La causalità impossibile - L'interpretazione realistica della fisica dei quanti 88-16-40208-3 [PDF]


141 104 3MB

Italian Pages 167 Year 1988

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

La causalità impossibile - L'interpretazione realistica della fisica dei quanti
 88-16-40208-3 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

DI

FRONTE E ATTRAVERSO 208

Franco Selleri

LA CAUSALITÀ IMPOSSIBILE L'interpretazione realistica della fisica dei quanti

\i Jaca Book il

© 1987 Editoriale Jaca Book spa, l\iilano tutti i diritti riservati

prima edizione italiana maggio 1988

ISBN 88- 16-40208-3 per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale Ja ca Book spa via A. Saffi 19, 20123 Milano, telefono 498234 1

INDICE

Introduzione

7 Capitolo primo Il grande dibattito della teoria quantistica

l. Introduzione

2. 3. 4. 5.

Planck e Sommerfeld La generazione di mezzo I giovani teorici Due modi diversi di concepire la fisica

15 18 24 36 47

Capitolo secondo La meccanica quantistica è una teoria completa?

l. Il problema della completezza e delle variabili nascoste

2. 3. 4. 5. 6.

La scatola di de Broglie, il gatto di Schrodinger e l'amico di Wigner Sistemi con spin 1/2 in meccanica quantistica Semplice dimostrazione del teorema di von Neumann Il teorema di von Neumann non è abbastanza generale Potenziale quantistico e traiettorie corpuscolari 5

49 53 57 62 65 69

Indice Capitolo terzo La crisi della descrizione spazio-temporale

l. Il principio di indeterminazione

2. 3. 4. 5. 6.

Il principio di complementarità Indeterminazione e complementarità in Unione Sovietica Applicazioni extrafisiche della complementarità Fisici nell'irrazionalismo Conclusioni

73 77 84 90 92 97

Capitolo quarto L'incompatibilità con il realismo locale

l. Idee basiche del realismo locale

2. 3. 4. 5. 6.

Dimostrazione della diseguaglianza di Beli Predizioni quanto-meccaniche La soluzione radicale del paradosso Altre soluzioni del paradosso Esperimenti sul paradosso di EPR

99 103 106 1 12 1 15 122

Capitolo quinto La causalità nello spazio e nel tempo

l. Autointerferenza degli elettroni

127 134 138 140 145 147

Bibliografia generale

159

2. 3. 4. 5. 6.

I quanti di luce di Einstein Estensione del dualismo agli oggetti massivi Realisti contro il dualismo Filosofia sperimentale L'esperienza della doppia (e tripla) fenditura

6

INTRODUZIONE

La fisica quantistica, nata nel nostro secolo, ha registrato una serie impressionante di successi e può ormai essere considerata una scienza matura. Alla base di questi suc­ cessi è stata naturalmente l'acquisizione della struttura atomica e molecolare della ma­ teria. L'idea degli atomi risale notoriamente agli antichi pensatori greci, ma non era mai stata accettata dalla grande maggioranza della comunità scientifica, restando patrimo­ nio di quei pochi ricercatori che l'avevano «riscoperta» in epoche diverse. Attorno al 1910 Einstein, Perrin, Rutherford e Bohr diedero all'ipotesi atomica una tale serie di conferme e di approfondimenti da renderne universale l'accettazione e da farne la base inevitabile delle ricerche attuali in tutto il mondo. Fra gli approfondimen­ ti dell'atomismo va ricordata la scoperta del nucleo, centomila volte più piccolo dell'a­ tomo, ma contenente più del 999 per mille della massa atomica. E va ricordata la com­ prensione della struttura dei nuclei, costituiti da protoni e da neutroni e da un grande numero di altre entità nucleari (mesoni, iperoni, ... ) che entrano nei nuclei in modo in­ diretto--mediante stati «virtuali». Una fantastica scoperta che ha accompagnato e favorito lo sviluppo della fisica su­ batomica è riassunta dalla famosa formula di Einstein: E = m c2 , esprimente la concre­ ta possibilità di trasformare materia in movimento e viceversa. Gli oggetti subatomici appaiono così come concentrazioni di energia che in certi casi (protone, elettrone) sono estremamente stabili, mentre in altri casi (muone, neutrone, ... ) sono instabili e si disin­ tegrano spontaneamente. Enorme è stato l'impatto tecnologico, militare, politico e so­ ciale che questa scoperta ha avuto, nel bene e nel male. I grandi sviluppi della microfisica hanno generato anche una ampia serie di confer­ me della rigorosa validità delle leggi di conservazione (conservazione dell'energia, della quantità di moto, del momento angolare, della carica elettrica, del numero barionico, ecc.) . Questi straordinari successi, molti dei quali hanno il carattere di vere e proprie conquiste cognitive irreversibili dell'umanità, portano alla conclusione, come detto so7

