn.tti, per raggiungere il giusto rnezzo della virtù, conforme alla retta ragione, uno può essere rneglio disposto di un altro: o per la maggiore pratica, o per una migliore disposizione naturale, o per un giudizio più porspicace della ragione, oppure fJeJ' un maggior dono di grazia, il quale, a detta di S. Paolo, viene elargito a. ciascuno u secondo la misura della donazione di Cristo)). - E in questo gli Stoici si ingannavano, pensando che nessuno doves~e essere consirterato virtuoso, se non fosse disposto alla virtù nel ml)do pi i'1 perfetto. 2 Infatti per la nozione di virtù Hon si richiede, conw essi pensosano, che si rag·giunga il giusto mezzo della ragione in un punto indivisibile; ma basta tenersi presso il n1ezzo. come dice Arìstotele. Del resto anche un bersaglio unico e indìvisiliile può essere raggiunto più o meno esatta1nente, e più o meno presto: il che è evidente nel caso degli arcieri che si esercitano al het·saglio. SOLUZIONE DELLE DIFFlCOLTA ~ 1. Quella uguaglianza noIL è da intendersi sPcumlo trna misura assoJuta, ma secondo una certa pro})Orzionalità: pokhè tutte le virtù crescono proporzionalmente nell'uomo, come vedremo. H1sP0Nuo:

    r altra.

    1

    Nell'articolo sr.g1tent.f' vNlrt>HIO in pari iuilare le varia1Jon' drlla virtù in un

    da lo

    ~oggetto.

    CGUAGLIANZA DELLE VIRTO RESPONDEO tHCENDUM quod curn quaeritur utrum virlus una possit esse maior alia, dupliciter intelligi polest quaestio. Uno inodo, iu virtutibus specie differentibus. Et sic manifestum est quod u11a virtus est alia maior. Semper enim est polior causa sno effectu: et in effectibns, tanto aliquid est potius, quanto est causae propinquius. i\fanifestum est autern ex dictis (q. 18, a. 5; q. 61, a. 2] quod causa et radix humani boni est ratio. Et ideo prudentia, quae perficit rationem, pracfertnr in honitate aliis virtutibus moralibns, perftcientibus vim appetitivam inquantum participat rationem. Et in his etiam tanto est una altera melior, quanto magis ad rationem accedit. Unde et iustitia, quae est in voluntate, praefertur aliis virtutibus moralibus: et fortitudo, quae est in irascibili, praefertur t emperantiae, quae est in concupiscibili, quae minus participat rationem, ut patet in 7 Ethic. [c. 6, lect. 6). Alio modo potest intelligi quaestio in virtute eiusdem speciei. Et sic, secundum ea quae dieta sunt supra (q. 52, a. 1], cum de intensionibus habituum ageretur, virtus potest dupliciter dici maior et minor: uno modo, secundum seipsam; alio modo, ex parte participantis snbiecti. Si igitur secundum seipsam consideretur, magnitudo vel parvitas eius attenditur secundurn ea ad quae se extendit. Qnicumque autem habet aliquam virtutem, puta temperantiam, habei ipsam quantum ad omnia ad quae se temperantia extendit. Quod de scientia et arte non contingit: non enim quicumque est grammaticus, scit omnia quae ad grammaticam pertinent. Et secundum hoc bene dixerunt Stoici, ut Simplicius dicit in Commento Praedicamentorum [c. De Quali et Qualit. ], quod virtus non recipit magis et minus, sicut scientia vel ars; eo quod ratio virtutis consistit in maximo. Si vero consideretur virtus ex parte subiecti participantis, sic contingit virtnten1 esse maiorem vel minorem: sive secundum diversa tempora, in eodcm: si ve in diversis hominibus. Quia ad attingendmn medium virtutis, quod est secnndum rationem rectam, unus est melius dispositus quam alius: vel propter maiorem assuetudinem, vel propter meliorem dispositionem natnrae, vel propter perspicacius iudicium rationis, aut etiam propter maius gratiae donum, quod unicuique donatur geti moderni. 3 ~aturalmente ancoo la prontezza è un elemento della perfezione spirituale. Ecco perchè predicarn nel modo suddetto l'eccellenza dei vari Santi è cosa Iegit-

    L:\

    :--;Q~L\I.\

    TEOLUtlICA, i-II, q. 66, a. :i

    ARTICOLO 3 Se le l'ìrtù morali siano superiori a quelle intellettuali.

