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Italian Pages 120 [109] Year 2003
CLEMENTE ALESSANDRINO
Il ricco e la salvezza Quis dives salvetur? Introduzione, traduzione e note di Simona Cives
~
SAN PAOLO
Titolo originale dell'opera: a�61J.evos 1TAoooLos (Edizione critica di riferimento: cur.
T(s 6
O. Stiihlin - L. Friichtel GCS 17/ 2 , Berlin 1970>, pp. 159-191)
A Giulio
© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2 003
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U. Treu
INTRODUZIONE
Vita e opere di Clemente Alessandrino Riguardo alla vicenda biografica di Tito Flavio Clemente di sponiamo di dati incerti e malsicurii. Nato probabilmente in tomo al 150 da famiglia pagana; di origine ateniese e di for mazione ellenica, deve l ' appellativo di Alessandrino alla città nella quale passò gran parte della sua vita, Alessandria d ' Egit to. Lì si recò infatti in giovane età alla ricerca del sapere e di venne allievo e collaboratore di Panteno, definito da Clemen te stesso «l' ape sicula»2, e poi il successore nella sua attività catechetica, il Didaskaleion. Gran parte della vita di Clemente si svolse dunque nella città africana; sappiamo però che ali ' inizio del III secolo fu costretto a lasciare Alessandria a motivo della persecuzione scatenata da parte dell ' imperatore Alessandro Severo (202-203) contro i cri stiani. In quella circostanza Clemente si rifugiò presso Ales sandro, vescovo di Cesarea in Cappadocia, il quale era stato suo discepolo3; laggiù egli morì, nel 215. Senza dubbio la figura di Panteno svolse un ruolo di gran de importanza nella formazione cristiana di Clemente: da lui, infatti, lo scrittore ricevette la conoscenza delle sacre Scrittu re. Tuttavia la sua preparazione di matrice ellenistica fece sì che ' Sulla vicenda biografica e la produzione di Clemente si vedano A. Di Berardi no, Dizionario patristico e di antichità cristiana, s. v.; C. Nardi, Clemente di Alessan dria, in La Bibbia nell'antichità cristiana, a c. di E. Norelli, Bologna 1993.
'Str.
I 12,2.
' Si veda Eus. H.e. VI 11,6; VI 14,8-9.
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IL RICCO E LA SALVEZZA
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egli considerasse la tradizione cristiana in armonia con quella pagana, anzi l'ideale approdo e il naturale compimento della filosofia greca, considerata da Clemente un mezzo per rag giungere la verità. La cultura greca fornì dunque a Clemente gli strumenti per leggere le sacre Scritture con maggiore profon dità filosofica e per giungere ali' elaborazione di una teologia dotta\ nel senso che essa costituì un solido punto di partenza per affrontare qualsiasi questione filosofica o teologica che egli incontrasse nella Bibbia. Dalla tradizione classica Clemente attinge in particolare l'im magine del Logos, presente in gran parte della sua produzione, della quale ci sono giunti, per lo più integri, il Protrettico, il Pedagogo, in tre libri, gli Stromati, in otto libri, e il Quis dives
salvetur. Il Protrettico, che si apre con un inno a Cristo e si conclu de con un appello al Logos, si inserisce nel filone dei ÀOyOl 1Tpo
TpE1TTL Ko(, cioè dei discorsi esortatori, ed è un invito rivolto ai pagani perché seguano il Logos e abbraccino la fede cristiana; nel Pedagogo, che è il proseguimento ideale del Protrettico, il Logos si configura come guida ideale per coloro che abbiano scelto la fede in Cristo e che siano stati già battezzati: questi è infatti il vero Pedagogo, che aiuta l'anima a migliorarsi, come è poi illustrato nel II e nel III libro, che offrono indicazioni pra tiche di comportamento; infine negli Stromati, cioè «Tappeti», un'opera miscellanea priva di uno schema preciso e rigoroso, considerata da alcuni come la terza parte della trilogia, gli ar gomenti sono esposti senza un ordine preciso. Nell'opera, in cui viene illustrato l'insegnamento di Clemente e che si confi gura per lo più come una serie di appunti, redatti, secondo le parole di Clemente stesso, «per la vecchiaia»', è presente un ma teriale vastissimo e assai articolato, e una serie di questioni di ordine morale, teologico, ed erudito di notevole interesse: dal • Si veda C. Nardi, Clemente di Alessandria. Quale ricco si salva?, Roma 1991, in cui sono dettagliatamente esposti gli influssi del p1atonismo, dello stoicismo e del la filosofia epicurea sulla produzione di Clemente. 5 Cfr. Str. I 11,1.
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rapporto tra scienza e fede a un confronto cronologico tra cri stianesimo e filosofia greca, dal ritratto dello gnostico, ovvero del cristiano perfetto, all'illustrazione del Simbolo, ecc. Oltre alla trilogia ci sono state tramandate altre due opere in cui si evidenzia chiaramente la capacità dialogica di Clemen te, le Eclogae propheticae e gli Excerpta ex Theodoto: in esse vengono trattate questioni relative allo gnosticismo. Per il resto disponiamo solo di frammenti e titoli. Dall'intera produzione di Clemente emerge, dunque, quello che fu il suo maggiore sforzo e che rappresenta per noi il suo principale merito: utilizzare la sua accurata formazione filoso fica e la cultura del tempo per meglio comprendere e illustra re il messaggio cristiano, creando un solido sistema dottrinale che potesse rendere possibile un confronto con la precedente cultura pagana. La prosa di Clemente è raffinata e limpida, sebbene intes suta di continui rimandi ad autori classici e passi scritturistici; la purezza delle forme attiche e i raffinati mezzi retorici da lui utilizzati fanno di Clemente il più greco tra gli scrittori cristiani.
Il «Quis dives» Durante il suo soggiorno alessandrino Clemente compose un'opera comunemente conosciuta con il titolo Quis dives sal vetur, tramandatoci da Girolamo6; il titolo TLS 6 a�COIJ.€VOS 1TÀOOOLOS ci è invece tramandato da Eusebio di Cesarea'. L'opera, considerata erroneamente un'omelia, della quale non possiede né l'estensione né lo stile8, presenta la sua peculiarità nel fatto di essere il primo scritto cristiano dedicato al tema del la ricchezza in rapporto al problema della salvezza e alla mo rale cristiana. 6 De vir. il/. 38. Eus. H.e. I II 23,5; VI 13,3.
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• Come si vedrà, l'unica sezione dell'opera che si avvicina, stilisticamente, all'o melia, è la parte finale in cui è narrata la vicenda del giovane brigante che, per le ca ratteristiche e il tono esemplare, ha un tono omitetico.
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n trattato, che presenta qualche lieve lacuna, prende infatti le mosse dal racconto evangelico del giovane ricco tramandato dai Sinottici e citato in Clemente, seppur con qualche lieve va riazione', secondo le parole di Mc l O,17-31. In particolare il mo tivo pratico da cui l'opera prende l'avvio è il timore probabil mente suscitato nei ricchi interlocutori alessandrini dalle paro le: «È più facile che un cammello passi nella cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli» 10 e dal serio proposito di Clemente di non scrivere un discorso encomiastico, secondo l'u so isocrateo, adulando falsamente i ricchi, ma neanche di sco raggiare e di indurre alla disperazione quanti, fra i ricchi, ab biano aderito alla fede cristiana. Clemente intende «rassicura re il ricco: c'è salvezza anche per lui. Conviene dunque allon tanare la disperazione (àTT6yvwms), poiché il semplice fatto del possedere non preclude a nessuno il regno di Dio. In secondo luogo, però, Clemente vuole scuotere il ricco, ponendogli dinanzi la responsabilità morale di gestire cristianamente la ricchezza»11• Lo scopo chiaramente dichiarato nel discorso è perciò quel lo di illuminare, mediante una corretta esegesi, i ricchi credenti sull'esatto significato delle parole che Gesù rivolge al giovane ricco e ai suoi discepoli. I temi principali aff rontati nello scritto clementina sono quel li della ricchezza, dell'amore cristiano e della penitenza, anche se il titolo dell'opera sembra riferirsi esclusivamente alla questione se vi sia la possibilità, per il ricco, di salvarsi. A proposito del te ma della ricchezza, è necessario chiarire il preciso significato del titolo e quindi dell'opera nel suo complesso. Il titolo è stato in-
• Clemente si attiene, infatti, come vedremo, al testo di Marco, ma lo adatta, in qualche punto, su Matteo. •• Mc 10,25. Secondo G. Visonà, Povertà, sequela, carità. Orientamenti nel cri· stianesimo dei primi secoli, in Perforamen acus. Il cristianesimo antico difronte al· la pericope evangelica del giovane ricco, Milano 1986, p. 3, «dalla lettura del Quis dives si ricava l'impressione che Clemente si trovasse a controbattere non tanto un'e segesi del brano quanto piuttosto la propaganda di alcuni secondo i quali il Signore aveva chiesto a tutti la rinuncia ai beni». " E. Dal Covolo, L'episodio del giovane ricco in Clemente e Origene, in Perfo· ramen acus. Il cristianesimo antico di fronte alla pericope evangelica del giovane ric· co, Milano 1986.
