La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico. Da Socrate ad Aristotele. Platone e l'Accademica antica [Parte II. Vol. 3.2] [PDF]

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Zitiervorschau

E. Zeller R. Mondolfo

La filosofia dei Greci nel suo sviluppo • stortco Parte II, volume III/ 2 a cura di Margherita Isnardi Parente

IL PENSIERO STORICO

LA NUOVA ITALIA EDITRICE

L'opera dello Zeller è quanto di piu esauriente e imponente sia stato scritto sul pensiero greco. La sua profondità, la minuta articolazione, la sensibilità con cui era st-ata dettata ne facevano un classico aperto al progredire scientifico. Ne fanno fede le cinque edizioni tedesche curate dallo stesso Autore oltre alle due successive integrate dai suoi allievi Lortzing e Nestle. Per l'edizione italiana (che prevede 18 volumi, sotto la guida di Rodolfo Mondolfo, con l'ausilio di vari collaboratori di speciale competenza e chiara fama) si è creduto· di doversi astenere da ogni integràzione sostanziale o rifacimento, fornendo tuttavia un aggiornamento particolarissimo che traccia la storia dei problemi posti dallo Zeller cosi come si sono venuti svolgendo sino ai nostri giorni. Sotto questo aspetto l'opera già monumentale dello Zeller ha ancora aumentato il suo pregio: il commento, dettato con competenza equilibrio e abnegazione ammirevoli, sùpera per mole il testo originario. Nulla o quasi nulla di ciò che si è scritto nell'ultimo cinquantennio sulla filosofia greca è sfuggito alla registrazione accurata e paziente, alla critica sagace del curatore: senza tuttavia infarcire o appesantire l'opera, perché il nuovo non si ammassa sull'antico, ma si svolge da esso, come un naturale prolungamento storico. In tal modo l'opera dello Zeller, oltre che la piu importante sull'argomento, resta quanto di piu comprensivo e aggiornato si abbia.

E. ZELLER • R. MONDOLFO

LA FILOSOFIA DEI GRECI NEL SUO SVILUPPO STORICO PARTE SECONDA VOL. III/2

A CURA DI

:MARGHERITA ISNARDI PARENTE

((LA NUOVA ITALIA>> EDITRICE FIRENZE

E. ZELLER - R. MONDOLFO

LA FILOSOFIA DEI GRECI NEL SUO SVILUPPO STORICO PARTE

II

DA SOCRATE AD ARISTOTELE Volume III/2 Platone [Tomo secondo]

e l'Accademia antica A CURA DI

MARGHERITA ISNARDI PARENTE

"LA NUOVA ITALIA" EDITRICE FIRENZE

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

l a edizione : settembre 1974

Testo della

sa

edizione tedesca con nuovi aggiornamenti Titolo dell'opera originale

Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung Leipzig, G. R. Reisland, 1922 Traduzione di ERVINO PocAR

STAMPATO IN ITALIA • PRINTED IN ITALY

PLATONE (Politica, Filosofia della religione ed Estetica)

L'ACCADEMIA ANTICA

Il presente volume contiene le sezioni XI-XVI del capitolo II della parte II dell'opera zelleriana.

SEZIONE

XI

LA POLITICA Come la virtu è per il singolo il sommo bene, cosi è anche lo scopo supremo della vita sociale, e come la giusta costituzione dell'anima singola riposa sul rapporto secondo natura delle sue parti, cosi è da dire anche dello stato. Delle due vaste opere dedicate da Platone alla politica, prendo a considerare la prima, cioè la Repubblica, assieme al dialogo che la precede, il Politico; delle Leggi si tratterà piu avanti.

l. Scopo e funzione dello stato. - S'è definita or ora la virtu come lo scopo della vita sociale. A questa definizione sembra in un primo momento contraddire Platone stesso con una molto piu esteriore derivazione del medesimo: secondo lui 1 , lo stato nascerebbe dal fatto che la forza dei singoli non basta a soddisfare i loro bisogni materiali e perciò essi si uniscono in una società; in origine lo stato consta quindi esclusivamente di lavoratori manuali, che senza bisogni artistici e senza istruzione superiore conducono la piu semplice delle vite; solo la sontuosità rende necessaria la classe dei guerrieri e dei governanti e con essi tutto l'organismo statale. Lo stesso, solo in forma mitica,

1

Resp. II, 369 B sgg.

