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Italian Pages 211 Year 1978
Prima edizione 1970 Terza edizione
1978
INTRODUZIONE A
SOCRATE DI
FRANCESCO ADORNO
EDITORI LATERZA
I. IL PROBLEMA SOCRATE
l. I 'semi ' socratici. Socrate e lo ' scrivere ' nell'in
te�pretazione platonica. Altre interpretazioni della funzione di Socrate.
Chiunque abbia una qual certa dimestichezza, @ologica e storica, con la cultura e la storia greche, il cui arco si tende dalla metà del V alla metà del IV secolo a. C., qualora abbia intenzione di ricostruire, filologicamente e storicamente, nell'ambito di una pre cisa cultura e di tutto un ambiente, la figura di Socrate e quello che fu il significato della sua parola e della sua morte, entro i termini di quella storia e di quella stessa cultura, e voglia rendersi conto della problematica che quella morte, avvenuta nel 399, suscitò poi, si trova estremamente imbarazzato. L'impossibilità di delineare un qualsivoglia « ri tratto sistematico » di quest'uomo non solo è dovuta al fatto che, com'è noto, egli nulla scrisse, che pochissimi e talvolta contraddittori sono i dati che abbiamo della sua vita, ma, soprattutto al fatto che le ' fonti ' stesse (da quella di Aristofane a quelle di Platone, di Senofonte, di Aristotele, per non 'dire del poco che è rimasto di Antistene, di Aristippo, di Euclide, di Eschine di Sfetto, di- Policrate), sono tutte ' interpretazioni ', senza dubbio calate nella storia, ma, proprio per questo, modi diversi di
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collocare la funzione di Socrate, a seconda del tempo, della personalità dell'autore, del suo modo di conce pire, della sua formazione, aspetti molteplici, con cui hanno fruttato i semi di Socrate. In una celebre pagina del Fedro (276 e-277 a}, Platone, presentando un Socrate dialettico e problematico, protrettico, tutto teso a fare sì che gli altri,. chiunque essi siano, sappiano pensare, formino se medesimi attraverso lo stesso ' saper pensare ', indipendentemente dal proporre una qualsivoglia propria dottrina, farà escla mare a Socrate:
Impegno molto più bello è quando uno, servendosi dell'arte dialettica, prendendo un'anima adat�a, vi pianta e vi semi11a con scienza discorsi che sono capaci di venire in aiuto a se stessi e a chi li ha piantati, e che non sono infruttiferi, ma hanno in sé germi donde scaturiranno altri discorsi piantati in altre persone, di scorsi capaci di produrre questi effetti senza mai venir meno c di rendere felice chi ne possiede il dono, per quanto all'uomo è possibile. E nell'Apologia (33 a-b ), probabilmente in oppo sizione a chi aveva, anche dopo la morte di Socrate, giustificato l'operato della restaurata democrazia, an cora una volta accusando Socrate di essere stato il cattivo genio di certi personaggi politici di Atene (un Alci biade, un Crizia}, che operando individual mente avrebbero rovinato la Città, Platone fa dire a Socrate ch'egli in realtà non ebbe alcun discepolo, ch'egli non insegnò alcuna dottrina, che cercò solo di far pensare la gente con la propria testa:
Io, poi , non sono mai stato maestro di nessuno: solo che, se parlando o attendendo a quella che è l a mia funzione, qualcuno mi vuole ascoltare, giovane o vec chio, non ho mai detto di no: né è vero ch'io parli qualora ne ricavi guadagno e se. non ne ricavi non parli ; ugualmente, anzi, io sono a disposizione· del povero e del ricco, di chiunque mi voglia interrogare e abbia desiderio di ascoltare quello che rispondo. Se poi qual cuno, a causa di questi incontri, diventi uomo dabbene 8
o no, non sarebbe· giusto che ne ricadesse su di me la responsabilità, su di me, ché a nessuno ho promesso d'insegnare né mai ho mai insegnato una qualche dot trina; c se qualcuno sostiene di aver imparato o udito da mc, in privato, cosa che non abbiano appresa o ascoltata anche tutti gli altri , siate sicuri che costui non dice la verità. E sarà sempre per difendere Socrate, dopo So crate, dall'accusa d'essere stato il cattivo genio di Crizia e di Alcibiade, che Senofonte, ancora una volta sottolinea, pure in forma più banale, meno storica di Platone, certo contro la presa di posi zione sul ' caso Socrate ' da parte del solista Poli crate, avvenuta nel 393 circa - probabilmente riprendendo da Platone stesso -, che Socrate fu essenzialmente un protrettico, un maestro di vita, un uomo che cerco di far pensare gli altri , di avviare gli altri a saper ragionare, a vivere, di volta in volta, secondo ragione, ragionevolmente e non presi dalle passioni, a caso:
Eppure, continuava l'accusatore, Crizia e Alcibiadc, che furono amici di Socrate, hanno causato moltissimi danni alla città [ . ] Io non li difenderò, certo, se hanno fatto del male alla città: spiegherò soltanto come si stabilirono i loro rapporti con Socrate. Erano, questi due, per natura, i più ambiziosi di tutti gli Ateniesi, desiderosi di compiere da soli ogni impresa c di acqui stare una rinomanza tra tutti la più grande. Sapevano che Socrate viveva con una piccolissima sostanza in maniera affatto indipendente, ch'era estremamente tem perante in ogni passione, e che coi suoi discorsi poteva fare quel che voleva di chiunque parlasse con lui. Ve dendo ciò cd essendo come già si è detto, chi ammet t� rà che bramarono la compagnia di Socrate per rag g�ungere il suo tenore di vita e la sua saggezza o non pmttosto. perché credevano che, fattiglisi amici, sareb bero diventati espertissimi nella parola e nell'azione? Secondo mc, se un dio avesse loro concesso di vivere tutta la vita nel modo che vedevano vivere Socrate o di morire, essi avrebbero scelto la morte. E lo mostra rono a fatti: ché appena si sentirono superiori agli altri, ..
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staccatisi subito da Socrate, si dettero agli affari pub blici, in vista dei quali ne avevano cercato la compa gnia [ ... ] Cosl Crizia e Alcibiade, finché rimasero vicini a Socrate, avendolo alleato, poterono dominare i piaceri non belli: distaccatisi da lui [ ... ] si dimenticarono di se stessi [ . . ] E allora, [. .. ] l'accusatore ne dà la colpa a Socrate [ ... ] Non appena si ritennero migliori degli altri politicanti non frequentarono più Socrate; e del resto non era troppo accetto ad essi c, se lo frequenta vano, · si sdegnavano d'essere ripresi nei loro sbagli (Seno· fonte, Detti memorabili, l, 2. 12·6. 24. 26. 47). .
Potremmo ora, di rimbalzo, prendere altri testi di Platone ( sul Socrate che non parla se non a chi gli sembra adatto, su Alcibiade che quando incontra Socrate fugge via da lui perché lo fa vergo gnate di se stesso, sul Socrate celebre che invita tutti a essere se stessi, a conoscere sé), e, accostan doli a questi e ad altri di Senofonte, mostrare vici nanze, e, da un'analisi minuta, differenze, sia pure in un sottofondo comune, delle due interpretazioni di Socrate, la platonica e la senofontea. Ma per il. momento non interessa questo. Qui interessa, in apertura, accennare ad ' a ltro, e cioè al fatto che fin dal principio, fin da dopo la morte di Socrate, aper tosi quello che dicevamo il 'caso Socrate ', c'è chi ha puntato, o agiograficamente in una ricostruzione di un Socrate moralista e predicatore (Senofonte), o storicamente in una ricostruzione del personaggio Socrate, vivo, operante e avente una certa funzione in Atene, attento ad ogni situazione culturale, critico e problematico ( Platone), su di un Socrate che, in realtà, non avrebbe avuto alcuna dottrina, non avreb be delineato alcun sistema, che non sarebbe stato ' positivamente ' maestro di alcuno, che proprio per questo non avrebbe scritto nulla, e di cui non rimar rebbero che i frutti, i frutti di quei seu#, frutti diversi a seconda del terreno su cui sarebbero stati gettati ad arte. Sotto questo aspetto estremamente suggestive
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divengono le pagine del Fedro ove Platone inter preta la ragione per cui Socrate non avrebbe scritto nulla, ché lo scrivere è sempre, alla fine, un discorso che costituisce un certo sistema, che diviene il ' passato ', che non tiene più conto degli altri, che non si fa e si diversifica volta a volta dialetticamente, si ruazione per situazione, formando uomini che siano davvero volta a volta se stessi, viventi nel presente che delinea il futuro ; esso invece si riferisce a « pappagalli delle muse altrui », del passato e perciò stesso, nel sistema e nell'ordine dato, non critica mente discusso, a uomini morti, quale che sia la posizione assunta, sia pur essa nuovissima. E di qui, è chiaro, l'irritazione che, secondo Platone, Socrate suscitava in chiunque s'incontrasse con lui, in tutti, di qualsiasi parte essi fossero, ricchi o poveri, oligar chici o democratici, e quindi, le accuse di empietà, di corruttela dei giovani, le accuse di essere stato l ' i st i gat ore di Alcibiade e di Crizia da parte della sclerotizzata democrazia legata ancora all'ordine teo logico politico dei tempi immediatamente posteriori alle guerre persiane; e l'accusa, viceversa, d'essere un ' democratico ', un uomo che formava uomini in rapporti di comune ragionevolezza, mediante la di scussione, da parte degli oligarchici e dei grossi signori che agivano personalmente, indipendentemente dalla politèia ateniese, e da parte degli stessi sofisti. Fa, dunque, dire Platone a Socrate:
[ ! o scriver e ] , di fatto, cagionerà, per mancato eserctzlO dt memoria, l'oblio nelle anime di chi apprenderà, . pmché si ricorderà delle cose sulla fede dello scritto, dal di fuori, per caratteri altrui, notz da sé, per intimo processo. Non hai dunque trovato una medicina per ser�are i ricordi, ma piuttosto per richiamarli. Ai disce-. poh darai una parvenza di sapere, non la scienza vera; . a te, avendo notizia di tante cose senza nessun �raZie Insegnamento, crederanno d'essere molto dotti e saranno per lo p � ù molto ignoranti, e anche difficili da s oppor tarsi, potché saranno ombre di sapienti, non sapienti
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veri [ .. ] E Io scritto anche questo ha di terribile, che somiglia veramente alla pittura. Infatti le creature gene rate da questa si ergono come esseri viventi: ma se chiedi loro qualcosa serbano solennemente un assoluto silenzio. I discorsi fanno. altrettanto: si crederebbe che parlino racchiudendo un pensiero, ma se s'interrogano, volendo approfondire qualcuna delle cose dette, signi ficano una cosa sola e sempre la stessa. Una volta scritto poi, ogni discorso si aggira ovunque, ugualmente, presso chi sa e presso chi non se ne intende per nulla, e ignora a chi debba parlare e a chi no. Offeso e biasimato ingiu stamente, ha sempre bisogno dell'aiuto del padre; inca pace, per parte propria, di difendersi e assistersi da sé [ . ] E che? Esamineremo un altro discorso, fratello legittimo di questo, con che caratteri si produca c in che sia migliore c più capace di esso? [ . ] È il discorso che si scrive, insieme alla sapienza, nell'animo di chi impara; esso è capace di difendersi e sa con chi con viene parlare o tacere [ ... ] II discorso di chi sa, vivente e animato, di cui giustamente il discorso scritto potrebbe dirsi un'immagine [ . ] Forse che l'agricoltore intelli gente, seminando in_ estate, in tutta serietà, i semi che gli stanno a cuore e vuole diano frutti, nei giardinetti di Adone, si rallegra vedendoli venir su, rigogliosi in otto giorni? O lo farà solo, se anche lo farà, per diver timento e per via della festa? E per quelli che gli stanno a cuore, servendosi dell'arte agraria, scminandoli nel terreno opportuno, non si rallegrerà invece se, in otto mesi, quanti ne ha seminati, raggiungeranno completo sviluppo? [ ] Credo però, che [ ] sia opera molto più bella quando uno, servendosi dell'arte dialettica, prendendo un'à nima adatta, vi pianta e vi semina con sapienza discorsi che son sempre capaci di venire in aiuto a sé e a chi li ha piantati o che non sono sterili, ma chiudono in sé un germe donde scaturiranno altri discorsi, piantati in altre anime [ ... ] (Fedro, 275 a-b.d276 a-c, 277 a). .