Introduzione
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fatti comunemente tradotto, sulla scorta di quello latino traman datoci da Girolamo con C 'è salvezza per il ricco ? In realtà, co me è stato già chiaramente sottolineato da M. G. Bianco12, tale interpretazione deve essere decisamente rettificata. Infatti nel l' opera, mediante una diffusa e puntuale esegesi del testo evan gelico, Clemente chiarisce che nel passo non si intende esprimere l'assoluta impossibilità per il ricco di accedere alla salvezza, ma che in esso si vuole meglio definire quale sia la fisionomia del ricco salvato o, meglio ancora, quale sia l'atteggiamento nei con fronti della ricchezza che non permette al credente di entrare nel regno dei cieli. Per comprendere appieno il messaggio clemen tina è necessaria una giusta valutazione del titolo tramandatoci da Eusebio, TLS' 6 cr4JC6J.LEVOS' 1TÀmxnos, dal quale si evince che il tema centrale dell'opera non è se vi sia la possibilità per il ric co di aderire alla fede cristiana, ma quali siano le qualità morali e lo stile di vita praticati dal ricco che abbia già abbracciato la fede (di qui l'appellativo a41(6J.LEVOS'). In base al titolo di Euse bio si chiarisce anche la traduzione operata da Girolamo13, il qua le tramanda Quisnam dives ille sit qui salvetur. Per questo motivo, pur nella consapevolezza di aver forni to una traduzione non ancora pienamente soddisfacente, pro poniamo- secondo il suggerimento già dato da M. G. B ianco14 (La salvezza e il ricco) - Il ricco e la salvezza, con la precisa intenzione di chiarire che il significato dell'opera clementina è imperniato non sulla possibilità per chi è ricco di salvarsi, ma sulla corretta disposizione interiore .necessaria a chi possiede dei beni per ottenere la salvezza .
l destinatari dell 'opera Da quanto si evince dal titolo stesso e dal tono generale del l' opera, il pubblico a cui l'opera clementina è destinata non è 12M. G. Bianco, C'è salvezza per il ricco?, Roma 1999, p. 21. u De vir. ili. 38. •• M. G. Bianco, C'è salvezza per il ricco?, op.cit., p. 21 n. l.
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dunque l'universalità dei cristiani, ma i ricchi. Clemente intende fornire con il suo scritto una soluzione teologica a un proble ma di ordine pratico: il comportamento del ricco che diventa cristiano nei confronti delle sue ricchezze. Durante il suo soggiorno alessandrino Clemente doveva certamente aver avuto esperienza di una società che godeva di una certa agiatezza. Nel Pedagogo15, ad esempio, Clemen te ci fornisce una chiara testimonianza di una cultura gre cofona, di una popolazione che si era impossessata di gran par te della campagna romana , e soprattutto dedita ai commerci e a svariate attività imprenditoriali. Alessandria era, al tem po di Clemente, una città dalla vita intensa, nella quale gli uo mini, godendo di un certo benessere economico, usufruivano di tutti gli agi. Non meraviglierebbe, dunque, lo smarrimento provato dai ricchi alessandrini nei confronti delle parole pronunciate da Ge sù riguardo al giovane ricco. Il discorso di Clemente si rivol ge proprio a loro, agli alessandrini benestanti; ma non a tutti, non ai ricchi che non abbiano ancora abbracciato la fede in Cri sto, ma, come è detto in QDS 3,1, ai ricchi «chiamati»16, ov vero i ricchi credenti, già chiamati alla fede, espressione, que sta, che richiama quella ben nota di l Cor l ,24, nella quale con KÀTJTOL si fa riferimento a tutti coloro che accoglieranno la pre dicazione paolina di Cristo. Questo tipo di distinzione all'interno della categoria dei ric chi si fa ancora più netto nei periodi che seguono: Clemente distingue infatti due situazioni assolutamente diverse. Da una parte vi sono i ricchi che, avendo disperato della lo ro salvezza, si aggrappano ancora più tenacemente alla vita ter rena e si dànno totalmente ad essa. Di questi Clemente non in tende curarsi (QDS 2, 1-2).
15 Paed. II, III, passim; si veda H. I. Marrou, in Clément d'Aiexandrie, Le Péda gogue, l, SCh 70, Paris 1960, pp. 62-66. 16 Si veda V. Messana, L'economia del «Quis dives salvetur». Alcune osservazio ni filologiche, «Augustinianum» 17 (1977), pp. 133-143.
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Dall'altra, invece, vi sono quelli che, pur avendo recepito il messaggio di Cristo, non assumono un atteggiamento confor me al loro credo (QDS 2,3-4 ) Questi sono i ricchi che, al pa ri di un atleta, devono allenarsi per ricevere la corona e avere dunque la vita vera (QDS 3,3-6). Necessario, per il consegui mento della vita eterna, è, secondo quanto detto nel vangelo di Marco, vendere i propri beni. Naturalmente Clemente si sof ferma a lungo su questa espressione e sul suo esatto significa to. Vendere i propri beni non significa sbarazzarsi di tutto ciò che si possiede: se cosi fosse, il messaggio di Cristo non con terrebbe alcun elemento di novità, dal momento che anche mol ti pagani prima di Cristo avevano venduto i loro beni, assu mendo, anzi, a motivo del loro gesto, un atteggiamento arr o gante. Liberarsi dei propri beni è, nell'interpretazione clemen tina del messaggio evangelico, essenzialmente distaccarsi dal le passioni connesse alle ricchezze, da tutti quei sentimenti e dagli impulsi che conducono a un uso negativo dei beni stessi e che impediscono che essi siano beneficamente utilizzati per il servizio al prossimo (QDS capp. llss). Il centro del discor so si sposta dunque dal quesito iniziale se sia possibile la sal vezza per il ricco, verso un altro quesito ben più profondo e senz'altro più pertinente rispetto al messaggio evangelico, ov vero quale sia l'atteggiamento pernicioso nei confronti della ric chezza e quale, invece, possa risultare non solo innocuo, ma anche utile per entrare nel regno dei cieli. Seguendo il percorso clementina si giunge a un ritratto as sai ben delineato del ricco "salvato": si tratta del ricco cre dente, già chiamato alla fede, che non abbandona le proprie ricchezze e che, anzi , non confidando in esse11, le mette a di sposizione della comunità dei credenti, dimostrando, cosi, sen za rimpianti e senza guardarsi indietro18, di aver abbandona to le passioni, quel solo tipo di ricchezza che è davvero no civo per l'anima. .