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dice il Politico, quando afferma 2 che nell'età dell'oro gli uomini, vivendo sotto la custodia degli dèi in abbondanza materiale, non hanno ancora formato stati, ma solo greggi, e solo a causa del peggioramento del mondo è sorta la necessità degli stati e delle leggi. Quanto poco 893 però j prenda sul serio tale descrizione, Platone stesso lo fa capire chiaramente quando nella Repubblica 3 dice che il preteso« sano» stato di natura è uno stato di maiali, e nel Politico (272 B) vuole riconoscere all'età dell'oro una sorte migliore che alla nostra età solo nel caso che gli uomini d'allora abbiano adoperato i vantaggi esterni della loro situazione per procurarsi un sapere piu alto. Quelle descrizioni avranno dunque piuttosto lo scopo di respingere il falso ideale di uno stato naturale 4 che quello di istruirei seriamente sull'origine della vita statale 5 • 269 C sgg., cfr. specialmente 271 E sgg., 274 B sgg. Il, 372 D. 4 Come lo aveva costruito Antistene, cfr. p. 325 4 • 6 Una piu seria indagine sul modo con cui effettivamente si compiva la formazione degli stati si trova in Legg. III, 676 B, dove, analogamente a quel che avviene in ARISTOTELE, Polit. l, 2, si comincia colle condizioni patriarcali della vita « ciclopica», da cui mediante riunione di famiglie indipendenti sarebbero sorte le prime città. [L'opinione che nello stato di natura qui dipinto con sentimento polemico da Platone sia da ravvisarsi l'ideale di Antistene è sostenuta anche dal DtrMMLER, Antisthenica, Bonnae 1882, cfr. Kleine Schriften l, pp. 10-78, in particolare 12, e Prolegomena zu Platons Staat und der platonischen und aristotelischen Staatslehre, Base! 1891, p. 61, cfr. Kl. Schr. l, pp. 150-228, in particolare 227; riecheggia quest'opinione il v. ARNIM, Die politischen Theorien des Altertums, Wien 1910, p. 35. Ma, dopo HENKEL, Studien zur Geschichte der griech. Lehre vom Staat, Leipzig 1872, p. 8 sgg. e CAMPBELL, Rep. of Pl. III, p. 86, respingono quest'opinione GOMPERZ, Gr. Denker4 , Il, p. 361 e n. l a p. 583 (tr. it. III, p. 335 n. l); ADAM, Rep. of Pl. 2 , l, p. 100; RoDIER, Note sur la politique d'Antisthène, in Année Philos. 22 (1911), pp. 1-7, cfr. Études Philos. Gr. 2 31-36. In particolare Rodier denuncia l'equivoco in cui Zeller è incorso credendo che lo «stato dei porci» di Resp. Il, 372 sgg., si identifichi con il« regno di Kronos » del Politico, del Crizia, delle Leggi: lo « stato dei porci» non è che il primo degli stati durante il regno di Zeus, o, per attenerci al mito 2

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del Politico, il primo degli stati del periodo in cui gli uomini sono già stati abbandonati dalla divinità (mentre nel «regno di Kronos » sono diretti da essa o da buoni dèmoni, cfr. Legg. IV, 713 C), ma ricordando ancora quanto hanno appreso sotto la sua guida riescono a fondare una convivenza « sana » anche se non perfetta. Rifiuta di ravvisare nel passo una polemica contro Antistene anche il WILAMOWITZ, Platon Il, pp. 214-217: non solo per la ragione che di Antistene, a questo proposito, poco o nulla sappiamo, non essendoci note sue specifiche teorie dell'origine della società, ma perché la città che qui Platone descrive è una città priva di &pe-ri) o che prescinde dal motivo della &pe-ri), e una polemica diretta contro Antistene avrebbe difficilmente potuto mancare di tener conto di questo motivo (il Wilamowitz avanza l'ipotesi che possa trattarsi di un accenno a una rappresentazione comica per noi irricostruibile nella sua integrità; lo farebbe pensare l'espressione « città di porci» di Glaucone, a proposito della quale occorre tener conto, per comprendere esattamente il testo, del fatto che il maiale è per i Greci, piuttosto che un animale sudicio, un animale stupido). Neanche TAYLOR, Plato2 , p. 273, crede che la polemica sia da riportare ad Antistene; vi vede piuttosto una raffigurazione dell'Atene primitiva, anteriore alla politica di espansione che ne ha fatto la città del superfluo, la città del commercio marittimo e della ricchezza, la città dalla popolazione sovrabbondante e dai molti inutili e ridondanti bisogni. Wilamowitz rifiuta d'altronde anche l'altra tesi, che qui in questo rapido disegno di città primitiva sia da vedersi piuttosto adombrata la storia dello sviluppo della civiltà di Democrito, da una società basata solo sulle soddisfazioni delle essenziali e primordiali necessità, la società dominata dalla xpd(X, a una società piu complessa, in cui insieme con il superfluo si insinuano anche possibilità nuove di corruzione; cfr. per questa ipotesi soprattutto K. REINHARDT, Hekataios von Abdera und Demokrit, in Hermes 47 (1912) pp. 492513, in particolare pp. 504-505,' secondo il quale nel passo, in cui non vi è traccia né di parodia né di esaltazione di uno stato ideale, non è da ravvisare altro che una rapida traccia di sviluppo della società umana, che Platone mutua a Democrito; come anche a Democrito è da riportare la descrizione di Legg. III, 676 sgg. (questa impostazione democritea, nota il Reinhardt, sarà ancora reperibile in Lucrezio, de rer. nat. V; a proposito del quale cfr. soprattutto R. MONDOLFO, La comprensione del soggetto umano, pp. 660-661). Sulla linea del Reinhardt cfr. POHLENZ, Hippocrates de pr. med. 420, anch'egli con riferimento alle Leggi; UEBERWEG-PRAECHTER, Grundriss, P 2 , p. 270. FRIEDLANDER, Plat. Schr. 362 ( = Platon2 , III, p. 74) ritiene da conservarsi, di questa indagine del Reinhardt, soprattutto l'osservazione di una coincidenza fra Democrito in FILODEMO, de musica (cfr. 68 B 144 DIELS-KRANZ, Il, p. 170, 21 sgg.) e Resp. 373 A-B, a proposito dell'origine della musica nello sviluppo della società umana; ma ritiene che possa trattarsi, piu