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Questa pagina va indubbiamente intesa come interpretazione ' che Platone dà del fatto che Socrate non ha scritto nulla, e va, per altro, ripor tata, entro il contesto del Fedro, a quello che è,
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nel Fedro, il problema di fondo, la funzione della retorica, che, valida entro i termini dell'orizzonte umano, dell'opinione, della empiria e del giuoco degli affetti {in senso gorgiano), deve trovare a monte, mediante la dialettica, i suoi fondamenti adialettici, le premesse scientifiche e inoppugnabili ; e qui, in tale ricerca dei fondamenti scientifici del discorso, perché sia possibile una scienza politica e una scienza etica, sta la profonda opposizione di Platone alla retorica gorgiano-sofistica e isocratea, che si fonda tutta, invece, sul giuoco degli affetti, rimanendo entro i termini dello stesso rapporto · affettivo umano, che è sempre temporale, culturale, e perciò stesso storico. Entro questi termini, Platone, storicizzando e rifacendo vivo il dibattito di tutta una cultura, quale si era venuta costituendo nell'Atene che va dalla metà dd V secolo in poi, per rendersi conto dci portati di quei dibattiti al tempo in cui egli stesso viene operando {dopo il 399), e per inserirsi fecondamente nella vita culturale-politica di Atene e della Grecia, situa la figura di Socrate e interpreta i •< discorsi » socratici come modificazioni dei « discorsi » sofistici e delle discussioni sulla funzione delle scienze, come aventi un significato dialettico, mediante cui, di volta in volta, determinare le possibilità di discorsi scientifici. Ma qui il discorso diviene un altro, divie ne discorso su Platone, e, ora, non interessa ripercorrere l'impostazione del pensiero di Platone, né certi sviluppi di quel pensiero : dal rintraccio, attra verso la ' dialettica ', intesa come ciò mediante ( lìui) cui si determina il ragionare (HyEaftul), come d iscussione. di ogni premessa, di riduzione in ridu _ ne Zio delle premesse ( secondo il metodo riduttivo de� geom etri), fino alla premessa non più oppugnabile cui tu tti debbono giungere perché non contraddit tori_ a e per ciò stesso necessariamente con-ragionata ( 0110Ì.oyiu ) , necessariamente convincente· al rintrac cio - mediante ciò - delle condizi� ni razionali, p erché sia possibile una certa vita etico-politica, razio-
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nalmente fondata, di contro all'altra che si fonda sul piano affettivo, empirico, e che perciò si risolve tutta, invece che nell'ambito razion:tle-scientifico, nei ter mini della retorica ; all'impossibilità, infme, di poter giustificare quelle stesse premesse, se non entro il discorso che si muove e si dialettizza (dicotomica mente) da quelle premesse stesse, in discorsi di tipo matematico e geometrico, oppure, per i più, mediante una narrazione (mito) verosimile, sapendo di avan zare delle ipotesi. Perciò, confessa onestamente Pla tone nella VII lettera, egli mai dei sommi veri, del l'essenza, delle ragioni del tutto, della natura natu rante, mai ha scritto, ché di tutto ciò, in realtà, non ha avanzato che miti, retoricamente utili per avviare la massa non filosofa a quelle ragioni di vita e di rapporti umani cui solo i fùosofi giungono. Su tali argomenti non c'è, né mai vi sarà un mio scritto. Di quello che è il loro oggetto non si deve par lare [QTJt6v] come si fa per le altre scienze, ma quando si ha lunga dimestichezza con tali problemi, quando con essi si vive, allora la verità brilla improvvisa nell'anima, come la fiamma dalla scintilla, c di se stessa in séguito si nutre. Eppure io almeno so questo, che tali argomenti scritti o detti da me sarebbero detti nel modo migliore; c so anche che se fossero scritti male ne avrei un gran dispiacere. Se ritenessi invece che fosse opportuno met ter per iscritto tali cose in adeguata maniera per essere intese dalla massa e che si possono dire [QTJ'tu], cosa avrei potuto cogliere di più bello nella mia vita se non scrivere di tali verità utilissime per gli uomini e trarre alla portata di tutti la physis? (VII lettera, 341 c-d). Sembra chiaro che, relativamente allo ' scrivere ', questa pagina della VII lettera ( e altre potremmo citare, da altri dialoghi platonici ) è al polo opposto a quella del Fedro. Nella VII lettera si tratta del punto di arrivo, dei fondamenti stessi da cui si svolge il pensiero. A ciò, per . altro, e viceversa (Fedro), si giunge avviando . a saper pensare, a discutere, 14
volta a volta, le opinioni, . sl da riuscire a cogliere le condizioni di un discorso non più apponibile e perciò vero. E in questo, secondo Platone, sarebbe consistito il « discorso » socratico - la ' dialettica ' e la ' brachilogia ' di Socrate -, volta a volta, ogni volta, dunque, nuovo, ogni volta diverso a seconda dell'interlocutore, della situazione, della opi nione in discussione. Si vede bene, allora, come Platone tende a chiarire quale, secondo lui, entro l'àmbito di una certa precisa cultura, dibattutasi in Atene tra il 450 e la morte di Socrate, è stata la funzione del c dialogo ' socratico, dei cosiddetti c lògoi ' socratici . Certo, Platone, quando avanzò la sua ' in terpretazione ' di Socrate, l 'avanzò in contrapposi zione ad altre interpretazioni dei lògoi socratici, ad altri ' frutti ' di quelli che furono i ' semi ' di Socrate, che avevano fecondato altri terreni. Senza dubbio Platone aveva presenti, a parte il Socrate delle Nuvole di Aristofane, i Socrate e i lògoi socra tici entro i termini delle. discussioni sofistiche (in particolare entro i termini delle antilogie protagoree, assai diverse dalla retorica gorgiana) e della dialet tica di derivazione zenoniana, riferiti e interpretati, in modo specifico, da un Antistene e da un Euclide (c qui pensiamo agli aspetti della logica antistenica e di quella euclidea). Se da tali discussioni, se in tale presa di coscienza di quello che fu Socrate, si viene delineando il Socrate di Platone e quella che, in funzione della sua problematica storica, in ambienti e situazioni ben precisi, fu la funzione ' storica ' di Socrate, e quindi a nche l'interpretazione ph!.tonica del ' discorso socra _ ', mobile e ogni volta nuovo, nient'affatto volto ttco alla contemplazione di un ordine che è, ma a far pcr: sare, a far sl che ciascuno ogni volta pensi secondo ragrone, sembra chiaro il significato dato da Platone alla ' dialettica ' socratica. Se il modo stesso di ragio nare consiste in questa stessa ' dialettica ', essa, in quanto protrettica, in quanto tensione a discutere,
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volta a volta, la validità di ogni proposlZlone e opinione, ogni vol ta possibile e diversa, non solo non può volgersi che sul piano umano, e per ciò stesso è avviamento a una logica e a un'etica, ma non può essere che vivo discorso, neutro per contenuto, ogni volta nuovo, e per ciò stesso non definibile, teso non a costruire dei .d otti, ma degli uomini. Tali, dunque, secondo Platone, interprete, a sua volta, dei ' fru tti ' socratici, le ragioni per cui Socrate non avrebbe scritto nulla (solo, dice Platone, egli avrebbe scritto una volta delle « favole », e, per quel che abbiamo detto, il fatto che abbia scritto ' favole ' è molto indicativo) e tale, in· lui, e per lui, il signifi cato dei ' semi '. Non a caso abbiamo citato poco sopra Antistene cd Euclide; per il momento, lasciando ancora da parte Aristofane (la cui opera, le Nuvole, risale a un periodo in cui Socrate aveva 45 anni circa, il 423, e che, probabilmente rappresenta una situazione e una problematica diverse) e Senofonte ( le cui opere socratiche sono molto più tarde e sembra siano state composte oltre un ventennio dopo la morte di So crate), potremmo citare Eschine di Sfetto, lo stesso Policrate e, forse, Aristippo. Antistene cd Euclide di Mègara, diversi per ori gine culturale e sociale da Platone, più anziani di lui ( entrati in contatto con Socratc dopo il 420 ), mezzo ateniese Antistene, non di Atene Euclide, attra verso i loro rapporti con Socrate - se teniamo pre sente qual è il significato dato al ' discorso socratico ' .da Platone - si:l pure in forme diverse hanno trasformato alcuni aspetti della logica sofistica ( ivi compresa la ' retorica ' gorgiana, le antilogie prota goree e gli studi sul linguaggio di Prodico) e di quella eleatica (particolarmente i possibili esiti della dialettica zenoniana) nella impostazione della dialet tica « come problema di divieti logico-linguistici, uti lizzando in un senso nuovo materiali ch'erano già
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noti ai sofisti 1, proprio attraverso la . problematica impostata da Socrate. Non a caso Platone stesso, in certi testi dell'Eutidemo, del Parmenide,· del Sofista, ripercorrendo a ritroso una possibile linea della tema tica e dell'influenza di Socrate, mostra, sia pur sotto le righe, tali esiti della problematica logico-linguistica di Socrate (nel Parmenide, attraverso Zenone, o la soluzione gorgiana o l'aporeticità dialettica platonica; nell'Eutidemo, le soluzioni di un tipo di logica neoso fistica, tutta fondata sulle analisi degli scivolamenti linguistici, con chiare allusioni · ad Antistene; nel Sofista, un Socrate rappresentante di una ' nobile sofistica ', anche se non da confondere con quelle che secondo Platone erano state le degenerazioni della sofis tica, con nuove probabili allusioni ad Anti stene e a Euclide, probabilmente in risposta alle critiche, mosse alla logica platonica proprio da An tistene e da Euclide). Non solo, ma sia l'uno che l'altro avrebbero, entro questi termini, riferito le discussioni con Socrate, già prima di Platone (o, alme no, subito dopo la morte di Socrate) e, poi, in polemica con l'interpretazione che proprio contro di loro Platone viene dando dell'aspetto protrettico della dialettica socratica, avrepbero polemizzato con Pla tone, in intrecci di motivi e di problemi comuni, che va nno dalla logica e dalla possibilità, o meno, di passare dal discorso che tutto si risolve entro l'àm bito umano, in ' universi ' di discorso ben definiti (A ntist ene, Euclide) o, in una costituzione dello stes �o rappo rto umano, orizzontalmente, temporalmente, m u na p rose cuzione della retorica gorgiana ( Isocrate), a_l discorso stesso del tu tto, ove attraverso la dialet tic a cogliere lo scandirsi dialettico del tutto, atempo ra�e e scientificamente deducibile (Platone), alle im! phcue que stioni etiche e politiche. E no n è senza importanza, fin da ora, ricordare ·
so
fi 1 C. A. VIANO, La ta "• 195 8, p. 190.
dialettica stoica,
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in , la natura umana dall'altro lato, dal l'una "parte e dall'altra, quali che siano le conclusioni, mettendo in discussione, in Atene almeno, tutta una cultura e un complesso di credenze su cui si fondava lo stesso costume e la politica della Città. Sotto que sto aspetto, dunque, Aristofane è precisissimo quando afferma che la nuova fisica, le nuove metodologie scientifiche, e l'arte del discorrere, della confutazione, della contraddizione, della lingua (mediante cui si co stituisce, attraverso il discorso stesso un'artificiale giustizia, un'artificiale legge, sempre frutto dell'uomo ) sono H parto di una medesima cultura, di una stessa crisi. E perfettamente ragione ha quando fa escla mare alla Corifea delle Nuvole: « Non crederai più, dunque, ad altro dio fuori che ai nostri : il vuoto -
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Caos che tu vedi, le Nuvole e la Lingua » ( vv. 423-4);
e ancora, Fidippide convertito dal « discorso ingiu sto »: « E non era un uomo come me e te, chi fece questa legge ai tempi suoi ? » (v. 142 1 ). Certo, sia per la funzione politico-polemica e po polare della Commedia, sia per l'intento di Aristo fane stesso, quel nuovo mondo ( nuovo per Atene), quella nuova circolazione di idee, vengono veduti at traverso l'occhio di Strepsiade (che rappresenta 'un tipo di ateniese) e di Fidippide ( altro tipo di ateniese). In modo specifico, anzi, Aristofane cerca di far com prendere il modo con cui le nuove tecniche e gli studi scientifici vengono accolti dalla gente comune di Ate ne c quale uso i più - in particolare i giovani -, accantonate le remare delle vecchie credenze e super stizioni religiose, fanno della dialettica e della confu razione dei sofisti sul piano dei rapporti giudiziari e del fòro. Aristofane, in fondo, non ce l'ha né con gli studi scientifici in sé, né con le tecniche sofistiche nella loro neutralità - non a caso, alla fine, saranno proprio le Nuvole a giuocare il buon rozzo Strep siade -, ma con gli effetti che tali studi mal com presi e male usati, hanno avuto sul popolo ateniese, che è, in realtà, il vero bersaglio della battaglia di Aristofane. 3 . Il Sqcrate delle ' Nuvole ' e la postZtone di So
crate nell'Atene prima della guerra del Peloponneso.
