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Italian Pages 122 Year 2009
PREFAZIONE
Fu Guy de Maupassant, con una lettera al suo editore dall'Algeria, che nel 1884 fece conoscere all'Occidente questo delizioso libro arabo, che era stato scoperto nel 1850 da un ufficiale francese della locale guarnigione, il quale l'aveva tradotto in francese, senza però trovare una tipografia disposta a stamparlo (non dimentichiamo com'era puritana l'Europa nella seconda metà del XIX secolo!). L'ostacolo era stato coraggiosamente superato da quattro ufficiali francesi appassionati di cultura araba, che avevano litografato di nascosto l'opera con le macchine dell'amministrazione francese, ma che furono scoperti quando erano riusciti a stampare solo 35 copie. Fu una di esse che capitò nelle mani di Maupassant, un anno prima che quelle preziose litografie – che oggi costituiscono una delizia per gli antiquari, anche per la presenza di 56 illustrazioni erotiche, di cui 13 fuori testo – fossero riprodotte in facsimile da un'edizione pirata. Tuttavia, le copie stampate da Liseux, l'editore di Maupassant, non furono molte di più: 220. Un'opera come quella non poteva non attirare l'attenzione del grande esploratore e studioso di cose orientali Richard Burton, che la tradusse dal francese e la fece conoscere al mondo anglosassone. Anche se, come abbiamo visto, giunse in Europa con credenziali di tutto rispetto, solo da poco questo trattato arabo sull'amore fisico è uscito dal limbo delle opere proibite, stampate sempre in un numero limitato di copie, accessibili quindi solo a pochi fortunati, che non sempre erano quelli più in grado di capirle, anzi erano spesso solo dei collezionisti di opere pornografiche! Ora il concetto di pornografia è strettamente collegato a quello di peccato, ne è anzi, in pratica, il rovescio della medaglia. Essa, di conseguenza, esiste solo dove e per chi il sesso è peccato. Giustamente, perciò, nessuno si sogna di definire pornografica l'Ars Amandi di Ovidio o il Decameron o i romanzi di Henry Miller, ma a maggior ragione dovrebbe essere così anche per libri, appartenenti a culture lontanissime dalla nostra, che ci sembrano osceni solo perché atti e organi sessuali vi sono nominati con il linguaggio esplicito di chi ignora il peccato. Si può discutere se l'Islam abbia il concetto di peccato come il Cristianesimo e l'Ebraismo, ma ci limitiamo a invitare il lettore a soffermarsi sull'inizio del Giardino profumato: Sia lodato Dio che ha messo il piacere dell'uomo nelle parti naturali della donna e ha assegnato alle parti naturali dell'uomo il compito di dare alla donna il massimo godimento.
Questo è il contrario del peccato, è l'esaltazione del sesso come opera meritoria di Dio! Anche se da un punto di vista maschilista, di un maschilismo così integrale che, più che indignarci, ci fa sorridere. Non si sa molto dello sceicco Nefzaui, l'autore del Giardino profumato, vissuto probabilmente a Tunisi nel XVI secolo. Il cognome.con cui si firma dev'essere derivato dal suo luogo natale, la cittadina di Nefzua nel Sud della Tunisia. C'è anche una leggenda su di lui: essendo Nefzaui molto rinomato come giurista, letterato e medico, il bey di Tunisi volle dargli la carica di cadì, ma il nostro era un uomo schivo che voleva rimanere fuori dalla politica, e chiese al sovrano di rimandare la sua nomina per permettergli di finire il libro che stava scrivendo. Incuriosito, il bey volle sapere come fosse questo libro e, saputolo, decise che non era il caso di nominare cadì il suo autore. Gli studiosi, veri frantumatori di leggende, hanno naturalmente distrutto anche questa, mettendo in evidenza un sacco di contraddizioni. Peccato, perché con un libro come questo una leggenda ci stava proprio bene! G. GELATO
INTRODUZIONE OSSERVAZIONI GENERALI SUL COITO Sia lodato Dio che ha messo il piacere dell'uomo nelle parti naturali della donna e ha assegnato alle parti naturali dell'uomo il compito di dare alla donna il massimo godimento. Egli non ha permesso alle parti della donna alcuna sensazione piacevole o soddisfacente se non quando esse non sono state penetrate dall'organo del maschio; e allo stesso modo gli organi sessuali dell'uomo non conoscono riposo né quiete finché non hanno penetrato quelli della donna. Da qui la mutua operazione. Essa si svolge tra i due attori che lottano, si allacciano, in una specie di animato conflitto. Grazie al contatto delle parti inferiori dei due ventri, il piacere divampa subito. L'uomo è all'opera come un pestello, mentre la donna lo asseconda con movimenti voluttuosi; infine giunge l'eiaculazione. Il bacio sulla bocca, sulle guance, sul collo, come pure il succhiare fresche labbra, sono doni di Dio, destinati a causare l'erezione al momento favorevole. E’ stato ancora Dio che ha abbellito il petto della donna con i seni e ha dato colori vivi alle sue guance. Le ha anche dato degli occhi che ispirano amore e ciglia simili a lame lucenti. Le ha fornito un ventre rotondo, un bell'ombelico, delle maestose natiche; e tutte queste meraviglie sono sostenute dalle cosce. E tra queste che Dio ha messo l'arena del combattimento; quando essa è di forme abbondanti, somiglia alla testa di un leone. E chiamata vulva. O, quanti eroi! Dio ha dato a questo oggetto una bocca, una lingua, due labbra; sembra l'orma dello zoccolo della gazzella sulla sabbia del deserto. Il tutto è sorretto da due stupende colonne, che dimostrano la potenza e la saggezza di Dio; esse non sono né troppo lunghe né troppo corte; e sono abbellite da ginocchia, polpacci, caviglie e calcagni, su cui si mettono ricchi monili. Poi l'Onnipotente ha immerso la donna in un mare di splendori, voluttà e delizie, di preziosi indumenti, con cinture scintillanti e vesti che suscitano il sorriso. Dunque lodiamoLo ed esaltiamoLo per aver creato la donna, con le sue bellezze e il suo corpo appetitoso; Egli le ha dato la lunga chioma, un petto con i seni rigonfi e modi amorosi, che risvegliano il desiderio. Il Signore dell'Universo ha dato loro l'impero della seduzione; tutti gli uomini, deboli o forti, sono soggetti alla debolezza dell'amore per la donna. Lo stato di malinconia in cui versano gli animi di coloro che amano e sono separati dall'oggetto amato fa ardere i loro cuori del fuoco amoroso; sono oppressi da un
senso di avvilimento e infelicità; soffrono nelle vicissitudini della passione; e tutto ciò a causa del loro ardente desiderio di contatto. Io, servo di Dio, lo ringrazio che nessuno possa evitare d'innamorarsi delle belle donne né sfuggire al desiderio di possederle, né con il mutamento, né con la fuga, né con la separazione. Testimonio che esiste un solo Dio e che non ha nessuno al suo fianco. Compirò questa testimonianza il giorno dell'ultimo giudizio. Testimonio anche al nostro signore e padrone, Maometto, servo e ambasciatore di Dio, il maggiore dei profeti (la benedizione e la pietà del Signore siano su di lui, sui suoi discendenti e i suoi discepoli!) che io serbo preghiere e benedizioni per il giorno del giudizio, quel momento terribile. Ho scritto questa magnifica opera dopo un libretto intitolato La torcia del mondo, che tratta i misteri della procreazione. Quest'ultima opera venne a conoscenza del Visir del nostro signore Abd-elAziz, sovrano di Tunisi. L'illustre Visir era il suo poeta, il suo compagno, il suo amico e il suo segretario privato. Dava buoni consigli, era sincero, sagace e saggio, l'uomo più colto del suo tempo e ben edotto in tutte le cose. Si chiamava Mohammed ben Ouana ez Zonaoui ed era originario di Zanaoua. Era stato allevato ad Algeri ed era in quella città che il nostro signore Abd-el-Aziz el Mafsi l'aveva conosciuto. Il giorno in cui Algeri fu conquistata il sovrano riparò con lui a Tunisi (possa Iddio conservare questa terra in suo potere fino al giorno della resurrezione) e lo nominò suo Gran Visir. Quando il libro citato giunse nelle sue mani, egli mi mandò a chiamare, sollecitandomi ad andare da lui. Io andai subito a casa sua ed egli mi ricevette molto onorevolmente. Tre giorni dopo venne da me e, mostrandomi il mio libro, disse: «Questa è opera tua». Io arrossii ed, essendosene accorto, egli aggiunse: «Non devi vergognarti; tutto ciò che dici qui è vero; nessuno può scandalizzarsi delle tue parole. Inoltre, non sei il primo ad avere trattato questa materia; e io giuro su Dio che è necessario conoscere questo libro. Solamente il pedante senza vergogna e il nemico di tutta la scienza non lo leggera o lo deriderà. Ma vi sono altre cose di cui tu devi ancora scrivere». Io gli domandai quali fossero ed egli rispose: «Vorrei che tu aggiungessi all'opera un supplemento, in cui si parli dei rimedi non trattati e aggiungendo tutti i fatti rilevanti, senza omettere nulla. Descriverai in esso i motivi dell'atto della procreazione, come pure ciò che lo impedisce. Parlerai dei mezzi per rimuovere gli ostacoli e il modo di aumentare la grossezza del membro virile, quando è troppo piccolo, e di renderlo splendido. Citerai poi i mezzi per eliminare gli odori sgradevoli dalle ascelle e dalle parti naturali delle donne, e quelli per restringere l'organo femminile. Inoltre parlerai della gravidanza, così da rendere il tuo libro perfetto e in nulla manchevole. E, infine, tu avrai compiuto la tua opera, se il tuo libro soddisferà tutti i desideri». Io risposi al Visir: «O, mio signore, tutto ciò che ora hai detto non è difficile da fare, se piace a Dio nell'alto dei cieli».
Quindi mi accinsi immediatamente a scrivere questo libro, implorando l'assistenza dell'Onnipotente (possa egli riversare le sue benedizioni sul suo profeta e possano la felicità e la pietà essere con lui). Ho intitolato quest'opera per la ricreazione dell'anima (Er Roud el Ater p'nezaha el Khater). E preghiamo il Signore dell'Universo (ed egli è il solo Dio e non v'è nulla di buono che non venga da lui) di concederci il Suo aiuto e di guidarci sulla buona strada; poiché non c'è potere né gioia che nell'alto e potente Iddio. Ho diviso questo libro in ventun capitoli, per agevolarne la lettura al taleb (studente) che desidera imparare e per facilitare la sua ricerca. Ogni capitolo tratta di un argomento particolare che può essere anatomico, o aneddotico, o riguardare le astuzie e gli inganni delle donne.
CAPITOLO I DEGLI UOMINI DEGNI DI LODE Sappi, o Visir (la benedizione di Dio sia su dite), che esistono diversi generi di uomini e donne; e fra questi alcuni sono degni di lode, mentre altri sono da biasimare. Quando un uomo degno di lode si trova vicino alle donne, il suo membro s'ingrossa, diventa forte, vigoroso e duro; non eiacula rapidamente e, dopo la tempesta provocata dall'emissione dello sperma, presto s'indurisce ancora. Un uomo simile piace ed è apprezzato dal sesso femminile, perché la donna ama l'uomo soltanto in funzione del coito. Per questo il suo membro dovrebbe essere di notevoli dimensioni e lunghezza. Quest'uomo dovrebbe avere il petto largo e le natiche grosse; dovrebbe essere capace di regolare la sua emissione e venir facilmente eccitato; il suo membro dovrebbe raggiungere il fondo del canale femminile e riempirlo completamente in ogni sua parte. Costui sarebbe amato dalle donne, poiché, come dice il poeta: Ho visto le donne cercare nei giovani Le durevoli doti che danno all'uomo una piena potenza, La bellezza, il piacere, la riservatezza, la forza, Il membro ben fatto che assicura un coito prolungato, Natiche pesanti, un'emissione lenta a venire, Petto leggero, come se fluttuasse su di esse; Tarda l'eiaculazione dello sperma, Così da permettere un lungo godimento. Il membro è subito pronto per una nuova erezione, Per riempire ancora e ancora le loro vulve, Questo è l'uomo la cui devozione dà piacere alle donne E che sarà sempre alto nella loro stima. LE QUALITÀ CHE LE DONNE CERCANO NEGLI UOMINI Si racconta che, un giorno, Abd-el-Melik ben Merouane andò a trovare Leila, la sua amante, e le fece svariate domande. Fra l'altro, le chiese quali fossero le doti che le donne cercano negli uomini. Leila rispose:
O, mio signore, dovrebbero avere guance come le tue, e capelli come i tuoi, e insomma essere come te, principe dei credenti, poiché, di certo, l'uomo che non è forte e ricco non otterrà nulla dalle donne. VARIE LUNGHEZZE DEL MEMBRO VIRILE Il membro virile, per piacere alle donne, deve essere lungo non più di dodici pollici, o tre palmi, e non meno di sei pollici, o un palmo e mezzo. Vi sono uomini con membri di dodici pollici, o tre palmi; altri con membri di dieci pollici, o due palmi e mezzo. Altri ancora di otto pollici, o due palmi. Un uomo col membro di dimensioni inferiori non può soddisfare le donne. L'USO DEI PROFUMI NEL COITO. LA STORIA DI MOSSAILAMA L'uso dei profumi, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, eccita l'atto della copulazione. La donna sentendo quelli usati dall'uomo, se ne inebrierà; ed essi hanno spesso fornito un forte appoggio all'uomo, favorendolo nel prendere possesso di una donna. A questo proposito si racconta di Mossailama, l'impostore, figlio di Kaiss (che Dio lo maledica!), il quale pretendeva d'avere il dono della profezia e imitava il Profeta di Dio (benedizioni e salve a lui). Per questo egli e un gran numero di arabi incorsero nell'ira dell'Onnipotente. Mossailama, figlio di Kaiss, l'impostore, maliterpretò il Corano con le sue menzogne e i suoi inganni riguardo a un capitolo del Libro, che l'angelo Gabriele (Ave!) aveva rivelato al Profeta (la misericordia di Dio e salute a lui), gente di cattiva fede andò a trovare Mossailama, il quale disse: «Anche a me l'angelo Gabriele ha rivelato un capitolo simile». Egli derideva ii capitolo intitolato «L'Elefante», dicendo: «Nel capitolo 'L'Elefante' io vedo l'elefante. Cos'è l'elefante? Cosa significa? Cos'è questo animale? Ha una coda e un lungo tronco. Certamente è una creazione del nostro Dio, il magnifico». Anche il capitolo dal titolo «Kouter» fu oggetto di controversia. Egli disse: «Ti abbiamo dato pietre preziose e la preferenza su ogni altro uomo, ma bada di non inorgoglirtene». Così Mossailama pervertì vari capitoli del Corano con le sue menzogne e imposture. Stava facendo il suo lavoro quando sentì parlare del Profeta (salute e la misericordia di Dio a lui). Seppe che, quando metteva le sue venerabili mani su una testa calva, i capelli crescevano immediatamente; quando sputava in un pozzo, l'acqua veniva in abbondanza, mentre l'acqua sporca diventava subito chiara e buona da bere; quando sputava in un occhio cieco ed offuscato, esso riacquistava subito la vista e quando poneva le mani sul capo d'un bambino, dicendo: «Vivi un secolo», il piccolo viveva per raggiungere i cento anni. Quando i discepoli di Mossailama videro queste cose o ne sentirono parlare,
andarono da lui e dissero: «Hai saputo di Maometto e delle sue imprese?» Egli ribatté: «Io farò meglio». Ma Mossailama era un nemico di Dio e, quando mise la sua infausta mano sulla testa di un uomo con pochi capelli, questi divenne subito completamente calvo; quando sputò in un pozzo con poca acqua, ma dolce questa divenne subito sporca per volontà dell'Onnipotente; quando sputò in un occhio malato, esso perdette subito la vista e quando mise la mano sulla testa di un bambino dicendo: «Vivi cento anni», il piccino morì entro un'ora. Vedete, fratelli, cosa succede a coloro che chiudono gli occhi alla luce, venendo privati dell'aiuto dell'Onnipotente! E queste furono le azioni di una donna chiamata Chedjâ el Temimia, della tribù Beni-Temim, la quale pretendeva di essere una profetessa. Ella aveva sentito parlare di Mossailama, e lui di lei. Quella donna era potente, perché i BeniTemim formano una tribù numerosa. Ella disse: «Il dono della profezia non può appartenere a due persone. O costui è un profeta, e allora io e i miei discepoli seguiremo le sue leggi, o io sono una profetessa, e allora egli e i suoi discepoli seguiranno le mie». Questo avveniva dopo la morte del Profeta (salve e misericordia di Dio a lui). Quindi Chedjâ scrisse a Mossailama una lettera, in cui gli diceva: «Non è conveniente che due persone contemporaneamente professino la profezia; a uno solo è dato di essere profeta. Dunque c'incontreremo, noi e i nostri discepoli, per esaminarci l'un l'altra. Discuteremo su ciò che ci viene da Dio (il Corano) e ubbidiremo le leggi di quello che sarà riconosciuto il vero profeta». Poi chiuse la lettera e la diede a un messaggero, dicendogli: «Porta questa lettera a Yamama e consegnala a Mossailama ben Kaiss. Io ti seguirò con l'esercito». L'indomani Chedjâ montò in sella, con la sua cavalleria, e seguì le ombre del suo inviato. Quando quest'ultimo giunse da Mossailama, gli rese omaggio e gli consegnò la lettera. Mossailama l'aprì e la lesse, comprendendone il contenuto. Ne fu molto stupito e cominciò a discutere con gli uomini del suo gum, uno dopo l'altro, ma non trovò nulla nel loro consiglio e nelle loro opinioni che potesse trarlo d'impaccio. Mentre era così perplesso, uno dei superiori del suo gum si fece avanti e gli disse: «Oh Mossailama, calma la tua anima e raffredda i tuoi occhi. Io ti darò il consiglio d'un padre al figlio». Mossailama disse: «Parla, e possano le tue parole essere sincere». E l'altro riprese: «Domattina pianta fuori della città una tenda di broccato multicolore e forniscila con arredi di seta d'ogni sorta. Riempila di molti profumi diversi, rosa, fior d'arancio, giunchiglia, gelsomino, giacinto, garofano, e di piante fragranti. Quindi facci portare parecchi incensieri d'oro pieni di aloe verde, ambra grigia, nedde e così via. Appendili in modo che nemmeno un alito di questi profumi possa uscire dalla tenda. Quando ti pare che il vapore sia abbastanza forte da impregnare l'acqua, siediti sul tuo trono, manda a chiamare la profetessa e falla entrare nella tenda, dove resterà sola con te. Quando sarete così insieme e lei inalerà i tuoi profumi, ne trarrà grande diletto, tutto il suo
corpo si rilascerà dolcemente e infine sentirà un grande languore. Quando la vedrai in questo stato, chiedile di concederti i suoi favori. Ella non esiterà a offrirsi e, una volta che l'avrai posseduta, ti sarai tolto dall'imbarazzo causato da lei e dal suo gum». Mossailama esclamò: «Hai parlato bene! Com'è vero che Dio vive, il tuo consiglio è buono e ben pensato». Quindi organizzò ogni cosa. Quando vide che il vapore profumato era abbastanza denso nella tenda da impregnare l'acqua, sedette in trono e mandò a chiamare la profetessa. Quando questa arrivò, diede ordine di farla entrare; lei entrò e rimase sola con lui. Egli la fece conversare. Mentre Mossailama parlava, Chedjâ perdette tutta la sua presenza di spirito, diventando impacciata e confusa. Quando la vide in questo stato, egli capì che desiderava l'amplesso e disse: «Vieni, alzati e lascia che io ti possieda; questo posto è stato preparato proprio per questo. Se vuoi puoi giacere sulla schiena, oppure metterti carponi, o inginocchiarti come in preghiera, con la fronte che tocca il suolo e le natiche all'aria, formando un tripode. Di' quale posizione preferisci e sarai soddisfatta». La profetessa rispose: «Voglio farlo in tutti i modi. Lascia che la rivelazione divina scenda su di me, o Profeta dell'Onnipotente». Subito egli si buttò su di lei e se la godette come voleva. Dopo ella gli disse: «Quando me ne sarò andata di qui chiedimi in matrimonio al mio gum». Quando uscì dalla tenda e incontrò i suoi discepoli, questi le domandarono: «Qual è l'esito del colloquio, profetessa di Dio?» ed ella rispose: «Mossailama mi ha mostrato la rivelazione che ha avuto e io reputo che sia la verità, quindi obbeditelo.» Poi Mossailama chiese Chejdâ al suo gum in matrimonio, che gli fu concesso. Quando il gum s'informò riguardo alla dote della futura sposa, egli rispose: «Vi esimo dal dire la preghiera del pomeriggio 'aceur'». Ed è da quel tempo che i Beni-Temim non pregano a quest'ora; se li si interroga in proposito, rispondono: «è per la nostra poetessa, ella sola conosce la via della verità», poiché non hanno riconosciuto nessun altro profeta. A questo proposito un poeta ha detto: Per noi è sorto un profeta femmina; Solo le sue leggi seguiamo; per il resto dell'umanità Sono apparsi soltanto profeti maschi. La morte di Mossailama era stata predetta nella profezia di Abou Beker (che Dio sia buono con lui). Infatti egli fu ucciso da Zeid ben Khettab. Altri dicono che a togliergli la vita fu Uhcha, uno dei suoi discepoli. Dio solo sa se fu quest'ultimo. Egli stesso dice: «Nella mia ignoranza ho tolto la vita al migliore degli uomini, Haman ben Abd el Mosaleb, poi ho ucciso il peggiore. Spero che Dio perdonerà una di queste azioni grazie all'altra». Il significato delle parole «ho tolto la vita al migliore degli uomini» è che Uhcha, prima di conoscere il Profeta, aveva ucciso Hamza (che Dio sia buono con lui) e, avendo in seguito
abbracciato l'islamismo, uccise Mossailama. Quanto a Chedjâ el Temimia, per grazia di Dio si pentì ed accolse la fede islamica; sposò uno dei seguaci del Profeta (che Dio sia buono con suo marito). Così termina la storia. L'uomo che merita favori è, agli occhi delle donne, quello ansioso di soddisfarle. Deve essere di bella presenza, superare in attrattiva tutti quelli che lo circondano, essere ben formato e proporzionato; sincero nel parlare alle donne; inoltre generoso e pieno di coraggio, non vanaglorioso e di piacevole conversazione. Vincolato alla sua parola, deve sempre mantenere le sue promesse, dire la verità e fare ciò che ha detto. L'uomo che si vanta delle sue relazioni con le donne, della loro familiarità e simpatia verso di lui, è un vigliacco. Di questo tipo parleremo nel prossimo capitolo. Si narra che un tempo vivesse un sovrano di nome Mamun, che aveva un buffone di corte chiamato Bahlul, il cui compito era di divertire i principi e i Visir. Un giorno questo buffone apparve dinnanzi al re, il quale si stava svagando. Il re lo invitò a sedersi, poi gli chiese: «Come mai sei venuto, figlio d'una donna di malaffare?» Bahul rispose: «Vengo a vedere come sta il nostro Signore, che Dio gli dia la vittoria». «E tu come te la passi», replicò il re, «e come vanno le cose con la tua vecchia e la tua nuova moglie?» Poiché Bahlul , non contento di una sola consorte, ne aveva preso una seconda. «Non sono felice,» egli rispose, «né con la vecchia, né con la nuova; inoltre la povertà mi opprime.» Il re disse: «Conosci qualche verso in proposito?» Il buffone rispose di sì, e Mamun gli ordinò di recitare quelli che conosceva e Bahlul cominciò come segue: La povertà mi tiene in catene; la miseria mi tormenta: Sono oppresso da tutte le sventure; La sfortuna mi getta in avversità e pericoli, E attira su di me il disprezzo degli uomini. Dio non aiuta una povertà come la mia, Che è riprovevole agli occhi di tutti. Da molto tempo sventura e miseria Mi tengono stretto; e per certo La mia crescente famiglia presto non mi vedrà più. «Dove te ne andrai?» domandò Mamun. Il buffone rispose: «Da Dio e dal suo Profeta, o principe dei credenti». «Questo è bene», disse il re, «quelli che cercano rifugio in Dio e nel suo Profeta, e poi in noi, saranno i benvenuti. Ma adesso sai dirmi qualche altro verso sulle tue due moglie e come te la passi con loro?» «Certo» disse Bahlul . «Facci dunque sentire ciò che hai da dire!» Allora Bahlul cominciò:
A causa della mia ignoranza ho sposato due mogli... E perché ti lamenti, o marito di due mogli? Dicevo a me stesso, sarò tra loro come un agnello; Prenderò il mio piacere sui seni di due pecore. Ma ora sono diventato un montone tra due fernmine di sciacallo, I giorni seguono ai giorni, le notti alle notti, E giorno e notte il loro giogo mi schiaccia. Se sono gentile con una, l'altra s'adira. Così a quelle furie io non posso sfuggire. Se vuoi vivere bene e col cuore libero, Non a pugni stretti, allora non sposarti. Ma se devi farlo, non prendere più di una moglie: Una sola basta a soddisfare due eserciti. Udendo queste parole, Mamun scoppiò a ridere, fin quasi a rovesciarsi sui cuscini. Poi, come prova della sua gentilezza, diede a Bahlul la sua veste d'oro, un indumento bellissimo. Di ottimo umore, Bahlul andò a casa del Gran Visir. Proprio allora Hamdonna guardò dall'alto del suo palazzo in quella direzione e lo vide. «Per il Dio del tempio della Mecca!» disse alla sua negra. «C'è Bahlul con una bellissima veste intessuta d'oro! Come posso venirne in possesso?» «Ah, padrona,» disse la negra, «non potete pensare di riuscirci!» Hamdonna replicò: «Mi è venuto in mente un trucco per riuscire nel mio scopo e avrò quella veste da lui». «Bahlul è un uomo scaltro,» ribatté la negra. «La gente in genere crede di poterlo ingannare, ma, per Dio, in realtà è Bahlul a prenderli in giro. Rinunciate all'idea, padrona mia, e state attenta a non cadere nella trappola che intendete disporre per lui». Ma Hamdonna disse di nuovo: «Devo provarci!». Poi mandò la sua negra da Bahlul, con l'invito a recarsi da lei. Egli disse: «Per la benedizione dell'Onnipotente, se qualcuno ti chiama, tu devi rispondere» e andò da Hamdonna. Ella gli diede il benvenuto e disse: «O, Bahlul , immagino tu venga per sentirmi cantare». «Certamente, mia signora!» disse lui. «Voi avete un dono meraviglioso per il canto». «Penso anche che dopo aver ascoltato le mie canzoni, ti piacerà un rinfresco.» «Sì» disse Bahlul. Allora ella cominciò a cantare così bene, da far morire d'amore quanti l'ascoltavano. Dopo che Bahlul ebbe udito il suo canto, fu servito il rinfresco, ed egli mangiò e bevve. Poi lei gli disse: «Non so perché, ma penso che saresti contento di toglierli la veste, per donarmela. » E Bahlul rispose: «O, mia signora! Io ho giurato di darla a quella con cui avrei fatto quello che un uomo fa con una donna.» «Ma lo sai cos'è, Bahlul?» disse Hamdonna. «Se lo so?» replicò lui. «Io, che istruisco le creature di Dio in quell'arte? E il sottoscritto che li fa accoppiare nell'amore, li inizia ai piaceri che una femmina
può dare, insegna loro come bisogna accarezzare una donna, cosa che la ecciterà e la soddisferà. Oh, mia signora, chi dovrebbe conoscere l'arte del coito, se non Bahlul?» Hamdonna era figlia di Mamun e moglie del Gran Visir. Era dotata della più perfetta bellezza; una figura superba e forme armoniose. Nessuna nel suo tempo la superava in grazia e perfezione. Degli eroi, avendola vista, diventavano umili e sottomessi, e abbassavano lo sguardo al suolo per paura della tentazione, tanti erano gli incanti e le attrattive che Dio aveva riversato su di lei. Quelli che osavano guardarla rimanevano turbati nella mente e, o, quanti eroi si misero in pericolo per lei. Proprio per questa ragione Bahlul aveva sempre evitato d'incontrarla, temendo di soccombere alla tentazione; e, per paura di perdere la serenità della sua mente, fino ad allora non era mai stato in sua presenza. Bahlul cominciò a conversare con lei. La guardò e ben presto abbassò gli occhi a terra, temendo di non poter controllare la sua passione. Hamdonna ardeva dal desiderio di avere la veste e lui non l'avrebbe ceduta senza che gli venisse pagata. «Che prezzo chiedi?» domandò Hamdonna. Ed egli rispose: «L'amplesso, o pupilla dei miei occhi.» «Ma tu lo sai cos'è, Bahlul?» ella disse. «Per Dio,» gridò lui, «nessuno conosce le donne meglio di me; esse sono l'occupazione della mia vita. Nessuno ha studiato più di me tutto quanto le riguarda; poiché sappi, mia signora, che gli uomini scelgono occupazioni diverse a seconda delle loro inclinazioni. L'uno prende, l'altro dà; questo vende, quello compra. Il mio unico pensiero è l'amore e il possesso delle belle donne. Io curo quelle che sono malate d'amore e do sollievo alle loro vagine assetate.» Hamdonna rimase sorpresa da queste parole e dalla dolcezza del linguaggio di lui. «Conosci qua!che verso su questo argomento?» domandò. «Certamente,» egli rispose. «Molto bene, Bahlul, fammeli sentire.» E Bahlul cominciò come segue: Gli uomini si dividono secondo le loro faccende e attività; Alcuni sono sempre lieti e di buon umore, altri in lacrime. Vi sono quelli la cui vita è inquieta e piena d'infelicità, E quelli che, invece, sono immersi nella buona fortuna, Sempre sulla via della fortuna e favoriti in ogni cosa. Io solo a tutto ciò sono indifferente. Che m'importa dei turcomanni, dei persiani e degli arabi? La mia sola ambizione sta nell'amore e nel coito con le donne, Non v'è dubbio, no, né errore in questo! Quando il mio membro è senza vulva, il mio stato diventa terribile E il mio cuore brucia d'un fuoco inestinguibile. Guarda il mio membro eretto! Eccolo qua: ammira la sua bellezza!
Esso placa la vampa d'amore e spegne le fiamme più ardenti Col suo movimento, dentro e fuori, fra le tue cosce. O, mia speranza e mia luce, o, mia nobile e generosa signora, Se una volta non basta a spegnere la tua fiamma, Io lo farò di nuovo, fino a darti soddisfazione; Nessuno potrebbe rimproverarti, poiché tutti lo fanno. Ma se decidi di respingi rmi, allora mandami via! Cacciami dalla tua presenza senza timore o rimorso! Rifletti invece e parla, non aumentare la mia pena, Ma, in nome di Dio, perdonami e non sgridarmi. Finché sono qui, le tue parole siano gentili e clementi. Non farle cadere su di me, appuntite e taglienti come spade. Lascia che io mi avvicini a te e non respingermi. Lascia che io venga a te come chi porta da bere all'assetato; Affrettati a offrire ai miei occhi la vista dei tuoi seni. Non negarmi le gioie d'amore e non far la scontrosa. Datti a me: non ti metterà mai nei guai, Neppure se tu dovessi riempirmi di malanni. Sempre rimarrò quale sono, e tu quale sei, Sapendo ch'io sono il servo e tu la signora. E il nostro amore sarà velato? Esso rimarrà sempre nascosto, Poiché io manterrà il segreto e sarò muto quasi avessi un bavaglio. Ogni cosa avviene per volontà di Dio. Ed Egli mi ha riempito d'amore; ma oggi La mia fortuna è contraria. Ascoltandolo, Hamdonna quasi sveniva e non poteva staccare gli occhi dal membro di Bahlul , che si rizzava come una colonna tra le sue cosce. Ora si diceva: «Mi darò a lui», ora: «No, non lo farò». In quest'incertezza, sentiva un gran desiderio di piacere nel profondo delle parti intime ed esse secernevano un fluido che è il battistrada dell'amore. Allora lei non lottò più contro il proprio desiderio di accoppiarsi con lui e si rassicurò pensando: «Se questo Bahlul , dopo aver goduto con me, dovesse divulgare la cosa, nessuno crederebbe alle sue parole». Dunque gli chiese di togliersi la veste e di andare in camera sua, ma Bahlul rispose: «Non mi svestirò finché non avrò soddisfatto il mio desiderio, o pupilla dei miei occhi». Allora Hamdonna si alzò, tremando d'eccitazione per ciò che sarebbe avvenuto; si slacciò la cintura e lasciò la stanza, con Bahlul dietro a lei che pensava: …Sono davvero sveglio, oppure questo è un sogno?» Egli seguì Hamdonna fino al suo boudoir, dove lei si gettò su un divano di seta, che era arrotondato alla sommità come una volta, sollevò le vesti sulle cosce, tremando in ogni fibra, e tutta la bellezza che Dio le aveva dato fu tra le braccia di Bahlul. Bahlul guardò il ventre di Hamdonna, rotondo come un'elegante cupola, i suoi
occhi indugiarono sull'ombelico che era come una perla in una coppa d'oro; e scendendo più in basso c'era un mirabile capolavoro di natura ed egli fu sbalordito dalla bianchezza e dalla forma delle sue cosce. Quindi strinse Hamdonna in un appassionato abbraccio e ben presto vide il volto di lei perdere ogni vivacità, tanto da sembrare quasi priva di sensi. Aveva perduto la testa. Tenendo il membro di Bahlul tra le mani, lo stimolava ed eccitava sempre di più. Bahlul le disse: «Come mai ti vedo così turbata e fuori dite?» E lei rispose: «Lasciami, figlio di donna scostumata! Dio, sono come una cavalla in calore e tu continui a eccitarmi sempre di più con le tue parole, e che parole! Metterebbero il fuoco in corpo a qualsiasi donna, fosse anche l'essere più puro del mondo. Vuoi proprio farmi morire con i tuoi discorsi e i tuoi versi». Bahlul replicò: «Allora non sono come tuo marito?» «Sì,» disse lei, «ma una donna si eccita per l'uomo, come una giumenta per il cavallo, che egli sia suo marito o no; con la differenza, però, che la giumenta va in calore soltanto in certi periodi dell'anno e soltanto allora si fa montare dallo stallone, mentre una donna può sempre essere eccitata da parole amorose. Entrambe queste cose si sono verificate in me e, dato che mio marito è assente, fai in fretta, poiché presto sarà di ritorno.» Bahlul rispose: «Oh, mia signora, i lombi mi fanno male e m'impediscono di venirti sopra. Assumi la posizione dell'uomo, poi prendi la mia veste e lasciami andare». Quindi egli si distese nella posizione che assume la donna quando si fa possedere da un uomo; e il suo membro si rizzava come una colonna. Hamdonna si gettò su Bahlul, prese il membro in mano e cominciò a guardarlo. Rimase stupefatta dalle sue dimensioni, dalla sua forza, dalla sua durezza ed esclamò: «Ecco qui la rovina di tutte la donne e la causa di molti malanni. Oh, Bahlul! Non ho mai visto un membro più bello del tuo!» Continuò a tenerlo in mano e a strofinare la punta contro le labbra della vulva, finché questa sembrò gridare: «O membro, vieni dentro di me». Allora Bahlul lo inserì nella vagina della figlia del Sultano, e Hamdonna, sistemandosi sul membro di lui, gli permise di penetrare interamente nella sua fornace, finché non si poté vedere nulla di esso, non la minima traccia, e disse: «Quanto lussuriosa Dio ha fatto la donna, e com'essa è infaticabile nella ricerca dei suoi piaceri!» Poi cominciò a danzare su e giù, muovendo il sedere come un setaccio, a destra e a sinistra, avanti e indietro; non ci fu mai una danza come quella. La figlia del sultano continuò la sua cavalcata sul membro di Bahlul finché venne il momento del piacere e la contrazione della vulva parve pompare il membro come per suzione; proprio al modo in cui un neonato succhia il capezzolo della madre. L'orgasmo giunse per entrambi contemporaneamente e ciascuno si prese il suo piacere con avidità. Poi Hamdonna afferrò il membro e lentamente lo tirò fuori, dicendo: «Questa è stata l'impresa di un uomo vigoroso». Poi si asciugò le parti intime con un fazzoletto di seta e si levò.