La causalità impossibile pra, che la microfisica sia ormai una scienza matura. Essendo dotata di mezzi umani, scientifici, tecnologici e finanziari di notevole rilievo, in Italia come negli altri paesi svi­ luppati, la microfisica è senz'altro in grado di sottostare ad un salutare esame critico dei suoi successi e dei suoi fallimenti, delle sue conquiste e delle sue perversioni. L'epistemologia moderna lascia uno spazio ben definito a possibili imperfezioni, di­ fetti, errori delle teorie scientifiche. Popper ad esempio considera le teorie scientifiche come creazioni libere dell'intelletto umano, che possono essere dimostrate errate dagli esperimenti, ma mai dimostrate vere. La sua tesi generale è che anche le migliori teorie scientifiche «sono sempre nostre invenzioni. Esse sono cosparse di errori». È così che un campione della razionalità scientifica come Popper può arrivare alla conclusione che la fisica moderna «è un bastione della filosofia soggettivistica». Per fare solo un al­ tro esempio, Feyerabend, pensatore intelligente e stimolante, ma ormai avversario della scienza per certi suoi eccessi critici (come l'equivalenza culturale di scienza e magia) , non ha tutti i torti quando rappresenta la scienza come oceano in eterno movimento di alternative reciprocamente incompatibili, in cui teorie, favole e miti si mescolano e si condizionano reciprocamente. Albert Einstein ha scritto diverse volte che il più grande mistero della scienza è che il mondo in cui viviamo ci sia comprensibile con l'aiuto della matematica, e che le sue proprietà possano talvolta essere esattamente predette ancora prima che vengano osser­ vate. Dunque Einstein in fondo non capiva perché la fisica teorica funziona così bene e mi sento di aggiungere che se non lo capiva lui non lo capiscono nemmeno i fisici con­ temporanei, l'analisi critica della scienza essendo per certi versi regredita dai tempi dei grandi dibattiti fisico/filosofici che accompagnarono la nascita della relatività e della teoria dei quanti. In realtà siamo un po' degli apprendisti stregoni e stiamo imparando solo ora, tal­ volta un po' a tentoni, ad interagire con il mondo materiale e a conoscerlo. La nostra ignoranza non è poi così stupefacente, se ci si pensa bene, dato che il nostro pianeta esiste da 5 miliardi di anni e che solo nell'ultimo millesimo della sua vita sono apparsi gli ominidi sulla sua superficie. Questo breve intervallo (5 milioni di anni) deve poi essere diviso un'altra volta per mille per ottenere quei 5000 anni che rappre­ sentano su per giù la durata della «civiltà» umana. Considerando poi lo sviluppo nume­ rico dell'umanità e lo sviluppo della scienza, entrambi fortemente accelerati verso il presente (e il futuro! ) , ci si rende conto che l'uomo è imprigionato dal suo stesso dina­ mismo e che lo sviluppo «a palla di neve» della scienza moderna ha lasciato finora po­ co tempo a ripensamenti critici sul significato della fisica, sulla sua unicità, e così via. Ma torniamo ad Albert Einstein. Parlando della fisica egli ha scritto più volte che si tratta di una creazione dell'uomo che tenta di comprendere il mondo reale. Questa è evidentemente una definizione contraddittoria, perché se da un lato si parla di creazio­ ne non si può non pensare che elementi arbitrari (elementi, appunto, creati) entrino nella teoria, mentre, se dall'altro lato si parla di comprensione del mondo reale, si deve ammettere che la fisica contenga elementi cognitivi irreversibili. 8

·

Introduzione L'analisi storicistica descrive la scienza come un cumulo di arbitrarietà condiziona­ te da mode culturali e/o da rapporti sociali e produttivi, e da nient'altm. Si tratta evi­ dentemente di un'analisi fuorviante che non potrà mai convincere un vero scienziato ad esempio della totale convenzionalità dell'esistenza dell� galassie e delle stelle, e degli atomi. Insomma gli elementi cognitivi irreversibili nella scienza moderna sono certa­ mente presenti e spesso chiaramente individuabili. Su questi elementi occorre avere le idee chiare, se non si vuole rischiare di cadere in un'analisi irrazionalistica abbracciando una filosofia di sostanziale rifiuto della scien­ za, che è comunque, pur coi suoi difetti, la cosa più razionale e più progressista che la mente umana abbia generato. Detto questo torniamo agli elementi arbitrari di cui parlava Einstein, la cui analisi coincide con quella di Popper, fatto certamente non casuale dato che il filosofo vienne­ se ha più volte ammesso (e descritto in dettaglio) l'importanza delle idee di Einstein per la sua formazione culturale e per la sua stessa decisione di diventare un filosofo del­ la scienza. Popper descrive le teorie scientifiche come libere invenzioni della nostra mente. Esiste dunque una certa unità di analisi fra il più grande fisico ed il più grande epistemologo del nostro secolo, il che è intanto un fatto raro, dato che il mondo della fisica e quello dell'epistemologia spesso sembrano muoversi su strade divergenti, e inol­ tre permette di fare un passo sostanziale nella comprensione della natura della fisica. Se i fisici che creano una nuova teoria infilano elementi arbitrari nella loro creazione, c'è da aspettarsi che i loro pregiudizi, il loro gusto personale, il loro atteggiamento, in bre­ ve la loro filosofia, finiscano per entrare prepotentemente nel prodotto finale. Se quanto detto è vero occorre mantenere ben fermo il proprio senso critico quan­ do si studia una disciplina come la fisica teorica o come la matematica. Questa conclu­ sione sembra molto probabilmente sacrilega a molti fisici contemporanei, e forse anche a molte persone genericamente interessate ai progressi della scienza: ma come, si dirà, occorre essere critici del prodotto più razionale, più «scientifico» della mente umana, un prodotto che per di più deve la propria affermazione a ripetuti tentativi di falsificar­ lo mediante il duro controllo dell'attività pratica? Siamo tutti pronti ad accettare l'idea che i problemi politici, ad esempio, debbano essere considerati con grande attenzione senza accettare la prima opinione coerente e ben espressa che ci si trovi davanti. Molti hanno similmente compreso che la medicina, per fare un altro esempio, pur essendo nel complesso una scienza benefica di cui sareb­ be follia disfarsi, vada considerata con un sano scetticismo, ogni volta che ci si trovi da­ vanti ad una particolare diagnosi, o ad un farmaco specifico." Ma la maggioranza delle persone non sa accettare che un atteggiamento critico debba essere tenuto anche da­ vanti alle moderne teorie fisiche o matematiche. Vediamo dunque perché occorre farlo. Nella fisica del secolo scorso non è difficile riconoscere la presenza di sviluppi per certi versi contraddittori. Da una parte si possono mettere tutte quelle ricerche che danno una spiegazione dei fenomeni studiati in termini causali nello spazio e nel tempo. Dall'altra quelle ricerche che invece rinunciavano a priori, per scelta esplicita, ad ogni descrizione intuitiva e si limitavano a cercare connessioni logiche fra dati osservativi ot­ tenuti da esperimenti diversi. Possiamo chiamare queste due linee realistica e positivi·

