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Italian Pages 147 Year 2010
Mario Mauro con Vittoria Venezia e Matteo Forte
GUERRA AI CRISTIANI Le persecuzioni e le discriminazioni dei cristiani nel mondo
Copertina di Enzo Carena © 2010 Lindau s.r.l. corso Re Umberto 37 -10128 Torino Prima edizione: maggio 2010 ISBN 978-88-7180-874-1
A Giovanna, Francesca Romana e Angelo
Introduzione L'OSCE e la difesa della libertà religiosa
... è la libertà religiosa, infatti, il tema di questa risoluzione, non quindi una crociata identitaria o il tentativo di mettere in difficoltà questo o quel governo, ma la denuncia del fatto che oggi, nel mondo, accade di morire perché si crede in Cristo o si è discriminati perché la mia fede è diversa dalla tua... Mario Mauro, intervento sui recenti attacchi alle comunità cristiane nel mondo, Parlamento europeo, Strasburgo, 21 gennaio 2010 Si putas te non habere tribulationes, nondum coesisti esse christianus (Se credi di non avere tribolazioni, non hai ancora cominciato a essere cristiano). S. Agostino, Enarrationes in psalmos, 55,4 Distruggendo una certa i m m a g i n e della «mondanità», la speranza cristiana ha smascherato i vincoli che legano l'uomo al potere inteso come «speranza patologica», ossia totalitarismo. I totalitarismi altro non sono infatti che tentativi di realizzare prematuramente la speranza, di compiere in modo indebito il desiderio che caratterizza il cuore dell'uomo. L'inimicizia dei poteri, delle dittature, delle visioni totalitarie
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nei confronti del cristianesimo ha in fondo la m e d e s i m a radice: le comunità cristiane documentano il d r a m m a della libertà dell'uomo di fronte al potere. «Dio nasce, il potere trem a . . . » scriveva Józef Tischner. Se il verbo si è incarnato veramente, ciò significa che esso è entrato nel cuore delle situazioni-limite dell'uomo e che nel contesto di tali situazioni il cristianesimo rappresenta un giudizio senza precedenti, un fattore sconvolgente. Dal 2009 svolgo per conto dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ( O S C E ) 1 il ruolo di Rappresentante per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e le discriminazioni, con particolare riferimento alle discriminazioni rivolte ai cristiani e ai membri delle altre religioni. Questa esperienza extraparlamentare nell'ambito dei diritti umani ha aggiunto un'ulteriore dimensione al mio i m p e g n o contro le manifestazioni di intolleranza verso i cristiani. Già nella scorsa legislatura, avevo denunciato al Parlamento europeo il problema delle persecuzioni delle comunità cristiane in Medio Oriente. Grazie all'approvazione di una Risoluzione 2 , da me proposta, volta a condannare tutti gli atti di violenza che limitano di fatto l'esercizio della libertà di religione e di culto, le istituzioni europee hanno per la prima volta, nel 2007, seriamente preso coscienza del problema delle persecuzioni delle minoranze cristiane in alcune parti del mondo. Da allora, la mutata sensibilità del Parlamento europeo verso questo tipo di problematica è stata di recente confermata in occasione del voto favorevole su una Risoluzione 3 , sempre di mia iniziativa, per la condanna degli atti di violenza avvenuti in Egitto e Malesia contro alcune comunità cristiane. L'assemblea di Strasburgo ha voluto, infatti, sottolineare e denunciare che tutte queste violenze hanno in comune l'avversione e la discriminazione nei con-
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fronti di tali comunità. Ancora una volta tutti i gruppi politici si sono trovati concordi sull'esistenza di un problema di libertà religiosa, che va affrontato in m o d o serio e costante dalla comunità internazionale proprio perché sono messi a repentaglio i diritti fondamentali dell'uomo. Secondo i dati dell'OSCE, esistono diverse tipologie di discriminazione. Queste possono essere classificate come intenzionali - quando la discriminazione è motivata da un effettivo odio verso i cristiani - e non intenzionali - quando invece delle n o r m e apparentemente neutre si traducono in un trattamento ineguale a sfavore dei cristiani. Di fronte a tali episodi, la C o m u n i t à internazionale ha il compito di assicurare a tutti, soprattutto alle minoranze, di esprimere liberamente il proprio credo in n o m e di quegli ideali di pace e di giustizia su cui si fondano le nostre società. Per quanto riguarda l'OSCE, il suo impegno nell'ambito della p r o m o z i o n e della tolleranza e della non discriminazione verso i cristiani ha avuto una notevole svolta a partire dal 2005 in occasione della Conferenza di Cordoba sulle varie forme di intolleranza. Da allora il lavoro dell'OSCE in questo ambito si è via via specializzato e ha portato a una maggiore visibilità del problema, avvalendosi inoltre delle prime statistiche a cura d e l l ' O D I H R 4 sui casi di discriminazione contro i cristiani. Nel contesto delle attività previste dal mio mandato, il 4 marzo 2009 a Vienna ho promosso la prima tavola rotonda sull'intolleranza e le discriminazioni contro i cristiani, uno dei forum di discussione più importanti per lo scambio d'informazioni e l'individuazione di possibili strategie volte all'eliminazione di tali episodi. Hanno preso parte all'incontro i rappresentanti delle comunità religiose e della società civile, ricercatori e rappresentanti di altre organizzazioni internazionali.
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Dopo un primo dibattito introduttivo aperto anche alle delegazioni degli Stati partecipanti all'OSCE, i lavori della tavola rotonda sono stati poi organizzati in due gruppi tematici riuniti in simultanea. Questo m o m e n t o ha dato ai partecipanti l'opportunità di approfondire in un contesto più confidenziale alcuni aspetti brevemente trattati durante l'apertura del convegno. Il primo gruppo di lavoro si è occupato essenzialmente del diniego dei diritti fondamentali dell'uomo, inteso come diretta conseguenza delle discriminazioni basate sulla religione; mentre il secondo gruppo di lavoro ha analizzato come la maggior parte degli episodi violenti di odio contro i cristiani si verifichi in contesti di esclusione sociale e marginalizzazione. La discussione si è svolta applicando la Chatham
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Ride5, nonostante l'opposizione di alcune delegazioni degli Stati partecipanti all'OSCE - nello specifico la Turchia con il sostegno degli Stati Uniti - favorendo uno scambio di informazioni molto libero e interessante che ha permesso di entrare nel vivo del dibattito oggetto dell'incontro. Molti tra i partecipanti ai lavori hanno fatto presente come in alcuni paesi, ad esempio in Kosovo, i luoghi di culto e i cimiteri, cosi come le proprietà riconducibili a persone di fede cristiana, siano sempre più spesso oggetto di atti vandalici e vere e proprie profanazioni. Questa tendenza molto preoccupante si coniuga poi con delle problematiche di base legate alle difficoltà concrete che le chiese e le associazioni cristiane incontrano in alcuni Stati della regione OSCE, soprattutto in molti degli ex paesi del blocco sovietico, per quanto riguarda il riconoscimento di uno status legale o l'ottenimento del visto per i missionari, fino ad arrivare all'impossibilità per i fedeli di pregare liberamente. È fortissimo il nesso tra gli episodi di intolleranza nei confronti di alcune
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comunità religiose e le limitazioni della libertà di religione alle quali queste sono sottoposte. Secondo quanto emerso dalle varie testimonianze, il fatto che in alcuni paesi venga negato il diritto di manifestare il proprio credo, anche attraverso il problema relativo al riconoscimento di uno status legale, mette a serio repentaglio l'esistenza stessa delle comunità cristiane in quei paesi perché sempre più spesso vengono applicate dalle autorità amministrative competenti normative che tendono a punire le attività religiose svolte dai gruppi non registrati. Alla fine dei lavori della prima tavola rotonda sul tema dell'intolleranza contro i cristiani, è emerso chiaramente che le discriminazioni sono presenti sia a est che a ovest di Vienna. Per tanto, occuparsi della libertà religiosa dei cristiani nel m o n d o non significa semplicemente difendere gli interessi di una categoria. Il tema di questo saggio non è quindi una crociata identitaria o il tentativo di mettere alla berlina questo o quel governo, ma la denuncia del fatto che oggi, nel m o n d o , accade di morire perché si crede in Cristo e si è discriminati a motivo della propria fede. La libertà religiosa costituisce un oggettivo fattore di riconoscimento del rispetto dei diritti dell'uomo. Le violenze subite dai cristiani nel m o n d o rappresentano infatti una ferita e una sfida alla dignità della persona. Occuparsi della libertà religiosa dei cristiani, allora, vuol dire innanzitutto affrontare una grave emergenza del nostro tempo. Certo, il Colosseo di Roma ci ricorda che già dal sorgere delle prime comunità la persecuzione accompagna la vita del cristianesimo. Tuttavia i segnali che giungono oggi da ogni parte del m o n d o costringono a non relegare il nostro interesse a un capitolo di un qualsivoglia manuale di storia. Dall'inizio del nuovo millennio Fides, l'agenzia di notizie vaticana, conta 263 uccisioni di vescovi,
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preti, suore, seminaristi e catechisti. I luoghi del loro martirio coprono tutti e cinque i continenti, Europa compresa (è il caso di don Robert De Leener, ucciso a Bruxelles il 5 maggio del 2005 a motivo della sua caritatevole accoglienza nei confronti degli immigrati). Quel che preoccupa non è solo la vasta diffusione del fenomeno, ma la sua costante crescita. L'annuale lista di Fides6 per l'anno 2009 stima 37 omicidi causati dall'odio anticristiano, quasi il doppio di quelli avvenuti nel corso del 2008. Si tratta del numero più alto degli ultimi dieci anni. Il «limite», se così si p u ò chiamare, delle stime riportate dall'agenzia è che, per il loro carattere di ufficialità, considerano solo gli operatori pastorali e i consacrati cattolici. Tuttavia il dato segnala un trend. Infatti, anche secondo il Rapporto 2009 dell'Aiuto alla Chiesa che soffre 7 sulla libertà religiosa nel m o n d o , il 75% delle discriminazioni è a danno dei cristiani. E come sappiamo il 2010 non sembra promettere miglioramenti, tutt'altro. Il 7 gennaio, il giorno del Natale ortodosso, sei cristiani copti sono stati uccisi nel villaggio di Nag H a m m a d i , nella provincia di Qena, nell'Egitto del sud, a una sessantina di chilometri da Luxor, mentre uscivano dalla funzione. Sappiamo con certezza che l'obiettivo era, più che i fedeli, il loro vescovo, mons. Anba Kirollos. «Non vi permetteremo di celebrare le feste», avevano minacciato a gran voce nell'ultimo periodo alcuni gruppi di m u s u l m a n i rivolti a Kirollos. Si trattava di minacce molto serie, e il vescovo lo sapeva, sentiva un'aria negativa la sera precedente l'attacco. Purtroppo non è stato sufficiente l'aver accorciato la funzione natalizia del 7 gennaio. Gli assalitori
hanno
aperto il fuoco in m o d o indiscriminato sulla folla, provocando una strage: 7 morti (tra cui un poliziotto) e 9 feriti gravi. Il vescovo aveva lasciato la chiesa qualche minuto prima dell'arrivo del c o m m a n d o armato. A scatenare le violenze, il
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presunto stupro di una dodicenne m u s u l m a n a avvenuto nel novembre scorso. Nei giorni seguenti all'attentato, la comunità islamica locale ha bruciato proprietà cristiane e danneggiato edifici. La polizia ha invitato il vescovo Kirollos a restare al sicuro nella propria abitazione, nel timore di nuove violenze. Negli stessi giorni in Malesia sono stati presi d'assalto 9 chiese ed edifici cristiani. Quest'ultimo caso è emblematico di una discriminazione di cui le minoranze cristiane, di qualunque confessione e rito, sono oggetto in numerosi paesi, ma che raramente viene presa in considerazione in quanto non «produce» martiri. È bene soffermarsi su questo aspetto che costituisce l'altra faccia della limitata libertà religiosa dei cristiani nel mondo. Se, infatti, da una parte c'è la persecuzione (che prevede la caccia e l'uccisione), dall'altra c'è la discriminazione, l'intolleranza, l'intimidazione, l'ostilità e il disprezzo. Le cause sono di natura ideologica e religiosa, e non connotano solo i regimi dispotici dell'Asia o dell'Africa, ma anche le società democratiche occidentali. Le minoranze cristiane, dunque, sono tra l'incudine e il martello: l'incudine dell'indifferenza per il fattore religioso, propria del laicismo occidentale, e il martello del fondamentalismo islamico e delle dittature comuniste. Il fattore «cristiano» è, perciò, fonte di irritazione tanto laddove è minoranza quanto nell'ambiente politico e culturale europeo. Se infatti il contenuto della democrazia finisce per coincidere con il relativismo, si tende sempre più a strappare ai cristiani la primaria caratteristica di essere comunità socialmente identificabile, poiché l'orizzonte supposto alla convivenza civile diviene una pretesa quanto utopica neutralità (in questo senso si leggano le accuse di ingerenza rivolte alla Chiesa quando un politico cattolico vota secondo coscienza). La democrazia postmo-
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derna, quindi, nega la dimensione ecclesiale della presenza cristiana nella società. Occuparsi della libertà religiosa dei cristiani, allora, diviene una battaglia in difesa della vera democrazia, perché la libertà religiosa - come disse Giovanni Paolo II - è la «cartina di tornasole di tutti gli altri diritti». E ciò ha una doppia valenza. La prima vede la libertà religiosa quale test: laddove essa m a n c a è difficile che siano garantite anche tutte le altre (quella di stampa, di pensiero, di associazione ecc.). La seconda valenza è espressa dalla considerazione della persona come p r i m a r i a m e n t e religiosa, in quanto mossa da una visione del m o n d o e plasmata da un orientamento ideale che ordina e fonda giudizi e azioni, così che la libertà religiosa costituisce «il cuore di tutti gli altri diritti» 8 . Mario
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Mauro
L ' O S C E ( O r g a n i z z a z i o n e per la S i c u r e z z a e la C o o p e r a z i o n e in E u r o p a ) è
u n ' o r g a n i z z a z i o n e i n t e r n a z i o n a l e per la p r o m o z i o n e della pace, del dialogo p o l i t i c o , della giustizia e della c o o p e r a z i o n e in E u r o p a che c o n t a , att u a l m e n t e , 56 p a e s i m e m b r i ed è la più v a s t a o r g a n i z z a z i o n e r e g i o n a l e per la sicurezza. L ' O S C E n a s c e c o m e e v o l u z i o n e della C o n f e r e n z a sulla Sicurezza e sulla C o o p e r a z i o n e in E u r o p a ( C S C E ) . Q u e s t ' u l t i m a ,
convocata
per la p r i m a v o l t a a H e l s i n k i il 3 luglio 1973, n a c q u e in p i e n o c l i m a di G u e r r a F r e d d a c o m e tentativo di r i p r e s a del d i a l o g o E s t - O v e s t . L ' O S C E si è data c o m e o b i e t t i v o il m a n t e n i m e n t o della p a c e e della s i c u r e z z a in Europa, i n t e n d e n d o q u e s t ' u l t i m a n o n solo c o m e a s s e n z a di conflitti armati, m a a n c h e c o m e p r e s u p p o s t o per la difesa dei diritti d e l l ' u o m o , per strutture d e m o c r a t i c h e stabili a l l ' i n t e r n o di u n o « S t a t o di diritto», c o m e p u r e per un c o n c r e t o s v i l u p p o e c o n o m i c o e sociale e u n o s f r u t t a m e n t o sostenibile delle risorse. 2
Si v e d a l ' a p p e n d i c e finale.
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Si v e d a l ' a p p e n d i c e finale.
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L ' O D I H R (Ufficio per le Istituzioni D e m o c r a t i c h e e i Diritti d e l l ' U o m o ) è
la p r i n c i p a l e i s t i t u z i o n e d e l l ' O r g a n i z z a z i o n e per la S i c u r e z z a e la C o o p e r a z i o n e in E u r o p a a o c c u p a r s i della d i m e n s i o n e « u m a n a » della s i c u r e z z a . Tale ufficio, o r i g i n a r i a m e n t e c h i a m a t o U f f i c i o per le L i b e r e E l e z i o n i , è stato creato nel 1990 dalla C a r t a di Parigi e istituito n e l 1991. Il n o m e dell'ufficio è stato poi m o d i f i c a t o per riflettere l ' a m p l i a t o m a n d a t o r i c e v u t o al v e r t i c e di H e l s i n k i nel 1992. L ' O D I H R , con s e d e a V a r s a v i a , è attivo in tutti i 56 Stati p a r t e c i p a n t i a l l ' O S C E . Tra le attività p r i n c i p a l i , figura l'assis t e n z a ai g o v e r n i in m o d o da tener fede ai loro i m p e g n i c o m e Stati p a r t e cipanti d e l l ' O S C E in m a t e r i a di elezioni, diritti u m a n i , d e m o c r a z i a , Stato di diritto, t o l l e r a n z a e n o n d i s c r i m i n a z i o n e . L ' O D I H R è m e g l i o c o n o s c i u to per il suo r u o l o nel m o n i t o r a g g i o delle elezioni. S o n o state o s s e r v a t e p i ù di 150 e l e z i o n i in tutta la r e g i o n e d e l l ' O S C E e sono stati i m p i e g a t i circa 35.000 o s s e r v a t o r i . L'ufficio o r g a n i z z a , a V a r s a v i a , l ' a n n u a l e O S C E H u m a n D i m e n s i ó n I m p l e m e n t a t i o n M e e t i n g , la più g r a n d e c o n f e r e n z a sui diritti u m a n i . Infine, un altro i m p o r t a n t e c o n t r i b u t o è d a t o d a l l ' O D I H R n e l l ' a m b i t o della raccolta e della d i v u l g a z i o n e di statistiche e della p r o m o z i o n e di e s e m p i di e c c e l l e n z a sui temi della tolleranza e della n o n d i s c r i m i n a z i o n e . 5
Chatham
House
Rule è u n a regola c h e d i s c i p l i n a la c o n f i d e n z i a l i t à
della
f o n t e delle i n f o r m a z i o n i s c a m b i a t e d u r a n t e u n i n c o n t r o . Di s e g u i t o la definizione:
« Q u a n d o un incontro, o p a r t e di esso, si s v o l g e s e c o n d o la
Chatham House Rule, i p a r t e c i p a n t i sono liberi di u t i l i z z a r e le i n f o r m a z i o n i ricevute, m a n o n d e v e essere rivelata n é l ' i d e n t i t à o l ' a f f i l i a z i o n e di c o l o r o che i n t e r v e n g o n o , n é quella degli altri p a r t e c i p a n t i » . Q u e s t a regola, cons e n t e n d o di p r e n d e r e la p a r o l a a titolo p u r a m e n t e i n d i v i d u a l e , facilita u n a d i s c u s s i o n e più libera. 'Si v e d a l ' a p p e n d i c e finale. 7
Si v e d a l ' a p p e n d i c e finale.
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Messaggio
per la giornata
mondiale
per la pace, I o g e n n a i o 1999, n. 2.
GUERRA AI CRISTIANI
Nerone scaricò la colpa di quelle fiamme e inflisse le più crudeli torture a una classe d'individui odiati per le loro infamie, che il popolino chiamava cristiani. Questa intollerabile superstizione,
per il momento tenuta sotto
controllo, si diffuse non soltanto in Giudea, il principale focolaio del male, ma anche nella città di Roma dove si incontrano e diventano popolari tutte le cose orrende e vergognose che vengono da ogni parte del mondo. Tacito Se il Tevere straripa, se il Nilo non bagna le campagne, se arriva la carestia o la peste, non si ode
immediata-
mente che un solo grido selvaggio: «Date i cristiani in pasto ai leoni!». Tertulliano
Persecuzioni: una storia antica
Tutti quelli che vogliono vivere pienamente
Cristo
Gesù, saranno perseguitati. [...] Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso. S. Paolo (2 Tim 3,12-14) Dalla Siria fino a Roma, per terra e per mare, di giorno e di notte, io sto combattendo con le belve, legato a dieci leopardi, cioè a un manipolo di soldati. Costoro, anche a far loro del bene, diventano peggiori. Per i maltrattamenti che mi infliggono divento maggiormente discepolo, ma non per questo sono giustificato.
[...] Si abbattano pure su di me fuoco,
croce, schiere di belve, disarticolazioni, slegature di ossa, mutilazioni di membra, stritolamento del corpo intero, tormenti crudeli del diavolo: purché solo io arrivi al possesso di Gesù Cristo! Sant'Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, V,l-3 La persecuzione nei primi secoli di vita del cristianesimo trova riscontro in svariate fonti, sia cristiane sia pagane. Di
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questa seconda categoria sono le notizie che ne danno Tacito negli Annales e Svetonio, ma non solo. Quello su cui spesso ci si è interrogati è la radice dell'odio anticristiano delle origini. Sicuramente ci sono ragioni politiche, visto il rifiuto dei cristiani di rendere culto all'imperatore (crimen statis imperatorum).
laesae
maie-
Tuttavia nel II secolo la violenza provie-
ne soprattutto dalla popolazione, poiché «la celebrazione dei misteri cristiani appariva ai pagani cosa assolutamente diversa dagli atti di culto. I cristiani non avevano templi, altari (nel significato corrente), statue di dei, né offrivano incensi o vittime animali. L'opinione pubblica m u o v e v a loro il rimprovero di essere athei, uomini senza culto»
È, in effet-
ti, difficile pensare che ai tempi della m a s s i m a espansione dell'Impero romano, Traiano, e prima di lui Nerone con la p e r s e c u z i o n e del 64, si rivoltassero contro i cristiani per motivi politici. Questi possono essere sopraggiunti dopo il 300, q u a n d o la diffusione del cristianesimo è così capillare da suscitare il sospetto di cospirazione nei confronti di Roma. La diffusione avviene soprattutto in ambienti politici e nobiliari:
Ovunque si potevano incontrare dei cristiani e nessuno sapeva donde venissero (Apologetico 1). Di più, è verosimile che la vita dei cristiani, tanto ritirata e moralmente severa, fosse sentita da molti come un tacito rimprovero. Giustino racconta un caso caratteristico: una signora romana di nobile famiglia, che fin allora aveva condotto una vita disordinata non meno di suo marito, si fece cristiana; ora pretendeva dal marito la fedeltà coniugale, in caso contrario si sarebbe separata da lui. Non volendo nuocere alla moglie, egli denunciò il catechista che l'aveva istruita. Il catechista Tolomeo fu giustiziato. 2
PERSECUZIONI:
UNA STORIA
ANTICA
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Nel III secolo scoppiano le prime e vere persecuzioni anticristiane per decreto imperiale. Nel 250 Decio si decide per una politica di restaurazione religiosa dando il via a una sistematica e violenta eliminazione dei cristiani in tutti i territori dell'Impero. A questa ne seguirà una seconda proclamata da Valeriano (253-260), che tenta di estirpare la nuova religione combattendo il clero e i laici delle classi eminenti, nella speranza di disperdere il popolo dei fedeli ormai privo di guide. La più terribile persecuzione che i cristiani conoscono nell'antichità, però, è senz'altro quella del 303 a opera di Diocleziano. L'età medievale è caratterizzata più che altro dalle divisioni dei cristiani, a partire dal Concilio di Calcedonia del 451, con la nascita delle Chiese copte e la scissione degli ortodossi del 1054. Anche le lotte per le investiture tra papato e impero sono un'altra caratteristica di quella stagione, segnata dal tentativo del potere temporale di prevaricare su quello spirituale. A ciò seguiranno la Riforma protestante e le guerre di religione. È nell'età m o d e r n a che la persecuzione assume un nuovo volto e, per certi versi, più terribile. I fatti del 1789 e la filosofia che sta alla base della Rivoluzione francese costituiscono in quest'ottica un punto di non ritorno. Il buon cittadino nel pensiero rivoluzionario di Robespierre, il responsabile del Terrore d'Oltralpe, è colui che mette da parte gli egoismi (interessi, aspirazioni personali fino al proprio credo religioso) a vantaggio della «pubblica felicità». I diritti soggettivi non sono tali in quanto veri e innati - come nella nascente democrazia transoceanica -, m a perché «decisi, voluti, imposti dall'atto "istantaneo" di u n ' a s s e m b l e a » 3 . Si tratta, in questo caso, di imporre «la difesa terroristica della libertà repubblicana» 4 . Questa concezione del potere determina il contenuto e la forma di tutti i campi di attività (non è un ca-
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so che la legge Le Chapelier del 14 giugno 1791 azzeri tutte le corporazioni intermedie) a vantaggio della volontà del dominatore. Con simile pretesa lo Stato moderno indica nella rappresentanza politica l'unica modalità di vita comunitaria. È chiaro che il primo impedimento all'affermazione di questo principio è la Chiesa. Così si spiegano la Costituzione civile del clero, la soppressione delle decime, la lottizzazione e vendita dei beni del clero, la deportazione dei preti refrattari, l'irrilevanza del matrimonio religioso, l'introduzione del divorzio e la possibilità di risposarsi. Le tensioni di simili provvedimenti sfociano nella lunga e sanguinosa guerra della Vandea, dove le armate repubblicane si scontrano con la popolazione contadina di quella regione, che combatte sotto le bandiere di Dio e del re. Lo scenario storico aperto in Europa dalla Rivoluzione francese sembra porre la politica e la gestione del potere in antitesi rispetto a una fede cristiana pubblicamente vissuta, come constata tristemente Madame de Staël: «Gli amici della libertà sembrano essere i nemici della religione». Il corso della rivoluzione ha dato corpo a un'idea che difficilmente riescono a concepire coloro che ritengono la libertà e l'uguaglianza i valori stessi del Vangelo applicati alla vita civile; un'idea che, all'alba della rivoluzione, sarebbe parsa peregrina alla maggioranza dei suoi protagonisti: quella di un'incompatibilità fra i nuovi princìpi e l'antica religione. 5 E così che si spiega la condanna da parte della Chiesa della democrazia moderna. Eppure Giovanni Mastai Ferretti, il papa del Sillabo, veniva considerato, dai suoi contemporanei, «liberale». Al m o m e n t o della sua elezione, nel 1846, Pio IX si trova a fronteggiare gli strascichi del «giuseppinismo» in Europa 6 .