Anche Bahlul si alzò, preparandosi ad andarsene, ma lei disse: «E la veste?» «Come, mia signora! » ribatté lui. «Tu mi hai montato e adesso vuoi un regalo?» «Ma,» disse lei, «non mi avevi detto di non potermi montare perché ti dolevano i lombi?» «Non importa,» disse Bahlul. «La prima volta è stato il tuo turno, la seconda sarà il mio, il prezzo sarà la veste e io poi me ne andrò.» Hamdonna pensò fra sé: «Dato che ha cominciato può anche continuare; poi andrà via». Quindi si distese, ma Bahlul disse: «Non mi congiungerò a te a meno che non ti svesti completamente». Allora si denudò e Bahlul andò in estasi vedendo la bellezza e la perfezione delle sue forme. Guardò le sue magnifiche cosce e il suo ombelico incavato, il ventre a volta, i seni opulenti che si ergevano come giacinti. Il collo era come quello di una gazzella, l'apertura della bocca come un anello, le labbra fresche e rosse erano simili a una sciabola insanguinata. I denti si sarebbero confusi con delle perle e le guance con delle rose. Gli occhi erano neri e dal bel taglio, le sopracciglia d'ebano sembravano degli arabeschi tracciati dalla mano di un abile calligrafo. La fronte era come la luna piena nella notte. Bahlul cominciò ad abbracciarla, a succhiare le sue labbra e baciare i suoi seni; prese dalla sua bocca la saliva fresca, le morse le cosce. E andò avanti così finché lei parve quasi venire e riusciva a stento a balbettare, e i suoi occhi si velarono. Allora le baciò la vulva, mentre lei se ne stava completamente immobile. Egli guardò con amore le parti segrete di Hamdonna, abbastanza belle per attirare ogni sguardo sul loro centro purpureo. «O, la tentazione dell'uomo!» esclamò, e di nuovo la copri di morsi e baci, finché il desiderio di lei raggiunse l'apice. Respirando affannosamente, ella afferrò il membro e lo fece sparire nella sua vagina. Allora egli si mosse rapido ed ella rispose ardentemente, finché un travolgente orgasmo calmò nello stesso istante il loro fervore. Quindi Bahlul uscì da lei e asciugò il proprio pestello e il suo mortaio, preparandosi ad andarsene. Ma Hamdonna disse: «Dov'è la veste? Mi prendi in giro, Bahlul?» E questi replicò: «O, mia signora, mi separerò da essa soltanto a una condizione. Tu hai avuto il tuo ed io il mio. La prima volta è stata per te, la seconda per me; adesso la terza volta sarà per la veste». Detto questo, se la tolse, la piegò e la mise nelle mani di Hamdonna, la quale essendosi alzata, si sdraiò di nuovo sul divano e disse: «Fai ciò che vuoi!» Allora Bahlul si gettò su di lei e con una sola spinta seppellì completamente il membro nella sua vagina; poi cominciò a lavorarla come un pestello ed ella mosse le natiche, finché di nuovo entrambi furono travolti contemporaneamente dal piacere. Allora si alzò, lasciò la veste e se ne andò. La negra disse ad Hamdonna: «Ah, mia signora, non è come vi avevo detto? Bahlul è un uomo perfido e voi non potevate avere la meglio su di lui. Lo considerano uno di cui beffarsi, ma, davanti a Dio, è lui a beffarsi di loro. Perché non avete voluto credermi?» Hamdonna si volse verso di lei e disse: «Non seccarmi con i tuoi commenti. E
successo quel che doveva succedere e sull'apertura di ogni vulva è scritto il nome dell'uomo che vi entrerà, a ragione o a torto, per amore o per odio. Se il nome di Bahlul non fosse stato scritto sulla mia vulva, lui non vi sarebbe mai entrato, anche se mi avesse offerto l'universo con tutto ciò che contiene». Mentre così parlavano, qualcuno bussò alla porta. La negra chiese chi fosse e rispose la voce di Bahlul: «Sono io». In dubbio su cosa potesse volere il buffone, Hamdonna si spaventò. La negra chiese a Bahlul cosa voleva ed egli rispose. «Portami un po' d'acqua.» Ella uscì con una tazza piena d'acqua. Bahlul bevve, poi si lasciò scivolare la tazza di mano, rompendola. La negra chiuse la porta e Bahlul si sedette sulla soglia. Mentre così se ne stava, il marito di Hamdonna, il Visir, arrivò e gli disse: «Come mai ti vedo qui, Bahlul ?» Ed egli rispose: «Ah, mio signore, stavo attraversando la strada quando mi è venuta molta sete. Una negra è venuta alla porta e mi ha portato una tazza d'acqua. La tazza mi è scivolata di mano e si è rotta. Allora, in pagamento, madama Hamdonna ha preso la veste che mi aveva dato il sultano nostro Signore». Il Gran Visir allora disse: «Che egli abbia la sua veste! » In quel momento Hamdonna venne fuori e il marito le chiese se era vero che aveva preso la veste in pagamento della tazza. Hamdonna gli chiese: «Cos'hai fatto, BahluI?» Ed egli rispose: «Ho parlato a tuo marito col linguaggio della mia follia; ora parlagli tu col linguaggio della saggezza.» La donna, rapita dall'astuzia da lui dimostrata, gli ridiede la veste e Bahlul se ne andò.
CAPITOLO II DELLE DONNE DEGNE DI LODE Sappi, o Visir (e Dio sia misericordioso con te!) che vi sono donne d'ogni tipo; e alcune sono degne di lode, mentre altre non meritano che disprezzo. Per essere gradita agli uomini, una donna deve avere una vita perfetta, essere grassottella e voluttuosa. I suoi capelli devono essere neri, la fronte spaziosa, avrà sopracciglia d'una nerezza etiope, grandi occhi neri, con il bianco di essi molto limpido. Le guance devono essere perfettamente ovali, avrà un naso elegante e una bocca piena di grazia; labbra e lingua vermiglie; il fiato sarà d'odore gradevole, la gola lunga, il collo forte, il busto e il ventre larghi; i seni devono essere pieni ed eretti, la pancia di buone proporzioni, l'ombelico ben sviluppato e marcato; la parte inferiore del ventre deve essere ampia, la vulva sporgente e carnosa, dal punto in cui crescono i peli alle natiche; il canale deve essere stretto e non madido, morbido al tocco, emettere un forte calore e nessun cattivo odore; deve avere cosce e natiche sode, fianchi larghi.e pieni, una cintola di bella forma, mani e piedi di grande eleganza, braccia piene e spalle ben sviluppate. Se si guarda una donna dotata ditali qualità di fronte, si rimane affascinati; se la si guarda da dietro, si muore di piacere. Seduta, è come una cupola rotonda; sdraiata, un morbido letto; in piedi, l'asta d'uno stendardo. Quando cammina, le sue parti naturali sporgono da sotto le vesti. Parla e ride raramente, e mai senza ragione. Non lascia mai la casa, nemmeno per andare a trovare vicini di sua conoscenza. Non ha amiche, non dà confidenza a nessuno e si fida soltanto del consorte. Non prende nulla da nessuno, salvo il marito e i genitori. Se s'incontra con i parenti, non s'immischia nei loro affari. Non è traditrice, non ha colpe da nascondere, né false scuse, Non mette zizzania tra le persone. Se il marito mostra l'intenzione di compiere il rito coniugale, si mostra consenziente ai suoi desideri e occasionalmente li provoca. Aiuta sempre il marito nei suoi affari, è avara di lamentele e di lacrime; non ride né si mostra allegra se vede il marito addolorato o di malumore, ma condivide le sue pene e ne solleva lo spirito, finché egli sia di nuovo del tutto contento. Non si concede ad altri che al consorte, anche se l'astinenza dovesse ucciderla. Nasconde le sue parti segrete, non permettendo che siano viste; è sempre vestita con eleganza e con la massima proprietà personale e ha cura che il marito non veda quanto potrebbe ripugnargli. Si profuma, usa antimonio per la sua toeletta e si pulisce i denti con il souak. Una donna simile piace a tutti gli uomini. LA STORIA DEL NEGRO DORERAM
Si racconta, e Dio sa ch'è vero, che c'era una volta un potente re che aveva un vasto regno, grandi armate e forti alleati. Il suo nome era Ali ben Direm. Una notte, non riuscendo a prendere sonno, chiamò il Visir, il capo della polizia e il comandante delle sue guardie. Questi si presentarono senza indugio davanti a lui ed egli ordinò loro d'armarsi delle loro sciabole. Essi lo fecero subito e gli domandarono: «Cosa desideri?» Egli allora disse: «Non riesco, a dormire; desidero andare in giro per la città stanotte e devo avervi a disposizione durante la mia scorribanda». «Udire è obbedire» risposero essi. Allora il re si avviò, dicendo: «Nel nome di Dio! E possa la benedizione del Profeta essere con noi e la benevolenza e la misericordia di Dio con lui». Gli altri lo seguirono, accompagnandolo dovunque di strada in strada. Così andarono, finché udirono un rumore in una delle vie e videro un uomo in preda alla più violenta passione che, disteso prono a terra, si batteva il petto con una pietra e gridava: «Ah, non c'è più giustizia su questa terra! Non c'è proprio nessuno che dica al re ciò che succede nei suoi stati?» E ripeteva incessantemente: «Non c'è più giustizia? scomparsa e l'intero mondo è in lutto». Il re disse ai suoi compagni: «Portatemi quell'uomo, senza chiasso, e badate di non spaventano». Essi andarono e presero l'uomo per mano, dicendogli: «Alzati e non avere paura: non ti succederà niente di male». Al che l'uomo ribatté: «Voi dite che non mi succederà niente di male e che non c'è da aver paura, però non mi date il benvenuto di prammatica! Certamente sapete che il benvenuto di un credente è una garanzia di sicurezza e clemenza. Ma se il credente non dà il benvenuto al credente, c'è veramente motivo di temere». Poi si alzò e andò con gli altri verso il re. Il re stava immobile, nascondendosi il volto con il kaïk, come i suoi compagni. Questi ultimi avevano le sciabole in mano e si appoggiarono su di esse. Quando fu davanti al sovrano, lo sconosciuto disse: «Salute a te, uomo! » Il Re rispose: «Ricambio i tuoi saluti, uomo!» Allora il primo: «Perché dici uomo?» Il re: «E perché tu hai detto 'uomo'?» «Perché non conosco il tuo nome». «E neppure io conosco il tuo! » Quindi il re domandò all'altro: «Cosa significano le parole che ho udito: 'Non c'è più giustizia su questa terra! Non c'è proprio nessuno che dica al re quello che avviene nei suoi stati? Dimmi cosa ti è successo». «Lo svelerò solo all'uomo capace di vendicarmi e liberarmi dall'oppressione e dalla vergogna, se così piace a Dio Onnipotente!» Il re allora gli disse: «Può Iddio mettermi a tua disposizione per vendicarti e liberarti dall'oppressione e dalla vergogna?» «Quello che ora ti racconterò», attaccò l'uomo, «è straordinario e stupefacente. Amavo una donna, che mi ricambiava, ed eravamo uniti nell'amore. La nostra relazione durò a lungo, finché una vecchia adescò la mia amante e la portò via, in una casa di sventura, vergogna e sregolatezza. Da allora il sonno mi ha abbandonato; ho perduto tutta la mia felicità e sono caduto in un abisso di sventura». Il re allora gli chiese: «Qual è quella casa di malaffare e con chi vive la
donna?» L'uomo rispose: «Sta con un negro di nome Doreram, che si tiene in casa donne belle come la luna, quali neppure il re ha nel suo palazzo. Ha anche un'amante che nutre per lui un amore profondo, gli è interamente devota e gli manda tutto quello che vuole in fatto di argento, bevande e vestiti». L'uomo smise di parlare. Il re era molto sorpreso da ciò che aveva udito, ma il Visir, che non aveva perduto una parola della conversazione, aveva certamente capito, da quanto l'uomo aveva detto, che il negro in questione era il suo. Il re chiese all'uomo di mostrargli la casa. «Se te la mostro, cosa intendi fare?» domandò l'uomo. «Lo vedrai» disse il re. «Non potrai fare nulla», replicò l'uomo, «perché il posto in questione deve essere rispettato e temuto. Se vuoi entrare con la forza, rischierai la vita, poiché il suo padrone è un uomo formidabile per forza e coraggio». «Mostrami il luogo e non avere timore», disse il re. E l'uomo rispose: «Sia fatta la volontà di Dio!» Quindi si alzò e camminò davanti agli altri. Questi lo seguirono fino a una larga strada, dove l'uomo si fermò davanti a una casa con alte porte e muri inaccessibili da tutti i lati. Essi li esaminarono, cercando un punto che potesse essere scalato. Con grande stupore, scoprirono che la casa era sigillata come il pettorale di una corazza. Il re, rivolgendosi all'uomo, gli domandò: «Come ti chiami?» «Omar ben Isad» rispose l'altro. Allora il re gli chiese: «Omar, sei abbastanza folle?» «Sì, fratello», fu la risposta dell'uomo, «se piace a Dio lassù!» E rivolgendosi al re aggiunse: «L'Onnipotente ti assista stanotte!» Poi il re disse ai suoi compagni: «Avete deciso? C'è uno fra voi in grado di scalare questi muri?» «Impossibile! » risposero tutti. Allora il re replicò: «Io stesso lo farò, se piace a Dio lassù! Ma con un sistema per il quale ho bisogno del vostro aiuto, e se me lo date io scalerò il muro, se così piace all'Onnipotente». «Cosa dobbiamo fare?» fu la risposta degli altri. «Ditemi chi è il più forte fra voi» chiese il re ed essi risposero: «Il capo della polizia, che è il vostro Chauch». Il re disse: «E dopo di lui?» «Ilcomandante delle guardie». «E dopo ancora, chi?» domandò il re. «Il Gran Visir». Omar ascoltava con sbalordimento. Ora sapeva che il quarto uomo era il re e la sua gioia fu grande. Il re chiese: «Chi c'è ancora?» Omar rispose: «Io, mio signore». Il re allora gli disse: «Omar, adesso hai scoperto chi siamo; ma non tradire il nostro incognito e sarai esente da ogni rimprovero». «Udire è obbedire» disse Omar. Allora il re ordinò allo Chauch: «Piegati in avanti e posa le mani contro il
muro». Lo Chauch fece quanto gli era stato ordinato. Quindi il re disse al comandante delle guardie: «Sali sul dorso dello Chauch». Questi obbedì e si rizzò in piedi sulle spalle dell'altro uomo. Poi il re diede lo stesso ordine al Visir, che salì sulle spalle del comandante delle guardie e posò le mani contro il muro. Infine il re disse: «Omar, sali sopra a tutti!» e Omar, sorpreso da quel sistema, esclamò: «Possa Dio concedervi il suo aiuto, signore nostro, e assistervi nella vostra giusta impresa! » Quindi salì sulle spalle dello Chauch, di qui sul dorso del comandante delle guardie, poi sul Gran Visir e, ritto sulle spalle di quest'ultimo, prese la medesima posizione degli altri. Adesso restava soltanto il re. Questi allora disse: «Nel nome di Dio! E che Egli benedica il Profeta, in cui riposano la misericordia e la salutazione divine!» e, mettendo una mano sul dorso dello Chauch, aggiunse: «Abbi pazienza per un momento; se riesco sarai ricompensato». Poi fece lo stesso con gli altri, finché fu sul dorso di Omar e anche a lui disse: «Abbi pazienza per un momento, io ti nominerò mio segretario privato. E, soprattutto, non muoverti!» Quindi, ritto sulle spalle di Omar, il re potè afferrare il bordo del tetto a terrazza ed esclamando: «Nel nome di Dio! E possa Egli riversare le sue benedizioni sul Profeta, in cui riposano la misericordia e la salutazione divine!» fece un salto e si trovò sul tetto della casa. Allora egli disse ai compagni: «Scendete dalle spalle l'uno dell'altro». Essi fecero quanto aveva ordinato e non poterono che ammirare l'ingegnosa idea del re, come pure la forza dello Chauch, che aveva sorretto quattro uomini a un tempo. Il re si mise a cercare un punto adatto a scendere, ma non ne trovò. Allora srotolò il suo turbante, ne fissò un'estremità con un solido nodo e si calò nel cortile interno, che si mise ad esplorare finché non trovò il portone d'ingresso che era chiuso da un enorme lucchetto. La solidità di questo fu per lui una sgradita sorpresa. Però si disse: «Ora sono in difficoltà, ma tutto ci viene da Dio; lui mi ha dato l'idea e la forza necessarie ad arrivare fin qui; mi darà anche il modo di tornare dai miei compagni». Cominciò dunque a esaminare il posto in cui si trovava, contando i locali l'uno dopo l'altro. Trovò diciassette stanze, arredate in stili diversi, tutte con arazzi e tendaggi di velluto variamente colorato. Guardandosi attorno, scoprì una sala in cui si entrava salendo sette gradini e dalla quale usciva il suono di molte voci. Egli andò verso la scala, dicendo: «O, Dio, favorisci la mia impresa e fa' che io esca sano e salvo di qui!» Salì il primo scalino, dicendo: «Nel nome di Dio misericordioso e benigno!» Poi osservò che i gradini erano di marmo variamente colorato: nero, rosso, bianco, giallo, verde e altre tinte. Salendo il secondo, disse: «Colui che Dio aiuta è invincibile». Sul terzo: «Con l'aiuto di Dio la vittoria è vicina». Sul quarto: «Ho chiesto la vittoria a Dio, che è il più forte aiutante». Infine salì il quinto, il sesto e il settimo, invocando il Profeta (col quale siano la
misericordia e la salvazione dell'Onnipotente). Giunse così alla tenda appesa all'ingresso, che era di broccato rosso e di là vide la stanza immersa da molte lampade, con candele accese in candelieri d'oro. Al centro giocava uno zampillo d'acqua profumata di muschio. Da una parete all'altra si stendeva una tovaglia coperta di carni e frutta. Lo splendore del mobilio dorato abbagliava gli occhi. Ornamenti d'ogni sorta erano dovunque. Dopo la prima occhiata, il re notò che intorno alla tovaglia c'erano dodici serve e sette altre donne, tutte belle come la luna; rimase sbarlordito dalla loro grazia e dalla loro bellezza. C'erano anche sette negri e questa vista lo. riempì di stupore. La sua attenzione fu attirata soprattutto da una donna simile alla luna piena, di una bellezza perfetta, con occhi neri, guance ovali e una vita meravigliosamente sottile; ella umiliava i cuori di quelli che s'innamoravano di lei. Stupefatto dalla sua bellezza, il re era come instupidito. Poi però si disse: «C'è qualche modo d'uscire di qui? O, spirito mio, non aprirti all'amore!» E, continuando a ispezionare la stanza, notò che i presenti tenevano in mano bicchieri colmi di vino. Essi mangiavano e bevevano, ed era facile vedere ch'erano in preda ai fumi dell'alcool. Mentre il re rifletteva su come trarsi d'impaccio, udì una delle donne dire a una delle sue compagne, chiamandola per nome: «Mia cara..., alzati e accendi una torcia. Sarà meglio mettersi a letto, perché il sonno sta avendo la meglio. Su, accendi una torcia e ritiriamoci nell'altra stanza». Le due si alzarono e scostarono la cortina per uscire dalla sala. Il re si nascose per lasciarle passare; poi, sentendo che avevano lasciato la loro camera per soddisfare una necessità comune a tutti gli esseri umani, approfittò della loro assenza per entrare nel loro appartamento e nascondersi in un armadio. Poco dopo le donne tornarono e chiusero la porta. Le loro menti erano oscurate dall'effetto del vino; si tolsero tutti gli indumenti e si misero ad accarezzarsi l'un l'altra. Il re si disse: «Omar mi ha detto la verità, presentandomi questa casa come un abisso di sregolatezza». Quando le donne si furono addormentate, il re uscì dall'armadio, si svestì e si distese in mezzo a loro. Aveva avuto cura, durante la loro conversazione, di imparare a memoria i loro nomi. Così potè dire a una di esse: «Mia cara..., dove hai messo le chiavi?» parlando a voce bassissima. La donna rispose: «Dormi, puttana, le chiavi sono al solito posto». Il re si disse: «Non v'è luce e forza che nel Benevolo e Onnipotente Iddio» ed era molto preoccupato. Di nuovo chiese alla donna delle chiavi, dicendo: «Si sta facendo giorno. Devo aprire le porte. C'è il sole. Vado ad aprire la casa». Ed ella rispose: «Le chiavi sono al solito posto. Perché mi secchi? Dormi, dico, fino a giorno fatto». Di nuovo il re si disse: «Non c'è luce e forza che nel Benevolo e Onnipotente Iddio, e certo, se non fosse per il timore di Lui, infilzerei questa donna con la spada». Poi tornò a chiamarla: «Ehi...!» «Che vuoi?» disse lei.
«Sono preoccupata per le chiavi» bisbigliò il re; «mi dici dove sono?» E l'altra rispose: «Tu, donnaccia! Ti prude la vulva per il coito? Non puoi farne senza per una sola notte? Senti, la moglie del Visir ha resistito a tutte le suppliche del negro, respingendolo per sei mesi! Va', le chiavi le ha lui in tasca. Non dirgli 'Dammi le chiavi' ma digli invece: 'Dammi il tuo membro'. Sai che il suo nome è Doreram». Allora il re tacque, perché sapeva cosa fare. Attese un poco, finché la donna si fu addormentata; quindi indossò le sue vesti, nascose la spada sotto di esse e si coprì il viso con un velo rosso. Poi, aperta la porta e uscito, si mise dietro il tendaggio all'ingresso del salone. C'erano soltanto poche persone sedute; tutti gli altri dormivano. Il re recitò una silenziosa preghiera: «O, anima mia, fa che io segua la strada giusta e che tutte quelle persone fra le quali mi troverò siano intontite dall'ubriachezza,:: così che non possano riconoscere il re dai suoi sudditi, e Dio mi dia la forza». Poi entrò nella sala dicendo: «Nel nome di Dio! » e andò vacillando verso il letto del negro, come se fosse in preda all'ebbrezza. I negri e le loro compagne lo presero per la donna di cui aveva indossato le vesti. Doreram aveva un gran desiderio di prendersi il suo piacere con quella giovane, e quando la vide sedersi accanto al letto, pensò che avesse interrotto il suo sonno per venire da lui, forse per i giochi d'amore. Quindi disse: «O, mia bellissima.., svestiti e mettiti a letto, io torno subito». Il re pensò: «Non c'è luce e forza che nell'Altissimo e Benevolo Iddio! » Poi cercò le chiavi nelle tasche e tra le vesti del negro, ma non le trovò. «Sia fatta la volontà di Dio!» si disse. Quindi, sollevando gli occhi, vide un'alta finestra; alzò un braccio e sul davanzale trovò indumenti ricamati d'oro; il re infilò le mani nelle tasche e, con sua sorpresa, trovò le chiavi. Le esaminò, contandone sette, quante erano le stanze della casa, e al colmo della gioia esclamò: «Sia lodato e glorificato Dio!» Poi si disse: «Posso uscire di qui soltanto con un trucco» quindi finse di avere la nausea, come se stesse per vomitare, si mise una mano davanti alla bocca e corse in cortile. Il negro gli disse: «Dio ti benedica, mia bellissima..., qualsiasi altra donna avrebbe dato di stomaco nel letto!» Quindi il re chiuse tutte le porte di casa, finché giunse alla settima che dava sulla strada. Qui ritrovò i suoi compagni, che erano stati fortemente in ansia e gli chiesero cosa avesse visto. «Non c'è tempo di rispondere», disse il re. «Entriamo in casa, con la benedizione e l'aiuto di Dio». Tutti decisero di stare in guardia, perché dentro c'erano sette negre, dodici serve e sette donne belle come la luna. Il Visir chiese al re: «Sono riccamente vestiti? » e il sovrano rispose: «Taci, senza quelle ricche vesti non avrei messo le mani sulle chiavi». Poi andò nella stanza dove stavano le due donne fra cui si era disteso, si tolse le vesti femminili e indossò le proprie, non dimenticando la spada. Quindi tutti salirono i sette gradini e si appostarono dietro la tenda. Quando guardarono dentro, concordarono nell'osservare: «Fra tutte quelle donne, non ce n'è una
così splendida come quella seduta sull'undicesimo cuscino! » e il re disse: «La riservo per me, se non appartiene a qualcun altro». Mentre essi osservavano la sala, Doreram scese dal letto, e dietro a lui una di quelle bellissime donne. Allora un altro negro prese il suo posto con un'altra donna e si avvicendarono così, fino all'ultimo, montando tutte le loro compagne eccetto la bellissima donna citata sopra, e le serve. Ognuna di queste donne sembrava salire sul letto con riluttanza e, quando il coito era finito, ne scendeva a testa bassa. I negri, d'altro canto, concupivano e l'uno dopo l'altro cercavano di conquistare la donna bellissima. Ma lei li respinse tutti, dicendo: «Non acconsentirò mai e, quanto a queste vergini, prendo anche loro sotto la mia protezione». Allora Doreram si alzò e andò da lei, tenendo nelle mani il suo membro in piena erezione, rigido e duro come un pilastro. La colpì con esso sul viso e sul capo, dicendo: «Sei volte stanotte ti ho pregata di cedere ai miei desideri e tu continui a rifiutare, ma adesso devo averti, devo averti subito». Quando la donna vide l'ostinazione del negro e lo stato d'ubriachezza in cui si trovava, cercò di ammansirlo con le promesse. «Siediti accanto a me» disse «e stanotte i tuoi desideri saranno soddisfatti. Il negro obbedì, col membro ancora eretto come una colonna. Il re poté a stento dominare il suo stupore. Poi la donna si mise a cantare i versi che seguono, salmodiandoli dal profondo del cuore: L'uomo giovane preferisco peril coito, e lui solo: L'animo ha pieno di coraggio: è la mia sola ambizione, Il suo membro è tanto forte da deflorare la vergine E riccamente proporzionato in ogni dimensione; La sua punta è come un braciere. Enorme, e nel creato non v'è nulla di uguale, Forte e duro è, con la punta arrotondata. Sempre pronto all'azione lo trovi e il suo ardore non si spegne; La violenza del suo amore è tale ch 'esso mai non dorme. Sospira per immergersi nella mia vulva e sul mio ventre lacrime sparge; Non chiede aiuto, poiché non ne ha bisogno; Non gli occorre alcun alleato, da solo compie le più grandi fatiche. E nessuno può sapere con certezza cosa risulterà dai suoi sforzi. Pieno di forza e di vita, penetra nella mia vagina E la lavora con azione costante e splendida. Prima avanti e indietro, poi da destra a sinistra. Ora mi affonda dentro con pressione vigorosa, Ora strofina la punta sull'orifizio della mia vagina. Ed egli la mia schiena accarezza, il mio ventre, i miei fianchi, Bacia le guance, ecco adesso mi succhia le labbra. Mi stringe forte, facendomi rotolare sul letto,
E fra le sue braccia io sono come senza vita. Ogni parte del mio corpo riceve a turno i suoi morsi amorosi. E tutta mi copre di baci infuocati; Quando mi vede eccitata, subito viene da me, Mi apre le cosce, bacia il mio ventre E in mano il suo membro mi pone, per farlo bussare alla mia porta. Ecco che è nella caverna e io sento che s'avvicina il piacere. Egli mi scuote e mi eccita, entrambi lavoriamo con passione, Poi egli dice: «Ricevi il mio seme!» ed io rispondo: «O, luce dei miei occhi, sarà in me il benvenuto!» Ma, anima della mia anima, non devi ancora uscire, Lascialo e questo giorno sarà libero da ogni pena.» Giurato egli aveva a Dio di avermi per settanta notti E ciò che voleva ha fatto, fra mille baci e abbracci, Fino alla settantesima alba. Quando ebbe finito, il re, enormemente sorpreso, disse: «Quanto lasciva Dio ha fatto la donna!» e, rivolgendosi ai compagni, aggiunse: «Non c'è dubbio che questa donna non è sposata e non è stata corrotta, poiché certamente il negro è innamorato di lei, eppure ella l'ha respinto». Omar ben Isad prese la parola: «E vero, mio re! Suo marito è assente ormai da quasi un anno e molti uomini hanno tentato di corromperla, ma lei ha resistito». Il re domandò: «Chi è suo marito?» E i suoi compagni risposero: «Quella donna è la moglie del figlio del Visir di vostro padre». «Dite il vero», osservò il re; «infatti, avevo sentito dire che il figlio del Visir di mio padre aveva una moglie perfetta, dotata di ogni bellezza, non adultera e del tutto innocente da ogni sregolatezza». «E la stessa donna» dissero gli altri. Allora il re dichiarò: «Non importa come, ma io devo averla», poi, rivolgendosi a Omar, aggiunse: «Chi è tra quelle donne, la tua amante?» Omar rispose: «Non la vedo, mio re! » Al che il re disse: «Abbi pazienza, te la mostrerò». Omar fu molto stupito che il re sapesse tante cose. «E quello, dunque, è il negro Doreram?» disse il re. «Sì, ed è un mio schiavo» rispose il Visir. «Taci, non è tempo di parlare» disse il re. Durante questa conversazione, il negro Doreram, ancora desideroso d'ottenere i favori della bellissima donna, le disse: «Sono stanco delle tue bugie, Beder e! Bedur» (luna piena delle lune piene), poiché tale era il suo nome. Il re osservò: «Chi l'ha chiamata così le ha dato il suo vero nome, poiché davanti a Dio, ella è davvero la luna piena delle lune piene!» Comunque, il negro volle trascinare la donna con sé e la colpì in viso. Il re, folle di gelosia e con il cuore colmo di rabbia, disse al Visir: «Guarda cosa sta facendo il tuo negro! Per Dio! Farà la morte dello scellerato, poiché io farò di lui un esempio e un avvertimento per quanti volessero imitarlo!»
In quel momento il re udì la donna dire al negro: «Tu tradisci il tuo padrone, il Visir, con sua moglie e ora tradisci lei, nonostante la vostra intimità e i favori che lei ti concede. Certamente lei ti ama appassionatamente e tu dai la caccia a un'altra donna!» Il re ordinò al Visir: «Ascolta, e non dire una parola». Poi Beder el Bedur si alzò e, tornata al posto in cui era stata prima, cominciò a recitare: O, uomini! ascoltate ciò che dico riguardo alla donna, La sua sete di amplessi è scritta nei suoi occhi. Non prestate fede ai suoi giuramenti, fosse anche la figlia del Sultano La malizia della donna è senza fine, neppure il re dei re Riuscirebbe a sconfiggerla, per quanto grande fosse la sua potenza. Uomini, state attenti e fuggite l'amore per la donna! Non dite: «Questa è la diletta del mio cuore», Non dite: «E la compagna della mia vita». Se v'inganno, allora dite che le mie parole mentono. Finché sta con voi nel letto, lei vi ama, Ma l'amore di una donna dura, credetemi. Quando vi stringete al suo seno, siete il suo tesoro; Povero sciocco, ti adora per il tempo del coito, Ma presto ti guarda come un diavolo; E questo è un fatto certo fuor d'ogni dubbio. La moglie riceve lo schiavo nel letto del padrone E i servi sfogano su di lei la loro libidine. Certo, una condotta simile non la si può lodare e onorare Ma la virtù delle donne è fragile e incostante, E il maschio così tradito è guardato con disprezzo. Dunque un uomo di cuore non deve fidarsi Di chi appartiene al sesso femminile. A queste parole il Visir si mise a piangere, ma il re gli ordinò di non fare rumore. Allora il negro Doreram recitò i versi che seguono, in risposta a quelli di Beder el Bedur: Noi negri abbiamo avuto la nostra parte di donne, Non temiamo i loro trucchi per quanto astuti siano. Gli uomini si fidano di noi per ciò che hanno di più caro. Questa non è una menzogna, bada, ma la verità, come sai. Ah, tutte voi donne! Non avete pazienza Quando il membro virile vi manca, Poiché in esso risiedono la vita e la morte vostre; E il fine d'ogni vostro desiderio, segreto e scoperto. Se v'adirate e infuriate contro i vostri mariti, Essi vi calmano semplicemente introducendo il membro.
La vostra religione è nella vostra vulva E il membro maschile è la vostra anima. Tale sarà sempre la natura femminile. Al che, il negro si gettò sulla donna, che lo spinse indietro. In quel momento il re si sentì opprimere il cuore; trasse la spada, come i suoi compagni, e insieme irruppero nella stanza. I negri e le donne non videro altro che le armi impugnate. Uno dei negri si alzò, gettandosi sul re e gli altri, ma lo Chauch gli staccò con un colpo la testa dal corpo. Il re esclamò. «La benedizione di Dio su di te! Il tuo braccio non è disseccato e tua madre non ha partorito un bambino gracile. Hai sconfitto i tuoi nemici e il paradiso sarà la tua dimora e il tuo luogo di riposo». Un altro negro balzò in piedi e sferrò un colpo contro lo Chauch, spezzandogli la spada in due. Era stata una bellissima arma e lo Chauch, vedendola rovinata, fu accecato dalla collera più violenta; afferrò il negro per il braccio, lo sollevò e lo sbatté contro la parete, rompendogli le ossa. Allora il re esclamò: «Dio è grande. Egli non ti ha disseccato la mano. O, che Chauch! Tu sei benedetto dall'Onnipotente». Gli altri negri, vedendo questo, erano rimasti spaventati e muti, e il re, ora padrone delle loro vite, disse: «Soltanto il negro che ha alzato la mano sarà decapitato». Poi ordinò che agli altri cinque fossero legate le mani dietro la schiena. Dopo che ciò fu fatto, egli si rivolse a Beder e! Bedur e le domandò: «Di chi sei moglie e chi è questo negro?» La donna gli disse ciò che aveva già saputo da Omar. Il re la ringraziò dicendole: «Dio ti benedica», poi le chiese: «Per quanto tempo una donna può pazientemente fare a meno del coito?» Lei parve vergognarsi, ma il re le disse: «Parla, e non sentirti imbarazzata». Allora ella rispose: «Una donna bennata, di buona famiglia, può rimanere senza per sei mesi; ma una donna umile di nessuna educazione, che non rispetta se stessa, appena potrà mettere la mano su un uomo, lo farà venire sopra di sé; il ventre e il membro di lui conosceranno la sua vagina». Il re allora disse, indicando una delle donne: «Chi è costei?» Beder el Bedur rispose: « la moglie del Kadì». «E questa?» «La moglie del secondo Visir». «E quest'altra?» «La moglie del capo dei Muftì». «E quella?» «La moglie del Tesoriere». «E le due donne che stanno nell'altra stanza?» chiese ancora il re. E Beder e! Bedur rispose: «Hanno ricevuto ospitalità in questa casa e una di esse è stata portata qui ieri da una vecchia; il negro non l'ha ancora posseduta». Al che Omar intervenne: «Costei è quella di cui vi parlavo, mio Signore». «E l'altra a chi appartiene?» domandò il re. «Suo marito è l'Amin dei carpentieri». «E queste ragazze chi sono?» «Quella è la figlia dell'impiegato al Tesoro; quell'altra la figlia del Mohtesib; la terza è la figlia del Bouab; la quarta è la figlia dell'Amin dei Moueddin; la quinta è la figlia del funzionario che controlla la qualità della merce messa in vendita al mercato...» e così via. Su invito del re, Beder e! Bedur le passò tutte in rassegna, indicandogliele.