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che di un'influenza di Democrito su Platone, di una idea presa da entrambi a una fonte comune, forse all'Areopagitico di Damone. Peraltro Friedliinder crede che nel passo in questione Platone non faccia che disegnare semplicemente le necessità primordiali di ogni tipo di società capace di vita, anche del suo stesso stato ideale; e che ogni ipotesi di riferimento polemico porti del tutto fuori strada. L'opinione zelleriana, che il passo possa sottintendere un riferimento ad Antistene, ritorna peraltro ad affacciarsi nella storia della critica: la ritroviamo in P. SHOREY, What Plato said, p. 217, sia pure nella forma piu generica: il quadro che qui ci dà Platone corrisponde all'ideale « dei cinici o del Rousseau ». Cosi pure, con qualche incertezza, in J. MoREAU, Constr. idéalisme plat. 214. Le opinioni sullo schizzo di ricostruzione delle origini della società umana di Legg. III, 676 B sgg. sono assai discordanti; da quella del WILLI, Versuch einer Grundlegung der platonischen Mythopoiie, Ziirich 1925, che vi vide un puro dxwç À6yoç, un puro saggio di 7ttXtlìt&., a quella del RITTER, Platons Lehre von der Natur und seine Stellung zur den Aufgaben der Naturwissenschaften, Heidelberg 1919, cfr. poi Platon Il, pp. 321-428, in particolare p. 392 sgg., che vide invece in quelle pagine un saggio storico-sociologico ricco di dati precisi e di contenuto concreto. W. UXKULL-GYLLENBAND, Griechische Kulturentstehungslehren, Berlin 1924, p. 28 sgg., crede di vedere nel disegno di società primitiva di Platone nelle Leggi un brusco passaggio da una concezione scientifico-materialistica a una mitica (cfr. 678 E 6 sgg., ove si comincia a parlare dello stato di pace nella società primitiva e delle arti ad esso donate dalla divinità in un'età che ancora non conosceva l'uso del ferro); due piani che, d'altronde, si intersecano frequentemente nel pensiero di Platone. Rorm, Platons Stellung zur Geschichte, Berlin 1932, pp. 6162, nega che esista una soluzione di continuità fra queste due parti della descrizione; se ben si guarda, in 677 B 5 sgg. gli uomini primitivi non sono affatto descritti con colori crudamente realistici, com'è al contrario in Democrito; non vi è alcun accenno né alla loro aggressività né alla loro miserabilità; il passo prepara senza contrasto la descrizione seguente. Ancora il RoHR, ibid., pp. 83-84, osserva la sostanziale differenza delle due presentazioni, di Resp. Il, 362 B sgg. e Legg. III, 676 B sgg.: nella prima Platone non intende tratteggiare la nascita storica della città, mentre nelle Leggi c'è un intento nuovo di localizzazione nel tempo e nello spazio. Egli difende quindi il carattere storico-realistico del passo delle Leggi; come pure, fa, con molto equilibrio, DIÈS, Platon, Oeuvres XI, l, Les Lois I-11, Coli. Budé, Paris 1951, Introd. pp. XVI·XVII: Platone è ben conscio di non narrare eventi storici, tanto che in 683 B, quando passa a narrare effettivi eventi di questo tipo, afferma che finalmente potremo non cercare piu 1tE:p( xe-16v; tuttavia intende formulare ipotesi di valore concreto, offrire un saggio di ricostruzione razionale della genesi della società che si appoggia sull'osservazione etnografica attuale, su testimonianze letterarie conside-

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Platone può senza dubbio aver riconosciuto che e m primo luogo il bisogno fisico a raggruppare gli uomini nella vita sociale; può inoltre, nella legge che vale già per la prima società economica, la legge della divisione del lavoro, aver trovato un modello naturale per il concetto basilare della sua politica ed etica, che ogni classe nello stato e ogni arte dell'anima deve limitarsi al compito è che le proprio 6 • Ma non è possibile che in uno stato, la cui vita è limitata alla soddisfazione dei bisogni fisici, abbia vista una collettività « sana» corrispondente alla sua idea, e nell'onestà nel commercio quella giustizia che egli ricerca 7 ; non è possibile che