PERSECUZIONI:
UNA STORIA
ANTICA
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Giuseppe II, detto «il sagrestano», aveva dato l'avvio nella Vienna della seconda metà del '700 all'assolutismo illuminato che, in cambio della protezione offerta alla cristianità, rivendicava nei confronti della Chiesa di R o m a diritti definiti iura maiestatica circa sacra: «Ogni qualvolta il benessere della società l'avesse richiesto lo Stato poteva intervenire nella realtà ecclesiale. Tali interventi vincolavano in vario modo la vita e l'attività della Chiesa, fino a configurare una sua sottomissione di principio e di fatto al controllo dell'autorità civile» 7 . È così che papa Mastai Ferretti, appena eletto, nell'enciclica programmatica con cui, il 9 n o v e m b r e 1846, inaugura il suo pontificato, Qui pluribus, individua nel razionalismo e nell'indifferentismo
agnostico
dei regimi
liberali8
quelle correnti culturali che inaspriscono la situazione e mettono a repentaglio la libertà della Chiesa nell'operare la sua missione universale 9 : «Quando dunque Pio IX viene eletto papa non ha schemi preconcetti nei confronti di nessun sistema politico, ma ha chiarito il criterio con cui valutare le diverse posizioni politiche» 1 0 . Il papa che viene salutato dall'intellighenzia della prima metà del secolo XIX come colui che avrebbe portato una ventata di aria n u o v a all'interno della Chiesa con una serie di riforme attese, il pontefice che pone R o m a all'avanguardia per quanto riguarda la libertà di stampa, sente che tradirebbe la propria missione di vicario di Cristo se non denunciasse come gravi errori quelle legislazioni statali che ostacolano effettivamente la libertà della Chiesa: è così che il cattolicesimo e la Santa Sede si scoprono guidati da un nuovo criterio nei rapporti con le ideologie politiche moderne che reggono e dirigono le potenze europee sorte all'indomani del Congresso di Vienna 1 1 . Potenze che non m a n c h e r a n n o di inaugurare politiche fortemente influenzate appunto dal «giù-
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CRISTIANI
seppinismo». Il Piemonte del governo D'Azeglio, per esempio, è noto per le leggi Siccardi, così chiamate dal nome dell'allora ministro della Giustizia, che, approvate nel febbraio 1850, sciolsero numerosi ordini religiosi e ne incamerarono i beni (comprese chiese e conventi), abolirono i tribunali riservati al clero e il diritto d'asilo nei luoghi di culto. Di egual tenore l'atteggiamento tenuto dal Regno d'Italia che, con una legge del 1866, espropriò ordini e congregazioni religiose del loro patrimonio fondiario, ossia il cosiddetto asse
ecclesiastico
riguardante oltre 700.000 ettari di terre coltivabili, rivenduto poi ai grandi proprietari terrieri mediante il sistema delle aste pubbliche. La Germania degli anni '60 e '70 dell'800 si distinse invece per una virulenta c a m p a g n a anticlericale, fatta di opuscoli che dipingevano i papi come «massacratori di uomini» e «ostacolo al benessere dei popoli» n . Tale campagna culminò nel Kulturkampf,
ovvero la «battaglia per la ci-
viltà» : lo Stato e m a n ò leggi di controllo sull'attività del cle13
ro, di divieto di insegnamento religioso, di lotta contro le istituzioni scolastiche cattoliche, in particolare quelle dei gesuiti, e di costrizione in materia di matrimonio civile. Quelle misure erano tese ad affermare la supremazia delle istituzioni pubbliche su ogni tipo di condotta di vita informata da principi religiosi, e a condannare chi anteponeva all'interesse dello Stato la sua devozione filiale al capo della Chiesa di Roma. La Chiesa, quindi, si sente accerchiata e minacciata nella sua libertà da un potere ostile nei confronti del cattolicesimo. Dinnanzi a un simile clima palesemente avverso, il
Sillabo
del 1864, appendice all'enciclica Quanta cura di Pio IX, sorge come tentativo di risposta dottrinale. Il documento elaborato dal Mastai Ferretti, anche se sommario, condanna l'origine ideologica di una concezione di potere, nella quale ven-
PERSECUZIONI:
UNA STORIA
ANTICA
25
gono incluse le liberal-democrazie, che minaccia la presenza cristiana all'interno della civiltà. Pio IX condanna quello Stato che riconosce alla Chiesa il diritto d'esistere alla sola condizione di un suo totale assorbimento nella struttura sociopolitica. Il costituzionalismo m o d e r n o europeo, infatti, ammetteva la libertà religiosa del singolo ma minacciava, paradossalmente, la libertà della Chiesa, perché quello di libertà religiosa è un concetto negativo, concretizzandosi nel diritto a non essere costretti ad agire contro la propria coscienza, ovvero di non essere impediti ad agire in conformità di essa; al contrario, quello di libertas Ecclesiae è un concetto positivo, nel senso che esso consiste nel fatto che la Chiesa, nel suo agire, deve godere di tanta libertà quanta le è necessaria per svolgere la sua missione. 14 Tuttavia sarà il XX secolo a essere il più feroce nei confronti dei cristiani. Il primo genocidio del '900 è quello degli armeni, una nazionalità forgiata dalla secolare appartenenza alla fede cristiana in terra islamica. Dal 1915 fino alla fine del primo conflitto mondiale ne furono deportati e massacrati dalle autorità turche circa 2 milioni. Curiosamente la natura di quel genocidio non è di carattere religioso. Esso si verifica sotto il crollo dell'Impero ottomano e il sorgere della Turchia moderna: Il massacro degli armeni, come dimostrano le fonti documentali e come ritengono la maggior parte degli storici occidentali, fu dovuto a motivi squisitamente politici, dettati dall'ideologia panturca professata dai Giovani Turchi, nonché dal timore che la «nazione» armena, una volta finita la guerra, rivendicasse, attraverso il sostegno delle potenze occidentali, una qualche
GUERRA
26
AI
CRISTIANI
forma di autonomia all'interno del nuovo Stato. Dalle testimonianze pervenuteci sappiamo invece che alcuni turchi di religione musulmana aiutarono armeni (cristiani) a nascondersi o a fuggire, e non furono pochi coloro che, anche a costo della loro vita, si opposero alla politica criminale dell'Ittihat ve Terakki, il partito dei Giovani Turchi.15 Anzi, un telegramma del Ministero degli Interni turco intimava: «Gli armeni che cambiano di religione non devono essere risparmiati». Di fatto però la quasi totalità degli armeni che abiurò il cristianesimo si salvò. La lunga convivenza, durata per secoli, tra m u s u l m a n i e cristiani, aveva finito col creare tra queste popolazioni legami di amicizia e di vera solidarietà, «che soltanto l'ideologia panturca
dell'Ittihad
cercava in tutti i modi di spezzare e di cancellare» . 16
I totalitarismi sono stati indubbiamente i principali aguzzini di cristiani, nella prima come nella seconda metà del '900. In questo senso costituisce un imprescindibile punto di riferimento l'opera dello storico Andrea Riccardi: Il secolo del martirio.
Egli raccoglie n u m e r o s e testimonianze di uomini,
donne, religiosi e laici che, a causa della loro fede, sono stati eliminati dalle ideologie atee o neopagane, come quella di Hitler. In Germania, per esempio, la «resistenza in n o m e del Vangelo alla " n a z i f i c a z i o n e " delle coscienze e alla disumanizzazione della società» 1 7 , porta al martirio padre Kolbe, l'ebrea convertita Edith Stein, padre Friedrich Heinrich Lorenz, la laica
Marianna
Biernacka,
l'evangelica
Elisabeth
von
Thadden, i giovani del gruppo della «Rosa Bianca» e il pastore Dietrich Bonhoeffer, per citare i più noti. A ogni modo non si tratta di singoli casi. L'ostilità nazista alle chiese cristiane è organizzata e capillare. Hitler, anche quando invaderà la Polonia, porterà avanti la volontà di estirpare siste-
PERSECUZIONI:
UNA STORIA
ANTICA
27
maticamente la fede cattolica dal popolo polacco - solo in due anni i religiosi giustiziati nei campi di sterminio sono stati circa 700 e 3000 gli arrestati 1 8 . Dal 1941 il campo di concentramento di Dachau viene riservato, oltre che agli oppositori politici, anche ai religiosi. Gli uomini e le donne di chiesa internati «secondo la stima più attendibile
furono
2720. Di questi erano 2579 i cattolici, fra i quali 1780 polacchi, di cui poco meno della metà morì in lager»19. La prova più dura per i cristiani di qualunque confessione è rappresentata dal materialismo ateo comunista e, in particolare, dai settant'anni di Unione Sovietica col suo universo concentrazionario. Scrive Riccardi: «Prima della rivoluzione si calcolava che ci fossero in Russia oltre settantamila tra chiese e cappelle. Nel 1939, alla vigilia dello scoppio della seconda guerra m o n d i a l e , restavano aperte solo poco più di un centinaio di chiese e quattro vescovi in attività» 2 0 . La realtà c o m u n i s t a che l ' E u r o p a dell'Est e la Russia h a n n o conosciuto è talmente tragica ed epocale, che risulta difficile una sintesi dell'olocausto cristiano. Alcune indagini c o m p i u t e negli anni '90 del secolo scorso sostengono che dal 1917 al 1980 almeno 200.000 preti ortodossi siano stati uccisi e che in un solo anno, tra il 1937 e il 1938, 165.000 preti ortodossi furono arrestati e 105.000 fucilati 2 1 : «In Russia - osserva Riccardi - è avvenuto un vero massacro di cristiani. Le cifre più sicure sulle uccisioni riguardano il clero, di cui si conoscono meglio le vicende. Ma la strage dei credenti è ben più larga del n u m e r o dei m e m b r i del clero. Molto spesso sono colpiti i laici, di cui non si ricorda n e m m e n o il nome» 2 2 .
GUERRA AI
28
CRISTIANI
1
L. H e r t l i n g , A. Bulla, Storia della Chiesa, Città N u o v a , R o m a 2001, p. 57.
2
Ivi, p. 60.
3
P. Costa, Lo Stato di diritto:
un'introduzione
storica,
in Lo Stato di diritto.
Sto-
ria, teoria, critica, a c u r a di P. C o s t a e D. Z o l o , Feltrinelli, M i l a n o 2006, p. 100. 'Ivi, p. 96. 5
F.
Furet, M.
ti. Protagonisti,
Ozouf,
Dizionario
critico
della
Rivoluzione francese.
Avvenimen-
vol. I, B o m p i a n i , M i l a n o 1994, p. 160.
Su ciò si v e d a n o : A. P a d o a - S c h i o p p a , Italia ed Europa nella storia del
6
diritto,
Il M u l i n o , B o l o g n a 2003, p. 354; P. L o r e n z e t t i , «Catene d'oro» e libertas clesiae.
I cattolici
nel primo
Risorgimento
milanese,
Jaca Book,
Milano
Ec1992,
pp. 28-29. 7
L o r e n z e t t i , «Catene d'oro» cit., p. 14.
8
«Il p r o c e s s o di d i s g r e g a z i o n e del s i s t e m a di cristianità era stato radicaliz-
zato nell'800 d a l l ' a f f e r m a z i o n e degli Stati liberali, a g n o s t i c i e separatisti. Il t r a d i z i o n a l e ruolo d i p l o m a t i c o del p o n t e f i c e , già s c o s s o f o r t e m e n t e dalle v i c e n d e s e t t e c e n t e s c h e e r i v o l u z i o n a r i e , non p o t e v a c h e v e n i r q u a s i del tutto m e n o , o - a l m e n o - essere s o t t o p o s t o a radicali t r a s f o r m a z i o n i , con la fine del potere t e m p o r a l e » , G. F o r m i g o n i , Storia della politica nale nell'età
contemporanea,
internazio-
Il M u l i n o , B o l o g n a 2000, p. 165.
' L o r e n z e t t i , «Catene d'oro»
cit., p. 28.
Ivi, p. 27.
w
Cfr. ivi, pp. 37-44.
11 12
Cfr. C. Weber, Il centro
ricerca
e i problemi fondamentali
e il Kulturkampf.
Osservazioni
sulla situazione
della
non risolti, in A n n a l i d e l l ' I s t i t u t o storico ita-
lo g e r m a n i c o , q u a d e r n o 1 (Il cattolicesimo
politico
e sociale
in Italia e
Germa-
nia dal 1870 al 1914), Il M u l i n o , B o l o g n a 1977, pp. 193-194. 13 14
Cfr. ivi, pp. 195-197. L. Spinelli, Lo Stato e la Chiesa.
Venti secoli di relazioni,
U T E T , T o r i n o 1988,
cit. in Lorenzetti, «Catene d'oro» cit., p. 15. 15
G. Sale, Il Novecento
tra genocidi,
paure e speranze,
J a c a B o o k , M i l a n o 2006,
pp. 21-22. Ivi.
16
17
A. Riccardi, Il secolo del martirio.
I cristiani
nel Novecento,
M o n d a d o r i , Mi-
lano 2000, p. 114. '"Sulla p e r s e c u z i o n e della C h i e s a p o l a c c a sotto l ' o c c u p a z i o n e nazista si vedano:
L. M ü l l e r o v a , A. S t a n o w s k i ,
(1939-1945),
in Storia
del cristianesimo
Gli anni della guerra in Polonia,
e
a c u r a di J.
dell'occupazione Kloczowski,
B o l o g n a 1980, e S. F r i e d l ä n d e r , Pio XII e il Terzo Reich, Feltrinelli, M i l a n o
PERSECUZIONI:
UNA STORIA
ANTICA
29
1965, pp. 4 6 - 5 2 , 69-78. È da e v i d e n z i a r e u n ' e s p r e s s i o n e s i g n i f i c a t i v a di Hitler, citata dal F r i e d l ä n d e r , in cui si e v i n c e il s u o p e n s i e r o r i g u a r d o all'ann o s a q u e s t i o n e dei r a p p o r t i con il c r i s t i a n e s i m o : «Un g i o r n o la g u e r r a finirà. Allora p r e n d e r ò in c o n s i d e r a z i o n e il fatto che l ' u l t i m o c o m p i t o della m i a vita sarà di risolvere il p r o b l e m a religioso. Solo in quel m o m e n t o la vita della n a z i o n e tedesca sarà d e f i n i t i v a m e n t e a s s i c u r a t a » (p. 141). " R i c c a r d i , II secolo del martirio 20 21
22
Ivi, Ivi,
Ivi,
p. 26.
p. 33. p. 34.
cit., p. 124.
A EST DI VIENNA INDICE DELLE PERSECUZIONI
Gli stati dove si agitano
i fondamentalisti,
come il
Pakistan e l'Arabia Saudita, e i regimi atei, come quelli della Cina e della Corea del Nord, sono i principali nemici dei cristiani. È l'indifferenza della comunità internazionale, e dell'Europa in particolare, il più grande alleato dei paesi che ostacolano la libertà religiosa. Padre Bernardo Cervellera, missionario del PIME e direttore dell'agenzia di stampa AsiaNews, «Panorama», 26 gennaio 2010 La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. La fede èfrutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia... Benedetto XVI, Università di Ratisbona, 12 settembre 2006
Paesi islamici
Non esiste uno Stato, una patria e le divisioni settarie sono un dato evidente. Ai cristiani non interessano i giochi di potere, l'egemonia economica, ma la creazione di uno Stato in cui le diverse etnie possano convivere in modo pacifico. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, vescovo di Mosul, 25 febbraio 2010 Non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli, appartenete a pieno titolo! Benedetto XVI ai cristiani iracheni, 28 febbraio 2010 Troppo spesso veniamo dimenticati. Si prendono decisioni sul Medio Oriente senza pensare a questa piccola minoranza cristiana nell'area. E spesso noi paghiamo il prezzo delle loro decisioni perché nessuno considera la nostra presenza, stretta tra la maggioranza musidmana e la maggioranza
israeliana.
Mons. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme, 1° marzo 2010
GUERRA
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AI
CRISTIANI
La condizione dei cristiani nei paesi a m a g g i o r a n z a musulmana rimane problematica e, per certi versi, peggiora. L'organizzazione non profit americana Open Doors ha stilato all'inizio del 2010 la sua World Watch List con i 50 paesi più feroci: 35 sono islamici. Nella lugubre top ten ne sono presenti ben 8 e il secondo paese classificato come più pericoloso per i cristiani è l'Iran. Nonostante il presidente Ahmadinejad dichiari con sfacciataggine che nel suo paese «le minoranze religiose godono di tutti i diritti», durante lo scorso anno sarebbero stati arrestati 95 cristiani, mentre nel 2008 due missionari sono stati torturati fino alla morte. La seconda metà del 2009 ha visto inoltre un inasprirsi delle violenze nei paesi a maggioranza m u s u l m a n a . E se il 13 agosto nel Sudan del presidente Al Bashir, incriminato dall'Aja per crimini contro l'umanità, sono stati crocifissi 7 cristiani, nei cosiddetti paesi moderati e filoccidentali si verifica una discriminazione avvallata dalla legislazione. Non serve correre col pensiero all'Arabia Saudita, dove un cristiano non può mettere fisicamente piede a La Mecca 1 . Basta soffermarsi su alcuni episodi accaduti in paesi cosiddetti «moderati» come l'Egitto, la Turchia e l'Afghanistan del filoamericano Karzai per sorprendere lo spirito anticristiano delle n o r m e vigenti. Nell'estate del 2007 molti media egiziani hanno discusso in m o d o acceso la possibilità per il venticinquenne M o h a m m a d A h m a d Hegazi di vedere riconosciuta sulla propria carta d'identità la sua conversione al cristianesimo. In Egitto, infatti, i documenti dei cittadini riportano per legge la fede professata. Alla richiesta di Hegazi di veder riconosciuta pubblicamente la sua conversione, le autorità hanno risposto negativamente. Ha spiegato Samir Khalil Samir, islamologo dell'Università Saint-Joseph di Beirut, che esiste
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ISLAMICI
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la volontà, da parte di alcuni uffici amministrativi, di approfittare della loro posizione per «islamizzare» i cristiani, o semplicemente una ripugnanza a fare questo cambiamento. Questa ripugnanza ha colpito anche 10 cittadini egiziani copti che, dopo essersi convertiti all'islam, hanno rinnegato la fede musulmana per tornare al cristianesimo. Nell'aprile del 2007 un tribunale del Cairo ha affermato di non poter obbligare il Ministero degli Interni egiziano a emettere per loro nuovi documenti d'identità e per questo ha deciso che i 10 resteranno musulmani, almeno sulla carta. Tale ripugnanza non è però dovuta alla lentezza della burocrazia egiziana. La prova è che, in senso contrario, non c'è mai difficoltà a cambiare la carta d'identità di un cristiano che si fa musulmano, e lo si fa subito! Vi è dunque una lobby e una tendenza dell'amministrazione pubblica a islamizzare la gente a partire dai documenti ufficiali. 2 Ma tale tendenza non riguarda una singola nazione, bensì «è generalizzata» spiega Samir, che racconta: «Una mia parente, cristiana da tre generazioni, rimane con tutta la famiglia con la dizione " m u s u l m a n a " . I figli, che vanno a messa tutte le domeniche, sono registrati come " m u s u l m a n i " . Questo rende difficile il loro matrimonio con i cristiani e spesso sono costretti a fuggire dal paese per sposarsi con rito cristiano. Il problema è che questa situazione è difesa dalla legge». In effetti, se la legge stabilisce che la religione dei figli è quella professata dal padre, la paternità dei cristiani è fortemente disincentivata. A tal proposito è bene ricordare i due pesi e le due misure che, nei mesi del dibattito sul caso di Hegazi, hanno caratterizzato la conversione forzata di Mario e A n d r e w Medhat Ramsis. Loro padre, dopo aver abbandonato la famiglia ed essersi risposato, ha ottenuto il cambio di religione sui propri documenti, passando così dal cristiane-
GUERRA
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simo all'islam. I due figli sono automaticamente
AI
CRISTIANI
divenuti
«musulmani» . 3
Sulla pressoché impossibilità per persone m u s u l m a n e di convertirsi al cristianesimo, l'Italia è stata protagonista di un caso internazionale. Abdul R a h m a n , quarantunenne afghano, nel 2006 ha rischiato di essere giustiziato per la sua conversione al cristianesimo, se l'allora governo di R o m a non ne avesse autorizzato l'espatrio concedendogli l'asilo politico. R a h m a n aveva conosciuto la fede cristiana quindici anni prima, a Peshawar, in Pakistan. Lavorava con un'organizzazione non governativa che assisteva i rifugiati afgani. L'accusa di «apostasia», probabilmente partita all'interno della stessa famiglia di Rahman, avrebbe forse avuto origine da una diatriba relativa all'affidamento di minori. La pubblica accusa incriminò Abdul R a h m a n in base all'articolo 130 della Costituzione afghana, sebbene proprio quella Costituzione si rifaccia alla Carta delle Nazioni Unite e ai diritti umani fondamentali. Il vero problema intorno a cui si gioca tutto è quello della fitna, ovvero quello dell'apostasia. I custodi della legge coranica strumentalizzano alcuni passi del Libro sacro riducendo l'islam a una pura sottomissione etnica e politica - vedendo, spesso, nei cristiani il cavallo di Troia dell'Occidente all'interno delle proprie società. E così, a fronte del versetto che ammonisce che «non esiste costrizione in materia di religione» (ricordato anche da Benedetto XVI nel celebre intervento di Ratisbona), molti intimano l'ordine: «Uccideteli affinché non ci siafitna»,
o «Lafitna
è peggiore dell'omicidio». In
una logica per cui la umma (comunità dei fedeli) prevale sul singolo, il peccato di apostasia nasconde l'idea che il «reo» costituisca uno scandalo per il gruppo. Per questo la dimensione pubblica delle conversioni dall'islam non può essere
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ISLAMICI
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tollerata, poiché considerata alla stregua di propaganda anti-islamica. Da qui si spiega la furia anticristiana nella laicissima Turchia dove, nell'aprile del 2007, sono stati sgozzati Tilmann Geske, Necati Aydin e Ugur Yuksel, colpevoli di aver stampato dei vangeli a Malatya, città del sud-est della Turchia. La persecuzione e la discriminazione sono figlie di un'ossessione per le conversioni giustificata dal fatto che manifestare pubblicamente il cambio di religione equivale a un'aperta avversione nei confronti dell'unico profeta venerabile, Maometto. È quanto spiega anche la vicenda della legge pakistana sulla blasfemia. Dal 1986 il codice penale del Pakistan (sezione 295, comma B e C) punisce con l'ergastolo o la pena di morte chiunque profani il Corano o insulti Maometto. In realtà il reato è un grimaldello per colpire quanti non onorano e non professano il Corano e Maometto, così, secondo la NCJP (Commissione giustizia e pace della Chiesa cattolica del Pakistan), dal 2001 sarebbero stati uccisi dallo Stato almeno 50 cristiani rei di blasfemia. L'agenzia stampa AsiaNews, che nel corso di tutto il 2009 è stata molto attiva su questo fronte, spiega: Né si può dimenticare che le accuse di blasfemia spesso servono a scatenare violenze e distruzioni di interi paesi e chiese cristiane. Lo scorso 30 luglio una folla di 3000 musulmani ha attaccato e incendiato i villaggi di Koriyan per punire un presunto caso di blasfemia. Il 1° agosto gruppi di estremisti islamici hanno attaccato il villaggio di Gojra, uccidendo 7 persone, fra cui donne e bambini, bruciandoli vivi. La storia degli ultimi decenni del Pakistan è piena di assalti a chiese e villaggi cristiani motivati da scandali sulla blasfemia montati ad arte: Kasur (giugno 2009); Tiasar (Karachi, aprile 2009); Sangla Hill (2005); Shantinagar (1997).