    SE.\JBHA

    ehi.• }e virtù nior:dì siauo superiori a quelle intellettuali.

    lufatti: 1. t. certo miglio1·C' ciò che è I>iù necessario e duraturo. Ora, le \·frtù lllOl'H.li sonn (( IJÌù durature delle discipline Il, cioè delle virtù intellettuali: e sono anche più necessarie alla vita umana. Esse dunque sono da preferirsi alle virtù intellettuali. ~. Rientra nf'lln definizione della. virtù «render buono chi la pos~ieùe )), .\la un uomn si dice buono per le virtù morali: non già 1;c1' quelle intel1t:'lt uali, se si ecrettui la nrudenza. Perdò le virtù morali sono migHuri di quelle inteliettnali. 3. Il fine è suneriore ai mezzi ad esso ordinati. Ora, a detta
  • ìmpficìf1;r e secundum quid. 1 Infatti niente impedisce che una cosa sia simplidtcr, o di per sè, superiore a un'altra., corne /(il filosofare rispe!to all'arricchire H, e tuttavia non lo sia sol to un certo aRpetto~ osgia secm1dum quid, cioè ' si movc, clii pesca p('r lo vno e no11 lia 1·arte " (Pararli.~o.

    xnr, I t2-123).

    ~ Più che ta conclusione. netrartirolo ìntp1•e:-;sa c111esta analiH profonda drll'opposizionc cli rontrarigli ('llUHZiafì. La precisazion0. come vedremo all'art :>, era particolai·mente nerPssaria. pe1• usr.t1't> òai:rH N\ui\·ori crpafi da non poctli maf'Stri. anrhf t('l('hri, sul nosl1·0 ar·,Q"onwnlo.

    LA ::'.'50ì\L\IA TEOLUtiJC,.:\, 1-11, q. 67,

    a: 4

    AHTlCOLU 4

    Se la speranza rimanga dopo la morte nello stato di gloria.

    SE1\1BRA che dupo la morte nellu stato di gloria la speranza debba rimanere. Infatti: 1. La speranza nobilita l'appetito umano più delle virtù morali. {Jra, le virtù 1norali, come S. Agostino dimostra, rimangono dopo questa vita. A rnnggior raginne, quindi, riinane la speranza. 2. La speranza si contra1)po1ie al tilnore. Ma il timore dopo questa vita rimane: llei beati come timore filiale, che dura eter. nanien.ie; e nei dannati come timore delle pene. Dunque, per lo stesso motivo, può rimanere anche la speranza. 3. La speranza ha per oggetto un bene futuro, come il desiderio. Ora nei beati si tl'ova il desiderio dei beni futuri: sia rispetto alla gloria del corpo, che le anime dei beati desiderano, come dice S. Agostino; sia rispetto alla gloria dell'anima, secondo gli accenni della Scrittura: 7, aa. 5-6

    seguilo averla vis.ione. Ecco (}tlindi dimostrato che in patria la fede non può affatto rimanere identica nel numero e nella specie; rna soltanto nel genere. 1 SoLUZIONf~ DEI.LE DIFFICOLTÀ: 1. Tulto il razionale, il vivente che rimane non è identico nel nnmero, ma solo nel genere, come abhianrn dimostrato. 2. L1 imperfezione della lnce di una candela non si contrappone alla p1, afferma: «I sette vizi sono contrari alle sette virtù dello Spirito Santo H, cioè ai sette doni. Ora, i sette vizi sono i contrari delle virtù comunemente dette. Perciò i doni non si distinguono dalle virtù comunemente dette. 3. Cose r:he hanno l'identica definizione sono identiche realmente. ~Ia la definizione della virtù si addice ai doni: infatti ogni dono è ((una buona qualità dell'anima, mediante la quale si vive retta· mente .... 1i. Parimentf, la definizione del dono si addice alle virtù 1 :-;ella divisione gellcr-a le flel traltato (CI. 55, prol.) ì doni sono inse1·iti in una trilogia, the costìtui})c,e il eo1·omuucnto degli abiti virtuosi: doni, beatttudtnl. e trulll. Per raptre esatt,S., ci fa vedere le cose in maniera enigmatit:i come in uno spf'cso: la fNie, r1. es., lla una sostanziale imperfezione dovuta

    QUAESTIO 68

    De donis in octo arliculos

    di1·i.~a.

    Co:'\SEQUENTER considerandum est de donis. Et circa hoc rg1aeruntur octo. Primo: utrum dona differant a virtutilrns. Secondo: de necessitate donorum. Tertio: utrum dona Bint habitus. Quarto: quae, et quot sint. Quinto: utrum dona sint connexa. Sexto: utrum maneant in patria. Septimo: de comparatione eorum ad invicem. Octavo: de comparatione eorum ad virtutes. AHTIClJLUS 1 Utrum dona differant a virtutibus. 3 Sent., d. 34, q. 1, .a. 1: ln Isatam, r. 11; Ad Galat., c. 5, lect. 6.

    AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod dona non distinguantur a virtutibus. Dicit enim Gregorius, in I Moral. [c. 27.l, exponens illud lob [1, 2], «Nati sunt ei septem filii >>: u Septem nobis nascuntur filii, cutn per conceptionern bonae cogitationis, Sancti ~piritus septem in nobis virtutes oriuntur n. Et inducit illud quod habetur Isaiae 11, 2, 3: « Hequiescet super eum spiritus intellectus » etc., ubi enumerantur septem Spiritns Sancti dona. Ergo septem dona Spiritus Sancti sunt virtutes. 2. PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro 1 De Quaestionìb. Evang. [q. 8J, exponens illud quod habetur Matth. 12, 45, cc Tunc vadit, et assumit septem alios spiritus etc. >>: e< Septem vitia sunt contraria septem virtutibus Spiritus Sancti », idest septem donis. Sunt autem septern vitia contraria viriutibus communiter dictis. Ergo dona non distinguuntur a virtutibus conununiter dictis. 3. PRAETEREA, quorum est definitio eadem, ipsa quoque sunt eadem. Sed definitio virtutis convm1it donis: unumquodque enim donum est u bona qualitas mentis qua recte vivitur >), etc. tq. 55, a. li]. Shniliter definitio doni convenit virtutibus infusis: est enim donum alla sua oscurità. E questo difE>tto vione f'liminato da un· ahito superiore, che viene chiamato àono.... A sua volta l'operazione che promana da una virtù perfezionata da un dono si chiama beatttudtue .... Ma codesta operazione necessariamente è seguita dal godimento, }}Oichè il godimento, a ùire del Filosofo è un'operazione abitudinale non impedita. E da cruPsto Iato essa si chiama frutto ,, (In Jsaùim,

    c. 11, 2

    !).

    S. Tommaso non si chiede, ronif' fanno i moderni teologi e moralisti. se esistono i cloni. Poichè sull'esistenza
  • lla Ti•adizione, che è unanimfore: e la disposizione ad essere ben mosso dal proprio motore, è la pr.rfezione del mobile come tale. Perciò quanto più alta è la. cansa. inovente, tanto più si esige che il soggetto mobile sia predisposto da una disposizione più perfetta: vediamo infatti che più aHa ò la dottrina da apprendere, e più il discepolo deve essere 1ne~dìo preparato. Ora, è evidente rhe le virtù umane potP.nziano l'uomo [solo] in qnanto è fatto per assecondare la mozione de.Ila ragione nei suoi af ti interni ed esterni. Perciò è neceBsario rhe esistano in lui perfezioni più alte, per essere da essr predisposto alla mozione divina. E queste perfezioni sono chiamate doni: non solo perchè sono infuse da Dio; ma perchè da essr l'uomo viene disposto ad assecondare con prontezza le ispirazioni di\'ine. secondo l'espressione di Isaia: «Il Signore mi ha aperto l'orecrhio: erl io non contraddico, non mi sono mai ritirato indietro l>. Jl Filosofo 8tesso notava che coloro i quali sono mossi per i:;;.tin!o divino. non hanno hiso.g-no di deliherare secondo la rai;rionr umn na, rna ùenmo s~guire l'istinto interiore: poichè sono mm.;;si da un principio superiore nlla ragione umana. - R questa la tesi 1 VNt 1 nota prcc~cknlt'. 2 E.-~1'ù il test.e• di I~ia nena sua iu!rgrità, secondo i LXX p, la Vol~ata: "E ~i poserà su 1U lui Jo sr1h·i10 flf'I Sif.'1101·1?, .>: sicut et ratio nostra perficitur per prudentiam. Unde sicut virtutes morales connectuntur sibi invicem in prudentia, ita dona Spiritus Sancti connectuntur sibi invicem in caritate: ita scilicet quod qui caritatem habet, omnia dona Spiritus Sancti habet; quorum nullnm sine caritate haberi potest. AD PRIMUM ERGO DlCENDUM quod sapientia et scientia uno modo possunt considerari secundum quod sunt gratiae gratis datae: prout sciHcet aliqnis abundat intantum in cognitione rerum divinarum et humanarum, ut possit et fideles instruere et adversarios confutare. Et sic loquitur ibi Apostolus de sapientia et scientia: unde signanter fit mentio de cc sermone sapientiae H et « scientiae n. Alio modo possunt accipi prout sunt dona Spiritus Sancti. Et sic sapientia et scientia nihil aliud sunt quam quaedam perfectiones humanae mentis, secundum quas disponitur ad sequendurn instinctus Spiritus Sancti in cognitione divinorum vel humanorum. Et sic patet quod huiusmodi dona sunt in omnibus habentibus ca. ritatem. e bevessero insieme con essi" (Giob., l, 4). - Ricordiamo inoltre che S. Gregorio

    è la tonte principale della dottrina sui doni, sia per S. Tommaso che per tutta

    la scolastica. 2 E dottrina comune dei teologi, elle la presenza dei doni nelle anime è connessa con lo stato di grazia. a Le grazie gratis datae, o carismi, sono facoltà concesse da Dio a una creatura per farne strumento di elevazione soprannaturale a f•. Perciò il passo non si può intendere nel senso che un dono possa esiste1·e senza l'altro: ma che se l' intelletto fosse senza sapienza, non sarebbe un dono; come la temperanza non sarebbe una virtù, se fosse senza giustizia.