rate dai Greci estremamente importanti come quella omerica (680 B), sulla considerazione di tendenze istintive e permanenti dell'essere umano nei confronti dei suoi simili. Come anche nella ricostruzione della storia dell'umanità Platone abbia cercato di applicare leggi matematiche è stato notato dal DIÈS, ibid., p. xxv, a proposito della sorta di ritmo triadico cui egli sottopone la storia dei Dori del Peloponneso o della antica Persia; cfr. piu ampiamente WEIL, L'archéologie de Platon, p. 4·6 sgg.: Platone si assimila la storia cosi come si è assimilato le scienze matematiche e, piu lentamente, le scienze naturali; e cerca di sottoporre tutto il passato a una legge razionale esplicantesi in ritmi. (Questo modo di interpretare la concezione della storia in Platone giunge alla sua forma piu sistematica in GAISER, Platons ungeschriebene Lehre, pp. 203 sgg., 223 sgg., e cfr. tutta la seconda parte dell'opera, passim; cfr. per questo piu oltre, comm. a p. 9245 ). Ma, a parte questo motivo squisitamente filosofico, la sua « archeologia», il suo tentativo di rendere intellegibile il piu remoto passato, non differisce da quello di Erodoto e di Tucidide, porta l'impronta della stessa volontà razionalizzatrice. Della distinzione fra questa ricostruzione dello stato primitivo della società umana, che non è idealizzazione, e la costruzione dello stato ideale secondo un rrocpoc3ELYf.t; pio ambigua la traduzione del DIÈS, Platon, Oeuvres, Rép. 1-111, p. 138: mattriser). Faris accusa quindi il Popper di arbitrarietà nella traduzione, e anche di un pesante fraintendimento della metafora dei capi come esercito accampato fuori della città, che non ha alcun significato di conquista dall'esterno da parte di un'orda guerriera. Ma cfr., oltre a queste, critiche di carattere piu generale. Non solo contro al Popper, ma contro a ogni tipo di critica violentemente antistorica, che tenda a contemporaneizzarc radicalmente Platone, torna a rivolgersi il FIELD, The Philosophy of Plato, pp. 188-208; da limitarsi particolarmente il famoso « totalitarismo» platonico, che si limita, nella Repubblica, al campo dell'arte e non investe il campo della libera discussione o ricerca, c che anche nelle Leggi giunge a un assai modesto grado di soppressione dell'opinione; non al totalitarismo fascista esso può essere paragonato, osserva il Ficld, se proprio si voglia cercargli un parallelo contemporaneo, ma piuttosto alla convinzione degli scienziati di età positivistica che credevano di poter attuare il regno della scienza, di fronte al cui verdetto infallibile la massa debba piegarsi senza discutere. Ma prendono di mira sotto tutti i suoi piu importanti aspetti l'analisi del Popper diversi studi usciti negli anni successivi alla seconda edizione di Open Society, quali DE VRIES, Antisthenes redivivus. Popper's Attack on Plato, Amsterdam 1952; WILD, Plato's Modem Enemies and the Theory of Natural Law, Chicago 1953; soprattutto, piu esauriente, LEVINSON, In Defense of Plato, Cambridge M. 1953. Cfr. anche l'equilibrata messa a punto del

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problema dell'« aristocratismo» platonico in W. K. C. GuTHRIE, The Greek Philosophers, London 1950, c. Plato (II). Attraverso questi studi, il problema del pensiero politico platonico è di nuovo, tutto, analiticamente passato al vaglio della considerazione critica. Cfr. anche, in polemica soprattutto con B. Russell ma con riferimenti assai ampi a tutto l'antiplatonismo contemporaneo, l'articolo, incontrato sul problema della denuncia come dovere del cittadino in difesa dello stato (Legg. V, 730 D) ma che contiene in effetti precisazioni di ordine metodologico estese ben al di là di questo problema, di V. GOLDSCHMIDT, La théorie platonicienne de la dénonciation, in Rev. Métaph. Mor. 58 (1953) pp. 352-375, poi in Questions Platoniciennes, Paris 1970, pp. 173-201. Si possono rintracciare in queste « difese di Platone» alcuni argomenti comuni, dei quali in ogni caso si può dire che sia il Levinson a dare la trattazione piu ampia ed approfondita. Si rifiuta lo storicismo di Platone nella forma intesa dal Popper, come «legge del destino» che si impone fatalmente al corso storico (DE VRIES, p. 5 sgg.; LEVINSON, soprattutto App. XIV, pp. 622-629, ove è respinta con esaurienti argomenti l'interpretazione pesantemente realistica in senso cronologico del pensiero di Platone e si denuncia l'assurdità dell'affermazione che per Platone la prima copia, in senso cronologico, dell'idea, la copia archetipo, sia la migliore, teoria in realtà irreperibile nella pagina platonica; WILD, p. 31 sgg., so• prattutto a proposito di Legg. 797 D, ove non c'è condanna del cambiamento in sé ma solo del cambiamento negativo). Si respinge il totalitarismo platonico, l'ideale della Repubblica come stato dispotico che sopprima le libertà individuali (WILD, p. 19 sgg.; LEVINSON p. 243 sgg., p. 518 sgg.: il collettivismo platonico, la sua « totalitaria» oppressione dell'individuo, la sua pretesa « teoria organica dello stato», mancano di quello ch'è il fondamento della teoria della ragion di stato, il relativismo etico; la morale di Platone è fondata non sullo stato, ma su Dio, sul valore trascendente su cui lo stato come ogni altra realtà deve modellarsi). Si respinge il « razzismo» platonico, e la pretesa aggressività di Platone contro i barbari (DE VRIES, p. 16 sgg., 19 sgg.: è assurdo interpretare in senso razziale il mito di Resp. 414 A sgg., ove « stirpe aurea» significa « gente con saggezza che vale oro nell'anima» e niente piu; quanto all'atteggiamento verso i barbari, passi come Phaedo, 78 A che parla espressamente di &.ycx.fl-ol &v8pe:c; fra i Greci come fra i barbari, smentiscono qualsiasi possibile accusa di razzismo. WILD, p. 49 sgg., ancor piu radicalmente: e LEVINSON, p. 265 sgg.: l'eugenetica platonica, che ha significato etico e non razziale, dimostra come Platone distinguesse fra nobiltà di fatto e « buona nascita » in senso vero, piu egualitarista in certo senso, nel suo razionalismo, dello stesso sofista Licofrone; p. 539 sgg., per il ribadimento che fra la« materia di anima» degli uomini per Platone e il biologismo razzista c'è un abisso incolmabile). La contrapposizione radicale fra la« grande generazione» dell'età periclea e il « reazionario » Platone è ironiz-