Entro questa prospettiva sembra ora assumere part icolare significato la rappresentazione che Ari st ofane dà di Socrate. Anche se in una proiezione unilaterale (la proie zione di un conservatore e quella in cui Socrate è veduto da uno o da altro tipo di cittadini, gli Strep siade e i Fidippide), l'avere messo al centro della commedia, in Atene, per ateniesi, Socrate ateniese, significa : innanzi tutto che, come che sia, Socrate nel 43
424-3 era già un personaggio, considerato certo un po' matto e balzano dalla gente bene, da chi si lascia vivere secondo un qual certo costume, acriticamente; significa, in secondo luogo, che Socrate, proprio in quanto si è reso conto dell'importanza e dell'inci denza della metodologia delle scienze naturali (Anas sagora da un lato, i medici dall'altro lato) e delle istan ze e discussioni dei solisti (e qui pensiamo partico larmènte alle antilogie di Protagora e alla linguistica di Predico), è l'unico ateniese consapevole di una cultura nuova, il quale tenta di far comprendere ai suoi concittadini che ciascuno, attraverso gli altri, ha da essere' consapevole di sé e dei propri limiti, com ponendo dialetticamente le varie ragioni, non confor mandosi a quale che sia il costume supinamente accettato; significa, in terzo luogo, che Socrate, il quale -.·: :;e nella Città e per la Città, è molto meno asettico che non gli scienziati singoli, con le loro singolari esperienze e studi, isolati nel loro lavoro, che non gli stessi sofìsti, maestri itineranti. I solisti, in fondo, sia un Gorgia con la sua retorica, sia un Protagora con le sue antilogie, sia un Predico con i suoi studi linguistici, consapevoli che gli umani rap· porti si risolvono entro i termini dell'orizzonte umano, si presentano come coloro che con la parola riescono a convincere i cittadini di ciò che è veramente utile per la Città, e che riescono a stabilire un complesso di rapporti sociali che siano utili, buoni, volta a volt.a , per ciascuna città. Il sofìsta è un tecnico della parola che, sapendo che con la parola si può giungere a regolare le passioni degli uomini e le loro opinioni, disciplina le passioni sl che gli uomini convivano in modo felice. E questo il sofista insegna, questa tecnica del persuadere che, naturalmente, nei modi cangia e si diversifica di volta in volta a seconda delle occasioni e delle situazioni. I sofìsti, perciò, potevano benissimo, a seconda del paese o della Città da cui passavano, convincere anche - proprio mediante le loro tecniche, giuocando su certi affetti - a ciò che 44
questa o quella Città avessero voluto. Socrate no, Socrate è l 'uomo che va fino in fondo, e proprio usando certe tecniche della confutazione sofistica, e, p onendosi sul piano umano, ribalta anche quello che poteva essere il conformismo sofistico; per restituire ciascuno a se stesso, sempre entro l'àmbito di pre cise situazioni storiche, di precisi uomini, in una pre cisa Città, Atene. Il Socrate delle Nuvole è, dunque, un simbolo, ma un simbolo che scaturisce da chiare indicazioni di quella che è stata la prima formazione di Socrate e di quello che attraverso tale formazione era Socrate, almeno fino alla prima fase della guerra del Pelopon neso. Il Socrate di Aristofane non è, dunque, il Socrate " nato vecchio " di cui parla il Tovar, né è una mera caricatura, o un'astrusa falsificazione, ma è un Socrate che viene fuori da un ben preciso am biente culturale in movimento. Innanzi tutto - e in linea generale - appare un Socrate che propone ai propri concittadini la problematica viva e complessa scaturita in Atene dalla presenza e dalla circolazione di idee che . venivano da fuori, e che, con Pericle, t rovano in Atene il proprio centro in dibattiti molte plici e conturbanti : già sappiamo del soggiorno in Atene di Anassagora; sappiamo che la problematica di Ze none di Elea cominciò a circolare in Atene fin dal 454 circa; sappiamo · dei molteplici soggiorni dal 444 in p oi, in Atene, di Protagora ( si ricordi che fu Protagora a preparare, su incarico di Pericle, la legi slazio ne per Turi), di Gorgia ( sul piano della discus sio ne sulla dicibilità o meno dell'Essere assai vicino a Zenone; certo ad Atene nel 427), di Predico (di cui s i dice che Socrate ascoltò le lezioni). In realtà, proprio dal testo di Aristofane, viene fuo ri u n Socrate che, durante l'attività di Pericle e fin o alla morte di lui è stato altamente aperto ai problemi di tutto il mondo allora internazionale con H uc n te in Atene, e ha voluto renderne conto a sé e _ 31 prop ri concittadini m un tentativo di sprovincia45
lizzare e di demistificare - diremmo oggi - la vec chia, chiusa, · Atene. « Il fatto importante e che dobbiamo tener presente - ha scritto il Taylor (Socrate, 1933) è che l'affermazione politica e commerciale di Atene al tempo di Cimone e di Peri de ne aveva fatto [ .. ] una grande capitale e un luogo di convegno per i pensatori del mondo elle nico; era divenuta una specie di camera di compen sazione per idee di ogni genere ». E cosl non va scordato ciò che Tucidide fa dire allo stesso Pericle: -
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Ad Atene noi rettamente riflettiamo e apertamente giudichiamo sugli affari privati e pubblici, convinti che i discorsi non nuocciono all'operare, ma ad esso nuoce piuttosto il passare ai fatti, prima di aver chiarite nei discorsi le idee: poiché noi abbiamo questo pregio sin golare di essere insieme al sommo ardimentosi c rifles sivi in tutto quanto intraprendiamo; diversi perciò da gli altri nei quali l'ignoranza genera audacia e la pon derazione lentezza; per raccogliere il molto in poco, dico insomma: Atene è la scuola della Grecia [ . ] (Il, 40). ..
Sotto questo aspetto non sembra affatto strano l'accostamento che Aristofane fa di un Socrate, in tento e interessato all a fisica di tipo anassagoreo, o, almeno dei discepoli di Anassagora (Archelao e Dio gene) e di un Socrate ad un tempo studioso delle tecniche sofistiche, della confutazione, dell'umano di scorso ( aveva esclamato Sofocle nell'Antigone, rap presentata in Atene probabilmente nel 44 1 : « Molte san le cose meravigliose, ma nessuna più meravigliosa dell'uomo » ; l 'uomo inventore delle arti, ha vinto il mare e ha vinto la terra, e ha costruito case e città , « e a se stesso insegnò l 'uso dell'agile pensiero espresso in aeree parole e l'impulso a ordinarsi in Città », vv. 332-55; e cosl, sia pur nell'interpretazione di Platone, dice miticamente Protagora: « L'uomo , usando l'arte, articolò ben presto la voce in parol e e inventò case, vesti, calzari, giacigli e il nutrimento che viene dalla terra [ . . . ] ; poi scopd la scienza 46
politica, allorché Zeus donò all'uomo pudore e giu stizia, senza di cui non sarebbero né ordinamento civile, né vincoli costituenti unità di amicizia » ; senza di cui non sarebbe l'uomo : Protag. 322 a-d; e Gor gia: « gran dominatore è la p arola, che con piccolis simo corpo e invisibilissimo riesce a compiere divi nissime cose » : Elogio di Elena, DK, 82 B 1 1 , 8). Anzi, nulla vieta d i fare l'ipotesi che sia stato proprio il rapporto con i fisici e con gli scienziati in genere, che si muovevano nel senso che sopra ab biamo detto, a dare a Socrate giovane la consapevo lezza critica di un metodo e, ad un tempo, la coscienza dei limiti dell'umana ragione relativamente a quello che sia il possibile sapere che oltrepassa i dati del l'esperienza e della ragione stessa, si tratti della divi nità o di ciò che è in quanto è. E cosl, proprio tale consapevolezza critica avrebbe condotto Socrate, con sapevole che cia�cuno deve occuparsi di ciò che sa e che gli compete,· egli non scienziato, non avente una preparazione specifica ( nato nel 470, appartenente a una classe· media, fu educato come tutti i giovani del tempo : ginnastica, musica, poesia; com'è noto, co nobbe le tesi di Anassagora, già adulto, attraverso, forse, Archelao: · cfr. Platone, Pedone, 97 c), ad ap plicare al mondo dei suoi più immediati interessi, il mondo degli uomini, il metodo proprio della scienza, in ciò ben comprendendo sofisti come Gorgia, Pro dico, Protagora, le loro istanze e la loro funzione, nel richiamo a · un discorso terreno, di uomini a uo mini, mediante cui modificare gli stessi rapporti u mani : come e in che senso, in quale direzione c con quali finalità, è un'altra questione e in ciò Socrate sarà diversissimo dai sofisti stessi. Socrate, nelle Nuvole, da un lato appare sospeso � mezz'aria, su macchina scenica, per meglio osservare Il mo ndo della natura ( « nell'aere spazio e il sole � quadro », v. 225) - il che può significare, appunto, I l s uo interesse per gli studi di fisica, e la sua con vi nzio ne, dettata da quel tipo di studi, sull'impos•
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sibilità da parte umana di cogliere le strutture del reale, la sospensione da parte di Socrate del giudizio sugli dèi (come Protagora) e l'Essere (come Gorgia}, interpretata dagli Strepsiadi come negazione dell'esi stenza di Zeus -; dall'altro lato appare come mae stro di discorsi, sostenitore del ' discorso ingiusto ' ( cioè il ' discorso umano ', come abbiamo detto sopra, non .a caso chiamato da Strepsiade c il tuo discor so l, v. 244 ), per cui sempre nell 'interpretazione di Strepsiade, cioè della gente comune, ancorata alle antiche concezioni e all'antico c giusto ', ma cui nel diffuso sbandamento morale quel ' discorso ingiusto ' sembra· servire ad altro, un Socrate chiacchierone, sfuggente e parolaio. (éiron, v. 449, dice Strepsiade, donde poi l'accusa a Socrate, anche da parte dci sofisti macrologi, di ironico ; vasellilza, v. 449, dice ancora Strepsiade, cioè sfuggente, che è già un riconoscimento del fatto che ,Socratc non ha una dottrina, non insegna se non attraverso la confu tazione e la ricerca umane). Ma tutto ciò, ripetiamo, è interpretazione, ché, in realtà, già dalle Nuvole non appare affatto un Socrate legato a una precisa dottrina, o, almeno, avente una sua particolare dot trina ; un Socratc, sl, profondamente calato in tutto un ambiente di cultura, ma già avente una sua perso nalità spiccata, un suo modo di atteggiarsi sia di fronte alle posizioni dei fisici, se spacciate per le uni· che vere, sia di fronte alle posizioni dei sofisti, di chi si occupa del mondo degli uomini e dci modi con cui si costituiscono i costumi umani, quando tali posizioni non siano di volta in volta critica· mente discusse, ma assumenti, invece, aspetti avvo· cateschi, edificanti, professorali e risolventisi così in chiacchiere, nei lunghi discorsi fascinosi - reto rica dell'ornato - o in mcre seduzioni. Sembra ora opportuno venire ad alcuni testi del le Nuvole: sono appena degli accenni, ma assai fini - buttati là come sono - e che indicano già alcuni aspetti precisi dell'atteggiamento di Socrate, ripresi ·
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c
interpretati anche se in maniera opposta da Platone. V'è, intanto, un accenno sia pur scherzoso, anzi bef fardo, forse alla ' maieutica ' socratica. È da tener presente che Socrate non è ancora entrato in scena. Srrepsiade, deciso ad andare lui al ' pensatoio ', per i mparare l'arte dell'imbroglio e del cavillo dialettico, bussa con violenza all a porta. Indignato, un disce polo del ' pensatoio ', interrotto in una sua ricerca - il salto delle pulci - esclama: « Ignorante, che razza di calci spari alla porta : senza rifletterei! Mi facesti abortire l'escogitato pensamento » (vv. 1 35-7 ). ' Ignorante ' , ù11a6i)ç (amath ès ), cioè ' uomo non pre parato ', insipiens: non a caso ' discepolo ' è 11a!hjç ( mathès), e, subito sotto (v. 140), si dice che di certe cose non si può parlare che ai 11a{)l1Ta'low, a chi abbia una preparazione; e non si tratta di conventi_ cola, di un sapere riposto e segreto (se non da parte popolare), ma di una condizione perché feconda possa essere la ricerca, che, com'è detto immediatamente dopo, non è condotta direttamente da Socrate, ma su di una domanda di Socrate; se la ricerca non è ben condotta, non è controllato l' ' escogitato pen siero ' (la intuizione), non si viene a capo di null a , è meglio abortire (xo.t ne realmente socratica. Socrate, certo, è d'accordo con le ragiolli di Zenone-Gorgia ·per un verso e per l'altro verso con quelle degli scien ziati, sull'impossibilità di sapere le cause prime o ultime dell'esserci. D'altra parte neppure si può avere speranza di una spiegazione mediante l' c Intelletto ' di Anassagora. Anassagora, coerentemente con le sue premesse, entro l'àmbito di un'indagine puramen· te fisica non può che giungere, scientificamente, ad una spiegazione meccanicistica. Socrate, d'altra parte, è preoccupato e interessato fin dalla sua prima giovi· nezza del costume umano, del significato e dei fini dell'uomo, come appare anche dal Parmenide, ove, appunto , si mettono in discussione, proprio per av· 68
viare ad una ricerca scientifica, quei siasmi di Socrate per il bello, il bene, egli passa attraverso i divieti logico-lin Zenone, quindi attraverso il metodo dei fisi . rende conto che sul piano scientifico e su qu puramente logico ogni passaggio a un sapere as � Iuta è illecito (di qui, vedremo, il celebre ' sapere� di non sapere ' di Socrate). Posto, dunque, che razio nalmente non si può uscire dall'orizzonte umano, si scopre che proprio rimanendo entro i termini del l'uomo, a livello d'una corretta indagine della natura, accantonate allòtrie e ipotetiche ragioni non giustificate, non si può non interpretare che meccanicisti camente il costituirsi e lo svolgersi dei fenomeni. Solo che, sempre entro i termini di una riflessione sulla propria esperienza di vita, da un lato l'uomo s tesso, in quanto studiato entro l'àmbito delle scienze {fisica , medicina), appare natura, meccanicità; dal l 'altro lato, proprio in quanto si sono accantonati ordini e fini precostituiti, che già determinerebbero tutto e dei quali, invece, non si sa nulla, appare che l 'uomo ha per natura di non avere una natura data c che in quanto azione, in quanto pur usa del proprio corpo, è tensione ad altro, costituisce fini, agisce secondo ragioni che si vengono delineando attraverso i l s u o stesso ragionare (dialèghestai, da cui dialogo). Pl atone, di qui, dalla tesi che in se stesso, nell'uomo si v anno ritrovando le ragioni, verrà interpretando tal e tesi in un certo suo modo traendone conseguenze, �be non è qui il caso di esporre. Ma la tesi prima, tnt erpretata come che sia da Platone, è socratica: l a tesi, appunto, dei due livelli d'indagine, per cui a ch i non è competente in fisica, in medicina, o in altre scienze, posto che nulla è possibile sapere di ciò che è in quanto è, spetta lo studio di come l' uomo è uomo, non meccanicità, ma costruzione di s é c del suo mondo, nel conoscere se stesso, attra v.e rso gli altri. E che sia cosl sembra che lo dica, St a pur tra le righe, anche nel Pedone, Platone
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stesso. Non a caso Platone fa sottolineare a Socrate che è questione di metodo, cioè di nostri modi di ricerca; il metodo delle scienze naturali porta a un tipo di spiegazioni ( validissime, quando non si cred a di ridurrè tutto a quelle, o in un sapere ritenuto assoluto, o in mere contemplazioni puramente teo riche e che non servono a nulla), accantonando per sua necessità altri tipi di spiegazioni e di ragioni; il metodo della riflessione su sé, del dialogo, porta ad altro, e funziona sul piano umano, sul come l'uomo costituisce sé come uomo e perciò come cittadino.