17 QDS 10,8. "QDS39,6.
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Il tema della ricchezza e della povertà nelle sacre Scritture Il tema della ricchezza e della povertà e soprattutto del rap porto tra possesso dei beni e annuncio evangelico percorre co stantemente l'Antico cosi come il Nuovo Testamento19• Nell'Antico Testamento la povertà è considerata secondo un punto di vista decisamente realistico. La povertà in sé infatti non è un bene e non viene mai elogiata; la ricchezza presenta invece dei caratteri chiaramente positivi. Il successo mondano nell'Antico Testamento è infatti un chiaro segno della benedi zione di Dio e la pienezza della vita umana si configura come il risultato di un comportamento retto20• L'uomo fedele a Dio, secondo una visione tipica dell'Antico Testamento, viene in fatti benedetto da Dio stesso con una ricca discendenza, il be nessere economico e il privilegio di essere ascoltato. Il giusto viene dunque ripagato con tutti i benP'; l'empio gode invece di una sorte contraria22• Tale concezione realistica di ricchezza e povertà, general mente diffusa e assai sviluppata in tutto l'Antico Testamento, comincia tuttavia a sgretolarsi in alcuni passi in cui si afferma che il giusto vive male e l'empio bene, anzi che il giusto sof fre proprio per il fatto di essere tale23• Il tema perciò si artico la e assume dimensioni più sfumate: se, da una parte, la ric chezza e l'abbondanza di beni terreni testimoniano l'amicizia di Dio nell'Alleanza, offrendo vantaggi immediati all'uomo e rivelandosi specchio delle sue qualità umane24, dall'altra, sia la ricchezza sia la povertà si configurano come due condizioni spi ritualmente rischiose25• La ricchezza infatti è testimonianza del-
" Il tema della ricchezza e della povertà nella rivelazione biblica è trattato diffu samente da M. G. Mara, Riccheu.a e povertà nel cristianesimo primitivo, Roma 1980. "'Cfr. Gn 13,2; 26,12ss; Dt 8,7-10; 28,1-11. 2' Si veda, ad es., Gn 13,2; 20,14; 24,13-14.35; Pro 3,16; 15,6; Gb 5,24; 42,10-12; Sir 11,21-25; Sal 1,1-3; 112,1-3. 22 Dt 28,15-46; Sal 109,10-12; Pro 6,6-11; Gb 15,25-35. 23 Ger 12.1-4. 24 Pro 10,4; 20,13; 12,11; 21,17. "'Pro 30,7.
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l'amicizia dell'uomo con Dio, ma non si configura mai come il bene migliore per l'uomo: rendendolo infatti troppo indi pendente e arrogante lo induce a dimenticarsi di Dio e del po vero26. D'altro canto anche la povertà può rappresentare un dan no per la sua salute spirituale: infatti un eccesso di povertà può generare risentimenti e rancori. . Nel Nuovo Testamento si verifica una decisa inversione di rotta nella visione del rapporto tra ricchezza e povertà; il cam biamento è dovuto alla figura di Cristo che conferisce una nuova luce all'immagine del povero. La salvezza , che si at tua mediante la povertà, diviene persona ed evento storico in Cristo: il povero è il segno della presenza di Cristo in mezzo agli uomini. Nel Nuovo Testamento la ricchezza viene decisamente stig matizzata: è detto infatti che non si può obbedire a due padro ni, a Dio e a mammona, cioè la ricchezza27• D'altra parte la po vertà non è più solo un male da rimuovere: si pensi alle Bea titudini, in cui l'affermazione «beati i poveri» e la povertà svol gono un ruolo di primo piano per il conseguimento della sal vezza. La povertà è infatti considerata la prima tra le beatitu dini e con essa si raggiunge la pienezza escatologica. Se dunque la ricchezza nel Nuovo Testamento viene radi calmente condannata e la povertà esaltata come strumento per raggiungere la vita eterna, dobbiamo tuttavia ricordare un pas so evangelico che delle ricchezze mostra invece l'aspetto po sitivo: si tratta di Le 18,29-30, in cui Gesù promette a Pietro che riceverà, nella vita eterna , rpolto di più di quanto abbia lasciato per seguirlo, facendo chiaramente allusione, con que ste parole, ai beni terreni. Gesù stesso accetta, del resto, che le persone vicine a lui dispongano di proprietà o di qualche b ene28 che lui stesso utilizza29; inoltre non disdegna la com pagnia dei ricchP0• 26
Cfr., tra i tanti, Ne 5,1-5; Am 4,1; 8,4-6; Gb 24,11; Ez 16,49; Is 3,16-24. 6,24; Le 16,13. Per il termine «mammona» si veda il commento a QDS 13,3. Mc 1,29; Le 8,2-3; 10,38. 29 Mc 14,13-14. "'Mc 2,3-17; 14,3; Le 7,36ss; 11,37; 14,1-12. u ar. Mt 2'
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Nell'episodio del giovane ricco, riportato dai Sinottici e uti lizzato da Clemente secondo la versione di Marco come pun to di partenza per il suo scritto, Gesù assume una posizione pre cisa nei confronti della ricchezza . In Mc l 0,18-22 alla domanda del giovane ricco «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» , Gesù ri sponde elencando le prescrizioni del decalogo. Alla risposta del giovane: «Ho custodito tutte queste cose fin dalla mia gio vinezza» , Gesù, rivolgendosi a lui con un tono affettuoso, re plica in maniera definitiva: «Una sola cosa ti manca: se vuoi essere perfetto, vendi tutte le cose che hai e dàlle ai poveri, e avrai un tesoro in cielo, e vieni qui, seguimi» . Il giovane si allontana amareggiato e il suo rifiuto costituisce per Gesù l' oc casione per fare delle osservazioni generali sulla ricchezza: «Figlioli , come è difficile per col oro che confidano nelle ric chezze entrare nel regno di Dio; più facilmente un cammello entrerà attraverso la cruna di un ago che un ricco nel regno di Dio»31• Il passo evangelico rivela, dunque, il capovolgimento della precedente gerarchia di valori espressa dall'Antico Testamen to; esso si verifica attraverso una serie di passaggi mediante i quali si giunge all'affermazione dell'impossibilità, per chi pos siede dei beni, di avere la vita eterna . Un'interpretazione di questo tipo dà spiegazione dello smar rimento manifestato dai discepoli, i quali vivono uno stato di profonda incertezza di fronte al rifiuto della mentalità giudaica alla quale sono stati formati e secondo la quale il benessere eco nomico è la manifestazione visibile della benedizione di Dio. Il messaggio di Gesù: «Ciò che è impossibile per gli uomi ni è possibile per Dio» , che rimanda invece a una ricchezza fu tura e più grande rispetto a quella terrena e a un "rovesciamento" dei valori terreni, pone invece l'accento sulla grazia, ovvero sul l'esclusiva capacità di Dio di operare nell'uomo un reale distacco dalle ricchezze. 31 Per l'esatto significato di «cammello» e «cruna dell'ago» si veda il commento a QDS4,4ss.
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L'elaborazione di Clemente Il Quis dives è il primo documento che tratta direttamente e con ampiezza il problema del rapporto tra beni terreni e an nuncio evangelico. Il pubblico a cui l'opera si rivolge, come si è già osservato, sono i cristiani ricchi. Dell'opera sono state fornite diverse interpretazioni, anche di stampo meramente economico, che di volta in volta han no fatto di Clemente un precursore del comunismo o un di fensore del capitalismo. Ai più il pensiero di Clemente è ap parso un compromesso32 mediante il quale non si insiste p iù sulla rinuncia ai beni , ma sull'uso che si fa di essi. In realtà il tema centrale dello scritto clementina è la necessità di giun gere a un'interpretazione meno superficiale dell'episodio del giovane ricco. In QDS 5,2 infatti egli dice: «Bisogna sapere chiaramente, per non intendere in senso materiale i suoi det ti, ma per scoprire e apprendere il significato nascosto in es si con adeguata ricerca e comprensione, che il Salvatore ai suoi discepoli non insegna alla maniera degli u o mini , ma con sa pienza divina e mistica». Non un'interpretazione carnale e su perficiale, dunque, ma attenta al significato recondito del mes saggio di Cristo. La tristezza proviene infatti al ricco dall'incapacità di com prendere appieno le parole di Gesù (QDS 20). Secondo Cle mente Gesù non prescriverebbe infatti di privarsi delle ric chezze, ma di distaccare il cuore da esse. Non è più dunque il possesso dei beni a costituire il discrimine per il conseguimento della salvezza, ma il loro uso (QDS 24). Nell'opera clementina compare dunque un ripensamento ge nerale sulla ricchezza, sebbene essa in più punti sia chiaramente considerata un bene iniquo. Il concetto attorno al quale si sno da tutta l'opera sono le passioni connesse alla ricchezza, più che la ricchezza stessa: può salvarsi un ricco che non sia schiavo dei propri possessi, così come può dannarsi un povero a motin
Si veda, ad esempio, M. Simonetti, Cristianesimo antico e cultura greca, Roma
2001, p. 49.