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zata dal DE VRIEs, che dimostra (p. 52 sgg.) come, interpretate strettamente alla luce del criterio del Popper, anche le affermazioni di Pericle in TucmmE, Il, 31 sgg., e di Socrate nel Critone possano essere deformate in senso reazionario; ma è soprattutto attaccata a fondo, e in piu punti, dal LEVINSON: cfr. Defense, p. 139 sgg.; pp. 601-603 (app. VII) e altrove passim: Levinson ridimensiona assai ragionevolmente l'interpretazione egualitaristica e umanitaristica del pensiero dei Sofisti, dei Cinici, di Socrate e in genere dei democratici di età periclea (cfr. supra, comm. a p. 89!&). Conclusione moderata del Levinson (assai piu oltre, nel suo intento di rivalutazione egualitaria e umanitaria di Platone, va il Wild) è ehe a Platone si può tutt'al piu rimproverare un atteggiamento di paternalismo, peraltro benevolo, e di aristoeratismo intellettuale; a torto nel diprezzo di Platone verso i 7t'OÀÀo[ si cercherebbe a viva forza una espressione, anche, di reazionarismo sociale, non avendo 7t'OÀÀo[ per Platone questo specifico significato, ma un significato intellettuale e culturale generico. È indubbio in Platone un atteggiamento moderato o conservatore, ehe peraltro non giunge mai in nessun caso alla violenza e alla faziosità ologarehiea, da lui anzi a piu riprese condannata. Quanto al problema della continuità dell'atteggiamento platonico rispetto a quello socratieo, è lo stesso Levinson a porre giustamente in rilievo tale continuità sulla base di un esame realistico dell'atteggiamento del Socrate dell'Apologia, che appare assai piu quello di un uomo religiosamente ispirato e conscio di una sua sacra missione che non come quello del moderno difensore della libertà di coscienza e di parola. Ancora, piu recentemente, difese di Platone da parte di W. CuASE GREENE, The Paradoxes of the Republic, in Harvard St. Class. Philol. 63 (1958), in honour to W. Jaeger, pp. 199-216, ove la Repubblica è definita un manifesto per tutta l'umanità e un invito alla autodisciplina (il Chase Greene fa espresso richiamo per la sua interpretazione a LoDGE, Plato and the Freedom, in Trans. Royal Society Canada 43, 1949); di M. STOCK· HAMMER, Platons Weltanschauung, Kiiln 1962, p. 19 sgg. (contro l'interpretazione« totalitaria» di Platone, sottolinea l'odio di Platone per la tirannide); di CHR. MORRIS, Western Political Thought I, Plato to Augustine, London 1967 (ritorna sul tema del «fascismo» di Platone, rifacendosi al Levinson per la contrapposizione dell'aristocratismo intellettualistico di Platone all'irrazionalismo demagogico fascista). Cfr. oggi per parecchi fra i pezzi piu significativi di questa polemica la raccolta di R. BAMBROUGH, Plato, Popper and Politics, Camhridge-New York 1967 (con introduzione del medesimo, intesa a fare il punto della situazione; in proposito IsNARDI PARENTE in Riv. Filol. Cl. 98 [1970] pp. 441-446). Da aggiungere la critica metodologica fatta al Popper in particolare da D. PESCE, Alcune recenti interpretazioni della Repubblica platonica, in Atene e Roma N. S. I (1956) pp. 65-79; al Pesce interessa attaccare soprattutto i presupposti teoretici del Popper, con l'osservazione assai rilevante ehe questi, con la sua distinzione fra