9

La causalità impossibile stica, rispettivamente. Oppure possiamo chiamarle linea democratica ed aristocratica, rispettivamente, dato che una spiegazione causale nello spazio e nel tempo è facilmente comunicabile, almeno nei risultati ottenuti, ad ogni persona interessata, mentre una se­ rie di connessioni logiche senza base intuitiva può essere compresa solo all'interno di un sapere specialistico. Alla linea realistica appartengono gli sviluppi conclusivi dell'elettromagnetismo, grazie soprattutto ai contributi di natura fisica e geometrica dati da Faraday ed agli svi­ luppi matematici dovuti a Maxwell. Dello stesso tipo era la teoria ondulatoria della lu­ ce di Fresnel e la teoria di Fourier della propagazione del calore. Tutti questi sviluppi si servivano della teoria matematica delle equazioni differenziali alle derivate parziali, teoria che forniva una descrizione causale e continua della propagazione nello spazio delle entità studiate (onde elettromagnetiche, luce, calore) . Questa descrizione era pre­ cisamente l'elemento unificante fra la fisica teorica e la vita quotidiana: infatti, ognuno di noi descrive le proprie esperienze quotidiane come generate da qmse (la buccia di banana come causa di una caduta, la serietà dello studio come causa del buon esito di un esame, ecc.) e come svolgentesi nello spazio tridimensionale ordinario (la lezione se­ guita all'università, una fotografia scattata a diecimila metri sull'Atlantico, ecc.). Dun­ que si salda al nostro comune bagaglio concettuale una teoria scientifica che descriva i fenomeni come sviluppi nello spazio ordinario generati da cause precise. Alla linea positivistica apparteneva la termodinamica classica, basata su due princi­ pi di stretta derivazione empirica, e cioè: l. La legge di conservazione dell'energia; 2. La legge dell'aumento dell'entropia. Questa teoria era capace di spiegare un numero veramente immenso di dati osser­ vativi, trovando connessioni fenomenologiche fra fatti diversi, senza però mai fornire una comprensione in termini di rappresentazioni intuitive (causa, spazio, tempo) . Que­ sto modo di intendere la scienza era difeso con grande ardore da Ostwald, da Mach e da Duhem. Le due linee erano divise da opposte prese di posizione filosofiche, in tutti i casi di­ fese con forza e profonda convinzione. Lo scontro fu particolarmente duro (e dramma­ tico) a Vienna dove lavoravano il realista Boltzmann ed il positivista Mach. All'inizio del nostro secolo sembrò che la partita si risolvesse a favore dei realisti dato che le ricerche di Boltzmann e di Gibbs riuscirono a fornire una descrizione cau­ sale nello spazio e nel tempo di tutti i fenomeni termodinamici, grazie all'ipotesi atomi­ ca. Questi sviluppi, dapprima accolti dalla comunità scientifica con indifferenza, si im­ posero poi all'attenzione generale dopo i decisivi risultati di Einstein e Perrin a favore dell'atomismo. Nello stesso periodo anche altri fisici stavano facendo avanzare la loro scienza usando la linea di pensiero realista. La teoria degli elettroni sviluppata da Lo­ rentz e i primi bagliori della teoria dei quanti, generati dalle ricerche di Planck e di Einstein, erano basati sulla concezione ottimistica che la fisica sia in grado di farci com­ prendere correttamente, anche in termini intuitivi, i processi atomici. Questa fase però non durò a lungo. La formulazione finale della teoria dei quanti dovuta alle scuole di Copenhagen e di Gottingen (Bohr, Pauli, Heisenberg, Born) rovelO