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vo del proprio rancore e della propria avidità nei confronti dei beni materiali. Dal discorso di Clemente emerge chiaramente la centralità della bontà e della positività dei doni di Dio come anche la centralità dell'uomo rispetto alle cose, della sua personale re sponsabilità rispetto ai beni che amministra e possiede. La ric chezza non si configura come un bene negativo, ma come uno strumento; negative sono invece le passioni che vi si posso no accompagnare. Il possesso dei beni è anzi lodato, perché è un mezzo che permette di dare aiuto a chi è nel bisogno (QDS 13), secondo quanto avviene nella parabola del buon Sa maritano. Nel testo clementino si verifica chiaramente un recupero del pensiero tradizionale vetero-testamentario (le ricchezze sono un bene e un segno tangibile della benevolenza di Dio), un ri chiamo ali' etica stoica (il possesso dei beni materiali può co stituire un rischio per l'uomo), l'adesione all'annuncio evan gelico (la circolazione dei beni è il segno dell'amore fraterno). L'interpretazione "mistica" del passo evangelico, attuata da Clemente, intende dunque dimostrare che il cristiano, pur pos sedendo dei beni, non è schiavo di essi, essendo la sua vera ric chezza puramente spirituale; il possesso dei beni può configu rarsi invece come uno strumento per conseguire la vita eterna. Seguendo tale approccio mistico alle sacre Scritture, Cle mente fornisce un'interpretazione "spirituale" anche delle Bea titudini (QDS 16,1- 17,5): se infatti la beatitudine evangelica «beati i poveri» presentasse un significato meramente econo mico, il messaggio di Gesù sarebbe appiattito e banalizzato; Cle mente fa invece notare come il significato della beatitudine evangelica sia al contrario completato dall'espressione «in spi rito», sottolineando dunque come la vera povertà sia assenza delle passioni incontrollate dell'anima. Il riferimento costante alla spogliazione totale dei beni se condo il modello di vita offerto da Cristo non viene negato, an zi si fa più intenso e più rigoroso: non privazione, ma piena con divisione dei beni seguendo, in piena libertà, lo slancio alla ca rità e alla liberalità che sono propri del Padre.
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Introduzione
La trasmissione del testo Il testo del Quis dives è tramandato da un unico codice. lo Scorialensis 0-III-19. ai fogli 326v-345v, risalente al secolo XII e dalla sua copia. il Vaticanus Graecus 623. Il manoscritto principale. lo Scorialensis. pergamenaceo. ap partenne inizialmente a don Diego Hurtado de Mendoza (15031 575 ). il quale ne venne probabilmente in possesso durante il suo soggiorno a Roma come ambasciatore di Filippo II a par tire dal 1 547. Il codice doveva dunque provenire dalla B iblio teca Vaticana e fu poi trasportato in Spagna nel 1552 insieme ad altri manoscritti. Dallo stesso codice fu eseguita la copia del Vaticanus Graecus 623 negli anni compresi fra il 1549 e il
1 55P3• Il Vaticanus Graecus 623. cartaceo. riporta l'opera clemen tina ai ff . 238-255v. Trattandosi di una copia eseguita diretta mente dallo Scorialensis. non presenta grande valore. a parte un certo interesse dovuto alle correzioni e alle congetture vergate a margine34• Entrambi i manoscritti sono in parte lacunosi e non riporta no il titolo dell'opera. Per quanto concerne la tradizione indiretta. Eusebio di Cesa rea nella Storia della Chiesa35 riporta il titolo TLS ò cr4{6J1.EVOS
nÀ.oucnos.
Numerose sono inoltre le citazioni del testo clemen tina: esse attestano l'ampia fortuna dell'opera e in parte aiutano a colmare alcune lacune presenti nel testo.
33 Si veda Ch. Graux, Essai sur l'origine dufond grec de l'Escurial, Paris 1880, pp. 182-185, 195, 254; Gr. de Andrés, Catdlogo de /os C6dices Griecos de la rea/ bi blioteca de El Escorial, III, Madrid 1967, pp. 204-205. 34 Si veda R. Devreesse, Codices Vaticani Graeci, III, Città del Vaticano 1950, pp. 31-2. 3' III 23,5.6-9; VI 13,3.
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Del testo di Clemente sono state eseguite molte edizioni, ini zialmente basate esclusivamente sul testo del codice vaticano. Lo Scorialensis fu poi utilizzato da P. M. Barnard, G. W. But terworth, e infine da O. S tiihlin con le revisioni di L. Friichtel eU. Treu. Nel panorama italiano numerosi sono le traduzioni e i com menti: tra i più recenti citiamo M. Todde, A. Pieri, in Retto uso delle ricchezze nella tradizione patristica, Milano 1985, pp. 65132; C. Nardi, Clemente di Alessandria. Quale ricco si salva ?, Roma 199 1; M. G. Bianco, Quale ricco si salverà ?, Roma 1999. Edizione critica di riferimento per la nostra traduzione è quel la di O. Stiihlin - L. Friichtel - U. Treu (GCS 17/2), Berlin 197()2, pp. 159- 19 1. Quanto dell'apparato di Stiih lin ha richiamato la nostra at tenzione è citato in nota.
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role che si pongono come chiari interpreti e guide di se stes se. 3. Nulla infatti è efficace quanto l ' ascoltare quei detti che nei vangeli fino ad ora ci avevano turbato poiché li ascolta vamo senza la giusta gravità e in maniera inesperta, come dei bambini.
La parabola del giovane ricco24 4. «Mentre Gesù si metteva in viaggio, un tale gli corse in contro e si inginocchiò dicendo : "Maestro buono, che cosa de vo fare per avere la vita eterna?". 5. Gesù dice: "Perché mi chia mi buono? Nessuno è buono se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre". 6. Quello gli risponde: "Ho custodito tutte queste cose fi n dal la mia giovinezza". Gesù, guardandolo, lo amò e disse: "Una sola cosa ti manca: se vuoi essere perfetto, vendi tutte le cose che hai e dalle ai poveri, e avrai un tesoro in cielo, e vieni qui, seguimi" . 7. Ma quello, rattristatosi per il discorso, se ne andò addolorato : infatti aveva molti possedimenti e campi. 8. Vol gendo lo sguardo intorno, Gesù dice ai suoi discepoli: "Quan to difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel re gno di Dio". I discepoli si stupirono per le sue parole. 9. Ma Gesù prendendo di nuovo la parola dice loro : "Figlioli, come è difficile per coloro che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio; più facilmente un cammello entrerà attraverso la cruna di un ago che un ricco nel regno di Dio25" . Quelli si tur barono ancor più e dicevano: "Chi dunque potrà salvarsi ?". Ma egli , guardandoli, disse: "Ciò che è impossibile per gli uomini è possibile per Dio" . lO. Pietro cominciò a dirgli : "Ecco, noi abbiamo lasciato tut to e ti abbiamo seguito". Gesù rispose: "In verità vi dico: chi ha lasciato le sue cose e genitori e fratelli e possedimenti per causa mia e per causa del vangelo, riceverà in cambio cento vol te tanto26• Ora, in questo tempo presente, a qual fine avere cam pi e possedimenti e case e fratelli insieme a persecuzioni27? Nel
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subito, fin da giovane ! Altrimenti cosa vi sarebbe di grande in una vecchiaia luminosa e priva di quelle colpe generate da de sideri giovanili quali il ribollire dell' ira o l ' amore per le ric chezze? Ma se uno nell ' impeto giovanile e nel bollore dell' età dà prova di un pensiero maturo e degno di un anziano in con fronto alla sua età, è un lottatore meraviglioso e lodevole e ca nuto riguardo alla mente4 1 . 4. Ma tuttavia quel tale è assoluta mente convinto che in rapporto alla giustizia non gli manchi nul la; in realtà la vita gli manca del tutto: per questo motivo la chie de al solo che gliela può dare; si sente fiducioso nei confronti della legge, ma supplica il figlio di Dio. 5. Passa «da fede a fe de»42: fluttuando, a mo' di una nave, malsicuro nella legge e na vigando pericolosamente, va ad ormeggiare verso il Salvatore. 9,1. Dunque Gesù non lo rimprovera per non aver adempiu to a tutte le prescrizioni della legge43, ma lo ama e lo accoglie cordialmente per la docilità mostrata nelle cose che ha appre so, ma dice che è imperfetto poiché ha adempiuto cose non per fette per la vita eterna, risultando da una parte zelante operato re della legge, dall' altra pigro operatore della vita vera. 2. Dun que sono cose belle anche quelle (chi potrebbe negarlo? Infatti «è sacro il comandamento»44) che svolgono una funzione pe dagogica mediante il timore e un' educazione preliminare per il rispetto della somma legge di Gesù e la grazia45; ma il compi mento «della legge è Cristo per ogni credente in vista di una vi ta giusta», Lui che essendo servo non rende servi, ma rende fi gli fratelli e coeredi coloro che compiono la volontà del padre46• 10,1. «Se vuoi essere perfetto»47. Non era dunque ancora per fetto: nulla infatti è più perfetto del Perfetto. E divinamente il «se vuoi» ha rivelato la facoltà di autodeterminazione dell' anima che colloquiava con lui. Infatti dall' uomo dipendeva la scelta, in quan to libero; da Dio la possibilità di donare in quanto Signore. 2. Egli dà a coloro che lo vogliono e si impegnano e chiedono, perché la salvezza risulti un bene loro proprio. Dio infatti non costringe nes suno, perché la violenza gli è nemica, ma a coloro che cercano porge e a coloro che chiedono offre e a coloro che bussano apre48.