Il re domandò come mai tante donne fossero state condotte insieme in quella casa. Beder el Bedur rispose: «O, mio signore, il negro non ha altre passioni che il coito e il buon vino. Fa l'amore giorno e notte e il suo membro riposa soltanto quanto lui stesso è immerso nel sonno». Il re chiese ancora: «Cosa mangia?» Ella disse: «Tuorli d'uovo fritti nel grasso, poi abbondantemente cosparsi di miele, e pane bianco; non beve altro che vecchio vino moscato». «Chi ha portato qui queste donne, che appartengono tutte a funzionari dello Stato?» «O, signore, ha al suo servizio una vecchia che gira per le case della città, e sceglie e gli porta ogni donna di superiore bellezza e perfezione; ma lo fa soltanto contro un buon compenso di denaro, vesti, gemme, rubini e altri oggetti di valore». «E da dove prende il negro quel denaro?» domandò il re. Poiché la donna taceva, aggiunse: «Di grazia, non tenermi all'oscuro». Allora lei fece capire con un'occhiata in tralice che il negro aveva tutto dalla moglie del Gran Visir. Il re capì e disse: «O, Beder e! Bedour! Ho fede e fiducia in te, e la tua testimonianza avrà ai miei occhi il valore di quella dei due Adel. Parlami senza riserve dite stessa». Lei allora dichiarò: «Io non sono stata toccata e, per quanto a lungo potesse durare tale situazione, il negro non avrebbe soddisfatto i suoi desideri». «E così?» domandò il re. « È così!» rispose lei. Aveva capito cosa il sovrano voleva dire e questi aveva afferrato il significato delle sue parole. «Ma il negro ha rispettato il mio onore? Informami di questo» disse il re. Lei rispose: «Ha rispettato il tuo onore per quanto riguarda le tue mogli. Non ha spinto tanto oltre le sue gesta criminali; ma se Dio gli avesse concesso più tempo non so se non avrebbe tentato d'insozzare ciò per cui avrebbe dovuto nutrire rispetto». Poi, il re le chiese chi fossero gli altri negri, ed ella riprese: «Sono i suoi compagni. Dopo che egli si era preso il suo piacere con le donne che gli avevano portate, le passava a loro, come avete visto. Se non fosse per la protezione di una donna, dove sarebbe un uomo simile?» Allora il re disse: «Bedel el Bedur, perché tuo marito non ha chiesto il mio aiuto in questa faccenda? Perché non ti sei lamentata?» «O re del tempo», rispose lei, «beneamato Sultano, signore di numerosi eserciti e alleati! Quanto a mio marito, non sono ancora riuscita a informarlo della mia sorte; quanto a me stessa, non ho altro da dire se non ciò che sai dai versi che ho appena cantato. Dalla prima parola all'ultima, ho dato buoni consigli agli uomini riguardo alle donne». Il re rispose: «O Beder el Bedur! Tu mi piaci e io t'interrogo nel nome dell'eletto Profeta (che la benedizione e la misericordia di Dio siano con lui!). Informami di ogni cosa; non devi temere di nulla; ti concedo un completo
perdono. Quel negro ha goduto dite? Poiché presumo che nessuna di voi sia stata esente dai suoi tentativi e abbia salvato l'onore». Ella rispose: «O re del nostro tempo, nel nome del tuo rango e del tuo potere! Quello di cui mi chiedi, io non l'avrei mai accettato per marito; come avrei potuto acconsentire a concedergli il favore di un amore illecito?» Il re disse: «Sembri sincera, ma i versi che ti ho sentito cantare hanno suscitato dubbi nel mio animo». Ella ribattè: «Avevo tre motivi per usare quel linguaggio. Prima di tutto, in quel momento ero in calore, come una giovane giumenta; in secondo luogo, Eblis aveva eccitato le mie parti naturali; e, infine, volevo calmare il negro e indurlo ad avere pazienza, e mi desse così una dilazione e mi lasciasse in pace finché Dio non mi avesse liberata di lui». Il re commentò: «Dici sul serio?» Ella rimase in silenzio. Allora il re esclamò: «O Beder e! Bedur, tu sola sarai perdonata! » Ella capì che il re avrebbe risparmiato soltanto a lei la pena di morte. Egli le ingiunse di mantenere il segreto e disse che adesso voleva andarsene. Allora tutte le donne e le vergini si avvicinarono a Beder ci Bedur e l'implorarono, dicendo: «Aiutaci, poiché hai del potere sul re» e sparsero lacrime sulle sue mani, gettandosi disperate a terra. Beder ci Bedur richiamò il re, che se ne stava andando, e gli disse: «O mio signore, tu non mi hai ancora concesso alcuna grazia!». «Come» protestò lui, «ho mandato a prendere per te una bellissima mula; tu la monterai e verrai con noi. Quanto a queste donne, devono tutte morire». Lei disse: «O, mio signore, ti chiedo d'autorizzarmi a proporti un patto, che t'imploro di accettare». Il re giurò che l'avrebbe soddisfatta. Allora disse: «Ti chiedo in dono la grazia per tutte queste donne e queste ragazze. Per di più, la loro morte causerebbe la più terribile costernazione nell'intera città». Il re rispose: «Non c'è luce e potenza che in Dio, il misericordioso!» Poi ordinò che i negri venissero condotti fuori e decapitati. L'unica eccezione fu il negro Doreram, che era particolarmente robusto e aveva un collo da toro. A questo tagliarono gli orecchi, il naso e le labbra; lo stesso fecero con il membro virile, ficcandoglielo in bocca, e lo appesero a una forca. Quindi il re ordinò che le sette porte della casa venissero chiuse e tornò al suo palazzo. All'alba mandò una mula a Beder el Bedur, perché fosse condotta da lui. La prese a vivere con sé e la trovò eccellente fra quante eccellono. Volle anche che a Omar ben Isad venisse restituita la moglie e lo nominò suo segretario privato. Poi ordinò che il Visir ripudiasse la sua consorte. Né dimenticò lo Chauch e il comandante delle guardie, ai quali fece grandi regali, come aveva promesso, usando a questo scopo le ricchezze del negro. Volle che la vecchia venisse portata in sua presenza e le domandò: «Forniscimi tutti i particolari sulla condotta del negro e dimmi se è una cosa giusta procurare in tal modo le donne agli uomini». La donna rispose: «Questa è l'attività di quasi tutte le vecchie». Al che il re la fece giustiziare, assieme a tutte le altre vecchie che svolgevano quell'attività, tagliando così alla radice, nel suo stato, l'albero del lenocinio e facendone
seppellire il tronco. Infine rimandò alle famiglie tutte le donne e le ragazze, ordinando loro di pentirsi nel nome di Dio. Questa storia descrive soltanto una piccola parte dei trucchi e stratagemmi usati dalle donne contro i loro mariti. La morale è che un uomo che s'innamora di una femmina si mette in pericolo, esponendosi ai più grandi malanni.
CAPITOLO III DEGLI UOMINI CHE MERITANO DISPREZZO Sappi, o fratello (con cui Dio sia misericordioso), che un uomo mal conformato, di aspetto rozzo e che abbia il membro corto, sottile e flaccido, merita disprezzo agli occhi delle donne. Quando un uomo simile ha rapporti con una donna, non opera con vigore e in modo da darle piacere. Si stende sopra di lei senza preliminari, non la bacia, non la stringe, non la morde, non succhia le sue labbra né cerca in alcun modo di eccitarla. Le è sopra prima che lei abbia cominciato a desiderare il piacere e poi introduce con infinita difficoltà un membro tenero e debole. Ha appena cominciato che è già fuori gioco; fa un paio di movimenti, poi affonda sul petto della donna per emettere il suo sperma; e non può fare più di così. Quindi ritira il suo membro e in tutta fretta scende da lei. Un tale uomo, come ha detto uno scrittore, è rapido nell'eiaculazione e lento nell'erezione; dopo il tremito che segue l'eiaculazione del seme, ha il petto pesante e gli dolgono i fianchi. Qualità simili non lo rendono bene accetto alle donne. Degno di disprezzo viene anche considerato l'uomo che è falso nelle sue parole; non mantiene le promesse; non apre mai bocca se non per dire bugie e nasconde alla moglie tutto ciò che fa, salvo le sue gesta adulterine. Le donne non possono stimare uomini così, perché non riescono a dar loro alcun piacere. Si racconta che un uomo di nome Abbés, il cui membro era estremamente piccolo e debole, aveva una moglie dalle forme opulente, che non riusciva proprio a soddisfare nell'amplesso, tanto che ben presto la donna cominciò a lamentarsi con le amiche. Ora, costei possedeva una notevole fortuna. Abbés invece era poverissimo e, quando voleva qualcosa, lei si guardava bene dal dargliela. Un giorno Abbés andò da un saggio e gli espose il suo caso. Il saggio disse: «Se tu avessi un bel membro potresti avere la sua fortuna. Non sai che la religione delle donne sta nella vulva? Ma io ti prescriverò un rimedio che porrà termine a tutte le tue difficoltà». Abbés si affrettò a preparare il rimedio secondo la ricetta datagli dal saggio e, dopo che lo ebbe usato, il suo membro crebbe, diventando lungo e grosso. Quando la moglie lo vide così, si stupì molto; ma fu ancora meglio quando egli le fece provare quel piacere al quale non era abituata; infatti cominciò ad eccitarla in modo davvero pregevole, tanto che tremava, sospirava, singhiozzava e gridava durante l'amplesso. Appena la moglie ebbe trovato nel marito qualità così eccelse, gli diede la sua fortuna, mettendo a disposizione di lui la sua persona e tutto quanto aveva in possesso.
CAPITOLO IV DELLE DONNE CHE MERITANO DISPREZZO Sappi, o Visir (con cui Dio sia misericordioso), che le donne differiscono tra loro nelle disposizioni naturali: ve ne sono alcune che sono degne d'ogni lode; e ve ne sono altre, invece, le quali non meritano che disprezzo. La donna che merita il disprezzo degli uomini è brutta e garrula; ha i capelli lanosi e la fronte sporgente, gli occhi sono piccoli e foschi, il suo naso è enorme, le labbra hanno il colore del piombo, la bocca è larga, le guance sono di un color porpora lucido e spuntano delle setole sul suo mento; la testa posa su un collo esile, con tendini ipersviluppati; le spalle sono contratte e il petto è stretto, con seni flaccidi, penduli, e il ventre sembra un otre di pelle vuoto, con l'ombelico che sporge come un mucchio di pietre; i fianchi hanno la forma di archi; si possono contare le ossa della spina dorsale; non c'è carne nelle sue natiche; la vulva è larga e fredda. Infine, una simile donna ha ginocchia e piedi larghi, mani grosse e gambe emaciate. Una donna con questi difetti non può dare alcun piacere agli uomini in generale e meno che mai a suo marito o a colui che gode dei suoi favori. L'uomo che accosta una donna così con il membro in erezione, se lo ritroverà subito molle e rilassato, come se fosse accanto a una bestia da soma. Dio ci tenga lontani da una donna come quella che abbiamo descritto! Spregevole è anche quella che ride continuamente, poiché, come ha scritto un autore: «Se vedi una donna che ride sempre, ama gli scherzi e i divertimenti, corre di continuo dalle vicine, s'immischia in faccende che non la riguardano, tormenta il marito con lamentele incessanti, si allea con altre donne contro di lui, si atteggia a gran dama, accetta doni da chiunque, sappi che è una sgualdrina senza vergogna». Anche degna di disprezzo è la donna di carattere tetro e accigliato e quella prolifica di chiacchiere; la donna leggera nei suoi rapporti con gli uomini, o sprezzante, o amante delle chiacchiere e incapace di mantenere i segreti del marito, o malevola. La donna di carattere malevolo non apre bocca senza dire bugie, fa promesse soltanto per non mantenerle e, se un uomo si fida di lei, lo tradisce; è scostumata, disonesta, indecente, grossolana e violenta; non sa dare un buon consiglio; è sempre occupata nelle faccende degli altri e in cose che fanno danno, sempre all'erta per conoscere notizie frivole; le piace il riposo, ma non il lavoro; usa parole sconvenienti rivolgendosi a un musulmano, persino al
marito; le invettive sono sempre sulla punta della sua lingua; emana un cattivo odore che t'infetta e ti rimane addosso anche dopo che l'hai lasciata. E non meno degna di disprezzo è la donna che parla senza scopo, è ipocrita e non fa nulla di buono; quella che, quando il marito le chiede di adempiere ai doveri coniugali, non lo ascolta; la donna che non assiste il consorte nei suoi affari; e, infine, quella che lo tormenta con incessanti lamentele e lacrime. Una donna di questo genere, vedendo il marito irritato o in pena, non condivide il suo affanno; al contrario, ride e scherza ancora di più e non cerca di scacciare il suo malumore con gesti e parole affettuosi. più generosa del proprio corpo con gli altri uomini che col legittimo consorte; non è per lui che si adorna, né è per piacergli che cerca di avere un bell'aspetto. Tutt'altro: con il marito è molto sciatta, né si cura di nascondergli cose e abitudini riguardo alla sua persona che possono soltanto disgustarlo. Nessuna felicità si può sperare per un uomo con una simile moglie. Dio ce ne liberi!
CAPITOLO V DELL'AMPLESSO Sappi, o Visir (e Dio ti protegga!), che se hai desiderio del coito, unendoti alla donna non devi avere lo stomaco pieno di cibo e bevande, poiché solo così l'amplesso sarà sano e bello. Se il tuo stomaco è pieno può venirne solo danno a entrambi; avrai minacciosi sintomi di apoplessia e podagra, e il male minore che può risultarne è l'incapacità di passare l'urina o una debolezza della vista. Che il tuo stomaco sia libero da un eccesso di cibo e bevande, e non avrai a temere alcun malanno fisico. Prima di copulare con tua moglie, eccitala con giochi amorosi, così che il coito termini con mutua soddisfazione. Dunque sarà bene indugiare nei preliminari prima d'introdurre il membro per compiere l'atto. La ecciterai baciandole le guance, succhiandole le labbra e mordicchiandole i seni. Riempirai di baci il suo ombelico e le sue cosce, e titillerai le parti inferiori. Mordile le braccia e non trascurare nessuna parte del suo corpo; accarezza il suo petto, e mostrale il tuo amore e la tua sottomissione. Allaccia le tue gambe alle sue e stringila forte fra le braccia, poiché come ha detto il poeta: Sotto il suo collo la mia mano destra le ha fatto da cuscino, e per attirarla a me La mano sinistra, sotto di lei ho infilato Che la sosteneva come un giaciglio. Quando, stando con una donna, vedi i suoi occhi velarsi e la senti ansimare, desiderando il coito, allora fa' che il tuo e il suo desiderio si fondano in uno e che la tua libidine raggiunga il massimo; poiché questo sarà il momento più favorevole per l'atto d'amore. Il piacere della donna, sarà estremo; tu l'avrai ancora più cara e il suo affetto per te non si affievolirà, poiché stato detto: Se vedi una donna sospirare profondamente, con le labbra che diventano rosse e gli occhi che s'illanguidiscono; quando la sua bocca si socchiude e i suoi movimenti diventano istintivi; quando sembra sul punto di addormentarsi, cammina in modo esitante e sbadiglia molto, allora sappi che questo è il momento per il coito; e se tu seduta stante entri in lei, le procurerai un sicuro godimento. Quanto a te, sentirai la bocca dell'utero stringere il tuo membro, ciò che è senza dubbio per entrambi il piacere supremo, poiché questo prima di ogni altra cosa genera affetto e amore.
I seguenti precetti, provenienti da un profondo conoscitore delle faccende d'amore, sono ben noti: La donna è come un frutto, che non concede la sua dolcezza finché non lo toccate con le mani: guardate il basilico; se non lo scaldi strofinandolo tra le dita non emette alcun profumo. Non sapete che l'ambra, se non è manipolata e scaldata, tiene nascosto nei suoi pori il suo profumo? Con la donna è lo stesso. Se non l'animi con i tuoi giochi amorosi, baciandola, mordicchiandola e toccandola, non otterrai da lei ciò che desideri; non proverai alcun godimento quando dividi il suo letto e non sveglierai nel suo cuore né inclinazione, né affetto, né amore per te: tutte le sue qualità resteranno nascoste. Si racconta che un uomo, avendo chiesto a una donna quali mezzi fossero i più idonei a far nascere l'affetto nel cuore femminile, per quanto riguarda i'..' piaceri del coito, ricevette la seguente risposta: Tu che m'interroghi, le cose che creano il gusto per il coito sono i giochi amorosi e i contatti che lo precedono, e poi lo stretto amplesso al momento dell'eiaculazione. Credetemi: baciare, mordicchiare, abbracciare forte, prendere in bocca i capezzoli e sorseggiare la fresca saliva, queste sono le cose che fanno durare l'amore. Agendo così, i due orgasmi hanno luogo contemporaneamente e il piacere viene all'uomo e alla donnna nello stesso momento. Allora l'uomo sente l'utero stringere il suo membro e questo dà ad entrambi il piacere più squisito. È questo piacere a far nascere l'amore e, se le cose non sono state fatte in questo modo, la donna non ha avuto tutta la sua parte di godimento. Quindi non si sentirà soddisfatta e non amerà l'uomo, che la possiede, se egli non è capace di svegliare il suo utero; ma quando l'utero viene messo in azione ella proverà il più violento amore per il suo compagno, fosse pure bruttissimo. Dunque, fa' tutto quello che puoi per provocare una scarica simultanea dei due liquidi seminali; qui sta il segreto dell'amore. Uno degli autori che si sono occupati di quest, materia si esprime come segue: Voi uomini, tutti e ognuno, che desiderate l'amore della donna, il suo affetto, e desiderate che questo sentimento nel suo cuore sia di natura dure. vole, giocate con lei prima del coito; preparatela al godimento e non trascurate nulla per raggiungere questo fine. Esploratela con la massima attenzione e, interamente assorti in lei, non lasciate che nient'altro occupi i vostri pensieri. Non permettete che il momento propizio al piacere passi; questo momento sarà quando vedrete i suoi occhi umidi e socchiusi. Allora mettetevi all'opera, ma, ricordate, non prima che i vostri baci e giochi amorosi abbiano fatto effetto. Dopo aver portato la donna al giusto stato di eccitazione, o uomini, penetratela
con il vostro membro e, se eseguirete i movimenti opportuni, proverà un piacere che soddisferà tutti i suoi desideri. Rimanete distesi sul suo petto, fate piovere baci. sulle sue guance, e non fate uscire il vostro membro dalla vagina. Questo coronerà le vostre fatiche. Se, con il favore di Dio, arriverete a questo diletto, cercate di non ritirare il membro, ma lasciatelo dov'è e avrete un piacere infinito! Ascoltate i sospiri e l'ansimare della donna. Essi provano l'intensità del piacere che le avete dato. Poi, quando il godimento è finito e la vostra lotta è giunta a termine, non alzatevi subito, ma ritirate cautamente il vostro membro. Rimanete vicino alla donna, sul lato destro del letto che è stato testimone della vostra gioia. Lo troverete piacevole e non sarete come quello che monta una donna come una mula, senza alcun riguardo per la finezza, e che, dopo l'eiaculazione, tira subito fuori il membro e si alza. Evitate queste maniere, che derubano la donna di tutto il suo durevole piacere. In breve, il vero amante del coito non mancherà di seguire le mie raccomandazioni, poiché da ciò risulta il piacere della donna, e queste regole comprendono tutto quanto è essenziale sotto questo aspetto. Dio ha fatto ogni cosa per il meglio!
CAPITOLO VI DI TUTTO QUANTO E FAVOREVOLE ALL'ATTO DEL COITO Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), se vuoi un coito dilettevole, che dia una parte uguale di felicità ai due partecipanti e sia soddisfacente per entrambi, devi prima di tutto preparare la donna, eccitarla baciandola, mordicchiando e succhiando le sue labbra, accarezzandole il collo e le guance. Girala sul letto, ora sul dorso, ora sul ventre, finché non vedi dai suoi occhi che il tempo del piacere è vicino, come ho detto nel precedente capitolo, e certo non ho risparmiato le mie osservazioni. Poi, quando vedi che le sue labbra tremano e diventano rosse, ha gli occhi languidi e il suo respiro si accelera, sappi che è bramosa del coito; allora mettiti fra le sue cosce, così che il tuo membro possa entrare nella sua vagina. Se seguirai il mio consiglio godrai un piacevole amplesso, che ti darà la più grande soddisfazione e ti lascerà deliziosi ricordi. Qualcuno ha detto: Se desideri il coito fai distendere la donna e aderisci al suo petto, con le sue labbra vicino alle tue; poi stringila a te, succhia il suo fiato, mordila; bacia i suoi seni, il suo ventre, i suoi fianchi, abbracciala forte, facendola quasi svenire dal piacere; quando la vedi in tale stato, penetrala con il tuo membro. Se hai fatto come ho detto, il piacere verrà a entrambi insieme. E questo che rende così dolce il godimento della donna. Se, invece, non segui il mio consiglio, ella non sarà soddisfatta e tu non le avrai dato alcun piacere. Finito il coito, non alzarti subito, ma coricati dolcemente sul suo fianco destro e, se ella ha concepito, a Dio piacendo partorirà un maschio. Saggi e studiosi (Dio sia clemente con loro!) hanno detto: Se un uomo, mettendo la mano destra sulla vulva d'una donna incinta, pronuncia le parole: «Nel nome di Dio, possa Egli benedire e concedere misericordia al suo Profeta (la bontà e la clemenza divine siano con lui!). O, mio Dio, nel nome di Maometto ti prego che il frutto di questo concepimento sia un maschio» questa preghiera giungerà all'Onnipotente e, in considerazione del Profeta (la benedizione e la grazia divine siano con lui), Egli farà sì che la donna partorisca un bimbo di sesso maschile. Non bere acqua piovana direttamente dopo l'amplesso perché questo liquido indebolisce i reni. Se vuoi ripetere il coito, aspergiti di dolci profumi e raggiungi la donna, l'esito sarà felice. Non lasciare che la tua compagna venga sopra dite durante l'atto, per timore che in tale posizione alcune gocce del suo fluido seminale possano entrare nel
canale del tuo membro, causando una grave uretrite. Non metterti a lavorare sodo subito dopo il coito, poiché questo potrebbe nuocere alla tua salute, ma va' a riposare per qualche tempo. Non lavare il membro subito dopo averlo ritirato dalla vagina, bensì aspetta che l'irritazione sia un po' diminuita; poi lava accuratamente la verga e la sua apertura. Altrimenti, non lavare spesso il pene. E non uscire dalla vulva subito dopo aver eiaculato, poiché questo può causare infiammazioni. I modi di compiere l'atto sono numerosi e variabili. Ora è tempo di farti conoscere le diverse posizioni più in uso. Dio il magnifico ha detto: «Le donne sono il tuo campo. Vai sul tuo campo come ti piace». Secondo il tuo desiderio puoi scegliere la posizione che preferisci, purché, s'intende, esso avvenga nel luogo a esso destinato, cioè nella vulva. Prima maniera. Fa stendere la donna sul dorso, con le cosce sollevate, poi, scivolando tra le sue gambe, introduci il membro nella vagina. Premendo sul suolo o sul letto le punte dei piedi, puoi muoverti dentro di lei in modo misurato. Questa posizione è buona per l'uomo che ha una lunga verga. Seconda maniera. Se il tuo membro è corto, fa' sdraiare la donna sul dorso, con le gambe in aria, così che la destra sia vicina al suo orecchio destro e la sinistra vicina all'orecchio sinistro. In questa posizione, con le natiche della donna sollevate, la vulva si proietta in fuori. Allora inserisci il membro. Terza maniera. Fa sdraiare la donna e mettiti tra le sue cosce; quindi, appoggiando una delle sue gambe sulla tua spalla e l'altra sotto il braccio, vicino all'ascella, entra in lei. Quarta maniera. Falla sdraiare e mettiti le sue gambe sulle tue spalle; in questa posizione il tuo membro si trova proprio davanti alla vulva, che non deve toccare il letto. Allora penetrala. Quinta maniera. Falla sdraiare su un fianco, quindi stenditi nella stessa posizione e, infilandoti tra le sue cosce, introduci il membro nella vagina. Questo coito sul fianco, però, predispone ai dolori reumatici e alla sciatica. Sesta maniera. Fa' acquattare la donna sulle ginocchia e i gomiti, come se stesse pregando. In questa posizione la vulva viene proiettata all'indietro. Allora attaccala da quella parte e metti il tuo membro dentro di lei.
Settima maniera. Fa' stendere la donna su un fianco e accovacciati tra le sue cosce, con una delle sue gambe sulla tua spalla e l'altra tra le tue cosce, mentre lei resta sdraiata su un fianco. Poi entra nella sua vagina e muovila attirandola verso il tuo petto. Ottava maniera. Falla sdraiare sul dorso, con le gambe incrociate; poi valle sopra come un cavaliere monta il suo cavallo, stando in ginocchio, mentre lei tiene le gambe sotto le cosce, e introduci il membro nella vagina. Nona maniera. Fa' piegare la donna in avanti o all'indietro contro qualcosa di moderatamente alto, con i piedi a terra. La vulva è così offerta all'introduzione del tuo membro. Decima maniera. Metti la donna vicino a un divano basso, al cui schienale lei si possa afferrare; quindi, ponendoti dietro di lei, solleva le sue gambe all'altezza del tuo ombelico e fa' che con quelle lei ti stringa ai lati del corpo; in questa posizione infila il tuo membro dentro di lei, appoggiandoti con le mani allo schienale del divano. Quando cominci l'azione, i tuoi movimenti devono essere in armonia con quelli della donna. Undicesima maniera. Falla sdraiare sul dorso con un cuscino sotto le natiche: poi, mettendoti tra le sue gambe e istruendola e mettendo la pianta del piede destro contro quella del piede sinistro, introduci il membro. Vi sono altre posizioni, oltre a quelle sopra descritte, in uso tra i popoli dell'India. E bene che tu sappia, infatti, che gli abitanti di quel paese conoscono numerosissimi modi di unirsi alle donne, progredendo più di noi nella conoscenza e studio del coito. Tra tali maniere citiamo le seguenti: 1. El asemeud, il tappo. 2. El mode feda, la rana. 3. El mokefa, con le punte dei piedi unite. 4. El mokermeutt, con le gambe in aria. 5. El setouri, il capro. 6. El loulabi, la vite. 7. El kelouci, la capriola. 8. Hachou en nekanok, la coda dello struzzo. 9. Lebeuss el djureb, infilare la calza. 10. Kechef el astine, vista reciproca dei posteriori. 11. Nezâ el kouss, l'arcobaleno. 12. Nesedj el kheuzz, penetrazione alternativa. 13. Dok el arz, colpo su colpo.
14. Nik el kohoul, coito da dietro. 15. El keurchi, ventre a ventre. 16. El kebachi, l'ariete. 17. Dok el outed, conficcare il piolo. 18. Sebek el heub, la fusione d'amore. 19. Tred ech chat, la pecora. 20. Kalen el mich, lo scambio nel coito. 21. Rekeud el air, la corsa del pene. 22. El modakheli, il mettidentro. 23. El khouariki, quello che si ferma nella casa. 24. Nik e! kaddadi, il coito del fabbro. 25. El moheundi, il seduttore. El asemeud (il tappo). Metti la donna supina, con un cuscino sotto le natiche, poi sistemati fra le sue gambe, appoggiando al suolo le punte dei piedi; piega più che puoi le cosce contro il petto; metti le tue mani sotto le sue braccia o stringile le spalle. Poi introduci il membro e, al momento dell'eiaculazione, attirala verso dite. Questa posizione è dolorosa per la donna, poiché essendo le cosce piegate verso l'alto e le natiche sollevate dal cuscino, le pareti della vagina si stringono, e l'utero è proteso in avanti, non c'è molto spazio per il movimento e appena abbastanza per il pene, per cui quest'ultimo entra con difficoltà e colpisce l'utero. Dunque questa posizione non dovrebbe essere adottata, a meno che il membro dell'uomo sia corto o molle. El mode feda (la rana). Distendi la donna supina e disponi le sue cosce in modo che tocchino i talloni, i quali vengono così a trovarsi vicino alle natiche; quindi sistemati opportunamente di fronte alla vu!va inserendovi il membro: infine metti le ascelle sulle sue ginocchia e, afferrandola saldamente per la parte superiore delle braccia, attirala verso dite al momento dell'orgasmo. El mokefa (con le punte dei piedi unite). Distendi la donna supina e inginocchiati tra le sue cosce, toccando il suolo con le punte dei piedi; quindi sollevale le ginocchia all'altezza dei tuoi fianchi, in modo che lei possa incrociare le gambe sul tuo dorso, e metti le sue braccia intorno al collo. El mokermeutt (con le gambe in aria). Con la donna sdraiata sul dorso, unisci le sue cosce e sollevale le gambe finché le piante dei suoi piedi sono rivolte al soffitto; poi, tenendola fra le cosce, inserisci il membro, tenendo alte le sue gambe con le mani. El setouri (il capro). La donna essendo raggomitolata su un fianco, falle stendere in fuori la gamba su cui posa e accoccolati fra le sue cosce, con le
caviglie piegate sotto dite. Quindi solleva la gamba che sta di sopra in modo che si appoggia sulla tua schiena e introduci il membro. Durante l'atto tieni la tua compagna per le spalle o, se preferisci, per le braccia. El loulabi (la vite). L'uomo sta disteso sulla schiena, e la donna si siede sul suo membro, rivolta verso di lui; poi, puntate le mani sul letto in modo che il suo stomaco non tocchi quello del compagno, si muove su e giù e se l'uomo è agile l'aiuta da sotto. Se, in questa posizione, lei vuole baciarlo, non ha che da allungare le braccia sul letto. El kelouci (la capriola). La donna deve indossare un paio di pantaloni, che lascia cedere sui talloni: poi si piega, mettendo la testa fra i piedi, così che la testa sia nell'apertura dei pantaloni. Allora l'uomo, afferrandole le gambe, la gira sulla schiena, facendole fare una capriola; poi, con le gambe piegate sotto di sé mette il suo membro direttamente contro la vulva e, facendolo scivolare tra le gambe di lei, lo inserisce. Si dice vi siano donne che, sdraiate sul dorso, riescono a mettersi i piedi dietro la testa senza l'aiuto dei pantaloni o delle mani. Hachou en nekanok (la coda dello struzzo). Con la donna supina, l'uomo s'inginocchia davanti a lei, sollevandole le gambe finché soltanto la testa e le spalle toccano il letto; quindi, inserito il membro nella vagina, afferra e muove le natiche della donna, la quale, da parte sua, gli allaccia le gambe intorno al collo. Lebeuss el djureb (infilare la calza). La donna è distesa sul dorso. Tu sistemati tra le sue gambe e metti il pene tra le labbra della vulva, che tieni aperte con il pollice e l'indice; poi muoviti in modo da procurare al tuo membro, nella misura in cui è a contatto con l'organo femminile, una vivace frizione e continua finché la vulva non è bagnata dal liquido emesso dal tuo pene. Quando lei è così preparata al piacere dall'alterno andare e venire della tua arma nel suo fodero, introducila in tutta la sua lunghezza. Kechef el astin (vista reciproca dei posteriori). L'uomo è supino, e la donna si siede sul membro con la schiena verso il viso del compagno, che tiene i fianchi di lei tra le cosce e le gambe, mentre la donna appoggia le mani sul letto, come sostegno ai suoi movimenti e, se abbassa la testa, i suoi occhi sono rivolti verso le natiche dell'uomo. Nezâ el kouss (l'arcobaleno). La donna è distesa su un fianco; anche l'uomo è in tale posizione, con il viso verso il dorso di lei, e, spintosi fra le sue gambe,
introduce il membro, mettendo le mani sulla sommità della sua schiena. La donna, intanto, prende i piedi dell'uomo e li solleva più che può, attirandolo vicino a sé; così lei forma con il corpo dell'uomo un arco. Nesedj el kheuzz (il movimento alternato di penetrazione). L'uomo, in posizione seduta, unisce le piante dei piedi e, abbassando le cosce, porta i piedi più vicini al membro; la donna si siede sui suoi piedi, che egli deve tenere saldamente uniti. In questa posizione, le cosce della donna premono contro i fianchi dell'uomo e lei gli mette le braccia intorno al collo. Allora l'uomo afferra le caviglie della compagna e, spingendo i piedi più vicino al corpo, porta la donna, che sta seduta su di essi, alla portata del suo membro, che entra nella vagina. Quindi, muovendo i piedi, la manda indietro e di nuovo la porta avanti senza mai ritrarre interamente il membro. La donna si fa più leggera che può e fa del suo meglio per aiutarlo in questo movimento di va-e-vieni, e la sua cooperazione è veramente indispensabile. Se l'uomo ha l'impressione che il pene possa uscire interamente, non ha che da cingerla alla vita. Dok el arz (colpo su colpo). L'uomo è seduto con le gambe stese; la donna si mette a cavalcioni delle sue cosce, incrociando le gambe sulla sua schiena, e pone la vagina di fronte al membro, che guida dentro la propria vagina; poi gli cinge il collo con le braccia, mentre l'uomo l'abbraccia ai fianchi e alla vita, aiutandola a salire e scendere sul suo membro. Lei lo deve aiutare nel suo lavoro. Nik el kohoul (coito da dietro). La donna è sdraiata sul ventre e tiene le natiche sollevate grazie a un cuscino: l'uomo le sale sopra da dietro, le si stende sul dorso e inserisce il membro, mentre la donna allaccia le braccia intorno ai gomiti dell'uomo. Questo è il più facile di tutti i metodi. El keurchj (ventre a ventre). L'uomo e la donna sono in piedi; lei apre le cosce; allora l'uomo porta i piedi avanti, tra quelli della compagna, che a sua volta avanza un poco i propri. In questa posizione, un piede dell'uomo deve essere un p0' più avanti dell'altro. Ciascuno dei due circonda con le braccia i fianchi del compagno. L'uomo introduce il membro e i due si muovono così allacciati in una maniera chiamata neza' el dela, che spiegherò più avanti, se così piace a Dio Onnipotente. El kebachi (l'ariete). La donna è in ginocchio, con gli avambracci sul letto; l'uomo le si mette dietro, s'inginocchia e introduce il membro nella vagina, che ella protende il più possibile; si consiglia l'uomo di tenere le mani sulle spalle
della compagna. Dok el outed (conficcare il piolo). La donna allaccia con le gambe la vita dell'uomo, che sta in piedi, le braccia di lei intorno al collo e si sorregge appoggiando la schiena alla parete. Mentre lei è così sospesa, l'uomo inserisce il membro nella sua vulva. Sebek el heub (fusione d'amore). Mentre la donna è sdraiata sul fianco destro, tu sdraiati sul sinistro; la tua gamba sinistra rimane tesa e la destra si solleva sul fianco di lei, che a sua volta fa lo stesso con la gamba che sta di sopra. In tal modo quest'ultima fa da sostegno per la schiena della donna. Dopo aver introdotto il membro, muoviti come ti piace e lei risponderà alla tua azione come le piace. Tred ech chat (il coito della pecora). La donna sta sulle mani e le ginocchia; l'uomo, dietro di lei, le alza le cosce finché la vulva è al livello del suo membro, che egli allora inserisce. In questa posizione la donna dovrebbe tenere la testa tra le braccia. Kalen el mich (lo scambio nel coito). L'uomo è steso sul dorso. La donna, scivolando tra le sue gambe, si mette sopra di lui con le unghie dei piedi contro il letto; poi solleva le cosce del compagno, girandole contro il proprio corpo, in modo che il membro virile sia di fronte alla sua vulva, entro la quale lo guida; infine posa le mani sul letto ai lati dell'uomo. E necessario, però, che i piedi della donna poggino su un cuscino, per permetterle di tenere la vulva in linea con il membro. In questa posizione i ruoli sono rovesciati, la donna effettuando quello dell'uomo e viceversa. C'è una variazione a questa posizione. L'uomo si stende sul dorso, mentre la donna s'inginocchia con le gambe sotto di sé, ma tra le gambe di lui. Il resto si conforma esattamente a quanto è stato detto sopra. Rekeud el aïr (la corsa del pene). L'uomo, steso sul dorso, si sostiene con un cuscino sotto le spalle, ma le natiche devono restare a contatto con il letto. In tale posizione, solleva le cosce finché le ginocchia sono al livello del viso; allora la donna si siede, infilandosi sul membro; non deve sdraiarsi, ma restare seduta come a cavallo, con la sella rappresentata dalle ginocchia e dallo stomaco dell'uomo. In questa posizione lei può, con il gioco delle proprie ginocchia, muoversi su e giù, su e giù. Può anche posare le ginocchia sul letto, nel qual caso l'uomo accentua il movimento usando le cosce, mentre la donna si tiene con la mano sinistra alla spalla destra
di lui. El modakheli (il metti dentro). La donna è seduta sul coccige, con solo la punta delle natiche posate sul letto; l'uomo assume la stessa posizione, con la vulva di lei davanti al proprio membro. Allora la donna mette la coscia destra su quella sinistra dell'uomo, il quale fa la medesima cosa. La donna, stringendo le braccia dell'uomo, accoglie il membro nella vulva e ciascuno di loro piegandosi alternativamente un poco all'indietro, mentre si tengono l'un l'altra per le braccia, comincia un movimento oscillante, il cui esatto ritmo è mantenuto con l'aiuto dei talloni posati sul letto. El khuariki (quello che si ferma nella casa). La donna è adagiata sul dorso, e l'uomo si stende sopra di lei, tenendo in mano dei cuscini. Quando il membro è nella vulva, la donna alza il più possibile le natiche dal letto. e l'uomo la segue in su, con il pene ben dentro; quindi la donna si abbassa di nuovo, effettuando alcune rapide scosse, e, benché i due non si abbraccino, egli deve restare come incollato a lei. I due continuano questo movimento, ma bisogna che l'uomo si tenga leggero e non sia troppo grosso, come pure che il letto sia morbido, altrimenti l'esercizio non può essere ripetuto fino all'orgasmo senza una pausa. Nik el kaddadi (il coito del fabbro). La donna è supina con un cuscino sotto le natiche e le ginocchia alzate il più possibile verso il petto, esponendo così la vulva come un bersaglio; quindi guida il membro di lui dentro di sé. L'uomo compie per un certo tempo il movimento usuale del coito, poi ritira il membro e lo fa scivolare per un momento tra le cosce della donna, come il fabbro ritira il ferro arroventato dalla fornace per immergerlo nell'acqua fredda. Questo metodo è chiamato sferdgeli, posizione del cotogno. El moheundi (il seduttore). La donna sta supina, e l'uomo si siede tra le sue gambe, con il posteriore sui propri piedi; poi egli alza e separa le cosce della donna, mettendosi le gambe di lei sotto le braccia, oppure sulle spalle, e introduce il membro, abbracciando la compagna alla vita e tenendola per le spalle. Le descrizioni precedenti presentano un gran numero di posizioni, non tutte facili da mettere in pratica; d'altra parte, con una tale varietà fra cui scegliere, l'uomo che ha difficoltà a praticarne una ne troverà certamente molte altre a lui convenienti. Non ho menzionato le posizioni che mi sembrano impossibili da realizzare e se c'è qualcuno il quale ritiene che il mio elenco sia incompleto, non ha che da cercarne di nuove. Non posso negare che gli indiani hanno superato le più enormi difficoltà
rispetto al coito. Come esempio di grande impresa, prendiamo la seguente procedura. La donna sta supina, e l'uomo si siede sul suo petto, con la schiena al suo viso, le ginocchia in avanti e le dita dei piedi che afferrano il letto; quindi solleva i fianchi della compagna, arcuandole la schiena finché ha portato la vulva di fronte al proprio membro, che allora inserisce, raggiungendo in tal modo lo scopo. Questa posizione, come certo vi rendete conto, è molto faticosa e difficile. Io credo persino che la sua realizzazione sia solo a parole e disegni. Quanto alle altre posizioni descritte sopra, possono essere praticate soltanto se sia l'uomo sia la donna non hanno difetti fisici e sono di corporatura simile; per esempio, nessuno dei due deve essere gobbo, o troppo alto, o troppo basso, o troppo obeso. E, ripeto, entrambi devono essere in perfetta salute. Ora mi occuperò del coito fra due persone di corporatura differente. Preciserò le posizioni che si confanno loro, trattandole una per una. Prima di tutto, parlerò del coito d'un uomo magro con una donna formosa e delle diverse posture che essi possono assumere per compiere l'atto, supponendo che la donna sia distesa supina, prona o su un fianco. Se l'uomo vuole agire di fianco, prende la coscia della donna che sta di sopra e la alza il più possibile sul proprio corpo, in modo che gli si appoggi alla vita; egli usa il braccio sottostante di lei come un pilastro per sostenere il capo e ha cura di sistemare uno spesso cuscino sotto il fianco su cui sta disteso per sollevare il membro all'altezza necessaria, cosa indispensabile data la grossezza delle cosce della compagna. Ma se la donna ha un ventre enorme, che a causa della sua obesità sporge sulle cosce e sui fianchi, sarà meglio farla stendere sul dorso e alzarle le cosce verso il ventre; l'uomo s'inginocchia tra di esse, prendendola alla vita con le mani e attirandola a sé; se non ci riesce, a causa dell'obesità del ventre e delle cosce, deve circondarle le natiche con le due braccia, ma così gli è impossibile operare come si deve per la mancanza di movimento delle cosce di lei, ostacolate dal ventre. Certo, egli può sorreggerla con le mani, ma deve badare a non posarle sulle proprie, poiché a causa del loro peso, non avrebbe la possibilità di muoversi. Come ha detto il poeta: Se vuoi esplorarla, solleva le sue natiche, Per operare come la corda buttata all'uomo che annega. Allora tu sembrerai tra le sue cosce Simile al rematore seduto all'estremità della barca. L'uomo può anche far sdraiare la donna su un fianco, con la gamba sottostante di fronte; quindi egli si siede sulla coscia e le fa alzare la gamba di sopra, che ella deve piegare al ginocchio. Infine, afferrando le gambe di lei, introduce il membro, con il corpo tra le cosce della compagna, le ginocchia piegate e le punte dei piedi sul letto, per poter sollevare il sedere e impedire che le cosce di lei ostacolino la penetrazione. In questa postura i due possono entrare in azione.