    ARTICOLO 6 Se i doni dello Spirito Santo rimangano in patria. 1 SE1'1BRA che i doni dello Spirito Santo non rimangano in patria. Infatti: 1. ~. Gregorio atlern1a, che ((Io Spirito Santo con i sette doni conforta l'anima. contro le varie tentazioni)). :\Ia nella patria [ueata l nnn ci sarà tenhtzione alcuna; secondo le parole di Isaia: re Non nuoceranno e non uccideranno più su tutto il mio santo monte n. Dunque i doni dello Spirito Santo in patri.a non ci saranno. 2. Come sopra aubiamo detto, i doni dello Spirito Santo sono abitL Ora, i.nutUmente esisterebbero gli abiti, se non ci potessero essere degli atti. Ma in patria non possono esserci gli atti di certi doni: infatti S. Gregorio afferma, che u l'intelletto fa penetrare le cose udite, il consiglio impedisce la precipitazione, la fortezza fa. non temere le cose avverset e la pietà riempie le viscere del cuore con opere di 1nisericordia)): tutte cose incompatibili con le rnndizioni della. patria beata. Perciò codesti doni non ci saranno nello stato di gloria. ~L Alcuni doni perfezionano r uomo nella vii a co111 Pmplativa, come la sauienzn e l'intelletto; altri lo perfezionauo nella vita attiva, come la pietà e la fortezza. ::\la a dire di S. Gregorio, . EspreR~ione questa che, rosi come suona, si riferisce allo stnfo prr,senfe, :\fa l'intima tenerezza verso i1 prossimo, indicat:l nelle «viscere dcl cuorfl ii, appari.iene anche allo stato futuro; nel ouale la pietà nnn offrirà oprre di misericordia, bensì un trihuto d.i congratulazioni. -- D~l t.imore poi afferma, che : quorum duorum spes transit, sed certitudo remanet. - Et de intellectu dicit quod u in eo quod audita penetrat, reficiendo cor, tenebras eius illustrat »: quorum auditus transit, quia «non docebit vir fratrem suum n, ut dicitur Ierem. 31, 34; sed illnstratio mentis manebit. - De consilio autem dicit quod cc prohibet esse praecipitem », quod est necessarium in praesenti: et iterurn quod « ratione aninum replet)) quod est necessarium etiam in futuro. - De fortitudine vero dicit quod « adversa non metuit ll, quod est necessarium in praesenti: et iterum quod u confidentiae cibos apponit n, quod permanet etiam in futuro. - De scientia vero unurn tantum po nit, scilicet quod « ignorantiae ieiunium snperat u, quod pertinet ad statum praesentem. Sed quod addit, u in ventre mentis n, potest ftguraliter intelligi repetio cognitìonis, quae pertinet etiam ad statum futurum. - De pietate vero dicit quod u cordis viscera misericordiae operibus replet )). Quod quidem secundum verba, pcrtinet tantum ad statum praesentem. Red ipse intimns affectus proxi1norum, per viscera designatus, pertinet etiam ad futurum statum; in quo pietas non exhibebit misericordiae opera, sed congratulationis affectum. - De timore vero dicit quod « premit mentem, ne de praesentibus superbiat n, quod pertinet ad statum praesentem; et quod u de futuris cibo spei conf ortat )) , quod etiam pertinet ad statum praesentem, quantum ad spem; sed potest etiam ad siatum futurum pertinere, quantum ad confortationem de rebus hic speratis, et ibi obtentis. tutta la. traciizione della teologia cattolica. Come atro del magistero ordinario della Chiesa possiamo citare anche qui l' Encicllca n1v1num il.lwt muntts di Leone XIII; 1• uaoc. propterea dona tantae sunt efficacitati!ì, ut, eum ad tastigium santimoniae adducant, tantaeque oxcellentiae ut in coeJesti regno eadem quamvis. perfectins perseverent )). 2 Evidentemente la permanenza del timore presenl.a partirnlari difficoltà. Perciò l'Autore si riserva\'a di tomare sull'argomento nena 11-11, q. 19, a. ii.

    L:\ ~o~nL\ TEOLOCICA, 1-ll, q. 68, aa. G-7

    ;t L' arµomPUI•l fa forza. fi-1.tlla mate ria dei doni. Infatti le opere delta vita atti va 11011 i1ntranno più essere n1ateria dei doni: ma questi avrannn i loro atti per cose riguardanti la vita contemplativa, qunle è la vita beata. ARTICOLO 7 Se la dignità dei doni segua l'enumerazione di Isaia.