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Dio» 53 , per questo stesso essere sommamente poveri e per il man care di mezzi di vita e nello scarseggiare delle più piccole co se, sarebbero i più felici e carissimi a Dio e i soli possessori del la vita eterna). 4. E non è che sia una cosa nuova rinunciare al la ricchezza e fame dono ai mendicanti o alla patria, come han no fatto molti prima dell' arrivo del Salvatore, alcuni per inte resse ai discorsi e per sapienza morta, altri per la vuota fama e per vanagloria, i vari Anassagora, Democrito, Cratete54• 12,1. Che cosa dunque il Signore annuncia come cosa nuova e propria di Dio, l ' unica capace di dare vita, e che non poté sal vare gli uomini vissuti prima di Cristo? Se la «nuova creazione»55, il Figlio di Dio, annuncia e insegna qualcosa di specifico, essa rac comanda non qualcosa che appare e che altri hanno fatto, ma qual cosa di diverso manifestato attraverso le apparenze come più gran de e più divino e più perfetto: spogliare la disposizione interiore dell' anima dalle passioni che soggiacciono e tagliare e gettare via le radici estranee56 del pensiero. Questo è infatti quello che il cre dente deve imparare, e l'insegnamento degno del Salvatore. 2. Gli uomini vissuti prima di Cristo, infatti, disprezzando le realtà este riori, diedero via o vendettero i loro beni, ma le passioni dell ' a nima credo che le amplificarono: vissero infatti in superbia e ar roganza e in vanagloria e disprezzo degli altri uomini, pensando di aver compiuto qualcosa di sovrumano. 3. Come dunque il Sal vatore avrebbe potuto lodare, di fronte a coloro che vivranno per sempre, le scelte che li avrebbero danneggiati e rovinati proprio in vista della vita che Egli annuncia? 4. E infatti è possibile an che che, dopo essersi alleggeriti dei propri possessi, si possa non dimeno avere ancora un desiderio e un appetito di ricchezze ir refrenabile e connaturato; oppure uno può aver gettato via i be ni, ma essendone privo e contemporaneamente desiderando le co se che ha lasciato addolorarsi doppiamente, sia per la mancanza di ciò che gli serve sia perché pentito della propria decisione. 5. Infatti è impossibile e davvero difficile che chi è privo del necessario per vivere non sia abbattuto nell' animo e non pro vi disinteresse per i valori superiori, tentando invece in qual siasi modo e da qualsiasi parte di procurarsi il necessario.
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-13,1- Kaì. uoocv XPllOl �WTEpov TÒ ÈvaVT[ov, iKavà KEKTll �ÉVOV aÙTOV TE lTEpÌ. T�V KTfplV �� KaKOTia8e'iv KaÌ. OLS KaefìKEV Èm Koupe'iv; TLS yàp dv KOLvwv[a KaTaÀeL TIOL TO uapà àvOpW1rots, et �T}8eì.s exm �118év; -2- ml)s 8' dv Tofrro TÒ Béy�a lTOÀÀolS aÀÀOLS KaÌ. KaÀOLS TOU KUp[ou Béy�aaLV OÙXÌ. aVEpWs ÈVaVTLOlJ�EVOV EUpLcrKOL TO KaÌ. �aXO�EVOV; -3»lTOL�craTE ÉauTo'is [>..ous ÈK Tou �a�wva Tfìs à8L K[as, '(v' (hav ÈKÀL illJ , 8é€wvTal u�ns eLS TÙS aLWVLOUS OK1lVciS .« »�cracr8e 9r]craupoùs Èv oùpavc!), ouou ��TE cr�s ��TE �pwO'LS àav((El ��TE KÀÉTITat 8LOpOOO'OOOL .« -4- lTWs av TLS lTELVWVTO TpÉOL KaÌ. 8LtjJWVTa lTOTL(OL KaÌ. 'YV�VÒV O'KETia(OL KaÌ. aaTEYOV O'VVayOL , a TolS �� lTOl�(JOO'LV àTIELÀEL lTUp KaÌ. crKOTOS TÒ è€wTEpov, et uciVTwv aÙTÒS €KaO"TOS Scivm Tot'rrwv ooTEpWV; -5- à>..>.à . ��v aÙTOs TE èm€Evofrrm ZaKXa[cv KaÌ. AEueì. Kaì. MaT8a(cv To'is u>..ooo(oLs Kaì. TEÀWvms, Kaì. Tà �Èv XP��aTa aùToùs où KEÀEVEL �E8E'ivm , T�v 8È 8L Ka[av xpfìcrLV Èm8eÌ.S KaÌ. T�V a8LKOV àEÀWV KOTayyÉÀÀE L " »(J��EpOV O'WTllpLa Tc!) o'LKCV TOlrrCV.« -6- oi.JTw T�V Xpe(av aÙTwv ÈTiatVEL , WaTE KaÌ. �ETà TfìS upocr8�K11S TOUTllS T�V KOLVwv(av ÈlTLTcl(JO'El, lTOTL(ELV TÒV 8LtjJwVTa, apTOV OLOOVat TQ lTELVWVTL , Wo8ÉXE0'8at TÒV aO"TEYOV, à�LEVVWat TÒV 'YV�VOV. -7- eL 8È Tàs xpe(as oùx otév TE ÈKTIÀllPOUV TOUTas �� àuò XPll�ciTWV, Twv 8È XPll�..oywTaTOV. -14 , 1- OùK dpa àrropptuTéov Tà Kaì. Toùs ué >.. as wEÀOUVTa XP� �aTa · KT� �aTa ycip ÈO'Tl KTllTà OVTa KaÌ. XP� �aTa XP�O'L �a OVTa KaÌ. E L S xpfìcrLV àvepwuwv UlTÒ TOU 8EOU uapEO'KEUOO'�Éva, a 8� uapciKE L TaL KaÌ. UlTO�É �ÀllTaL Ka8ciuep VÀll TLS KaÌ. opyava upòs XPflO'LV àyae�v TOL S eLOOO'L. -2- TÒ opyavov, èàv XPU TEXVL KWS, TEXVL KOV ÈO'TLV, èàv ucrTepfjs Tfìs TÉXVllS, àuo>..aue L Tfìs crfìs à�oucr(as , ov àva[TLOV . -3- TOLOUTOV KaÌ. Ò TIÀOUTOS opyavov ÈO'Tl . Bvvaam xpfìcr8aL OLKa( ws aùn\) . upòs OL KaLOO'UVllV Ka8UTillPETei à8( Kws TLS aùT4) XPiìTm · uaÀLv umtpÉTllS ·
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13, 1 . E quanto invece sarebbe più utile il contrario, e cioè possedere beni sufficienti , in modo da non · soffrire e aiutare quelli che è conveniente aiutare ! Infatti quale possibilità di con dividere rimarrebbe tra gli uomini, se nessuno non avesse nul la? 2. E come questo modo di pensare non si troverebbe chia ramente in contrapposizione e in conflitto con molti altri pen sieri del Signore? 3. «Fatevi amici con il mammona57 dell ' in giustizia affinché quando vi verrà a mancare vi accolgano nei tabernacoli eterni»58• «Procuratevi tesori in cielo dove né tignola né ruggine corrodono né ladri rubano»59• 4. Come si potrebbe dare da mangiare a chi ha fame e dare da bere a chi ha sete e vestire chi è nudo e ospitare chi è senza tetto60 - e a chi non lo fa Cristo minaccia fuoco e le tenebre esteriori61 - se ciascuno si trovasse a essere privo di tutte queste cose? 5. Ma Cristo è ospitato da Zaccheo62, da Levi63 , da Matteo64, ricchi e pubbli cani, e non li esorta a disfarsi delle ricchezze, ma ne prescrive un uso giusto ed elimina quello ingiusto, e annuncia: «Oggi la salvezza è per questa casa»65• 6. Così loda l ' uso che si fa di es se, ed esorta alla condivisione, aggiungendo di dare da bere a chi a sete, di dare pane a chi ha fame, di accogliere chi è sen za tetto, di vestire chi è nudo. Se non è possibile compiere que sti utili gesti se non attingendo dalle ricchezze e invece il Si gnore esortasse a liberarsi da esse, cos ' altro farebbe, se non esor tare a dare e non dare le stesse cose, dare e non dare da man giare, accogliere ed escludere, condividere e non condividere? Sarebbe la cosa più illogica di tutte !