31 GUERRA AI
CRISTIANI
La discriminazione da parte delle autorità civili nei confronti dei propri cittadini di fede cristiana si registra anche in Malesia. Recentemente una sentenza della Corte Suprema ha sancito il diritto del settimanale cattolico «Herald» a utilizzare la parola «Allah». Il governo ha fatto ricorso e, contemp o r a n e a m e n t e , u n ' o n d a t a di violenze ha colpito i luoghi e i simboli della minoranza religiosa. Un caso simile era già accaduto nel gennaio del 2008 quando le autorità di Kelantan fecero demolire una chiesa e un gruppo di sette indigeni convertiti al cristianesimo le citò in giudizio. Il caso è tutt'ora in sospeso perché, al di là delle garanzie di facciata, i cristiani sono nei fatti cittadini di seconda categoria 4 . La Costituzione della Malesia all'articolo 11 riconosce la libertà di culto. Tuttavia l'esplicitazione del diritto di praticare e professare il proprio culto è «bilanciata» dall'articolo 3 che dichiara l'islam «religione della Federazione» e attribuisce al Parlamento la possibilità di «emanare disposizioni di legge per regolare gli affari religiosi islamici». Anche in quel contesto, come in Egitto, un m e m b r o di una qualsiasi comunità religiosa può facilmente convertirsi all'islam, ma è praticamente impossibile il contrario. Soprattutto sotto un potere esecutivo che non riconosce i matrimoni tra m u s u l m a n i e non musulmani e può trattenere e «riabilitare» in appositi centri quanti si discostano dai principi sunniti, negando agli individui la libertà di lasciare tali centri fino a completamento del p r o g r a m m a . A oggi non ci sono dati certi circa il numero di persone condannate alla «rieducazione». Ai tribunali islamici sono invece demandati i casi di conversione. In alcuni Stati della federazione il cambio di religione dall'islam è punito con la morte. Da non sottovalutare è inoltre la situazione in Indonesia, dove circa l'85% della popolazione è m u s u l m a n a , ma in al-
PAESI
ISLAMICI
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cune parti dell'est cristiani e m u s u l m a n i si equivalgono. Proprio in Indonesia, nella città di Poso, nelle Sulawesi centrali, si è verificato uno degli episodi più barbari degli ultimi anni. Il 29 ottobre 2005 Yusriani Sampoe di 15 anni, Theresia Morangke di 16 anni e Alvita Polio di 19 sono state aggredite e decapitate a colpi di machete da un c o m m a n d o di estremisti m u s u l m a n i , mentre si recavano a scuola (un liceo cristiano privato). La maggior parte dei m u s u l m a n i indonesiani è moderata, ma negli ultimi anni si è registrato un incremento dell'attività militare di piccoli gruppi di estremisti, che diffondono il terrore tra le comunità cristiane. Tutto questo accade ancora oggi nonostante i decreti ministeriali numeri 8 e 9 del 2006 sul «dovere delle autorità locali di garantire il diritto e la libertà di adottare qualsiasi
religione».
Mons. Johannes Pujasumarta, vescovo di West Java e segretario generale della Conferenza episcopale indonesiana, nel febbraio 2010 ha infatti denunciato come «in realtà la maggioranza islamica tiranneggi le religioni minoritarie». Un caso particolare, nel p a n o r a m a della discriminazione nei confronti delle comunità cristiane in paesi a maggioranza m u s u l m a n a , è costituito sicuramente dall'Iraq post-bellico. Dal 2003 a oggi sono stati uccisi 825 cristiani; nel 2010, da gennaio, almeno 15. Il sinodo dei vescovi tenutosi nella prim a v e r a del 2009 ad Ainkawa, vicino a Erbil, nel Kurdistan, ha fatto conoscere al m o n d o la situazione e le prospettive delle comunità cristiane in quella terra martoriata dal terrorismo jihadista. Monsignor Louis Sako, arcivescovo dei caldei di Kirkuk dal 2003, ha spesso denunciato il tentativo di creare un clima di paura e di intimidazione che, attraverso attacchi e uccisioni, spinga i cristiani ad abbandonare poco a poco il paese. Il clima è peggiorato soprattutto da quando, il 13 marzo del 2007, fu ritrovato il cadavere del vescovo cai-
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AI
CRISTIANI
deo di Mosul, mons. Rahho, rapito alcuni giorni prima. Numericamente i cristiani non sono una presenza poi così ingombrante. Su una popolazione di 22 milioni di abitanti, infatti, essi sono solo il 3%, ma costituiscono il 35% di quella fascia di istruiti in grado di far tornare il paese a competere sul piano internazionale e per questo probabilmente possono essere considerati un problema. Questo perché non è affatto indifferente il contributo che essi portano in termini di opere educative e assistenziali. Le suore avevano scuole dappertutto prima che fossero nazionalizzate da Saddam Hussein, contribuendo così alla formazione di tanti musulmani. Anche i padri gesuiti avevano un collegio a B a g h d a d e una università. Le persone più conosciute hanno studiato presso di loro, come, ad esempio, il primo ministro Ayad Allawi. Ora la situazione è tornata a quella pre-Saddam; è possibile per i cristiani aprire scuole proprie, ma il più delle volte manca l'essenziale, come la sicurezza. Anche le opere di carità e assistenza, soprattutto ospedali e dispensari, sono stati spesso luoghi dove si è consolidata la convivenza fra cristiani e musulmani. Si capisce allora che colpire i cristiani significa sbarrare la strada alla possibilità di rinascita di tutta la società irachena e, forse, significa anche sbarrare la strada alla possibilità di influire positivamente su tutta la regione mediorientale. I numerosi rapimenti di cristiani, l'assalto alle loro attività commerciali e molte altre discriminazioni nei loro confronti sono il riproporsi di quell'antica mentalità islamista per cui i seguaci delle religioni del Libro (leggi cristiani ed ebrei) sono da considerarsi cittadini di seconda categoria. Per tale ragione veniva imposto loro il pagamento di una tassa speciale, quella riservata ai
dhimmi.
Oggi la tassa
non c'è. Si usano altri metodi, molto simili a quelli di certi strozzini nostrani che fanno saltare i negozi di quanti non
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ISLAMICI
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pagano il pizzo. Il cristiano rientra nella fascia di popolazione più istruita che, spesso, è anche la più ricca. Ciò genera invidia e per questo gli si impone di pagare il dazio. Il dazio di una presenza esigua, ma variegata. Appartengono a diversi riti: assiro nestoriano, siro-cattolico e siro-ortodosso; ciascun rito rappresenta il 7% dei cristiani. Di numero più ridotto sono gli armeni ortodossi. I cattolici sono 260.000, il 70% dei quali di rito caldeo. I cristiani hanno sempre avuto buone relazioni con la m a g g i o r a n z a m u s u l m a n a del paese (il 97% degli iracheni è di fede islamica). È stato il regime di S a d d a m Hussein a causare persecuzioni e repressioni contro i cristiani, costretti all'emigrazione verso l'estero e in particolare verso gli Stati Uniti e il Canada. Dopo la guerra del Golfo del 1991, ben 150.000 cristiani iracheni ( 1 / 6 del totale) sono emigrati in Occidente per sfuggire alla politica di repressione del regime. Durante l'ultimo conflitto in Iraq - che ha portato alla caduta del regime baathista - molti altri cristiani iracheni si sono rifugiati in Giordania, in attesa che la situazione consentisse loro di rientrare in patria. Gli ultimi dati parlano di 500.000 esiliati. Scappano per il tasso di violenza nei loro confronti che rimane molto alto. Il 3 marzo 2010 un articolo di Lorenzo Cremonesi raccoglieva la storia di padre Mazen Matoka, un giovane di 36 anni, al quale alcuni sicari avevano ucciso il padre e i due fratelli il mese precedente 5 . Mosul, ad esempio, è città contesa tra kurdi, arabi sunniti e turcomanni, un conflitto sul quale si è innescata anche la «pulizia religiosa» condotta da gruppi islamisti che hanno approfittato delle tensioni etniche locali per colpire i cristiani. Alcuni esempi in questo senso sono il rapimento di due sacerdoti cattolici, padre Pius Afas e padre Mazen Ishoa, il 14 ottobre 2007; l'uccisione di due cristiani assiri, Zuhair Youssef Astavo Kermles e Luay Solomon N u m a n , entrambi membri
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CRISTIANI
dell'organizzazione National Union of Bet-Nahrin, avvenuta il 28 giugno 2007; l'uccisione di un sacerdote caldeo, padre Ragheed Ganni, e dei tre diaconi che lo assistevano, avvenuta il 3 giugno 2007. Situata geograficamente nel Kurdistan iracheno, Mosul è sotto controllo dei peshmerga e le forze speciali americane non effettuano operazioni antiterrorismo nell'area. Una concessione politica, prima ancora che militare, che gli Usa hanno fatto a uno storico alleato come i kurdi. Una scelta che ha favorito l'arrivo nel Nord degli islamisti in fuga dalle province centrali, scacciati dagli americani e, soprattutto, dai sahiva, i membri delle milizie armate sunnite un tempo loro alleati. Senza alcuna tutela, in un clima in cui la polarizzazione tra sunniti e kurdi per il controllo della città e dell'intero paese non lascia spazio a identità terze, i cristiani sono divenuti oggetto di crescente violenza. Molti hanno lasciato il paese, alimentando l'imponente esodo iniziato dopo il 2003; altri, in una situazione in cui a tutti viene chiesto di schierarsi da una parte o dall'altra, hanno preferito convertirsi all'islam.
Trattati alla stregua di un capro
espiatorio, da sfruttare o da eliminare, non possono professare la loro fede liberamente, alle donne viene imposto il velo e le croci vengono tolte dalle chiese. Oggi la violenza nella capitale è diminuita ma solo perché si è diffusa altrove ed è diventata più imprevedibile. E se gli attacchi sono diminuiti, in realtà è più che altro per scarsità di bersagli: più della metà del milione e duecentomila cristiani che vivevano nell'Iraq di S a d d a m Hussein sarebbe fuggita all'estero, in Giordania e in Siria. Un autoesilio che favorisce drammaticamente l'omogeneizzazione etnica e religiosa della società, facendo scomparire una delle più antiche comunità cristiane del Medio Oriente. La c a m p a g n a di persecuzione a opera di estremisti islamici, in atto nelle grandi città come nei villag-
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gi, ha spinto il clero e i vescovi iracheni a lanciare numerosi appelli, in questi ultimi anni, per l'unità del paese e in favore dei diritti della comunità, da sempre c o m p o n e n t e fondamentale della società irachena. I cristiani in Iraq sono ormai considerati in via di estinzione e tagliati fuori dal processo politico del paese. La grave crisi della Chiesa in Iraq è dovuta a terroristi e fanatici, ma anche all'indifferenza della leadership politica che non garantisce le minoranze. L'aumento della disoccupazione tra i cristiani, le confische arbitrarie delle proprietà di famiglie a B a g h d a d e Mosul, le violazioni della libertà religiosa e di pensiero, rapimenti, attentati e minacce di stampo confessionale sono sintomatiche dell'indifferenza della leadership irachena, che non riconosce l'appartenenza dei cristiani a questa patria e la loro partecipazione u m a n a e intellettuale al progresso del paese come iracheni, insieme a tutte le altre comunità religiose che vi abitano. Anche in Africa, a volte, dichiararsi «cristiano» può essere causa di persecuzione. Nel luglio del 2009 la cronaca ci ha informati dell'esecuzione, nella stretta osservanza della sharia, di sette persone che sono state decapitate perché accusate di essere cristiane e spie a opera di estremisti islamici somali, ricollegabili ad Al Qaeda. Questa ennesima intimidazione avvenuta a Baidoa fa leva sullo spargimento di sangue innocente per far desistere l'uomo che ricerca la fede. In Somalia nell'ultimo
anno si sono verificati
violenti
combattimenti tra insorti e truppe governative che hanno coinvolto l'area nord di Mogadiscio. Fonti ufficiose parlano di oltre 400 morti, non contando però che si combatte anche nel centro e nel sud del paese. Dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani è giunta la denuncia di gravi violazioni alle leggi internazionali umanitarie, di violenze perpetrate a danno di donne e bambini, in particolare
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con proclami anticristiani. Ciò rientra nella strategia - che è un vero e proprio progetto di potere - della rete di Al Q a e d a a farsi Stato, con l'intento di farsi addirittura califfato, surrogando in questo modo le tante crisi dei paesi m u s u l m a n i , creando delle zone franche in cui non vale l'autorevolezza della comunità internazionale, ma il diktat dei terroristi. Questo fatto è di una pericolosità enorme, perché passa attraverso una strategia che cerca di annientare l ' u o m o che ha una fede diversa da quella m u s u l m a n a , che ha diverse convinzioni. Ma ancor più, tutto ciò è strumentale, perché attraverso questa logica si attua invece la prepotenza di reti che non sono differenti dalle nostre reti mafiose. Abbiamo responsabilità gravissime nei confronti di un paese come la Somalia, che è stato abbandonato nel m o m e n t o del bisogno. L'abbandono si è tradotto in una instabilità che ha fatto com o d o a tantissimi, perché ha portato a destabilizzare un'area in cui è basilare la geostrategicità dei luoghi: pensiamo al controllo del passaggio verso il Mar Rosso, all'interlocuzione con i fenomeni di portata mondiale che avvengono nel Golfo, punto di riferimento del Corno d'Africa e più in basso dei Grandi Laghi. Tutto ciò significa, in qualche modo, mantenere innescata una polveriera che finisce per avere ripercussioni sugli equilibri non solo del continente africano, ma di quella stranissima partita a «scacchi» che da moltissimi anni si combatte prendendo in ostaggio l'Africa e a dispetto dell'Africa stessa. Più che di una comunità internazionale che si è distratta, si potrebbe parlare di intrecci nella comunità internazionale che hanno gravissime conseguenze per la vita della gente di quest'area. E le ripercussioni di tali logiche geostrategiche finiscono per essere poi scontate dagli ultimi poveri e, tra questi, gli ultimi degli ultimi, che in questo caso sono i cristiani. Questa violazione dei «diritti umani
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fondamentali» nega nell'uomo il vero carattere antropologico ed esistenziale. Senza questo riconoscimento viene meno il fondamento di tutto ciò che il m o n d o chiama civiltà. Alla luce di tali fatti si comprende facilmente come la salvaguardia della libertà di religione, di una libertà che da sola garantisce una piena realizzazione della dignità umana, diventi sempre più urgente.
1
È il caso di N i r o s h K a m a n d a , cittadino dello Sri L a n k a arrestato il 30 m a g -
gio del 2 0 0 7 a l l ' e s t e r n o della G r a n d e M o s c h e a della M e c c a dal c o m i t a t o di m o n i t o r a g g i o sugli espatri: h t t p : / / c o p t s . c o m / e n g l i s h l / i n d e x . p h p / c o p t i c demands/ 2
http: / / w w w . a s i a n e w s . i t / v i e w 4 p r i n t . p h p ? l = i t & a r t = 1 0 1 6 1
3
http://copts.com/englishl/index.php/coptic-demands/
4
Cfr. I n t e r n a t i o n a l R e l i g i o u s F r e e d o m R e p o r t 2009, a cura del D i p a r t i m e n -
to di Stato s t a t u n i t e n s e . 5
L. C r e m o n e s i , Cristiani
to la mia famiglia»,
in Iraq,
il grido
di padre Mazen:
«Così hanno
«Il C o r r i e r e della Sera», 3 m a r z o 2 0 1 0 , p. 17.
distrut-
Il caso di Cipro
Non esistono divergenze tra i greco-ortodossi e i fratelli turco-ciprioti musulmani,
il problema vero è
nelle interferenze di Ankara, che blocca
qualsiasi
tentativo di integrazione delle due comunità nel reciproco rispetto. Chrysostomos II, arcivescovo greco-ortodosso di Cipro Sia dunque lecito che l'uno adori Dio, l'altro Giove: l'uno tenda le mani supplici al cielo, l'altro all'altare della Fede. Altri, se voi credete che sia così, vada contando, mentre prega, le nuvole del cielo, altri invece i pannelli del soffitto. Altri consacri a Dio la propria anima, altri la vita di un capro. E badate che proprio questo non concorra ad accusarvi di irreligiosità, il sopprimere la libertà religiosa e interdire la scelta della divinità, così che non mi sia lecito prestare culto a chi voglio, ma sia costretto a prestarlo a chi non voglio. Nessuno, neppure un uomo, desidera omaggi forzati. Tertulliano, Apologetico, 24,5
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Come fu per la presa della cattedrale di Santa Sofia, nel 1453, da parte delle orde turche, quando saccheggiata, privata delle immagini sacre e circondata da minareti venne trasformata in moschea, così anche la vicina isola di Cipro porta su di sé i segni dell'occupazione ottomana. I cristiani ciprioti vivono ancora con dolore la perdita di numerosi luoghi sacri a loro particolarmente cari. Dal 325, quando con il Concilio di Nicea venne confermata l'autonomia della chiesa di Cipro, quest'isola si professa cristiana. Sul cristianesimo, riconfermato n u o v a m e n t e dal Concilio di Efeso, si fondano le origini di questo paese che, dal 2004, è m e m b r o dell'Unione Europea. Le pareti delle chiese - le chiese dipinte, proclamate d a l l ' U N E S C O patrimonio dell'umanità, sono soltanto una piccola parte di questo i m m e n s o tesoro - le immagini sacre nelle case, i volti e i cuori delle persone testimoniano la devozione e la fede che vivono ancora oggi e che è stata tramandata lungo i secoli. Dall'assedio di Famagosta nel 1571 - cioè dalla conquista ottomana dopo lunghe e sanguinose battaglie - la terza isola più grande per estensione del Mediterraneo ha sempre vissuto con conflitto l'invasione turca. Ottenuta l'indipendenza dall'Impero ottomano nel 1898, il problema dell'occupazione dell'isola da parte dei turchi si ripropose nel 1974 con lo sbarco sull'isola di soldati che si sono concentrati nella parte a nord del paese. I risultati di questo insediamento, rafforzatosi poi nel 1983, sono sotto i nostri occhi: sono oltre 170.000 i cittadini ciprioti, che rappresentavano quasi un terzo della popolazione della Repubblica di Cipro nel 1974, a esser diventati profughi nella loro stessa patria; inoltre, più di 500 chiese, cappelle e monasteri cattolici, maroniti, armeni e ortodossi sono stati occupati o distrutti.
IL CASO DI CIPRO
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Dal 1974, anno dell'occupazione militare, fino a oggi la Turchia ha trasferito oltre 160.000 coloni nel territorio occupato che si trova nella parte a nord di Cipro. Senza contare che i fedeli cristiani, per secoli, hanno visto soffocare la loro fede attraverso la perdita e la dissacrazione dei loro - dei nostri - luoghi sacri. La convivenza tra le diverse etnie non si può definire pacifica quando l'una cerca di prevalere sull'altra, quando un credo religioso cerca di sopraffare l'altro, osteggiarlo o, peggio, annullarlo. A testimonianza di questo possiamo ascoltare il grido di dolore dei maggiori esponenti della Chiesa cipriota, come di tutti i fedeli che, lungo i secoli, e in special m o d o nei decenni che ci siamo appena lasciati alle spalle, hanno visto espropriati i segni della propria fede. L'occupazione turca ha cercato di cancellare molti segni del fervore religioso di questo meraviglioso popolo. Ha tentato a più riprese di annullare, con lenti e continui attacchi, più di duemila anni di storia, ma non ha potuto cancellare la fede che è stata tramandata di generazione in generazione e ancora oggi è più che mai viva e presente tra i suoi abitanti. I resti, le macerie, i tentativi di annientamento di queste radici sono i baluardi - e al contempo le prove evidenti - di tale tentativo. Dal 1974 si è venuta poi a creare una demarcazione, forzata dagli eventi bellici, tra i due diversi culti, acuitasi a causa di una separazione geografica della popolazione. Nella parte sud, la popolazione di etnia greco-cipriota rappresenta il 95% di quella totale, mentre in quella nord l'etnia turco-cipriota rappresenta il 98%. Ciò è dovuto alla deportazione, dalla parte nord dell'isola verso l'area sud, di circa 200.000 abitanti greco-ciprioti. Ed è in particolare a nord che i loro beni sono stati confiscati e i loro simboli religiosi in gran parte distrutti.
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Tutte le più importanti moschee - Keryneia, Nicosia, Famagosta, Paphos, Larnaka, Limassol - inizialmente costruite come chiese cristiane, furono occupate dai turchi e trasformate in luoghi di culto. Ma c'è di più. Quelle che erano le chiese di un tempo, depredate e private della loro sacralità, versano oggi in uno stato di abbandono, o peggio, sono diventate non più luogo di culto, ma musei, hotel, cascinali, palestre. Gli affreschi e le decorazioni, tesori artistici e spirituali, cancellati e deturpati, totalmente o in maniera parziale, sono la prova della decisa volontà di annullare le profonde radici cristiane dell'isola di Cipro. Oggi si invoca libertà religiosa, usando però due pesi e due misure. Anche ai cristiani deve essere consentita la possibilità di riappropriarsi dei loro luoghi sacri. È una questione di giustizia.
La «laica» Turchia
Se contro la violenza usi la violenza si fa
doppia
violenza. Male più male uguale doppio male. Ci vuole il doppio di bene per arginare il male. Solo di una cosa bisogna avere paura: di non essere cristiani, di essere, come diceva Gesù, un «sale senza sapore», una luce spenta o un lievito senza vita. Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi, disse [Gesù], e lui stesso s'è fatto agnello per guadagnare i lupi. Don Andrea Santoro, Lettere dalla Turchia La situazione di Cipro ci porta inevitabilmente a parlare della laicissima Turchia, dove da diversi anni ormai governa il partito islamico di Erdogan, l ' A K P (Partito per la giustizia e lo sviluppo). All'alba del 22 febbraio 2010 sono scattate le manette per 14 alti ufficiali, garanti della laicità delle istituzioni della penisola anatolica, rei di ordire un complotto ai danni del partito di maggioranza. L'accusa rivolta contro di loro è quella di far parte di Ergenekon, l'organizzazione segreta che avrebbe come obiettivo la destabilizzazione del paese attraverso atti di violenza e di terrorismo. Una «strate-
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già della tensione» in salsa turca. L'uccisione di don Andrea Santoro avvenuta il 5 febbraio del 2006 sarebbe da inserire in questo contesto. Don Santoro veniva ucciso da due colpi di pistola nella piccola chiesa di Trebisonda sul Mar Nero. Fu una ferita - l'ennesima - inferta alla piccolissima comunità cristiana, presente in queste terre fin dalle origini, che - stando alle rivelazioni dell'inchiesta sul complotto dei militari dimostrerebbe come anche in quella terra i cristiani sono tra l'incudine del nazionalismo laicista e il martello del fondamentalismo. Anche l'uccisione di tre membri di una chiesa protestante a Malatya nel 2007 sarebbe da inserire in quella strategia. Sono state mosse accuse volte a dimostrare il coinvolgimento di responsabili politici degli enti locali, di m e m bri delle forze speciali militari e di uomini del partito nazionalista. Nel maggio 2009 uno degli avvocati che rappresentano le famiglie delle vittime di Malatya ha riferito di minacce rivolte contro di lui. Il 29 dicembre 2008, un tribunale ha condannato Ramazan Bay a cinque anni di reclusione per aver ferito padre Adriano Franchini nel dicembre 2007 a Smirne, pena in seguito ridotta a quattro anni e due mesi per b u o n a condotta. Nel marzo 2009 individui sconosciuti hanno fatto irruzione nella Chiesa di Kadikoy, senza causare danni. La polizia ha condotto una breve indagine, senza risultati. Nella prima metà del 2009, due cimiteri greco-ortodossi di Istanbul e uno di Smirne hanno subito ingenti danni a causa di atti vandalici. Il 29 giugno, invece, funzionari dell'ambasciata di Grecia hanno stimato che quasi il 60% del cimitero di Edirnekapi a Istanbul è stato distrutto. Nel marzo 2009 alcuni agenti della polizia di Stato sono stati assegnati alla protezione di un cimitero di Balikli, sempre a Istanbul, dopo alcuni episodi di vandalismo segnalati nel mese di febbraio.