Né, insomma, di verun'altra cosa credo sapere per ché si genera o perisce o è, se io séguito in questo me todo di ricerca; e cerco di farmi da me, alla meglio, un altro metodo (Pedone, 95 b). Non solo, ma subito sotto si dice che se è vero che io sto seduto o in piedi a seconda della posi zione dei nervi e delle ossa, ciò spiega soltanto un aspetto del mio stare seduto o in piedi, o come che sia, ma non spiega perché, ad esempio, sono ora qui a parlare con certa gente, perché, ragionando, ho ritenuto di dover fare questa o quella azione, non spiega i fini del mio agire. Le ragioni delle azioni e, infine, le ragioni delle cose stesse si risolvono e si colgono nel ragionare, ne� discorsi ().6yot ) Non ba sta il' puro ' guardare ' e ' sentire ' : il ' guardare ' e il ' sel1 tire ' divengono tali nel ragionare, nei discorsi, per cui · sia i . fini umani, sia - e qui è Platone il fine del tutto si risolve nello stesso pensare, nd discorso� Fa dire, appunto, Platone a Socrate: .
Dopo ciò [ . ] stanco com'ero di tali indagini, cre detti bene guardarmi da questo, che cioè non mi capi· tasse come a coloro che durantè una eclissi contemplano e indagano il sole: alcuni infatti ci perdono gli occhi [ . .l E cosl pensai anch'io c temetti mi s'accecasse del tut t� l'anima a voler guardare direttamente le cose con g� occhi e a cercare di coglierle con ciascuno dci sensi. E Jlll ..
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parve che bisognasse rifugiarmi nei logoi, e considerare in essi la realtà delle cose (Fedone, 99 d-e).
'
3. L'interesse per il mondo degli uomini. Socra/e dopo il 423 ( ' Nuvole ').
Qui, a parte le conclusioni platoniche, s'imposta la problematica di Socrate, . il suo definitivo passag gio, attraverso il ' sapere di non sapere ', a quel ' sa pere ' umano, che non è un sapere dato, ma un sapere che si costituisce mediante la ricerca stessa, la contrapposizione e la composizione delle ragioni, i l dialogo, in una nuova ragione, ogni volta da rip o rre in discussione. Ma sempre, appunto, oramai, entro i termini dell'uomo e del suo esserci in quanto rapporto umano, in quanto, di volta in volta, citta dino. Platone, anzi, su questo punto è molto preciso e chiaramente distingue, sempre, tra il livello umano e cittadino (di quella città, Atene, ché in. altra· città, . l'esame, il · costituirsi stesso dell'uomo cittadino sa rebbero diversi), proprio di Socrate maturo, e il pa s saggio, sia pur attraverso l'indagine di quelle che sono le guise mediante cui l'uomo pensa e giudica, oltre l'uomo, alle condizioni, alle ragioni, alle forme s u cui si scandisce e articola il tutto. Non n caso nel Menone, ad esempio, ove Platone avanza la propria · te s i della ' reminiscenza ', del ' conoscere come ricor dare ', tale teoria non è affatto data per socratica - e soc ratico rimane il sapere come ricerca, che si rea lizza nella ricerca stessa senza già presupporre guise di s apere, date una volta per tutte, siano pur esse le g uise matematiche, come è già per il Platone del .
Meno ne:
Non che io sia certo e faccia dubitare gli altri - fa
. Platone a Socrate -, ma io più di chiunque altro dtrc
dubbioso, fo sl che anche gli altri siano dubbiosi. E cosl, tornando alla virtù, io non so che cosa essa sia; tu, forse,
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lo sapevi prima di toccare me [ . . ] [ E Menone: ] - Ma in quale modo, Socrate, andrai cercando quello che asso lutamente ignori? e quale delle cose che ignori farai oggetto di ricerca? c se per un èaso l'imbrocchi, come farai ad accorgerti che è proprio quella che cercavi, se non la conoscevi? Socrate: - Capisco quel che vuoi dire, Mcnonc! Vedi un po' che bell'argomento eristico proponi! l'argomento secondo cui non è possibile al l'uomo cercare né quello che sa né quello che non sa; quel che sa perché conoscendolo non ha bisogno di cer carlo; quel che non sa perché neppure sa cosa cerca. Mcnone: - E non ti sembra, Socratc, che sia questo un ragionamento assai ben condotto? Socrate: - A mc no! [ . . ] e perché ho sentito dire [è chiaro che Platone non la dà per tesi socratica ] da uomini e donne assai addottrinati nelle cose divine [ . ] e quelle stesse cose dice anche Pindaro e molti altri poeti, i poeti divini [ . ] : e questo dicono, che l'anima umana è immortale e che ora essa ha un suo compimento, il che si dice morire, ora rinasce, ma che mai va distrutta [ . ] L'anima, dun que, poiché immortale c più volte rinata, avendo veduto il mondo di qua e quello dell'Ade, in una parola tutte quante le cose, non c'è nulla che non abbia appreso (80 c-8 1 c). .
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Sia pur su di una base socratica (' conosci te stesso ', il puntare sull'anima donde nasce, ·di volta in volta, il sapere umano ), il passaggio in un mito all'immortalità dell'anima e alle guise eterne, Pla tone dichiara essere tesi sua, non certo socratica. E ancora, ad esempio, nel Convito, quando la sacer dotessa Diotima, parlando dell'amore, passerà dal l'amore terreno e dall'amore per le cose belle e dal l' amore umano alla perfezione della iniziazione ai misteri d'amore e all'amore del bello in sé, Platone farà dire a Diotima:
Ora-, o Socr a tc, fino a . questo punto dei misteri d'amore forse anche tu potresti essere iniziato; ma quan to alla perfezione c alla rivelazione, ai quali mirano questi primi, se si procede giustamente, non so se ne 72
saresti capace, [ . ] Cerca di seguirmi se puoi (Convito, 209 e - 210 a). ..
Di qui, per altro, il Socrate, che, almeno dopo le sue campagne militari, dal 422 in poi, non si è più mosso da Atene, tutto preso dal mondo degli uomini, ad essere uomo con uomini, risvegliando la Città:
Mai, Socr à te - dice Fedro -, ti allontani dalla
Città, e non per passare il confine, ma neppure, mi hai l'idea, per mettere i piedi fuori delle mura.
E Socrate :
lo sono appassionato a imparare: ma la campagna e alberi non ' sono disposti a insegnarmi alcunché, men tre imparo dagli uomini in città (Fedro, 230 c-d). ,
gli
E sulla fine. dell'Apologia, Platone fa esclamare a Socrate· che esso spera che morire sia un bene, e rion perché l'anima immortale, liberatasi dal corpo andrà a contemplare l'essere che è in senso platonico ( allora davvero s·arebbe il nulla, annullati come sarem mo nell'essere), ma perché o morire è un sonno eterno, un nulla, cioè è cessare di essere uomini, e, allora pace ! , è la fine di ogni dubbio, di ogni inquie tudine, oppure, ammesso che vi sia un al di là, una tro.smigrazione in altro luogo, e là andremo; in quanto re stiamo uomini· (e se ne abbiamo coscienza non possiamo non rimanere che uomini, entro l'àmbito u mano ), seguiteremo ad essere discorso umano, rap p orto umano, definizione. Platone fa, dunque, dire a So crate: ..
Vediamo [ . ] per quale altra ragione io ho cosl grande speranza che morire sia un bene. Una di queste due cose è il morire: o è proprio, come dicono alcuni, una specie di mutamento e di migrazione dell'anima da questo luogo quaggiù· a un altro luogo. Ora, se il mo-
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rirc equivale a non avere p1U sensazione alcuna, ed è come un sonno quando uno dormendo non vede più niente neppure in sogno, ha da essere un guadagno me raviglioso la morte. Perché io penso che se uno, dopo avere come trascclta nella propria memoria tal notte in cui non si fosse addormentato cosl profondamente da non vedere neppure l'ombra di un sogno, e poi, para gonate a questa le altre notti e gli altri giorni di sua vita, dovesse dirci, bene considerando, quanti giorni e quant·e notti in tutto il corso della sua vita egli abbia vissuto più felicemente e più piacevolmente di quella notte; io penso che costui, fosse pure . �on dico un pr i vato ma addirittura il Gran Re, troverebbe assai pochi c facili a noverare codesti giorni c codeste notti in pa ragone degli altri giorni e delle altre notti. Se dunque tal cosa è la morte, io dico che è un · guadagno, anche perché l'eternità ste·s sa della morte non · apparisce affa tto più lunga di un'unica notte. D'altra parte, se la morte è come un mutar sede di qui ad altro luogo, ed è vero quel che raccontano, elle in codesto luogo si ritrovano poi tutti i morti, qual bene ci potrà essere [ . .. ] mag giore di questo? [ . .. ] E il piacere più grande sopra tutti sarebbe il seguitare anche là, come faceV qui, a studiare e a ricercare chi è davvero sapiente c chi solo crede di essere e non è. Quanto darebbe uno di voi [ . .. ] per in terrogare e conoscere colui che condusse contro Troia il grande esercito, oppure Odisseo, o Sisifo, e quanti altri innumerevoli si possono ricordare, uomini e donne? Ra gionare colà con costoro e viverci insieme c intcrrogarli, sarebbe davvero il sommo della felicità (Apologia, 40 c41 c). Sia pure in quella che è l' 'interpretazione ' d ata da Platone di Socrate in funzione della sua presa di posizioné nei confronti di un certo tipo di politica e di concezione politica, propria di Atene dal 399 in poi, interpretazione che, comunque, colloca la figura di Socrate nel quadro da Platone, di volta in volta , storicamente disegnato di tutto un ambiente cultu rale, per vederne le conseguenze nel modo di pen sare e di agire del suo �empo, indubbiamente Pla tone presenta, relativamente a Socrate, due momenti : 74
il primo, quello della sua formazione e della sua sensibilità rispetto al nuovo muoversi delle idee ( che, nnche se veaute con altro occhio, per ciò che Socrate fu dopo, coincide con il quadro datoci da Aristofane) ; il secondo, quello della definitiva presa di posizione di Socrate, nient'affatto in contrasto col primo So crate, anzi consapevole conseguenza di quello, e cioè il Socrate, che accantonate, pur senza disprezzarle, le ricerche scientifico-naturali, riconosciuta, coi fisici c i sofisti primi di uscire dal piano umano, decisa mente risulta tutto impegnato, in Atene (nell'Atene della seconda fase della guerra del Peloponneso), a render conto a sé e agli altri di cosa sia essere uomini con uomini. -1 .