    1

    ~EMBRA

    rhe la dignità dei doni non coincida con l'enumerazione di Isaia. Infatti: 1. !l principale tra i doni dcv' essere quello che Dio più richiede dall' 110rno. (Jta, Dio richiede dall'uomo soprattutto il timore; poicl1è sta scritto: a Ed ora, Israele, di e cosa chiede da te il Sigriore Dio tuo, se non che tu terna il Signore Dio tuo?)); e altrove : cc Se io sono il Signorei dov' ò il timore a me dovuto? ii. Perciò il timore d1e è enumerato per ultimo 11on è l'infimo ma il primo dei doni. 2. La pietà si 11reseuta come un bene universale: infatti l'Apostolo ha scritto che u In pietà è utile a tutto». Ora un bene universale va preferito ai beni particolari. Dunque la pietà, elencata al rwnultimo posto, è il più grande dei doni. 3. J,a scienza affina il giudi;do dell'uomo; mentre il eonsiglio fa parte della. ricerca. :..ra il giudizio è superiore alla ricerca. Quindi la scienza è un dono s11per.ìore al consiglio: e invece è enumerata llopo di 1:-'SSO. "1·. La f ortozza Rpt>tta a unH potenza appetitiva; la scienza, invPce, alJa ragione. Ma la rngiom~ è più nobile delle ywtcnze appetitive. Dnnquc Ja scienza è nn dono superiore alla fortezza: che pert, è prima nell'enumcrazinne, Perciò la dignità dei doni non rispetta l'ordine della loro erntmerazione. IN' co'!'THAlllO: S. Agostino, romment ando il discorso della montagna, ha st•ritl o: «A me sf'In hra che la settiforme operazione dello Sìpirito ~anto, di cui parla lsaia, corrisponda a questi ~radi o aforismi ii di cui ~i parla in S. 1\.fatteo; ,!..'"li at•tieoli JH'f'ceclonti. L'Aurore è in cerca. dì i·ai.noni i, o doni, , est enim fortitudo circa passiones irascibilis; paupertas vero et Iuctus ad donum t irnoris, quo homo se retrahit a cupiditatibus et delectationibus mundi. Alio modo possumus in his beatitudinibus considerare motiva ipsarum: et sic, quantum ad aliqua eorum, oportet aliter attribnere. Praecipue enim ad mansnetudinem movet reverentia ad Deum: quae pertinet ad pietatem. Ad lugendum autem movet praecipue scientia, per quam homo cognoscit defectus suos et rerum mundanarum; secùndmn illud Eccle. 1, IR: cc Qui addit scientiam, addit et dolorem n. Ad esnriendum autem iustitiae opera. praecipne movet animi fortitudo. Ad miserendum vero praecipue movet consilium Dei; srcundurn illud Dan. 4, 24: « Consilium meum regi placeat: peccata tua eleemosynis redime, et iniquitates tuas misericordiis pauperum u. - Et hunc modum attributionis sequitur Augustinus, in libro 1 De Serm. Dom. in Monte [c. 41. AD QUARTu:.1 DICENDUl\lf quod necesse est beatitudines omnes quae 1 L ·articolo non l· altro cl1e una profonda meflltazione H·ologic-a sul lt>sto evangelico.

    37H

    LA SOM.\fA TEOLOGlCA, I-II, q. 69 aa. 3--'i

    tu1·a si i·idueanù a queste, o rispelto aHe opere meritorie Lche raccomandano j, o rispetto ai premi [che promettono J: poichè tutte devono ar>partenere, o alla. vita attiva, o alla vita contemplativa. Ecco infatti che la beatitudine: ((Beato l'uomo che da Dio è corretto n, appartiene alla beatitudine del pianto. E l'altra: H Beato l'uomo che 11on va se;I'il1menu• il p:lsso irmwporato nella drscriziCme della celeste Geru-

    l FH.CTTI IJELLO SPIRITO SANTO

    389

    6, 22: un fiume d'acqua vi va. splendido come cristallo che usciva clal t1·ono di Dio e ilf'll'agneno. In mt>zzo alla sua piazza e di qua e di là dal fiume [e' è] l'albero ùella vita, che fa dodici fr·utti, danclo ogni mese il suo frutto,,, a E questo il primo moto ll'am1rt ilo, e non solt:rnto clt>g-li appetiti inferiori, ma anche 11plla votonfil. 25