14,1 . Dunque non sono da gettare via le ricchezze che pos sono giovare al prossimo, perché sono dei possessi quando so no possedute e vantaggi quando sono vantaggiose e predisposte da Dio a vantaggio degli uomini, esse che sono a disposizione e soggette agli uomini come materia e strumenti perché coloro che ne sono capaci ne facciano buon uso66• 2. Lo strumento67, se si usa l ' arte, è capace di produrre opere d' arte, ma se se ne è pri vo, trae profitto dalla mancanza di musicalità, senza esserne cau sa. 3. Anche la ricchezza è uno strumento di questo tipo. La si può usare in modo giusto: ed è al tuo servizio per la giustizia; la
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21,1. Il Signore risponde che «ciò che è impossibile tra gli uomini è possibile a Dio»96• Di nuovo, anche questa espressio ne è colma di grande sapienza, nel senso che l ' uomo anche eser citandosi su se stesso e affaticandosi per la liberazione dalle pas sioni non arriva a nulla, ma se diviene evidente che desidera mol to e si impegna molto per questo, con l ' aggiunta della potenza di Dio ha successo: 2. Dio infatti respira insieme alle anime che lo vogliono, ma se si allontanano da questo desiderio, anche lo spirito donato da Dio si allontana. ·salvare coloro che non lo de siderano è infatti proprio di chi vuoi forzare, salvare coloro che lo scelgono è proprio invece di chi fa un dono. 3. Né di quelli che dormono né dei pigri è il regno dei cieli, ma «i violenti se ne impossessano»97 : questa è infatti la sola violenza bella, fare violenza a Dio98 e strappare a Lui la vita. Ma Egli, compren dendo che alcuni gli stanno di fronte con violenza, anzi con cer tezza, si tira indietro, perché si compiace di essere sconfitto in tali cose. 4. Perciò, udite tali cose, il beato Pietro, l' eletto, lo scel to, il primo dei discepoli, per il quale solamente oltre che per se stesso il Salvatore paga il tributo99, afferrò velocemente il sen so e comprese il discorso. S. E cosa dice? «Vedi che noi abbia mo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» 100• E se con «tutto» si ri ferisce ai suoi beni, forse quattro oboli 101 , come dice il prover bio, ingrandisce quello che ha lasciato e, inconsapevolmente, di chiarerebbe equivalente ai suoi possessi il regno dei cieli; 6. ma se, come abbiamo appena detto, gettati via i vecchi possessi del la mente e le malattie spirituali essi seguono passo passo il Mae stro, l ' espressione dovrebbe riferirsi a coloro che saranno iscrit ti nei cielP02• 7. Questo è infatti seguire veramente il Salvatore, imitare la sua libertà dal peccato e la sua perfezione e abbelli re guardando Lui come davanti a ·uno specchio l ' anima, armo nizzandola e disponendo similmente tutto· in tutto.
22,1. «E rispondendo, Gesù disse : in verità vi dico che co lui che lascerà le proprie cose e i genitori e i fratelli e le ric chezze per causa mia e per causa del vangelo, riceverà cento volte tanto» 103• 2. Ma non ci turbi neanche questo né ciò che in modo ancor più duro di questo è espresso altrove con le paro-
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IL RICCO E L A SALVEZZA
me pane, nutrendosi del quale nessuno fa più esperienza di mor te, e dandoti ogni giorno una bevanda d ' immortalità; io sono maestro d ' insegnamenti celesti ; per te ho lottato contro la mor te e ho riscattato la tua morte, della quale eri debitore per i pre cedenti peccati e per la tua mancanza di fede verso Dio» 1 18• S. Dopo aver ascoltato da una parte e dall' altra questi discorsi giudica per te stesso e porta il voto per la tua salvezza: e se an che un fratello, un figlio o una moglie o chicchessia dicesse co se simili, di fronte a tutti sia Cristo a vincere in te, perché egli lotta per te.
24,1. Puoi essere superiore alle ricchezze? Dillo e Cristo non ti allontana dai tuoi possessi, perché il Signore non è geloso 1 19• Invece ti vedi sopraffatto e sconvolto? Lasciale, gettale via, odiale, distaccatene, fuggi. 2. «E se il tuo occhio destro ti scan
dalizza, taglialo presto» 120• È preferibile il regno di Dio per chi ha un solo occhio piuttosto che il fuoco per chi è tutto intero : e se ti scandalizzano una mano, un piede, l ' anima 1 2 1 , odiali. Se infatti qui si muore per Cristo, «lì saremo salvati» 1 22•
25,1. Rispecchia questo pensiero anche ciò che segue. «Ora, avere in questo tempo campi e possessi e case e fratelli insieme a persecuzioni, a che pro?» 123 • 2. Infatti non chiama alla vita né persone prive di ricchezze, né senza casa, né senza fratelli, poi ché ha chiamato anche i ricchi, ma nel modo che abbiamo det to, e nello stesso modo fratelli, come Pietro con Andrea e Gia como con Giovanni, i figli di Zebedeo1 24, ma in comunione di pensiero fra loro e con Cristo. 3. Invece esclude che si abbiano queste cose «insieme a persecuzioni» : una persecuzione viene dal l ' esterno, dagli uomini, o per inimicizia o per invidia o per atrio re del guadagno o per l ' energia diabolica di uomini che respin gono i credenti ; 4. la persecuzione più difficile viene invece dal di dentro, mandata a ciascuno dali ' anima stessa corrotta da de sideri privi di Dio e da piaceri vari e da vuote speranze e da so gni destinati a svanire, quando essa, presa dalla brama di avere sempre di più e resa furente e infiammata da amori selvaggi 125 si insanguina di passioni, come incalzata da pungoli o tafani, per
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peccati come lana scarlatta, li farò bianchi come la neve, e se fossero più neri dell' oscurità, li laverò e li farò come lana bian ca»203 . 5. Infatti solo a Dio è possibile offrire la remissione dei peccati e «non tenere il conto delle cadute»204, dal momento che anche a noi il Signore comanda di perdonare ogni giorno i fra telli che si pentono205. 6. E se noi che siamo c atti vi sappiamo dare doni buoni, quanto più «il Padre delle misericordie»206, il Padre buono «di ogni consolazione»207, pieno di tenerezza e di compassione è magnanimo? Egli aspetta coloro che si sono con vertiti : convertirsi è cessare veramente dai peccati e non guar darsi più indietro208.