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una fase storica antica in cui domina la società chiusa, la fase moderna in cui domina l'ideale della società aperta, e il mondo greco quale fase di transizione in cui queste due concezioni della società sono in lotta fra loro, ci offre una nuova filosofia della storia, ricadendo nell'aborrito storicismo. La presentazione di Platone come fondatore di una suprema etica statuale e sociale e come filosofo dell'unità fra teoria e prassi è d'altronde ancora viva nella critica di questi ultimi anni. Assistiamo alla prosecuzione di questo motivo, cosi tradizionale nella cultura tedesca, in R. STANKA, Die politische Philosophie des Altertums, p. 142 sgg., che ribadisce i temi della concezione organica dello stato nella filosofia politica platonica, del carattere metapolitico della « dittatura» dei filosofi (ch'è l'opposto sia della plutocrazia sia della dittatura del proletariato), e, infine, dello stato etico come stato educatore. Cfr., in Italia, la presentazione, ispirata a criteri strettamente jaegeriani, della filosofia di Platone come sintesi di teoria e prassi in F. ADORNO, Platone, Opere politiche, Torino 1953, passim nell'introduzione; e cfr. per una posizione analoga in Francia J. LucCIONI, La pensée politique de Platon, Paris 1958, in particolare p. 117 per l'opposizione all'interpretazione del Popper. È condotta in termini volutamente hegeliani l'interpretazione di L. SICHIROLLO, Antropologia e dialettica nella filosofia di Platone, Milano 1957: Platone ha vissuto il momento irripetibile della morte di Socrate come la crisi del dialogo ch'è anche la crisi della coscienza; se il Menone, che ci offre la « figura della coscienza comune», come struttura dell'operosità umana, è indice di questa crisi, nella Repubblica abbiamo invece la ricerca di una nuova garanzia antologica per la dialettica e lo sforzo di creare uno stato nel quale Socrate possa vivere e manifestarsi come coscienza assoluta; la Repubblica è insomma la creazione di uno stato per Socrate. Fra le interpretazioni ispirate polemicamente ai criteri del liberalismo anglosassone, ma non spinte fino all'antistorica condanna, è da ricordarsi quella di Tu. SINCLAIR, A History of Greek Political Thought, p. 122 sgg., p. 146; con impostazione empiristicamente felice, in quanto libera da presupposti unilaterali deformanti, il Sinclair pone in rilievo la compresenza dei piu contrastanti principi politici nella Repubblica qualora si cerchi di valutaria con criteri attuali, principi che oggi si direbbero legati ai nomi di teorici diversissimi, un Burke, un Rousseau, un Marx: sì che il giudizio d'insieme è difficile all'uomo contemporaneo di fronte all'attacco rivoluzionario ai pilastri della società borghese, cioè alla proprietà e alla vita fainiliare, e, in pari tempo, all'affermazione di una netta distinzione gerarchica fra gli uomini e all'aspirazione a costituire una classe politica ereditaria. Ma nell'insieme la valutazione del Sinclair inclina, né potrebbe esser altrimenti, alla condanna di Platone: torna nelle sue pagine, con l'affermazione che il piu grave llinite della Repubblica è l'esercizio del potere assoluto da parte di una classe politica ritenuta infallibile, l'accusa di dogmatismo intellettuale. Molto di questa

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condanna è passato anche nella valutazione del GAuss, Philos. Handkomm. II, l, anche se nella sua descrizione della Repub· blica (cfr. anche supra, comm. a p. 8956 ) troviamo notevoli oscillazioni di giudizio: nonostante l'involuzione del pensiero di Platone in base a contingenti motivi pratico-politici che le opere po· litiche rappresentano rispetto ai dialoghi socratici, il ricordo della eticità socratica non è del tutto assente dalla Repubblica, e quando Platone prescrive l'adempimento di tutti i doveri della «classe» cui si appartiene intendendo come « classe>> una realtà non sociale e politica ma metafisica, la natura cioè cui si appartiene nell'ordine eterno, egli è a ben vedere piu vicino a Kant che non a Hegel (p. 152); tuttavia piu oltre (p. 167 sgg.), quando il Gauss ci avverte che la « filosofia regia» di Platone nella Repubblica diverge radicalmente da quella di Socrate (un Socrate interpretato tutto ed esclusivamente alla luce di Apol. 31 E, 32 A, !8Lw't'e:ue:w xotl {l~ 8'1]· fLOGLe:Òe:Lv) ed è scritta piuttosto per un Alcibiade o per un Crizia, l'accusa di oligarchismo all'ideale di stato platonico è implicita, anche se temperata dal riconoscimento che manca ad esso la carica di imperialismo aggressivo che caratterizza il totalitarismo odierno (cfr. le conclusioni a pp. 211-212). E ancora l'accusa di Platone per amore per l'assolutismo aristocratico, la condanna a Platone di essere stato ispiratore di totalitarismo a teorici di ogni periodo, la contrapposizione di un Platone antiumanitario all'umanitarismo già affermato nella società ateniese del V secolo sono reperibili in VAN PAASSEN, Platon in den Augen der Zeitgenossen, Arbeitsgemeinschaft f. Forschung d. Landes Nordrhein Westfalen, Heft 89, Kiiln 1960; mentre dal canto suo POPPER, in un Addendum a Open So· ciety4 (1962), si propone di rispondere ai suoi oppositori ribadendo le sue tesi, senza in realtà aggiungere ad esse niente di nuovo, e senza in realtà toccare l'essenziale delle critiche a lui rivolte. Di particolare interesse si presenta l'analisi di K. JASPERS, Die grossen Philosophen I, Miinchen 1959, pp. 234-318 per Platone, in particolare p. 296 sgg. È possibile notare in J aspers, che rappresenta l'esistenzialismo tedesco democratico e antinazista e ha subito l'esperienza dell'esilio, due diverse componenti nella valutazione di Platone: quelli che sono i «lati positivi» della personalità e della dottrina del filosofo sono in realtà tratti componenti una personalità di Platone che è ancora quella del Platone della cultura tedesca immediatamente prenazista, il Platone ispirato e ispiratore in cui trionfa l'unità di individuo e stato, filosofia e poesia, teoria e prassi legate fra loro dal vincolo vivo dell'eros; quelli che appaiono a J aspers i limiti e i lati negativi di Platone sono le carenze di democraticità denunciate dalla critica anglosassone, l'autoritarismo e il totalitarismo delle soluzioni politiche, lo spirito dogmatico, la mancanza frequente di filantropismo e umanitarismo. Posizioni diverse, e non incasellabili con rigidità, si riscontrano nella critica degli anni piu recenti. HALL, Plato and the Individual, pp. 1-33, 267 sgg., è teso alla rivalutazione di Pia-