L' ' oracolo di D elfo '. Il
'
non sapere '.
La questione, storicamente, si fa qui molto deli
cata, né, per quanto abbiamo detto sopra e risulta
dall 'analisi delle Nuvole di Aristofane e dai testi di Platone, ci sentiremmo di sostenere, come si è soste nuto, che Socrate sarebbe passato dagli studi di fisi ca, anzi dall'essere . stato lui stesso un fisico, alla problematica dell'anima e del mondo umano, attra vers o una vera e propria crisi, una ' conversione ', si è detto, per altro testimoniata da Platone nel l '.4pologia con il celebre racconto dell' ' oracolo di Delfo ', che avrebbe rivelato all'amico di Socrate, Ch ere fonte, che Socrate è il più sapiente dei Greci perché sa di non sapere. Per potere· sostenere ciò, bi sog nerebbe che, come, appunto, si è creduto, l'ora co lo avesse rivelato a Socrate l'insufficienza della fis ica , cioè che la fisica non è capace di cogliere le supreme ragioni, che vanno rintracciate in un ripen sa me nto su se stessi, nella conoscenza di sé, nell'ani ma. Ma ciò implica un'interpretazione del testo del l ' A pologia con certe conclusioni platoniche tratte dal Pedone. Una relazione tra il testo dell'Apologia ,
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relativo all'oracolo di Delfo e il testo del Pedone sopra discusso, è indubbia, qualora, tuttavia, si cerchi di espungere dal testo del Pedone le interpretazioni e le conclusioni di Platone. Abbiamo veduto che nel Pedone si sostiene che Socrate non è stato un fisico, ma si è occupato degli studi di fisica e che ha creduto, poi, di trovare in Anassagora la spiegazione delle ' cause ' e dei ' perché ' ; ma anche nel Pedone non v'è, alla fine, una negazione di quegli studi, di quella fisica : v'è solo il riconoscimento dei limiti e delle condizioni delle scienze naturali, e che il metodo proprio della fisica non può portare che a spiegazioni meccanicistiche, non teleologiche. Solo che ciò non esaurisce tutta la realtà, ché, in altro campo, quello umano, sganciato oramai, come insegna la stessa fisica e la dialettica zenoniano-gorgiana, da ordini superiori, da prestabilite gerarchie, da ragioni che oltrepassano le ragioni umane, le ragioni e i fini si colgono, di volta in volta, attraverso lo stesso discorrere, per cui l'uomo è, di volta in volta, uomo. Non si tratta perciò di un ' sapere ' assoluto, ma di un ' sapere ' che si fa, di un sapere che, umanamente, non si esau risce mai, ma si costituisce tale nella stessa continua ricerca. E Socrate era giunto a questo, proprio attra verso l'attenzione da lui rivolta alle idee circolanti in Atene, a certe conclusioni delle argomentazioni di Zenone e di Gorgia e alle conclusioni di certi fisici. Sotto questo aspetto, in realtà, né da. parte dei fisici; né da parte dei Gorgia e dei Protagora, v'era stata una negazione della divinità, o di ragioni superiori , ma la negazione di poter cogliere da parte umana ciò che può trascendere l'uomo, per cui ogni sapere è sempre umano. Se per Aristofane e gli uomini legati al vecchio costume e alle vecchie concezioni ciò poteva apparire come una dissacrazione, come una negazione degli dèi e, come abbiamo veduto , della giustizia, ciò costituisce un'altra questione. Si capisce, tuttavia, come, in un certo preciso ambien te , nell'àmbito di un mutato costume, Aristofane potes se
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accusare Socrate d'essere un empio, un corruttore di giovani, uno che in Atene, attraverso il ' suo di scorso ', ribadendo le vecchie concezioni, ha ribal tato un tipo di sapere con altro tipo di sapere, inter pretato da Aristofane come il sapere dei fisici, che dà luogo, attraverso la parola, alla costruzione del mondo degli uomini, in senso sofistico. A tale accusa, o interpretazione, sembra chiara più che la ribel l ione la precisazione di Socrate su quello che in realtà era il suo sapere, il suo P,iù preciso rapporto con i fisici, il suo accordo con i sofisti nel volgersi al piano umano, nel suo disaccordo con i sofisti stessi relativamente all a questione di come si costituiscono i rapporti umani, in una ricerca che è ' scienza ', e sul suo disaccordo con chi, entro l'àmbito di una o altra scienza, pur competente in uno o altro campo, ri tiene che tutto si esaurisca in quello, che sia possi bile un sapere assoluto e unico. Tale, sembra, il modo con cui suona l'oracolo di Delfo, che non è affatto una ' conversione ', neppure nel senso etimo· logico della parola, come è stato detto. Non a caso, anzi, Platone, nell'Apologia, da un lato si rifà alle accuse mosse da Aristofane ( « qual che cosa di simile avete veduto anche voi nella commedia di Aristofane: un Socrate che si fa menare attorno sospeso nell'aria e va dicendo che passeggia su lle nuvole, c ciancia di un'infinità di altre scioc chezze; tutte cose delle quali io non m'intendo né n u lla né poco; e non dico già io codesto per dispregio di quella tale scienza »: 19 c), sostenendo e che Soc rate non disprezza per niente · la fisica, pur non i ntc ndendosene affatto, e che è, per ciò che riguarda il mondo degli uomini, d'accordo con i sofisti ( « se uno è capace di istruire uomini come fanno Gorgia di Leontini e Prodico di Ceo e Ippia di Elide, mi Par rebbe cosa tutt'altro che riprovevole », né ripro ve vole affatto sarebbe uno che s'intenda della virtù del l 'uomo e del cittadino come pare Io sia Eveno di Pa ro : 1 9 e - 20 b); e, dall'altro lato, di contro all'in...
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terpretazione di Aristofane, precisa che altro è, parti colarmente rispetto al modo con cui intendono isti tuire i rapporti umani i sofisti ( « io non sono affatto un abile parlatore [ ... ] , né saprei modellarvi bei discorsi come potrebbe fare un oratore giovinetto [ .. . ] ; sono realmente straniero all'eloquenza dei tri bunali » : 17 a-d), il modo con cui Socrate intende, invece, tale rapporto e lo stesso significato del sapere umano, precisando, infine, che relativamente al sapere assoluto, egli in realtà nulla sa, e che ciò non è affatto irreligiosità, ma coscienza dei propri limiti entro i quali ciascuno se vuoi essere uomo davvero ha da operare.
Non per altro motivo io mi sono procacciato questo nome [di scienziato ] se non per una certa mia sapienza ( ... ] Quella che io direi sapienza umana [à\'0QIII:tlVI') oolf'ict ] . Realmente di questa può darsi che io sia sa piente [ ... ] Della mia sapienza, se davvero è sapienza e di che natura, io chiamo a testimone [ ... ] il dio di Delfi. Avete conosciuto certo Cherefonte. Egli fu mio compagno fino dalla giovinezza [ ... ] E anche sapete che uomo era Chercfonte, e come risoluto a qualunque cosa egli si accingesse. Ora ecco che un giorno costui andò a Delfi; e osò fare all'oracolo questa domanda [ ... ] : do mandò se c'era nessuno più sapiente di me. E la Pizia rispose che più sapiente di me non c'era nessuno. Di tutto questo vi farà testimonianza il fratello suo che è qui [Cherecrate: il fatto che Platone presenta Cherecrate come vivo e testimone potrebbe non far dubitare della storia dell'oracolo ] ; perché Chercfonte è morto. Vedete ora per che ragione vi racconto questo: voglio farvi co noscere donde è nata la calunnia contro di me. Udita la risposta dell'oracolo, riflettei in questo modo: « Che cosa mai volle dire il dio? Che cosa nasconde sotto l'enigma? Perché io, per me, non ho proprio coscienza di essere sapiente, né poco né molto. Che cosa dunque vuoi dire il dio quando dice che io sono il più sapien te degli uomini? Certo non mente egli; ché non può men· tire ». - E per lungo tempo rimasi in questa incertezza , che cosa mai il dio voleva dire. Finalmente, sebbene ass ai
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contro voglia, mi misi a farne ricerca, in questo modo. Andai da uno di quelli che hanno fama di essere sa pienti ; pensando che solamente cosl avrei potuto smen t i re l'oracolo e rispondere al vaticinio: « Ecco, questo qui è più sapiente di me e tu dicevi ch'ero io ». - Men tre dunque io stavo esaminando costui - il nome non c"è bisogno che lo dica [ . .. ] vi basti che era uno dei nostri uomini politici questo tale con cui, esaminandolo c ragionandoci insieme, feci l'esperimento che sono per dirvi -; ebbene, questo brav'uomo mi parve, sl, che avesse l'aria, agli occhi di altri molti e particolarmente di se medesimo, di essere sapiente, ma in realtà non fosse; c , allora, mi provai a farglielo capire, che credeva di essere sapiente, ma non era. E cosl, da quel mo mento, non solo venni in odio a lui, ma a molti anche di coloro che erano quivi presenti. E, andatemene · via, dovetti concludere meco stesso che veramente di co test'uomo ero più sapiente io: in questo senso, che l'uno e l'altro di noi due poteva pur darsi non sapesse niente ·. né di buono né di bello; ma costui credeva sapere e non sapeva, io, invece, come non sapevo, neanche credevo di sapere; e mi parve insomma che almeno per. una piccola cosa io fossi più sapiente di lui, per questo che io, quel che non so, neanche credo saperlo. E quindi me ne andai da un altro, fra coloro che avevano fama di essere più sapienti di quello; e mi accadde precisa mente lo stesso; e anche qui mi tirai addosso l'odio di costui e di altri molti. Ciò nonòst:mtc io seguitai, ordi natamente, nella mia ricerca; . pur accorgendomi, con dolore e anche con spaventor che venivo in odio a tutti; e, d'altra parte, non mi pareva possibile ch'io non facessi il più grande conto della parola del dio: « Se vuoi sapere che cosa vuoi dire l'oracolo, dicevo tra me , bisogna che tu vada da tutti coloro che hanno fama di essere sapienti » . - Ebbene [. .. ] questo [ .;.] il ri s ulta to del mio esame : coloro che avevano fama di r�aggior sapienza, proprio questi, seguitando 1o la mia rt cerca secondo la parola del dio, mi apparvero, quasi t ut ti, in maggior difetto; e altri che avevano norrie di geme da poco, migliori di quelli e più saggi. Ma voglio finire di raccontarvi le mie peregrinazioni e le fatiche ch e s ostenni per persuadermi che era davvero inconfu tab il e la parola dell'oracolo. - Dopo gli uomini politici 79
andai dai poeti, sl da quelli che scrivono tragedie e ditirambi come dagli altri; persuaso che davanti a co storo avrei potuto cogliere sul fatto l'ignoranza mia e la loro superiorità. Prendevo in mano le loro poesie, quelle che mi parevano le meglio fatte, e ai poeti stessi domandavo che cosa volevano dire; perché cosl avrei imparato anch'io da loro qualche cosa [ ... ] Ebbene, tutte quante, si può dire, le altre persone che erano presenti, ragionavano meglio esse che non i poeti su quegli argo menti che i poeti stessi avevano poetato. E cosl anche dei poeti in breve conobbi questo, che non già per al cuna· sapienza poetavano, ma non so per quale naturale disposizione .e ispirazione, come gli indovini e i vati· cinatori, i quali infatti dicono molte cose e belle, ma non sanno niente di ciò che dicono: press'a poco lo stesso, lo vidi chiarissimamente, è quello che accade anche dei poeti. E insieme capii anche questo, che i poeti, per ciò solo che facevano poesia, credevano essere i più sapienti degli uomini anche nelle altre cose in cui non erano affatto. Allora io mi allontanai anche da loro, con· vinto che ero da più di loro per la stessa ragione per cui da più degli uomini politici. Alla fine mi rivolsi agli artisti; tanto più che dell'arte loro sapevo benissimo di non intendermi affatto, e quelli sapevo che li avrei tro vati intendenti di molte e belle cose, e non mi ingannai: ché essi sapevano cose che io non sapevo, e in questo erano. più sapiénti di me, se non che [ . .. ] anche i bravi artefici notai che avevano lo stesso difetto dci poeti: per ciò solo che sapevano esercitare bene la loro arte, ognuno di essi presumeva di essere sapientissimo anche in altre cose assai più importanti e difficili; e questo difetto di misura oscurava la loro stessa sapienza. Sic· ché io, in nome dell'oracolo, domandai a mc stesso se avrei accettato di restare cosl come ero, né sapiente della loro sapienza né ignorante della loro ignoranza, o di essere l'una cosa e l'altra, com'essi erano: e risposi a me e all'oracolo che mi tornava meglio restar cosl come io ero. Ora appunto da questa ricerca [ ... ] molte i ni· micizi c sorsero. contro di mc, fierissime e gravissime; e da queste inimicizie molte calunnie, e fra le calunni e il nome di sapiente; perché ogni volta che disputavo , credevano le persone presenti che io fossi sapiente di quelle cose in cui mi avveniva di scoprire l'ignoranza 80
,1Jt rui. Ma la verità è diversa [ . . . ] : unicamente sapiente è il dio ; e questo egli volle significare nel suo oracolo, che poco vale o nulla · la sapienza dell'uomo, e, dicendo
Socrate sapiente, non volle, io credo, riferirsi propria mente a me, ma solo usare del mio nome come di un esempio [ . . . ] Ecco perché artcor oggi io vo dattorno ricercando e investigando secondo la parola del dio se ci sia alcuno tra i cittadini e tra gli stranieri che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami non ci sia nessuno, io · vengo cosl in aiuto al dio dimostrando che sapiente non esiste nessuno. E tutto · preso come sono da questa ansia di ricerca, non mi è rimasto più tempo di far cosa veruna considerabile né per la città né per la mia casa; e vivo in estrema miseria per questo mio ser vigio del dio (Apologia, 20 c - 23 c). È sembrato opportuno riportare il lungo passo
dell'Apologia per più ragioni. Da esso, dunque, come
dicevamo, non appare affa tto che vi sia stata una ' conversione ' di Socrate, ma da parte di Platone, in una situazione storica, di accuse e contro accuse per com'era finita la guerra del Peloponneso, assai simile
a quella in cui scriveva Aristofane, una precisazione quella che fu, secondo Platone, la funzione avuta da Socrate - e quindi del tipo del suo ' sapere ' e della sua polemica - particolarmente nella seconda fas e della guerra del Peloponneso, nei confronti di come venivano usate le · tecniche dei solisti nel con dur re la politica di Atene. Tale la ragione per cui Pl ato ne prende come punto di partenza l'episodio d�ll'oracolo di Delfo. Che sia storico non sapremmo dtre. Certo Platone sottolinea che testimone dell'epi �odi o, essendo morto Cherefonte, è il fratello di �.he refonte stesso, ancora vivente. E allora si può fare 1P�tesi che la risposta dell'oracolo sia stata in realtà a n sp o s t a e la precisazione da parte di . Socrate nei co n fronti delle accuse mosse da Aristofane. Non è un caso , anzi, che a Delfo si dica sia andato Cherefonte : nr: l!e Nuvole è proprio il compagno di Socrate, Che rr:fonte, che, insieme a Socrate, viene preso di mira.