40,1. Degli errori commessi in passato Dio dà il perdono, di quelli che sopraggiungono ciascuno lo dà a se stesso209. Anche questo è pentirsi, cioè riconoscere gli errori passati e chiedere al Padre di non ricordarli più. Lui solo è capace di rendere non com piuti gli errori compiuti, cancellando con la misericordia che vie ne da Lui e con la rugiada dello Spirito i peccati commessi. 2. Infatti «nelle azioni in cui vi troverò», dice, «in esse vi giudi cherò»2 10, e per ciascuna cosa grida la fine di tutto21 1 • 3. Perciò anche per chi ha ben compiuto nella vita le azioni più grandi, ma si incaglia alla fine nel male, sono inutili tutte le fatiche com piute in passato2 12, trovandosi escluso dalla gara alla fine21 3 del dramma; invece a chi in passato è vissuto peggio e con trascu ratezza è possibile, in seguito, convertendosi, vincere la propria cattiva condotta durata molto tempo con il tempo successivo al la conversione214: 4. è necessaria però grande cura, come ai cor pi debilitati da una lunga malattia è necessaria una dieta e una maggiore terapia. 5. O ladro, vuoi avere il perdono? Non ruba re più215. Chi ha commesso adulterio, non si lasci bruciare dalla passione216; chi ha commesso atti impuri, per il futuro sia puro; chi ha rubato, restituisca e restituisca in eccedenza21 7; chi ha pro ferito falsa testimonianza, si eserciti nella verità; chi è spergiu ro, non giuri più. Taglia via anche le altre passioni21 8, l ' ira, il de siderio, il dolore, la paura, perché, all ' uscita della vita, tu possa trovarti di fronte all ' avversario già liberato su questa terra219• 6. Dunque è forse impossibile eliminare del tutto le passioni che
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resse dall ' isola di Patmos227 ad Efeso, e se ne andava a portare conforto anche nelle terre vicine dei pagani, qui per nominare vescovi, qui per mettere in accordo intere chiese, qui per rice vere una sola delle eredità indicate dallo Spirito. 3. Giunto dun que in una delle città non lontane, della quale alcuni dicono an che il nome228, dopo aver confortato i fratelli, guardò il vesco vo229 che sovrintendeva su tutti, e avendo visto un giovinetto di corporatura robusta, di gradevole aspetto e generoso di spirito, disse: «Questo te lo affido con ogni premura di fronte alla Chie sa e a Cristo testimone» . Quegli accettò e fece le sue promesse e Giovanni ripeté le stesse parole e invocò dei testimoni. 4. Poi tornò ad Efeso, e il presbitero, avendo accolto in casa il giova netto che gli era stato affidato lo nutriva, lo teneva con sé, lo circondava di affetto, e infine lo illuminò230 . E dopo di ciò al lentò la cura e la sorveglianza, dal momento che gli aveva af fiancato il custode perfetto, il sigillo del Signore. S. Ma al gio vane che aveva acquistato l ' indipendenza prima del momento opportuno si avvicinarono per danneggiarlo alcuni coetanei, ignavi e rotti a tutto, usi al male; e dapprima lo condussero tra banchetti sontuosi , poi andando fuori di notte per ruberie lo por tarono con sé, infine ritennero di poter compiere insieme a lui un delitto più grave. 6. E quegli a poco a poco si abituava e a causa della sua natura grande, come un cavallo senza morso e senza briglie che esce dalla retta via, mordendo il freno231 , si tra scinava fortemente nel baratro. 7 E persa del tutto la speranza riguardo alla salvezza in Dio, non pensava più a delitti piccoli, ma avendo commesso un grande delitto, dal momento che era definitivamente perduto, riteneva giusto subire la stessa sorte de gli altri. E avendo preso con sé quegli stessi compagni e aven do raccolto una banda di ladri, era pronto come capobanda, vio lentissimo, sanguinario, crudele. 8. Passò del tempo, ed essen do sopraggiunta una certa necessità, richiamarono Giovanni. E quello, dopo aver sistemato tutte le questioni per le quali era sta to chiamato, disse: «Orsù, vescovo, restituiscici la consegna che io e Cristo ti abbiamo fatto di fronte alla Chiesa testimone, che tu presiedi» . 9. Il vescovo in un primo momento rimase sbi gottito, pensando di essere calunniato per soldi che non aveva ..
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1 03 Mc 1 0,29s. 1 04 Le 14,26.
Mt 5,44; Le 6,27.35. Cfr. Ef 2, 1 .3. 1 07 l Pt 1 ,3. 1 08 Gv 1 0,28. 1 09 Gv 14, 1 8. 1 1 0 Mt 23,9. 1 1 1 Mt 8,22. 1 1 2 Le 9,60. 1 1 3 M t I l ,28ss. 1 14 2Cor 1 2,4. 1 15 l Cor 2,9. 1 16 l Pt 1 , 1 2. 1 1 7 Gv 6,50ss. 1 1 1 Intreccio di numerosi passi : 1 Pt 1 ,3 ; Gv 1 0,28; 1 4,8s; Mt 23,9; 8,22; Le 9,60; Mt 1 1 ,28s; 2Cor 1 2,4; 1 Cor 2,9; 1Pt 1 , 1 2; Gv 6,50s. 1 1 9 L'assenza di invidia nella divinità compare frequentemente in Platone, ad es. Phaedr. 247 A; Resp. V, 476 E; Phaed. 61 D; 1im. 29 E; epist. VII 344 B (si veda C. Nardi, Tradizione subapostolica e motivi platonici in Clemen te Alessandrino, ecl. proph. 27, «Sileno» 1 1 ( 1 985), 9 1 - 1 00). 1 20 Mt 5,29s; Mc 9,43.45.47. 1 2 1 Le 14,26. 1 22 Il testo viene integrato in base a Mc 8,35 (Mt 1 0,39; 1 6,25 ; Le 1 7,33). 123 Mc l 0,30. 124 Mt 4, 1 8.22; Mc 1 , 1 6-20; Le 5, 1 - 1 1 ; Gv 1 ,40-42. 1 25 L'immagine è chiaramente di origine platonica, cfr. ad es. Plat. Phaed. 8 1 A; Resp. I 329 C, ma anche Apol. 30 E; sul tema si veda C. Nardi, Cle mens Alexandrinus (QDS 25.4) Platonis Apologiae (30 E) interpres, «Pro metheus» XV ( 1 989), 207-208. 1 26 Sempre Platone (cfr. Plat. Soph. 252 C) e anche tema biblico (ad es. Rm 7, 1 5-23). 1 27 1 Cor 3 , 1 3 ; 1 Pt 4, 1 2. 1 21 2Cor 4, 1 8. 1 29 Mc 1 0,3 1 . 1 30 Letteralmente «corego» e «prosseno» . Ancora una volta troviamo te stimonianza della solida formazione classica che contraddistingue il pensie ro e lo stile di Clemente. Le due immagini del corego e del prosseno sono infatti tratte dalla cultura greca; esse sono tuttavia utilizzate questa volta in maniera originale e personale, investite di un ruolo negativo, come foriere di morte. 1 3 1 L'espressione, che può risultare di difficile comprensione, si riferisce all'immagine delle corse dei cavalli, che all'interno dell'ippodromo, per gua dagnare spazio, dovevano curvare il piil possibile vicino alla meta (si veda sull'argomento A. Masaracchia, Sul racconto della falsa morte di Oreste, «RCCM» 20 ( 1978), pp. 1 027- 1044 , ora in Riflessioni sull'antico, Roma 1 998, pp. 1 65-1 85, in part. p. 1 7 1 ). Una situazione di questo tipo, illustrata ad esemIOS
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Note al testo - 103-159
pio in Soph. El. 744, è utilizzata da Clemente per rappresentare il massimo impegno del cristiano per raggiungere la salvezza. m Mc 1 0,25. 133 Mt 7, 1 4; Orig. Contra Cels. VI, I6. 134 Si tratta di un'opera perduta di Clemente, riguardo alla quale rinveniamo qualche notizia negli Stromati, e che trattava i principi conoscitivi e antolo gici della realtà della fede e del cristianesimo (Str. III 1 3, 1 ; 2 1 ,2; IV 2, 1 ). l» Mt 22,36-39; Mc 1 2,29-30; Le 1 0,27-28. Questa sezione dell' opera, in centrata sull'amore per Dio e per il prossimo, serve a chiarire ulteriormente la parabola del giovane ricco. Il testo di Luca viene poi esemplificato dalla parabola del buon samaritano, enunciata sinteticamente di seguito. L' unico precetto dell'amore viene suddiviso in due «gradi» di intensità, l'amore per Dio, prima di tutto, che si riflette nell'amore per il prossimo (si veda C. Nar di, Quale ricco si salva ?, op. cit. , p. 23). 1 36 Rm 1 1 ,36. l l7 Le 1 0,27-29. 1 3 8 Viene qui chiaramente introdotta la parabola del buon Samaritano (Le 1 0,30-37). Preliminare alla rapida narrazione è la corretta interpretazione di «prossimo», inteso, contrariamente alla mentalità giudaica, come il «fratel lo», meglio ancora come colui che è partecipe dell'amore di Dio. La vicen da del buon Samaritano è inoltre interpretata in senso cristologico: il Sama ritano è identificato con Cristo, sceso, non per caso, a prendersi cura dell'u manità afflitta. Tale interpretazione prevarrà anche nell'esegesi posteriore (si veda C. Nardi, Quale ricco si salva ?, op. cit. , pp. 23-24). 1 39 Le 1 0,3 1 . 140 Ef 6, 1 2 . 1 1 4 Cfr. Paed. I 1 0 1 , 1 ; Str. II 1 1 9. 142 Mt 3, 1 0; Le 3,9; Paed. II 5 1 ,2. 143 Cfr. Gv 1 5, 1 . 144 Did. 9,2. 1 45 Cfr. Eb 1 , 1 4; Ef 3 , 1 0. 146 Rm 8, 1 9-2 1 . 1 47 Cfr. Gv 14,1 5.23. 148 Mt 7,2 1 . 149 Le 6,46. 150 Mt 1 3 , 1 6s. 1'1 Gv 1 3, 1 7. 1 2 ' Mt 25,34-40. 1'3 Mt 25,4 1 -45. I S4 Mt 1 0,40; Le 1 0, 1 6 1'' In molti passi evangelici vengono usati questi appellativi, ad es. Mc 1 0,24 (figli); Gv 2 1 ,5 (bambini); Mt 1 1 ,25 (infanti); Le 1 2,4 e Gv 1 5 , 1 4 (ami ci); Mt 1 0,42 (piccoli). IS6 Mt 1 8, 1 0. 1'7 Le 1 2,32. 1 '1 Cfr. Mt 1 1 , 1 1 ; Le 7,28. IS 9 Mt 1 0,4 1 s. .