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tone non tanto da un punto di vista politico quanto da quello di un generico democratismo etico: non solo nelle Leggi si pone a Platone impellente, per lo Hall, il problema dell'uomo comune, ma già nella Repubblica e altrove la concezione della libertà come libertà morale e l'esame della struttura comune dell'anima umana implicano la rivalutazione dell'uomo comune, l'accettazione della fondamentale capacità di tutti, e non solo dei filosofi, di attuare la virtu. Ma lo Hall non si chiede forse abbastanza se le illazioni di natura pratico-politica a partire da una generica ipotesi metafisica siano valide per il pensiero antico in genere o per Platone in ispecie; conseguenze egualitarie da una certa concezione generale della natura umana sono tratte per la prima volta dalla filosofia del XVIII secolo, né il problema può essere trasposto ad altra temperie storicofilosofica (il tipo di stato de iure condendo, che Platone vagheggia, ma che pone in realtà come modello da imitare piu che come progetto da attuare, è quello in cui un certo tipo di uomo e di cpucrtç domina e prevale, con deciso antiegualitarismo fondato su un netto aristocratismo intellettuale). Altri critici piuttosto che sulla difesa o condanna di Platone, preferiscono insistere sul tema del contrasto interno dello stato ideale platonico: cosi GREENE, The Man in his Pride, Chicago 1950, p. 161, pp. 228-229 n. 40 e altrove, che tende a sottolineare in Platone la bipolarità fra ordine astratto e comprensione della vita nella sua individualità; solo nelle Leggi, per il Greene, l'ordine astratto prevarrà in pieno soffocando l'altra esigenza. Cosi, con maggior approfondimento filosofico, P. PIOVANI, L'antinomia della città platonica, in Giorn. Crit. Filos. It. 23 (1954) pp. 481-505: la città di Platone è intesa ora come un coordinarsi armonico delle singole personalità individuali, ora come un uniformarsi di tutti i cittadini a un costume esteriore e imposto. Ciò deriva dalla bipo• larità entro cui si dibatte il pensiero di Platone, quella del rapporto unità-molteplicità, che Platone non è riuscito a risolvere, e che si riflette in quella sua creazione geniale ch'è il disegno ideale di città. Ma cfr. ancora altri schemi d'interpretazione recentemente proposti, tendenti a presentare la Repubblica come opera utopico-satirica o satirico-visionaria: cosi CROMBIE, An Examination of Plato's Doctrines, l, London 1962, p. 162, e cfr. l'analisi dell'opera pp. 73155, tendente a togliere all'opera ogni seria pregnanza pratico-politica (pregnanza che invece lo stesso Crombie, ibid. p. 162 sgg., è disposto a riconoscere ai successivi dialoghi politici platonici); cosi, ma diversamente, J. HERMANN RANDALL, Plato's Treatment of the Theme ofthe GoodLife andhis Criticism ofthe Spartan Ideal, in]ourn. Hist. Ideas 28 (1967) pp. 307-324, per il quale la Repubblica è scritta ironicamente (ma non utopicamente; essa vuoi essere, anzi, una «vaccinazione contro l'utopia») nella forma di una difesa dell'ideale di vita spartano, ma in realtà in difesa di quello ateniese, cosi come B. Russell ha scritto in The Scientific Outlook il capitolo The Scientific Society, delineando con crudele e ironico radicalismo un modello spietatamente razionale di società (il radicale rifiuto di ogni imposta-