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Nulla vieta, perciò, di potere ritenere che davvero Cherefonte si sia recato a Dclfo e che la risposta dell'oracolo (segno della religiosità di Socrate, ché, in realtà, il suo ' non sapere ' è relativo a un ' sapere ' matematico, diremmo oggi) è servita a So crate (e poi a Platone ), . da un lato per precisare la sua posizione, dall'altro lato per precisare la sua dif� fercnza c dal modo di intendere il rapporto umano e l'umano sapere dei sofisti, e la sua polemica contro chi spaccia per sapere assoluto quello che è sempre un sapere relativo, o meglio per precisare che ogni tipo di discorso umano è valido, ma qualora si fondi sulle sue premesse. Il discorso del politico non è il discorso del poeta; così il sapere di questo o quel l' artista ', cioè di questo 6 quel tecnico, del fisico, del medico, dell'artigiano, hanno loro precisi conte nuti, per cui, sotto questo aspetto, ognuno è un sapere ' diverso : così, il ' sapere ' le condizioni che permettono il rapporto umano e senza di cui gli stessi singoli ' sapere ' resterebbero astratti ( e umana· mente inutili) e presumenti di risolvere tutto, è un ' sapere ' sui generis, è un sapere che non è un sapere, che non ha in partenza alcun contenuto, ma che si costituisce, di volta in volta, mediante l a ste ssa ricerca, l' ' esame ', dando alla fine un senso a que· sto o a quel sapere, per cui, appunto, il ' non sapere ', volta a volta, quale sia, accanto al saper fare ciò che è proprio di ciascuno, la capacità (virtù) d'esse re, di volta in volta, uomo, sarà, mediante la stessa ricerca, un ' saper di sapere ' . Di qui, ancora, attnt· verso l'oracolo di Delfo, la precisazione che l'att ivit� di lui Socrate, abbandonate le singole ricerche a chi è in esse competente, si è volta, in particolare ; pro prio a questo richiamare ciascuno alla propria coiJ1· petenza e alla consapevoleZza di sé, i n un risvegli ate gli altri ad essere- uomini. Le Nuvole furono rappresentate nel 423 ; Socrate dal 422 ( dopo la campagna di Anfipoli) non si più da Atene. Dal 4 1 9 , in Atene, in guerr a , ' '
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:t�ioni individuali, le politiche particolari, i conflitti do vuti a singole persone, si at:1darono moltiplicando, donde il prevalere, per esigenze particolari, dell'in ter esse per il modo con cui ' sedurre ' gli altri ai pro pri fini, per cui potevano servire benissimo, usando gli altri e tutto come ' strumenti ', certe tecniche proprie dei sofisti. Entro questo ambiente Platone pone, dopo l 'oracolo di Delfo, il nuovo atteggiamento assun to da Socrate nei confronti dei suoi concitta d i n i e la funzione da lui avuta. L'oracolo di Delfo può, dunque, rappresentare la risposta di Socrate, dopo il 423 , alle accuse mossegli da Aristofane, in un ribaltamento di quelle accuse stesse, e in una dimostrazione che, anzi, lui Socrate, era più che non Aristofane preoccupato che la Città ri t rovasse se stessa, ma non in un ritorno a un mondo oramai perduto per sempre, oppure - ma sempre nello stesso significato, ·in una situazione storica che, mutato il mutevole, si ripresenta simile - un'inter pret:JZione di Platone della precisa presa di posizione di Socrate, definitivamente consapevole di quella che doveva essere la sua funzione di uomo nell'Atene dei s u o tempo. Non sembra, allora, si possa, com'è stato sugge stiv a mente fatto, ricostruire decisamente due Socrate: u n primo Socrate, antecedente la guerra del Pelopon neso , fisico di stretta osservanza e un secondo So cr ate , che, passato attraverso una grave crisi, dovuta al cd cbre episodio dell'oracolo di Delfo, è il Socrate q_ual e app are dai dialoghi di Platone, in una matura ton e che giunge alla stessa teoria platonica delle or me. Sembra, invece, si possa meglio parlare di du e momenti di un solo atteggiamento e di una . sola e sigenza: un primo momento di massima aper a tutte le correnti nuove che confluiscono in t e?e, che è un momento di maturazione e proble lll a t tc a che porta Socrate alla consapevolezza della• funzione, e un secondo momento, durante a gue rra del Peloponneso, in cui sempre più viva ·
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si fa l'esigenza socratica di un appello al c sapere ', che è un sapere diverso da quello teoretico, da quello frutto del metodo scientifico, da quello teologico, da quello stesso degli artigiani e dei tecnici, dei poeti, e che s'imposta sul c saper ragionare '. Questo im plica gli altri c sapere ', rende conto di ciascuno, costituendo non dal di fuori, ma dal di dentro, il rapporto umano, e la consapevolezza critica del sign i ficato e dei limiti di ogni particolare nostra azione e lavoro in rapporto agli altri, senza nulla . presupporre, ogni volta, in un certo modo, che può essere diver sissimo da quello di ieri, ma sempre coerente con ciò che ogni volta risulta dall'aver saputo comporre le ' ragioni '. Sotto questo profilo effettivamente il So. crate che presenta Aristofane è diverso, in mutate situazioni storiche, dal Socrate presentato da Platone, pur non essendo affatto un Socrate opposto al primo, ma risoluzione del primo. Sembra chiaro, ora, il modo con cui si presen· tano i due aspetti dell'unica faccia socratica delineati di volta in volta da Platone; due aspetti che, per un lato verranno coincidendo con il Socrate di Anti· stene e con quello di Euclide di Megara, dall'altrO lato, nelle conclusioni di Platone, saranno diversis· simi da1 Socrate antistenico e da quello euclideo, anzi si verranno precisando, via via, in un intreccio di polemiche con le soluzioni di Antistene e di Euclide, frutto anch'esse dei ' semi ' socradci, più che relati: vamente a Socrate, relativamente . alle concezioni di Platone, di Antistene, di Euclide, e, per altro vers�, di Isocrate. Inoltre, proprio ritagliando da Anu· stene e da Platone, probabilmente da altri che ave vano parlato e discusso di Socrate, riprendendo . b problematica intorno al ' caso ' Socrate suscitata dalla rinnovata accusa di Policrate, Senofonte, in una s!f. de di fotomontaggio ( in particolare nei Memora bi/t, nel Convito e nell'Apologia), pur rifacendosi a [110' tivi propri di Socrate, verrà delineando il suo ritra tl? di Socrate, tutto intessuto di tòpoi moralisteg giantl• 84
nel tentativo di presentare l'esempio di una vita, di un uomo - conosciuto appena molti anni prima, , ove rifles rrasfiguratosi il suo fascino nel ricordo sione e azione coincidono in un concreto uomo vi vente, oramai, tuttavia, nell'ideale di vita di Seno fon te ( un moralismo ascetico e predicatorio, gnomico, da colonnello di cavalleria a riposo, com'è stato detto), estremamente astratto, banale, fuori dalla storia, dalla inquieta ricerca di saper vivere, in con creto, l'ingrato mestiere di uomo. Eppure, le tessere del mosaico senofonteo, donde più tardi si costitui ran no gli esempi di vita, l'esempio del ' saggio ' da p:mc degli stoici, . e. che in Senofonte sono ancora, raccolti in una persona, i tòpoi di tutta una tradi zione morale, le tessere di quel mosaico, anche se necessariamente sfuocate, spezzate dal loro intiero, rivelano, di volta in volta, i due aspetti di cui sopra parlavamo, e vanno riportate all'insieme, duttile e vivo, presentato da · Platone e a certe conclusioni dell'interpretazione di Antistene. -
5. L' ' esame ' e l' ' ironia '. Il primo aspetto, dunque, dell'unica faccia socra ti ca, quale viene presentato da Platone, è quello di un Soc rate protrettico, del Socrate detto da. Platone : n?bile sofista ', teso all' ' esame ', di un Socrate che ltrtt a, che cerca insieme, senza nulla presupporre, �on chiu nque, egli stesso dubbioso, di un Socrate t o: p edi n e marina ' , che giunge al punto interro ga l! v o, pçmendo gli a ltri, sicuri di sé in partenza, in . t raddizione, facendo sl che gli altri si vergognino 1 sé, arrossiscano, donde, appunto, l'accusa a So cra te d'essere ' ironico ', sfuggente, che non dà mai un a sua risposta.