LA «LAICA»
TURCHIA
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Ebrei e cristiani possono praticare liberamente le loro religioni, anche perché è previsto dalla Costituzione, ma è nella vita quotidiana che segnalano discriminazioni, soprattutto i cittadini convertiti dall'islam a un'altra religione: spesso sperimentano forme di molestia o di pressione sociale da parte della famiglia e dei vicini di casa. La missione o il cosiddetto «proselitismo» per conto di gruppi non m u s u l m a n i è socialmente inaccettabile e talvolta pericoloso. I sentimenti nazionalisti n a s c o n d o n o spesso contenuti anticristiani e antisemiti. I toni in questo senso sono accesi. Nel dicembre 2008, un leader della comunità cristiana di Yalova ha presentato una denuncia presso la Direzione della sicurezza perché giovani nazionalisti radicali hanno promosso
una
conferenza nel Centro di formazione pubblica provinciale, i cui manifesti pubblicitari ritraggono i cristiani come serpenti che indossano croci. Al m o m e n t o l'inchiesta della polizia ha trovato le locandine da esporre - senza autorizzazione e ha rimosso alcuni funzionari comunali. La conferenza ha c o m u n q u e conservato il permesso di essere tenuta in un luogo pubblico. Tutto ciò a fronte di una condizione in cui sono i cristiani a dover stare attenti alle iniziative che propongono e svolgono. Sei pastori protestanti, infatti, sono oggetto di uno speciale p r o g r a m m a di protezione della polizia, a causa delle continue minacce. Anche Radio Shema, una stazione radio cristiana di Ankara, vive la m e d e s i m a condizione. I cristiani che abitano il paese sono tra i 90 e i 100.000, con un'infinità di riti, lingue e tradizioni. Latini, armeni cattolici e gregoriani, ortodossi, caldei e siro-cattolici, maroniti, melchiti o protestanti; i n s o m m a : un p a n o r a m a ecumenico variegato. Forse il più variegato sulla faccia della terra. Le componenti hanno radici storiche profonde. Oggi, però, il fatto che si trovino a essere un numero molto risicato rispetto a
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una popolazione di 70-71 milioni è sintomo di una situazione segnata da innegabili discriminazioni. Non è la legge in quanto tale che causa questi fenomeni, ma la sua non applicazione che, evidentemente, è colpevole. Infatti, negli ultimi decenni si è diffusa l'idea che un turco non può essere che m u s u l m a n o e m u s u l m a n o sunnita.
Regimi comunisti
Ci eravamo riuniti, circa 12 persone, nella casa di un anziano membro della comunità per celebrare il Natale e stavamo intonando dei canti. Mentre cantavamo, sono entrati alcuni poliziotti locali, membri dell'Ufficio
di pubblica sicurezza
della
contea di Qitai e membri del Dipartimento affari religiosi. Dopo il loro arrivo, ci hanno ordinato di interrompere i canti e ci hanno chiesto chifosse il leader della comunità. Quando ho dichiarato di essere io il capo, hanno iniziato a fotografare i versetti della Bibbia che avevamo scritto su di una lavagna. Dopo le foto, hanno preso tutti i presenti e li hanno chiusi in una stanza, uno a uno, per redigere dei verbali scrìtti. Dopo i verbali, hanno preso me e un mio fratello e ci hanno chiusi in una camionetta della polizia: nel frattempo, ci hanno levato le cinture dei pantaloni. Arrivati alla stazione di polizia, ci hanno chiusi in una sala conferenze per una perquisizione. no interrogato, registrando tutto con una telecamera.
Mi hanSpenta
la telecamera, mi hanno fustigato con una cinghia. Ho risposto a tutte le loro domande mentre sanguinavo e alla fine mi hanno detto che quello in cui crediamo non è che un culto e che la nostra fede non ha la loro approvazione.
Non capisco come
sia successo né di che cosa sono stato accusato. Da allora mi hanno arrestato senza preavviso diverse volte: ogni giorno mi
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sveglio pensando di poter, da un minuto all'altro, tornare in prigione. Lianru Ma, cristiano, arrestato in Cina nel novembre 2003 Dall'incontro con vescovi e sacerdoti della Cina ci si accorge di essere davanti a una Chiesa giovane, dinamica, vibrante. E pure vero che si vede una Chiesa divisa e perseguitata, dove la fede è messa alla prova. Ma sebbene la Chiesa sia controllata, essa trasuda energia e vitalità... I cattolici in Cina sono forti nella fede e sapranno resistere alla persecuzione. Mi piacerebbe tanto poterli vedere un giorno vivere la loro fede in piena libertà, riuniti con la Chiesa universale. Io invito il governo cinese a liberare dalla detenzione i vescovi e i sacerdoti, dando loro piena libertà, a discutere tutte le questioni della Chiesa senza il controllo dello Stato. Sono convinto che questo vada a beneficio di tutti. Mons. Nugent, rappresentante della Santa Sede di Hong Kong Il c o m u n i s m o ateo miete ancora le sue vittime. Il primo posto nella classifica di Open Doors è occupato dalla Corea del Nord di Kim Jong-il. I cristiani prigionieri nei campi di lavoro v e n g o n o stimati in circa 8000 da Open Doors, in 200.000 dalla C o m m i s s i o n e sudcoreana per i diritti umani. Secondo un commissario di Seul, che ha presentato il rapporto pubblicato lo scorso 20 gennaio, i prigionieri, divisi in sei campi, sarebbero tenuti in catene. Dal 1953 - anno dell'instaurazione
del regime - ne mancano all'appello
circa
300.000. L'ingiustizia si giustifica in modo stalinista: l'unico culto a m m e s s o è quello del tiranno. Secondo il rapporto 2004 sulla libertà religiosa nel m o n d o dell'ACS (Aiuto alla Chiesa
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che Soffre), esistono chiese statali in cui si fa molta propaganda per il regime e si esalta il «caro leader» Kim Jong-il con il chiaro intento di divinizzare il capo. Il cattolicesimo, dal m o m e n t o che richiede la comunione con il papa, è denunciato come sottomissione alle potenze straniere. La Costituzione nordcoreana prevede «la libertà sul credo religioso». Tuttavia, nella pratica il governo limita fortemente l'attività religiosa, tranne quella strettamente
controllata
da
gruppi riconosciuti ufficialmente e legati al governo. Un'autentica libertà religiosa non esiste. Secondo il governo di Pyongyang, in un rapporto redatto nel 2001, la popolazione religiosa della Corea del Nord è divisa in 12.000 protestanti, 10.000 buddhisti e 800 cattolici. Secondo le chiese della Corea del Sud sono molto di più. Le stime di P y o n g y a n g si basano sul fatto che nel paese di Kim Jong-il lo Stato controlla, attraverso la Federazione cristiana patriottica, quattro chiese: due protestanti (Bongsu e Chilgol), la Chiesa cattolica di Changchun e la Chiesa della Santa Trinità ortodossa.
La
Chiesa Chilgol è dedicata alla m e m o r i a della madre dell'ex leader Kim Il-sung, Kang Pan-sok, che era una diaconessa presbiteriana. Profughi e disertori sostengono che hanno assistito agli arresti e alle esecuzioni dei m e m b r i delle chiese cristiane non ufficiali. A causa dell'inaccessibilità del paese e l'incapacità di ottenere informazioni più precise, è difficile verificare le reali condizioni della libertà religiosa. Le autorità hanno consentito agli stranieri di partecipare solo a eventi religiosi sponsorizzati dallo Stato. Purtroppo la Corea del Nord non consente ai rappresentanti di governi stranieri, ai giornalisti o ad altri ospiti quella libertà di m o v i m e n t o necessaria per poter valutare pienamente le condizioni dei diritti umani o confermare gli abusi segnalati. Tuttavia la Commissione d'inchiesta contro i crimini dell'umanità ha re-
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centemente pubblicato un rapporto nel quale denuncia una serie impressionante di crimini contro l'umanità commessi dal regime di Pyongyang, come ad esempio la condanna a morte per il furto di una mucca, per la vendita di film stranieri o per l'ascolto della radio sudcoreana. È dello scorso luglio la notizia sconvolgente della donna giustiziata in pubblico perché distribuiva la Bibbia. Questa è stata la terribile sorte di Ri Hyon-ok, una donna coreana di 33 anni che viveva in una città nel Nord-ovest della Corea del Nord, non lontano dal confine cinese. Lo h a n n o rivelato alcuni attivisti sudcoreani che si battono contro il brutale regime di Kim Jong-il a Pyongyang, l'ultimo baluardo dell'utopia comunista del pianeta. Gli stessi attivisti hanno fatto sapere che il regime ha reso prigionieri politici il marito e i figli della donna, accusata di essere una spia americana e quindi
una
minaccia
per
il
regime.
La
dittatura
di
Pyongyang ha ragione: quel libro può essere la più grande minaccia per un sistema che si regge sulla sistematica violazione di qualunque diritto dell'uomo, sulla repressione di coloro che desiderano perseguire liberamente i propri ideali e professare quindi il loro credo religioso. Sulla stessa scia troviamo la Cina capital-comunista, con la sua Chiesa ufficiale patriottica. Anche se Pechino ha pubblicato un piano di azione nazionale per la tutela dei diritti, il 2009 è stato in Cina - secondo il rapporto mondiale del gruppo H u m a n Rights Watch editato il 20 gennaio 2010 l'anno nero per i diritti umani e la democrazia. La persecuzione contro cattolici, protestanti e le altre religioni scrive Bernardo Cervellera in un editoriale sui 60 anni della Repubblica popolare cinese, celebrati il 1° ottobre 2009 - è avvenuta subito all'indomani della proclamazione della RPC. Fin
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dall'inizio, infatti, il maoismo si propone in modo programmatico di distruggere ogni religione come superstizione, o assorbirla come strumento di governo, controllata da organizzazioni alle dipendenze del partito. Così, da subito, personalità delle Chiese che lavoravano per il popolo - e che all'inizio avevano perfino guardato con simpatia l'arrivo dei comunisti - si trovano a resistere alla divinizzazione e all'assolutismo del potere, salvaguardando la libertà della propria coscienza. 1 Il terribile racconto del direttore di AsiaNews prosegue dettagliando le condizioni dei cristiani nella Cina contemporanea: Ancora oggi è in atto una campagna per eliminare tutte le comunità protestanti sotterranee e le cosiddette chiese domestiche, distruggendo chiese, arrestando i pastori, bastonando i fedeli, proibendo la diffusione di bibbie. La comunità cattolica non sta meglio. I vescovi ufficiali - circa 70, riconosciuti da Pechino - sono ormai sotto un controllo ferreo perché segretamente riconciliati col papa. I vescovi sotterranei - non riconosciuti - sono tutti (circa 40) agli arresti domiciliari. Vale la pena ricordare che alcuni di loro sono scomparsi da tempo: mons. Giacomo Su Zhimin (diocesi di Baoding, Hebei), 75 anni, arrestato e scomparso dal 1996; mons. Cosma Shi Enxiang (diocesi di Yixian, Hebei), 86 anni, arrestato e scomparso il 13 aprile 2001; mons. Giulio Jia Zhiguo, scomparso per l'ennesima volta il 30 marzo scorso. Nonostante questo, annota in conclusione Cervellera, anche « " g r a z i e " alle persecuzioni comuniste i cattolici sono più che quadruplicati negli ultimi 60 anni. Nel '49 erano poco più di 3 milioni; oggi, cattolici sotterranei e ufficiali, sempre più riconciliati, sono più di 12 milioni e vi sono circa 100.000 nuovi battezzati (adulti) ogni anno». Nella Cina del 2008 non
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ci sono state solo le Olimpiadi, ma una costante distruzione dell'umano. L'occasione dei tradizionali giochi sportivi l'ha confermato. A m n e s t y International ha denunciato un aumento delle violazioni dei diritti umani proprio a causa delle Olimpiadi. La politica cinese, infatti, ha continuato a imprigionare senza processo e per un lungo periodo elementi scomodi in vista dell'invasione di turisti e giornalisti stranieri. A proposito di libertà d'informazione, il dipartimento centrale della pubblicità ha imposto ai media del paese di non alimentare la «pubblicità sfavorevole» nei confronti dei giochi. Dunque non è stato possibile parlare delle violenze avvenute su alcuni gruppi di disabili, dell'inquinamento e dei cibi avvelenati; tutti episodi che in quei mesi si sono verificati puntualmente. La direttiva forse più eclatante emanata dalle autorità governative riguardava però l'obbligo per tutti gli atleti o visitatori di non portare con sé nel corso delle Olimpiadi «opuscoli e materiali usati per qualsiasi attività religiosa o politica o per dimostrazioni». Questa censura è valsa tutto l'anno. Nonostante al XVII Congresso del Partito comunista cinese la parola «democrazia» fosse stata pronunciata 60 volte dal segretario generale Hu Jintao, garantendo che «il popolo è padrone» del paese, la situazione è a tutt'oggi raccapricciante. Nella prima proposta di risoluzione presentata all'Europarlamento, e votata quasi all'unanimità il 14 n o v e m b r e 2007, «su gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose», si sottolineava «la gravità della situazione per quanto concerne la libertà religiosa nella Repubblica popolare cinese, dove le autorità continuano a reprimere qualsiasi manifestazione religiosa, soprattutto nei confronti della Chiesa cattolica, di cui molti fedeli e vescovi sono detenuti da anni e in alcuni casi sono morti in carcere». Era del 25 no-
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vembre 2007, per esempio, la notizia dell'arresto del rettore del seminario della diocesi di Yujiang, padre Zhongliang, e di un suo seminarista, Wang Bin, colpevoli di aver riunito il clero della regione. I due sacerdoti avevano agito in rappresentanza
del
vescovo
della
diocesi
-
l'ottantacinquenne
mons. Tommaso Zeng J i n g m u - da tempo agli arresti domiciliari nella residenza episcopale. Spesso i religiosi vengono internati insieme agli altri oppositori politici nei Laogai, ovvero in campi di lavoro pensati per intimidire, indottrinare e, allo stesso tempo, fornire un enorme forza lavoro a costo zero. La «rieducazione» è un processo che avviene mediante «lezioni di studio» giornaliere che seguono i lavori forzati. Successivamente il detenuto è costretto a dichiarare pubblicamente le proprie colpe. Così nasce la «nuova persona socialista» che, al fine di mostrare la propria lealtà al partito, spesso denuncia i suoi amici e parenti. Secondo la corte amministrativa i cristiani sono colpevoli di «crimini contro lo Stato, organizzati durante gli incontri di un culto diabolico». Purtroppo i perseguitati non sono solo i cristiani ma anche monaci tibetani, buddhisti, islamici e Falun Gong - m o v i m e n t o d'ispirazione taoistab u d d h i s t a non autorizzato. Nella situazione cinese si capisce bene perché la prima libertà è quella religiosa: la ragione dell'uomo è fame e sete di significato, la sua natura profonda è un interrogativo ultimo sull'esistenza. Quel regime che tenta di contenere ogni libera ricerca sull'origine e il destino dell'uomo è violento. La libera ricerca sull'uomo, infatti, è limite a ogni potere, perché possibile sorgente
d'opposizione.
Tanto è vero questo che, quando il presidente americano Barak O b a m a ha voluto incontrare il Dalai L a m a in qualità di leader spirituale nella Map Room, e quindi non nell'Ufficio ovale dove è solito ricevere i leader internazionali, il Mini-
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stro degli Esteri di Pechino ha minacciato ugualmente gravi ripercussioni nei rapporti tra Stati Uniti e Cina. La libertà religiosa è davvero la «cartina di tornasole» di una società giusta. Ecco perché il regime comunista concede la libertà di culto, per quanto riguarda i cattolici, solo ai fedeli aderenti all'AP, l'Associazione Patriottica cinese. Questa non riconosce ufficialmente il primato del papa. I cattolici fedeli al pontefice sono considerati «agenti di una potenza
straniera».
Anche se in tempi recenti Pechino ha aperto una trattativa con il Vaticano, tuttora continuano le incarcerazioni di sacerdoti e vescovi. E il caso di Wang Zhong, della diocesi di Xiwanzi, condannato il 25 n o v e m b r e a tre anni di carcere per aver organizzato la festa della consacrazione di una chiesa. A una manciata di chilometri il parroco ottantenne, Liao Haiqing, viene regolarmente
allontanato
in occasione
di
ogni festività cattolica, impedendogli di celebrare la messa con i fedeli del luogo, per la maggior parte non ufficiali. Nonostante le costrizioni, ogni domenica egli celebra una funzione pubblica, con le porte della sua chiesa aperte. In una Cina che negli ultimi vent'anni è divenuta una grande potenza economica capitalista, l'AP - e il Ministero per gli Affari Religiosi - rimangono feudo di una fazione stalinista che frena ogni spiraglio di libertà per motivi economici: i due enti gestiscono e dilapidano - per fini privati - i beni della Chiesa. Per questo, mentre nel partito si sono alzate voci a favore della libertà religiosa, l'AP ha fatto di tutto per bloccare ogni segno di avvicinamento fra Cina e Vaticano. L'Associazione ha orchestrato, nel 2000, una c a m p a g n a contro la canonizzazione dei martiri cinesi facendo arrestare vescovi e sacerdoti «sotterranei». Nel 2005, invece, ha ordinato vescovi illecitamente. Nel silenzio, però, la Chiesa sta ritrovando la sua unità. Dopo la Rivoluzione culturale - in cui vescovi
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COMUNISTI
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patriottici e sotterranei si sono incontrati negli stessi lager perché oggetto della stessa persecuzione - e dopo il massacro di Tiananmen dell'89, che ha segnato un punto di non ritorno per il Partito comunista, sempre più vescovi nominati dal governo hanno domandato in segreto di poter essere riconciliati con il papa. Benedetto XVI, fin dai primi giorni del suo pontificato, si è rivolto alla Repubblica popolare chiedendo non privilegi per la Chiesa, ma solo «condizioni di libertà e di azione per la sua missione». Nella lettera inviata ai fedeli della Chiesa cinese, il 30 giugno del 2007, il papa affronta nella prospettiva dell'unità della Chiesa la questione delle nomine dei vescovi, dei rapporti con il governo e della vita della comunità dei fedeli. Preoccupato in primo luogo per l'unità della Chiesa, Benedetto XVI non usa le espressioni «Chiesa ufficiale» e «Chiesa clandestina», ma parla solo di «Chiesa in Cina», della quale, fin dalle prime righe loda la «fedeltà» e ne ricorda le «gravi sofferenze». Affronta le tre tipologie di vescovi cinesi: quelli clandestini, quelli riconciliati e i pochi non riconciliati. Per i primi auspica che il governo dia il proprio riconoscimento a coloro che «non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente» (n. 7). Dei secondi, che «sotto la spinta di circostanze particolari hanno acconsentito a ricevere l'ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il Successore di Pietro» (n. 7), chiede che informino «pienamente» sacerdoti e fedeli del ristabilimento della totale comunione. Per smorzare gli entusiasmi di laici e vescovi, il leader nazionale dell'AP, il laico Liu Bainian, ha decretato la non distribuzione della Lettera in Cina.
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Un altro baluardo dell'ideologia comunista è il Mya rimar, meglio noto con il nome di Birmania. Q u a n d o nel settembre del 2007 i monaci buddhisti hanno sfilato per giorni lungo le strade di Yangon - la capitale del paese - sfidando il governo che ha ridotto alla fame i birmani, proprio in quel paese che era la risaia dell'Asia, anche i cristiani h a n n o subito le ritorsioni del regime. Ne è prova una mail clandestina inviata a un sacerdote e pubblicata su «Avvenire» il 30 settembre di quell'anno: Carissimi [...], grazie. Pregate per noi. Le cose sono molto brutte. Oggi hanno ammazzato molti e sparano. I soldati sono stati drogati con pillole di ecstasy. I morti non possono essere contati. Pregate. Per favore, quando parlate ad altri del nostro paese, non nominate il mio nome perché è pericoloso. Io per il momento sono a [...] e vedo tutto. Soffro e piango. Preghiamo per la pace e la dignità umana come è stata creata. Grazie per i vostri aiuti. Ora mi servono molto. Se si prolunga questa crisi la gente non avrà più da mangiare. Negozi chiusi e i trasporti non esistono. Noi preghiamo. Quello birmano, infatti, è un regime che fin da subito si dichiara ateo. Nasce agli inizi degli anni '60, quando il generale Nu Win, destituendo l'allora primo ministro U Nu, promette di instaurare una «democrazia popolare» sul modello sovietico. Quella che è definita la «la via birmana al socialismo» prevede esplicitamente che: «Al posto di Dio bisogna mettere l'uomo, che è l'essere supremo... La filosofia del nostro partito è una dottrina puramente mondana e umana». E ancora: «L'ideale del socialismo è una società prospera, ricca, fondata sulla giustizia. Non c'è posto per la carità... Lo Stato pensa a tutto». Il risultato è stato l'immediata confisca e nazionalizza-
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zione delle scuole e delle strutture sanitarie erette e gestite dalla Chiesa e l'espulsione di tutti i missionari stranieri. Non è migliore la situazione in Vietnam. Il 7 gennaio scorso il regime ha abbattuto il Crocifisso di un cimitero cattolico della parrocchia di D o n g Chiemi ad Hanoi. A seguito del fatto i fedeli della parrocchia si sono rivoltati ottenendo in cambio n u o v e intimidazioni e l ' i m p e d i m e n t o a entrare nella propria chiesa. C o m e riporta AsiaNews:
«Una nota del-
l'arcivescovado di Hanoi, che viene letta in tutte le chiese [...], parla di " c e n t i n a i a " di agenti e militari che bloccano, anche con la forza, chiunque voglia recarsi in chiesa; arresti e minacce». Nei paesi a regime comunista siamo ancora fermi ai tempi in cui la politica non viene considerata come un tentativo di risposta alle esigenze dell'uomo «reale», dell'uomo che «esiste», ma come un tentativo di immaginare un «uomo n u o v o » frutto di elucubrazioni mentali. Le ideologie, i fondamentalismi e i relativismi sono accomunati dall'abbandono della verità, dal mancato riconoscimento dell'essere come principio della realtà e dall'utilizzo del potere per dare una n u o v a base alla realtà. La storia delle grandi dittature del passato ci dimostra che Dio fa paura a chi ha la pretesa di sostituirsi a lui. Ma la storia ci ha insegnato anche che alla lunga la furia ideologica che ha nella negazione della libertà religiosa il suo strumento di massima distruzione della dignità dell'uomo, viene sconfitta dalla p r o r o m p e n z a della fede e del desiderio di libertà degli uomini.