Introduzione sciò completamente la situazione, portando la fisica a grandi successi, ma abbracciando contemporaneamente una concezione pessimistica circa la possibilità di comprendere correttamente i fenomeni atomici con le categorie fondamentali del pensiero (causalità e spazio-tempo) . Ancora una volta queste scelte filosofiche furono fatte e difese con una forza tremenda: vi furono tentativi, a lungo presi sul serio dai fisici teorici di tutto il mondo, di dimostrare rigorosamente ed irreversibilmente che la linea realistica e cau­ sale fosse improponibile nel mondo degli atomi (teorema di von Neumann) . Si sosten­ ne autorevolmente persino che gli atomi erano solo una comoda convenzione, simile a quella dei meridiani e dei paralleli sulla superficie terrestre. Questo modo di pensare fu accettato senza riserve dalla comunità scientifica inter­ nazionale. Se il gruppo dei grandi fisici si spaccò a metà, con Einstein, Planck, Schro­ dinger, Eherenfest e de Broglie schierati in difesa del realismo, i restanti fisici teorici di tutto il mondo scelsero invece compattamente la linea di pensiero positivistica. Il perché di questa vittoria così schiacciante non può essere raccontato in poche parole: di certo contribuì la disgregazione della comunità scientifica di lingua tedesca seguita all'avvento del nazismo, ma probabilmente questo non fu il fattore decisivo. Certo, i fisici di Copenhagen e di Gottingen avevano ottenuto un successo straordina­ rio unificando i vari contributi scientifici dovuti anche ai loro oppositori in un unico paradigma, la meccanica quantistica. A parte questo però, non è che avessero dei gran­ di argomenti a difesa delle loro tesi più specifiche, quale appunto la pretesa impossibi­ lità di descrivere il mondo degli atomi in termini causali e spazio-temporali. Riuscirono a confezionare un «pacchetto» in cui la teoria scientifica e le concezioni filosofiche do­ vevano almeno apparentemente essere accettate o rifiutate assieme. I teorici di tutto il mondo comprarono gioiosamente il pacchetto intero lasciando isolati e abbastanza di­ sperati i grandi realisti, Einstein e de Broglie più degli altri. Quando si considerano questi sviluppi di sessant'anni fa non può non venire alla mente la descrizione di Kuhn dello sviluppo dei nuovi paradigmi scientifici: descrizione impietosa che paragona la vittoria di una concezione su di un'altra alla vittoria di una fazione politica su quella ri­ vale. Non sempre vince chi è «più giusto», ma chi è più dinamico, più influente e più alla moda. Il nostro secolo è stato caratterizzato fin dall'inizio dalla crescita esplosiva delle scienze. C'è stata un'esplosione nel senso positivo di un rapido sviluppo in tutte le dire­ zioni, ma anche la formazione di fratture profonde non solo fra diverse discipline, ma anche all'interno di una disciplina data. Per quanto riguarda i fondamenti della fisica si può partire dal dualismo onda! corpuscolo, cioè dalla più fondamentale proprietà di tutti gli oggetti atomici e subatomici, luce compresa. Einstein nel 1905 assunse che ogni emissione di luce da parte di un atomo consistesse di un corpuscolo imprigionato all'interno di un'onda e da questa trasportato. Nessuno accettò quest'idea, tranne de Broglie circa vent'anni più tardi. Tuttavia, quello che potremmo chiamare il fronte del rifiuto, lungi dall'essere compatto, si spaccò più tardi in tutta una serie di correnti cia­ scuna delle quali cercava di spiegare a suo modo la natura degli oggetti atomici. Si è ad esempio sostenuto, e si sostiene, che in natura non esistono corpuscoli, ma soltanto onde che seguono leggi rigorose nella loro propagazione (Schrodinger); 11

La causalità impossibile che esistano solo dei corpuscoli, costretti però ad obbedire a «leggi» di tipo nuovo e a distribuirsi secondo probabilità calcolabili a partire da uno strumento matematico ondulatorio (Born); che entrambi i concetti di onda e di corpuscolo vadano usati in circostanze diverse come espedienti estratti dalla fisica classica, ma privi di una reale validità a causa della nostra impossibilità di esseri macroscopici a capire correttamente ciò che accade nel mondo degli atomi (Bohr); che ogni riferimento ad una realtà oggettiva esterna all'uomo vada evitato per affi­ darsi esclusivamente all'apparato matematico della teoria dei quanti (Heisenberg) ; che le onde quantiche siano in realtà «onde di conoscenza» e che il loro ruolo ineli­ minabile nella fisica atomica dimostri un intervento diretto della coscienza dell'osserva­ tore, intesa come entità spirituale (Wigner); che perturbazioni aleatorie agitino in continuazione il mondo degli atomi e che va­ dano aggiunte alle proprietà ondulatorie e a quelle corpuscolari (Bohm) . Con quella iniziale di Einstein (estesa da de Broglie) fanno sette diverse e incompa­ tibili formulazioni del dualismo onda/corpuscolo, cioè non di una proprietà marginale e trascurabile degli atomi, ma della più fondamentale e centrale di tutte le proprietà! È dunque possibile parlare di uno stato di crisi latente della fisica moderna, nonostante questa crisi sia stata a lungo nascosta dal dominio di una filosofia neutralistica risultan­ te dall'alleanza fra neopositivismo e pragmatismo. Oggi la crisi tende a riemergere in tutta la sua gravità, dato che si sta indebolendo sempre di più l'egemonia del tradizio­ nale neutralismo. Non si deve credere che la fratturazione della fisica fondamentale riguardi solo il problema del dualismo. Al contrario, non c'è grande problema della fisica sul quale non si debbano registrare divisioni derivanti da opinioni opposte e inconciliabili. Fac­ ciamo solo un altro paio di esempi: l. L'empirismo scettico, vicino a quello di Mach, che aveva guidato Einstein alla sco­ perta della teoria della relatività speciale, sembrava dissolvere il problema della realtà oggettiva, risolvendolo in tutta una serie di opinioni distinte, ritenute da osservatori di­ versi in moto rettilineo uniforme uno rispetto all'altro. Tuttavia il naturale atteggiamen­ to di considerare come reali tutti gli eventi contemporanei all'istante presente di un da­ to osservatore, e di estendere il concetto di realtà alla realtà di tutti i possibili osserva­ tori, portava ad un universo quadridimensionale dato una volta per tutte. L'evoluzione nel tempo appare così guidata, fin nei minimi dettagli, da una rigida necessità perché per un altro osservatore, valido quanto lo sono io, il mio futuro è già dato, è già reale. Questa visione parmenidea del mondo fu sostenuta da Einstein fino al 1950. Si trattava evidentemente di una descrizione deterministica che veniva proposta negli stessi anni in cui si affermava l'indeterminismo di Heisenberg. 2. La formulazione locale delle interazioni, ottenuta da Einstein con la teoria della re­ latività speciale e generale (implicante, ad esempio, che la terra interagisce col campo gravitazionale del sole nella zona di spazio concretamente occupata dalla terra, e non istantaneamente, saltando la mediazione spaziale, col sole stesso) faceva piazza pulita degli aspetti più misteriosi della fisica classica, portando lo spazio-tempo al livello di at12