Se la donna è incinta, l'uomo la fa coricare su un fianco, poi mette le sue cosce una sull'altra e le solleva verso lo stomaco, non però fino a toccarlo; infine si stende dietro di lei e inserisce il membro. In questo modo può spingere dentro interamente il pene, soprattutto se alza il piede che sta sotto la gamba della compagna all'altezza della coscia di lei. Questo si può fare anche con una donna che non aspetta un bambino; ma è una posizione particolarmente raccomandata nel caso in cui la donna sia incinta, poiché offre il vantaggio di procurarle il piacere che desidera, senza esporla ad alcun pericolo. Nel caso in cui sia l'uomo a essere obeso, con una rotondità molto pronunciata dello stomaco, e la donna invece sottile, la cosa migliore è che sia lei ad assumere la parte attiva. Così l'uomo giace sul dorso con le gambe chiuse e la donna si abbassa sul membro, stando a cavalcioni del compagno; lei appoggia le mani sul letto e l'uomo la tiene per le braccia. Se la donna sa come muoversi, può così, alternativamente, sollevarsi e abbassarsi sul membro; se invece non è abbastanza abile, il compagno, con una coscia, imprime il giusto movimento alle sue natiche. Tuttavia, a volte questa posizione può essere nociva per l'uomo perché è possibile che un po' di fluido seminale femminile penetri nella sua uretra, causando una grave malattia. Può anche accadere - ed è altrettanto male - che il suo sperma non possa uscire e ritorni nell'uretra. Se l'uomo preferisce che la donna sia supina, egli si mette, con le gambe piegate sotto di sé, tra le gambe di lei, che lei apre soltanto moderatamente. Così le natiche sono tra le gambe della donna, a contatto con i suoi talloni. Operando in questo modo, però, egli sentirà fatica per la scomodità della posizione del suo stomaco che si appoggia su quello della donna; inoltre, non potrà inserire l'intero membro nella vulva. Lo stesso avviene quando stanno ambedue su un fianco, come abbiamo descritto sopra per il caso in cui la donna è incinta. Quando sia l'uomo sia la donna sono grassi e desiderano unirsi nel coito, non possono riuscirci senza difficoltà, soprattutto se entrambi hanno ventri prominenti. In tali circostanze, il sistema migliore è che la donna stia sulle mani e le ginocchia, in modo da tenere sollevato il sedere; l'uomo le apre le gambe, lasciando le punte dei piedi uniti e i talloni invece separati; quindi la prende da dietro, in ginocchio, tenendosi su il ventre con le mani, e inserisce il membro. Durante l'azione appoggia il ventre alle natiche di lei e la tiene alle cosce o alla vita. Se il sedere della donna è troppo basso perché egli possa appoggiarvi il ventre, le metterà un cuscino sotto le ginocchia. Non conosco un'altra posizione altrettanto favorevole per il coito tra un uomo e una donna obesi. Infatti, se l'uomo si mette fra le gambe della donna, il suo ventre, toccando le cosce della compagna, non gli permetterà il libero uso del membro. Non vedrà neppure la vulva, o solamente in parte. Si può quasi dire che gli sarà impossibile compiere l'atto. D'altra parte, se fa coricare la donna su un fianco e le si mette dietro con le gambe piegate, deve alzare le gambe e le cosce di lei verso lo stomaco per scoprire la vulva e permettere l'introduzione del membro; ma se la donna non può piegare sufficientemente le ginocchia, non gli sarà
possibile né vedere la vulva, né esplorarla. Se, invece, il ventre di entrambi non è esageratamente grosso, possono operare benissimo in tutte le posizioni. Soltanto, non devono impiegare molto tempo per arrivare all'orgasmo, poiché si sentiranno presto stanchi e senza fiato. Nel caso di un uomo molto alto e di una donna molto piccola, la difficoltà da risolvere è come fare in modo che gli organi sessuali e le bocche s'incontrino contemporaneamente. Il sistema migliore è che la donna stia supina; l'uomo, distesosi di fianco, le mette una mano sotto il collo e con l'altra le solleva le cosce finché il suo membro viene a contatto con la vulva da dietro, mentre la donna resta distesa sulla schiena. In questa posizione, dunque, egli la tiene sollevata per il collo e le cosce. Così può penetrarla, mentre la donna gli mette le braccia intorno al collo e avvicina le labbra alle sue. Se l'uomo vuole che la donna stia su un fianco, le si mette fra le gambe e, sistemandole le cosce in modo che siano a contatto con i suoi fianchi, una sopra e una sotto, si insinua fra esse finché il membro si trova di fronte alla vulva, da dietro; quindi preme le cosce contro le natiche di lei, che muove con una mano, mentre l'altra gliela tiene intorno al collo. Se vuole, l'uomo può anche mettere le cosce sopra quelle della compagna e premere il suo corpo contro il proprio, rendendo così più facili i propri movimenti. Quanto al coito tra un uomo molto piccolo e una donna alta, i due non possono baciarsi durante l'atto a meno che non assumano le tre posizioni che ora descriveremo e anche così si stancheranno presto. Prima posizione. La donna è coricata sul dorso con uno spesso cuscino sotto le natiche e un altro simile sotto la testa, quindi solleva il più possibile le cosce verso il petto. L'uomo si stende su di lei, introduce il membro e la prende per le spalle, tirandosi su verso di esse. La donna allaccia gambe e braccia sul dorso di lui, mentre egli la tiene per le spalle o, se può, per il collo. Seconda posizione. I due stanno entrambi di fianco, faccia a faccia; la donna fa scivolare la coscia sulla quale è appoggiata sotto il fianco dell'uomo, mettendola nel contempo più in alto; fa lo stesso con l'altra coscia sopra il fianco di lui; poi s'inarca, spingendo in fuori il ventre, mentre il membro dell'uomo la penetra. Si tengono abbracciati per il collo e la donna, incrociando le gambe sul dorso del compagno, lo stringe contro di sé. Terza posizione. L'uomo è supino, con le gambe allungate; la donna si abbassa sul membro e, stendendosi sopra il compagno, alza le ginocchia all'altezza dello stomaco; poi, posate le mani sulle spalle di lui, si tira su e gli preme le labbra sulle labbra. Tutte e tre queste posture sono più o meno faticose per entrambi. Certo, le coppie possono scegliere qualsiasi altra posizione vogliano, ma devono poter baciarsi durante l'atto. Ora ti parlerò delle persone che sono piccole, perché hanno malformazioni alla schiena. Di queste ve ne sono di parecchi tipi.
Innanzi tutto, c'è l'uomo che ha la schiena curva, ma la spina dorsale e il collo diritti. Per lui la cosa migliore è unirsi, ma soltanto da dietro, con una donna. piccola. Si stende contro il dorso di lei, e introduce il membro. Ancora meglio sarà se la donna è in posizione china, sulle mani e sui piedi. La stessa posizione è consigliabile nel caso che la donna sia gobba e l'uomo no. Se entrambi sono gobbi, possono prendere qualsiasi posizione vogliano per il coito. Però non possono abbracciarsi; e se stanno distesi su un fianco, faccia a faccia, resterà uno spazio vuoto tra loro. Nel caso l'una o l'altro sia sdraiata sul dorso, bisogna mettergli o metterle un cuscino sotto la testa e le spalle, per sollevarle e riempire il vuoto. Nel caso dell'uomo la cui malformazione riguarda soltanto il collo, così da premergli il mento verso il petto, ma per il resto è normale, può assumere qualsiasi posizione ed effettuare qualsiasi abbraccio o carezza, eccetto sempre il bacio sulla bocca. Se la donna è supina, sembrerà che l'uomo cozzi contro di lei come un ariete. Se entrambi hanno il collo così malformato, il loro coito somiglierà al mutuo assalto di due animali cornuti. La posizione migliore per loro sarà che la donna si chini in avanti e il suo compagno l'attacchi da dietro. L'uomo la cui gobba appare sulla schiena nella forma di solo mezza giara non è tanto sfigurato come quello di cui il poeta ha detto: Disteso sul dorso è un piatto; Giralo e avrai un copripiatto. Nel suo caso il coito può avvenire come per qualsiasi altro uomo di bassa statura e diritto. Se una donna piccola sta distesa sul dorso, con un gobbo sopra di sé, egli farà pensare al coperchio di un vaso. Se, al contrario, la donna è alta, l'uomo sembrerà una pialla da falegname in azione. A questo riguardo io ho composto i versi che seguono: Il gobbo è curvo come un arco E vedendolo esclami: «Sia gloria al Signore!» Poi gli chiedi come se la cava nel coito Ed egli risponde: «E il castigo per i miei peccati». La donna sotto di lui è come un'asse di legno E il gobbo che la esplora è la pialla. Ho anche detto in versi: La spina dorsale del gobbo è legata in nodi, Gli angeli si spossano ad annotarne i peccati. Per goderne i favori cerca una donna di corporatura adatta, Ma lei lo respinge dicendo. «Chi mai reggerebbe ai peccati Che commetteremo insieme?» «Benissimo li reggerò sulla mia gobba!» ribatte lui,
Ed ella lo deride dicendo: «O tu, pialla destinata a lisciare! Prenditi piuttosto un'asse di abete!» Se anche la donna ha la gobba, la coppia può assumere qualsiasi posizione, sempre tenendo conto che se uno dei due sta supino la gobba deve essere circondata di cuscini, come con un turbante, in modo da avere un nido in cui affondare e proteggere la propria sommità, che è molto tenera. In questo modo possono abbracciarsi normalmente. Se l'uomo è gobbo sia sulla schiena sia sul petto, deve rinunciare ad abbracciare e stringere a sé la donna. A parte questo, può assumere qualsiasi posizione, ma in generale, l'atto non può che essere difficoltoso tanto per lui quanto per la sua compagna. Io ho scritto a questo proposito: Il gobbo impegnato nell'atto del coito Sembra un vaso provvisto di due manici. Se per una donna arde d'amore, costei gli dirà: «La tua gobba è d'intralcio. Come puoi farlo? Il tuo membro troverebbe un posto in cui ficcarsi, Ma la gobba sul petto, dove starebbe?» Se tutti e due hanno una doppia gobba, la posizione migliore è la seguente. Mentre la donna è distesa sul fianco, l'uomo inserisce il membro nella maniera descritta prima rispetto alle donne incinte. Così le due gobbe non s'incontrano. Entrambi stanno su un fianco e l'uomo attacca da dietro. Se la donna fosse supina, la sua gobba dovrebbe essere sostenuta da un cuscino, mentre l'uomo s'inginocchia fra le sue gambe e lei solleva il posteriore. In tal modo, le due gobbe non sono vicine l'una all'altra e si evita ogni inconveniente. Lo stesso nel caso che la donna si pieghi in avanti, con il sedere nell'aria, nella maniera chiamata El kouri, posizione che andrà bene per entrambi se hanno il petto malformato, ma non la schiena. Uno di essi allora compie l'azione di andare-e-venire. Ma la descrizione più curiosa e divertente che io abbia mai trovato a questo riguardo, è contenuta nei versi che seguono: Le loro estremità sono strettamente unite E la natura fa di loro un oggetto di riso; Disegnato di scorcio egli sembra Come se avessero tagliato via un pezzo. Pare un uomo che si piega per sfuggire a un colpo O il colpo ha ricevuto e ratto si abbassa Per evitarne un secondo. Se la spina dorsale di un uomo è curva all'altezza dei fianchi, così che pare come in preghiera, mezzo prostrato, il coito per lui è molto difficile. Date le posizioni reciproche delle cosce e del ventre, il pene sta troppo indietro perché
egli possa inserirlo interamente. Il sistema migliore per lui è di stare in piedi. La donna si china davanti a lui con le mani a terra e il sedere all'aria: così egli può introdurre il membro come un perno su cui la vulva scivola avanti e indietro, poiché, si noti, per lui non è facile muoversi. Si tratta ancora della posizione El kouri, con la differenza che è la donna a compiere il movimento. Un uomo può poi essere attaccato dalla malattia chiamata ikaad, o zomana (paralisi), che lo costringe a stare costantemente seduto. Se il male affligge soltanto le ginocchia e le gambe, mentre le cosce e la spina dorsale sono sane, può usare tutte le diverse posizioni per il coito, eccetto quelle in cui dovrebbe stare in piedi. Nel caso invece che le natiche siano paralizzate, anche se per il resto è perfettamente sano, sarà la donna a dover fare tutti i movimenti. Sappi, comunque, che il coito più piacevole non ha sempre luogo nei modi qui descritti; io li ho presentati soltanto per rendere quest'opera più completa possibile. A volte esso ha luogo tra amanti, che pur non essendo proprio perfetti nelle loro proporzioni, trovano da sé i mezzi per darsi un reciproco godimento. Si dice vi siano donne di grande esperienza che, giacendo con un uomo, alzano un piede verticalmente nell'aria e su quel piede tengono una lampada piena d'olio, con il lucignolo acceso. Mentre l'uomo le penetra, la lampada resta ferma e l'olio non si versa. Il loro coito non è in alcun modo intralciato da questa esibizione, ma certo è necessaria una grande pratica da parte di entrambi. Senza dubbio gli autori indiani hanno descritto nelle loro opere moltissimi modi di fare l'amore, però la maggioranza di questi non procura godimento e dà più dolore che piacere. Ciò che bisogna cercare nel coito, il suo punto supremo, sono il godimento, l'abbraccio, i baci. questo che distingue il coito degli uomini d quello degli animali. Nessuno è indifferente al godimento che deriva dalla differenza tra i sessi e l'uomo trova in esso la sua più grande gioia. Se il desiderio d'amore nell'uomo è al massimo grado, tutto il piacere dell'amplesso diviene facile per lui ed egli soddisfa la sua brama in ogni modo. È È bene per l'amante del coito provare tutte le maniere, per stabilire così quale posizione dà il massimo piacere sia a lui sia alla donna. Allora saprà quale scegliere per l'amplesso e, soddisfacendo i propri desideri, conserverà l'affetto della compagna. Molti hanno provato tutte le posizioni da me descritte, ma nessuna è stata tanto approvata quando più elogiata della Dok el arz. A questo riguardo si racconta la storia di un uomo che aveva una moglie d'incomparabile bellezza, aggraziata e compita. Egli usava far l'amore con lei nella maniera ordinaria, senza mai ricorrere a nessun'altra. La donna non provava nulla del piacere che dovrebbe accompagnare l'atto, per cui era in genere di pessimo umore quando il coito era finito. L'uomo si lagnò di questo con una vecchia matrona, la quale gli disse: «Prova modi diversi di unirti a lei, finché non trovi quello che le dà più soddisfazione. Poi amala soltanto in quella maniera e il suo affetto per te non avrà limiti». Egli allora tentò varie posizioni e quando giunse a quella chiamata Dok el arz, vide la moglie sopraffatta da violenti impeti di godimento e, nell'orgasmo, sentì
l'utero di lei stringere energicamente il membro; e la moglie disse, mordendogi le labbra: «Questo è il vero modo di fare l'amore! » Tali dimostrazioni provarono all'amante che in quella posizione la sua donna sentiva il piacere più vivo e quindi l'usò sempre. Così raggiunse il suo scopo, facendo in modo che la moglie lo amasse follemente. Dunque, Visir, prova maniere diverse, poiché ogni donna ne preferisce una a tutte le altre per il suo piacere. La maggioranza di esse, però, ha una predilezione per la Dok el arz, perché in essa il ventre è premuto contro il ventre, la bocca è incollata alla bocca e di rado l'utero non entra in azione. Ora devo parlare soltanto dei vari movimenti praticati durante il coito, descrivendone alcuni. Primo movimento: Neza el dela (ii secchio nel pozzo). I due si serrano in uno stretto abbraccio dopo l'introduzione. Poi l'uomo effettua una spinta e si ritira un poco; a sua volta la donna spinge e anch'essa si ritrae. Così continuano il loro movimento alternato, mantenendo il ritmo. Mettendo piede contro piede e mano contro mano, ripetono il moto di un secchio in un pozzo. Secondo movimento: El netahi (il mutuo urto). Dopo l'introduzione, sia l'uomo sia la donna si tirano indietro, ma senza far uscire completamente il membro. Poi entrambi spingono forte, e così continuano, tenendo il ritmo. Terzo movimento: El motadani (l'approccio). L'uomo si muove come al solito, poi si ferma. La donna, con il membro nella vulva, comincia a muoversi come l'uomo, poi si ferma. E continuano così finché ha luogo i'eiacuiazione. Quarto movimento: Khiat el heub (il sarto). L'uomo, con il membro solo in parte dentro la vulva, effettua una sorta di rapida frizione con la parte inserita, poi di colpo affonda tutto il pene fino all'elsa. E il movimento dell'ago nelle mani dei sarto che l'uomo e la donna devono tener presente. Il khiat et heub si adatta agli amanti, maschi e femmine, che possono rimandare a volontà l'orgasmo. Per quelli che non ne sono capaci, esso finisce troppo presto. Quinto movimento: Souak el feurdj (io stuzzicadenti). L'uomo introduce il membro tra le pareti della vulva, muovendolo prima avanti indietro, poi a destra e a sinistra. Solo chi ha un membro molto vigoroso può compiere questo movimento. Sesto movimento: Tachik el heub (la compressione). L'uomo introduce tutto il membro nella vagina, così a fondo che il suo pelo si mischia completamente con quello della donna. In questa posizione egli deve poi muoversi con grande energia, senza ritirare minimamente il pene. Questo è il movimento migliore di tutti, ed è particolarmente adatto alla posizione Dok e! arz. Le donne io preferiscono a ogni altro, in quanto esso
procura loro il piacere supremo di afferrare il membro con l'utero, soddisfacendole nel modo più completo. Le donne chiamate tribadi usano sempre questo movimento nelle loro mutue carezze. Esso provoca un pronto orgasmo sia nell'uomo sia nella donna. Senza baci, nessuna posizione o movimento procura il piacere più pieno; e le posizioni in cui il bacio non è praticabile non sono del tutto soddisfacenti, poiché esso è uno dei più potenti stimolanti all'atto d'amore. Io ho detto in versi: L'occhio languido Mette l'anima in contatto con l'anima E il tenero bacio Porta il messaggio del membro alla vulva. Il bacio va considerato una parte integrante del coito. Il migliore è quello impresso su labbra umide combinato con la suzione delle labbra e della lingua, che particolarmente provoca il fluire della saliva. Sta all'uomo mordicchiare leggermente la lingua della compagna, in modo che la saliva di lei passi fresca e squisita nella sua bocca, più dolce del puro miele. Quest'atto gli darà un tremito, che percorre tutto il corpo ed è più inebriante del vino bevuto in eccesso. Un poeta ha detto: Baciandola, ho bevuto alle sue labbra Come un cammello alla fonte di un'oasi, Il suo abbraccio e la freschezza della sua bocca Mi danno un languore che giunge al midollo. Il bacio dovrebbe essere melodioso; questo si ha con la lingua che tocca il palato, lubrificato dalla saliva. E prodotto dal movimento della lingua e dallo spostamento della saliva, causato dalla suzione. Il bacio dato sulla parte esterna, superficiale delle labbra, producendo un suono paragonabile a quello con cui si chiama il gatto, non procura piacere. Dunque è bene riservano ai bambini e alle mani. Il bacio che ho descritto sopra è quello adatto al coito ed è pieno di voluttà. Un proverbio popolare dice: Un bacio bagnato È meglio d'un coito frettoloso. A tale proposito ho composto i versi che seguono: Mi baci la mano - la mia bocca dovresti baciare, O donna, tu che sei il mio idolo! D'amore era il tuo atto, ma è andato perduto.
La mano non sa apprezzare la natura d'un bacio. Le tre parole kobla, letsem, e buss sono usate indifferentemente per indicare il bacio sulla mano o sulla bocca. La parola feram indica specificamente il secondo. Un poeta arabo ha detto: Il cuore innamorato non ha sollievo In incanti di strega o amuleti, Né in un ardente abbraccio senza bacio, Né in un bacio senza l'amplesso. E l'autore dell'opera I gioielli della sposa e la gioia delle anime ha aggiunto a quanto sopra, come complemento e commentario, i due versi che seguono: Non nel dialogo, per quanto aperto e libero, Ma nel mettere le gambe sulle gambe (coito). Ricorda che tutte le carezze e ogni specie di baci non contano nulla, senza l'introduzione del membro. Dunque astieniti da essi, se non vuoi passare all'azione; attizzano soltanto il fuoco senza scopo. La passione così eccitata somiglia infatti a un fuoco che divampa e, come questo, soltanto l'acqua può spegnerlo, null'altro che l'emissione dello sperma calma la libidine e soddisfa il desiderio. La donna non ci guadagna più dell'uomo dalle carezze senza coito. Si racconta che una certa Dahama bent Mesedjel apparve davanti al governatore della provincia di Yamama, con suo padre e suo marito, El Adjadje, dichiarando che quest'ultimo era impotente e non faceva l'amore con lei né l'avvicinava come un maschio avvicina una femmina. Suo padre, che l'assisteva nella sua causa, fu accusato d'interferenza dagli abitanti di Yamama, i quali gli dissero: «Non ti vergogni di aiutare tua figlia a esigere il coito?» Al che egli rispose: «È mio desiderio che abbia dei figli; se li perde, sarà la volontà di Dio; se li cresce, da grandi le saranno utili». Dahama espose così la sua lagnanza davanti al governatore: «Ecco, questo è mio marito, e finora egli non mi ha mai toccato». Il governatore obiettò: «Senza dubbio è perché tu non eri disposta». «Al contrario» rispose Dahama, «è per lui che mi stendo supina ed apro le cosce!» Al che il marito gridò: «Mente, o Emiro! Per possederla devo lottare con lei». L'Emiro pronunciò il seguente giudizio: «Ti do un anno di tempo» disse, «per provare che la dichiarazione di tua moglie è falsa». Prese questa decisione per riguardo a El Adjadje, che se ne andò recitando i seguenti versi: Dahama e suo padre credevano Che l'Emiro mi avrebbe giudicato impotente.
A volte, non è pigro lo stallone? Eppure è così grosso e pieno di vigore! Ritornato a casa, cominciò a baciare e accarezzare la moglie; ma i suoi sforzi non andarono oltre, egli rimase incapace di dar prova della sua virilità. Dahama allora gli disse: «Risparmia le tue carezze e i tuoi abbracci; essi non soddisfano la passione d'amore. Ciò che desidero è un forte e duro membro, il cui sperma fluisca nel mio utero». Egli recitò questi versi: Davanti a Dio, invano tu tenti soddisfarmi Con baci e abbracci solamente! Per placare il mio tormento devo sentire un pene Eiaculare sperma nel mio utero! El Adjadje, disperato, la riportò alla sua famiglia e, per nascondere la sua vergogna, la ripudiò quella sera stessa. Un poeta scrisse in quell'occasione: Che sono le carezze per una donna ardente O le ricche vesti e i bei gioielli, Se il pene dell'uomo non si unisce al suo Ed ella langue peril membro virile? Sappi, dunque, che la maggior parte delle donne non trova piena soddisfazione nei baci e negli abbracci, senza il coito. Solo il membro le soddisfa e a esse piace colui che le penetra, anche se è brutto e mal fatto. Si racconta, a questo proposito, che un giorno Mussa ben Mesâb andò da una donna della città che possedeva una schiava, un'eccellente cantante, che egli desiderava comprare. La donna era stupendamente bella e, oltre alla grazia e al fascino, disponeva di una grossa fortuna. Mussa vide in casa anche un giovane mal conformato e dal volto sgradevole, che andava e veniva dando ordini. Chiese chi fosse alla donna, la quale rispose: «È mio marito e io darei la vita per lui». Mussa si stupì e disse: «E una dura schiavitù quella a cui sei ridotta e mi dispiace per te. Tutti apparteniamo a Dio e ritorneremo a lui. Ma quale sventura che una bellezza tanto incomparabile e forme tanto deliziose debbano appartenere ,a un uomo simile!» «O figlio di tua madre,» replicò la donna, «se egli potesse fare per te di dietro quello che fa per me davanti, venderesti tutti i tuoi beni da poco acquisiti e rinunceresti al tuo intero patrimonio. Poiché ti apparirebbe bellissimo e la sua bruttezza si trasformerebbe in prestanza!» Al che Mussa esclamò: «Dio te lo conservi!» Si racconta anche che il poeta Farzdak incontrò un giorno una donna sulla quale i suoi occhi si fissarono, ardenti d'amore, e che per tale ragione gli disse: «Perché mi guardi in quel modo? Avessi anche mille vulve, non ci sarebbe
nulla da sperare per te». «E perché mai?» domandò il poeta. «Perché non sei attraente,» disse la donna, «e certo quello che tieni nascosto non è meglio di ciò che si vede.» Al che egli ribatté: «Se mi mettessi alla prova, scopriresti che le mie qualità interiori sono tali da far dimenticare il mio aspetto esteriore! » Poi si scoprì, mostrandole un membro lungo e grosso come il braccio di una bambina. A quello spettacolo la donna si sentì ardere dal desiderio. Egli se ne accorse e le chiese di lasciarsi accarezzare. La donna si scoprì, mettendo a nudo un monte di Venere rotondo come una cupola. Allora egli compì l'atto con lei e recitò questi versi: Ho introdotto in lei il mio membro, Grosso come il braccio di una vergine; Un membro dalla punta rotonda, pronto all'attacco, Che misura in lunghezza un palmo e mezzo; Ed è stato come affondano in un braciere! Chi cerca il piacere che la donna può dare, deve eccitarla e soddisfare il desiderio di lei, nei modi che ho descritto. Così la vedrà venir meno dalla passione, la sua vulva si bagnerà, l'utero si spingerà in avanti e i due fluidi seminali si mischieranno.
CAPITOLO VII DELLE COSE CHE SONO DANNOSE NELL'AMPLESSO Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che sono molte le malattie causate dal coito. Ora io te ne elencherò alcune, poiché, per poterle evitare, è essenziale conoscerle. Lasciati dire innanzi tutto che il coito, se compiuto in piedi, nuoce alle giunture delle ginocchia e causa tremiti nervosi; se invece è effettuato di fianco, predispone alla gotta e alla sciatica, che colpisce principalmente le giunture delle anche. Non amare una donna a digiuno o immediatamente prima di un pasto, altrimenti avrai dolori alla schiena, perderai il tuo vigore e ti s'indebolirà la vista. Se ti accoppi con la donna a cavalcioni su dite, la tua spina dorsale ne soffrirà e ne avrai danno al cuore; inoltre, se la più piccola goccia delle usuali secrezioni della vagina entra nel tuo canale uretrale, può derivarne una dolorosa strozzatura dello stesso. Non lasciare il membro nella vulva dopo l'eiaculazione, poiché ciò può causare la renella, o un ammorbidimento della colonna vertebrale, o la rottura di vasi sanguigni o, infine, l'infiammazione dei polmoni. È nocivo anche fare troppo esercizio fisico dopo il coito. Evita di lavare il membro immediatamente dopo la copula, poiché questo può causare infiammazioni. Quanto al coito con una vecchia, esso è come un veleno ed è stato detto: «Non accoppiarti con vecchie, fossero anche ricche come Karun». E ancora: «Guardati dall'accoppiarti con una vecchia, anche se ti sommergesse di favori». Oppure: «Il coito delle vecchie è cibo velenoso». Sappi che chi si unisce con una donna più giovane acquista nuovo vigore; se la compagna ha la sua stessa età, egli non trarrà alcun vantaggio dal coito; mentre, se è più vecchia, la donna prenderà tutta la forza dell'uomo per sé. A questo proposito meditate sui seguenti versi: Evita di unirti con donne vecchie; Nel loro seno c'è il veleno dell'arakim. Un proverbio dice inoltre: «Non servire una donna vecchia, nemmeno se si offrisse di mantenerti a semolino e pane di mandorle». La pratica eccessiva del coito nuoce alla salute, perché si emette troppo sperma.
Come il burro ricavato dalla panna rappresenta la quintessenza del latte e, una volta scremato, il latte perde le sue qualità, così lo sperma è la quintessenza del nutrimento e la sua perdita è debilitante. Inoltre le condizioni del corpo e, per conseguenza, la qualità dello sperma, dipendono direttamente da ciò che mangi. Quindi, se un uomo si dedica con passione alle gioie del coito, senza affaticarsi troppo, può sostenersi con alimenti che danno forza, come dolciumi, aromi, carne, miele, uova e simili. Chi segue questo regime è protetto contro i seguenti mali, che possono derivare dal coito eccessivo. Primo, perdita del potere generativo. Secondo, deterioramento della vista. Anche se puoi non diventare cieco, sarai almeno colpito da malattie agli occhi, se non seguii miei consigli. Terzo, perdita della forza fisica. Puoi diventare come l'uomo che vuole volare ma non può; che inseguendo qualcuno non riesce a prenderlo o che portando un peso, o lavorando, si sente presto stanco e prostrato. Chi non vuole sentire la sofferenza per la mancanza del coito usi la canfora. Mezzo mitskal di questa sostanza sciolta nell'acqua, rende l'uomo che la beve insensibile ai piaceri dell'amplesso. Molte donne usano questo preparato quando sono gelose di una rivale o hanno bisogno di riposo dopo grandi eccessi. Allora cercano di procurarsi la canfora rimasta dopo un funerale e non esitano a spendere denaro per ottenerla dalle vecchie che si occupano dei cadaveri. Esse usano anche il fiore dell'enné, che è chiamato faria; l'immergono nell'acqua, finché questa diventa gialla, ottenendo così un'infusione che ha quasi lo stesso effetto della canfora. Il presente capitolo non sarebbe il luogo più adatto per far conoscere questi rimedi; ma ho pensato che tale informazione, come è data qui, possa essere utile a molte persone. Vi sono cose che possono diventare nocive, finendo col far male alla salute. Esse sono: il troppo sonno, i lunghi viaggi in periodi sfavorevoli, che, soprattutto nei paesi freddi, possono indebolire il corpo e provocare malattie alla spina dorsale; gli stessi effetti sono possibili se si maneggiano abitualmente materiali che causano freddo e umidità, come gesso, intonaco e simili. Il coito è inoltre pericoloso per gli individui che hanno difficoltà a orinare. L'abitudine di mangiare cibi acidi è debilitante. Lasciare il membro nella vulva dopo l'eiaculazione, sia per lungo sia per breve tempo, indebolisce l'organo e lo rende meno abile al coito. Giacendo con una donna, fai l'amore parecchie volte se te ne senti disposto, ma bada di non eccedere, perché è vero che: «L'uomo che si dedica al gioco d'amore per soddisfare i propri bisogni e i propri desideri, prova il piacere più intenso e durevole; ma chi lo fa per accondiscendere alla lussuria altrui, languirà, perderà tutto il suo desiderio e finirà col diventare impotente al coito». Il senso di queste parole è che un uomo, quando se ne sente disposto, può dedicarsi alla pratica del coito con più o meno ardore, secondo il suo desiderio, e in qualsiasi momento voglia, senza alcun timore di futura impotenza, se è spinto soltanto dal suo desiderio di giacere con una donna. Ma chi fa l'amore nell'interesse altrui, vale a dire soltanto per soddisfare la
passione della sua compagna, e si spinge a ogni eccesso per raggiungere questo fine impossibile, agisce contro se stesso e mette in pericolo la propria salute per compiacere un'altra persona. Altrettanto nocivo si può considerare il coito nel bagno, o immediatamente dopo essere usciti dal bagno; come pure se ci si è appena purgati, osi è subito da poco un salasso e simili. Bisogna evitare anche di accoppiarsi dopo una grossa bevuta. Fare l'amore con una donna durante le sue mestruazioni è nocivo sia all'uomo sia alla donna stessa, perché in quel periodo il suo utero è freddo e il suo sangue impuro, e se la più piccola goccia di esso dovesse entrare nel canale urinario dell'uomo, ne potrebbero derivare molti malanni. Quanto alla donna, essa non prova alcun piacere durante il mestruo e in quei giorni detesta il coito. Quanto all'amplesso nel bagno, alcuni dicono che non se ne trae piacere, se, come si crede, l'intensità del godimento dipende dal calore della vulva, poiché nel bagno essa non può che essere fredda e quindi inadatta a dare piacere. Inoltre non bisogna dimenticare che l'acqua, penetrando negli organi sessuali dell'uomo o della donna, può portare a gravi conseguenze. Il coito dopo un pasto abbondante può provocare la rottura degli intestini. Va anche evitato dopo una grossa fatica fisica e in un periodo di gran freddo o di gran caldo. Tra gli incidenti che possono derivare dal coito nei paesi caldi si può citare la cecità improvvisa, senza sintomi precedenti. Bisogna evitare di ripetere l'atto senza lavare le parti, poiché questo può indebolire la potenza virile. L'uomo deve anche evitare di accoppiarsi con la moglie quando questa è in stato d'impurità legale, perché, se dovesse restare incinta, il bambino potrebbe non essere sano. Non rimanete vicino alla donna dopo aver eiaculato, perché la disposizione a ricominciare ne verrà diminuita. Bisogna aver cura di non portare grossi pesi sulla schiena o sforzare troppo la mente, se non si vuole ostacolare l'attività sessuale. Non va nemmeno bene indossare sempre indumenti di seta, poiché questi diminuiscono l'energia per la copula. Anche le vesti di seta indossate dalla donna nuocciono alla capacità d'erezione del membro virile. Il digiuno, se prolungato, calma il desiderio sessuale, ma all'inizio lo eccita. Astieniti dai liquidi oleosi, poiché con l'andare del tempo essi diminuiscono la forza fisica necessaria al coito. Il tabacco, normale o aromatizzato, ha un effetto analogo. È male lavare gli organi sessuali con acqua fredda subito dopo il coito; in generale, l'acqua fredda placa il desiderio, mentre quella calda lo rafforza. La conversazione con una giovane donna eccita nell'uomo un'erezione e una passione proporzionale alla giovinezza della medesima. Un arabo fece questa raccomandazione alla figlia, mentre la portava dal marito: «Profumati con l'acqua! » intendendo che doveva lavarsi spesso, piuttosto che cospargersi di profumi; questi ultimi, inoltre, non vanno bene per tutti.