http: / / w w w . a s i a n e w s . i t / i n d e x . p h p ? l = i t & a r t = 1 6 4 5 8
India
[I cristiani] sono ancora vittime innocenti di intimidazioni e violenze. Il governo non fa nulla per aiutare la loro riabilitazione, dopo le violenze religiose del 2008, e continuano a vivere nella paura. D'altra parte, le migliaia di denunce che hanno sporto contro i loro assalitori non sono servite a nulla: i colpevoli di quel massacro sono ancora in circolazione per lo Stato dell'Orissa. C'è bisogno di un sistema che aiuti ifedeli a tornare alla vita normale. Hanno bisogno di un lavoro e di una casa, dato che per evitare la morte i cittadini di 14 villaggi sono scappati e ora vivono nelle tende. Deve intervenire il governo, anche perfare giustizia. Sajan K. George, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani, 24 febbraio 2010 Il mio più intimo desiderio è di realizzare la fratellanza [...] tra tutti gli uomini, indù, musulmani,
cristiani,
parsi ed ebrei. Gandhi Rajani Majhi, 21 anni, il 27 agosto 2008 è stata arsa viva mentre cercava di salvare gli ospiti di un orfanotrofio della
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missione di Bargarh nello Stato dell'Orissa, in India. Nella stessa regione anche un u o m o è bruciato vivo, lo stesso giorno, a K a n d h a m a l e una suora è anch'essa morta carbonizzata dopo essere stata stuprata nel Centro sociale di Bubaneshwar. In tre giorni di agguati sono state 11 le vittime e 25 le chiese distrutte. Ma anche nel luglio precedente, sempre nella stessa regione, è stato distrutto un orfanotrofio e una parrocchia è stata saccheggiata. Purtroppo non si tratta di episodi isolati, ancora una volta siamo di fronte ad attacchi contro le c o m u n i t à cristiane, gli ennesimi episodi di una p e r s e c u z i o n e che sembra non avere fine: n u m e r o s e le persone, alcune delle quali p r o b a b i l m e n t e morte o ferite, di cui è stata denunciata la scomparsa; decine di migliaia i cristiani tribali e dalit che si n a s c o n d o n o nelle foreste, molti dei quali senza cibo e acqua potabile. Il 26 giugno, invece, in Pakistan, Saba e Anila Younas, cristiane, sono state rapite da un gruppo di m u s u l m a n i , costrette a convertirsi all'islam e obbligate a sposarsi. C'è ancora grande preoccupazione per la situazione delle m i n o r a n z e cristiane, in particolar m o d o nello Stato dell'Orissa, e per l'impatto che le leggi anticonversione diffuse in diversi Stati dell'India possono avere sulla libertà religiosa, anche c o n s i d e r a n d o il fatto che non c'è stato effettivo intervento della polizia durante gli attacchi che hanno portato nell'estate del 2008 all'uccisione di almeno 37 cristiani. Nel periodo tra agosto e settembre 2008 circa venti cristiani, uomini e donne, sono stati b r u t a l m e n t e uccisi in un clima che ricorda da vicino il massacro dei sikh a Delhi e in altre zone nel 1984, e quello dei m u s u l m a n i nel 1993 a M u m b a i e nel 2002 nel Gujarat. Sono state stuprate suore e sono stati feriti centinaia di pastori, preti e attivisti religiosi. Oltre quaranta chiese sono state distrutte, molte per la seconda volta, oltre alle centi-
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naia e centinaia di case ancora una volta bruciate nelle città, nei villaggi e nelle foreste. I cristiani sono stati braccati come animali. Nella ricostruzione fatta dalle chiese locali non ci sono dubbi su chi sia stato a perpetrare simili violenze. La responsabilità ricade sul Sangh Parivar, e sugli elementi che lo c o m p o n g o n o , il Rashtriya Swayamsevak Sangh, il Vishwa Hindu Parishad (VHP), il Bajrang Dal e il Vanvasi Kalyan Sangh, e in particolare su gruppi legati agli ashram dell'ex vicepresidente L a k s h m a n a n a n d a Saraswati, appartenente
al
VHP. I leader del VHP, tra cui Praveen Togadia, hanno apertamente invocato la pulizia etnica, mentre altri hanno dichiarato che non smetteranno di versare sangue finché non avranno liberato l'Orissa dai cristiani. La polizia ha fatto finta di non vedere per mesi. Spesso si è resa complice delle violenze e non è mai intervenuta per salvare gli sventurati cristiani e le loro istituzioni. Al contrario, l'apparato di funzionari, vertici della polizia e burocrati h a n n o ripetuto p a s s i v a m e n t e le m e n z o g n e
del
Hindutva Sangh Parivar e la sua stretta definizione di nazionalismo religioso per addossare ai cristiani la colpa delle tensioni. «Se il primo ministro (dello Stato dell'Orissa) e il suo governo hanno perduto il loro diritto di governare, anche il Chief Secretary, il segretario di Stato e il direttore generale della Polizia non h a n n o più il diritto di restare in servizio attivo. È una vergogna che restino in carica ed è una prova evidente della cospirazione messa in atto dal governo (locale), dal partito di coalizione Bharatiya Janata e dall'apparato di Stato contro la comunità cristiana e la fede cristiana», h a n n o proclamato a gran voce al Governatore dell'Orissa i cristiani di Delhi. L'apparato di Stato ha sbagliato tre volte: non tutelando i cristiani nel dicembre 2007,
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non p r o t e g g e n d o l'ex leader del V H P né d i p a n a n d o il mistero del suo assassinio, e infine non evitando ancora una volta ai cristiani lo sterminio nell'agosto 2008.
A OVEST DI VIENNA INDICE DELLE DISCRIMINAZIONI
Ebbene, soltanto noi siamo esclusi dall'avere una propria religione. Ci si accusa di offendere i romani, e non siamo considerati romani, perché il Dio che adoriamo non è un Dio romano. Meno male che c'è per tutti un unico Dio, cui tutti, volenti o nolenti, noi apparteniamo. Per voi invece è lecito adorare qualunque iddio, fuorché quello vero, quasi non fosse piuttosto il Dio di tutti, quello di cui tutti noi siamo. Tertulliano, Apologetico, 24,9-10 Credo che pregare possa sempre aiutare quando qualcuno sta male. Sento che è una cosa buona da chiedere e un buon modo di infondere la speranza che le cose cambino. Caroline Petrie, infermiera inglese che il 2 febbraio 2009 è stata sospesa dal servizio perché, durante le sue visite a domicilio, ha offerto il sostegno cristiano a una paziente
L'OSCE e la libertà religiosa
Si è svolta il 5 novembre 2009 a Vienna la Riunione plenaria del Consiglio permanente dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), durante la quale, insieme agli altri due rappresentanti permanenti contro le discriminazioni, ho redatto un bilancio del lavoro svolto in questi primi 11 mesi di incarico come Rappresentante permanente contro razzismo, xenofobia e discriminazione, con particolare riferimento alla discriminazione dei cristiani. L'OSCE rappresenta una regione abitata da popoli con differenti origini, culture e confessioni religiose. In questo contesto, il modello del pluralismo rappresenta un riferimento doveroso per ogni Stato membro. Il pluralismo non è qualcosa che noi possiamo ritenere garantito per sempre, ma è un processo che richiede un lavoro costante nonché uno sforzo comune degli Stati membri. Sin dal primo giorno di mandato, siamo stati testimoni di una crisi economica senza precedenti che ha interessato tutta la regione OSCE. Tuttavia alcuni gruppi hanno
subito
l'impatto
della
crisi in m o d o
più
profondo rispetto ad altri. A causa della loro posizione vulnerabile, gli effetti della crisi economica sui migranti, sui rifugiati e su altre minoranze sono stati devastanti e hanno contribuito a peggiorare non poco una situazione che era già
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insostenibile in partenza. Istituzioni come OSCE e O D H I R devono quindi assumere un ruolo centrale collaborando con gli Stati in particolare per rafforzare la legislazione in materia, per la raccolta dei dati e per lo sviluppo di programmi educativi. Il mio intervento si è poi focalizzato sui cristiani. Recentemente la Corte europea dei diritti dell'uomo ha prodotto una sentenza che impedisce di esporre in Italia il Crocifisso nelle scuole, disconoscendo duemila anni di storia di un paese e calpestando quindi l'identità del suo popolo. Questa sentenza è c o m u n q u e il messaggio di un'istituzione, il Consiglio d'Europa, che non ha nulla a che vedere con l'Unione Europea. La C o m m i s s i o n e europea ha infatti puntualmente precisato che «si tratta di una decisione che viene da un'istituzione
che
non
appartiene
all'Unione
Europea».
Un'istituzione che più che promuovere i diritti umani non fa che oscurarli. Ma nel quotidiano, all'interno delle nostre società, esistono discriminazioni nei confronti dei cristiani anche in Europa? La risposta è purtroppo affermativa e le proporzioni sono tutt'altro che trascurabili. Si tratta di un fenomeno consistente che interessa non solo i paesi nei quali il cristianesimo è una minoranza, ma anche quelli in cui è maggioranza. La morte del giornalista turco Hrant Dink, le minacce contro il missionario protestante Orhan Ant, l'episodio della sospensione dal lavoro in Inghilterra di un dipendente aeroportuale colpevole di aver esposto u n ' i m m a gine di Gesù, quello recentissimo di una dipendente amministrativa dell'ospedale fiorentino di Careggi che ha ricevuto un rimprovero scritto per aver affisso sulla bacheca del proprio ufficio un «santino» della M a d o n n a di Fatima, l'incendio presso la scuola cattolica e la cappella di Notre D a m e de Fatima in Francia sono solo alcuni dei casi d'intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani
all'interno
L'OSCE E LA LIBERTÀ
RELIGIOSA
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dell'area OSCE. Le discriminazioni possono essere intenzionali (quando c'è una netta posizione anticristiana), o non intenzionali, quando le leggi di qualche Governo apparentemente neutrali risultano inique nei confronti dei cristiani. Un'importante conclusione cui si è arrivati durante un altro incontro sulla libertà religiosa a cui ho partecipato nel luglio 2009 presso la sede dell'OSCE è che intolleranza e discriminazione delle comunità religiose sono strettamente collegate con le limitazioni della libertà di religione o di credo. In alcune parti dell'area O S C E , le chiese cristiane e i membri di altre religioni si trovano a dover fronteggiare problemi basilari, come la proibizione di acquisire uno status legale, pregare liberamente o diffondere letteratura. Per quanto riguarda i casi registrati soprattutto nei paesi occidentali, dove i cristiani sono in netta maggioranza, non si può parlare di vere e proprie restrizioni circa il diritto di professare liberamente la propria religione. Si tratta di discriminazioni riconducibili, ad esempio, all'obiezione di coscienza o al tema dell'insegnamento della religione. Su quest'ultimo punto, è stato rilevato che in alcuni paesi dell'area OSCE non è pienamente rispettato il diritto dei genitori di educare i propri figli secondo i loro valori morali. Alcuni programmi recentemente introdotti nei sistemi scolastici della Spagna e dello Stato canadese del Québec, ad esempio, sono percepiti dalle famiglie come delle vere e proprie invasioni nella vita privata dei cittadini, in quanto tali iniziative rischiano di relativizzare i valori religiosi trasmessi in contesti come quello familiare. Un altro aspetto significativo che è emerso dagli interventi dei vari relatori è la presenza sempre più preoccupante nei media di elementi discriminatori volti a ridicolizzare i simboli religiosi o a insultare la religione cristiana e coloro che la professano. Anche molti discorsi pronunciati contro la
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Chiesa e la Santa Sede in occasione di incontri politici pubblici sembrano alimentare il pregiudizio e l'intolleranza verso i cristiani. Tale p r o p a g a n d a può avere una forte influenza negativa, tanto da generare in molti casi veri e propri fenomeni di violenza definiti in gergo tecnico hate crimes '. Questo tipo di crimine, secondo i dati forniti recentemente dall'ODIHR,
è particolarmente presente nella
regione
OSCE nonostante l'impegno mostrato da alcuni governi nel realizzare leggi ad hoc in risposta alle specifiche manifestazioni di hate crimes presenti nelle loro comunità. Un problema relativo allo studio di questo fenomeno in preoccupante crescita è la difficoltà nel reperire dati e informazioni. Tra gli Stati partecipanti all'OSCE solo poco più della metà raccoglie dati sugli hate crimes basati sull'odio religioso e solo tre Stati hanno fornito informazioni specifiche sui crimini contro i cristiani. La Santa Sede ha fornito una lista di informazioni basate su fonti giornalistiche e televisive, mentre soltanto poche O N G hanno menzionato nei loro reports il problema con riferimento ai cristiani 2 . Inoltre, alcuni dei partecipanti alla tavola rotonda hanno sostenuto che, in effetti, anche leggi apparentemente neutre possono generare in modo indiretto delle discriminazioni, quando queste vengono utilizzate per limitare la libertà di espressione e il proselitismo da parte delle comunità cristiane. Uno dei partecipanti ha descritto come in alcuni atenei universitari siano proibiti i discorsi e le attività portate avanti da gruppi di studenti cristiani, adducendo come motivazione il fatto che queste attività potrebbero offendere o disturbare gli altri studenti. In sostanza un ennesimo tentativo di relegare la religione cristiana ai margini della società, mascherando questa chiara intenzione con la scusa dei diritti delle altre religioni. Alla fine della discussione sul tema dell'intolleranza con-
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tro i cristiani, svoltasi nella capitale austriaca, tutti coloro che hanno preso parte all'incontro, nel formulare le raccomandazioni conclusive, hanno evidenziato come sia fondamentale continuare ad approfondire la questione in m o d o da aumentare la visibilità di un problema di grande attualità che richiede una costante attenzione. In una società in cui tutti noi dobbiamo misurarci con la dottrina
del politicamente
corretto,
è importante
reagire
rafforzando l'io e la centralità della persona con tutte le diverse sfumature che essa comporta. Il ruolo dei governi in tal senso è fondamentale per assicurare una piena partecipazione dei cristiani nella vita pubblica. Pertanto è necessario assicurare il diritto all'obiezione di coscienza e il massimo dell'impegno per modificare nel minor tempo possibile quelle normative che di fatto si traducono in una discriminazione nei confronti dei cristiani. Per quanto riguarda i media, non si può negare che il punto di vista secolarista sia spesso caratterizzante. Bisogna prestare, quindi, particolare attenzione affinché la libertà di espressione non diventi uno strumento per ridicolizzare e insultare i cristiani.
Si è in presenza di un hate crime (crimine d'odio) quando qualcuno attacca verbalmente o fisicamente un'altra persona e il crimine è motivato dal pregiudizio verso un particolare gruppo di persone a causa della loro razza, etnia, orientamento sessuale, religione ecc. Tali crimini possono consistere in aggressione fisica, danni alla proprietà, mobbing, molestie, abusi verbali o insulti, graffiti offensivi o lettere. 2 Hate Crimes in the OSCE Region - Incidents and Responses, 2008 Report. 1
Relativismo e fondamentalismo: le nuove ideologie
Ecco prospettarsi ancora una volta un compromesso! Le velenose esalazioni del cristianesimo bano la volontà
ammor-
rivoluzionaria.
A. Solzenicyn, Arcipelago Gulag, settembre 1973 Non est persecutio omnibus christianis quando prò ventate certantur? (Non si tratta forse di persecuzione per i cristiani quando lottano per la verità?) S. Agostino, Sermones, 94/A,2 Dice Benedetto XVI che «i rischi più grandi che la società contemporanea corre sono dovuti a fondamentalismo e relativismo». Il fondamentalismo, cioè prendere Dio a pretesto per un progetto di potere, e il relativismo, ossia mettere tutte le opinioni sullo stesso piano di modo che non emerga più la verità, che non sia più possibile costruire un'ipotesi buona per una generazione. Dei numeri del fondamentalismo abbiamo una certa pratica: sono i numeri legati alla vicenda delle Torri Gemelle, sono i numeri dell'attentato alla stazione di Atocha a Madrid, sono i numeri dell'attentato alla metropolitana di Londra e potrei proseguire con un lungo rosario di desolazione e di morte. Ma quali sono i numeri del relativismo?
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Negli ultimi dieci anni - tra il 1996 e il 2006 - contiamo nei paesi dell'Unione 10 milioni di divorzi con un coinvolgimento di circa 15 milioni di figli; i numeri del relativismo non sono da leggere alla luce di una mistica identitaria che si basa su riflessioni di carattere teocon, ma sono i numeri del declino di un Continente. I numeri del relativismo sono il risultato del fallimento della politica economica di generazioni di governi che nei 27 paesi dell'Unione europea hanno sbagliato i soggetti su cui puntare per vincere la sfida della competizione internazionale. I numeri del relativismo ci dicono che solo il 2,1% del PIL viene destinato in Europa alla famiglia, e questo a fronte di un investimento, o meglio di una spesa, in politiche sociali del 28% senza considerare che paese per paese, laddove è più forte l'investimento sulla famiglia, più bassa è la spesa sociale. Perché r a g i o n e v o l m e n t e se l ' a n z i a n o invece di essere ricoverato in ospedale viene tenuto e curato a casa, oltre a ricevere più attenzione e più amore, è evidente che questo è un v a n t a g g i o che si traduce anche in termini economici e di risparmio per la spesa pubblica. Allora la questione di fondo è questa. Oggi noi ci confrontiamo con i numeri del relativismo. Il confronto con i numeri del relativismo non è da intendersi in termini ideologici, ma è da intendersi alla luce di una lettura pragmatica che ci vede desiderare di competere con il resto del m o n d o , che ci vede obbligati a confrontarci con il resto del mondo. Vorrei aggiungere un'altra annotazione, affinché si capisca bene qual è lo scenario di combattimento, lo scenario di guerra, che cosa siamo chiamati a fare, qual è la nostra responsabilità in questo m o m e n t o e come si articola la battaglia. In un rapporto dal titolo «Relazione sull'Evoluzione della Famiglia in Europa 2008», la Rete Europea dell'Istituto di
RELATIVISMO
E FONDAMENTALISMO:
LE NUOVE
IDEOLOGIE
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Politica Familiare 1 ha evidenziato come tra divorzi, aborti, calo delle nascite, invecchiamento e insufficienza di politiche di sostegno, la famiglia m o n o g a m i c a rischi di scomparire dal p a n o r a m a coiitinentale. Il quadro che emerge è drammatico, tutti gli indicatori riguardanti popolazione, natalità, matrimoni, rottura delle famiglie sono sostanzialmente peggiorati negli ultimi venticinque anni. Il p a n o r a m a della famiglia in Europa si è aggravato in maniera preoccupante. Nonostante la crescita della popolazione di 40,2 milioni di unità, i matrimoni sono in enorme calo. Nei 27 paesi dell'UE tra il 1980 e il 2006 il numero dei matrimoni è sceso del 23,9%. L'età di matrimonio si è spostata sempre più avanti: la media europea vede gli uomini sposarsi a 31 anni e le donne a 29, con un ritardo di circa 5,5 anni rispetto alle medie del 1980. Cresce anche l'età media della prima maternità, che nella UE è prossima ai 30 anni. La media si interseca tra la Polonia che registra l'età più bassa per la prima maternità (27,9 anni), e la Spagna che registra la maternità più tardiva (30,88 anni), seguita a breve dall'Italia (30,8 anni) e dall'Olanda (30,58 anni). I matrimoni sono in calo e per nulla stabili. Negli ultimi ventisei anni (1980-2006) divorzi e separazioni sono cresciuti del 55%, fino a una media di uno ogni 30 secondi. Dal 1996 al 2006 si contano 10,1 milioni di fallimenti matrimoniali, con il coinvolgimento di 15 milioni di figli. Il record dei divorzi è in Germania (191.000 nel 2006), seguita da Gran Bretagna e Francia. In termini percentuali di aumento di separazioni e divorzi, prima è la Spagna con un incremento del 290% tra il 1996 e il 2006. Considerando che il numero dei matrimoni cala, mentre aumenta la percentuale di separazioni e divorzi, ormai in Europa per ogni due matrimoni celebrati ce n'è uno che fallisce.
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Cresce il numero dei figli che nascono da genitori non sposati: i dati parlano di uno su tre. In alcuni paesi come l'Estonia, la Svezia e la Francia ci sono più bambini che nascono fuori dal matrimonio che all'interno. Dal punto di visto demografico è altissima la frequenza del numero di aborti nei 27 paesi che fanno parte dell'Unione Europea: imo ogni 27 secondi. Nel solo 2006 il numero di bambini e b a m b i n e abortiti nella UE ha raggiunto la cifra di 1.167.775, pari a una media di 3199 al giorno. Cifra ancora più preoccupante se si considera che le nascite sono in calo o che sono state abortite il 19,4% delle gravidanze, cioè un nascituro su cinque. Secondo il rapporto dell'IPF l'aborto è diventato la principale causa di mortalità in Europa, ben al di là delle altre cause di mortalità «esterne» come suicidi, incidenti stradali, droga, alcolismo, AIDS, come pure delle malattie. Infatti, nel 2004 l'aborto ha fatto più vittime delle malattie
di cuore
(507.946),
(736.589),
degli incidenti
delle malattie stradali
cardiovascolari
(127.000), e dei
suicidi
(59.209). Un altro dato preoccupante è la m o d e s t a crescita demografica dell'Europa e l'invecchiamento relativo. Tra il 2000 e il 2007 la popolazione europea è cresciuta di 14,2 milioni di persone, di questi quasi 12 milioni - pari all'84% - sono immigrati. In ventotto anni, tra il 1980 e il 2008, la popolazione europea è cresciuta con un tasso dell'8,8%, negli ultimi sei anni (2002-2008) con un tasso del 2,6%, nell'ultimo
anno
(2007-2008) del 2,1%. Se non ci sarà una svolta nelle politiche demografiche, il rapporto calcola che dal 2025 l'Europa comincerà lentamente a spopolarsi. Nello stesso tempo l'invecchiamento della popolazione procede rapidamente: nel 1980, in Europa, su 100 europei 22 avevano meno di 14 anni e 13 avevano superato i 65.
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Nel 2004 i minori di 14 anni e gli over 65 erano pari. Dal 2005, gli over 65 hanno cominciato a superare gli under 14. Oggi il 17% della popolazione europea ha più di 65 anni a fronte del 15,9% che ne ha meno di 14. In questo contesto l'Italia ha il primato
della più alta percentuale di anziani
(19,9% della popolazione, uno su cinque), mentre l'Irlanda è il paese con la più alta percentuale di giovani (20,3%). L'ultima parte del rapporto dell'IPF è invece dedicato alle risorse relativamente esigue destinate, dai vari paesi della UE, alle politiche familiari. Sul 28% del PIL che l'Europa destina a spese sociali solo il 7,7% è destinato alla famiglia (2,2% del PIL). Su 13 euro che i paesi europei destinano a spese sociali, solo l ' l % è per la famiglia (con grosse differenze tra paese e paese). Ciò vuol dire che i numeri del relativismo incidono sull'organizzazione della spesa e incidono sull'organizzazione delle risorse (che non sono solo di tipo economico) con cui una società intende far fronte alle sfide più grandi che è chiamata a vivere. Infatti non si considera che la famiglia svolge un ruolo chiave di ammortizzatore in particolare nei problemi della disoccupazione, delle malattie, della droga, dell'esclusione ed è il primo nucleo di solidarietà nelle nostre società e non solo come unità giuridica, sociale ed economica ma innanzitutto come unità di amore e solidarietà. Si può inoltre notare - ed è questo il dato che più ci interessa e ci preme sottolineare - come esista un rapporto evidente tra gli aiuti alle famiglie e il numero di nascite. Laddove, infatti, crescono le politiche di sostegno alle famiglie, cresce anche il numero di nascite. Da questo punto di vista i modelli da tenere presente sono Francia, Irlanda e Lussemburgo dove si registra una considerevole crescita demografica proprio in virtù del fatto che si è scelto di investire sulla
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famiglia attraverso contributi concreti a loro favore. Spagna, Polonia e Italia, come ben sappiamo, sono colpevolmente in coda a questa classifica. I dati europei dimostrano che una via per favorire l'incremento demografico esiste ed è già stata percorsa da alcuni paesi. Servirebbe solo il coraggio di invertire la rotta e, prendendo come modello gli esempi positivi, esportarla anche in altre realtà. Che cosa sta avvenendo oggi? Sta avvenendo qualcosa di analogo a ciò che vediamo accadere sul tema della creazione dell'uomo nuovo.