Introduzione tore primario dei fenomeni fisici. Ciononostante, la meccanica quantistica implicava che in certe situazioni questa località dovesse andare perduta. L'inseparabilità degli og­ getti quantistici (paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen) sembrava provare l'inutilità dello spazio e persino indicare una sua possibile eliminazione a livello microscopico. Questa frammentazione multiforme della fisica nacque in un periodo in cui altre scienze realizzavano importanti progressi in modo meno traumatico. Tuttavia la centra­ lità ed il maggiore sviluppo della fisica hanno lasciato un segno decisivo nella nostra epoca e questo ha portato anche alla nascita di una epistemologia della rassegnazione verso i limiti, reali o supposti, della conoscenza scientifica. In certi casi si è avuto anche un ritorno al mondo antico della magia e del misticismo (Pauli, Capra, ... ). Negli anni recenti lo scontro fra le diverse concezioni della fisica ha riguadagnato forza. Vi è stato un importantissimo sviluppo del paradosso di Einstein, Podolsky e Ro­ sen, che ha portato ad una fantastica conclusione: certe idee fisiche elementari e «natu­ rali» portano direttamente a conseguenze empiriche in conflitto con le predizioni della meccanica quantistica. Questo contrasto è espresso, ad esempio, dalla cosiddetta dise­ guaglianza di Beli. La conclusione che se ne può trarre è che non si tratta più di inter­ pretazioni divergenti della teoria, ma che la stessa struttura matematica della teoria esi­ stente, assieme alle regole che danno significato empirico ai suoi simboli, non è compa­ tibile con l'idea che gli oggetti atomici esistano nello spazio e nel tempo e che due di essi siano praticamente indipendenti l'uno dall'altro se separati da una grande distanza. Questi recenti sviluppi hanno portato la fisica ad una situazione nuova ed estrema­ mente interessante: il vecchio dibattito che aveva visto Einstein e Bohr su posizioni op­ poste ha ormai generato sviluppi tali che ricerche sperimentali future potranno decide­ re chi dei due avesse ragione! Quando nella fisica contemporanea ci si allontana dai contenuti strettamente tecni­ ci (sui quali vi è un largo o totale accordo fra i ricercatori) per spingersi verso i conte­ nuti concettuali, la fisica assomiglia sempre di più a un labirinto di linee divergenti, di asperità concettuali, di filosofie diverse e di conflitti. Questa è dunque la difficoltà che deve affrontare chi voglia pervenire ad una comprensione della scienza adeguata al pe­ riodo in cui stiamo entrando ed alle sfide che l'umanità si trova di fronte. Le divergenze più gravi della fisica quantistica si sono registrate sui problemi della causalità dei fenomeni atomici, della loro comprensibilità in termini spazio-temporali, e della loro stessa oggettività indipendente dagli esseri umani e dalle loro osservazioni. I fisici di Copenhagen e di Gottingen non si limitarono ad enunciare le loro tesi anticau­ sali ed antirealistiche, ma crearono una sequela impressionante di veri e propri «teore­ mi di impossibilità». Il teorema di von Neumann serviva a proibire ogni generalizzazio­ ne causale della meccanica quantistica, mentre il principio di indeterminazione di Hei­ senberg e quello di complementarità di Bohr servivano anche a proibire una descrizio­ ne dei fenomeni atomici nello spazio e nel tempo. Oggi tutti questi ostacoli non esistono più: mentre il contenuto positivo delle rela­ zioni di Heisenberg e della stessa complementarità di Bohr può essere recuperato al­ l'interno di una visione razionalistica dei fenomeni atomici e subatomici, i contenuti negativi sono stati spazzati via, da un punto di vista logico se non da quello sociologico, 13

La causalità impossibile dalle recenti ricerche sui fondamenti della meccanica quantistica. Si comincia ad in­ travvedere un panorama nuovo ed armonioso di processi atomici e nucleari che si svi­ luppano secondo leggi comprensibili e razionali: tutto questo lascia bene sperare per il futuro !

14

Capitolo primo IL GRANDE DIBATTITO DELLA TEORIA QUANTISTICA

l.