    X

    390

    LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. 70, a. 3

    ?ua così le parole del Salmo: ((Molta pace per quelli che aman la tua legge, e non v'è incia1npo per essi H, non essendo essi distolti per cose esterne dal godere di Dio. Secondo, rispetto alla sazietà dell'inquieto desiderio: voichè non si può godere perfettamente, se quel che si gode non basta. Ora, la pace implica queste due cose: non essere turbati dall'esterno, e l'acquietarsi del nostro desiderio in una data cosa, Perciò, dopo la carità e la gioia, al terzo posto trovia1no la pace. - Rispetto al male la buona disposizione dell'anima richiede due cose. Primo, l'assenza di turbamento nell ~ imminenza di cose dolorose: e questo si riduce alla 1mzien:.a. - Secondo, l'assenza di turbamento nella diazione dì cose piacevoli: e questo si riduce alla longanimità: infatti, a dire di Aristotele, u la mancanza di un Jrnne ha l'aspetto di male 11. Rispetto alle cose che sono vicine all'uomo, cioè rispetto al prossimo1 l'anima 1nnana viene ben disposta: primo, quanto alla volontà di far del bene. E in questo abhiamo la bontà. - Secondo, quanto all'esercizio della beneficenza. E in questo abbiamo la benignità: infatti si dicono henig·ni coloro che il buon igne [o fuocoJ dell'amore rende fervidi nel beneficare il prossimo. - Terzo, nell'equanirne sopportazione del male ricevuto. E in questo abbiamo la m.ansr1etudine, la quale trattiene l'ira. - Quarto, nel non limitarsi a non nuocere al prossimo con l'ira, ma neppure con Ja frode o con linganno. E in questo abbiamo la fede, se le diamo il senso di fedeltà. Se invece la prendiamo come fede in Dio, allora da essa l'uomo viene ordinato alle cose che sono sopra di lui; così da sottomettere a Dio il suo intelletto, e quindi tutte le sue cose. Invece I'isoetto alle cose che sono al di sotto di sè l'uomo viene ben disposto innanzi tutto, per le azioni esterne, dalla rnodestia, rhe ne regola tutti i gesti e le parole. - E per le concupiscenze interiori dalla contincn:;a e dalla ca.~tità: sia che esse si distinguano per il fatto che, rnentre la castità trattiene l'uomo dai piaee1·i illeciti, la continenza lo trattiene anche da quelli leciti; sia che si distinguano per il fatto, che, mentre il continente prova le eoncupisrenze, ma non ne è trascinato, il casto non le prova e nssanta; e quella verginale col cento per uno. Ma i Santi Dottori distinguono questi tre tipi di frutti anche in altri modi secondo 1.re gradi di virtù. E si parla di tre gradi, perchè la perfezione di una cosa si può considerare nel suo principio, nel suo punto intermedio, e nel suo termine. 3. La stessa assenza di turbamento nelle cose tristi ha l'aspetto di cosa piacevole. - Anche la fede, se si prende come fondamento, ha un aspetto di cosa ult inia e piacevole, in quanto implica certezza; di qui l'espressione della Glossa: u La fede, cioè la certezza delle cosr inri~ihili ll.

    I FHUTTI DELLO SPlRl TO SANTO

    3\Jl

    unde dicitur in Psalmo 118, 165: « Pax multa diligeutibus legem tuam, et non est illis scandalu1n n, quia scilicet ab exterioribus nou perturbantur, quin Deo fruantur. Secundo, quantum ad sedationem desiderii fiuctuantis: non enim perfecte gaudet de aliquo, cui non sufficit id de quo gaudet. Haec autem rluo importat pax; scilicet ut neque ab exterioribus perturbemur; et ut desideria nostra conquiescant in uno. Unde post caritatem et gaudium, tertio ponitur pax. - In malis autem bene se habet mens quantum ad duo. Primo quidem, ut non perturbetur mens per imminentiam malorum: quod pertinet ad patientiam. - Secundo, ut non perturbetur in dilatione bonorum, quod pertinet ad longanimitatem: nam u carere bono habet rationem mali n, ut dicitur in 5 Ethic. [c. 3, lect. 5]. Ad id autem quod est iuxta hominem, scilicet proximum, bene disponitur mens hominis, primo quidem, quantum ad voluntatem bene faciendi. Et ad hoc pertinet bonitas. - Secundo, quantum ad beneficientiae executionem. Et ad hoc pertinet benignitas: dicuntur enim benigni quos bonus ignis amoris fervere facit ad benefaciendum proximis. - Tertio, quantum ad hoc quod aequanimiter tolerentur mala ab eis illata. Et ad hoc pertinet mansuetudo, quae cohibet iras. - Quarto, quantum ad hoc quod non solum per iram proximis non noceamus, sed etiam neque per fraudem vel per dolum. Et ad hoc pertinet fi,des, si pro fidelitate sumatur. Sed si sumatur pro fide qua creditur in Deum, sic per hanc ordinatur homo ad id quod est supra se: ut scilicet homo intellectum suum Deo subiiciat, et per consequens omnia quae ipsius sunt. Sed ad id quod infra est, bene disponitur homo, primo quidem, quantum ad exteriores actiones, per modestiam, quae in omnibus dictis et f actis modum observat. - Quantum ad interiores concupiscentias, per continentiam et castitatem: sive haec duo distinguantur per hoc quod castitas refrenat hominem ab illicitis, continentia vero etiam a licitis; sive per hoc quod continens patitur concupiscentias sed non deducitur, castus autem neque patitur neque deducitur. AD PRIMU:M ERGO DICENDUM quod sanctificatio fit per omnes virtutes: per quas etiam peccata tolluntur. Unde fructus ibi singulariter nominatur propter unitatem generis: quod in multas species dividitur, secundum quas dicuntur multi fructus. An SECUNDUM DICENDUM quod fructus centesimus, sexagesimus et trigesimus non diversificantur secundnm diversas species virtuosorum actu um : sed secundum diversos perfectionis gradus etiam nnius virtutis. Sicut continentia coniugalis dicitur significari per fructum trigesimum: continentia vidualis per sexagesimum; virginalis autem per centesimum. Et aliis etiam modis Sancti distinguunt tres evangelicos frnctus secundum tres gradus virtutis. Et ponuntur tres gradus, quia cuiuslibet rei perfectio attenditur secundum principium, medium et finem. AD TERTIU:M DICENDUM quod hoc ipsum quod est in tristitiis non perturbari, rationem delectahilis habet. - Et fides etiam si accipiatur prout est fundamentum, habet quandam rationem ultimi et delectabilis, secundum quod continet certitudinem: unde Glossa [interlin.] exponit: u Fides, id est de invisibilibus certitudo )), 1

    Lo schema potrebbe servire a meraviglia per una esposizione parenetica.