Si racconta anche che, avendo una donna detto al marito: «Sei proprio un uomo da nulla, non ti profumi nemmeno! » egli ribattè: «Sudiciona, sta alla donna emanare un buon odore!» Abusando del coito si perde il gusto per i suoi piaceri; come rimedio a questo male, chi ne soffre deve spalmare sul membro un miscuglio di miele e sangue di caprone. Questo avrà un effetto meraviglioso sulla sua capacità di fare l'amore. Anche la lettura del Corano, si dice, predispone al coito. Ricorda che un uomo prudente si guarderà dall'abusare del coito. Lo sperma è l'acqua della vita; se lo usi con parsimonia, sarai sempre pronto al piacere sessuale; esso è la luce dei tuoi occhi; non sprecano ogni qual volta hai voglia di godere, perché altrimenti rischi molti mali. I medici saggi dicono: «Una costituzione robusta è indispensabile per l'amplesso e chi ne è dotato può dedicarsi al piacere senza pericolo; ma questo non vale per l'uomo debole, che corre un grave rischio indulgendo liberamente al piacere sessuale». Il saggio Es Sakli elenca i limiti che un uomo deve osservare in questo campo: gli uomini flemmatici o sanguigni non dovrebbero fare l'amore più di due o tre volte al mese; quelli collerici o ipocondriaci, soltanto una o due volte. Eppure è un fatto che, al giorno d'oggi, molti uomini dotati di questi quattro temperamenti sono insaziabili riguardo all'amplesso e vi si dedicano giorno e notte, senza curarsi di esporsi a gravi malattie, sia interne sia esterne. Le donne sono più favorite degli uomini, per quanto riguarda l'indulgere alla loro passione per il coito. Questa è in effetti la loro specialità e per loro è tutto godimento, mentre gli uomini corrono molti rischi abbandonandosi senza freni ai piaceri d'amore. Avendo così presentato i pericoli che possono derivare dal coito, mi sembra utile farti conoscere i versi seguenti, che contengono consigli igienici a questo riguardo. Essi sono stati scritti per ordine di Harun ci Raschid dai più celebri medici dei suo tempo, ai quali egli aveva chiesto d'informarlo sui rimedi per combattere con successo i mali causati dal coito. Mangia lentamente, se vuoi che il cibo ti giovi, E bada che la tua digestione sia buona. Attento ai cibi duri da masticare; Sono un cattivo nutrimento ed è bene astenersene. Non bere subito dopo la fine del pasto O sarai a mezza strada per incontrare una malattia. Non tenerti dentro il cibo in eccesso E, se sei in troppo schizzinosa compagnia, Liberati qualche tempo prima di metterti a letto Poiché per il riposo questa è la prima necessità. Sta' lontano da droghe e medicine Ricorrendovi soltanto se sei molto malato. Usa tutte le opportune precauzioni, Poiché esse mantengono il tuo corpo in salute
E sono il tuo miglior sostegno. Non bramare troppo le donne dai seni rotondi; Ben presto l'eccesso di piacere ti renderà debole, Nel coito troverai una malattia E troppo tardi allora scoprirai Che nella copula la tua acqua di vita Si riversa nella vulva della donna. Soprattutto guardati dalla femmina anziana Poiché veleno per te saranno i suoi amplessi. A giorni alterni con un bagno monda il tuo corpo. Ricorda questi precetti e seguili. Queste furono le regole date dai saggi al Signore di benevolenza e bontà, al generoso tra i generosi. Tutti i saggi e i medici concordemente affermano che molti dei malanni che affliggono l'uomo derivano dall'abuso del coito. Dunque, chi desidera preservare la sua salute, in particolare la vista, e condurre una vita piacevole, goda con moderazione delle gioie d'amore, sapendo che da esse possono derivare i mali più grandi.
CAPITOLO VIII I VARI NOMI DATI ALL'ORGANO SESSUALE MASCHILE Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che l'organo sessuale dell'uomo ha numerosi nomi, quali: El dekeur, il membro virile. El kamera, il pene. El air, l'organo della generazione. El hamama, il piccione. El teunnana, il campanellino. El heurmak, l'indomabile. El ahlil, il liberatore. El zeub, la verga. El hammach, l'eccitante. El nâass, il dormiente. El zodam, il «piede di porco». El khiad, il sarto. Mochefi el relil, quello che estingue la passione. El khorrat, quello che si aggira. El deukkak, il batacchio. El àouam, il nuotatore. El dekhal, quello che irrompe nella casa. El àaurar, il monocolo. El fortass, il calvo. Abou am, quello con un occhio solo. El atsar, quello che inciampa. El dommar, quello con la testa strana. Abou rokba, quello con il collo. Abou quetala, quello dalla folta chioma. El besiss, l'impudente. El mostahi, il pudico. El bekkai, il piangente. El hezzaz, quello che si agita. El lezzaz, quello che vuoi essere uno [con la vulva]. Abou lâaba, quello che sputa. El fattach, ii cercatore. El hakkak, lo strofinatore. El mourekhi, il flaccido. El motelâ, il rovistatore.
El mokcheuf, lo scopritore. Per quanto riguarda i nomi kamera e dekeur, il loro significato è ovvio. Dekeur è una parola che indica il maschio di tutti gli animali ed è anche usata nel senso di «menzione» e «memoria». Quando un uomo ha un incidente al membro, quando esso viene amputato o diventa debole e, quindi, egli non può più ottemperare ai doveri coniugali, si dice di lui: «Il membro del tale è morto», il che significa: «Il ricordo di lui andrà perduto e la sua generazione è tagliata alla radice». E alla sua morte si dirà: «Il suo membro è stato tagliato», significando: «La sua memoria è scomparsa dal mondo». Il dekeur svolge anche una parte importante nei sogni. L'uomo che sogna che il suo membro è stato tagliato è sicuro di non vivere ancora per molto, perché, come si è detto sopra, esso presagisce la perdita della sua memoria e l'estinzione della sua razza. Tratterò questo soggetto più dettagliatamente nel capitolo sull'interpretazione dei sogni. I denti (seman) rappresentano gli anni (semin); quindi se un uomo sogna una bella dentatura, questo è per lui un segno di lunga vita. Se vede una sua unghia (defeur) rovesciata, questo indica che la vittoria (defeur) da lui conquistata contro i suoi nemici cambierà di parte e da vincitore diventerà il vinto; inversamente, se vede l'unghia del nemico girata al rovescio, può dedurre che la vittoria che era passata dalla parte avversa tornerà presto dalla sua. La vista di un giglio (sonsana) è il pronostico d'una sfortuna che durerà un anno (son, sfortuna; sana, anno). L'apparizione di ostriche (nâmat) nei sogni è di cattivo auspicio, perché il loro nome, essendo formato da nâa e mat, significa «notizia di morte», cioè pericolo. Sognare uno scudo (henaga) significa che avverranno ogni sorta di disgrazie, poiché questa parola, cambiando poche lettere, diventa koul afa, «tutta cattiva ventura». Una rosa fresca (ouard) annuncia l'arrivo (ouround) di un evento piacevole che vi farà vibrare il cuore di gioia; mentre una rosa avvizzita indica una notizia ingannevole. Lo stesso vale per la calvizie delle tempie e cose simili. Il gelsomino (yasmin) è formato da yas, che signi-, fica inganno, o l'avvenire di un fatto contrario ai vostri desideri, e mm, cioè falsità. L'uomo che sogna un gelsomino, dunque, deve concluderne che l'inganno, yas, contenuto nel nome yasmin, è una falsità e quindi essere certo del successo della sua impresa. I pronostici forniti dal gelsomino, però, non hanno lo stesso grado di certezza di quelli dati dalla rosa. Esso differisce infatti enormemente da quest'ultima, poiché il più lieve soffio di vento lo scompiglia. La vista di una casseruola (beurma) annuncia la conclusione (anuberam) degli affari in cui si è impegnati. Abou Djahel (la maledizione di Dio sia su di lui!) aggiunge che tale conclusione avrà luogo di notte. Una giara (khabia) è segno di perfidia (khebets) in ogni campo, a meno che non sia caduta in una fossa o in un fiume e si sia rotta, facendo uscire tutte le
calamità che contiene. Il legno (nechara) significa buone notizie (bechara). Il calamaio (douaia) indica un rimedio (doua), cioè la cura di una malattia, a meno che non sia bruciato, rotto o perduto, nel qual caso significa il contrario. Il turbante (âmama), se nel sogno ricade sul viso e copre gli occhi, è previsione di cecità (ama), che Dio ce ne preservi! Ritrovare intatto un gioiello perduto o dimenticato è un segno di successo. Se un uomo sogna di uscire da una finestra (taga), può essere sicuro che concluderà con vantaggio tutti gli affari che ha in corso, siano essi importanti o no. Ma se la finestra è stretta, così che non gli è facile uscire, significa che per riuscire nel suo intento dovrà impegnarsi in proporzione alla difficoltà trovata in sogno. L'arancia amara significa che dal luogo dove la si è vista in sogno verranno affermazioni maligne. Gli alberi (ached jar) significano discussioni (machadejra). La carota (asefnaria) indica sfortuna (asef) e dolore. La rapa (cuft) significa per l'uomo che la vede in sogno una faccenda passata e finita (ameur fat), del tutto senza ritorno. Essa è importante se la rapa è grossa, trascurabile se è piccola: insomma, l'importanza è in proporzione alle dimensioni. Un moschetto che non spara significa una cospirazione, ma di nessuna importanza. Se l'arma invece spara, è segno che è venuto il momento di realizzare il complotto ordito. La vista del fuoco è di cattivo auspicio. Se la brocca (brik) di un uomo che si è volto a Dio si rompe, è segno che il suo pentimento è inutile, ma se a rompersi è il bicchiere da cui beve il vino, significa che ritorna a Dio. Se hai sognato festini e sontuosi banchetti, è sicuro che avverranno cose del tutto contrarie. Se hai visto una persona salutarne un'altra che parte, puoi essere sicuro che presto sarà quest'ultima ad augurare buon viaggio alla prima; poiché il poeta dice: Se hai visto il tuo amico dirti addio, gioisci; La tua anima sia lieta per colui che è lontano Perché puoi attenderti di riverderlo presto. E il cuore dell'amico che ti ha lasciato tornerà a te. Il coriandolo (keusbeur) significa che la vulva (keuss) è a posto. A questo proposito si racconta che il sultano Harun el Rachid, mentre si trovava con molte altre personalità, si alzò e le lasciò per andare da una delle sue mogli, della quale gli era venuto desiderio. Ma la trovò con le mestruazioni e tornò dai compagni, rassegnato alla sua delusione. Senonché un momento dopo la donna scoprì che il flusso era finito. Quando se ne fu assicurata, si alzò e mandò al sultano, per una delle sue negre, un piatto di
coriandolo. Harun el Rachid sedeva tra i suoi amici quando la schiava glielo consegnò. Egli lo prese e lo esaminò, ma non capì perché la moglie glielo avesse fatto avere. Infine lo porse a uno dei suoi poeti, che, dopo averlo guardato attentamente, gli recitò questi versi: Ella ti manda coriandolo (keusbeur) Bianco come zucchero; Io l'ho messo sul mio palmo E vi ho concentrato tutti i miei pensieri Per scoprire il suo significato; E l'ho capito. Ciò ch'ella vuole dire E: «La mia vulva è tornata in salute» (keussi beuri). El Rachid si stupì molto per lo spirito mostrato dalla donna e la perspicacia del poeta. Così scoprì ciò che voleva sapere senza che fosse divulgato ciò che doveva rimanere segreto. Una spada sguainata significa guerra e la vittoria sarà di chi l'impugna. Una briglia significa servitù e oppressione. Una lunga barba indica fortuna e prosperità; ma si dice sia un segno di morte se arriva fino a terra. C'è anche chi ritiene che l'intelligenza di un uomo sia in proporzione inversa alla lunghezza della sua barba; cioè una lunga barba denota un'intelligenza corta. A questo proposito si racconta che un giorno un uomo con una barba lunghissima vide un libro sul cui dorso era scritta la seguente sentenza: «L'uomo il cui mento è adorno di barba è tanto più sciocco quanto più la sua barba è lunga». Temendo d'esser considerato uno stupido dai suoi conoscenti, decise di eliminare il pelo di troppo e, impugnata la barba proprio sotto il mento, diede fuoco al resto, con la lampada poiché era sera. La fiamma corse velocemente su per il pelo e raggiunse la mano, ch'egli dovette ritirare di scatto per via del calore. Così la barba bruciò completamente. Allora egli scrisse sul dorso del libro, sotto la frase citata sopra: «Queste parole sono verissime. Io, che scrivo questo, ne ho provato la verità». Infatti, egli stesso si era convinto che la debolezza dell'intelletto è proporzionata alla lunghezza della barba. Si narra anche che Harun el Rachid, trovandosi in un chiosco, vide un uomo con un formidabile onor del mento. Ordinò che lo portassero da lui e, quando gli fu dinanzi, gli domandò: «Come ti chiami?» «Abou Aruba», rispose l'uomo. «Qua! è la tua professione?» «Sono un maestro di dialettica». Allora Harun gli diede i! seguente caso da risolvere. Un uomo compra un caprone, che espellendo i suoi escrementi, lo colpisce con essi in un occhio e lo ferisce. «Chi deve pagare i danni?». «Il venditore», rispose prontamente Abou Aruba. «E perché?» chiese il califfo. «Perché ha venduto il caprone senza avvertire il compratore che aveva una catapulta nell'ano», argomentò il maestro
di dialettica. Al che Harun e! Rachid rise a crepapelle e recitò i seguenti versi: Quando la barba di un giovane Giunge fino all'ombelico, La cortezza del suo intelletto, a mio giudizio, È proporzionata alla lunghezza di essa. Molti autori affermano che tra i nomi propri ve ne sono alcuni che portano fortuna e altri che portano disgrazia, a seconda del loro significato. I nomi Ahmed, Mohammed, Hamdonna, Hamdun indicano, sia nella realtà sia in sogno, l'esito propizio di una transazione. Ali e Alia indicano altezza ed elevazione di rango. Naserouna, Naseur, Mansur, Naseur Allah indicano successo in tutti i campi e salvezza per chi è in pericolo. Fetah e Fetah Allah indicano vittoria, come tutti gli altri nomi che nel loro significato parlano di cose fortunate. I nomi Râd e Rada significano tuono, tumulto e comprendono tutto quanto è connesso a tale significato. Abou el Feurdj e Ferendj indicano gioia, Ranem e Renim successo, Khalf Allah e Khaleuf compensazione per una perdita e benedizione. Il senso di Abder Rassi, Hafid e Mahfond è favorevole. I nomi che includono le parole latif (benevolo), mounts (servizievole), hanin (compassionevole), aziz (amato), portano in sé, conformemente al senso di questi termini, le idee di benevolenza, lateuf (carità), iratsa (compassione), hanana e aiz (favore). Fra le parole di cattivo auspicio, per esempio, cito el ouar ed el ouara, che implicano l'idea di difficoltà. Per sostenere la verità delle precedenti osservazioni citerò questa massima del Profeta (Il saluto e la benevolenza di Dio a lui!): «Confronta i nomi che compaiono nei tuoi sogni con il loro significato, per poterne trarre le tue conclusioni». Devo ammettere che questo non era il luogo per trattare tale soggetto, ma una parola tira l'altra. Ora tornerà all'argomento di questo capitolo, cioè i vari nomi dell'organo sessuale maschile. Il nome el air deriva da el kir (il mantice del fabbro). Infatti, se giri in quest'ultima parola la lettera k, kef, in modo che guardi dalla parte opposta, leggerai el air. Il membro viene chiamato per il suo alterno gonfiarsi e sgonfiarsi. Se gonfio, sta eretto, se no, ricade molle. El hamama (il piccione). Perché nel momento in cui ritorna in riposo, dopo l'erezione, somiglia a un piccione femmina che si siede sulle sue uova. El teunnana (il campanellino). Perché quando entra o esce dalla vulva, nel coito, produce un suono. El heurmak (l'indomabile). Perché, quando è in erezione, comincia a muovere la testa, cercando l'ingresso della vulva finché non l'ha trovato e allora entra con grande insolenza, senza chiedere permesso.
El ahlil (il liberatore). Perché, entrando nella vulva di una donna tre volte ripudiata, le dà la libertà di tornare dal primo marito. El zeub (la verga). Dalla parola deub, che vuol dire strisciare. Questo nome è stato dato al membro perché, quando s'introduce tra le gambe di una donna e sente una ghiotta vulva, comincia a strisciare su per le cosce e il Monte di Venere, poi si avvicina all'entrata della vagina e continua a strisciare finché non si trova al punto giusto, dopo di che la penetra, pronto a eiaculare. El ham mach (l'eccitante). Perché eccita la vulva, con il suo continuo entrare e uscire. El nâass (il dormiente). Per la sua apparenza ingannevole. Quando è eretto, si allunga e s'indurisce tanto da far pensare che non tornerà mai molle. Ma quando ha lasciato la vulva, dopo aver soddisfatto la sua passione, si mette a dormire. Vi sono membri che si addormentano mentre sono nell'organo sessuale femminile, ma la maggioranza ne esce ancora duro. In quel momento, però, diventano sonnolenti e a poco a poco si addormentano. El zoddam (il piede di porco). Perché, quando incontra la vulva e questa non lo lascia passare subito, forza l'entrata con la testa, rompendo e lacerando ogni cosa, come un animale selvaggio in calore. El khiad (il sarto). Perché non entra nella vulva prima d'aver manovrato all'entrata, come un ago nella mano di un sarto, strisciando contro di essa e strofinandola finché non è sufficientemente eccitata, dopo di che vi penetra. Mochefi el relil (quello che estingue la passione). Questo nome è dato a un membro grosso, forte e lento a eiaculare. Esso soddisfa nel modo più completo i desideri amorosi di una donna, perché, dopo che l'ha eccitata al massimo, placa questa eccitazione meglio di ogni altro. E nello stesso tempo calma l'ardore dell'uomo. Quando vuole entrare in una vulva e, giunto all'entrata, la trova chiusa, si lamenta, supplica e promette: «Oh, amore mio, lasciami entrare, non resterò a lungo!» Ma, quando è ammesso, non mantiene la sua parola e non se ne va finché non ha soddisfatto il suo ardore con l'eiaculazione dello sperma, andando e venendo, spingendosi avanti e ritraendosi, muovendosi a destra e a sinistra. La vulva protesta: «Che ne è della tua parola, ingannatore? Non avevi detto che ti saresti fermato soltanto un momento?» E il membro risponde: «Ah, non me ne andrò finché non avrò incontrato il tuo utero; ma appena l'avrò trovato, mi ritirerà subito». A queste parole, la vulva sente pietà di lui e spinge avanti l'utero, che lo stringe e gli bacia la punta, come per salutarlo. Allora il
membro si ritira, perché la sua passione è soddisfatta. El khorrat (quello che si aggira). Perché, arrivato davanti alla vulva, dice di venire per affari importanti, bussa alla porta, si aggira dappertutto, senza alcuna vergogna o timidezza, frugando in ogni angolo a destra e a sinistra, avanti e indietro, poi d'un tratto scatta in fondo alla vagina per eiaculare. El deukkak (il batacchio). Perché, quando arriva all'entrata della vulva, vi dà un colpetto. Se la vulva apre la porta, entra; se non c'è risposta, bussa ancora e continua finché non viene ammesso. Così fa il parassita che vuole entrare nella casa di un ricco per partecipare a un festino: bussa alla porta e, se gli aprono, entra, altrimenti continua a bussare finché non riceve risposta. Lo stesso fa il deukkak alla porta della vulva. Per «bussare alla porta» s'intende la frizione del membro contro l'entrata della vagina, finché non diventa umida. La comparsa di questo umore è il fenomeno cui si allude con l'espressione «aprire la porta». El âouam (il nuotatore). Perché, quando entra nella vulva, non rimane in un posto solo, ma gira a destra e a sinistra, avanti e indietro, e infine si muove come un nuotatore in mezzo al proprio sperma e al fluido emesso dalla vulva, come se temesse di annegare e cercasse di salvarsi. El dekhal (quello che irrompe nella casa). Perché, quando arriva alla porta della vulva, questa gli chiede: «Cosa vuoi?» «Voglio entrare!», «Impossibile! Non ti posso accogliere per via delle tue dimensioni». Allora il membro insiste perché la vulva gli lasci mettere dentro soltanto la testa, promettendo di non entrare interamente; poi si fa avanti, strofina due o tre volte la punta tra le labbra della vulva, finché non diventano umide e così si lubrificano, allora introduce prima la testa, poi, con una spinta, affonda fino ai testicoli. El âaurar (il monocolo). Perché ha un occhio solo, che non è come gli altri, e non vede chiaramente. El fortass (il calvo). Perché non ci sono peli sulla sua testa, il che lo fa apparire calvo. Abou aïne (quello con un occhio solo). Perché il suo unico occhio ha la singolarità di essere senza pupilla e senza ciglia.
El âtsar (quello che inciampa). Perché, se vuole penetrare nella vulva e non trova la porta, picchia sopra e sotto, continuando così ad inciampare come sulle pietre della strada, finché le labbra della vulva diventano umide ed esso riesce a entrare. Allora la vulva chiede: «Cos'è successo, hai inciampato tanto?» E il membro risponde: «O, amore mio, c'erano delle pietre sulla strada». El dommar (quello con la testa strana). Perché la sua testa è diversa da tutte le altre. Abou rokba (quello con il collo). È infatti l'essere che ha un collo corto, una gola ben sviluppata e grossa all'estremità, una testa calva e pelo ispido, crespo, dall'ombelico al pube. Abou quetala (quello dalla folta chioma). Ha questo nome quando il pelo intorno ad esso è molto abbondante. El beiss (l'indipendente). Ha ricevuto questo nome perché dal momento in cui diventa duro e lungo non si cura di nessuno, solleva con la massima impudenza gli indumenti del suo padrone, alzando fieramente la testa, e lo fa vergognare, mentre esso non si vergogna affatto. Allo stesso modo sfrontato agisce con le donne, sollevando le loro vesti e denudandone le cosce. Il suo padrone può arrossire di questa condotta, ma, quanto al membro, la sua durezza e determinazione ad entrare nella vulva non fanno che aumentare. El mostahi (il pudico). Questo tipo di membro, che s'incontra qualche volta, è capace di provare vergogna e timidezza quando si trova davanti a una vulva che non conosce ed è soltanto dopo un po' che diventa più audace e s'indurisce. Talvolta è così turbato che rimane incapace di effettuare il coito, soprattutto quando è presente un estraneo, nel qua! caso è del tutto impossibilitato a muoversi. El bekkai (il piangente). Così chiamato per le molte lacrime che versa; appena è in erezione, piange; quando vede un bel viso, piange; quando tocca una donna, piange. Arriva persino a versare lacrime in memoria. El hezzaz (quello che si agita). Perché, appena penetra nella vulva, comincia ad agitarsi vigorosamente, finché non ha placato la sua passione.
El lezzaz (quello che vuole essere uno con la vulva). Gli hanno dato questo nome perché, appena entrato nella vulva, spinge e spinge finché il pelo incontra il pelo, sforzandosi di metter dentro persino i testicoli. Abou lâaba (quello che sputa). Perché quando si trova vicino a una vulva, o ne vede una, o anche soltanto ci pensa, o il suo padrone tocca e si diverte con essa e la bacia, la sua saliva comincia a muoversi e ha le lacrime all'unico occhio; questa saliva è particolarmente abbondante quando esso è stato per qualche tempo in ozio e allora può persino bagnare la veste del padrone. Questo tipo di membro è molto comune e sono pochi quelli che non l'hanno. Il liquido che sparge è chiamato dagli uomini di legge medi. La sua produzione è il risultato di giochi amorosi e lascivi pensieri. In certi giochi è così abbondante da riempire la vulva, tanto che si può erroneamente credere sia la donna a emetterlo. El fattach (il cercatore). Dalla sua abitudine, quando è nella vulva, di girarsi in tutte le direzioni, come se cercasse qualcosa. Quel qualcosa è l'utero ed esso non ha riposo finché non l'ha trovato. El hakkak (lo strofinatore). Ha avuto questo nome perché non entra nella vagina prima d'aver strofinato con la testa l'entrata e la parte inferiore del ventre. Lo si scambia di frequente con il successivo. El mourekhi (il flaccido). chiamato così quello che non riesce mai a entrare perché è troppo molle, quindi si accontenta di strofinare la testa contro l'entrata della vulva, finché eiacula. Non dà alcun piacere alla donna, perché ne eccita la passione, senza essere capace di soddisfarla. El motelâ (il rovistatore). Così chiamato perché si ficca in tutti gli angoli, per conoscere bene lo stato della vulva, distinguendone le qualità e i difetti. El mokcheuf (lo scopritore). Detto così perché, quando si eregge e rizza la testa, solleva gli indumenti che lo celano, scoprendo la nudità del suo padrone, e anche perché non ha paura di denudare le vulve che non conosce ancora, alzando senza vergogna le vesti che le nascondono. Non è assolutamente timido, non si cura di nulla e nulla rispetta. Niente di ciò che riguarda il coito gli è estraneo; ha una profonda conoscenza dello stato di umidità, freschezza, asciuttezza, morbidezza o calore delle vulve, che esplora con assiduità. Infatti, vi sono vulve esteriormente squisite, attraenti e belle di fuori, che all'interno lasciano molto a desiderare e non danno piacere perché non sono calde, ma umidissime, e hanno altri difetti simili. E perciò che il mokcheuf cerca di
scoprire qualsiasi cosa riguardi il coito e gli è stato dato questo nome. Questi sono i nomi principali che sono stati dati al membro virile, a seconda delle sue qualità. Se qualcuno pensa che l'elenco sia incompleto, può cercarne altri; ma io credo d'aver fornito un elenco abbastanza lungo da soddisfare i lettori.
CAPITOLO IX I VARI NOMI DATI ALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE
El feurdj, la fessura. El keuss, la vulva. El kelmoun, la voluttuosa. El ass, la primitiva. El zerzour, la protetta. El cheukk, la crepa. Abu tertour, quella con la cresta. Abu khochim, quella con il naso all'insù. El gueun fond, l'istrice. El sakouti, la taciturna. El deukkak, quella che schiaccia. El tseguil, l'insistente. El taleb, la bramosa. El hacen, la bellissima. El neuffakh, quella che gonfia. Abu djebaha, quella con una proiezione. El ouasâ, la vasta. El dride, la larga. Abu beldum, la golosa. El mokâur, la senza fondo. Abu âungra, la gobba. El rorbal, lo staccio. El hezzaz, l'irrequieta. El lezzaz, quella che vuole essere uno. El moudd, l'accomodante. El moudmn, quella che aiuta. El meusboul, la lunga. El molki, la duellatrice. El harrab, la fuggitiva. El sabeur, la rassegnata. El moseuffah, la sbarrata.
El mezour, la profonda. El âddad, quella che morde. El meussas, quella che succhia. El zeunbur, la vespa. El harr, la calda. El ladid, la deliziosa. Per quanto riguarda la vulva chiamata el feurdj, la fessura, ha questo nome perché si apre e si richiude quando desidera ardentemente il coito, come quella di una giumenta in calore quando è montata dallo stallone. Questa parola, comunque, si applica indistintamente agli organi sessuali dell'uomo e della donna, poiché Dio il Supremo ha usato questa espressione nel Corano, cap. XXXIII, v. 35: «El hafidin feurodjahoum u el hafidat». Il significato esatto di feurdj è fessura, apertura, passaggio; si dice «ho trovato un feurdj nelle montagne», vale a dire, un passaggio; c'è poi un soukoun sul ra e un fatcha sul djin, e in questo significato indica anche l'organo sessuale femminile. Ma se il ra è segnato da un fatcha significa liberazione dalle disgrazie. Dunque chi sogna la vulva, feurdj, di una donna, può dedurne che «se si trova in qualche difficoltà, Dio lo libererà presto da essa; se è in dubbio, uscirà presto dalla sua perplessità; e, infine, se è in miseria, divèrrà presto ricco, perché feurdj, trasponendo le vocali, significa liberazione dal male. Analogamente, se desidera qualcosa, la otterrà; se ha dei debiti, questi saranno pagati». Si ritiene di miglior auspicio sognare la vulva aperta. Infatti, se si è vista quella di una giovane vergine, ciò significa che la porta della consolazione resterà chiusa e che non si può ottenere la cosa desiderata. E dimostrato che l'uomo che vede in sogno la vulva di una vergine, ancora mai toccata, si troverà certamente in difficoltà e non sarà fortunato nei suoi affari. Ma se vede una vulva aperta, in cui può guardare dentro, o anche se è nascosta, ma egli è libero di entrarvi, porterà a buon fine le imprese più difficili, dopo aver prima fallito, e questo entro breve tempo, con l'aiuto di una persona cui non avrebbe mai pensato. Chi sogna un uomo che fa l'amore con una ragazza giovanissima e, quando questi esce da lei, ne vede la vulva, porterà a buon fine un affare, dopo un primo insuccesso, con l'aiuto dell'uomo che ha sognato. Se è lui stesso ad accoppiarsi con la ragazza e ne vede la vulva, riuscirà con i suoi soli sforzi a superare i problemi più ardui e avrà successo in ogni cosa. Generalmente parlando, sognare la vulva è un segno favorevole; e di buon auspicio anche sognare il coito e chi si vede nell'atto, finendo con l'eiaculazione, avrà successo in tutti i suoi affari. Ma non è la stessa cosa per l'uomo che inizia soltanto il coito, senza concluderlo. Questi, al contrario, sarà sfortunato in ogni iniziativa. L'uomo che sogna di fare l'amore con una certa donna, si suppone che, in seguito, avrà da lei quello che vuole. Chi sogna di unirsi a donne con cui avere rapporti sessuali è proibito dalla religione, come per esempio la madre, la sorella ecc. (maharin), deve considerarlo un presagio che si recherà in luoghi sacri (moharrem); forse andrà persino alla Casa di Dio e vedrà la tomba del Profeta.
Per quanto riguarda il membro virile, abbiamo già detto come sognare che gli avvenga qualche incidente significhi la perdita di ogni rimembranza e l'estinzione della razza. Vedere un paio di pantaloni (seronal) indica la nomina a una carica (oulala), per l'analogia tra le lettere che compongono la parola seronal e quelle che, per trasposizione formano sir, «vai», e ouali, «nominato»: «Vai al posto cui sei stato nominato». Si racconta che un uomo il quale sognò che l'emiro gli dava un paio di calzoni, in seguito divenne cadì. Sognare pantaloni è anche un segno di protezione per gli organi sessuali e preannuncia successo negli affari. La mandorla (louz), parola composta dalle stesse lettere di zal, cessare, vista in sogno da un uomo in difficoltà significa che presto queste finiranno; da un uomo malato, che riacquisterà la salute; in breve, che tutte le sventure finiranno. Un tale che aveva sognato di mangiare mandorle chiese a un saggio cosa significasse; gli fu risposto che, per l'analogia delle lettere che formano le parole iouz e zal, tutte le sue pene sarebbero scomparse; e i fatti confermarono questa interpretazione. Vedere in sogno un molare (deurss) è un segno d'inimicizia. Pertanto, chi sogna di perdere un molare può star certo che il suo nemico è morto. Lo dice la parola deurss, che significa tanto nemico quanto molare, per cui possiamo dire a un tempo «questo è il molare» e «questo è il mio nemico». Una finestra (taga) e una scarpa (medassa) fanno pensare alle donne. La vulva, infatti, quando è penetrata dal membro, assomiglia a una finestra in cui un uomo mette dentro la testa per dare un'occhiata, o a una calzatura che viene infilata. Quindi, chi sogna di guardare in una casa da una finestra o d'infilarsi una scarpa, è sicuro di possedere una donna giovane o una vergine, se la casa in cui si trova la finestra è stata appena costruita, o la scarpa è nuova e in buone condizioni; insomma, l'età della sua compagna dipenderà dallo stato della finestra e della scarpa. Perdere una scarpa è, per un uomo, il presagio della perdita della moglie. Sognare che una cosa piegata in due si apre, significa che un segreto sarà divulgato e reso pubblico. Se invece rimane piegata, il segreto verrà mantenuto. Se sogni di leggere una lettera, puoi essere sicuro che riceverai notizie, le quali saranno buone o cattive, a seconda del contenuto della missiva. L'uomo che sogna passi del Corano o delle Tradizioni, Hadits, trarrà le sue conclusioni dal loro argomento. Per esempio, il passo: «Egli ti concederà l'aiuto di Dio e un'immediata vittoria», significherà per lui successo e trionfo. Come pure: «Egli (Dio) ha la decisione nelle sue mani», «Il paradiso ti darà accesso aprendoti le sue molte porte» e altri passi simili. Una passo che tratta di castighi indica che si riceverà una punizione; da quelli che trattano di benefici si può presagire un evento fortunato. Del primo tipo è il passo del Corano: «Colui che perdona i peccati è terribile nelle sue punizioni». I sogni su poesie o canzoni si spiegano con il contenuto di esse. Chi sogna cavalli, muli o asini può sperare per il meglio, poiché il Profeta (il riconoscimento e la bontà di Dio siano con lui!) ha detto: «Le fortune degli uomini sono attaccate ai ciuffi dei loro cavalli fino al giorno della resurrezione»
e nel Corano è scritto: «Dio l'Altissimo ha voluto che essi vi servissero da montatura e per lusso». L'esattezza di questi sogni è fuori d'ogni dubbio. Chi si vede cavalcare un asino, come un corriere, e arriva a destinazione, sarà fortunato in tutte le cose; ma chi cade di sella, durante il tragitto, è avvertito che sarà soggetto a incidenti e disgrazie. La caduta del turbante dalla testa predice disonore, perché il turbante è la corona dell'arabo. Vedersi in sogno a piedi nudi significa una perdita; e ha lo stesso significato la testa nuda. Trasponendo le lettere si può giungere ad altre analogie. Tali interpretazioni non sarebbero al loro posto qui; ma mi sono deciso a presentarle in questo capitolo per via dell'uso che se ne può fare. Chi volesse saperne di più sull'argomento non ha che da consultare l'opera di Ben Sirine. Io torno ora ai nomi dati all'organo sessuale femminile. El keuss (la vulva). Questo è il nome che si dà all'organo di una donna giovane, molto carnosa e rotonda in ogni punto, con lunghe labbra, una grande fessura, bordi ben divisi, simmetrici e arrotondati; è morbida, seducente, perfetta in tutto e per tutto. Essa dà il massimo piacere ed è senza dubbio la migliore. Ci conceda Iddio il possesso di una simile vulva! Amen. E calda, stretta e asciutta, tanto che ti aspetteresti di vederne sprizzare scintille. La sua forma è graziosa, il suo odore è piacevole; la bianchezza del suo esterno fa contrasto con il rosso carminio del suo centro. Non c'è in essa alcuna imperfezione. El kelmoun (la voluttuosa). Questo è il nome dato alla vulva di una giovane vergine. El ass (la primitiva). Questo è adatto a ogni tipo di vulva. El zerzour (la protetta). La vulva di una ragazza giovanissima; oppure, come altri sostengono, a mio avviso falsamente, di una donna bruna. El cheukk (la crepa). La vulva di una donna magra, tutta ossa. simile a una crepa in un muro, senza ombra di carne. Dio ce ne scampi! Abu tertour (quella con la cresta). la vulva che ha una cresta rossa, come quella di un gallo, che si rizza nel momento del piacere.