Cioè, mentre le ideologie
di
tipo
marxista, di tipo nazional-fascista negli anni passati ci dicevano che era necessaria la rivoluzione, cioè l'avvento dell ' u o m o n u o v o , le tecnologie di oggi l ' u o m o lo possono costruire, lo possono fare da zero, possono essere come Dio. Nello stesso modo; mentre prima da parte di chi organizzava la rendita politica c'era la tendenza a separare l'uomo individuo dall'uomo m a c c h i n a , l ' u o m o massa dalla famiglia, oggi, semplicemente, esattamente come nel caso delle tecno-scienze, le ideologie del politicamente corretto che albergano soprattutto nelle istituzioni internazionali,
dall'ONU
alle istituzioni europee, che cosa ci dicono? Che anche la famiglia si può creare, si può creare un nuovo concetto di famiglia, di quasi famiglia, di m o d e r a t a m e n t e famiglia, di famiglia che non è famiglia. E basandosi su questo principio ideologico si possono impostare politiche sociali che fuggono dal vero scopo e finiscono per negarlo con l'affermarne un altro: allora il primo cuore della battaglia è esattamente questo, nel senso che in tutti i luoghi in cui siamo chiamati a prendere posizione dobbiamo con chiarezza ridire che cos'è famiglia e dire incessantemente quali siano le condizioni politiche che rendono possibile che la difesa della famiglia sia la difesa di una cultura e di una società al cui centro c'è
RELATIVISMO
E FONDAMENTALISMO:
LE NUOVE
IDEOLOGIE
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realmente la persona. Nel m o m e n t o in cui facciamo la battaglia per la famiglia e facciamo quindi la battaglia per u n ' i m p o s t a z i o n e di sussidiarietà che faccia sì che la considerazione del prodotto interno lordo investito in politiche familiari serva in qualche m o d o a incidere anche sulle politiche dell'istruzione, sulle politiche fiscali, sulle politiche per le piccole e medie imprese, sulle politiche dell'organizzazione della spesa sanitaria, sulle politiche per l'organizzazione per l'assistenza agli anziani, nel m o m e n t o in cui facciamo questo, nel contempo affermiamo quel concetto vero di famiglia. Questo è il cuore della nostra battaglia. Nelle istituzioni europee si trovano in questo m o m e n t o degli alleati sul tema della sussidiarietà. Esiste realmente, anche nella Commissione e nel Parlamento europeo, un'attenzione in positivo a un'impostazione sussidiaria del rapporto tra le istituzioni e il cittadino; ma si manifesta oggi, e sarei pazzo a negarlo, un'enorme confusione sulla concezione della famiglia, sulla concezione della persona, sulla concezione dei diritti o meglio sull'ideologia dei diritti, che sta rischiando di trasformare l'Europa da patria del diritto in supermarket dei diritti.
1
http :/ / www.ipfe.org
Dalla norma alla discriminazione
Non impellunt corpora christianorum, sed lacerant animas christianorum
(Il persecutori] non
seviziano più i corpi dei cristiani, ma lacerano le anime dei cristiani). S. Agostino, Enarrationes in psalmos, 69,2 L'assistenza alle famiglie è uno dei temi ricorrenti nei discorsi di Benedetto XVI degli ultimi mesi. Il 13 maggio 2009, nel suo discorso ai partecipanti all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia, il papa ha definito quest'ultima fondata sul matrimonio, «la cellula vitale e il pilastro della società». Lo Stato - ha proseguito - deve riconoscere l'importanza della famiglia e aiutarla a svolgere le sue funzioni. Il Santo Padre ha anche invitato le famiglie a porre Dio al centro della loro vita. Dio aiuterà le coppie sposate nel loro compito di crescere i figli, ha affermato. «La stabilità della famiglia è oggi particolarmente a rischio; per salvaguardarla occorre spesso andare controcorrente rispetto alla cultura dominante», ha affermato il papa. Occorre tradurre questo messaggio in azioni concrete. Ma non basta, poiché per contrastare il crollo demografico non sono sufficienti politiche di incentivazione economica, ma è necessario un cam-
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CRISTIANI
biamento culturale che motivi la famiglia e la procreazione. Benedetto XVI, in un messaggio inviato ai partecipanti alla dodicesima
sessione plenaria
della
Pontificia
Accademia
delle Scienze Sociali, ha fatto riferimento alla «necessità urgente» di riflettere sul tema dell'invecchiamento demografico. Nel suo messaggio, Benedetto XVI osserva che questa scarsa natalità è dovuta a cause molteplici e complesse. Ma, sebbene esse siano spesso di natura economica, sociale e culturale, «le sue radici profonde sono morali e spirituali. Sono dovute a un'inquietante m a n c a n z a di fede, speranza e, di fatto, amore», ha aggiunto il papa. Una m a n c a n z a difficilmente sanabile dalle politiche economiche. L'essere u m a n o , infatti, non è soltanto un produttore e un consumatore, in quanto possiede una dimensione sociale e affettiva su cui si fonda la sua dignità. Ogni politica realmente incentrata sull'uomo deve non soltanto considerare, m a anche salvaguardare questa dimensione essenziale della vita umana. Se l'Europa vuole preservare la propria prosperità deve agire urgentemente per affrontare l'emergenza demografica legata all'invecchiamento
della popolazione. Corriamo il rischio
che la risposta alla crisi demografica diventi ideologica, privilegiando
opere
di «ingegneria sociale». L'UE non può
ignorare il «fattore culturale» nell'incidenza sui tassi di fertilità, ovvero le convinzioni personali che sostengono l'apertura alla vita. Le soluzioni sociali e politiche non avranno alcun effetto se i popoli non ritroveranno fiducia in se stessi. È una disposizione alla generosità che permette di superare l'egoismo e generare nuovi figli. Occorre evitare il solito conformismo del politicamente corretto, per cui basta garantire l'informazione per far fare le scelte giuste. In realtà il criterio di scelta si basa sulla concezione di vita, e qui entrano in gioco i mo-
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NORMA
ALLA
DISCRIMINAZIONE
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delli sociali che scoraggiano la maternità, tema che si intreccia con la secolarizzazione dell'Europa. Come a dire che anche la crisi demografica ha a che fare con la perdita delle radici cristiane del Continente. E in questa direzione, gli Stati europei sembrano darsi molto da fare. Quello che in questi anni sta avvenendo è l'affermazione, per via legislativa e giudiziaria, di una vera e propria ossessione nei confronti del cristianesimo che si documenta, ad esempio, nell'affermazione del principio di non discriminazione. L'affermarsi di questo principio dipende da un rovesciamento del concetto di uguaglianza. Quest'ultima è intesa come tabula rasa di ogni differenza e uniformità a un'etica che, per forza di cose, è imposta dall'alto, dalle stanze dei bottoni. Un caso emblematico da questo punto di vista è il tentativo dei partiti socialisti di Spagna e Germania di introdurre l'ora di educazione ai valori della cittadinanza. La SPD dello Stato federale di Berlino ha introdotto per l'anno scolastico 20062007 due ore settimanali di «etica pubblica», con lo scopo di far conoscere e approfondire i valori laici universalmente riconosciuti, ai quali educare e conformare le giovani generazioni. La legge, che rende obbligatorio per tutti l'insegnamento, ha allo stesso tempo trasformato in ora facoltativa quella di religione. Per questo nel Land di Berlino cristiani, m u s u l m a n i , ebrei, associazioni e organizzazioni
religiose,
chiese e gruppi politici della C D U e dei liberali si sono mobilitati per affermare il diritto delle famiglie alla libertà di scelta fra l'ora di etica e quella di religione. Allo stesso m o d o , in Spagna, i socialisti di Zapatero hanno istituito il corso di «Educación para la Ciudadania». La Legge organica di Educazione (LOE) del 2006 rende il nuovo insegnamento obbligatorio e curricolare. Il governo ha previsto per gli studenti dai 10 ai 17 anni un'ora di quello
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che molti hanno cominciato a definire, neanche troppo ironicamente, «catechismo socialista». L'iniziativa, contestata dalla società civile che ha sollevato un vespaio di polemiche, è stata giudicata arbitraria e invadente, poiché rivela una concezione dello Stato come unico soggetto educatore. In effetti l'introduzione di questa n u o v a disciplina comporta l'obbligo di insegnamento anche per le scuole paritarie. Soprattutto quest'ultima disposizione lede il diritto-dovere dei genitori di provvedere - come recita il dettato costituzionale all'articolo 27, c o m m a 3 - a «una formazione religiosa e morale in conformità con le loro convinzioni». Il tema della non discriminazione e l'imposizione di una cosiddetta etica pubblica hanno assunto caratteri inquietanti nella patria del politicali}/
correct, in quel Regno Unito dove
ancora oggi, tra l'altro, la legge vieta a un cattolico di diventare sovrano. L'uguaglianza nella tradizione politica e culturale dell'Europa è sempre stata concepita come riconoscimento e rispetto della dignità di ogni persona. Un'interpretazione equivoca del principio di non discriminazione, invece, impone una conformità al di sopra delle differenze di natura e vocazione dei soggetti. Questa deriva è frutto di quel relativismo culturale indifferente al dato esistenziale e insensibile alla questione del vero e del bene, che a Londra ha ispirato YEquality bill. In estrema sintesi tale provvedimento, in n o m e della non discriminazione, impone anche alle associazioni religiose, che si occupano di adozione e affido di minori, di equiparare le coppie omosessuali alle eterosessuali. Alla legge approvata nel 2003, il ministro laburista per le Pari Opportunità, Harriet Harman, aveva proposto un emendamento con cui si sarebbe esteso agli organismi ecclesiastici e ai prelati il divieto di selezionare il personale in base all'orientamento sessuale. L ' e m e n d a m e n t o è stato poi respinto
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dai Lord. Tuttavia costituisce l'ennesimo tentativo di discriminare per via legislativa i cristiani, tanto da portare Benedetto XVI a dire ai vescovi inglesi: «Il vostro paese è ben noto per il suo fermo impegno verso l'eguaglianza delle opportunità per tutti i membri della società. Tuttavia, come voi avete giustamente sottolineato, l'effetto di alcune leggi tese a raggiungere quest'obiettivo è stato di imporre limitazioni ingiuste alla libertà delle comunità religiose di agire in accordo con le loro convinzioni». Ma esempi simili si ripropongono continuamente come dimostra l'episodio di Ms. Brown, una donna inglese da anni attiva sul fronte dell'affido di minori. Nell'aprile del 2008 le autorità competenti disposero la cancellazione della Brown dai registri ufficiali dei genitori affidatari, poiché una sedicenne m u s u l m a n a a lei affidata aveva espresso il desiderio di poter ricevere il battesimo.
Lo zapaterismo
In questi tempi sono necessari forti amici di Dio. S. Teresa D'Avila, Vita, 15,5 La nostra idea è che nelle scuole pubbliche non ci sia nessun simbolo religioso. Questo perché ci sia una separazione chiara fra ilfenomeno religioso e lo spazio pubblico, la laicità dello Stato. Francisco Caamano, ministro della Giustizia del governo Zapatero In un m o n d o dove l'avversione alla presenza pubblica dei cristiani si diffonde sempre più rapidamente, è ormai arcinoto che la Spagna di Zapatero costituisca un caso da manuale. Non solo per quanto riguarda l'equiparazione delle coppie gay a quelle eterosessuali, sia nel matrimonio quanto nel diritto ad adottare. È proprio la filosofia di governo che è ostile. Una filosofia che don Sturzo avrebbe definito «statolatrica». Si assiste, infatti, al dilatarsi di meccanismi di tutela delle cosiddette «libertà individuali» al fine di mettere i cittadini al riparo da ogni presunta invadenza di potere. Tale concezione politica finisce per moltiplicare le leggi, le norme e le direttive. Si tratta insomma di uno statalismo di ri-
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CRISTIANI
torno incarnato da un certo pensiero neo-repubblicano che ispira proprio l'azione del governo socialista di Madrid. Nel pensiero neo-repubblicano espresso da Zapatero
qualcuno
ha visti riassunti i «caratteri decisivi del tempo che viviamo: la paura e l'indifferenza» 1 . La nuova filosofia è stata ufficializzata nel 37° congresso del PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo), nell'estate del 2008, quando Zapatero ha dichiarato: «Questo congresso è dunque un'occasione per aumentare i diritti». Presto detto. Tra i nuovi punti programmatici dei socialisti spagnoli si trovano: la proclamazione dell'aborto come diritto alla salute riproduttiva, l'eliminazione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici e il desiderio di rimediare a quella «anomalia storica» per cui la Costituzione del '78 riconosce la collaborazione con la Chiesa Cattolica. A seguito di quel congresso, all'interno dell'esecutivo federale del PSOE, Zapatero è riuscito a nominare segretario delle libertà pubbliche e della cittadinanza Alvaro Cuesta, autore del manifesto del 2006 in cui le religioni monoteiste vengono
affiancate
ai
«fondamentalismi»
e viste
come
«"frontiere" tra i cittadini». La nuova filosofia di governo dei socialisti spagnoli si è incarnata in particolari provvedimenti e decisioni. Un esempio è la proposta della vicepresidente Maria Teresa Fernández de la Vega di riformare la legge sulla libertà religiosa, che vuole contrapporre questa ai diritti umani. L'intento lo si capisce alla luce della collaborazione della Spagna con l ' O N U . In questi ultimi anni sono piovuti su Madrid una quantità non irrilevante
di finanziamenti
da parte
del-
l ' U N F P A , l ' o r g a n i z z a z i o n e internazionale per la popolazione. Tra le attività s o v v e n z i o n a t e , con circa 4 milioni di euro l'anno, c'è il Fondo Global E s p a ñ a - U N F P A , che fonda la propria attività sullo studio e la p r o m o z i o n e della salute ri-
LO
ZAPATER1SMO
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produttiva e l'uguaglianza fra i sessi. Nel linguaggio onusiano l'espressione
«salute riproduttiva»
significa due cose:
aborto e contraccezione. Si spiega così la supremazia delle correnti più laiciste nella politica estera spagnola, soprattutto del GIE (Gruppo di studio spagnolo sulla popolazione, lo sviluppo e la salute riproduttiva), che p r o p a g a n d a la sua «concezione della sessualità e della riproduzione come due dimensioni
diverse dell'essere umano che devono
essere
considerate in m o d o indipendente». Il GIE crede che «non si dovrebbero
mai utilizzare
ragioni politiche,
economiche,
culturali, sociali, religiose o di genere per giustificare l'indebolimento o la limitazione p e r m a n e n t e o temporale di alcun diritto u m a n o , inclusi i diritti sessuali e riproduttivi». Lo scopo ultimo del GIE è quello di «portare a riflettere seriamente e in profondità sulla maniera di ricollocare e inquadrare lo spazio, il ruolo e la funzione pubblica delle religioni all'interno dello "Stato laico". Si tratterebbe di riconoscerle e allo stesso tempo evitare che continuino a gestire lo spazio dell'etica senza doverne rispondere alla società». Tanto che all'Incontro delle donne per un mondo migliore, promosso proprio dal GIE, la vicepresidente Fernández de la Vega ha potuto concludere con un proposito in linea con il contributo della Spagna alle politiche di sviluppo dei popoli: «Organizzare una c a m p a g n a massiccia di distribuzione di profilattici per evitare malattie sessualmente trasmissibili». Lo stesso aborto è considerato dal governo di Zapatero alla stregua di un mero metodo contraccettivo. Ne è esempio la proposta del ministro per l'Uguaglianza Bibiana Aido di permettere anche alle sedicenni di abortire senza il consenso dei genitori, eliminando la figura del padre e riducendo l'interruzione di gravidanza a un fatto privato della singola persona. Le reazioni scomposte ai dubbi della Chiesa (espressi persino
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dal cardinale
Segretario
di Stato Tarcisio
CRISTIANI
Bertone)
della
Fernández de la Vega, del ministro delle Finanze Elena Salgado e di altri autorevoli esponenti della maggioranza socialista che h a n n o parlato di «vescovi retrogradi» e «settori reazionari
che impediscono
il progresso», n a s c o n d o n o
non
troppo velatamente l'idea che lo Stato e la politica siano le sole fonti della morale pubblica. E questo è inaccettabile, perché è l'origine di una forma totalitaria di potere. A incoronare una politica fortemente anticlericale è un'altra proposta di legge, ovvero quella per eliminare tutti i segni della tradizione cristiana dall'agone pubblico: si va dai crocifissi ai funerali di Stato. L'occasione è stata colta a seguito di una sentenza emessa da un giudice di Valladolid che impone a una scuola pubblica di togliere il crocefisso dalle proprie aule. La decisione è stata presa in nome, ovviamente, del principio di laicità. L'aspetto curioso e paradossale è che i genitori di quella scuola si erano mostrati contrari a questo tipo di decisione che, di fatto, passava sopra le loro teste. E dei loro figli. Se il termine «laico» deriva dal greco «làos», cioè «del popolo», la sentenza di Valladolid di fatto nega proprio quel principio in n o m e del quale impone l'eliminazione della croce dalle aule di scuola.
XG. Ferrara, El mundo de Zapatero, «Il Foglio», 30 settembre 2004, Anno IX, n. 270, p. 3.
EGITTO
Alessandria
D'Egitto,
15 aprile 2006.
viene ucciso davanti a una
Un cristiano chiesa.
copto
Mervat Ragy, avvocatessa copta venticinquenne aggredita per la terza volta in pochissimo tempo dalla fratellanza degli avvocati musulmani il 31 gennaio 2009.
TURCHIA
Don Andrea
Santoro, il sacerdote romano fidei donum,
ucciso a Trebisonda
Provincia Tre cristiani
di Malatya,
il 5 febbraio
2006.
18 aprile
2007.
uccisi da un gruppo di cinque giovani
musulmani.
IRAQ
Baghdad,
1 ° agosto 2004.
accusati
di aver prestato
Undici morti e 50 feriti appoggio
Baghdad, 2 agosto 2004. Suor Egena cammina dopo che un'autobomba
alle truppe
tra i cristiani, americane.
tra i rottami delle auto il giorno
è esplosa vicino a una chiesa nelle vicinanze di Dora.
2 giugno 2007. Due soldati inglesi fanno la guardia a una chiesa in costruzione.
Kirkuk, stiani
agosto 2008. iracheni
prima del funerale chiesa
Cri-
piangono in una
caldea.
Croce sul tetto di ima chiesa a
Mosul.
IRAN
Ottobre 2007.
Coppia di cristiani
torturata per aver
a un incontro in chiesa.
partecipato
SOMALIA
PAKISTAN
28 ottobre 2001. Cristiani assassinati in una chiesa cattolica a Bahawalpur.
28 settembre Benjamin
2002.
I familiari
di
Talib, uno dei sette impie-
gati cristiani uccisi a colpi di pistola il 25 settembre
2002.
Gojra, 2 agosto 2009. Un uomo ritrova la sua casa distrutta il giorno dopo gli attacchi ai cristiani da parte dei vicini
musulmani.
Un uomo, una donna e quattro bambini sono arsi vivi in casa durante
gli
attacchi
dell'agosto 2009 a Gojra.
25 gennaio 2010. Il corpo di Shazia, una ragazzina cristiana di 12 anni violentata e uccisa dal suo padrone musulmano.
islamici
CIPRO
Più di 350 edifici di culto, soprattutto chiese e monasteri, sono stati trasformati nel corso dei 32 anni di occupazione militare turca in stalle, alberghi, ostelli e moschee. I numeri forniti da Bruxelles parlano chiaro: mentre Nicosia tutela e salvaguarda l'eredità musulmana dell'isola, nella parte nord sono state dissacrate 133 chiese e cappelle, 78 delle quali convertite in moschee, 28 utilizzate per fini militari e sanitari, 13 come depositi e stalle. Inoltre 15.000 icone sono state rimosse illegalmente e resta ignota la loro attuale collocazione.
CINA
Shandong,
14 giugno
Cento poliziotti
una chiesa per demolirla i fedeli la
resistono
struttura.
2009.
circondano ma
occupando
L'attivista
cristiano cinese Gao Zhisheng mostra i se-
gni delle violenze subite dalla polizia.
Oggi Gao Zhi-
sheng è dato per disperso e il Governo cinese dice di non saperne
nulla.
Han Changxu, manuel
Church
municipalità
Pechino, marzo 2010. Il dottor Fan Yafeng da parecchio tempo è perseguitato dalla polizia a causa della suafede.
di
pastore della Ima Jinghai, Tientsin.
nella
INDIA
Orissa, agosto 2008. Militante
indù all'assalto
dei
cristiani.
Un militante sventola sul tetto di una chiesa cristiana la bandiera arancione degli indù nello Stato dell'Orissa in India.
Orissa, agosto 2008. L'orfanotrofio
di pa-
dre Siqueira in fiamme.
Orissa, agosto 2008. Giovane cristiana te ustionata mentalisti
gravemen-
in volto dopo gli attacchi dei fondaindù.
Il pastore Prablmdass tanti indù.
gravemente ferito
da mili-
Karnataka, 30 luglio 2009. Padre James Mukalel ucciso e lasciato nudo sulla strada nel villaggio di Thottathady.
DISCRIMINAZIONI
La corte che nega i diritti dell'uomo
[I Cristiani] amano tutti e da tutti sono
perseguitati.
Non sono conosciuti, eppure vengono condannati; sono uccisi, e tuttavia sono vivificati. Sono poveri e arricchiscono molti; mancano di tutto e di tutto abbondano. Sono disprezzati, ma nel disprezzo acquistano gloria; vengono bestemmiati e al tempo stesso si rende testimonianza alla loro giustizia. Vengono oltraggiati e benedicono; sono insultati e invece rendono onore.
Benché
compiano il bene, vengono puniti come malfattori; benché puniti, gioiscono, come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri e dai greci sono perseguitati, ma chi li odia non sa spiegare il motivo della propria avversione nei loro confronti. Anonimo, Lettera a Diogneto, V,11-17 Il Crocifisso è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della nostra gente. In particolare, è grave voler emarginare dal mondo educativo
un segno fondamentale
dell'importanza
dei
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CRISTIANI
valori religiosi nella storia e nella cultura italiana. La religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una
componente
essenziale della nostra civiltà. È sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa. Stupisce che una Corte europea intervenga pesantemente molto profondamente
in una materia
legata all'identità storica,
cultu-
rale, spirituale del popolo italiano. Non è per questa via che si viene attratti ad amare e condividere di più l'idea europea, che come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, 3 novembre 2009 Le famiglie laiche e quelle non cristiane devono cominciare a capire che togliere il crocefisso e dichiarare i corridoi della scuola un 'area libera dalla religione è un 'offesa verso i loro amici e vicini credenti, esattamente allo stesso modo in cui la croce lo è per loro. Joseph Weiler (New York University), 4 novembre 2009 La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha depositato una sentenza con la quale condanna l'Italia per le norme che prevedono l'esposizione obbligatoria nelle aule scolastiche del Crocifisso. Questa sentenza è il frutto del lavoro di una Corte che, sotto l'egida del Consiglio d'Europa, rischia di travisare il senso stesso del progetto europeo. La decisione della Corte di Strasburgo costituisce un classico esempio di impostazione laicista volta a rinchiudere la religione, in particolare quella cristiana, in un vero ghetto. In
LA CORTE CHE NEGA 1 DIRITTI
DELL'UOMO
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questa prospettiva si inquadrano le motivazioni della sentenza: «La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e una violazione alla libertà di religione degli alunni». E ancora: «La Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di u n a società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana». Il giudizio della Corte risulta illogico e incerto nel suo più profondo contenuto. Se non si è in grado di capire in che m o d o l'esposizione del Crocifisso possa servire al «pluralismo educativo», non si comprende come la Corte possa decidere tramite sentenza che lo Stato italiano abbia violato lo stesso «pluralismo educativo». Il Crocifisso rappresenta un simbolo religioso, culturale e identitario e proprio per questo non ha mai assunto una valenza coercitiva, come invece sembra ammettere la Corte nella sua sentenza. Come hanno testimoniato le precedenti decisioni prese dai giudici in Italia, il Crocifisso rappresenta un elemento di coesione in una società che non può prescindere dalla sua tradizione cristiana. Se togliessimo il Crocifisso dalle scuole, in quanto luoghi pubblici, dovremmo togliere tutte le croci e le magnifiche opere sacre che sono presenti nelle nostre strade e nelle nostre piazze, il che sarebbe senza dubbio assurdo. La sentenza disconosce il ruolo della religione, in particolare quella cristiana, nella costruzione dello spazio pubblico e p r o m u o v e un indifferentismo religioso che è in profonda contraddizione con la storia, la cultura e il diritto del popolo italiano. A questo proposito, mi limito a ri-
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chiamare il fatto che la Costituzione italiana rifiuta l'impostazione laicista, di matrice illuminista, per la quale il fatto religioso ha una natura m e r a m e n t e individuale ed è destinato a restare nell'ambito della sfera esclusivamente privata. La Costituzione valorizza, invece, il ruolo della religione e delle singole Confessioni religiose, come dimostrano gli articoli 7 , 8 , 1 9 e 20. La disciplina costituzionale, dunque, pur assicurando a tutti la libertà religiosa, riconosce le singole confessioni come si trovano nella realtà sociale. Dunque, la Costituzione, come si evince chiaramente dal testo, riconosce alle confessioni religiose eguale libertà, ma non eguaglianza di trattamento. È singolare che la Corte, anziché richiamare questo assetto costituzionale, faccia invece riferimento ad alcune posizioni laiciste della giurisprudenza della Corte costituzionale. È forse un caso che nel collegio della Corte di Strasburgo sieda un giudice italiano e che tale giudice sia il fratello di un ex presidente della Corte costituzionale che tanta parte ha avuto - vedi le sentenze sul giuramento - e ha - vedi gli articoli su «Repubblica» sulla Chiesa cattolica - nell'affermare una concezione illuminista e laicista del ruolo della religione nella vita pubblica? Un'autentica integrazione civile non può prescindere da una proposta educativa che abbia il coraggio e l'ambizione di proporre a tutti gli studenti i punti di riferimento che fondano la nostra società. Siamo di fronte a una sentenza che è il manifesto politico di chi vuole il declino definitivo di un progetto che ci ha regalato più di cinquant'anni di pace e benessere, in n o m e di un'ideologia che ha come obiettivo quello di privare un popolo della propria identità e di consegnare tutti i cittadini europei alla dittatura del nulla. Da questo punto di vista la C o m m i s s i o n e europea è stata molto secca e assolutamente non banale: «La C o m m i s s i o n e
LA CORTE CHE NEGA 1 DIRITTI
DELL'UOMO
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ricorda che le leggi nazionali sui simboli religiosi negli edifici pubblici
rientrano
nelle
competenze
dell'ordinamento
giuridico interno». «La C o m m i s s i o n e ricorda altresì che l'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo rientra nelle competenze del Consiglio d'Europa.» Di fronte all'ipotesi che il principio enunciato dalla Corte di Strasburgo possa mettere in discussione l'esposizione in luoghi pubblici dei simboli religiosi e culturali, persino della bandiera europea, che s'ispira alla simbologia cattolica mariana, la C o m m i s s i o n e europea, in risposta a una interrogazione parlamentare, ha rimesso il problema nelle mani dei governi nazionali, riconoscendo quindi la validità delle sentenze italiane favorevoli al Crocifisso. Se venisse respinto il ricorso del Governo italiano non solo dovremmo rimuovere i crocifissi dai luoghi pubblici, ma andrebbero sostituite anche le bandiere degli Stati europei che hanno al centro una croce. Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Malta, Portogallo, Slovacchia, Grecia sarebbero costrette a cambiare il proprio simbolo nazionale, perché l'esposizione di quella croce nelle bandiere, presente ovviamente in migliaia di luoghi pubblici, non ha una ragion d'essere diversa dall'esposizione del Crocifisso. Stessa sorte toccherebbe alla bandiera dell'Unione Europea, che ufficialmente «rappresenta non solo il simbolo dell'Unione Europea ma anche quello dell'unità e dell'identità dell'Europa in generale. La corona di stelle dorate rappresenta la solidarietà e l'armonia tra i popoli d'Europa. Le stelle sono dodici, un numero tradizionalmente simbolo di perfezione, completezza e unità». In realtà per l'autore del disegno originario la corona di stelle aveva davvero un significato cristiano, il blu infatti è il colore del mantello di Maria che nell'Apocalisse porta sul capo una corona di dodici stelle.