Introduzione

Nei primi trent'anni di questo secolo i fisici sperimentali studiarono diversi nuovi fenomeni le cui insolite caratteristiche generarono un profondo travaglio nel mondo della fisica. Questi fenomeni furono principalmente: Spettro del corpo nero ( 1900); Effetto fotoelettrico ( 1902- 1916); Esperimento di Franck ed Hertz ( 19 14-19 18); Esperimento di Stern e Gerlach ( 1922); Effetto Compton ( 1923- 1925 ) ; Diffrazione elettronica ( 1925 -1927) . Caratteristica comune dei risultati di questi ( e di altri) esperimenti era l'impossibili­ tà di spiegarli sulla base delle idee sviluppate nel secolo scorso secondo le quali la ra­ diazione elettromagnetica era un fenomeno esclusivamente ondulatorio e gli oggetti materiali del mondo atomico erano corpuscoli descrivibili dalla meccanica newtoniana. Numerosi furono i fisici che diedero importanti contributi alla costruzione di una spiegazione unitaria dei fenomeni in questione. Probabilmente le idee più essenziali fu­ rono quelle avanzate da Planck, Einstein, Bohr, Heisenberg e de Broglie, ma anche Sommerfeld, Ehrenfest, Born, Dirac, Schrodinger, Jordan, Pauli e Kramers ebbero un ruolo molto importante nel dibattito che portò alla nascita della meccanica quantistica. Questa teoria fu completata nella sua versione non relativistica nel 1927-28 con i lavori di Heisenberg (sul principio di indeterminazione) e di Bohr (sul principio di comple­ mentarità) . Essa si dimostrò estremamente accurata nelle sue predizioni in campi diver­ si quali la fisica atomica (che storicamente generò la nuova teoria), la fisica molecolare, la teoria dello stato solido, la fisica nucleare e delle particelle fondamentali, i fenomeni della superfluidità e della superconduttività ed altri campi ancora. Con questo non si vuol dire che tutti i problemi siano stati risolti e che ogni esperimento effettuato 15

La causalità impossibile abbia trovato una spiegazione quantitativa, perché la capacità di dedurre praticamente le conseguenze della teoria è limitata ai casi più semplici. Basta pensare che già nella fi­ sica newtoniana sarebbe impossibile predire il movimento dei pianeti se essi avessero tutti una massa eguale a quella del sole, per capire le insormontabili difficoltà di calcolo incontrate nel problema del moto di un elettrone in un atomo complesso (continua­ mente interagente con tutti gli altri elettroni) o di un protone in un nucleo. In conclusione le predizioni della meccanica quantistica sono state dedotte per un numero di esperimenti assai elevato in assoluto, ma tuttavia molto inferiore al numero di esperimenti effettuati. Tali predizioni sono sempre state trovate in ottimo accordo coi risultati sperimen­ tali e la fiducia nella validità della teoria è cresciuta sempre di più. N on si può tuttavia concludere che questi successi bastino a rendere l'attuale mec­ canica quantistica inevitabile come teoria dei fenomeni fondamentali. Ciò è stato sotto­ lineato ad esempio da Bohm e Bub che hanno scritto: «Non ci si rende conto general­ mente che nell'attuale linguaggio possiamo solo porci domande e considerare esperi­ menti che non vanno al di fuori di questo linguaggio. Finché usiamo questo linguaggio non è pensabile che possiamo progettare un esperimento che possa realmente contrad­ dire i postulati fondamentali della meccanica quantistica e fornisca quindi una verifica di questi postulati. Cercheremo sempre livelli energetici, probabilità di transizione, mo­ menti magnetici, ecc., e se questi non sono come predetti possiamo sempre supporre che un cambiamento delle forze fra gli atomi, la introduzione di particelle con nuove proprietà, nuovi gruppi come SU3, SU6, U12, ed altri ordini simili riportino gli esperi­ menti in accordo con la teoria senza cambiare i postulati fondamentali che nel senso di arricchirli ed aggiungervi qualcosa: non abbiamo mai la necessità di fare un passo che li contraddica» 1 . Si vedrà in effetti in questo libro che se si parte da un punto di vista diverso da quello della scuola di Copenhagen si giunge molto naturalmente all'idea di esperimenti che possono verificare (o provare falsa) l'interpretazione solita della teoria. È inoltre importante sapere che le idee fondamentali che hanno permesso di dare alla meccanica quantistica una struttura logicamente consistente hanno trovato una for­ te opposizione in parecchi grandi fisici che avevano dato importanti contributi alla fisi­ ca atomica nei primi trent'anni del secolo. Tra costoro furono Einstein, Planck, Ehren­ fest, Schrodinger e de Broglie. Fisici altrettanto brillanti e famosi diedero alla teoria la sua forma e la sua interpretazione finale e la difesero dagli attacchi degli oppositori. Tra costoro i più importanti furono Bohr, Born, Heisenberg, Dirac, Jordan e Pauli. Che cosa divise questi grandi fisici in due campi contrapposti? Perché la meccanica quantistica fu formulata nel modo voluto da Bohr (e ritenuto non accettabile da Ein­ stein) e non viceversa? Sono le idee di Einstein, di de Broglie e degli altri oppositori definitivamente supe­ rate, o è concepibile un ritorno alla loro concezione del mondo in future teorie scienti­ fiche? D. Bohm e L. Bub, Rev. Mod. Phys. 38, 435, (1966) . 16