Abu khochim (quella con il naso all'insù). la vulva con labbra sottili e un piccolo naso camuso. El gueunfond (l'istrice). La vulva della donna vecchia decrepita, rinsecchita dall'età, con il pelo ispido. El sakouti (la taciturna). E il nome della vulva che non si esprime mai. Il membro può penetrarla cento volte al giorno ed ella non dirà una parola, accontentandosi di stare a vedere, senza un mormorio. El deukkak (quella che schiaccia). Così chiamata per i suoi. movimenti di compressione sul membro. Di solito comincia con lo spingere il pene, appena entrato, a destra e a sinistra, poi lo afferra con l'utero e, se potesse, assorbirebbe anche i testicoli. El tseguil (l'insistente). la vulva che non si stanca mai di prendere il membro. Questo potrebbe passare con lei cento notti di seguito e penetrarla cento volte per notte, ch'essa non sarebbe ancora soddisfatta. Con un simile organo femminile i ruoli sono scambiati: la vulva è cacciatore, il membro la preda. Per fortuna è una rarità ed esiste soltanto in un piccolo numero di donne, che sono selvaggiamente appassionate, ardenti, tutte fuoco. El taleb (la bramosa). Anche questa vulva si trova solo in poche donne. In alcune è così di natura; in altre è il risultato di una lunga astinenza. Essa arde dal desiderio di un membro e, quando ne stringe uno, si rifiuta di lasciarlo andare finché il suo fuoco non sia completamente estinto. El hacen (la bellissima). È la vulva bianca, carnosa, rotonda come una cupola, salda e senza alcuna deformità. Non puoi staccare gli occhi da essa e il guardarla cambia una debole erezione in una forte. El neuffakh (quella che gonfia). Così chiamata perché un membro molle, avvicinandosi ad essa e strofinando qualche volta la propria punta contro l'entrata, si indurisce e si rizza immediatamente. Questa vulva dà alla donna un enorme piacere, perché al momento dell'orgasmo si apre e si chiude convulsamente, come quella di una giumenta. Abu djebaha (quella con una proiezione). Alcune donne hanno questo tipo di vulva, che è molto grande, con un pube che sporge in fuori come una fronte
carnosa e prominente. El ouasa (la vasta). Una vulva circondata da un pube molto grande. Le donne così fatte sono dette di vagina larga, perché, anche se all'accostarsi del membro essa sembra tanto chiusa e impenetrabile che nemmeno un meroud potrebbe passarvi, non appena sente il contatto del pene contro il proprio centro si spalanca immediatamente. Ed dride (la larga). Viene chiamata così la vulva che è tanto larga quanto è lunga, vale a dire, è sviluppata tutta in tondo, da un lato all'altro, dal pube al perineo. la più bella da guardare. Come ha detto il poeta: Essa ha lo splendido biancore di una fronte, Simile alla luna è nelle sue dimensioni, Il calore che irradia pare vampa di sole E sembra che bruci il membro che l'accosta; Questo non può penetrarla Se non è prima inumidito con saliva E l'odore che emette è pieno d'incanti! Così viene chiamata anche la vagina della donna opulenta. Quando accavalla le cosce, la sua vulva spicca come la testa di un vitello. Nuda, essa sembra un saâ di grano posto tra le sue cosce e, quando la donna cammina, si evidenzia anche sotto le vesti per il movimento ondeggiante che compie a ogni passo. Possa Iddio, nella sua bontà e generosità, farci godere di una vagina simile! Essa è di tutte la più piacevole, celebrata e desiderata. Abu beldum (la golosa). E la vulva con una grande capacità di trangugiamento. Se una simile vagina è stata senza coito pr un certo tempo, inghiotte il membro che vi penetra senza lasciare traccia all'esterno, proprio come un uomo affamato si getta sul cibo che gli viene offerto, buttandolo giù quasi senza masticarlo. El rnokâur (la senza fondo). Questa è la vulva di lunghezza straordinaria, che pertanto ha l'utero situato molto indietro. Essa richiede un membro di dimensioni eccezionali, poiché nessun altro potrebbe risvegliare la sua sensibilità amorosa. Abu âungra (la gobba). Questa vulva ha un monte di Venere prominente e duro, che si solleva come la gobba sul dorso del cammello e si allunga in basso tra le cosce come la testa di un vitello. Possa Dio farci godere di una simile
vulva! Amen! El rorbal (lo staccio). E la vulva che, ricevendo il membro, si scuote da tutte le parti, in su e in giù, a destra e a sinistra, avanti e indietro, finché giunge il momento del piacere. El hezzaz (l'irrequieta). Quando questa vagina ha ricevuto il membro, comincia a muoversi violentemente e senza interruzione finché il pene non tocca l'utero, poi non conosce riposo prima d'aver goduto tutto il suo piacere e compiuto l'opera. El lezzaz (quella che vuole essere uno). E la vagina che, avendo accolto il membro, si spinge su di esso e vi aderisce così strettamente che, se fosse possibile, avvolgerebbe anche i testicoli. El moudd (l'accomodante). Così viene chiamata la vulva di una donna che ha provato per molto tempo un ardente desiderio del coito. In estasi per il membro che entra in lei, è felice di assecondare i suoi movimenti e spinge in avanti l'utero alla sua portata, il che, dopo tutto, è il dono più bello che può fargli. Qualunque posto esso voglia esplorare al suo interno, questa vulva gli darà il benvenuto, graziosamente esaudendo il suo desiderio; non c'è cantuccio che non lo aiuterà a raggiungere. El moudin (quella che aiuta). Così chiamata perché assiste il membro nel suo spingersi avanti e indietro, nel suo andare su e giù, insomma, in tutti i suoi movimenti, per ciò che esso desidera fare: entrare o ritirarsi, muoversi da una parte e dall'altra, ecc., la vulva è ansiosa di aiutarlo, rispondendo al suo appello. Con questo aiuto l'eiaculazione è facilitata e il piacere è reso più intenso. El meusboul (la lunga). Questo nome si dà soltanto ad alcune vulve. Tutti sanno che gli organi sessuali femminili sono ben lungi dall'avere tutti la stessa forma e lo stesso aspetto. Questa vulva si estende dal pube all'ano. Si allunga quando la donna è in piedi o sdraiata e si contrae quando la donna è seduta, e in questo differisce dalla vulva rotonda. Sembra una splendida fetta di cocomero posta tra le cosce. In alcune donne sporge sotto una veste leggera o quando la donna si piega all'indietro. El molki (la duellatrice). Questa è la vulva che, quando vi entra il membro, effettua il movimento avanti e indietro, spingendosi su di esso per timore che si ritragga prima che arrivi il piacere. Non c'è altro godimento per essa che il
colpo dato all'utero dal membro ed è per questo che proietta l'utero per stringere e succhiare la ghiandola del pene quando ha luogo l'eiaculazione. Certe vulve, pazze di desiderio e di libidine, sia perché sono così di natura, sia a causa di una lunga astinenza, si gettano sul membro che si accosta, aprendo la bocca come un infante affamato al quale la madre offre il seno. Allo stesso modo questa vulva avanza e si ritrae sul membro per portarlo di fronte all'utero, quasi temesse che, senza aiuto, non riuscirebbe a trovarlo. La vulva e il membro sembrano così due abili duellanti. Ogni volta che uno di essi si lancia contro l'antagonista, quest'ultimo mette avanti lo scudo per parare il colpo e respingere l'assalto. Il membro rappresenta la spada e l'utero lo scudo. Quello che eiacula per primo è il vinto, mentre il più lento è il vincitore e, senza dubbio, è un bel combattimento! Io mi batterei così senza fermarmi fino al giorno della mia morte. Come dice il poeta: Ho mostrato loro l'effetto di uno spirito sottile Tessendo come un ragno sempre all'opra. Esse m han detto: «Per quanto continuerai?» Io ho risposto: «Fino alla morte». El harrab (la fuggitiva). Questa è la vulva che, essendo molto stretta e corta, prova dolore quando viene penetrata da un membro molto grosso e duro, e cerca di sfuggirgli come può. Questo accade, sidice, con la vulva di quasi tutte le vergini, che, non avendo ancora fatto conoscenza con il membro e temendo il suo ingresso, cerca di togliersi dalla sua strada, quando scivola tra le cosce e vuole essere ammesso. El sabeur (la rassegnata). Questa è la vulva che, avendo accolto il membro, si sottomette a tutti i suoi capricci e movimenti. Si dice sia abbastanza forte da subire con rassegnazione i coiti più violenti e prolungati. Fosse assalita anche cento volte, non ne sarebbe minimamente infastidita o irritata, anzi, invece di protestare, renderebbe grazia a Dio, e mostrerebbe la stessa pazienza se la visitassero uno dopo l'altro molti membri. Questo tipo di vulva si trova nelle donne di temperamento appassionato. Se solo sapessero come riuscirci, non permetterebbero all'uomo di staccarsi né al suo membro di ritirarsi da loro neppure per un momento. El moseuffah (la sbarrata). Questa non s'incontra spesso. Il difetto che la distingue è a volte naturale, a volte il risultato di una circoncisione eseguita senza abilità. Può accadere che il chirurgo faccia un falso movimento con il suo strumento e ferisca le labbra della vulva, o anche soltanto una. Rimarginandosi, si forma sì una spessa cicatrice che sbarra il passaggio, e quindi, per rendere la vagina accessibile al membro, si deve ricorrere al bisturi, eseguendo
un'operazione chirurgica. El mezour (la profonda). La vulva che ha sempre la bocca aperta e di cui non si vede il fondo. Solo i membri più lunghi possono raggiungerlo. El âddad (quella che morde). La vulva che, quando il membro è entrato e arde di passione, si apre e si richiude su di esso ferocemente. E soprattutto quando sta per avvenire l'eiaculazione che l'uomo si sente mordere la punta del membro dalla bocca dell'utero. E senza dubbio c'è una forza di attrazione in essa, quando si attacca alla ghiandola, bramando lo sperma, e la tira dentro più che può. Se Dio, nella sua potenza, ha decretato che la donna rimanga incinta, lo sperma si concentra nell'utero, dove gradualmente prende vita; se invece l'Onnipotente non permette il concepimento, l'utero espelle il seme, che allora si spande nella vagina. El meussas (quella che succhia). Questa è la vagina che, ardendo di passione a causa di voluttuosi preliminari o di una lunga astinenza, comincia a succhiare il membro che l'ha penetrata con tanta forza da togliergli tutto il suo sperma, trattando l'organo sessuale maschile come un bambino che poppa il seno materno. Un poeta lo ha descritto nei versi che seguono: Ella – la donna – mostra alzando la veste Una cosa - la vulva - ben sviluppata e tonda A una tazza capovolta somigliante. Mettendovi la mano, ti sembra di toccare Un ben formato seno, elastico, saldo e pieno. Quando affondi la tua lancia, essa vien morsa E tirata dentro per suzione, Come da un bimbo una mammella. E quando hai finito, se vuoi ricominciare, La trovi ancora ardente come un forno. Un altro poeta (Dio esaudisca tutti i suoi desideri in Paradiso!) ha composto sullo stesso tema la seguente poesia: Dell'uomo sdraiato sulla donna Essa – el meussas – riempie la mano Che deve essere ben distesa per coprirla. Nella sua sede tra le cosce sporge Come di palma un chiuso bocciolo. Certo liscia è la sua pelle Come d'adolescente guancia imberbe, Stretto è il canale, non facile l'accesso, A chi entrare cerca, sembra di battere Contro una cotta di maglia
E quand'è penetrata un suono emette Simile a quello di lacerata stoffa. Il membro avendola riempita, Avverte il vivo benvenuto d'un morso Come quel che il capezzolo della nutrice riceve Quando vien messo nella bocca del bimbo. Le sue labbra ardono Come vivo fuoco divampante E quanto è dolce questa rossa fiamma, Quanto per me deliziosa! El zeunbur (la vespa). Questa vulva è caratterizzata dal pelo folto e ispido. Quando il membro si accosta e cerca di entrare, viene punto dai peli come da una vespa. El harr (la calda). Questa è una delle vulve più pregevoli. Il calore, infatti, è molto apprezzato nell'organo sessuale femminile e si può dire che l'intensità del godimento che esso dà è proporzionato al calore che sviluppa. Un poeta ha lodato questa vulva nei versi che seguono: La vulva possiede un calore intrinseco, Racchiuso nel suo cuore e nel suo seno. La vampata si trasmette a chi la penetra Ed è intensa come il fuoco dell'amore. Strettamente ti calza, come una scarpa Fatta per il tuo piede, poiché più piccola è Del nero cerchio della tua pupilla. El ladid (la deliziosa). Questa ha la reputazione di dare all'uomo uh piacere senza pari, paragonabile soltanto a quello delle fiere e degli uccelli da preda, per il quale essi si scontrano in sanguinosi combattimenti. E se un simile effetto è prodotto sugli animali, cosa dev'essere per l'uomo? Così avviene che tutte le guerre hanno origine dalla ricerca del voluttuoso piacere che la vulva dà, e che è una delle cose più belle di questo mondo; esso fa parte delle delizie del paradiso, concessoci da Dio come un'anticipazione di ciò che ci attende, vale a dire, delizie mille volte superiori, sopra le quali va posta soltanto la vista del Benevolo. Senza dubbio si possono trovare altri nomi dell'organo sessuale femminile, ma il numero di quelli menzionati sopra mi sembra abbastanza grande. Lo scopo principale di questo libro è raccogliere tutte le informazioni dilettevoli e degne di nota riguardo al coito, così che l'uomo con un'erezione difficile possa cercarvi un rimedio contro la sua debolezza. Dotti medici hanno scritto che gli uomini i cui membri hanno perduto la loro forza e sono afflitti da impotenza dovrebbero leggere assiduamente libri che trattano del coito e studiare con attenzione i vari modi di fare l'amore, per recuperare l'antico vigore. Un mezzo
sicuro per ottenere l'erezione è guardare animali che si accoppiano. Siccome questo non è sempre possibile, ecco che diventano indispensabili i libri sul coito. In ogni paese, grande o piccolo, sia il ricco sia il povero ha il gusto di questi libri, che possono paragonarsi alla pietra filosofale, che trasforma i metalli vili in oro. Si racconta (e Dio penetra le questioni più oscure, poiché Egli è la saggezza stessa!) che c'era una volta, prima del regno del grande califfo Harun el Rachid, un buffone, che era il gran divertimento delle donne, dei vecchi e dei bambini. Il suo nome era Djoâidi. Molte donne gli concedevano liberamente i loro favori ed era bene accolto da tutte. Anche principi, visir e caid lo trattavano bene; in generale, tutto il mondo lo viziava; a quel tempo, infatti, i buffoni godevano del più grande rispetto, ragion per cui un poeta ha scritto: O, Tempo! Di tutti gli abitanti di questo mondo Tu innalzi soltanto i buffoni e gli sciocchi, O quello che aveva per madre una prostituta, O quello il cui ano serve da calamaio, O quello che è stato fin da giovane un ruffiano E altro lavoro non ha che mettere insieme i due sessi. Djoâidi raccontò un giorno la seguente storia.
STORIA DI DJOÂIDI E FADEHAT EL DJEMAL Ci fu un tempo in cui ero innamorato di una donna che era tutta grazia e perfezione, con forme bellissime e dotata di ogni immaginabile incanto. Le sue guance erano simili a rose, la sua fronte aveva il candore dei gigli; aveva denti come perle e seni come melograni. Quando si apriva, la sua bocca era rotonda come un anello; la sua lingua sembrava incrostata di pietre preziose; i suoi occhi, neri e mirabilmente tagliati, sembravano sempre illanguiditi dal sonno e la sua voce aveva la dolcezza dello zucchero. Di forme piacevolmente piene, la sua carne era morbida come il burro fresco e pura come il diamante. Quanto alla sua vulva, essa era bianca, prominente, rotonda come un arco; il suo centro era rosso e alitava fuoco, senza traccia d'umidità; poiché, dolce al tocco, era del tutto asciutta. Quando camminava, appariva in rilievo come una cupola o una tazza capovolta. Quando si abbassava, era visibile tra le sue cosce, simile a un bambino sdraiato su un poggio. Questa donna era una mia vicina. Tutte le altre ridevano e scherzavano con me, tutte seguivano con gran piacere i miei suggerimenti. Io mi beavo dei loro baci, dei loro stretti abbracci e dei loro piccoli morsi, e di succhiare le loro labbra, i seni, i colli. Con tutte feci l'amore, eccetto che con la mia vicina, ed era proprio lei che desideravo possedere più di ogni altra; ma invece di essere gentile con me, lei piuttosto mi evitava. Un giorno in cui cercai di appartarmi con lei, per
divertirci insieme, e parlare dei miei desideri, ella mi recitò i seguenti versi, il cui senso era un mistero per me: Fra le cime dei monti c'era una tenda saldamente piantata, Visibile a tutti gli sguardi lassù a mezz'aria. Ma cadde il palo che la sosteneva E come un secchio senza manico essa rimase, Con tutte le funi slacciate e il centro infossato, Che formava una cavità simile a quella di una pentola. Ogni volta che le parlavo del mio amore, lei mi rispondeva con questi versi, che per me erano privi di significato, per cui non potevo replicare, ma questo, d'altra parte, non faceva che eccitare la mia passione. Allora interrogai tutti i miei conoscenti - fra cui dotti, filosofi e studiosi - ma nessuno riuscì a risolvere questo indovinello in modo che io potessi soddisfare il mio desiderio e acquetare la mia passione. Tuttavia continuai le ricerche e, infine, seppi di uno studioso chiamato Abu Nuass, che viveva in un paese lontano ed era, mi dissero, l'unico uomo capace di risolvere l'enigma. Allora andai da lui, gli parlai delle conversazioni che avevo avuto con la donna e gli recitai quei misteriosi versi. Allora Abu Nuass mi disse: «Quella donna ti ama più di ogni altro uomo. Ella è di forme piene e opulente». «Hai perfettamente ragione,» dissi io. «L'hai descritta come se fosse davanti a te, salvo per quanto dici riguardo al suo amore per me, perché finora non me ne ha dato alcuna prova.» «Ella non ha marito. » «È così.» Allora Abu Nuassa aggiunse: «Devo supporre che il tuo pene è di piccole dimensioni e un simile membro non può darle piacere né soddisfare la sua passione, poiché ciò che ella vuole è un amante con un membro grosso come quello di un asino. Però io posso sbagliarmi. Dimmi la verità al riguardo». Quando lo ebbi rassicurato su questo punto, affermando che il mio pene, che cominciava a rizzarsi sentendo mettere in dubbio la sua validità, era di dimensioni più che rispettabili, egli mi disse che in tal caso ogni difficoltà sarebbe scomparsa e mi spiegò quei versi come segue: «La tenda, saldamente piantata, rappresenta una vulva di grandi dimensioni e protesa molto in avanti, e i monti sui quali sorge sono le cosce. Il palo che ne sostiene il centro rappresenta il membro virile piantato tra le labbra della vulva e il fatto che venga strappato dal suolo significa che la donna non ha marito. Ella è come un secchio senza manico. Un secchio senza manico per reggerlo non serve a nulla, il secchio rappresentando la vulva, il manico il membro. Le funi sono slacciate e il centro è infossato. Ciò significa che, come la tenda senza un palo di sostegno s'incava al centro, inferiore in questo alla vulva che resta su anche senza aiuto, così la donna che non ha marito non può godere di una felicità completa. Dalle parole forma una cavità simile a quella di una
pentola, poi, puoi giudicare quanto lasciva Dio ha fatto quella donna: ella paragona la sua vulva a una pentola, nella quale si cuoce lo tserid. Ascolta: quando lo tserid viene messo nella pentola, per essere buono deve essere mescolato con un lungo e robusto bastone, mentre la pentola viene tenuta ferma con i piedi e la mano libera. Solo così si può prepararlo come si deve. Un semplice cucchiaio non andrebbe bene: la cuoca si brucerebbe la mano, perché ha il manico troppo corto, e lo tserid non sarebbe buono. Questo, o Djoâidi, simboleggia la natura di quella donna. Se il tuo membro non ha le dimensioni di un rispettabile bastone, adatto a mescolare bene lo tserid, non potrai soddisfarla, e, inoltre, se non la stringi forte al tuo petto, tenendola ferma con le mani e i piedi, è inutile che cerchi i suoi favori. Infatti, se lasci che si consumi nella passione, come il fondo della pentola si brucia quando non si mescola lo tserid col bastone, non soddisferai le sue voglie. Capisci ora cosa le ha impedito di accondiscendere ai tuoi desideri: temeva che tu non fossi capace di estinguere la sua fiamma, dopo averla attizzata. Ma dimmi, Djoâidi, come si chiama quella donna?» «Fadehat e! Djemal» (il sorriso della bellezza), risposi. «Va' da lei» disse il saggio, «recitale questi versi e avrai ciò che desideri, a Dio piacendo! Poi torna da me per raccontarmi come sono andate le cose tra voi due.» Io promisi che l'avrei fatto e Abou Nuass mi recitò i versi che seguono: Abbi pazienza ora, o Fadehat el Djemal, Le tue parole ho capito E ognun vedrà come vi obbedisco. O, tu, amata e cercata da tutti, Possa io bearmi e gloriarmi dei tuoi incanti! O, pupilla dei miei occhi! Pensavi non sapessi Come dovevo rispondere ai tuoi versi. Sì, certo! L'amore che ti porto Mi ha reso sciocco agli occhi di quanti conosco. Pensavano che mi possedesse un demone Mi chiamavano grullo e buffone. Per Dio! La vedranno se sono un giullare, Perché chi può vantare un membro come il mio? Ecco! Guardalo, misuralo! Qualunque donna lo provi s'innamora di me, Sì, da violento amore è presa. È un fatto Che puoi vederlo da lontano, come una colonna. Quando si erge, solleva la mia veste e mi fa vergognare. Ora prendilo gentilmente, mettilo nella tua tenda, Situata tra le ben note montagne. Esso vi starà come a casa sua, ammorbidirsi Non lo sentirai, ma conficcarsi in te duro come un chiodo. Prendilo per dare un manico al tuo secchio.
Vieni, guardalo, e nota bene Quanto vigorosa e lunga è la sua erezione! Se è un buon bastone che tu desideri, Un bastone da usare tra le tue cosce, Prendilo per mescolare lo tsedir nella tua pentola. Ti farà contenta, o mia signora! Fosse pur placcata d'oro, La tua pentola sarà soddisfatta! Avendo imparato a memoria questi versi, salutai Abu Nuass e tornai da Fadehat e! Djemal. Come al solito, la mia amata era sola. Bussai piano alla porta; lei uscì subito, bella come il sole sorgente, e avvicinandosi a me disse: «O tu, nemico di Dio, cosa ti porta da me a quest'ora?» «Una faccenda di grande importanza, mia signora,» risposi. «Spiegati e vedrò se posso aiutarti.» «Non te ne parlerò finché non saremo in casa, con la porta sbarrata.» «La tua audacia è oggi grandissima,» lei disse. Ed io: «Vero, mia signora! L'audacia è una delle mie qualità». Allora lei mi disse: «Nemico dite stesso! Il più miserabile della tua specie! Se io sbarrassi la porta e tu non avessi di che soddisfare i miei desideri, cosa potrei farne dite, faccia di giudeo?» «Mi lascerai dividere il tuo letto e mi concederai i tuoi favori.» Ella scoppiò a ridere e, dopo che fummo entrati in casa, disse a una schiava di sbarrare la porta. Come al solito, la pregai di accettare le mie proposte; allora lei mi recitò ancora una volta i suoi versi. Quando ebbe finito, cominciai a recitarle quelli che mi aveva insegnato Abu Nuass. A mano a mano che procedevo, la vidi sempre più turbata. Sembrava venir meno, sbadigliava, si stirava, faceva gran sospiri. Ora sapevo che avrei ottenuto lo scopo. Quando ebbi finito, il mio membro era così duro che sembrava un pilastro, e si stava ancora allungando. Quando Fadehat el Djemal se ne accorse, si gettò su di esso, lo prese in mano e se lo tirò verso le cosce. Allora io dissi: «Pupilla dei miei occhi, non possiamo farlo qui, andiamo in camera tua». Ma ella replicò: «O tu, figlio di una donna di malaffare! Davanti a Dio, mi sento venir meno a veder il tuo membro diventare sempre più lungo e sollevarti la veste. O, che membro! Non ne ho mai visto uno più bello! Introducilo in questa carnosa, deliziosa vulva, che fa impazzire chiunque l'ha sentita descrivere, per la quale tanti sono morti d'amore, e che uomini più importanti dite e i tuoi stessi padroni non potrebbero possedere». Io ripetei: «Non lo farò in nessun altro luogo che la tua camera». Lei allora disse: «Se non entri in questo stesso momento nella mia morbida vulva, morirò, » e, siccome io insistevo sull'andare in camera sua, ella gridò: «No, è insopportabile; non posso aspettare oltre!» E infatti io vidi le sue labbra tremare, i suoi occhi riempirsi di lacrime. Un brivido la percorse tutta, cambiò colore e si distese supina, scoprendo le cosce, la bianchezza delle quali faceva sembrare la sua carne cristallo colorato col
carminio. Allora guardai la sua vulva: una cupola bianca con un centro di porpora, morbida e piena d'incanto, che si aprì come quella di una giumenta all'accostarsi dello stallone. In quel momento ella afferrò il mio membro e lo baciò, dicendo: «Per la religione di mio padre, questo deve penetrare nella mia vulva» e accostatasi di più a me, lo spinse verso la sua vagina. Allora non esitai più e misi il membro contro l'entrata della vulva. Appena la punta toccò le labbra, l'intero corpo di Fadehat el Djemal tremò d'eccitazione. Ansimando e gemendo, mi strinse al suo petto. Approfittai di quel momento per ammirare di nuovo la bellezza della sua vulva. Era magnifica, il suo centro purpureo spiccava nel candore del resto. -Rotonda e senza alcuna imperfezione si protendeva come una cupola splendidamente ricurva tra le sue cosce. In breve, era un capolavoro del creato, bella quanto si può esserlo. La benedizione di Dio, che è il creatore più grande, sia su di essa! E la donna che possedeva una simile meraviglia non aveva al suo tempo chi la superasse in splendore.Poi, vedendola così in estasi, tremante come un uccello di cui si sta tagliando la gola, spinsi il mio dardo dentro di lei. Tuttavia, pensando che potesse non essere in grado di accogliere tutto il mio membro, ero entrato con cautela, ma ella dimenò furiosamente le natiche, dicendo: «Questo non basta per soddisfarmi.» Allora, con una forte spinta, immersi completamente il mio membro in lei, che lanciò un grido di dolore, ma un momento dopo prese a muoversi con una furia maggiore di prima. «Non dimenticare gli angoli,» gridò, «né in alto né in basso, ma soprattutto non trascurare il centro! Il centro!» ripeté. «Se ti senti venire, spingilo dentro l'utero, ed estinguerai così la mia passione.» Poi ci muovemmo alternativamente all'indietro e all'infuori, e fu delizioso. Le nostre gambe erano allacciate, i muscoli tesi e continuammo così, baciandoci e stringendoci, finché l'orgasmo venne per entrambi contemporaneamente. Allora ci fermammo a riposare dopo il nostro amoroso conflitto. Io volevo ritirare il membro, ma lei non lo permise e mi supplicò di lasciarlo dov'era. Esaudii il suo desiderio, ma un momento dopo ella stessa lo tirò fuori, lo asciugò e lo rimise nella vulva. Rinnovammo allora il nostro gioco, baciandoci, stringendoci e muovendoci ritmicamente. Poi, dopo un po', ci alzammo e andammo in camera sua, questa volta senza aver concluso. Lei mi diede un pezzetto di radice aromatica, raccomandandomi di tenerlo in bocca e assicurandomi che, finché l'avessi masticato, il mio membro sarebbe rimasto eretto. Poi mi chiese di sdraiarmi supino, cosa che feci. Lei allora si mise sopra di me e, preso il pene, lo introdusse completamente nella vagina. Rimasi sbalordito dal vigore della sua vulva e dal calore che emetteva. L'apertura del suo utero, in particolare, suscitava la mia ammirazione. Non avevo mai provato nulla di simile al piacere che provai quando afferrò il mio membro e strinse la ghiandola. Prima di Fedehat el Djemal, nessuna donna aveva mai accolto il mio membro in tutta la sua lunghezza. lei poté farlo, credo, perché era di corporatura
opulenta, con una vulva ampia e profonda. A cavalcioni su di me, cominciò a muoversi su e giù. Gridava, gemeva, a un certo punto rallentò il movimento, poi lo accelerò di nuovo, si fermò del tutto; quando parte del mio membro divenne visibile, lei lo guardò, quindi lo tirò fuori completamente per esaminano con attenzione, poi se lo mise di nuovo tutto dentro. Continuò così finché fu di nuovo sopraffatta dal piacere. Infine, essendo smontata da me, si stese supina e mi chiese di mettermi io adesso sopra di lei. Così feci, e lei introdusse completamente il mio pene nella sua vulva. Continuammo dunque le nostre carezze, cambiando di volta in volta posizione, fino al calar della notte. Io allora ritenni che fosse il momento di dirle che dovevo andare, ma non fu d'accordo e dovetti darle la mia parola che sarei rimasto. «Questa donna non mi lascerà andare via a nessun costo» pensai, «ma quando farà giorno Dio mi consigliera.» Dunque rimasi con lei e continuammo ad accarezzarci l'un l'altra, prendendoci ben poco riposo, fino al mattino. Calcolai che, in quel giorno e quella notte, compii l'atto del coito ventisette volte e cominciai a temere che non avrei mai potuto lasciare quella casa. Essendo infine riuscito 'ad andarmene, tornai a trovare Abu Nuass e lo informai di quanto era avvenuto. Egli ne fu stupito e le sue prime parole furono: «O Djoâidi, tu non puoi avere alcun potere né autorità su quella donna ed ella ti farà fare penitenza per tutto il piacere che hai avuto dalle altre». Poco dopo, Fadehat el Djemal mi propose di sposarla, per porre fine alle voci sgradevoli che circolavano sulla sua condotta. Io, d'altro canto, cercavo soltanto una relazione adulterina. Chiesi consiglio ad Abu Nuass, che rispose: «Se sposi Fadehat el Djemal, ti rovinerai la salute, Dio ti toglierà la sua protezione e, cosa peggiore di tutte lei ti sarà infedele, poiché è insaziabile riguardo al coito, e ti riempirà di vergogna». Al che io dissi: «Questa è la natura delle donne; sono insaziabili, quando si tratta della vu!va, e finché la loro lussuria viene soddisfatta, non si curano se sia con un buffone, un negro, un servo o persino un uomo disprezzato e condannato dalla società». Allora Abu Nuass dipinse il carattere delle femmine nei versi che seguono: Le donne sono demoni e nascono tali, Come ognun sa, degne non son di fiducia; Se amano un uomo, è solo per capriccio, E quanto più tu le ami, tanto più sono crudeli con te. Esseri pieni d'inganno e tradimento, io affermo Che chi le ama proprio è un uomo perduto; Se c'è chi non crede alle mie parole, le metta alla prova, Amando una donna per anni! Se, nella tua generosità, tutto le hai dato Un anno dopo l'altro, lei poi dirà: «Lo giuro su Dio! I miei occhi non hanno mai visto Nulla che mi venisse da lui!»
Dopo che ti sei impoverito per lei, Ogni giorno, per sempre il suo grido sarà: «Dà, uomo, dà. Alzati e compra e prendi a prestito.» Se così dite non può approfittarsi, ti si volge contro, Raccontando menzogne sul tuo conto e calunniandoti. In assenza del padrone, dall'usare lo schiavo non disdegna, Quando la sua passione sia eccitata, ed è piena d'inganni. Certamente, quando è in calore la sua vulva, Non pensa che a colmarla con un membro eretto. Guardaci, Dio, dalla malizia delle femmine E in particolare delle donne vecchie! Così sia.
CAPITOLO X GLI ORGANI SESSUALI DEGLI ANIMALI Sappi, o Visir (la benedizione di Dio sia con te!) che gli organi sessuali dei vari animali maschi non sono simili alle diverse nature dei membri virili che ho elencato. I membri degli animali sono classificati secondo le specie cui appartengono, che sono quattro. 1. I membri degli animali provvisti di zoccoli, come il cavallo, il mulo, l'asino, che sono di grandi dimensioni. El rermul, il colosso. El kass, il serpente arrotolato. El fellag, lo spaccatutto. El zellate, la mazza. El heurmak, l'indomabile. El meunefukh, il gonfio. Abu dommar, quello che ha la testa. Abu beurnita, quello con il cappello. El keurkite, il membro a punta. El keuntra, il ponte. El rezama, il maglio. Abu sella, il lottatore. 2. I membri degli animali che hanno il tipo di zoccolo chiamato akhfaf, come, per esempio, il cammello. El mâlum, il famoso. El tonil, il lungo. El che rita, il lussurioso El moustakime, il fermo. El heurkal, il dondolante. El mokheubbi, il nascosto. El chaaf, la barba a punta. Tsequil el ifaha, quello che si muove lentamente. 3. I membri degli animali con zoccoli fessi, come il bue, la pecora, ecc. El aceub, il cervo. El heurbadj, la bacchetta.
El sont, la frusta. Requig er ras, la piccola testa. El tonil, il lungo. Per il montone: El aïçoub, il nervoso. Infine, i membri degli animali che hanno zampe con unghie, come il leone, la volpe, il cane e altre specie. El kebib, la verga. El kibuss, la grande ghiandola. El metemerole, quello che si allunga. Si ritiene che, di tutti gli animali creati da Dio, il leone è il più esperto nel coito. Quando incontra una leonessa, la osserva prima di montarla e scopre così se è già stata coperta da un maschio. Quando la femmina gli si avvicina, il leone la fiuta e, se si è lasciata coprire da un altro, lo capisce immediatamente dall'odore che quell'animale ha lasciato su di essa. Quindi fiuta la sua urina e, se l'esame risulta sfavorevole, s'infuria e comincia ad agitare rabbiosamente la coda. Guai all'animale che allora gli si avvicini, può essere sicuro che sarà sbranato, fatto a brandelli. Poi il leone torna dalla femmina, la quale, vedendo che sa tutto, trema di terrore. La fiuta di nuovo, lancia un ruggito tale da scuotere le montagne e, scagliandosi su di lei, le lacera il dorso i con gli artigli. Può arrivare addirittura ad ucciderla, per poi insozzarne il corpo con l'urina. Si dice che il leone sia il più geloso e il più intelligente degli animali. Pare anche che sia generoso e che risparmi chi lo circuisce con belle parole. L'uomo che, incontrando un leone, si scopre il membro, lo fa fuggire. Anche pronunciando davanti a un leone il nome di Daniele (saluti a lui!) lo si fa scappare, perché il profeta (Ave!) ha ordinato che così facesse, udendo il suo nome. Dunque, quando lo si pronuncia, il leone se ne va senza fare alcun danno. Si citano molti casi che lo provano.
CAPITOLO XI DEGLI INGANNI E I TRADIMENTI DELLA DONNA Sappi o Visir (Dio sia buono con te!) che gli intrighi delle donne sono numerosi e ingegnosi. I loro trucchi ingannerebbero lo stesso Satana, poiché l'Altissimo ha detto (Corano, cap. XII, v. 28) che le capacità ingannatrici delle donne sono grandi e anche (Corano, cap. VI, v. 38) che le trame di Satana sono deboli. Confrontando il verbo di Dio, sugli inganni della donna e di Satana, contenuto in quei due versi è facile capire quanto grandi siano i primi.
STORIA DI UN MARITO INGANNATO E CONVINTO D'ESSERE STATO EGLI STESSO INFEDELE Si narra che un uomo s'innamorò di una donna che possedeva tutte le perfezioni immaginabili. Egli le fece proposte che furono respinte; poi cercò di sedurla con ricchi doni, ma furono anch'essi rifiutati. L'uomo si lamentava, protestava ed era prodigo con il suo danaro per conquistarla, ma senza alcun risultato, e divenne magro come uno spettro. Tutto ciò andò avanti per qualche tempo, finché conobbe una vecchia con la quale si confidò, lamentandosi amaramente del suo amore infelice. Allora lei gli disse: «Ti aiuterò io, se così piace all'Altissimo». Immediatamente la vecchia andò a casa della donna, per avere un colloquio con lei; ma, quando vi arrivò, le vicine le dissero che non vi avrebbe potuto entrare, perché la casa era guardata da una ferocissima cagna, che non permetteva a nessuno di entrare o di uscire e che, nel suo odio bestiale, saltava sempre alla faccia della gente. Udendo questo, la vecchia fu contenta e si disse: «A Dio piacendo, ci riuscirò». Poi andò a casa e riempì una cesta con pezzi di carne. Così provvista, tornò alla casa della donna ed entrò. La cagna, vedendola, s'alzò di scatto per balzare su di lei; ma la vecchia tese davanti a sé la cesta e gliene mostrò il contenuto. Appena la bestia vide il cibo, mostrò la propria soddisfazione dimenando la coda e dilatando le narici. Allora la vecchia, mettendo la cesta davanti alla cagna, parlò come segue: «Mangia, sorella mia. La tua assenza mi ha dato molto dolore. Non sapevo cosa ne fosse stato dite e ti ho cercato a lungo. Prendi, acqueta la tua fame».
Mentre l'animale mangiava e la vecchia l'accarezzava sul dorso, la padrona di casa venne a vedere chi fosse entrato in cortile e fu piuttosto sorpresa nel vedere la cagna, che non permetteva a nessuno di avvicinarla, condursi in modo così amichevole con un'estranea. «Vecchia,» disse, «come mai conosci il nostro cane?» L'altra non rispose, ma continuò a carezzare l'animale, dando voce ai suoi lamenti. Allora la padrona di casa disse. «Il mio cuore duole nel vederti così. Rivelami la causa della tua pena». «Questa cagna» spiegò amaramente la vecchia, «era un tempo una donna, e la mia migliore amica. Un bel giorno ella fu invitata insieme a me a un matrimonio. Lei indossò le sue vesti migliori e si adornò con le gioie più belle. Poi ci avviammo insieme. Per la strada fummo avvicinate da un uomo che, alla vista della mia amica, fu preso dal più violento amore. Ma lei non gli diede ascolto. L'uomo le offrì degli splendidi regali, ma la mia amica respinse anche quelli. Incontrandola qualche giorno dopo, l'uomo le disse: 'Cedi alla mia passione, altrimenti io pregherò Dio che ti trasformi in una cagna!'. 'Prega finché ti pare,' rispose la mia amica. Allora egli richiamò su di lei la maledizione celeste e, come vedi qui, fu tramutata in cagna.» A queste parole, la padrona di casa cominciò a piangere e a lamentarsi, dicendo: «Ah, madre mia, temo che andrò incontro alla stessa sorte!». «Perché, cos'hai fatto?» le domandò la vecchia. «C'è un uomo che mi ama da molto tempo,» spiegò la donna, «ma io ho sempre rifiutato di soddisfare i suoi desideri, né gli ho mai dato ascolto, benché la saliva gli si seccasse in bocca a forza di suppliche; e a dispetto delle grandi spese che ha fatto per conquistarmi, io ho insistito nel dirgli di no e ora temo, madre, che possa richiamare la maledizione di Dio su di me». «Dimmi come posso riconoscere quell'uomo» fece la vecchia. «Devi fargli sapere che accetti d'incontrarlo, se non vuoi diventare come questo animale.» «Ma come riuscirai a trovano, e chi mai potrei mandargli?» «Me, figliola mia!» rispose la vecchia. «Io lo troverò e ti renderò questo servizio.» «Fa' presto, madre, e parlagli prima che preghi Dio contro di me.» «Lo troverò oggi stesso,» promise la vecchia, «e, a Dio piacendo, tu lo incontrerai domani.» Quindi la vecchia si congedò, andò dall'uomo che l'aveva presa come sua confidente e gli disse che l'incontro era fissato per l'indomani. Così, il giorno dopo la donna andò a casa della vecchia, poiché erano rimaste d'accordo che l'incontro avesse luogo là. Quando vi fu arrivata, aspettò per un certo tempo, ma l'amante non comparve. Senza dubbio un'affare di grande importanza gli aveva impedito di venire. Riflettendo su quel contrattempo, la vecchia disse a se stessa: «Non c'è sapere e potere che in Dio, il Grande». Ma non riusciva proprio a immaginare cosa potesse averlo tenuto lontano. Guardando la donna, vide che era molto agitata, per cui era chiaro che desiderava ardentemente il coito. Diventava sempre più irrequieta, finché a un certo punto domando: «Perché non viene?». «Figlia mia,» rispose la vecchia, «deve trattarsi di una
faccenda seria, che probabilmente richiedeva un viaggio. Ma ti aiuterò, anche in questa circostanza» rispose la vecchia. Poi si mise la melahfa e uscì alla ricerca del giovane. Ma invano, poiché non riuscì a saperne nulla. Mentre continuava le sue ricerche, la vecchia si disse: «In questo momento quella donna desidera ardentemente un uomo. Perché non portarle oggi un altro giovane, capace di calmare il suo ardore? Domani troverò quello giusto.» Mentre così rifletteva, camminando, incontrò un giovane di aspetto molto piacente. Capì subito che era il tipo giusto che, con ogni probabilità, sarebbe stato lieto di aiutarla a risolvere il suo problema, quindi gli disse: «Figliolo, se ti presentassi una donna bellissima, piena d'ogni grazia e perfezione, lo faresti l'amore con lei?». «Se dici il vero, ti darò questo dinaro d'oro! » rispose lui. La vecchia, incantata, prese la moneta e lo condusse a casa sua. Bene, quel giovane era il marito della donna, che la vecchia non conosceva prima di portarlo da lei. Ed ecco come lo scoprì. Entrò per prima in casa e disse alla donna: «Non sono riuscita a trovare la minima traccia del tuo innamorato; ma, in sua mancanza, ti ho portato qualcuno che possa acquetare la tua passione per oggi. Serberemo l'altro per domani. Dio mi ha ispirato ad agire così». La donna andò alla finestra per dare un'occhiata all'uomo che la vecchia voleva darle e, appena lo vide, riconobbe il marito, che era proprio sul punto di entrare. Allora non esitò, ma, indossata in gran fretta la sua melahfa, andò diritta incontro al marito e lo colpì sul viso, gridando: «Cosa ci fai qui, nemico di Dio e dite stesso? Sei venuto di certo per commettere adulterio. Io ti sospettavo da un pezzo e ti ho aspettato qui ogni giorno, dopo aver mandato fuori la vecchia ad adescarti. Oggi ti ho scoperto, è inutile che neghi. E mi dicevi sempre di non essere un uomo dissoluto! Chiederò il divorzio oggi stesso, ora che la tua condotta conosco!» Il marito, pensando che la moglie dicesse la verità, restò senza parole, in preda alla più grande confusione. Impara da questo la falsità della donna, e di cosa essa sia capace.