    :m2

    LA

    ~O:\L\IA

    TEOLOGICA, I-li, q. 70, aa. 3-i

    4. S. Agostino, nel suo commento sull'epistola ai Galati, nota che ({ l' ApostoJo non si è impegnato a insegnare quanti sono)>, o le opere della carne, o i frutti dello spirito; u ma a mostrare in quale genere si trovino le cose da evitare, e in quali quelle da perseguire H. Cosicchè si sarebbe potuto enumerare un numero maggiore, o minore di frutti. Però tutti gli atti delle virtù e dei doni si possono in quaklie rnodo ddurre n qnesti [dodici], in quanto che le virtù e i doni devono tutti necessariamente ordinare l'anima in uno dei modi indicati. Quindi gli atti della sapienza e di altri doni riguardanti il bene, si riducono alla carità, al gaudio e alla pace. - Tuttavia l'Apostolo ha enumerato questi a preferenza di altri, percbè quelli enumerati implicano meglio o fruizione del bene, o cessazione dal rnale: e questo è più legato alla. nozione di frutto.

    i\HTlCOLO 4 Se i frutti dello Spirito Santo siano contrari alle opere della carne.

    che i frutti non siano contrari alle opere della carne enumerate dall Apostolo. i. Infatti: 1. I contrari sono nel medesimo genere. Ora, le opere della carne non sono chiamate frutti. Dunque i frutti dello spirito non sono ad esse contrari. 2. A una data cosa corrisponde un solo contrario. I/Apostolo invece enumera più opere della carne che frutti dello spirito. Perciò i frutti dello spirito e le opere della carne non sono contrari tra loro. 3. Tra i frutti dello spirito al primo posto troviamo la carità, Ia gioia e la pace: ad esse però non corrispondono le opere della carne enumerate al primo posto, e che sono la fornicazione, l' irnpurit à, l'impudicizia. Quindi i frutti dello spirito non sono contrari alle opere della carne. IN co~Tl\ARIO: L'Apostolo insegua, che cc la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito li ha contrari alla carne>>. RISPONDO: Le opere della carne e i frutti dello spirito si possono considerare sotto due aspetti. Primo, nella loro comune natura. E da questo lnto tutti insieme i frutti sono contrari alle opere della carne. Infatti lo Spirito Santo muove l'anima umana verso ciò che è conforme alla ragione, o piuttosto verso ciò che è al di sopra di essa: invece gii apprtiti della carne, cioè l'appetito sensitivo, trascinato verso i b1~ni sensihiJi, che sono al disotto dell'uomo. Perciò, come nel mondo fisico il moto verso l'alto e quello verso il basso sono contrari. rosi nell'uomo le opere della carne sono con1raI'ie ai frutti dello spirito. Secondo~ si possono considera.re nella natura propria di ciascun frutto e di ciascuna opera della carne. E da questo lato non è necessario che ognuno abbia i1 suo contrario: pokhè, come abbiamo già ricordato, l'Apostolo non intendeva enumerare nè tutte le opere spirituali, nè tutte quelle carnali. - Tuttavia, secondo una certa corrispondenza, S. Agostino contrappone alle singole opere :SEMBRA

    1

    I FHUTTI DELLO SPIHITO SANTO

    393

    Ao QUARTU.:\f [arg. Sed contra] DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit, super epistola1n Ad G. LOTTIN 0. 217, 219, 2.14,

    273, .1.34,

    335. MACROBIO 16, 16..1, 226 n, 229. MASNOVO A. 246. :\IARIA Ver~dne (SS.) 297. \1AS8IMO (S.) 55 Il, 59. \lELCHlOR (ANO 2!)!). l\fEN'.\JES8IEH A. J. 397. Mlf.HEL A. 397. l\fOJ.JNA L. e ::\1olinisti 1oq. ,ç.,

    106,

    255. :'\ERTORIO 2.67. NICOLA (~.) 297.

    GAETANO (Card. Tommaso Dc Vio) GARDEIL A. 333. GARRIGOU-LAGRANGE

    G01nmEno de Fontaines GREDT J. 83, 2.16. GnEGORIO (S.) 16, 148 n,

    KANT E. KOELLIN

    169.

    252, 282, 292 s. DE ROTON P. 397. DIOGENE LAERZIO 169.

    R:\ìUCO DI GAND ERACUTO 272.

    10t.>

    ONO.:\IASTfCO

    245.