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Per Ercole - fa esclamare Platone al solista Tra ecco qui la solita ironia di Socrate! E già lo
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avevo predetto a questa brava gente che avresti voluto rispondere, ma fingendo tutto avresti fatto piuttosto che rispondere ti avesse interrogato [ . . . ] Sicuro! [ . . . ] lui ma un altro dando la risposta egli se ne .LLLI .I:''".. vu.{l;j;rc..,... e la confuta (Repubblica, 337 a, 337 e). ' E nel Gorgia ( 489 e) dirà il s ofista Callide, messo in contraddizione da Socrate, in particolare sul signi ficato da dare a certi termir.i:
Tu fai dell 'ir01zia [ dQrovsuu, fai giuochi di parole], Socrate! E nell'Ap olog ia fa dire Platone a Socrate s t esso:
Qui forse uno potrebbe dirmi: " Ma silenzioso c quieto, o Socrate, non sarai capace di vivere dopo uscito di Atene? ". Ecco la cosa più difficile di tutte a persua derne alcuni di voi. Perché se io vi dico che questo si gnifica disobbedire al dio, e che perciò non è possibile io viva quieto, voi non mi credete e dite che io patlo p er ironia; se poi vi dico che proprio questo è per l'uomo il bene maggiore, ragionare ogni giorno della virtù e degli altri argomenti sui quali mi avete u dito disputare e far ricerche su me stesso e sugli altri, e che una vita senza esame è una vita itzdegna d'essere vissuta: s'io vi dico questo, mi credete anche meno (37 e-38 a). Chiaramente risulta, dunque, che l' ' ironia ' ( e va sottolineato che nei testi di Platone il termine è usato pochissime volte, e sempre nel significato detto ) non è di Socrate, o meglio è un'interpretazione n egs: tiva del modo di confutare socratico da parte di coloro che Socrate ha messo in imbarazzo, chiunque esst siano, il conservatore e l'uomo nuovo, in un3 parola tutti coloro che assumono atteggiamenti pro fessorali, cattedratici, che si presentano in partenza come sicuri di sé, escludenti ogni altra ragi one : Socrate è un èiron, un parolaio che sfugge, diceV3 86
�ià Aristofane; Socrate è un ironico, uno che ci g i u oca con le parole rimettendo sempre tutto in di scu ssione, in dubbio, dicono politici come Callide, sofisti come Trasimaco. Presa alla rovescia, invece, l' ' i ronia ' di cui Socrate è accusato non è affatto uno ' scherzo ', una presa di bavero (anzi, quando si tratta di quella che noi siamo abituati a chiamare ironia socratica, Platone, in realtà, usa altri termini, il termine Y-Qoo:cal�oo, prendo in giro, ad esempio : Mcnesseno, 235 c), ma un atteggiamento assai serio, l'istanza continua di rimettere sempre tutto in discus sione, l'avviamento all' ' esame ', che, in partenza, non presuppone nulla.
Mi sembra che tu ignori che chiunque entra in di mestichezza con Socrate - dice Platone nel Lachete c, diciamo cosl, viene a far parte dei suoi interlocutori, qualunque sia l'argomento di cui si sia preso a ragio n3re, trascinato dalle parole di lui, non riesce in nessun modo a liberarsene se non caschi prima a rendergli conto di se stesso, di come viva, di come abbia vissuto an t e r i ormen te . E ignori che quando uno ci sia cascato, Socrate non se lo lascia sfuggire prima di avere csami n3to tutte queste cose bene e minuziosamentc. Io ho stre t to rapporti con lui, c so che è necessario subire qu esto esame [ .. . . ] In realtà [ . . . ] a me piace tratte· ncrm i con quest'uomo e ritengo che non sia affatto un m�l e ch'egli ci faccia ricordare se abbiamo agito o agt am o non bene, e che necessariamente debba essere �i ù . pre vidente in futuro nella vita chi non sfugga a un 51.mi! c esame, ma . sia disposto [ ... ] a imparare finché bl\·a. c non creda che il solo fatto di diventare vecchio as u a infondergli il senno ( 187 e - 188 b). ,
E ancora nel SofisttJ, ove si tratta di definire Platone, della sofistica, la arte di purificare, attraverso o � fu tazione, sia pur in senso protrettico e meto.0 Ogtco, Platone anche se oramai ritiene solo nega tt v a la ri ce rca socratica e il sapere morale che sco Pre se stesso nella ricerca stessa, cita come esempio
! asp etto migliore, per 1 nob i le sofistica ', come
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di ' nobile sofista ' proprio Socrate ( e che si tratti di Socrate è detto in quell' « ad alcuni che vi hanno riflettuto è sembrato che ogni forma di ignoranza sia involontaria » ) per il suo appello, per il suo modo di condurre l'esame, attraverso cui mettere gli altri in dubbio:
· Mi sembra che l'educazione si possa dividere in due aspetti: vi è un'educazione più rozza cd una più .fine. L'una dirci, è dovuta alla tradizione, venerabile 'per la sua antichità, di cui soprattutto ci si serviva verso i figliuoli, e molti ancora oggi se ne servono, quando nei loro confronti i figli pecchino in qualche cosa, parte rim proverandoli, parte esortandoli con più dolcezza; . tanto che questo metodo, giustamente, si potrebbe chiamare ammonitivo. Dall'altro lato, invece, ad alcuni [ Socrate] che vi hanno riflettuto, è sembrato che ogni forma d'ignoranza sia involontaria, e che chiunque si creda sapiente non potrà mai volere imparare nessuna di quelle cose in cui si presume abilissimo, tanto che il metodo ammonitivo dell'educazione, per quanta fatica vi si spenda, non ottiene che ben poco [ ] Int errogano su quei punti sui quali uno crede di dire qualcosa senza dir nulla che valga: poi queste opinioni, essendo di gente che procede alla cicca, facilmente le mettono a prova, e articolandole per via di ragionamenti le pon· gono insieme le une e le altre, e ponendole cosl le di· mostrano in contraddizione con se stesse, rispetto allo stesso contenuto, nello stesso rapporto e nello stesso senso. E quei tali a vedere ciò si irritano con se mede simi, ma si dimostrano docili di fronte agli altri e in tal modo si libera11o di quelle loro grandi e ostinate il· lusioni [ ] e dolce è questa liberazione, perché utile [ ] Eh sl, perché, [ ] quelli che attuano tale puri6· cazione la pensano come i medici dei corpi, i quali sono convinti che al corpo non possa giovare nutrimen to st prima da esso non si sia espulso ciò che costituisce un ingombro; cosl questi educatori si sono ugualmente �· suasi per l'anima: che, cioè, questa non possa trarre �· cun bene dagl'insegnamenti che le si porgono, prilll3 che qualcuno confutando e portando chi è confuta to �d arrossire, tolte via le opinioni che sono d'ingomb ro �l· ...
...
...
...
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l'i mparare, lo mostri puro e tale che stimi di sapere so ltanto ciò che sa, e nulla di più [ . .. ] (Sofista, 229 c2 3 0 d). 6. Il ' dubbio ' e la ' maieutica
•:
Entro questo primo aspetto in cui Platone pre senta Socrate, impegnato sul piano umano, si capisce bene perché da un lato Socrate, accantonate le ricer che delle ragioni e le cause del tutto, ripiegando sul pensiero umano (l'anima in linguaggio platonico) e sul come ·si pensa, sottolinei ( relativamente al sapere ciò che si deve fare, alla capacità, virtù, di coordi narsi insieme, sl che ciascuno realizzi bene ciò che gli compete e che scaturisce dall o stesso saper ragio nare) che egli stesso, volta per volta, in partenza nulla s a. egli stesso più ' dubbioso ' degli altri, e che quel tale sapere si rivela attraverso il medesimo ragio nare insieme, per cui, appunto, in principio utilissimo è l'esame mediante cui spogliare gli altri delle loro verità ; e dall'altro lato, sottolinei ch'egli, dunque, non è stato maestro di nessuno ( non a caso Platone non dirà mai Socrate maestro, ma compagno, etàiros), ma che tutti ha cercato di aiutare a partorire se stessi (' maieutica ' ), se fecondi, cioè dubbiosi, se non più P_resi da questa o quella immediata impressione {pas Sione ) , conducendoli prima al dubbio, operando sl . co me torpedine marina. te,
Menone: - Socrate, anche prima di incentrarmi con
s apevo per sentito dire che tu non fai altro che met
te �c in dubbio te e gli altri. Ora poi, come mi sembra, nu affascini, mi dài beveraggi, m'incanti, tanto da non a\'_erc più alcuna via d'uscita. E, se mi è lecito scherzare, lll t so mi gli davvero, nella figura e nel resto, alla piatta 1?rpedine di mare; perché anche questa, se qualcuno le Si a vv ici n a e la tocchi, subito Io fa intorpidire. Ora mi mbr a che tu abbia fatto a me lo stesso effetto, poiché
�
no
veramente intorpidito nell'anima e nella bocca, 89
c
non so più cosa risponderti. E sl che ho fatto tante ora zioni sulla virtù e dinanzi a un gran pubblico, e molto bene, come mi pareva. E ora, invece, non so neppure dire cosa essa sia [ ... ] Socrate: - [ ] E va bene, ma se la torpedine fa intorpidire gli altri p>; 1886, pp. 284-302 ; H. Bock, Der un verflilschte Sokratcs, Innsbruck 1903 ; H. R&k, Aristo phanischer und geschichtlicher Sokrates, in « Archiv fii r Geschichte der Philosophie », XVIII, 1912, pp. 175-95, 251-74; E. Hoffmann, Der aristophanircbc Sokrates, in « Jahresb. des philol. Vereines », Berlin 1915, pp. 252270; C. Pascal, Socrate tzei frammenti dei comici greci, in « Rendiconti dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere », 1923, pp. · 909-20; R. Frese, Die ' aristopha nische Anklage ', itz Platons Apologie, in « Philologus », 1926, pp. 376-90; H. Th. Rotscher, Aristophanes tmd
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Platone: . I dialoghi; rimandiamo all'edizione di J. Bur net, Platonis opera, in 5 voll., Oxford 1900 sgg. Tra le molte tr. it. segnaliamo la tr. it., a cura di vari, di tutte le Opere, pubblicata dall'Editore Laterza, Bari 1966, 19672 (di tali tr. ci siamo serviti in parte). Com'è noto Platone è la fonte maggiore e la più suggestiva per una ricostruzione della figura di Socrate: tutti, necessaria mente, se ne sono serviti. In particolare, di contro alla interpretazione di Senofonte o di Aristotele, hanno pri vilegiato i dialoghi di Platone, H. Maier, Sokrates. Sein Werk und seine geschichtliche Stel/ung, Tiibingen 1913 ( tr. it. Firenze 1943 ); A. Busse, Sokrates, Berlin 1914; J. Stenzel, Sokrates, in Pauly-Wissowa, R. E., 1927 ; C. Ritter, Sokrates, Tiibingen 193 1 ; J. Burnet, ed. del Pedone, Oxford 1911, Greek Philosophy, London 1914, Sokrates in Hastings Encyclopaedia of Religion and Ethics, vol. XI; A. Taylor, Varia socratica, Oxford 191 1 ; I d. , Plato's Biography o/ Socrates, in « Proceedings of the Bri tish Academy )>, VIII, 1917; Id., Socrates, London 1933 ( tr. it. Firenze 1952, 19692 ). Di particolare intere sse è la questione se l'Apologia di Socrate di Platone rispecchi, o meno, il reale discorso tenuto da Socrate. Sulla questione a parte le opere generali su Socrate e su Platone, cfr. :' M. Schanz, Dialoge Platos, III, Apologie, Leipzig 1893 ; I. Bruns, Das literarische Portriit der Griechen, Berlin 1896; Th. G:lmperz, Griechische Denker, IP, Leipzig 1912; K. Joel, Der echte u11d der xenopho11tische Sokra tes, I, 1893 e II, 190 1 ; U. von Wilamowitz-Moellendorff Die xenophontische Apologie, in « Hermes », XXXI I :
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Mannenbach, Aristippi et C·yrmaicorum fragmenla, Lei den 196 1 . ,Per una bibliografia relativa al rapporto so cratismo-cirenaici cfr. V. De Magalhaes-Vilhena, op. cit. e ]. Humbert, op. cit. Eschine di Sfetto: si veda l'ed. dei frammenti e delle testimonianze a cura di H. Krauss, Aeschinis socratici reliquiae, Leipzig 1 9 1 1 . Su Eschine di Sfetto cfr. H. Ditt mar, Aischines t•on Sphettos, Berlin 1912 e J. Humbert, op. · cit. ( 1967 ). Si · veda anche B. Ehlers, Eine vorpla tonische Deutmzg des sokratischm Eros. Der Dialog Aspasia des sokratikers Aischilzes, Miinchen 1966. Policrate: l'Accusa contro Socrate: si veda in Libanio (Libanius Apologie des Sokrates, a cura di O. Apelt,