Il grande dibattito della teoria quantistica Scopo di questo libro è di cercare risposte alle domande precedenti sia attraverso uno studio dei personaggi che crearono o che opposero il paradigma finale, sia per mezzo di una discussione della sostanza dei problemi sui quali la grande battaglia della fisica quantistica è ancora in corso. I fisici che avanzarono le idee più essenziali nel dominio della teoria quantistica fu­ rono molto probabilmente i seguenti: Max Planck (1858-1879 ) , Arnold Sommerfeld (1868-1891), Paul Ehrenfest (1880-1904), Albert Einstein (1879-1905), Max Born (1882-1906), Erwin Schrodinger ( 1887-1910), Niels Bohr ( 1885-1911 ), Wolfgang Pauli (1900-1921), Werner Heisenberg ( 190 1- 1923), Louis de Broglie (1892-1924), Pascual Jordan (1902-1924 ) , Paul Dirac (1902-1926) . Accanto ad ogni nome è stato riportato l'anno di nascita e l'anno in cui ottennero il titolo di dottore in fisica. L'ordine precedente è in base all'anno in cui conseguirono il dottorato, cioè grosso modo all'ordine storico del loro ingresso nella ricerca attiva. Al­ tri fisici che diedero importanti contributi furono i teorici Kramers, Brillouin, Lange­ vin, Landè, Debye, Lorentz, Rosenfeld, Van Vleck, Ladenburg, Wigner, von Neu­ mann, Bose, Fermi; il matematico Hilbert; gli sperimentali Lenard, Zeeman, Stark, Franck, Perrin, von Laue, Rutherford, Millikan, Stern, Gerlach, Geiger, Compton, Uh­ lenbeck, Goudsmit, G.P. Thomson. L'elenco potrebbe naturalmente continuare perché la scienza non è prodotta da pochi geni isolati, ma dal concorso di numerosi ricercatori. Ci si limiterà tuttavia a di­ scutere le idee dei primi dodici elencati sia per ragioni di spazio, sia perché essi furono con ogni probabilità i fisici più importanti nel primo trentennio del secolo per quanto riguarda la fisica dei quanti. Nel seguito di questo capitolo questi fisici verranno considerati con un minimo di dettaglio per cercare di comprendere che cosa li divise in due gruppi, quello dei creato­ ri e difensori del paradigma finale (Sommerfeld, Born, Bohr, Pauli, Heisenberg, Jordan e Dirac) e quello degli oppositori (Planck, Ehrenfest, Einstein, Schrodinger e de Ero­ glie) . Si cercherà cioè di scoprire dai loro scritti di carattere generale le differenze basi­ che nel loro atteggiamento rispetto alla realtà oggettiva e rispetto al ruolo e alla natura dell'attività dello scienziato. Ovunque possibile saranno riportate le loro opinioni sui seguenti problemi fondamentali: a) CAUSALITÀ: Esiste una causa per ogni fenomeno osservato? b) COMPRENSIBILITÀ: È il mondo fisico comprensibile alla mente umana anche in ter­ mini spazio-temporali? c) REALTÀ OGGETTIVA: Esistono gli oggetti microscopici indipendentemente dalla presenza di esseri umani e dalle loro osservazioni? Grosso modo si può dire che gli oppositori della formulazione finale della teoria dei quanti risposero affermativamente alle questioni precedenti, mentre i difensori mantennero una posizione negativa. Comunque si vedrà nel seguito in molto maggior dettaglio come si articola la posizione dei nostri dodici fisici. Per sottolineare fin d'ora l'importanza e il senso del problema della realtà oggettiva ricordiamo l'opinione di un autorevole esperto, Hans Reichenbach che ha scritto: «Voi dite che la vostra casa continua ad esistere immutata al suo posto quando siete in uffi17

La causalità impossibile cio. Come fate a saperlo? . . . Il problema è che se non si trova una risposta migliore a questo problema di quella fornita dal senso comune non si è in grado di risolvere il problema se la luce e la materia consistano di particelle o di onde» 2 • 2.

Planck e Sommerfeld

Planck e Sommerfeld furono i più anziani tra i fisici che diedero i più importanti contributi alla teoria dei quanti: Planck aveva 42 anni quando propose la sua famosa formula per lo spettro della radiazione di corpo nero e Sommerfeld aveva 47 anni quando scoprì ed applicò all'atomo di idrogeno le sue condizioni di quantizzazione. Le loro personalità scientifiche furono molto diverse. Planck era guidato nella ri­ cerca dall'idea che esiste un mondo reale esterno all'uomo e che la fisica ha lo scopo di provvedere immagini mentali di questo mondo e delle sue parti; Sommerfeld era inve­ ce soprattutto incline all'uso della matematica e considerava la fisica teorica come pro­ cesso di applicazione di equazioni ai problemi fisici. Planck aveva una filosofia ben de­ finita, spesso riaffermata e difesa, che non gli permetteva di accettare leggi acausali in una teoria fisica o mancanza di rappresentazioni mentali dei processi naturali; Sommer­ feld non mostrava invece alcun interesse esplicito per la filosofia e accettava in pratica tutto ciò che poteva essere trattato matematicamente. Planck influenzò ed aiutò i fisici con idee simili alle sue (Einstein, Schrodinger, de Broglie) ; Sommerfeld crebbe una nuova generazione di teorici che contribuirono gran­ demente al successo di idee opposte a quelle di Planck. Max Planck nacque a Kiel, Germania (ora RFT), nel 1858. Suo padre era professore di diritto costituzionale alle Università di Kiel, e più tardi di Gottingen. Nella sua Au­ tobiografia Scientz/ica (MP) Planck ricordò l'ottima istruzione che egli aveva ricevuto nel ginnasio Maximilian di Monaco, particolarmente dall'insegnante di matematica, «un maestro del passato nell'arte di far visualizzare e comprendere il significato delle leggi della fisica ai suoi allievi». Finito il ginnasio Planck si iscrisse all'università, dapprima a Monaco per tre anni e poi a Berlino per un altro anno. Egli studiò fisica sperimentale e matematica e va notato che a quei tempi non esisteva ancora la fisica teorica come di­ sciplina separata. A Monaco Planck imparò molto dal fisico P. von Jolly e dai matema­ tici L. Siedel e G. Bauer. A Berlino egli allargò considerevolmente i suoi orizzonti scientifici sotto la guida di Helmholtz e di Kirchhoff, sebbene non avesse imparato gran che dalle loro lezioni: Helmholtz non era mai preparato e faceva frequenti errori e le sue lezioni erano quasi deserte, mentre Kirchhoff era sempre ben preparato ma arido e monotono nella sua esposizione. La lettura dei trattati di termodinamica di Clausius impressionò enormemente il giovane Planck, che nella sua tesi di dottorato (Monaco, 1879) trovò il significato della seconda legge della termodinamica nel principio dell'auH. Reichenbach, Are there Atoms? in The Structure of Scientific Thought, E.H. Madden, ed., Routled­ ge and Kegan Pau!, Londra ( 1 968). La frase è a pag. 99. 18