STORIA DELL'AMANTE SUO MALGRADO C'era una volta una donna disperatamente innamorata d'uno dei suoi vicini, noto per la sua virtù e la sua pietà. Ella gli dichiarò la sua passione; ma, vedendo continuamente respinti i suoi approcci, malgrado tutte le sue arti, decise che avrebbe avuto lo stesso la sua soddisfazione, ed ecco come vi riuscì. Una sera informò la sua negra che intendeva tendere una trappola a quell'uomo e le ordinò di lasciare aperta la porta di strada poi, nel cuor della notte, chiamò la schiava e così la istruì: «Va' fuori e batti questa pietra contro la nostra porta esterna più forte che puoi, senza badare alle mie grida o al chiasso che farò; appena senti il vicino aprire la porta, torna dentro e picchia allo stesso modo sull'uscio interno. Bada bene che lui non ti veda e rientra subito in casa se ti accorgi che arriva qualcuno.» La negra eseguì immediatamente quest'ordine.
Ora, il vicino era per natura un uomo compassionevole, sempre disposto ad aiutare le persone in difficoltà e il suo aiuto non era mai chiesto invano. Udendo il rumore dei colpi battuti sulla porta e le grida della donna, chiese alla moglie cosa stesse succedendo e questa rispose: «E la nostra vicina tal dei tali, che viene assalita in casa sua dai ladri». Egli allora si precipitò in suo aiuto; ma aveva appena messo piede in casa che la negra chiuse la porta alle sue spalle e la donna lo afferrò, lanciando alte grida. Egli protestò, ma la padrona di casa gli pose, ora con calma, le sue condizioni. «Se non fai con me questo e questo, dirò che ti sei introdotto in casa mia per violentarmi, come prova tutto questo trambusto.» «Sia fatta la volontà di Dio!» disse l'uomo. «Nessuno può andare contro di Lui, né sottrarsi al suo potere. » Poi tentò vari trucchi per scappare, ma invano, perché la padrona di casa incominciò a urtare e fece un chiasso tale, da richiamare sul posto molte persone. Egli capì che la sua reputazione sarebbe stata compromessa, se avesse continuato a resistere, quindi si arrese dicendo: «Salvami e ti soddisferò! » E lei ribatté: «Entra in quella camera e chiudi la porta, se vuoi lasciare questa casa con onore, e non tentare di fuggire, o quella gente saprà che tu sei la causa di tutta questa agitazione». Vedendo quanto la donna fosse determinata a ottenere ciò che desiderava, fece come lei gli aveva detto. La donna, dal canto suo, andò a parlare coi vicini accorsi in suo aiuto e, fornendo loro una specie di spiegazione, disse loro di tornare a casa, ed essi se ne andarono. Rimasta sola, chiuse le porte e tornò dal suo amante contro voglia, che tenne rinchiuso in casa sua per un'intera settimana, lasciandolo andare solo dopo averlo completamente prosciugato. Impara da questo la falsità delle donne e di cosa esse siano capaci.
LADRA D'AMORE La storia che segue riguarda due donne che abitavano nella stessa casa. Il marito d'una di esse aveva un membro lungo, grosso e duro; mentre quello dell'altra lo aveva piccolo, insignificante e molle. La prima si alzava sempre gioiosa e sorridente; la seconda scendeva dal letto ogni mattino triste e in lacrime. Un giorno le due donne stavano insieme e parlavano dei loro mariti. La prima disse: «Io vivo nella più grande felicità. Il mio è un letto di beatitudine. Quando mio marito e io vi stiamo insieme, esso è testimone del nostro supremo piacere, dei nostri baci e abbracci, gioie e amorosi sospiri. Quando il suo membro entra nella mia vulva, la riempie completamente; e si spinge avanti fino a toccare il fondo della mia vagina e non la lascia prima d'averne visitato ogni angolo: la soglia, il vestibolo, il soffitto e il centro. Quando arriva l'orgasmo, si piazza proprio nel mezzo, che inonda delle sue lacrime. Così noi spegniamo il nostro fuoco e soddisfiamo la nostra passione». La seconda disse invece: «Io vivo nella più grande afflizione. Il mio è un letto di sventura e il nostro coito un'unione di pena e fatica, odio e maledizione.
Quando il membro di mio marito entra nella mia vulva, non ne blocca l'ingresso ed è così corto che non riesce a toccare il fondo. Quando è eretto si torce da tutte le parti e non può procurare alcun piacere. Piccolo e debole, eiacula a stento una goccia di sperma e la sua prestazione non può soddisfare nessuna donna». Questo era ciò che le due donne si dicevano quasi ogni giorno. Ma successe che quella che aveva tanto motivo di lagnarsi pensò in cuor suo a quanto sarebbe stato delizioso commettere adulterio con il marito dell'altra. «Devo riuscirci,» si disse «sia pure per una volta sola.» Poi aspettò la sua occasione, che si presentò quando il marito dovette passare una notte fuori casa. La sera si preparò a realizzare il suo piano, cospargendosi di dolci profumi ed essenze. Poi, quando la notte fu a circa un terzo della sua lunghezza, entrò silenziosamente nella camera dove l'altra dormiva col marito e avanzò a tentoni fino al loro letto. Notando che fra i due c'era una certa distanza, cercò di scivolare in mezzo. Lo spazio era piccolissimo, ma ciascuno dei due sposi pensò che fosse la pressione dell'altro e si scostò un poco, così lei riuscì a insinuarsi tra loro. Allora attese quietamente che l'altra fosse profondamente addormentata, poi, accostandosi all'uomo, mise la sua carne a contatto con quella di lui. Lui si svegliò e, sentendo i profumi che esalava, fu subito in erezione. Allora la tirò a sé, ma ella disse a voce bassissima: «Via, lasciami dormire!» Al che egli replicò: «Sta' zitta e lasciami fare! I bambini non sentiranno niente!» Allora lei si premette contro di lui, così da allontanarlo di più dalla moglie, e disse: «Fa' quello che vuoi, ma non svegliare i piccini, che sono qui accanto.» In realtà, prese questa precauzione per timore che l'altra dovesse destarsi. L'uomo, eccitato dai profumi, la trasse ardentemente a sé. Era mobida e opulenta, con una bella vulva sporgente. Egli si stese sopra di lei e disse: «Prendilo come al solito!» Ella obbedì, restando sbalordita dalle dimensioni e dalla bellezza di quel membro, poi lo introdusse nella vulva. L'uomo, dal canto suo, osservò che il suo membro era entrato completamente nella vagina di lei, cosa che non aveva mai potuto fare con la moglie. La donna trovò che suo marito non le aveva mai dato un simile piacere. L'uomo era davvero sbalordito. La godette a suo piacimento una seconda e una terza volta, ma il suo stupore non faceva che aumentare. Infine la lasciò e si stese al suo fianco. Quando sentì che si era addormentato, la donna sgusciò fuori dal letto e lasciò la camera, tornando nella propria. Il mattino, alzandosi, il marito disse alla moglie: «I tuoi abbracci non mi sono parsi mai tanto deliziosi, né avevo mai sentito profumi così dolci come quelli che esalavi tu». «Di che abbracci e profumi stai parlando?» chiese la moglie. «Non ho in casa una sola goccia di essenza! » Poi gli diede del bugiardo e aggiunse che certo aveva sognato. Al che l'uomo accettò l'idea di essersi potuto ingannare e che in realtà si era trattato di un sogno. Vedete da questo quanto siano false le donne, e di che cosa esse siano capaci.
STORIA DELLA DONNA CON DUE MARITI Si racconta che un uomo, dopo aver vissuto per qualche tempo nel paese in cui si era trasferito, desiderò sposarsi. Si rivolse allora a una vecchia esperta in queste cose, chiedendole se poteva trovargli una moglie, e lei rispose: «Posso proporti una ragazza dotata di grande bellezza, grazia squisita e forme perfette. Ti andrà certamente bene, perché, oltre a possedere queste doti, è anche virtuosa e pura. C'è solo che i suoi affari la occupano dal mattino alla sera, ma di notte sarà tutta tua. E per questo che conduce una vita molto riservata, poiché sa bene che un marito potrebbe non essere d'accordo su questo.» «La ragazza non abbia paure,» rispose l'uomo. «Anch'io non sono libero di giorno e la voglio soltanto per la notte.» Quindi l'uomo la chiese in matrimonio. La vecchia gliela portò ed egli la trovò di suo gradimento, e quindi essi vissero insieme, osservando le condizioni in base alle quali si erano uniti. Ora, l'uomo aveva un amico intimo, che egli presentò alla vecchia che aveva combinato il suo matrimonio e che desiderava lo stesso servizio. I due andarono da lei e chiesero il suo aiuto. «Questa è una cosa facilissima,» rispose la vecchia. «Conosco una ragazza di grande bellezza, che ti consolerà dei tuoi più grevi affanni. Solo, i suoi affari la tengono occupata per tutta la notte, ma passerà con te l'intera giornata.» «Questo non è un ostacolo» disse l'amico. Dopo di che la vecchia gli portò la fanciulla. Egli la trovò di suo gradimento e la sposò alle condizioni concordate. Ma non passò molto che i due amici scoprirono che le belle mogli procurate loro dalla vecchia mezzana erano la medesima persona. Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
STORIA DI BAHIA Si racconta che una donna sposata di nome Bahia (splendore di bellezza) si prese un amante, i cui rapporti con lei ben presto furono noti a tutti, per cui dovette lasciarlo. La mancanza di lei afflisse l'uomo a un grado tale, che si ammalò per non poterla vedere. Un giorno egli andò a trovare un amico e gli disse: «Ah, fratello mio, sono in preda a un desiderio incontrollabile e non posso più attendere. Puoi accompagnarmi in una visita che sto per fare a Bahia, la diletta del mio cuore?» E l'amico rispose che era disposto a farlo. Il giorno dopo montarono a cavallo e, dopo un viaggio di due giorni, giunsero presso la casa di Bahia. Qui si fermarono. L'amante disse all'amico: «Va' dalla gente che abita qui intorno e chiedi ospitalità; ma fai attenzione di non
divulgare le nostre intenzioni e, soprattutto, cerca la giovane serva di Bahia, alla quale puoi rivelare che sono qui, incaricandola di avvertire la sua padrona che desidero ardentemente vederla.» L'amico andò, trovò la serva e le disse quanto bastava. La fanciulla corse immediatamente da Bahia e le riferì il messaggio. Bahia allora mandò a dire all'amico: «Informa chi t'invia che potremo incontrarci stasera, vicino al tal albero, all'ora tale.» L'amico tornò dall'amante e riferì ogni cosa. All'ora fissata, i due uomini erano presso l'albero. Non dovettero attendere a lungo Bahia. Appena la vide arrivare, l'amante le si precipitò incontro, la baciò, la strinse forte al cuore e i due presero ad abbracciarsi e accarezzarsi. A un certo punto l'amante disse: «O, mia Bahia, non c'è modo di passare la notte insieme, senza destare i sospetti di tuo marito?». «Davanti a Dio, se ti fa piacere, i mezzi per riuscirvi non mancano!» «Avanti,» la incalzò lui, «affrettati a dirmi come Possiamo fare!» Ella allora gli chiese: «Questo tuo amico ti è devoto, ed è intelligente?». «Sì» rispose l'amante. Allora Bahia si alzò, si tolse le vesti e le porse all'amico, facendosi dare le sue. Poi le indossò e invitò l'amico a imitarla. Stupito, l'amante le domandò: «Cosa vuoi fare?» lei disse: «Taci» e, rivolgendosi all'amico, gli ordinò: «Va' a casa mia e coricati nel mio letto. Quando sarà passato un terzo della notte, mio marito verrà da te e ti chiederà la pentola per mungere le cammelle. Tu raccogli il recipiente, ma devi tenerlo finché egli non te lo toglie dalle mani. E così che facciamo di solito. Poi egli se ne andrà, tornando col recipiente pieno di latte, e ti dirà: 'Ecco la pentola.' Tu però non prenderla finché lui non avrà ripetuto queste parole. Soltanto allora togliglielo dalle mani, oppure lascia che lo metta per terra da sé. Dopo questo, non lo rivedrai fino al mattino. Quando se ne sarà andato, bevi un terzo del latte e rimetti la pentola al suo posto». L'amico andò, seguì tutte queste raccomandazioni e, quando il marito tornò col latte, non prese il recipiente finché non ebbe detto due volte: «Ecco la pentola.» Ma disgraziatamente ritirò le mani mentre il marito lo stava posando a terra. Questi, credendo che la moglie lo tenesse, lasciò la presa e la pentola cadde, rompendosi. Convinto di parlare alla moglie, l'uomo sbraitò: «A che pensi?» e la batté con il coccio più grosso finché questo si ruppe; allora ne prese un altro e continuò a dargli colpo su colpo, con tanta forza da spezzargli la schiena. La madre e la sorella di Bahia accorsero a toglierglielo dalle mani. Egli intanto era svenuto. Ma per fortuna le due donne riuscirono a portar via il marito. Presto la madre di Bahia tornò e gli parlò così a lungo ch'egli non reggeva più a tutte quelle ciance; ma non poteva far altro che tacere e piangere. Infine lei concluse, dicendo: «Abbi fede in Dio e obbedisci a tuo marito. Quanto al tuo amante, ora non può venire a trovarti e consolarti, ma manderò tua sorella a tenerti compagnia». Poi se ne andò. In effetti, la madre di Bahia mandò l'altra figlia, che cominciò a consolare la sorella e a maledire il marito che l'aveva picchiata. Egli sentì il suo cuore accendersi per lei, poiché aveva veduto che era di una bellezza risplendente, dotata di tutte le perfezioni e simile alla luna piena nel cielo notturno. Allora le
mise una mano sulla bocca, per farla tacere, e le disse: «Mia signora, non sono la persona che pensi. In questo momento tua sorella Bahia è a letto col suo amante e io mi sono messo in pericolo per renderle un servigio. Vuoi prendermi sotto la tua protezione? Se mi denunci, tua sorella sarà coperta di vergogna; quanto a me, ho fatto la mia parte, ma possa qualunque male mi colpisca ricadere su di te!» La ragazza allora cominciò a tremare come una foglia, pensando alle conseguenze di ciò che aveva fatto la sorella, poi scoppiò a ridere e cedette all'uomo che si era dimostrato un amico così sincero. I due passarono la notte in beatitudine, baciandosi, abbracciandosi e godendo l'uno dell'altra. Per lui, lei fu la migliore tra le migliori. Nelle sue braccia, scordò le percosse che aveva ricevuto e i due continuarono a vezzeggiarsi, trastullarsi e fare l'amore fino allo spuntar del giorno. Poi egli tornò dal suo compagno. Bahia gli chiese come se la fosse passata e l'amico rispose: «Chiedilo a tua sorella. In fede mia, lei sa ogni cosa. Sappi, comunque, che abbiamo passato la notte abbandonandoci a vicendevoli piaceri, baciandoci e godendo fino ad ora l'uno dell'altra.» Quindi si scambiarono di nuovo gli abiti, ciascuno indossando il proprio, e l'amico riferì a Bahia in tutti i particolari quanto gli era successo. Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
STORIA DELL'UOMO ESPERTO IN RAGGIRI CHE VENNE BEFFATO DA UNA DONNA Si racconta che esisteva un uomo, che aveva studiato tutte le astuzie e i raggiri inventati dalle donne per ingannare gli uomini e riteneva che nessuna femmina sarebbe riuscita a gabbarlo. Una donna molto bella e veramente incantevole venne a sapere di questa convinzione. Allora preparò per lui nel medjélés, un pasto che comprendeva molti tipi di vini e tutto ciò che si poteva desiderare in fatto di cibi rari e scelti. Poi mandò qualcuno da lui, invitandolo ad andarla a trovare. Siccome era famosa per la sua grande bellezza e la perfezione rara della sua persona, aveva suscitato il desiderio di lui, che si affrettò ad accettare l'invito. Lei indossava le vesti più belle ed esalava i profumi più scelti, tanto che chiunque l'avesse vista avrebbe certamente perso la testa. Così, quando fu ammesso alla sua presenza, rimase affascinato dalla sua bellezza e fu sopraffatto dall'ammirazione. La donna, però, sembrava preoccupata per via del consorte, di cui lasciò capire che temeva il ritorno da un momento all'altro. Bisogna dire che questo marito era un uomo orgogliosissimo, molto geloso e violento, che non avrebbe esitato a spargere il sangue di chiunque avesse scoperto aggirarsi attorno alla sua casa. Cosa non avrebbe fatto, a maggior ragione, all'uomo che vi avesse trovato dentro! Mentre la donna e il suo ospite, che si vantava di poterla possedere, si
divertivano nel med jélés, alcuni colpi alla porta di strada riempirono l'uomo di paura e angoscia, specialmente quando lei gridò: «Questo è mio marito che ritorna!» Tutta tremante, la donna lo nascose in un grande armadio che si trovava nella stanza, lo chiuse a chiave e, lasciata quest'ultima nel medjélés, andò ad aprire la porta. Suo marito, poiché era proprio lui, vide, entrando, il vino e tutte le buone cose che erano state preparate. Sorpreso, volle sapere di cosa si trattava. « Significa quello che vedi» rispose la donna. «Ma per chi è tutto ciò?» «Per il mio amante, che ho accolto in questa casa.» «E dov'è adesso?» «Là dentro,» rispose lei, puntando l'indice verso l'armadio in cui la sua vittima era rinchiusa. A queste parole, il marito sussultò. Balzò in piedi e andò all'armadio, ma lo trovò chiuso. «Dov'è la chiave?» domandò. Lei rispose: «Qui!» e gliela getto. Ma, quando il marito l'infilò nella serratura, la donna scoppiò in una gran risata. L'uomo si girò verso di lei e disse: «Perché ridi?». «Rido,» spiegò lei, «per la debolezza del tuo giudizio, perché tu non ragioni e non rifletti. Ah, uomo senza buon senso, credi proprio che se avessi davvero un amante e l'avessi accolto in questa stanza, ti avrei detto che si trovava qui e dov'era nascosto? L'avrei detto proprio a te? Volevo soltanto offrirti un buon pasto, quando saresti tornato, e ho pensato di farti uno scherzo. Se avessi un amante, non prenderei certo te come confidente!» Il marito lasciò la chiave nella serratura, senza averla girata, tornò al tavolo e disse: «È vero, mi è saltato il sangue alla testa. Ma non avevo il minimo dubbio sulla sincerità delle tue parole!» Quindi mangiarono e bevvero insieme, e poi fecero l'amore. L'uomo nascosto nell'armadio dovette restarvi finché il marito non uscì di casa. Allora la donna andò a liberarlo, trovandolo in pessime condizioni, proprio distrutto. Quando fu uscito, scampato a un grave pericolo, ella gli disse: «Bene, signor so-tutto, così erudito sugli inganni delle donne, fra tutti quelli che conosci ve n'è uno simile a questo?», «No,» rispose lui, «ora sono convinto che i vostri raggiri sono infiniti!» Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
STORIA DELL'AMANTE CHE FU SORPRESO DALL'ARRIVO INASPETTATO DEL MARITO Si racconta che una donna, sposata a un uomo brutale e violento, si trovava col suo amante quando arrivò inaspettatamente il marito, di ritorno da un viaggio, ed ebbe soltanto il tempo di nascondere l'amico sotto il letto. Non riuscendo a escogitare un espediente per farlo uscire di casa, fu costretta a lasciarlo in quella posizione ingrata e pericolosa. Nella sua agitazione, si aggirava senza posa da una stanza all'altra, e, essendo andata sulla porta di strada, una vicina
vide che era angosciata e gliene domandò la ragione. Ella le raccontò quello che era successo. Al che l'altra disse: «Torna dentro. Ci penso io a salvare il tuo amante e ti prometto che uscirà incolume». La donna allora rientrò in casa. La vicina non tardò a raggiungerla e insieme prepararono il pasto, poi si misero a tavola. La donna: sedette di fronte al marito e la vicina di fronte al letto. Questa cominciò allora a raccontare storie e aneddoti sugli inganni delle donne e l'amante nascosto sotto il letto sentiva ogni cosa. Continuando i suoi racconti, a un certo punto la vicina cominciò il seguente: «Una donna sposata aveva un amante, che ella amava teneramente e dal quale era altrettanto amata. Un giorno egli andò a trovarla in assenza del marito. Una volta quest'ultimo tornò inaspettatamente a casa, proprio mentre i due erano insieme. La donna, non conoscendo un posto migliore, nascose l'amante sotto il letto, poi si sedette accanto al marito, mettendosi a ridere e scherzare con lui. Uno dei giochi fu di coprire gli occhi del marito con un tovagliolo e l'amante colse quest'occasione per uscire dal suo nascondiglio e filarsela inosservato.» La moglie capì immediatamente come approfittare di quel racconto; prendendo un tovagliolo e coprendo con esso gli occhi del marito, disse: «Così fu con questa astuzia che la donna aiutò l'amico a togliersi d'impaccio». E il suo amante, cogliendo l'occasione, riuscì a fuggire senza essere visto dal marito. Ignaro di ciò che era accaduto, quest'ultimo rise della storia e la sua allegria fu addirittura aumentata dalle parole e dall'atto della moglie. Vedete da questo quanto siano false le donne, e di cosa esse siano capaci.
CAPITOLO XII OSSERVAZIONI UTILI SIA AGLI UOMONI SIA ALLE DONNE Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che le informazioni contenute nel presente capitolo sono della più grande utilità e si possono trovare soltanto in questo libro. Certamente conoscere le cose è meglio che ignorarle. La conoscenza può essere cattiva, ma l'ignoranza lo è molto di più. Le nozioni in questione concernono materie che ti sono ignote, riguardanti il sesso femminile. Visse un tempo una donna, di nome Moârbeda, che era considerata la persona più dotta e saggia della sua epoca. Era una filosofa. Un giorno le furono fatte diverse domande, tra cui le seguenti, che ora presento qui con le sue risposte. «In quale parte del corpo di una donna si trova la sua mente?» «Fra le cosce.» «E il loro piacere?» «Nello stesso posto.» «E l'amore e l'odio verso gli uomini?» «Nella vulva,» lei disse, aggiungendo: «All'uomo che amiamo diamo la nostra vulva e la rifiutiamo a quello che detestiamo. Dividiamo i nostri beni con l'oggetto del nostro amore e ci accontentiamo di quanto può darci, per poco che sia; se non è ricco, lo prendiamo com'è. Ma teniamo a distanza l'uomo che odiamo, pur se ci offrisse tutti i tesori del mondo.» «Dove si trovano, nella donna, la conoscenza, l'amore e il gusto?» «Negli occhi, nel cuore e nella vulva.» Quando le chiesero spiegazioni al riguardo, lei rispose: «La conoscenza ha sede negli occhi, poiché è l'occhio della donna ad apprezzare la bellezza delle forme umane. Attraverso quest'organo l'amore entra nel cuore e vi prende dimora, asservendolo. La donna innamorata dà la caccia all'oggetto del suo amore e gli tende trappole. Se riesce nel suo proposito, allora vi sarà un incontro fra l'oggetto amato e la sua vulva. Questa lo assaggia e scopre così se il suo sapore sia amaro o dolce. E la vulva, infatti, che sa distinguere il buono dal cattivo.» «Quali membri virili sono preferiti dalle donne? Quali donne sono più vogliose del coito e quali invece lo detestano? Quali uomini esse prediligono e quali aborriscono?» Moârbeda rispose: «Non tutte le donne hanno la vulva della stessa forma, per cui esse differiscono anche nel modo di fare l'amore, oltre che nelle loro predilezioni e avversioni. Le stesse differenze esistono anche negli uomini, riguardo sia ai loro membri sia ai loro gusti. Una donna dalle forme abbondanti e con un utero poco profondo cercherà un membro corto e grosso, che riempia completamente la sua vagina senza toccarne il fondo; un membro lungo non sarebbe adatto a lei.
Una donna con un utero molto profondo e quindi una vagina di lunghezza notevole, brama soltanto un membro di grandi dimensioni, che riempia la vagina in tutta la sua estensione; lei disprezzerà l'uomo col pene corto e sottile, perché non potrebbe mai soddisfarla nel coito. Nei temperamenti delle donne troviamo le seguenti distinzioni: bilioso, malinconico, sanguigno, flemmatico e misto. Le donne biliose o malinconiche non amano molto il coito e, per averne piacere, devono unirsi a uomini della medesima disposizione. Quelle sanguigne e flemmatiche amano il coito all'eccésso e, quando incontrano un membro, non lo lascerebbero più uscire dalla vulva, se solo potessero impedirlo. Anche nel loro caso soltanto gli uomini dello stesso temperamento possono soddisfarle e, se una di queste donne fosse sposata a un bilioso o a un malinconico, essi condurrebbero insieme una vita infelice. Quanto ai temperamenti misti, non mostrano né una predilezione né un'avversione marcate per l'atto sessuale. È stato notato che, in ogni caso, le donne piccole amano di più il coito e mostrano una maggiore passione per il membro virile che le donne di alta statura. Soltanto i membri lunghi e vigorosi vanno bene per loro; in essi tali donne trovano la delizia del loro letto e della loro esistenza. Vi sono anche donne che amano soltanto il coito sul bordo della vulva e quando un uomo, giacendo su di loro, vuole introdurre il membro della vagina, lo tirano fuori con la mano e mettono il glande tra le labbra della vulva. Io ho tutte le ragioni di credere che questo sia il caso soltanto di ragazze giovanissime o di donne non abituate all'uomo. Dio ci scampi da esse, o dalle donne per le quali l'atto sessuale è materialmente impossibile. Vi sono donne che si assoggettano alle esigenze dei mariti, li soddisfano e danno loro il delizioso, piacere del coito soltanto se costrette con percosse e maltrattamenti. Alcuni attribuiscono questa condotta all'avversione che esse proverebbero sia per il coito, sia per il marito; ma non è così; è semplicemente una questione di temperamento e di carattere. Abbiamo poi le donne che non si curano del coito perché pensano soltanto alla grandezza, all'ambizione, all'accumulo di ricchezze. In altre tale indifferenza deriva, com'è pure possibile, dalla purezza del cuore, o dalla gelosia, o da una pronunciata tendenza dei loro animi verso il mondo spirituale, o, infine, da grandi pene subite. Comunque, il piacere che le donne provano nel coito dipende non solo dalle dimensioni del membro, ma anche dalla particolare configurazione dei loro organi sessuali. Tra questi, la vulva chiamata dalla sua forma el mortebâ, la quadrata, o el mortafà, la sporgente, è proprio notevole. Essa ha la peculiarità di proiettarsi tutt'intorno quando la donna sta in piedi e chiude le cosce. Questa vulva brama per il coito, ha la fessura stretta e viene anche chiamata el keulihimi, la compressa. La donna che la possiede gradisce soltanto i membri di grandi dimensioni e questi non devono lasciarle attendere a lungo l'orgasmo. Ma questa è una caratteristica generale delle donne. Quanto al desiderio del coito da parte degli uomini, devo dire che anch'essi vi sono più o meno inclini a seconda dei loro temperamenti, che sono cinque, come quelli delle donne, con la differenza che la brama della donna per il
membro è più forte di quella dell'uomo per la vulva.» «Quali sono i difetti delle donne?» «La peggiore delle mogli è quella che si mette immediatamente a sbraitare non appena il marito mostra l'intenzione di toccare la più piccola parte della di lei proprietà per i propri bisogni. Sullo stesso piano sta la donna che divulga cose che il marito vuole rimangano segrete.» «Ce ne sono altre?» «La compagna di temperamento geloso; la donna che alza la voce per superare quella del marito; la donna che semina scandalo; la donna che tiene il broncio; quella che vuole continuamente mostrare agli uomini la sua bellezza e non può stare in casa; a proposito di quest'ultima, permettetemi di aggiungere che una donna che ride troppo e si vede sempre sulla porta di strada, può essere scambiata con una prostituta. Ma ci sono anche le donne che s'immischiano degli affari altrui; quelle che si lamentano sempre; quelle che rubano cose che appartengono al marito; quelle di carattere sgradevole e imperioso; quelle che non ti sono grate per le gentilezze ricevute; quelle che non vogliono compiere il dovere coniugale o che infastidiscono i loro mariti con le posizioni scomode che assumono compiendoli; quelle che sono inclini all'inganno, al tradimento, alla calunnia e all'astuzia. Infine vi sono le donne che hanno sfortuna in tutto quanto intraprendono; le donne che sono sempre inclini a comandare e censurare; quelle che invitano i loro mariti ad assolvere il dovere coniugale so!tanto quando fa comodo a loro; quelle che fanno rumori a letto; e, infine, quelle che sono sfacciate, senza intelligenza, pettegole e curiose. Queste sono le peggiori tra le donne.»
CAPITOLO XIII DELLE CAUSE DEL PIACERE NELL'ATTO DEL COITO Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che le cause le quali tendono a sviluppare la passione per il coito sono sei: il fuoco di un ardente amore, la sovrabbondanza di sperma, la vicinanza della persona amata il cui possesso è desiderato ardentemente, la bellezza del viso, i cibi afrodisiaci, il contatto. Sappi anche che le cause del piacere e le condizioni per provare godimento sono numerose, ma le ottime e principali sono: il calore della vulva; la strettezza, l'asciuttezza e il buon odore della stessa. Se una qualunque ditali condizioni manca, c'è qualcosa che manca nel piacere. Se invece la vagina riunisce tutte le qualità richieste, il piacere è completo. Infatti, una vulva bagnata rilassa i nervi, una vulva fredda toglie al membro tutto il suo vigore e i cattivi odori della vagina diminuiscono moltissimo il piacere, come anche se la stessa è molto larga. L'apice del godimento, prodotto dall'abbondante e impetuosa eiaculazione dello sperma, dipende dalla circostanza che la vulva sia fornita di una pompa aspirante (orifizio dell'utero), che stringerà il membro virile e succhierà lo sperma con forza irresistibile. Una volta che il pene è afferrato dall'orifizio, l'amante non può trattenere il seme, perché l'orifizio non lascia la presa finché non ha spremuto ogni goccia di sperma e, certo, se l'orgasmo arriva prima che si abbia questa stretta del glande, il piacere dell'eiaculazione non è completo. Vi sono otto cose che favoriscono e rafforzano l'eiaculazione: la salute fisica, l'assenza di qualsiasi preoccupazione e angoscia, una mente sgombra, la naturale gaiezza di spirito, il buon nutrimento, il benessere economico, la varietà dei volti e dei corpi femminili. Se desideri acquistare forza per il coito, prendi i frutti dell'albero della gomma (derou), pestali e mischiali a olio e miele; bevi questo liquido il mattino per prima cosa; diventerai così vigoroso per il coito e produrrai sperma in abbondanza. Lo stesso otterrai strofinando il membro virile e la vulva con fiele di sciacallo. Questo massaggio stimola le parti sensibili e aumenta il loro vigore. Uno studioso di nome Djelinouss ha detto: «Chi si sente debole per il coito, beva prima di andare a letto un bicchiere di miele molto denso, mangiando venti mandorle e cento pinoli. Segua questa dieta per tre giorni. Oppure pesti dei semi di cipolla, li passi al setaccio, li unisca al miele, mescolando bene, e consumi la mistura a digiuno.» Un uomo che vuole acquistare forza per il coito può anche struggere il grasso
ricavato dalla gobba del cammello e strofinare con esso il membro, appena prima dell'atto; allora farà meraviglie e la donna sarà soddisfatta. Se vuoi rendere il godimento ancora più voluttuoso prendi un piccolo cuber o seme di cardamomo del tipo grosso; metti una certa quantità di questa pasta sulla punta del membro, poi mettiti all'opera. Questo procurerà sia a te sia alla donna un godimento senza pari. Anche ungere il membro con balsamo di Giudea o della Mecca produce un effetto simile. Se vuoi renderti fortissimo per l'atto sessuale, pesta molto bene insieme piretro e zenzero, mischiali, mentre li pesti, a unguento di lillà, poi strofina questo composto sull'addome, i testicoli e il pene. Questo ti renderà potente per il coito. Ti predisporrai parimenti all'amplesso, aumenterai sensibilmente il volume dello sperma, acquisterai maggior vigore per l'azione e ti procurerai erezioni straordinarie, mangiando crisonella della misura d'un grano di mostarda. L'eccitazione prodotta dall'uso di questo afrodisiaco è senza confronti e aumenteranno tutte le tue qualità sessuali. Se vuoi che la tua donna provi un grande desiderio di copulare con te, prendi un po' di cubeb, piretro, zenzero e cinnamomo, che mangerai appena prima di unirti a lei; poi inumidisci il membro con la tua saliva e fa' l'amore con lei. Da quel momento ella ti sarà così attaccata che non riuscirà a stare un minuto senza te. Il membro virile diverrà straordinariamente forte e vigoroso se strofinato con latte di asina. I piselli freschi, bolliti con cipolla e poi cosparsi di cinnamomo, zenzero e cardomomo e pestati per bene, procurano a chi li mangia una considerevole passionalità amorosa e forza nel coito.
CAPITOLO XIV DESCRIZIONE DELL'UTERO DELLE DONNE STERILI E TRATTAMENTO DELLO STESSO Sappi, o Visir (che Dio sia buono con te!), che dotti medici hanno tentato di risolvere questo difficile problema con ben pochi risultati. Ognuno ha guardato la questione dal suo proprio punto di vista e alla fine essa è rimasta oscura. Tra le cause che determinano la sterilità delle donne possiamo citare l'ostruzione dell'utero da parte di grumi di sangue, l'accumulazione di acqua, la mancanza di sperma nell'uomo oppure uno sperma difettoso, una malformazione organica dell'organo sessuale maschile, difetti interni dell'utero, il ristagno del sangue mestruale e l'impurità del suo flusso, l'ordinaria presenza di aria nell'utero. Altri studiosi attribuiscono la sterilità delle donne all'azione di spiriti, a sortilegi e influssi maligni. La sterilità è comune nelle donne molto opulente, per cui il loro utero viene compresso e non può concepire, non essendo in grado di risucchiare lo sperma, specialmente se il membro del marito è corto e i suoi testicoli sono molto grossi; in questo caso la conclusione del coito può essere soltanto imperfetta. Un rimedio contro la sterilità è il midollo della gobba del cammello, che la donna deve spalmare su una pezza per poi strofinare con essa il proprio organo sessuale, dopo essersi purificata del mestruo. A completamento della cura, deve prendere alcuni frutti della pianta chiamata «uva dello sciacallo», spremerne il succo in un vaso e aggiungervi un po' di aceto; la donna berrà questo liquido, digiunando per sette giorni, durante i quali il marito avrà cura di avere amplessi con lei. La donna può inoltre pestare una piccola quantità di sesamo e mischiarne il succo con polvere di sandracca del peso d'un fagiolo; berrà questa mistura tre giorni dopo il suo periodo e allora sarà pronta per ricevere il marito. La prima di queste medicine deve essere presa da sola, all'inizio della cura; poi si prenda la seconda, che, se così piace a Dio Onnipotente, avrà l'effetto desiderato. C'è anche un altro medicamento. Si fa un miscuglio di nitro, fiele di pecora e cornacchia e una piccola quantità della pianta chiamata el meusk, insieme a pochi grani della stessa. La donna deve impregnare un tampone di lana morbida con questo liquido e servirsene per strofinare la vulva dopo la mestruazione; quindi riceva le carezze del marito e, se è volontà dell'Altissimo, resterà incinta.