Leipzig 1922). Sulla questione cfr.: L. Breitenbrach, \Ver ist der xcznjyoQo> in xenophont. Commentario11?, in « Jahrbiicher fiir klassische Philologie », XCIX, 1869, pp. 801-15; R. Hirzel, Polycrate's Anklage tmd Lysia's. Verteidigung des Sokrates, in « Rheinischcs Museum », XLII, 1887, pp. 329 sgg.; H. Markowski, De Liba11io Socratis defensore, Breslau 1910; K. Meiser, Zu den Deklamationen des Libanios iiber Sokrates, Miinchen 1910; M. Schanz, Die Anklagerede des Polykrales gegen Sokrates, in « Wiener Studien », XXX I I, 191 1 ; F. Kie sow, Chi è ò Y.a·niyoQo ç nel secondo capitolo del I libro dei " Memorabili " di Seno/oltte, in « Bollettino di Fi lologia classica », XXIV, 1919, pp. 129-33 ; J. Humbert, Polycratès, l'accusati011 de Socrate et le Gorgias, Paris 1930; Id., Socrate, Paris 1967. Senofonte: particolare importanza per una ricostru zione della figura di Socrate hanno I detti memorabili di Socrate, il Convito, l'Apologia di Socrate e l'Economico: si veda l'ed. a cura di E. C. Marchant, Xenophontis opera omnia, Oxford 192 12. In tr. it. i testi sopra citati si vedano a cura di R. Laurenti, Seno/onte, Le opere so cratiche, Padova 1961. In particolare si sono rifatti a Senofonte A. Labriola, La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone e Aristotele, in « Atti della R. Acca demia di Scienze morali e politiche di Napoli », 1 87 1 , e Socrate, · a cura d i B . Croce, Bari 1.909 ; A. Doring, Die Lehre des Sokrates als so:dales Reformsystem, Miin-
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chen 1895; Th. Gomperz, Griechische Denker, Leipzig 1893 ; E. Boutroux, Socrate fottdateur dc la science mo rale, Paris 1 897. Per una discussione filologica e storica della fonte senofontea, sia positivamente che negativa mente, cfr.: L. G. Dissen, De philosophia morali in Xe nophontis de Socrate commcntariis tradita commcntatio, Gottingen 1812 (in Kleine Schriftcn, Gottingen 1839, pp. 59-88); F. Schleiermacher, Ucber dCII Wert dcs So krates als Philosophen, in « Abhandlungen der Berliner Akademie », 1818 (in Gesiimfll . Werke, 1 838, III, 2, pp. 293 sgg.); Ch. Brandis, Ueber die vorgebliche subjec tivitiit der sokratiscbett Lehre, Berlin 1828; H. Ritter, Geschicbte der Philosophie, Hamburg 1829-53 ; · Ch. H. Bertram, Der Sokrates des Xenophon tmd .des Aristopha nes, Magdeburg 1865; A. Chaignet, La vie de Socrate, Paris 1868; S. Ribbing, Uebcr das Verhiiltniss zwischett dctt xenophott. und plalon. Bcrichten iiber die Person /ichkcit tmd d. Lebrc des Sokrates, Uppsala 1870; I. Hart mann, Analecta Xenopbontea, Lugduni 1875; K. Schenkl, Xenophontiscbe St11dien, in « Sitzungsberichte der Wiener Akademie », LXXX, 1875, pp. 87-182 e LXXXIII, 1876, pp. 1 03-78; A. Krohn, Sokrates- tmd Xenophon, Halle 1875 ; K. Lincke, De Xetzophontis libris socraticis, Jena 1890; K. Joel, Der echte tmd. der xenophontische So kra/es, Berlin 1893 ; A. Doring, Die Lehre des Sokrates als soziales Re/ormsystem, Miinchen 1895; E. Pneiderer, Sokrates tmd Plato, Freiburg 1896; K. Lincke, Sokrates rmd Xenopbon, in « Jahrbiicher fiir klassische Philolo gie », XLII, 1 896, pp. 447-56, 741-52, e XLIII, 1897, pp. 481 sgg., 705 sgg.; U. von \Vilamowitz-Moellen dorff, Die xenophontischc Apologie, in « Hermes » , XXXII, 1897 (cfr. anche Plato11, Berlin 19202); M. Wet zel, Die Apologie des Xenophon, in « Neue Jahrbiicher fiir cl. Altert. », III, 1900, pp. 289 sgg.; A. Chavanon, Etude sur /es sources pritzcipales des " Mémorables " · de Xénophott, Paris 1903 ; O. M. Feddersen, De Xenophon tis Apologia Socratis et Isocratis Antidosi quaestiones duae Socratis /item attinentes, Jena 1907; L. Robin, Lcs .Mémorables de Xénophott et notre connaissance de la phi/osophie de Socrate, in « Année philosophique », 1910 ( nella Pensée hellénique des origines à Epicure; Paris 1 942, 1967); H. \Veissborn, De Xenophontis in Com mentariis scribendis fide historica, Jena 1910; H. Maier
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Fedone, Critonc, Critobulo, Simmia, Cebete, Chere fonte, Carmide, Eutidemo, Menesseno, Teeteto, Apollo doro, Cherecrate, Aristodemo, Ermogene, Teagete, Cleom broto, Ctesippo, Teodoto, Terpsione, Fedonide, Epigene, Diodoro, Socrate il giovane, Simone, Alcibiade, Crizia, Isocrate, sono tutte persone che sembra abbiano avuto a che fare con Socrate ed abbiano risentito del suo in segnamento: per i testi attraverso cui ricostruire i loro modi di pensare e di atteggiarsi e i loro rapporti con
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Socrate cfr. V. De Magalhaes-Vilhena, Le problème de Socrate ci t., pp. 464-7. Sul rapporto Socrate-Isocrate cfr. H. Gomperz, Isokrates tmd d. Sokratiker, in « Wie
ner Studien », JO.."VII, 1905, pp. 163-207 e XXVIII, 1906, pp. 1-42. Aristotele: Metafisica, Etica nicomachea, Etica eu demia, . Magtta AI aralia, Politica, Retorica, Analitici se condi, Elenchi sofistici. Per i riferimenti a tutti i passi
in cui Aristotele cita Socrate e per una discussione del l'interpretazione di Aristotele cfr.: M. Th. Deman, Le témoignage d'Aristate sur Socrate, Paris 1942 e V. De Magalhaes-Vilhena, Les textes socratiques d'Aristate, in op. cit., pp. 255 sgg. Nella loro interpretazione di So crate, fondatore della scienza e del concetto, hanno par ticolarmente puntato su Aristotele, E. Zellcr, Die Phi losopbie der Griechen, II, Tiibingen 1846; R. Pohlmann, Sokrates tmd sein Volk, Miinchen-Leipzig 1899; K. Joel, Der echte und der xcnophontische Sokrates, Berlin 1 893190 1 . Hanno in particolare discusso le testimonianze di Aristotele: A. E. Taylor, Varia socratica, Oxford 191 1 ; H. Maier, Sokrates, Tiibingen 1913 (tr. it. Firenze 19431944); W. Gossler, Die analytiscbe tmd synoptische Be grilfsbildtmg bei Sokrates, Plato11 tmd Aristate/es, Hci delbcrg 1913; P. Brokownew, Sokrates Philos. in der D.zrstellung des Aristate/es, in « Archiv fiir Geschichte der Philosophie », XXVII, 1914, pp. 295-304; W. D. Ross, Aristotle's Metaphysic, I, Oxford 1924 ; W. D. Ross, The Problem of Sokrates, in >, 1953, pp. 77-89; C. Mason, Socrates, the Man who dared lo Ask, Lon don 1 955; \YJ. C. Richmond, Socrates attd tbc 1X'cstcm \Vorld, London 1956; M. Sauvage, Socrate et la con science de l'homme, Paris 1 957 ( tr. it. Milano 1960); R. Mondolfo, Socrate, in Moralisti greci, Milano 1960; A. Cresson, Socratc. Sa vie, sott oeuvrc, avec u1z exposé dc sa pbi/osopbie, Paris 1 9623; C. de Vogel, Wbo was Socrates?, in « Journal of History of Philosophy », I, 1963, pp. 1 43-67 ; A. Vlocmans, Sokrates, Gravcnh. 1963; ]. Ménétricr, Mo11 Socrate, Paris 1965; M. Mcu nier, La légende de Socrate, Paris 1965; J. Humbcrt, Socrate et Ics pctits socratiques, Paris 1967 ; L. Versenyi, Socratic Humauism, New Haven-London 1967 ; F. Ador no, Socratc, nei Protagonisti della Storia universale, li, Milano 1968; N. Gulley, The Phi/osopby o/ Socrates, Ncw York 1968. ·
V.
MOMENTO
STORICO.
ARGINUSE.
VITA
DI
SOCRATE.
PROCES S O
Utili per uno studio dell'ambiente c del momento sto rico in cui è vissuto Socratc, oltre alle storie di Atene c della · Grecia c ai lavori sopra citati sulle interpretazioni complessive déllà figura ·ai So.crate (cfr. in particolare Zcl lcr, Labriola, -Godley, Joel, Maier, Birt, . Stcnzcl , Taylor, Jagcr, Bastide, Banfi, Gigon, Humbert) sono: C. Grotc, A History of Greece, London 1 850, 1907 ; H. Kocchkly, 200
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STUDI
POLITICA, SUL
PARTICOLARI
LA
POETICA,
' DÈMONE '.
IL
S U LL'ANIMA, LA
LA
RELIGIOS ITÀ
CONFROI\'TO
MORALE,
SOCRATICIIE
LA
E
SOCRATE·CRISTO
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208
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209
Sulla discutibile questione del confronto di So crate con Cristo, che ha avuto inizio con s. Giu stino (Apologia I, V, 3-4 e Apologia II, X� 4-8 ), confronto che si è proseguito fino ad og gi, si veda, dopo il XVIII secolo: F. Ch. Baur, Das Christliche des Platonismus oder Sokrates, iri « Zeit schrift fiir Theologie », III, 1837, pp. 1-154; E. Rcnan� Vie de Jésus, Paris 1863 ; A. Harnack, Sokrates und die alte Kircbe, Berlin 1900; J. Gcffckcn, Sokrates und das alte Christentum, Heidelbcrg 1908; A. E. Taylor, Socra tes, London 1933, p. 9; C. Ritter, Platonismus und Christentum, Tiibingen 1934; M. J. Lagrange, Socrate et notre Seigncur Jésus-Cbrist, in « Revue Bibliquc », XLIV, 1935, pp. 5 sgg.; A. D. Winspear, The Genesis of Plato's Thought, New York 1940, pp. 107-8; W. Jaegcr, Paideia eit., II, 1943 ; Th. Dcman, Socrate ei Jésus, Pa ris 1944; E. Benz, Christus tmd Socrates in der alten Kirche, in « Zeitschrift fiir die neutest. Wiss. », 1950-51; E. Faschcr, Sokratcs und Christus, Leipzig 1959; J. Brun� La mort dc Socrate et la mort de Jésus, in « Etudes de théologie et de religion », 1960, pp. 197-204.
INDICE
SocRATE
I.
7
II problema Socrate l. I ' semi ' socrat1c1. Socrate e lo ' scrivere ' nell'interpretazione platonica. Altre interpreta zioni della funzione di Socrate, p. 7 - 2. n problema delle ' fonti ' e i dubbi sul Socrate sto rico, p. 20.
II.
II Socratc di Aristofane
27
l. Le Nuvole e l'ambiente storico, p. 27 2. Le Nuvole e la posizione di Soaate nella cultura dd suo tempo, p. 35 - 3. Il Socrate delle Nuvole e la posizione di Soaate nell'Atene prima della guerra dd Pdoponneso, p. 43.
III.
II Socrate di Platone e i Socrate dei ' socratici ', di Senofonte e di Aristotele
l . Aristofane e Platone. Platone e gli altri so cratici, p. 55 - 2. Socrate protrettico e dia: lettico. La formazione e la funzione storica di Soaate secondo Platone, p. 61 - 3. L'interesse per il mondo degli uomini. Soaate dopo il 423 (Nuvole), p. 71 - 4. L' ' oracolo di Delfo '. Il ' non sapere ', p. 75 - 5. L' ' esame ' e l" ironia ', p. 85 - 6. Il ' dubbio ' e la ' maieutica ', p. 89 7. Il ' non sapere ' e la ' virtù ' come ' sapere '. Il ' conosci te stesso ', p. 93 - 8. Il ' sapere ' socratico. La virtù scienza dd bene e del male. La sophrosyne. Il dèmone e la funzione di So crate, p. 103 - 9. La virtù come scienza e la politica, p. 125 - 10. La ' dialettica ' e la ' de finizione '. La ' brachilogia '. L'interpretazione di Platone, di Antistene, di Euclide e di Aristo-
213
55
tele, p. 132 1 1 . Socrate e il suo tempo. So crate e la legge. Socrate di fronte alla condanna a morte, p. 138 12. La morte di Socrate e il suo significato. Il ritratto di Socrate tratteggiato da Platone, p. 144. •
•
Cronologia della vita
153
Storia della critica
159
BIBLIOGRAFIA
Bibliografia socratica Fonti e testimonianze: edizioni e traduzioni. Bibliografica. Critica delle fonti III. Storie della storiografia socratica IV. Interpretazioni complessive della figura di Socrate Momento storico. Vita di Socrate. Arginu· V. se. Processo VI. L'ambiente culturale. Socrate e le scienze. Socrate e i solisti. L'insegnamento VII. Maieutica. Ironia, Logica. Dialettica. I ' di· scorsi socratici ' VIII. Studi particolari sull'anima, la morale, la po litica, la poetica, la religiosità socratiche e sul ' demone '. Il confronto Socrate-Cristo
I. Il.
185 186 195 197 200 203 205 208