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La questione della libertà religiosa riguarda l'Unione Europea come ente sovranazionale, come organizzazione democratica, e non può riguardare in maniera distinta ogni singolo Stato membro. 11 problema di fondo è che la tipologia della sentenza pretende di omologare le culture quando l'Unione Europea si basa sul motto «unità nella diversità». La C o m m i s s i o n e , ricordando che «l'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo rientra nelle competenze del Consiglio d'Europa», pare proprio voler prendere le distanze da una sentenza in pieno disaccordo con i principi di convivenza civile a cui si ispirano i trattati UE. Una freddezza calcolata insomma, per non far trapelare un disagio c o m u n q u e evidente nei confronti del Consiglio d'Europa, le cui ambiguità continuano ad aumentare i dubbi sul reale apporto di questo ente alla libertà dei cittadini europei. Questa presa di distanze però non basta, le istituzioni europee devono uscire dall'impasse e dare un giudizio chiaro su libertà religiosa e laicità delle istituzioni. «Tutti i paesi dell'Europa sono permeati dalla civiltà cristiana. Essa è l'anima dell'Europa che occorre ridarle.» Lo disse il 19 marzo 1958, di fronte al Parlamento europeo, Robert Schuman. Lui, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi erano tre credenti cristiani cattolici. Ed erano, come si dice con un'espressione tanto ambigua quanto abusata, tre «laici». Nessuno di essi si è mai sognato di imporre il cristianesimo come confessione «di Stato» europea. Ma nessuno di essi avrebbe potuto immaginare che l'Europa potesse farne a meno.
Conclusioni
Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, felicemente ci incontrammo nei pressi di Milano e discutemmo di tutto ciò che attiene al bene pubblico e alla pubblica sicurezza, questo era quello che ci sembrava di maggior giovamento alla popolazione, soprattutto che si dovessero regolare le cose concernenti il culto della divinità, e di concedere anche ai cristiani, come a tutti, la libertà di seguire la religione preferita, affinché qualsivoglia sia la divinità celeste possa esser benevola e propizia nei nostri confronti e in quelli di tutti i nostri sudditi. Ritenemmo pertanto con questa salutare decisione e corretto giudizio, che non si debba vietare a chicchessia la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascheduno reputi la più adatta a se stesso. Così che la somma divinità, il cui culto osserviamo in piena libertà, possa darci completamente il suo favore e la sua benevolenza. Perciò è opportuno che si sappia..., cosicché, abolite del tutto le precedenti disposizioni
imperiali concernenti i cristiani,
ora,
invece, in assoluta tranquillità, tutti coloro che vogliano osservare la religione cristiana possano farlo senza alcun timore o pericolo di molestie. Costantino, lettera a un corrispondente sull'Editto di Milano del 313
GUERRA AI
104
CRISTIANI
L'Europa contemporanea non è i m m u n e dal rischio di una cristianofobia, come l'ha recentemente chiamata René Guitton 1 . Certo non si possono ingenuamente mettere sullo stesso piano il nostro m o n d o occidentale e Pechino, o l'Iran. E necessario essere coscienti delle profonde differenze esistenti. Tuttavia la tentazione di una discriminazione a livello legislativo nei confronti dei cristiani è reale. La radice di questa tentazione è stata ben individuata in quel clima culturale descritto di recente da Benedetto XVI: Purtroppo, in alcuni paesi, soprattutto occidentali, si diffondono, negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione, e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana. È chiaro che, se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell'importanza sociale del fatto religioso. Un tale approccio crea tuttavia scontro e divisione, ferisce la pace, inquina l'«ecologia umana» e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita. 2 Sembra diffondersi in Europa la convinzione secondo cui riconoscere e difendere la propria storia e la propria cultura sarebbe un vero e proprio agguato alla democrazia e al principio universale dell'uguaglianza. Eppure il riconoscimento della libertà religiosa per i cristiani ha portato un maggiore beneficio a tutti. È accaduto con l'Editto di Milano del 313 e la fine della statolatria pagana, ovvero quando Costantino riconobbe la libertà di culto «ai cristiani e agli altri». È accaduto con i padri pellegrini che, scappando dall'Europa de-
CONCLUSIONI
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vastata dalle guerre di religione (risolte con l'imposizione ai sudditi del culto praticato dal proprio sovrano), hanno dato origine alla più grande democrazia del mondo. Non si dimentichi n e m m e n o che il Maryland cattolico è il primo, tra le colonie americane e le nazioni del vecchio continente, a emanare una costituzione moderna in cui si riconosce la libertà religiosa per tutte le confessioni cristiane. E ancora: è successo quando l'Italia con la firma dei patti concordatari tra la Chiesa e lo Stato ha aperto la via al riconoscimento del ruolo pubblico anche delle altre confessioni (ebrei, valdesi ecc.). E vera, dunque, la convinzione di Tocqueville secondo cui la democrazia, contrariamente al dispotismo, non può fare a meno del cristianesimo. Il breve excursus storico nella prima sezione del libro ha tentato di mostrare proprio come i grandi nemici della democrazia sono innanzitutto grandi nemici della fede. Probabilmente, oggi, la convinzione di Tocqueville sarebbe tacciata di oscurantismo da qualche sedicente liberale, perché in contrasto con i principi di una società pluralista. Tuttavia la verità di quelle parole è sostenuta da tre ragioni più concrete di quanto si pensi. La prima è che la comune dignità umana, per cui ciascuna persona aspira naturalmente al bene e al vero, rende il cristiano consanguineo a chiunque incontri sulla propria strada. Lo ha ben espresso Luigi Giussani, grande educatore e pensatore cristiano, quando scriveva: Ciò che abbiamo in comune con l'altro non è tanto da ricercare nella sua ideologia, quanto in quella struttura nativa, in quelle esigenze umane, in quei criteri originari per cui egli è uomo come noi. Apertura di dialogo significa, perciò, saper partire da ciò cui l'ideologia dell'altro o il nostro cristianesimo fanno proposta di soluzione, perché fra ideologie diverse ciò che è in co-
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CRISTIANI
mune è proprio l'umanità degli uomini che portano quelle ideologie come vessilli di speranza o di risposta. 3 La capacità di incontrare l'altro in quanto u o m o , riconoscere nella fede e nel pensiero del prossimo un sincero tentativo di risposta alla d o m a n d a di significato propria di ciascuno, è l'aspetto essenziale della presenza cristiana nella storia. Ne sono esempio affascinante le vicende dell'ex presidente dell'India, il m u s u l m a n o A b d u l Kalam, che proprio in una storica visita al P a r l a m e n t o europeo raccontò come grazie all'educazione ricevuta in una scuola di gesuiti sia divenuto scienziato di fama m o n d i a l e 4 . Perciò strappare la presenza cristiana da ogni luogo dove, in forma embrionale o consistente, essa si manifesta, coincide con il venir meno di un pluralismo sostanziale. Senza i cristiani non c'è salvaguardia per qualunque altro tipo di esperienza. Viceversa, difendere le m i n o r a n z e cristiane da persecuzioni e discriminazioni, rivendicarne il diritto alla dimensione comunitaria nella società - carico di quel d i n a m i s m o creativo di corpi e realtà intermedie -, vuol dire porre le premesse per uno sviluppo p i e n a m e n t e democratico della convivenza tra gli uomini. La seconda ragione per cui la democrazia non può fare a meno del cristianesimo è quella per cui il popolo cristiano ha la pretesa di esprimere l'ideale avverato
della
comunità
umana: una sola realtà dà significato all'esistenza di molti. Se il senso del vivere in comune coincide con la possibilità per ciascun io di esprimersi dentro una trama di relazioni, cosicché il cittadino sente nell'appartenenza a un popolo la coscienza della sua propria personalità, ciò si evidenzia meglio alla luce della tradizione cristiana, del manifestarsi della Chiesa nella storia come struttura comunitaria. Gli Atti de-
CONCLUSIONI
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gli Apostoli, i più antichi documenti cristiani sulla vita delle prime comunità dei seguaci di Gesù, rivelano la natura della Chiesa nel suo sorgere. Si legge infatti nel secondo capitolo che «tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme», che «ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane» e che «il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» 5 . E ancora nel quarto capitolo: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e u n ' a n i m a sola» 6 e che, come leggiamo infine nel quinto, «tutti erano soliti stare insieme sotto il portico di Salomone» 7 . Il cristianesimo i n s o m m a si identifica storicamente ed essenzialmente con un fenomeno comunitario, non individuale. Un fenomeno per cui la vita comunitaria è la condizione della realizzazione di ciascuno, e il comunicare una simile concezione è percepito come il bene più grande per l'ordine del m o n d o e per tutti gli uomini. La terza ragione è data da una delle principali caratteristiche che rendono la nostra stessa società occidentale faro dei valori democratici nel m o n d o , ovvero la laicità delle istituzioni. Tra i cristiani che soffrono la persecuzione, sono da annoverare quanti perdono la vita a causa della loro fedeltà alla Chiesa di Roma. La fedeltà al pontefice è gravida di quella tradizione per cui si chiarisce la distinzione tra Cesare e Dio, che, da una parte, impedisce allo Stato di considerarsi orizzonte ultimo di ogni attività u m a n a e, dall'altra, permette alla Chiesa di adempiere alla sua missione senza imporre la fede attraverso l'esercizio del potere. Un assetto sociale che rispetta quella entità etnica sui generis, cioè la comunità dei cristiani, è per ciò stesso rispettoso di ogni esperienza u m a n a che non sia diretta espressione dello Stato. Al contrario, qualunque ideologia che si mostri avversa a que-
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108
CRISTIANI
sto principio finisce per ridurre la Chiesa ad ancella del potere politico. Per tutti questi motivi l'indifferenza dell'Europa verso il fattore cristiano è minaccia per la stabilità delle aree di crisi. La paura o, peggio, il disprezzo laicista per la presenza cristiana altro non è che presagio di un futuro incerto per il nostro stesso m o n d o occidentale. Riconoscere pubblicamente, invece, il contributo dei cristiani e dei cattolici nella società è davvero garanzia di libertà e progresso per tutti. In conclusione, tornando all'osservazione di Tocqueville, la consustanzialità del cristianesimo alla democrazia è data dalla sua dimensione
universale,
dalla sua espressione
co-
munitaria, per cui la vita c o m u n e realizza l'ideale di fratellanza, e dalla concezione
laica della politica,
secondo la quale
- nella convinzione che non tutto può sottostare al potere di Cesare - reato e peccato non coincidono. E, infine, se la democrazia è quella forma politica che più di altre riconosce e difende la dignità della p e r s o n a u m a n a , occorre ben intendersi oggi su cosa si fondano quei diritti che, appunto, c h i a m i a m o «umani». Il 10 dicembre 2008 la Dichiarazione universale dei diritti umani ha c o m p i u t o 60 anni. Nel Regno Unito, per esempio, proprio in quel giorno, il canale satellitare Sky Real Lives ha m a n d a t o in onda in prima serata il «suicidio assistito» in una clinica svizzera di Craig Ewart, professore universitario di 59 anni malato da tempo di sclerosi laterale amiotrofica. L'operazione mediatica ha suscitato un vespaio di p o l e m i c h e a Londra, tanto che è intervenuto alla House of C o m m o n s persino il premier, Gordon B r o w n , dicendosi contrario a una revisione della legge che vieta l'eutanasia.
«Diritto», quest'ultimo,
rivendicato
da gruppi che lottano anche attraverso una massiccia copertura da parte di giornali e tv, e in barba al diritto, quel-
CONCLUSIONI
109
10 sì universale e riconosciuto dalla carta del 1948, alla vita. Secondo p a r a d o s s o : sempre negli stessi giorni la Santa Sede è stata esposta al pubblico ludibrio perché non ha sostenuto presso l ' O N U la proposta di Parigi di depenalizzare a livello m o n d i a l e l ' o m o s e s s u a l i t à e quella di «riconoscere» i diritti dei disabili. Peccato che i secondi p r e v e d a n o l'estensione alle p e r s o n e portatrici di handicap del «diritto alla salute riproduttiva» - che in burocratese significa la possibilità di abortire feti m a l f o r m a t i e, dunque, introdurre l'eugenetica. E non si p u ò r a g i o n e v o l m e n t e chiedere a chi è cristiano di sostenere lo sterminio di coloro che sono più deboli o che addirittura non hanno voce per difendersi. La strategia di unire tematiche di non discriminazione a norme discriminatorie nei confronti dei diversamente abili non è peraltro n u o v a nella storia e va rifiutata con decisione. Più coerente è invece i m p e g n a r s i per esempio contro le impiccagioni che in Iran colpiscono persone «colpevoli» di omosessualità. La Dichiarazione del 1948 è stata vista come 11 compimento della modernità. In particolare è sembrata segnare la vittoria dell'Illuminismo e del liberalismo. Queste due culture, a seguito di un'era in cui gli europei si erano divisi tra cattolici e protestanti - anche a costo della vita -, pensarono di rendere i valori morali indipendenti dalle confessioni religiose che, pure, li avevano generati. Oggi, però, alle spalle non abbiamo le guerre di religione, bensì i detriti delle ideologie totalitarie. «Non c'è più evidenza per i valori morali. Diventano evidenti solo se Dio esiste» ha detto una volta Benedetto XVI. La sfida, dunque, è rivolta ai laici: il mondo funziona o no, la convivenza pacifica regge o no fuori da questa ipotesi esplicativa della realtà?
110
GUERRA AI
CRISTIANI
R. Guitton, Cristianofobia. La nuova persecuzione, Lindau, Torino 2010. Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al Corpo diplomatico, 11 gennaio 2010. 3 L. Giussani, Il cammino al vero è un 'esperienza, Rizzoli, Milano 2006, p. 195. 4 Cfr.:http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=CRE&reference=20070425&secondRef=ITEM-010&language=IT 5Cfr. At 2,42-44.46-48. 6At 4,32. 7 At 5,12. 1
2
Le nuove catacombe
Per quanto raffinata, a nulla serve la vostra crudeltà: anzi, per la nostra comunità, essa è un invito. A ogni vostro colpo difalce diveniamo più numerosi: il sangue dei cristiani è una semina efficace! Tertulliano, Apologetico, 50,13 È una folla di gente di tutte le età, di tutte le condizioni, sparsa nelle città, nei villaggi e nelle campagne. Plinio il giovane, governatore della Bitinia sul Mar Nero, Rapporto all'imperatore Traiano, 112 d.C. Alla diffusione di notizie circa la persecuzione e discriminazione dei cristiani nel m o n d o contribuiscono, coperti dal silenzio e dal disinteresse generale, diversi siti internet. Tra questi di primaria importanza è sicuramente http://www.asianews.it/it.html. Il portale, nato una decina d'anni fa dall'agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) e diretto da padre Bernardo Cervellera, è tradotto sia in inglese sia in cinese e rappresenta una delle più autorevoli fonti internazionali di notizie provenienti dal continente asiatico, anche perché si avvale di una diffusa e capillare rete di contat-
GUERRA AI
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CRISTIANI
ti. Un'altra realtà ecclesiale importantissima per la raccolta e la diffusione di notizie sui cristiani nel m o n d o è l'Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) con il suo sito http://www.acs-italia.glauco.it/ e, soprattutto, con il suo annuale rapporto sulla libertà religiosa. Anche l'agenzia Zenit
(http://www.ze-
nit.org/index.php?l=italian), che riprende e diffonde notizie da e in tutto il m o n d o , offre in questo senso un importante contributo. Si tratta di un'agenzia non profit che, avvalendosi della collaborazione di numerosi professionisti nel campo della comunicazione, cerca soprattutto di far conoscere il messaggio sociale della Chiesa nel maggior n u m e r o possibile di lingue. Tra le realtà istituzionali che si occupano della libertà religiosa, oltre al lavoro dell'OSCE e della sua agenzia O D H I R , si annovera l'annuale rapporto preparato dal Dipartimento di Stato Usa consultabile in rete all'indirizzo http://www.state.gov/g/drl/rls/irf/2009/index.htm,
e il
contributo
della
C o m m i s s i o n e per la sicurezza e cooperazione in Europa, nota come C o m m i s s i o n e Helsinki, http://www.csce.gov/. Sempre negli Stati Uniti esistono n u m e r o s e organizzazioni non profit, protestanti e non, che si occupano di persecuzioni e discriminazioni nei confronti dei cristiani. Tra queste l'associazione Open Doors che stila la citata lista dei paesi più agguerriti contro le minoranze cristiane. Il suo sito è http://sb.od.org/, da cui si accede anche a una versione italiana:
http://www.porteaperteitalia.org/.
Tra quelle realtà che, invece, diffondono clandestinamente la loro attività e le notizie circa le condizioni dei cristiani nei paesi a maggioranza m u s u l m a n a si ricorda www.lavocedeicopti.org. Questo sito, espressione di una vera e propria associazione con un proprio presidente, si concentra soprattutto sull'area mediorientale e dell'Africa del Nord, con par-
LE NUOVE
CATACOMBE
113
ticolare attenzione all'Egitto, dove risiede la minoranza cristiana più n u m e r o s a dell'area. Un prezioso strumento di monitoraggio delle discriminazioni contro
i cristiani,
soprattutto
in Europa,
è il
sito
www.christianophobia.eu, che raccoglie reportage e testimonianze dirette dei cittadini.
APPENDICI
PARLAMENTO
Documento
EUROPEO
di
seduta
P R O P O S T A DI RISOLUZIONE C O M U N E
presentata a norma dell'articolo 115, paragrafo 5, del regolamento da: - Mario Mauro, Laima Liucija Andrikienè, Charles Tannock, Bernd Posselt, Esther De Lange, Boguslaw Sonik, Anna Zàborskà, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou e Antonio Tajani a n o m e del gruppo PPE-DE; - Pasqualina Napoletano e Glyn Ford a n o m e del gruppo PSE; - Marco Cappato, Frédérique Ries e Marios Matsakis, a nome del gruppo A L D E ; - Cristiana Muscardini, A d a m Bielan, Mario Borghezio, Ryszard Czarnecki, Hanna Foltyn-Kubicka, Konrad Szymanski e Mieczystaw E d m u n d Janowski, a n o m e del gruppo UEN; - Bastiaan Belder, a n o m e del gruppo I N D / D E M ; - Vittorio Agnoletto e Giusto Catania. In sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi: - PPE-DE
(B6-0449/2007)
- PSE ( B 6 - 0 4 5 0 / 2 0 0 7 ) - UEN (B6-0455/2007)
GUERRA
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- IND/DEM - ALDE
AI
CRISTIANI
(B6-0459/2007)
(B6-0467/2007)
su gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose.