Il grande dibattito della teoria quantistica mento dell'entropia. Sebbene Planck fosse il primo a porre la legge in questa forma, il merito non gli fu mai riconosciuto, probabilmente perché i suoi insegnanti non ebbero la giusta reazione: Helmholtz non lesse nemmeno la sua tesi, mentre Kirchhoff espresse un parere decisamente sfavorevole. Più tardi, la legge dell'aumento di entropia fu uni­ versalmente accettata a causa dei lavori di Boltzmann, ma il contributo di Planck alla sua accettazione può essere considerato nullo. Commentando questo ed altri fatti della sua attività scientifica Planck scrisse: «Una delle esperienze più dolorose della mia inte­ ra vita scientifica è che raramente (in realtà potrei dire mai) ho ottenuto riconoscimen­ to universale per un nuovo risultato la validità del quale io potessi dimostrare con una prova conclusiva anche se solo teorica» 3 • Dopo alcuni spostamenti, nel 1889 Planck si stabilì a Berlino ove occupò la catte­ dra precedentemente avuta da Kirchhoff. Qui egli restò fino alla morte ( 1947), passan­ do al ruolo di professore emerito al compimento dei settanta anni nel 1928. Tra gli allievi di Planck si possono ricordare M. Abraham, W. Bothe, W. Duane, M. von Laue, F. Reiche, W. Shottky. La sua scoperta più importante, quella della quan­ tizzazione degli oscillatori atomici, fu fatta nel 1900 e segnò l'inizio dell'era quantistica. Quando tuttavia ebbero luogo gli sviluppi più importanti e decisivi della meccanica quantistica (dal 1924 al l928) Planck era piuttosto avanzato di età. Tuttavia egli si op­ pose con grande vigore alla formulazione di Copenhagen della nuova teoria. Politicamente Plànck era un uomo che credeva nelle idee di Stato e di onore nazio­ nale al punto di arrivare a firmare il «Manifesto al mondo civile» del 1914 che contene­ va una difesa del militarismo tedesco. Più tardi, tuttavia, egli si oppose al regime nazi­ sta. Uno dei suoi figli fu ucciso dai nazisti per aver partecipato ad un fallito tentativo di assassinare Hitler. Un libro che raccoglie diversi scritti dal 1908 al 1930 nei quali Planck espresse con chiarezza le sue idee sulla fisica è La conoscenza del mondo fisico 4. Sul problema della causalità egli scrisse: « . . . il disagio è notevolmente cresciuto quando, come abbiamo visto, si è introdotto il concetto di probabilità nell'interpretazione delle equazioni della meccanica quantisti­ ca, giacché in tale modo si ha l'aria di volere abbandonare l'esigenza di una rigida cau­ salità a favore di un certo indeterminismo. Ci sono infatti dei fisici eminenti che, ceden­ do alle circostanze, tendono a sacrificare il principio della rigida causalità nell'immagi­ ne fisica del mondo. Se questo passo dovesse risultare necessario, la meta a cui devono tendere le ricerche fisiche verrebbe spostata alquanto più indietro, e ciò sarebbe un gravissimo inconveniente» Più avanti egli affermò: « . . . per parte mia credo che sia molto meglio ammettere una stretta causalità . . . » 6. Altrove Planck scrisse: «> definito nell' Ipotesi 3 implica che i risultati ottenuti non



siano diversi da u ± l l , garantendo che a questo livello non ci sia disaccordo con i risul­ tati della meccanica quantistica. In secondo luogo , come caso particolare del risultato

precedente e come conseguenza dell'eq uazione ( 1 2 ) , se si misura ( vettore unitario lungo l'asse z ) ) , l'angolo tra

rr/2 , il che implica che la proiezione di misure daranno a\

a1

À su

'A. e �

� no n

è è

i n t utti

i casi

a1

(si ha

u=O,

�=k

compreso tra - rr/2 e

mai negativa. Ne segue che tutte le

= + l , risultato coerente con il fatto che lo stato

(�)è

un autostato di

con autovalore + l .

è

In terzo luogo, facile dimostrare che la densità di probabilità ( 1 2 ) , mai negativa, è correttamente normalizzata. La verifica è lasciata al lettore. l'

I l modello discusso non h a l ' i n conveniente d i