    G. 255. Oun P. 2!)2. OuvIEIH G. 397.

    0CKAM

    PALAZZINI P. 13, 397. PIETRO CA.NTORR 25.'l. PIETRO di Poitiers 12.'J. PIETRO LOMBARDO (Maestro

    delle Sentenze) 12.'J s., 25,'J, 834. PT,ATONE e Platonici 23, 40, 60, 77,

    I~DICE

    Ol'iO::.\IASTICO

    V3, 194, 21a~ 22~, 229, 2~5, 247,

    272,

    :uo.

    PLOTI'.'\O 77 n, 226 n, PORFIRIO .~2, 77. PRAT F. 367, 37:l. PROCLO 57, 77. ,,.... I 9""6 n. ' P hOSPERO l~.; ... 1 PRU:\lMER 23f. Pl:CCETTI A. 2.16 s.

    229 n.

    u.

    J. 11, 31, 16B. RAVATSSON F. 11. RoBERTI F. H .. no:'vrno A. :J65. RAMJREZ

    ROSMIXc A . .f f s ..1 64, {(jf. SACRA SCRIITURA :

    Vecchio Testamcnt o.

    "!\' um. (12, 3) : 293. Deut. (10. 12): 357. Tob. (2, 12): 293. Giob. (1, 2): 3:13 - (1, 4): .'~!jO s. (5, 17) : 371 (21, la) : S67 - (31. 18) : ·lG (36, 26) : 303. Sal. (1, 1): 371 - (16, 15): 36!) - (27, 7}: 369 - (35, 10) ; :~25 - (67j 7): 169 - (110, 10) : 359 - (118, 12,0): 3~7 - (118, 165) : 391 - (H·2, 10): 341. Prov. (1, 33): 325 - (3, 13): 371 - (8, 17): ~7 (15, 5): 28ù - ~15, 27): 317, :J59 -- (16, 6): &5~l Eccle. (1) 18): :J7.5. Cani'lc. (8, 7): 337. Sap. (1, 15): 311 - (3, ff>}: 3~;J - (7, 28} : 341 - (8, 1): 15 ··(8. 7): 161, 189, 2H., 25.'3 (H, 16): 1R9 - {8, 21) ~ 249 - (!l. 11,) : 161 (11. 21) : 249. Ercli. (1, 16): 359 - (1. 2Rì: 3}1 - (2, 8 ss.) : 2,1:1 (15, ;)} : ,.,1 (::)4~1',, !. 2, ...9u9 a.1.

    ScoTo G. Duns 2!>3. SERTILLANGES A. D. 67. SIMONE di Tournai SIMPLICIO 16, 25, 27,

    407

    187 n, 190, 194, .273, .288, 291 n, 310. TEOGNIDE 272. TOUZARD 346 s.

    UGo di S. Vittore 2:>.1 . T. 10, 397. UTZ F. 271, 397. l:RDANOZ

    263.

    29, 40 n, 41, 4!3, 51, 56 n, 77 n, 291. SOCRATE 23, 60, 170, 172, 272, 298. SPICQ P .. C. 168. STOICI e Stoicismo 21, 76, 184,

    VALBUENA J. .23. LIESHOCT H. VI'ITORINI 122.

    V AN

    WILLIAMS

    C. 397.

    227.

    INDICE GENERALE PAG. 7

    lKTIiù alta tra le virtù teologali .

    296

    L:t t:iermanc-nza 1.leHe ·virtù clopo questa vita . Articolo 1. Se dopo questa vita le virtù morali rimangano . Articolo 2. Se• lr virt.ù intellettuali rimangano dopo questa vita Artic.o\o ~t Se la. fede rimnnga dopo questa. vita . . Articolo 4. Se la speranza rimanga dopo la morte nello stato di. gloria. . . Articolo 5. Se nella glorilt 1·esti qualche cosa della fe,1e, o dPlla soeranza Articolo 6. Se nella gloria. dopo questa vita, rimanga la eariUi

    310 310 314

    ()ac.~llunc f;ì. -

    Articolo 1. So Articolo 2. Se Art.icoìo 3. Se Articolo 4. Se rito Santo Articolo 5. Se Articolo 6. Se Articolo 7. Se ArtieoJo 8. Se

    i doni siano distinti (lalle virtù . i doni si mio necessari all'uomo Der snl v:asi i don1 deno Spirito Santo siano ablti . sia esatta l'er111merazione dei sette doni rtf'llo Spi, . . . i dotti dello Spirito Santo siano connessi . . i doni dello Spil·ito Santo rimangano in pnt1·ia .. la dignità d Articolo 1. Se della carne

    . . . . . . . . i frutti differiscano dalle beatitudini .

    382

    . 386 i frutti ~inno h1·n rnnmerati dall'Apostolo 386 i frutti dello Spirito Snnto sinno contrari alle opt>rc' . 392

    Non nrnLmGR.ffTr:\ ABORE\'IAZCON'I

    397 399

    JNIHCE OXO;\.USTICO

    40'.{