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zione storicistica da parte di critici cosi orientati impedisce ad ess di porsi la domanda preliminare se gli schemi valutativi e gli atteg- · giamenti strumentalistico-prammatistici di un Russell possano essere senza difficoltà trasferiti nella storia della cultura ateniese del V secolo). Cosi anche il già citato LEYS, Was Plato non-political?, espressione della stessa tendenza, mentre accentua il tema della negatività del contributo di Platone alla dottrina politica, pur dichiarando di riallacciarsi alla tesi del Leys, F. E. SPARSHOTT, Plato as Anti-political Thinker, in Ethics 77 (1967) 214-219. Chi scrive ha in realtà la convinzione che, di fronte all'oggetto della ricerca storica, sia necessario quel processo di avvicinamento progressivo che consiste nel muovere dai nostri attuali criteri e parametri verso di esso, non nel forzarlo ad essi. Il Socrate, i Sofisti e i Cinici, poniamo, di un Popper, abbondantemente immersi, notava acutamente il Levinson, nel bagno del liheralismo anglosassone del XIX e XX secolo e dell'umanitarismo postilluministico, fanno parte di una polemica contingente e attuale del Popper contro faniasmi ch'egli intende esorcizzare, ma non hanno in realtà alcun riscontro nella realtà storica. L'unico modo di capirli, come di capire Platone, è quello della paziente ricostruzione storica del loro sentire e dell'esame accurato dei testi e dei modi specifici in cui il loro pensiero viene espresso, alla luce di situazioni, di contesti· e di documenti che illustrino il significato della temperie storica ch'essi vissero. Alla luce dei nostri attuali criteri valutativi e contenuti specifici di pensiero, sarà possibile nell'opera di Platone trovare tutto ciò che si desidera trovarvi, dal radicalismo rivoluzionario piu estremo al reazionarismo gerarchico e dispotico piu assoluto. L 'importante è prescindere il piu possibile da questi parametri. Il primo sforzo da compiere sembra quello di avvicinarci il piu possibile all'intellettualismo radicale della concezione platonica dello stato, della società politica, della legge. Dove l'aristocratismo platonico è totale e senza compromessi, è sul piano intellettuale, ove la linea discriminante fra i pochi, capaci di attingere il sapere filosofico, e i 7toÀÀo( è rigorosa e assoluta. È una traduzione immediata in termini politici della gerarchia metafisica sensibile-intellegibile quella che Platone effettua; si che la capacità di governare dei suoi reggitori (cfr. già supra, comm. a p. 895 6 ) non ha bisogno di effettuazione pratica per acquistare validità; essa sussiste nella natura eterna delle cose, (j)UO'e:t, come corollario della capacità di attingere i principi filosofici. Questo carattere assolutamente intellettualistico dell'ideale dello stato e del potere, dell'ideale della classe dirigente, costituisce il diaframma che separa dalla concezione platonica ogni moderna concezione dell'assolutismo, del dispotismo· o del totalitarismo gerarchico. Per Platone l'effettuazione pratica di tale direttività suprema, di tale superiorità gerarchica, è questione del tutto contingente; nella Repubblica egli ci ha offerto semplicemente un disegno di come essa, presentandosene le condizioni, potrebbe attuarsi, con la convinzione peraltro (cfr. IX, 592 A-B)

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che tale disegno è destinato a restare solo un modello teorico, che non vuole né intende diventare programma di azione. Prova ne sia che quando Platone si accinge a tracciare modelli che possono, in certa misura, farsi anche programmi, il suo atteggiamento è notevolmente diverso: dal dispotismo, o assolutismo, o aristocratismo rigidissimo, passiamo a un moderatismo illuminatamente e paternalisticamente conservatore (tutto questo si vedrà meglio e piu ampiamente quando, cfr. infra, si parlerà dell'ideale politico delle Leggi: quelle Leggi che ci presentano un meccanismo politico complesso, misto di democrazia e aristocrazia, in cui gli elementi conservatori prevalgono, ma in cui si concede anche una parte ad esigenze egualitarie piu larghe che non quelle pur presenti nella morale aristocratica, estese a tutta la città e non solo a una élite di ;c:ocì.ol ;c:&yoc.&oL). In una parola, si può dire che alla rigorosa e ferrea gerarchia aristocratica della Repubblica, modello intellettuale dello stato dell'intelligenza, corrisponde una versione meno rigorosamente teoretica che ci svela un atteggiamento politico non rispondente a quello di un Crizia o di un Trasimaco, ma piuttosto a quello di un Isocrate. Quando avremo di fronte a noi, con l'esame critico del Politico e delle Leggi (infra, comm. a p. 9635 e altrove) un quadro piu esauriente di tutto il pensiero politico platonico, vedremo meglio anche tutti i tratti che accomunano Platone a Isocrate e al suo moderatismo, riconoscibili anche attraverso la teorizzazione platonica: la necessità che il governo venga affidato con il criterio della competenza o della cultura, della 7tOCL8doc; il riconoscimento che le classi superiori non rappresentano, nella società attuale, i veri 7te:7tocL8e:u[LévoL, pur godendo di maggiori possibilità di attingere la 7tocL8doc, che fa IsocRATE (Areop. 45, ove si accenna alle maggiori disponibilità che essi hanno di pro curarsi l'istruzione) e il riconoscimento di Platone della possibilità di &.yoc.&ocl cpucre:L