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IL RICCO E LA SALVEZZA
Le 1 6,9. Cfr. At 4,32. 162 2Cor 9,7. 163 Le 6,30. 164 Cfr. Eb 1 2,22. 1 65 Cfr. Mt 23, 1 5 ; si veda anche Xenoph. Ages. 9,3. 1 66 Greg. Naz. Or. 37, 1 1 . 167 Mt 1 0,22 e Mc 1 3, 1 3 . 1 68 Clemente attribuisce impropriamente a Gesà un'espressione che non è attestata nei Vangeli. Clemente infatti tiene presente anche la letteratura di ispirazione biblica non canonica. Attinge ad essa consapevolmente, distin guendo accuratamente tra i quattro Vangeli ufficiali e gli altri (QDS 5 , 1 ) Cfr. J. Ruwet, Les agrapha dans les oeuvres de Clément d'Alexandrie, «Biblica» XXX ( 1 949), pp. 1 33- 1 60; J. Jeremias, Gli agrapha di Gesù, trad. it. Brescia 1 975. C. Nardi suggerisce anche che questo, nella fattispecie, possa essere ccun pensiero riassuntivo di Clemente» (C. Nardi, Clemente di Alessandria. Quale ricco si salva ?, op. cit., p. 1 00 n. 1 45). 169 Mt 7, 1 s ; Le 6,38. 170 Letteralmente «le viscere», espressione utilizzata per indicare la sfera pià intima dell'amore di Dio, e dunque la sua tenerezza. 17 1 Cfr. Gv 14,23. 1 72 Si tratta un'immagine molto frequente nei testi patristici. Si . veda M. G. Bianco, // maligno nella concezione dei Padri della Chiesa (IV- V sec.), in Bessarione. lA cristologia nei Padri della Chiesa, Academia Cardinalis Bessarionis, Quaderno n. 6, Roma 1 988, pp. 23-42. 173 Cfr. 2Cor 4, 7. 174 Si veda anche Str. VI 1 07,2. C. Nardi, Il seme eletto e la maternità di Dio nel Quis dives salvetur di Clemente Alessandrino, «Prometheus» 1 1 ( 1 985), p. 272, fa notare che Clemente, secondo un modo di sentire già pre socratico, ha una concezione «estetica» della vita dei battezzati. Il credente, infatti, per il fatto di credere, diviene «buono e vicino» a Dio. La metafora marina utilizzata per gli eletti fra gli eletti che si trascinano fuori dalla tem pesta del mondo è, come fa notare ancora Nardi, di matrice epicurea. 175 Cfr. lPt 1 ,8. m Mt 5 , 1 4. 1 3. m Si vedano Gn 1 ,26; Str. II 97 , l ; Exc. ex Theod. 26. La terminologia del «seme» utilizzata per indicare gli eletti e del «soggiorno in terra straniera» usata per designare la vita sulla terra nella dimora corruttibile del corpo de riva dal linguaggio degli gnostici. Si veda C. Nardi, Il seme eletto e la ma ternità di Dio nel Quis dives salvetur di Clemente Alessandrino, op. cit. , pp. 160 16 1
.
27 1 -286. 1 78
Tt 1 ,4. Rm 8, 1 7 . 1 10 Secondo il testo dello Scorialensis, nel quale il seme, ovvero i cristia ni, diviene il Logos mediatore. 181 C . Nardi, Il seme eletto e la maternità di Dio nel Quis dives salvetur di Clemente Alessandrino, op. cit., p. 276, fa notare che il termine «seno» 179
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Note al testo - 160-209
(in gr. KOX1Tos, «petto» che allatta) rispetto al Padre aggiunge un carattere «femminile» alla divinità. Si tratterebbe di un ossimoro tipico del linguag gio mistico che procede per paradossi. u 1 Gv 1 , 1 8. 1 83 1 Gv 4,8. 1 6. 1 14 Sebbene è9e> e la sua for tuna si veda C. Nardi, Il racconto del giovane capo dei briganti del Quis di ves salvetur di Clemente Alessandrino negli Atti di Giovanni dello Pseudo Procoro, «Prometheus» 1 5 ( 1 989), pp. 80-90; fondamentale è inoltre id. , Qua le ricco si salva ?, op. cit. , pp. l l 7ss). Secondo Nardi, Quale ricco si salva ?, op. cit. , pp. 1 50ss, nel racconto di Clemente confluiscono numerosi moduli tematici, in parte coevi in parte preesistenti allo sviluppo del testo. Il primo è il motivo, di matrice platonica, della «caccia spirituale» da parte di un sag gio, di cui Socrate è modello, nei confronti di un giovane: si pensi ad es. a
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Note al testo - 210-230
Phaedr. 249A, Charm. 1 53D- 1 58C, 1 75E- 1 76B, Lys. 203A-207B, Euthyd. 2748-D, Thaeet. 1 43E- 1 44A, Aie. I 1 3 1 C- 1 32A, Symp. 1 78C- 1 80B, 1 8 1 C, 1 83E, 1 84C, 2 1 1 8, 25 1 A-222B, in cui, con sfumature diverse, il giovane vie ne ricercato dal sapiente per la cura della sua anima. Alla caccia da parte del saggio corrisponde la fuga da parte del giovane (il giovane brigante inseguito da Giovanni richiama il rapporto di Alcibiade e Socrate). Dobbiamo tuttavia ricordare che, nonostante il chiaro richiamo al modello classico, il rapporto pedagogico tra giovane e maestro è presente anche nell' episodio del giova ne ricco, il quale è definito chiaramente da Matteo in 1 9,20 come veav(aKos, così come appare del resto descritto anche nel QDS. Nardi sottolinea come sia possibile, in generale, una rilettura socratica di tutto il passo: si pensi, ad esempio, al paragone tra il giovane e il cavallo ri belle al morso, cosl familiare alla letteratura platonica (Phaedr. 254D). Ac canto alla tradizione filosofica, è presente anche quella romanzesca e popo lare: il brigante dai nobili sentimenti risulterà infatti assai caro alla fantasia popolare. Rapporto filosofico tra maestro e discepolo e motivo romanzato del buon Iadrone si fondono dunque nel Quis dives. Analogamente, accanto a mo tivi contenutistici, sono presenti, nel nostro passo, anche immagini tipiche della narrazione classica: il racconto infatti si conclude grazie ad un cam biamento di sorte (IJ.E Ta �o À� ) che si verifica mediante un riconoscimento (àvayvwpL) (Mc 10,25). Clemente intende rassicurare il ric co sulla possibilità della salvezza, poiché il semplice fat to di possedere non preclude a nessuno il regno di Dio, ma al contempo desidera scuoterlo, ponendolo di fron te alla responsabilità morale di gestire cristianamen te la ricchezza. L'opera evidenzia la bontà e la positività dei doni di Dio come anche la preminenza dell'uomo rispetto alle cose, la sua personale responsabilità rispetto ai beni che possiede e amministra, così come sono proposte al cri stiano di oggi negli insegnamenti della costituzione pa storale
Gaudium et Spes,
promulgata dal Concilio Va
ticano II. In questa edizione: - studio introduttivo;
- Quis dives salvètur?,
nuova traduzione
italiana con testo a fronte; - note di commento; - indice delle citazioni bibliche.
ISBN 88-21 5-491 5-1
€ 1 1 ,50
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