Risoluzione del Parlamento europeo su gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose Il Parlamento
europeo,
- visto l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (UDHR), del 1948, - visto l'articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (ECHR), del 1950, - visto l'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), del 1966, - vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione fondata sulla religione e sul credo, del 1981, - visti i documenti elaborati dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di credo, in particolare quelli dell'8 marzo 2007, del 20 luglio 2007 e del 20 agosto 2007, - viste le sue relazioni annuali sulla situazione dei diritti umani nel m o n d o e le sue precedenti risoluzioni sulle minoranze religiose nel m o n d o , - viste le sue risoluzioni del 25 ottobre 2007 sul Pakistan e sull'Iran, - vista la sua risoluzione del 28 aprile 2005 sulla relazione annuale sui diritti umani nel m o n d o nel 2004 e sulla politica dell'UE in materia,
APPENDICI
119
- vista la sua risoluzione del 6 luglio 2005 sull'Unione Europea e l'Iraq concernente un quadro per l'impegno, - vista la sua risoluzione del 6 aprile 2006 sull'Iraq concernente la comunità assira e la situazione nelle prigioni irachene, - vista la sua risoluzione del 10 maggio 2007 sulle riforme nel m o n d o arabo e la strategia dell'Unione Europea, - visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento, A. ricordando che, nelle sue relazioni con il resto del m o n d o , l'Unione Europea afferma e p r o m u o v e i propri valori e contribuisce alla pace, al rispetto reciproco tra i popoli e alla salvaguardia dei diritti dell'uomo, B. sottolineando che si è espresso a più riprese a favore dei diritti delle comunità religiose e della tutela della loro identità, ovunque nel m o n d o , così come a favore del riconoscimento e della protezione delle minoranze religiose, senza distinzioni di sorta, C. dichiarandosi vivamente preoccupato, in tale contesto, per il moltiplicarsi di episodi di intolleranza e repressione nei confronti delle comunità cristiane, in particolare in alcuni paesi dell'Africa, dell'Asia e del Medio Oriente, D. ricordando la sua profonda adesione ai principi della libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di culto, ovunque nel m o n d o , nonché al principio della laicità dello Stato e delle sue istituzioni pubbliche; sottolineando che tali autorità hanno il compito, ovunque nel m o n d o , di garantire dette libertà, compresa la libertà di cambiare la propria fede religiosa, E. sottolineando l'importanza del dialogo tra le religioni per promuovere la pace e la comprensione tra i popoli, E ricordando che è compito dei leader politici e religiosi, a tutti i livelli, combattere l'estremismo e promuovere il rispetto reciproco,
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GUERRA
AI
CRISTIANI
G. considerando che, secondo la normativa internazionale in materia di diritti umani, e in particolare secondo l'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti, H. considerando che la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di credo richiama l'attenzione su situazioni preoccupanti di violazione della libertà di adottare una religione o un credo, di cambiarli o di rinunciare a essi, oltre a segnalare numerosi casi di discriminazione e violenza tra religioni diverse, di uccisioni e di arresti arbitrari per ragioni legate alla religione o al credo, I. considerando che anche altre categorie di persone, come i profughi, gli sfollati interni, i richiedenti asilo, i migranti, le persone private della libertà, le minoranze etniche, religiose e linguistiche e i figli di credenti subiscono sempre più di frequente violazioni del diritto alla libertà di religione o di credo; ricordando a tale proposito il principio di
non-refoulement
conformemente all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, J. esprimendo preoccupazione per i recenti episodi di violenza in Iraq, fra cui il rapimento di due sacerdoti cattolici, padre Pius Afas e padre Mazen Ishoa, il 14 ottobre 2007 a Mosul; l'uccisione di due cristiani assiri, Zuhair Youssef Astavo Kermles e Luay Solomon N u m a n , entrambi membri dell'organizzazione National Union of Bet-Nahrin, avvenuta a Mosul il 28 giugno 2007; l'uccisione di un sacerdote caldeo, padre Ragheed Ganni, e dei tre diaconi che lo assistevano, avvenuta il 3 giugno 2007 a Mosul,
APPENDICI
121
K. deplorando la situazione dei villaggi assiri situati in prossimità del confine turco, come il villaggio di Kani Masi, L. dichiarandosi preoccupato per i recenti episodi di violenza in Pakistan, fra cui l'assalto contro una chiesa cristiana il 10 ottobre 2007 a Godwinh, alla periferia di Lahore; la bomba che il 15 settembre 2005 ha seriamente danneggiato una scuola, la Saint John Bosco Model School, gestita dai missionari di Mill Hill nel distretto di Bannu; l'uccisione del vescovo protestante Arif Khan e di sua moglie il 29 agosto 2007 a Islamabad, M. deplorando l'uccisione di Rami Khader Ayyad, titolare di una libreria cristiana, avvenuta il 7 ottobre 2007 a Gaza, N. dichiarandosi p r o f o n d a m e n t e addolorato per l'uccisione di due giovani copti, Wasi Sadek Ishaq e K a r a m Klieb Endarawis, avvenuta il 3 ottobre 2007 ad Awlad Toq Garb, in Egitto, O. dichiarandosi inorridito per l'attacco perpetrato il 18 aprile 2007 contro la casa editrice cristiana Zirve a Malatya, in Turchia, con l'uccisione di tre cristiani, Tilmann Geske, Necati Aydin e Ugur Yuksel; ricordando la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sulle relazioni UE-Turchia e la sua viva condanna dell'assassinio di Hrant Dink e del sacerdote cattolico Andrea Santoro, P. deplorando il rapimento nelle Filippine del sacerdote cattolico padre Giancarlo Bossi, Q. sottolineando in particolare la gravità della situazione delle comunità cristiane del Sudan, i cui membri continuano a essere oggetto della repressione delle autorità di Khartum, R. considerando che negli ultimi anni centinaia di famiglie assiro-cristiane che vivono nella zona di Dora, a sud di Baghdad, hanno lasciato la città a seguito di intimidazioni, minacce e violenze,
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CRISTIANI
S. considerando che l'esodo dei cristiani dall'Iraq è fonte di serie preoccupazioni, come sottolinea il fatto che, nel 2006, circa il 24% dei 38.000 iracheni complessivamente registrati daH'UNHCR in Siria era cristiano e che la gran parte degli sfollati interni in Iraq - che sono più di due milioni - appartiene a minoranze cristiane dirette per lo più verso la piana di Ninive, T. sottolineando la gravità della situazione per quanto concerne la libertà religiosa nella Repubblica popolare cinese, dove le autorità continuano a reprimere qualsiasi manifestazione religiosa, soprattutto nei confronti della Chiesa cattolica, di cui molti fedeli e vescovi sono detenuti da anni e in alcuni casi sono morti in carcere, U. sottolineando che anche in Vietnam si registra una forte repressione contro le attività della Chiesa cattolica e di altre religioni, come dimostra la grave situazione in cui versano le comunità dei montagnard
vietnamiti,
V. sottolineando che in alcuni casi la situazione delle comunità cristiane è tale da compromettere la loro sopravvivenza e che, qualora esse scomparissero, una parte significativa del patrimonio religioso dei paesi in questione andrebbe perduta, 1. condanna risolutamente tutti gli atti di violenza contro comunità cristiane, ovunque essi si verifichino, ed esorta i governi interessati a tradurre in giudizio gli autori di tali reati; 2. condanna fermamente tutte le forme di discriminazione e intolleranza basate sulla religione o il credo, come pure gli atti di violenza contro tutte le comunità religiose; esorta i paesi interessati a far sì che il loro ordinamento giuridico e costituzionale offra garanzie adeguate ed effettive per quanto riguarda la libertà di religione o di credo, nonché vie di ricorso per le vittime in caso di violazione della libertà di religione o di credo;
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3. sottolinea che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale garantito da vari strumenti giuridici internazionali; ribadisce nel contempo la sua profonda adesione al concetto fondamentale dell'interdipendenza dei diritti umani; 4. appoggia risolutamente tutte le iniziative volte a incoraggiare il dialogo e il rispetto reciproco tra le religioni; invita tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e a prendere iniziative contro l'odio e la radicalizzazione violenta ed estremista; 5. sollecita i governi dei paesi interessati a migliorare la sicurezza delle comunità cristiane; sottolinea di conseguenza che le autorità pubbliche hanno il dovere di tutelare tutte le comunità religiose, incluse quelle cristiane, dalla discriminazione e dalla repressione; 6. invita la Commissione e il Consiglio a sollevare la questione della situazione delle comunità cristiane nel quadro del dialogo politico con i paesi in cui tali comunità sono minacciate, p r o m u o v e n d o un i m p e g n o strategico da parte dei paesi in questione sulla base delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani; 7. invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a contribuire ulteriormente al rafforzamento dei diritti umani e dello stato di diritto attraverso gli strumenti di politica estera dell'UE; 8. chiede alla C o m m i s s i o n e e al Consiglio di prestare particolare attenzione alla situazione delle comunità religiose, ivi comprese le comunità cristiane, in quei paesi dove sono minacciate, nel m o m e n t o dell'elaborazione e implementazione di programmi di cooperazione e aiuto allo sviluppo con quegli stessi paesi; 9. chiede all'Unione Europea e agli Stati membri di destina-
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re maggiori fondi alle attività d e l l ' U N H C R e agli aiuti umanitari gestiti da questa organizzazione; 10. raccomanda che le sue commissioni competenti esaminino la situazione delle comunità cristiane, in particolare in Medio Oriente; 11. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Consiglio per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite.
PARLAMENTO EUROPEO Documento
2009-2014 di
seduta
P R O P O S T A DI RISOLUZIONE C O M U N E
presentata a n o r m a dell'articolo 122, paragrafo 5, del regolamento in sostituzione della proposta di risoluzione presentata dai gruppi: - ALDE
(B7-0035/2010)
- EFD ( B 7 - 0 0 3 7 / 2 0 1 0 ) - PPE ( B 7 - 0 0 3 8 / 2 0 1 0 ) - S&D
(B7-0039/2010)
- ECR
(B7-0045/2010)
- Verts/ALE
(B7-0048/2010)
sui recenti attacchi contro comunità cristiane. Mario Mauro, Carlo Casini, Cristian Dan Preda,
Bernd
Posselt, Laima Liucija Andrikienè, Eija-Riitta Korhola, Lena Kolarska-Bobinska, Elzbieta Katarzyna
tukacijewska,
Filip Kaczmarek, Martin Kastler, Monica Luisa Macovei, Tunne Kelam, Boguslaw Sonik, Csaba Sógor, Làszló Tokés a n o m e del gruppo PPE Véronique De Keyser a n o m e del gruppo S&D Marietje Schaake, Frédérique Ries a nome del gruppo A L D E
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Heidi Hautala, Barbara Lochbihler, Hélène Flautre, JeanPaul Besset, Emilie Turunen, Raiil Romeva i Rueda, Gerald Hafner, Christian Engstròm a nome del gruppo V e r t s / A L E A d a m Bielan, Ryszard
Czarnecki, Tomasz Piotr Por A ba,
Charles Tannock, Marek Henryk Migalski, Pawel Robert Kowal, Ryszard Antoni Legutko, Peter van Dalen, Konrad Szymanski, Miroslaw Piotrowski, Jacek Olgierd Kurski a nome del gruppo ECR Marie-Christine Vergiat, Rui Tavares a n o m e del gruppo G U E / N G L Fiorello Provera, Rolandas Paksas a nome del gruppo EFD
Risoluzione del Parlamento europeo sui recenti attacchi contro comunità cristiane Il Parlamento
europeo,
- viste le sue precedenti risoluzioni e, in particolare, quella del 15 novembre 2007 su gravi episodi che mettono a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose, - visto l'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici del 1966, - vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione fondata sulla religione e sul credo, del 1981, - visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento, A. considerando che la promozione del rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle libertà civili sono principi e obiettivi fondamentali dell'Unione Europea e costituiscono una base comune per le sue relazioni con i paesi terzi,
APPENDICI
127
B. considerando che, conformemente alla legislazione internazionale in materia di diritti umani e, in particolare, all'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; che tale diritto include la libertà di cambiare la propria religione o credo, e la libertà, individualmente o in comune con altri e in pubblico o in privato, di manifestare la propria religione o il proprio credo nel culto, nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento, C. considerando che l'Europa, come altre parti del m o n d o , non è esente da casi di violazione di detta libertà e conosce crimini individuali commessi contro m e m b r i di minoranze in base al loro credo, D. considerando che l'Unione Europea ha espresso a più riprese il proprio impegno per la libertà di pensiero, coscienza e religione e sottolineato che il governo ha il dovere di garantire tali libertà in tutto il m o n d o , E. considerando che il 6 gennaio 2010 è stato commesso l'assassinio, sparando da un'auto in corsa, di sette individui - 6 cristiani copti e un poliziotto - e il ferimento di altre persone nel m o m e n t o in cui i fedeli uscivano da una chiesa dopo la messa di mezzanotte per la vigilia di Natale copta nella città di Nag H a m m a d i nell'Alto Egitto; e che, nelle ultime settimane, sono scoppiati altri scontri che hanno coinvolto cristiani copti e m u s u l m a n i , definiti incidenti individuali dal governo egiziano, E considerando che l'8 gennaio 2010 le autorità egiziane hanno annunciato l'arresto e la detenzione di tre persone in riferimento all'attacco a Nag H a m m a d i del 6 gennaio; considerando che il procuratore generale egiziano ha deciso che i tre accusati fossero tradotti dinanzi alla Corte di emergenza di sicurezza dello Stato per omicidio premeditato,
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GUERRA AI
CRISTIANI
G. considerando che i cristiani copti rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana; che, negli ultimi anni, in Egitto hanno avuto luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti, H. considerando che la Costituzione egiziana garantisce la libertà di credo e di pratica di riti religiosi, I. considerando che accorda grande importanza alle relazioni con l'Egitto e che sottolinea l'importanza dell'Egitto e delle relazioni UE-Egitto per la stabilità e lo sviluppo della zona euromediterranea, J. considerando che la Chiesa cattolica malese ha citato in giudizio il governo malese nel 2007 dopo che quest'ultimo aveva minacciato di proibire la pubblicazione del giornale «The Herald» per motivi di sicurezza nazionale qualora non avesse cessato di utilizzare la parola «Allah» che la comunità di lingua Bahasa-Malesia, di fede cristiana, utilizza abitualmente come traduzione di «Dio», K. considerando che il 31 dicembre 2009 l'Alta Corte di giustizia malese ha dichiarato che i cristiani in Malesia hanno il diritto costituzionale di utilizzare la parola «Allah» per riferirsi a Dio e che la parola «Allah» non è esclusiva dell'islam, L. considerando che, a seguito della sentenza, si è assistito a uno scoppio di violenza e ad almeno nove attacchi contro chiese cristiane in Malesia, M. considerando che il governo ha confiscato più di 15.000 copie della Bibbia in lingua malaya in cui si utilizzava la parola «Allah» per riferirsi a Dio, e che a oggi non ha restituito le suddette copie, N. considerando che il governo malese accetta l'uso della parola «Allah» da parte delle comunità cristiane negli Stati di Sahah e Sarawak mentre lo pone in questione in altre regioni del paese, il che crea una discriminazione supplementare in tutta la comunità cristiana in Malesia,
APPENDICI
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0. considerando che il dialogo intercomunitario è essenziale per promuovere la pace e la comprensione reciproca tra i popoli, 1. sottolinea che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto u m a n o fondamentale garantito dagli strumenti giuridici internazionali e condanna
viva-
mente tutte le forme di violenza, discriminazione e intolleranza, basate sulla religione e sul credo, contro le persone religiose, gli apostati e i non credenti; 2. manifesta preoccupazione per i recenti attacchi contro cristiani copti in Egitto e solidarietà nei confronti delle famiglie delle vittime; chiede al governo egiziano di garantire la sicurezza personale e l'integrità fisica dei cristiani copti e dei membri di altre minoranze religiose del paese; 3. plaude agli sforzi esplicati dalle autorità egiziane per individuare gli autori e gli esecutori dell'attacco del 6 gennaio; chiede al governo egiziano di garantire che tutte le persone responsabili di tale attacco, come pure di altri atti di violenza contro cristiani copti o altre minoranze religiose o di altro tipo, siano tradotte dinanzi alla giustizia e sottoposte a un doveroso processo; 4. chiede al governo egiziano di garantire che i cristiani copti e i membri di altre comunità religiose e minoranze godano di tutti i diritti umani e libertà fondamentali - compreso il diritto di scegliere liberamente la propria religione e di cambiarla - e di evitare qualsiasi discriminazione contro gli stessi; 5. deplora le violenze a sfondo religioso in territorio europeo, compreso l'omicidio di M a r w a al-Sherbini, e manifesta solidarietà alle famiglie delle vittime; 6. esprime viva preoccupazione per i recenti attacchi contro chiese e luoghi di culto in Malesia e solidarietà alle vittime; chiede alle autorità malesi di garantire la sicurezza personale e l'integrità fisica delle persone che praticano la propria re-
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GUERRA AI
CRISTIANI
ligione e di adottare le misure necessarie per proteggere le chiese e altri luoghi di culto; 7. chiede alle autorità malesi di indagare a fondo e con rapidità sui casi segnalati di attacchi contro luoghi di culto e di tradurre i responsabili dinanzi alla giustizia; 8. ritiene che la condotta del Ministro dell'Interno malese costituisca una violazione della libertà di religione; è particolarmente preoccupato per il fatto che il governo malese abbia agito in m o d o illecito e che con la sua ingerenza abbia contribuito all'acuirsi delle tensioni tra i gruppi religiosi nel paese; 9. plaude alla sentenza dell'Alta Corte della Malesia ed esorta le autorità malesi a rispettare tale decisione; chiede al governo malese di non tentare di ripristinare il divieto sull'uso della parola «Allah» bensì di tentare di allentare le tensioni risultanti e di astenersi dall'intraprendere n u o v e azioni che potrebbero turbare la coesistenza pacifica tra la religione dominante e quelle minoritarie, c o n f o r m e m e n t e a quanto stabilito nella Costituzione malese; 10. chiede al Consiglio, alla C o m m i s s i o n e e all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nel quadro delle relazioni e della cooperazione dell'UE con i paesi interessati, di prestare particolare attenzione alla situazione delle minoranze religiose, comprese le comunità cristiane; 11. appoggia tutte le iniziative volte a p r o m u o v e r e il dialogo e il rispetto reciproco tra comunità; invita tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e ad adottare iniziative contro l'odio e contro la radicalizzazione violenta ed estremista; 12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla C o m m i s s i o n e , all'Alto rappresen-
APPENDICI
131
tante dell'Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al Parlamento dell'Egitto nonché al governo e al Parlamento della Malesia.
Nell'ottobre
del 2009
nione europea po il protrarsi i cristiani
il ministro
a prendere
degli
degli attacchi
contro
la
coscienza
confronti
delle
novembre
2009
religiose
il Consiglio
Trattini sulla
«L'Europa
internazionale
minoranze
Franco e netta»
le minoranze
in varie parti del mondo.
svegliare
Esteri
«una posizione forte
contro
religiose
e le minoranze
europeo
ha prodotto
cristiane questo
religiosa,
e in particolare
deve far sentire
le persecuzioni
ha sollecitato libertà
l'Udocontro
la sua voce per ri-
e le intolleranze in particolare». documento.
nei L'11
GUERRA AI
134
CRISTIANI
Annex
D r a f t C o u n c i l c o n c l u s i o n s on
The Council
F r e e d o m of Religion or
r e a f f i r m s the strong c o m m i t m e n t of the E u r o p e a n
Belief
U n i o n to t h e p r o m o t i o n
and
p r o t e c t i o n of f r e e d o m of r e l i g i o n o r b e l i e f .
T h e C o u n c i l r e c a l l s that f r e e d o m of t h o u g h t , c o n s c i e n c e , r e l i g i o n or b e l i e f a p p l i e s e q u a l l y to all persons.
It is a f u n d a m e n t a l
f r e e d o m w h i c h i n c l u d e s all r e l i g i o n s or b e l i e f s , i n c l u d i n g t h o s e that
h a v e not b e e n t r a d i t i o n a l l y p r a c t i c e d i n a p a r t i c u l a r c o u n t r y , t h e b e l i e f s of p e r s o n s
belonging
r e l i g i o u s m i n o r i t i e s , as w e l l as n o n - t h e i s t i c a n d a t h e i s t i c b e l i e f s . T h e f r e e d o m a l s o c o v e r s t h e r i g h t to a d o p t , c h a n g e or a b a n d o n o n e ' s r e l i g i o n o r b e l i e f , of o n e ' s o w n f r e e w i l l .
T h e C o u n c i l u n d e r l i n e s t h a t S t a t e s h a v e a d u t y to p r o t e c t e v e r y o n e , i n c l u d i n g p e r s o n s b e l o n g i n g to m i n o r i t i e s , f r o m d i s c r i m i n a t i o n , v i o l e n c e a n d o t h e r v i o l a t i o n s . S t a t e s m u s t e n s u r e that t h e i r l e g i s l a t i v e s y s t e m s p r o v i d e a d e q u a t e and e f f e c t i v e g u a r a n t e e s of f r e e d o m of t h o u g h t , r e l i g i o n or b e l i e f to all w i t h o u t
The Council
conscience,
distinction.
c o n d e m n s all f o r m s of i n t o l e r a n c e a g a i n s t p e r s o n s b e c a u s e of t h e i r r e l i g i o n or b e l i e f .
T h e C o u n c i l d e p l o r e s that d i s c r i m i n a t i o n b a s e d on r e l i g i o n or b e l i e f still e x i s t s in all r e g i o n s of t h e w o r l d , a n d t h a t p e r s o n s b e l o n g i n g to p a r t i c u l a r r e l i g i o u s c o m m u n i t i e s , i n c l u d i n g r e l i g i o u s m i n o r i t i e s , c o n t i n u e to be d e n i e d t h e i r h u m a n r i g h t s in m a n y c o u n t r i e s . T h e C o u n c i l
is a l a r m e d b y
r e p o r t s of r e c e n t a n d i n c r e a s i n g a c t s of e x t r e m e v i o l e n c e a g a i n s t p e r s o n s b e l o n g i n g to r e l i g i o u s m i n o r i t i e s a n d e x p r e s s e s its c o n c e r n a b o u t t h e v u l n e r a b l e s i t u a t i o n
f a c e d b y t h e m in m a n y p a r t s of
the w o r l d .
15510/09 ANNEX
ZS/pch DC, E HR
LIMITE
2
EN
APPENDICI 143
T h e C o u n c i l e x p r e s s e s ils d e e p c o n c e r n t h a t i n c o u n t r i e s t h a t h a v e l e g i s l a t i o n on d e f a m a t i o n
of
r e l i g i o n s , such l e g i s l a t i o n has often b e e n used to m i s t r e a t r e l i g i o u s m i n o r i t i e s and to limit f r e e d o m of e x p r e s s i o n a n d f r e e d o m of r e l i g i o n or b e l i e f . T h e C o u n c i l s t r e s s e s t h a t i n t e r n a t i o n a l h u m a n r i g h t s l a w p r o t e c t s i n d i v i d u a l s a n d g r o u p s of i n d i v i d u a l s a n d , i n this r e g a r d , r e i t e r a t e s t h a t d e f a m a t i o n r e l i g i o n s is n o t a h u m a n r i g h t s c o n c e p t . R e c a l l i n g t h a t h u m a n r i g h t s t r a n s c e n d d i f f e r e n c e s
of
between
r e l i g i o n s , t h e C o u n c i l u n d e r l i n e s that n o r e s t r i c t i o n s i n t h e n a m e of r e l i g i o n m a y be p l a c e d on t h o s e r i g h t s a n d r e l i g i o n m a y n e v e r b e u s e d t o j u s t i f y or c o n d o n e t h e r e s t r i c t i o n or v i o l a t i o n of i n d i v i d u a l r i g h t s . T h e EU w i l l c o n t i n u e t o r e j e c t a n y a t t e m p t s t o d o so.
T h e C o u n c i l e m p h a s i s e s t h a t f r e e d o m of r e l i g i o n o r b e l i e f i s i n t r i n s i c a l l y l i n k e d t o f r e e d o m o p i n i o n and e x p r e s s i o n .
b r o a d - m i n d e d and d e m o c r a t i c s o c i e t i e s .
B y a l l o w i n g f r e e d e b a t e a n d e x c h a n g e s of i d e a s , and b y
d i s s e m i n a t i n g i n f o r m a t i o n on h u m a n r i g h t s a b u s e s a n d c a l l i n g f o r a c c o u n t a b i l i t y ,
independent
m e d i a , p r e s s , t e l e v i s i o n , i n t e r n e t a n d o t h e r n e w m e d i a , f r e e d o m of e x p r e s s i o n p l a y s an r o l e in t h e f i g h t a g a i n s t
of
F r e e d o m of o p i n i o n a n d e x p r e s s i o n is n e c e s s a r y t o c r e a t e p l u r a l i s t , t o l e r a n t ,
important
intolerance.
T h e C o u n c i l u n d e r l i n e s the strategic i m p o r t a n c e
of f r e e d o m of r e l i g i o n or b e l i e f a n d of c o u n t e r i n g
r e l i g i o u s i n t o l e r a n c e , a n d r e a f f i r m s its i n t e n t i o n t o c o n t i n u e t o g i v e p r i o r i t y t o t h e i s s u e s as p a r t of the E u r o p e a n U n i o n ' s h u m a n rights policy. T h e C o u n c i l
i n v i t e s the r e l e v a n t C o u n c i l b o d i e s t o
e v a l u a t e e x i s t i n g EU i n i t i a t i v e s a n d t o e l a b o r a t e p r o p o s a l s , as a p p r o p r i a t e , f o r p r o m o t i n g t h e f r e e d o m of r e l i g i o n or b e l i e f i n b i l a t e r a l r e l a t i o n s a n d i n m u l t i l a t e r a l
15510/09 ANNEX
context.
ZS/pch D G EHR
LIMITE
3
EN
Dove la fede costa di più 1 Più alto è il posto occupato nella lista, più grave è la persecuzione dei cristiani
FP = forti p e r s e c u z i o n i O = oppressioni FL = forti l i m i t a z i o n i AL = a l c u n e l i m i t a z i o n i AP = alcuni p r o b l e m i ' W o r l d W a t c h List: www.porteaperteitalia.org
Indice
7
Introduzione. L'OSCE e la difesa della libertà religiosa GUERRA AI CRISTIANI
19
Persecuzioni: una storia antica A EST DI VIENNA INDICE DELLE PERSECUZIONI
33
Paesi islamici
47
II caso di Cipro
51
La «laica» Turchia
55
Regimi comunisti
67
India A OVEST DI VIENNA INDICE DELLE DISCRIMINAZIONI
73
L'OSCE e la libertà religiosa
79
Relativismo e fondamentalismo: le nuove ideologie
87
Dalla norma alla discriminazione
93
Lo zapaterismo
97
La corte che nega i diritti dell'uomo
103
Conclusioni
111
Le nuove catacombe
117
APPENDICI