CAPITOLO XV DELLE CAUSE DELL'IMPOTENZA NELL'UOMO Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che vi sono uomini il cui sperma è sparso a terra dalla freddezza innata della loro natura, da malattie organiche, da emissioni purulente e febbri. Vi sono anche uomini con il canale urinario deviato, che forma una curva verso il basso per cui il liquido seminale non può essere eiaculato diritto in avanti, ma si riversa in giù. Altri hanno il membro troppo corto o troppo piccolo per raggiungere il collo dell'utero, oppure la loro vescica è ulcerata, o hanno altre infermità, che rendono loro impossibile effettuare il coito. Infine, vi sono uomini che giungono all'orgasmo più rapidamente delle donne, per cui le due emissioni non sono simultanee; in questo caso non c'è concepimento. Tutte queste condizioni servono a spiegare la mancanza di concepimento nella donna; ma la causa principale è la poca lunghezza del membro virile. L'impotenza può anche essere causata da un improvviso passaggio dal caldo al freddo e dal freddo al caldo, nonché da un gran numero di ragioni analoghe. Gli uomini che non possono generare per l'impurità del loro sperma, dovuta alla freddezza della loro natura, a malattie organiche, a emissioni purulente, febbri e simili, oppure per l'eccessiva rapidità nell'eiaculazione, si possono curare. Essi dovrebbero mangiare dolci stimolanti, contenenti miele, zenzero, piretro, sciroppo d'aceto, elleboro, aglio, cinnamomo, noce moscata, cardamomo, lingue di passero, cinnamomo cinese, pepe lungo e altre spezie. Così guariranno. Quanto agli altri mali che abbiamo indicato – la curvatura dell'uretra, le piccole dimensioni del membro, un'ulcera alla vescica e altre infermità che impediscono il coito – soltanto Dio può curarli.
CAPITOLO XVI IMPOTENZA TEMPORANEA Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che l'impotenza deriva da tre cause: prima, l'impotenza temporanea; seconda, una costituzione debole e fiacca; terza, l'eiaculazione precoce. Per curare l'impotenza temporanea dovete prendere cinnamomo della Mecca, galanga, chiodi di garofano, catec indiano, noce moscata, erba passerina, cinnamomo, pepe persiano, cardo indiano, cardamomo, piretro, semi di lauro e petali di garofano. Tutti questi ingredienti vanno accuratamente pestati insieme e messi in un brodo, meglio se di piccione, che va bevuto quanto più si può mattina e sera; il brodo di piccione, comunque, può essere sostituito a piacere. Prima e dopo bevete un bicchiere d'acqua. Il composto può anche essere preso con il miele, che è il modo migliore e dà ottimi risultati. Chi eiacula troppo presto deve prendere noce moscata e incenso (oliban) mescolati nel miele. Se l'impotenza deriva da debolezza, si uniscono al miele i seguenti ingredienti: piretro, semi di ortica, euforbia, zenzero, cinnamomo della Mecca e cardamomo. Questo preparato farà sparire la debolezza, con il permesso dell'Altissimo. Non posso garantire, comunque, l'efficacia dei medicamenti presentati, la virtù dei quali non è stata messa alla prova. L'impossibilità di compiere il coito, a causa della mancanza di durezza del membro, è dovuta anche ad altri fattori. Poniamo il caso che un uomo con il membro in erezione se lo ritrovi flaccido proprio quando sta per inserirlo tra le cosce della donna. Egli pensa che sia impotenza, mentre è forse semplicemente il risultato di un eccessivo rispetto per la compagna, o di un'inopportuna timidezza, oppure ciò avviene perché ha visto qualcosa di sgradevole, o ha sentito un cattivo odore; infine, può anche essere dovuto a gelosia, ispirata dal pensiero che la compagna non è più vergine ed è servita al piacere di altri uomini.
CAPITOLO XVII PRESCRIZIONI PER AUMENTARE LE DIMENSIONI DEI MEMBRI PICCOLI E RENDERLI SPLENDIDI Sappi, o Visir (Dio sia buono con te!), che questo capitolo, in cui si tratta delle dimensioni del membro virile, è di grandissima importanza sia per gli uomini sia per le donne. Per gli uomini, perché è da un membro vigoroso e di buone dimensioni che derivano l'amore e l'attaccamento delle donne; per le donne, perché è da tali membri che la loro passione amorosa viene appagata ed esse ricevono il maggior piacere. Questo risulta chiaramente dal fatto che molti uomini, per il solo fatto di avere membri insignificanti, sono, per quel che riguarda il coito, detestati dalle donne, che nutrono avversione anche per quanti hanno membri molli, torpidi e rilassati. Tutta la loro felicità consiste nell'uso di membri robusti e vigorosi. Dunque, un uomo che ha un pene piccolo e vuole aumentarne le dimensioni e renderlo più vigoroso, deve frizionarlo prima del coito con acqua tiepida, finché diventa rosso e si allunga per l'afflusso di sangue prodotto dal calore; quindi applicarvi un miscuglio di miele e zenzero, strofinandolo bene perché venga assorbito. Poi darlo alla donna; esso la farà godere tanto da farle desiderare che non esca più da lei. Un altro medicamento consiste d'un composto fatto con una moderata quantità di pepe, lavanda, galanga e muschio, ridotti in polvere, passati al setaccio e mescolati con miele e zenzero conservato. Il membro, dopo essere stato prima lavato in acqua calda, dev'essere vigorosamente massaggiato con il miscuglio; allora diverrà grosso e vigoroso, dando alla donna una meravigliosa sensazione di voluttà. Un terzo rimedio è il seguente: lavate il membro con acqua calda finché si arrossa e diventa eretto, poi avvolgetelo in un pezzo di pelle morbida spalmata di pece calda. Non ci vorrà molto perché il membro alzi la testa, tremando di passione. Tenete la pelle finché la pece si raffredda e il membro è di nuovo in riposo. Questa operazione, ripetuta parecchie volte, avrà l'effetto di rendere il pene forte e grosso. Un quarto rimedio è basato sull'uso delle sanguisughe, ma soltanto quelle che vivono nell'acqua. Mettetene molte in una bottiglia, quante ce ne stanno, e riempitela d'olio. Poi esponete la bottiglia al sole, finché il calore dello stesso le abbia spappolate riducendole a un miscuglio. Con il fluido così ottenuto strofinate il membro per parecchi giorni consecutivi e, con questo trattamento, diverrà di rispettabili dimensioni. Per un altro metodo di cura è necessario il membro di un asino. Procuratevene uno e bollitelo insieme a cipolla e a una grande quantità di grano. Con esso
nutrite del pollame, che in seguito mangerete Si può anche lasciar macerare il membro dell'asino nell'olio, poi mettere parte del fluido così ottenuto sul proprio membro e bere il resto. Ancora, si possono schiacciare delle sanguisughe nell'olio e strofinare il membro con questo unguento; oppure si possono mettere le sanguisughe in una bottiglia e seppellire quest'ultima in un letamaio caldo finché le sanguisughe si sono dissolte in un fluido pastoso, formando una specie di linimento, da applicare ripetutamente sul membro. Questo ne trarrà grande beneficio. Si può anche mischiare resina e cera con asfodelo e colla da calzolaio, e con questo composto strofinare il membro, che aumenterà di dimensioni. L'efficacia di questi trattamenti è ben nota e io stesso li ho provati.
CAPITOLO XVIII DELLE COSE CHE ELIMINANO IL CATTIVO ODORE DALLE ASCELLE E DALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE E CHE RESTRINGONO QUEST'ULTIMO Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che vulva e ascelle maleodoranti sono, insieme alla vagina larga, il peggiore dei mali. La donna che vuole eliminare questo inconveniente deve pestare della mirra rossa, setacciarla, mescolare questa polvere in acqua di mirto e col miscuglio così ottenuto frizionare l'organo sessuale. Tutti i cattivi odori spariranno. Un altro rimedio consiste nel pestare della lavanda e mescolarla ad acqua di muschio e rosa. Imbevetene uno straccio di lana e strofinate la vulva finché ve la sentite molto calda. Così non emanerà più alcun odore. Se una donna vuole stringere la vagina, deve soltanto sciogliere in acqua dell'allume e lavare l'organo sessuale con questa soluzione, che diventa ancora più efficace con l'aggiunta d'un po' di corteccia di noce, che è una sostanza molto astringente. Un altro rimedio ben noto per la sua efficacia è il seguente. Si fanno bollire in acqua carrube snocciolate e corteccia di melograno. Poi la donna faccia un semicupio nell'estratto così ottenuto, che deve essere tanto caldo quanto ella può sopportare; quando si raffredda, deve essere riscaldato e usato di nuovo, per molte immersioni ripetute. Lo stesso risultato si può ottenere suffumigando la vulva con sterco di vacca. Per eliminare il cattivo odore dalle ascelle, prendete antimonio e mastice, pestateli insieme e metteteli in acqua in un vaso di terracotta. Strofinate il composto contro la terracotta finché diventa rosso; quando è pronto all'uso, passatelo sotto le ascelle e il cattivo odore scomparirà. Per una cura radicale, ripetere l'operazione. Lo stesso risultato si può ottenere se si pestano insieme antimonio e mastice, e poi si mette questo composto sulla stufa, a fuoco basso, finché non prende la consistenza del pane. Sfregatelo con una pietra per togliere la pellicola che si sarà formata. Quindi strofinatelo sotto le ascelle e potete star sicuri che il cattivo odore sarà presto sparito.
CAPITOLO XIX INFORMAZIONI SULLA GRAVIDANZA E SU COME SI PUÒ SAPERE SE IL NASCITURO SARÀ MASCHIO O FEMMINA Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che i segni sicuri di gravidanza sono i seguenti: la vulva della donna è molto asciutta subito dopo il coito, lei tende a stirarsi, ha frequenti attacchi di sonnolenza, il suo sonno è pesante e profondo, la sua vulva si contrae spesso a un grado tale che nemmeno un meroud potrebbe penetrarvi, i capezzoli si scuriscono e, infine, segno più sicuro di tutti, la sue mestruazioni cessano. Se la donna rimane sempre in buona salute dopo l'accertamento della gravidanza, se il suo viso rimane bello e la carnagione chiara, se non le vengono lentiggini, allora si può prendere tutto ciò come un segno che il nascituro sarà un maschio. Anche i capezzoli molto rossi indicano che il piccolo sarà di sesso maschile. Lo stesso significato hanno il grande sviluppo dei seni e le emorragie dalla narice destra. I segni che il nascituro è di sesso femminile sono molti. Li elenco qui: frequenti malesseri durante la gravidanza, colorito pallido, lentiggini e macchie sulla pelle, dolori all'utero, numerosi incubi, capezzoli neri, un senso di pesantezza sul lato sinistro, emorragie nasali dalla stessa parte. Nel caso che vi sia qualche dubbio sulla gravidanza, fate bere alla donna acqua di miele, quando si conca, e, se ha un senso di pesantezza all'addome, è segno che aspetta un bambino. Se si sente più pesante sul lato destro che sul sinistro, il bimbo sarà un maschio. Anche il fatto che i seni si gonfino di latte indica che il nascituro è di sesso maschile. Ho ricevuto queste informazioni da studiosi e sono tutte accertate e provate.
CAPITOLO XX CHE COSTITUISCE LA CONCLUSIONE DELL'OPERA E TRATTA DEI BUONI EFFETTI DEL MANGIARE UOVA PER FAVORIRE IL COITO Sappi, o Visir (Dio ti sia benigno!), che questo capitolo contiene informazioni importantissime su come aumentare l'intesa nel coito, ed è di grande utilità tanto al vecchio quanto al giovane e all'uomo nel fiore degli anni. Lo sceicco, che dà buoni consigli alle creature di Dio il Grande, il saggio, il sapiente, il migliore degli uomini del suo tempo, dice su questo argomento le cose che seguono; ascolta dunque le sue parole. Chi usa mangiare ogni giorno a digiuno tuorli d'uova, senza la parte bianca, troverà in questo cibo un ottimo stimolante energetico per l'atto sessuale. Lo stesso effetto si ottiene mangiando per tre giorni tuorli d'uova mescolati con cipolla tritata. Chi fa bollire asparagi, li frigge in olio o altro grasso, poi versa su di essi tuorli d'uova con sale pestato e ne mangia ogni giorno, diventerà fortissimo per il coito, trovando in questo piatto uno stimolante al suo desiderio amoroso. Chi, pelate alcune cipolle, le mette in una casseruola con sale, aromi e tuorli d'uova, e frigge il tutto in olio, acquisterà un sorprendente e inestimabile vigore sessuale, se ne mangerà per parecchi giorni di seguito. Il latte di cammella mescolato al miele e preso regolarmente, infonde un vigore senza pari per l'atto sessuale, facendo sì che il membro virile sia pronto notte e giorno. Chi per molti giorni mangia uova bollite con mirra, cinnamomo e pepe farà enormemente aumentare il suo vigore per il coito e il numero delle sue erezioni, tanto da fargli pensare che il suo membro non tornerà più a riposo. Un uomo che desideri fare l'amore per tutta la notte e, siccome questo desiderio gli è venuto all'improvviso, non ha avuto il tempo di prepararsi seguendo una delle diete descritte sopra, può ricorrere alla ricetta che ora dirò. Prenda una grande quantità di uova, così da poterne mangiare all'eccesso, e le frigga con grasso fresco e burro; poi le immerga nel miele e mescoli per bene il tutto. Deve mangiarne quanto più può con un po' di pane e il suo membro non gli darà riposo per tutta la notte. Su questo argomento sono stati composti i seguenti versi: Il membro di Abu el Meilukh è rimasto eretto Per trenta giorni di seguito, perché ha mangiato cipolle. Abu el Mejdia ha deflorato in una sola notte
Ottanta vergini, senza mangiare né bere nulla nel frattempo, Perché prima aveva mangiato ceci e latte di cammella misto a miele Mimun, il negro, non finiva mai di versare il suo sperma, Per cinquanta giorni il suo membro operò senza sosta. Quanto orgoglio provò per questa impresa. Ancora dieci giorni lavorò, né era ancora appagato. Ma per tutto questo tempo mangiò soltanto uova e pane. Le gesta di Abu el Meilukh, Abu e! Meidja e Mimun sono state giustamente lodate e la loro storia è proprio meravigliosa. Dunque la presento qui, se a Dio piace, completando così il notevole servizio che questo libro è destinato a fare all'umanità.
STORIA DI ZOHRA Lo sceicco, il protettore della religione (Dio l'Altissimo sia benigno con lui!), riferisce che nella remota antichità viveva un illustre re, che aveva molte armate e immense ricchezze. Questo re aveva sette figlie, notevoli per la loro bellezza e perfezione, che erano nate una dopo l'altra, senza alcun maschio tra di loro. Molti re di quel tempo le volevano in matrimonio, ma esse si rifiutavano di sposarsi. Portavano abiti maschili, montavano magnifici cavalli con bardature ricamate d'oro, sapevano maneggiare la spada e la lancia, e a singolar tenzone sconfiggevano gli uomini. Ognuna di esse possedeva uno splendido palazzo, con la servitù e gli schiavi necessari per mandarlo avanti. Ogni volta che una proposta di matrimonio per una di esse veniva presentata al re, questi non mancava mai di consultare la figlia in questione; ma esse rispondevano sempre: «Non sarà mai.» Diverse conclusioni venivano tratte da questi rifiuti; alcune in senso buono, altre in senso cattivo. Per molto tempo non si potè raccogliere alcuna informazione positiva sulle ragioni ditale condotta e le principesse continuarono ad agire allo stesso modo fino alla morte del padre. Allora la maggiore di esse fu chiamata a succedergli, ricevendo il giuramento di fedeltà dei sudditi. La notizia di questa ascesa al trono si diffuse in tutti i paesi. Il nome della primogenita era Fuzel Djemal (fiore di bellezza); la seconda si chiamava Soltana el Agmar (regina delle lune); la terza, Bediâat el Djemal (incomparabile in beltà); la quarta, Ouarda (rosa); la quinta, Mahmuda (lodevole); la sesta, Kamela (perfetta); e infine, la settima Zohra (bellezza). Zohra, la più giovane, era anche la più intelligente e giudiziosa. Amava appassionatamente la caccia e un giorno, mentre galoppava attraverso i campi, incontrò sulla sua via un cavaliere, che la salutò, e lei restituì il saluto. Il cavaliere pensò d'aver udito una voce femminile, ma, siccome il volto di Zohra
era coperto da un lembo del suo haik, non ne fu sicuro e si disse: «Devo assolutamente sapere se è un uomo o una donna». Interrogò dunque uno dei servi che seguivano la princpessa, il quale dissolse i suoi dubbi. Allora si avvicinò a Zohra e discorse piacevolmente con lei finché si fermarono per fare colazione. Il cavaliere sedette accanto alla principessa per dividere il pasto. Con grande delusione di lui, Zohra non si scoprì il volto e, dicendo d'essersi imposta un digiuno, non mangiò nulla. Ma il cavaliere non poté fare a meno di ammirare le mani di Zohra, la grazia della sua vita, l'espressione amorosa dei suoi occhi. E il suo cuore si accese di ardente amore. Tra loro ebbe luogo la conversazione che segue. Il Cavaliere: «Il tuo cuore è insensibile all'amicizia?» Zohra: «Non conviene che un uomo provi amicizia per una donna, poiché, se i loro cuori tendono l'uno verso l'altro, sono presto invasi da desideri e, con Satana che li istiga a peccare, la loro caduta è presto nota a tutti». Il Cavaliere: «Non è così, quando l'affetto è sincero e il loro rapporto puro, senza infedeltà e tradimento». Zohra: «Se una donna si lascia sopraffare dall'affetto che sente per un uomo, diventa oggetto del disprezzo generale e tutti la calunniano, dal che non possono venire che pene e rimpianti». Il Cavaliere: «Ma il nostro amore rimarrà segreto e in questo luogo remoto, che può servirci da luogo d'incontro, avremmo rapporti ignoti a tutti». Zohra: «Non è sicuro. Non si potrebbe fare molto facilmente, presto saremmo sospettati e avremmo addosso gli occhi di tutti». Il Cavaliere: «Ma l'amore è fonte di vita. Cioè, la felicità, gli incontri, gli abbracci, le carezze degli amanti. Io sacrificherei la mia fortuna e persino la mia vita per te». Zohra: «Le tue parole sono ispirate dall'amore e il tuo sorriso è seducente; ma farai meglio a non continuare questo discorso». Il Cavaliere: «Le tue parole sono di smeraldo e il tuo consiglio sincero. Ma l'amore ha messo radici nel mio cuore e nessuno può strappano di là. Se mi allontani da te, è certo che morirò». Zohra: «Proprio per questo devi tornare a casa tua e io alla mia. Se piace a Dio, ci incontreremo ancora». Quindi si separarono, tornando ciascuno alla propria abitazione. Il nome del cavaliere era Abu e! Meidja. Suo padre, Kheirun, era un grande mercante, immensamente ricco, la cui casa sorgeva isolata oltre la proprietà della principessa, a un giorno di distanza dal palazzo. Tornato nel suo alloggio, Abu el Meidja non trovò pace e, al cader della notte, si buttò di nuovo addosso il temeur, prese un turbante nero e sotto il temeur allacciò la spada. Poi montò in sella al suo cavallo e, accompagnato dal suo negro favorito, Mimun, si allontanò segretamente col favore delle tenebre. I due cavalcarono senza fermarsi tutta la notte e, all'alba, furono in vista del palazzo di Zohra. Allora fecero una sosta tra le colline e, notata una caverna, vi entrarono con i cavalli. Lasciato il negro a guardia degli animali, Abu el Meidja
si avviò verso il palazzo, per esaminare i suoi accessi, e lo trovò circondato da un muro altissimo. Non potendo entrare, si ritirò a una certa distanza per osservare quelli che uscivano. Ma passò l'intera giornata e nessuno comparve. Dopo il tramonto, si sedette all'entrata della caverna e rimase di vedetta fino a mezzanotte; poi il sonno lo spraffece. Dormiva con il capo sulle ginocchia di Mimun, quando improvvisamente quest'ultimo lo svegliò. «Cosa c'è?» domandò. «Padrone,» disse il negro, «ho sentito dei rumori nella caverna e ho visto il bagliore di una luce.» Abu el Meidja si alzò immediatamente e, guardando con attenzione, scorse in effetti una luce, verso la quale si mosse e che lo guidò in un recesso della grotta. Dopo aver ordinato al negro di aspettare mentre egli andava a vedere da dove provenisse, prese la sua spada e s'inoltrò nella caverna. Scoprì così una specie di volta sotterranea, nella quale discese. Era quasi impossibile entrarvi, a causa delle pietre che ostruivano l'accesso. Con molta pena, però, riuscì a raggiungere una specie di crepaccio dal quale filtrava la luce. Guardandovi attraverso, vide la principessa Zohra circondata da un centinaio di vergini. Era un magnifico palazzo scavato nel cuore della montagna, stupendamente arredato e risplendente d'oro dappertutto. Le serve mangiavano e bevevano, unendosi ai piaceri della tavola. Abu el Meidja si disse: «Ahimé, non ho alcun compagno che mi assista in questo difficile frangente». Ispirato da questa riflessione, tornò dal suo servo Mimoun e gli disse: «Va' dal mio fratello davanti a Dio, Abu el Meilukh, e digli di venire qui più presto che può». Subito il negro montò a cavallo e galoppò per il resto della notte. Di tutti i suoi amici, Abu e! Meilukh era quello che Abu e! Meidja prediligeva. Era il figlio del Visir. Questo giovane, Abu e! Meidja e il negro Mimun passavano per i tre uomini più forti e impavidi del loro tempo e nessuno li aveva mai battuti in duello. Quando Mimun arrivò dall'amico del padrone e gli riferì quello che era successo, l'altro disse: «Sia fatta la volontà dell'Altissimo, poiché noi apparteniamo a Dio e a Lui ritorneremo». Quindi cinse la sciabola, saltò a cavallo e, prendendo con sé il suo negro favorito, si avviò con Mimun verso la caverna. Abu e! Meidja uscì a dargli il benvenuto e, avendolo informato dell'amore che sentiva per Zohra, gli disse della sua risoluzione a entrare con la forza nel palazzo, delle circostanze in cui si era rifugiato nella caverna e della meravigliosa scena che qui aveva visto. Abu el Meilukh restò senza parole per la sorpresa. Al tramonto udirono voci femminili che cantavano, ridevano forte e conversavano animatamente. Abu el Meidja disse all'amico: «Va' in fondo al passaggio sotterraneo e guarda. Poi capirai l'amore di tuo fratello». Abu el Meilukh, sgusciato silenziosamente all'estremità della grotta, guardò all'interno del palazzo e rimase ammaliato dalla vista delle vergini e delle loro bellezze. «Fratello» chiese, «chi tra quelle donne è Zohra?» Abu el Meidja rispose: «Quella dalle forme perfette, il cui sorriso è irresistibile,
le guance sono rosa e la fronte è mirabilmente bianca, che ha il capo cinto da una corona di perle e indossa una veste scintillante d'oro. E seduta su un trono incrostato di pietre rare e borchie d'argento, e appoggia il capo sulla mano». «L'ho notata fra tutte le altre» disse Abu el Meilukh, «come se fosse un vessillo o una fiaccola accesa. Ma, fratello mio, permettimi di richiamare la tua attenzione su un fatto che sembra non averti colpito.» «Quale fatto?» domandò Abu e! Meidja. L'amico rispose: «E sicuro, fratello, che in quel palazzo regna la lussuria. Osserva che le donne vengono qui soltanto di notte e che questo è un luogo remoto. Ci sono tutti i motivi per credere che sia dedicato esclusivamente ai piaceri della tavola, del bere e del sesso, e se pensavi di poterti incontrare con il tuo amore in una situazione diversa dalla presente, avresti scoperto che t'ingannavi, anche se avessi trovato il modo di comunicare con lei con l'aiuto di altre persone». «E perché?» domandò Abu e! Meidja. «Perché, » disse l'amico, «a quanto mi è dato vedere, Zohra cerca l'affetto di giovani ragazze, il che prova che non ha inclinazione per gli uomini e non può corrispondere al loro amore.» «O Abu e! Meilukh,» disse e! Meidja, «conosco il valore del tuo giudizio ed è per questo che ti ho mandato a chiamare. Sai che non ho mai esitato a seguire una tua raccomandazione e un tuo consiglio!». «Fratello» disse il figlo del Visir, «se Dio non ti avesse guidato a questo crepaccio, non avresti mai potuto avvicinare Zohra. Ma, se a Dio piace, di qui possiamo entrare.» Il mattino dopo, all'alba, ordinarono ai loro negri di praticare un'apertura in quel punto e togliere di mezzo tutto quanto potesse ostruire il passaggio. Fatto questo, nascosero i cavalli in un'altra grotta, al sicuro dagli animali feroci e dai ladri; poi tutti e quattro, i due padroni e i due servi, scesero nella volta sotterranea e penetrarono nel palazzo, ognuno armato di spada e di un piccolo scudo rotondo. Infine richiusero l'apertura, ridando al crepaccio il suo aspetto primitivo. Ora si trovavano al buio, ma Abu el Meilukh, strofinato un accendino, accese una delle candele che si trovavano nella sala e il quartetto si mise a esplorare il palazzo in ogni senso. L'arredamento era stupendo. Dovunque c'erano letti e divani d'ogni tipo, ricchi candelabri, splendide lumiere, tappeti sontuosi e tavoli coperti di cibi, bevande e frutta, con coppe e bottiglie, e l'aria profumata dalle fragranze più dolci. Poco dopo fecero la loro apparizione le serve. La loro andatura denotava allo stesso tempo indifferenza e languore. Sedettero sui divani e alcune negre offrirono loro da mangiare e da bere. Esse mangiarono, bevvero e cantarono melodiosamente. Allora, vedendole stordite dal vino, i quattro uomini balzarono fuori dal loro nascondiglio con le spade in pugno, brandendole sopra le teste delle serventi, avendo prima avuto cura di coprisi il viso con il bordo superiore dello haik. «Chi sono questi uomini» gridò Zohra, «che col favore delle ombre notturne invadono il nostro palazzo? Sono sbucati fuori dalla terra o scesi dal cielo? Cosa volete?» «Il coito! » risposero essi. «Con chi?» domandò Zohra.
«Con te, pupilla dei miei occhi! » disse Abu el Meidja, avanzando. Zohra: «Chi sei?» «Abu el Meidja.» Zohra: «Come fai a conoscermi?» «Sono io quello che hai incontrato mentre andavi a caccia nel tal posto.» Zohra: «Ma cosa ti ha condotto qui?» «La volontà dell'Altissimo.» A questa risposta Zohra tacque, mettendosi a pensare al modo di liberarsi di quegli intrusi. Ora, tra le vergini presenti ce n'erano molte le cui vulve erano come sbarrate col ferro e che nessuno era stato in grado di deflorare; c'era anche una donna di nome Muna (colei che placa la passione), che era insaziabile riguardo al coito. Zohra pensò tra sé: «Soltanto con uno stratagemma posso liberarmi di costoro. Come condizione per il mio consenso, imporrò loro di compiere cose che non sono in grado di fare». Poi, rivolgendosi ad Abu el Meidja, la principessa disse: «Potrai possedermi soltanto alle condizioni che t'imporrò». I quattro cavalieri acconsentirono ancora prima di conoscerle ed ella continuò: «Ma datemi la vostra parola che, se non farete ciò che è pattuito, sarete miei prigionieri e vi porrete interamente alla mia mercè». «Hai la nostra parola,» dissero i quattro uomini. Zohra li fece giurare che l'avrebbero mantenuta, poi, ponendo la sua mano in quella di Abu el Meidja, disse: «Quanto a te, t'impongo di deflorare ottanta vergini senza eiaculare. Questa è la mia volontà!» Egli rispose: «Accetto». Allora lei lo fece entrare in una camera dove c'erano parecchi letti di vario tipo e, una dopo l'altra, gli mandò le ottanta vergini. Abu e! Meidja le deflorò tutte e in tal modo, nel corso di una sola notte, rapi la verginità di ottanta ragazze senza emettere la più piccola goccia di sperma. Questo straordinario vigore sbalordì Zohra e così pure tutte le donne che erano presenti. Allora la principessa, rivolta al negro Mimun, domandò: «E questo, come si chiama?». «Mimun» risposero gli altri. «Il tuo compito» disse Zohra, indicando il negro, «sarà fare l'amore con quella donna, senza riposare mai, per cinquanta giorni consecutivi; non c'è bisogno che eiaculi se non vuoi; ma se la fatica eccessiva ti costringe a fermarti, non avrai assolto il tuo obbligo. » I due padroni protestarono altamente contro la durezza di questo compito; ma Mimun disse: «Accetto la condizione e ne uscirò con onore!» In realtà quel negro aveva un appetito insaziabile per l'amplesso. Zohra gli ordinò di andare con Muna nella camera di lei, dicendo a quest'ulti ma di farle sapere se il negro mostrava la minima traccia di fatica. «E tu come ti chiami?» chiese all'amico di Abu el Meidja. «Abu el Meilukh,» rispose lui. «Bene, allora, Abu e! Meilukh, ciò che voglio da te è che tu resti qui, davanti a queste donne e a queste vergini, per trenta giorni di seguito con il membro costantemente in erezione, nelle ore diurne come in quelle notturne» disse la principessa. Poi si rivolse al quarto: «Come ti chiami?» «Felah» (buona fortuna), fu la risposta. «Molto bene, Felah, tu resterai a nostra disposizione per qualunque servigio possiamo richiederti.» Comunque, Zohra,
per non offrire alcun pretesto di mancare alla parola e non essere accusata di malafede, aveva domandato loro, prima di tutto, quale dieta volessero seguire durante il periodo della loro prova. Abu el Meidja aveva chiesto come sola bevanda - a parte l'acqua - latte di cammella con miele e, come nutrimento, ceci cotti con carne e moltissime cipolle; e, grazie a questi cibi, con il permesso di Dio, compì la sua memorabile impresa. Abu e! Meilukh voleva cipolle cucinate con carne e, come bevanda, ancora il succo di cipolle pestate mescolato a miele. Mimoun, da parte sua aveva voluto tuorli d'uova e pane. Comunque, quando ebbe compiuto la sua impresa, Abu el Meidja chiese a Zohra il favore di copulare con lei, poiché aveva mantenuto la sua promessa. «Impossibile!» esclamò lei. «La prova che tu hai superato è inseparabile da quelle che devono compiere i tuoi compagni. Il patto va rispettato per intero e allora io manterrò la mia promessa. Ma se uno di voi dovesse fallire, sarete tutti miei prigionieri per volontà dell'Altissimo!» Abu el Meidja cedette di fronte alla sua ferma risoluzione e, sedutosi tra le fanciulle e le donne, mangiò e bevve con loro, aspettando che i suoi compagni portassero a termine i loro compiti. Dapprima Zohra, convinta che ben presto li avrebbe avuti tutti alla sua mercé, era tutta amabilità e sorrisi. Ma quando arrivò il ventesimo giorno, cominciò a dare segni di preoccupazione; e il trentesimo non poté trattenere le lacrime. Poiché quel giorno Abu e! Meilukh concluse il suo compito ed essendone uscito con onore si sedette vicino all'amico e si unì alla compagnia, che continuò tranquillamente a mangiare e bere in abbondanza. Da allora la principessa, la cui sola speranza era il fallimento di Mimun, si augurò ardentemente che il negro si sentisse stanco prima di compiere l'opera. Ogni giorno mandava qualcuno a informarsi da Mouna, che le faceva sapere che il vigore del negro aumentava continuamente, tanto che lei cominciava a disperare, vedendo già Abu el Meidja e Abu el Meilukh usciti vittoriosi dalla loro impresa. Un giorno disse ai suoi amici: «Ho chiesto informazioni sul negro e Muna mi fa sapere che è esausto dalla fatica». Al che Abu el Meidja gridò: «In nome di Dio, se Mimun non porta a termine il suo compito, anzi, se non continua ad avere amplessi per altri dieci giorni, farà la più orrenda delle morti!» Ma il suo zelante servitore non si concesse riposo per cinquanta giorni di seguito e continuò ancora per altri dieci, come il suo padrone aveva ordinato. Muna, da parte sua, ebbe la soddisfazione più grande, poiché quell'impresa aveva finalmente soddisfatto il suo ardore per il coito. Mimun, essendo uscito vincitore dalla prova, poté sedersi con i compagni. Allora Abu el Meidja disse a Zohra: «Come vedi, abbiamo rispettato tutte le condizioni che ci hai imposto. Sta a tè ora accordarmi quei favori che, secondo il patto, sarebbero stati il premio del nostro successo». «È fin troppo vero!» rispose la principessa e si diede a lui, il quale la trovò superiore alle più eccellenti. Quanto al negro Mimun, egli sposò Muna. Abu el Meilukh scelse, tra tutte le vergini, quella che aveva trovato più attraente. Tutti rimasero nel palazzo, abbandonandosi alla letizia e a tutti i piaceri
possibili, finché la morte mise fine alla loro felice esistenza e sciolse la loro unione. Dio sia misericordioso con loro come con tutti i musulmani! Amen. E a questa storia che si riferiscono i versi citati in precedenza. L'ho presentata qui, perché testimonia l'efficacia dei cibi e dei rimedi che ho consigliato per aumentare il vigore sessuale, e tutti i sapienti concordano nel riconoscere i loro benefici effetti. Vi sono anche altre bevande di eccellente virtù. Io descriverò la seguente: prendete una misura di succo di cipolla e mescolatelo a due misure di miele raffinato. Mettete questo miscuglio sul fuoco finché il succo di cipolla è tutto evaporato e rimane solamente il miele. Quindi toglietelo dal fuoco, lasciatelo raffreddare e conservatelo per usarlo quando volete. Allora mescolate una aukia dello stesso con tre auak d'acqua e mettete dei ceci a bagno in questo liquido per un giorno e una notte. La bevanda deve essere bevuta d'inverno e al momento di coricarsi. In piccola quantità, si badi, e una volta sola. Il membro dell'uomo che la beve non gli darà molto riposo quella notte. Se qualcuno poi ne bevesse per molti giorni di seguito, avrebbe continuamente il membro rigido ed eretto, senza una sola pausa. Gli uomini di temperamento ardente non dovrebbero berlo poiché può dar loro la febbre. Né questa medicina dovrebbe essere presa per tre giorni di seguito, se non da uomini vecchi o di temperamento freddo. Infine, non bisogna ricorrervi d'estate. Certo ho fatto male a scrivere questo libro; Ma tu mi perdonerai, mio Dio, non mi lascerai pregare invano E non mi punirai per questo il giorno del giudizio! E tu, lettore, dammi ascolto quando ti supplico di dire: Così sia!
INDICE
Prefazione
2
INTRODUZIONE
4
OSSERVAZIONI GENERALI SUL COITO CAPITOLO I
7
DEGLI UOMINI DEGNI DI LODE CAPITOLO II
18
DELLE DONNE DEGNE DI LODE CAPITOLO III
30
DEGLI UOMINI CHE MERITANO DISPREZZO CAPITOLO IV
31
DELLE DONNE CHE MERITANO DISPREZZO CAPITOLO V
33
DELL'AMPLESSO CAPITOLO VI
36
DI TUTTO QUANTO E FAVOREVOLE ALL'ATTO DEL COITO CAPITOLO VII
55
DELLE COSE CHE SONO DANNOSE NELL'AMPLESSO CAPITOLO VIII
60
I VARI NOMI DATI ALL'ORGANO SESSUALE MASCHILE CAPITOLO IX
70
I VARI NOMI DATI ALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE CAPITOLO X
86
GLI ORGANI SESSUALI DEGLI ANIMALI CAPITOLO XI
88
DEGLI INGANNI E I TRADIMENTI DELLA DONNA CAPITOLO XII
98
OSSERVAZIONI UTILI SIA AGLI UOMONI SIA ALLE DONNE CAPITOLO XIII
101
DELLE CAUSE DEL PIACERE NELL'ATTO DEL COITO CAPITOLO XIV
103
DESCRIZIONE DELL'UTERO DELLE DONNE STERILI E TRATTAMENTO DELLO STESSO CAPITOLO XV
104
DELLE CAUSE DELL'IMPOTENZA NELL'UOMO CAPITOLO XVI
105
IMPOTENZA TEMPORANEA CAPITOLO XVII
106
PRESCRIZIONI PER AUMENTARE LE DIMENSIONI DEI MEMBRI PICCOLI E RENDERLI SPLENDIDI CAPITOLO XVIII DELLE COSE CHE ELIMINANO IL CATTIVO ODORE DALLE ASCELLE E DALL'ORGANO SESSUALE FEMMINILE E CHE RESTRINGONO QUEST'ULTIMO
108
CAPITOLO XIX
109
INFORMAZIONI SULLA GRAVIDANZA E SU COME SI PUÒ SAPERE SE IL NASCITURO SARÀ MASCHIO O FEMMINA CAPITOLO XX CHE COSTITUISCE LA CONCLUSIONE DELL'OPERA E TRATTA DEI BUONI EFFETTI DEL MANGIARE UOVA PER FAVORIRE IL COITO
110