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Italian Pages 435 [424] Year 2003
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M artin Heidegger
FENOMENOLOGIA DELLA VITA RELIGIOSA
Mai come in questo libro, che raduna i ce lebri corsi dai quali prese avvio - subito do po la fine della prima guerra mondiale una fulminante carriera di docente, Hei degger ha trattato con ampiezza e profon dità, passione e coinvolgimento, il fenome no della religione. E c’è un motivo. Aquesti corsi, infatti, egli si dedicò nel pieno di una crisi religiosa che lo portò ad abban donare il «sistema del cattolicesimo» e che conferisce ai suoi lavori di questo periodo quella tensione che accompagna le grandi svolte. Si tratta AdiVIntroduzione allafenomenologia della religione (1920/21), del corso su Agostino e il neoplatonùmo ( 1921) e di quello su Ifondamentifilosofia della mistica medioeva le (annunciato per il 1919/20 ma non svol to), cui si aggiunge la recensione al volume di Rudolf Otto, Il sacro. Senza rinunciare al proprio punto di vista squisitamente filosofico, e professandosi «ateo in linea di principio)*, Heidegger inter preta l’esperienza religiosa come matrice esemplare per capire la dinamica origina ria della vita umana nella sua «fatticità», quindi nella sua «gettatezza», finitudine e storicità. In particolare egli si accosta ai documenti del primo cristianesimo, e so prattutto alle lettere dell’apostolo Paolo e alle Confessioni di Agostino, j>er assimilarne con avidità le intuizioni filosofiche e delineare sulla loro scorta i tratti genuini della vita umana nella sua fatale tendenza alla perdizione e allo scacco - ma anche nella sua ricerca di un arduo eppur raggiungibi le riscatto. Prosegue con questo volume l’edizione adelphiana delle opere di Martin Heidegger (18891976) diretta da Franco Volpi che comprende: Segnavia (1987), La poesia di Hdlderiin (1988), Il principio di ragione (1991), Seminari (1992), Nietz sche (1994), Lettera sulV«umanismo>‘ (1995), L ’essenza della verità (1997), n concetto di tempo (1998), Parmenide (1999), I concetti fondamentali della filosofia antica (2000), Che cos’è metafisicaì (2001), Conferenze di Brema e Friburgo (2002), H nichilismo europeo (2003) e il dialogo con Ernst Jùnger Oltre la linea (1989).
' J 1 r o i . O ORKVtN.M.l',;
Phanom rnologie des rdigiósen Lebcns 1. KinlrìluitK in dù: Phànttnu’noliigii’ ihir Helii'ion (A f u r a ili M atihias |u iijj e T h o in a s Rej'c-hlv) 2. A iif^^lin u s unti iln Neupl/itoniMiiv.',
3. ì) if ph-iloiofihLsiheìì GìiindUigim dermU ldaU eiiichen MysUk (A cLir;i d i C '.lau d iu s S i n i b e )
® 1 9 y f i VI I T O K I O K l . O S l K R M A N N IRA.NKI U R I A M M A IV © 2()0;$ AI>KU*H1 K D IZ I O N I S . l ‘. \ . MII^XNO
INDICE
Avvertenza del Curatore dell'edizione italiana
15
INTRODUZIONE ALLA FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE PA R TE PRIM A
INTRODUZIONE METODICA FILOSOFIA. ESPERIENZA EFFETTIVA DELLA VITA E FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE 1. LA FO R M A Z IO N E riL O S O riC A DEI C O N C E T T I E L’ESPE-
35
K IENZA EFFETTIVA DELLA VITA
L II carattere peculiare dei concettifilosofici 2. Sul titolo del corso 3. L’esperienza effettiva della vita come punto di par tenza 4. Il prendere conoscenza ' II. t e n d e n z e A TTU A LI DELLA FILOSOFIA D E L IA R ELIG IO N E
5. La filosofia della religione di Troeltsch a) Psicologia b) Gnoseologia c) Filosofia della storia d) Metafisica 6. Osservazioni critiche
35 37 41 47 52 52 53 54 57 57 60
7. Lo storico come fenom eno essenziale a) II «pensiero storico» b) Il concetto di storico c) Lo storico nell’esperienza effettiva della vita 8. La lotta della vita contro lo storico a) La via platonica b) Radicale consegnar-si c) Compromesso fra le due posizioni 9. Tendenze all’assicurazione a) 11 riferimento della tendenza all’assicurazione b) Il senso dello storico stesso c) È sufficiente l’assicurazione? 10. La cura dell’esserci effettivo
65 65 67 68 71 72 73 74 78 79 80 83 85 87
IV. FO R M A LIZZA ZIO N E E IN D IC A Z IO N E FO RM A LE
90
11. Il senso generale di «storico» 12. Generalizzazione e formalizzazione 13. L’«indicazione formale»
90 92 98
III. IL FEN OM EN O D ELLO ST O R IC O
pa r te sec o n d a
ESPLICAZIONE FENOMENOLOGICA DI FENOMENI RELIGIOSI CONCRETI SULLA SCORTA DELLE LETTERE DELL’APOSTOLO PAOLO I. IN-IERFRETAZIONE FENOMENOLOGICA DELLA LETTERA AI gai ATI
14. Introduzione 15. Osservazioni singole riguardo al testo 16. L'atteggiamento fondamentale di Paolo
105 105 107 110
II. CO M PITO E OG G ETTO DELLA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE 113 17.11 com prendere fenomenologico 113 18. Fenomenologia della religione e storia della religione 115 19. Determinazioni fondamentali della religiosità proto cristiana 117 20. Il fenomeno della predicazione 119
21. Anticipazioni deU’analisi 22. Lo schema deH'esplicazionefenomenologica
120 122
I t i . ESPL IC A Z IO N E FEN O M EN O L O G IC A DELLA PRIMA. LETTE
23. 24. 25. 26.
RA A I TE SSA L O N IC Z SI
12 6
Difficoltà di metodo La «situazione» L’« essere-divenuti » dei Tessalonicesi L’attesa della panisia
126 ISO 133 138
IV. LA SECONDA LETTER A AI T E SSA L O N IC E SI
147
27. L'attesa della parusia nella Seconda Lettera ai Tessalo nicesi 28. L’annuncio deU'Anticristo 29. Dogma e contesto dell’attuazione
147 151 154
V.
c a r a t t e r iz z a z io n e
DELL'ESPEKJENZA p r o t o c r i s t i a n a
DELLA v i t a
30. 31. 32. 33.
Esperienza effettiva della vita e predicazione Il senso del riferimento della religiosità protocristiana La fatticità cristiana come attuazione Il contesto dell’attuazione in quanto «sapere»
158 158 160 163 165
A PPE N D IC E
ANNOTAZIONI E ABBOZZI PER IL CORSO Lettera ai Calati [cfr. par. 16] Esperienza religiosa ed esplicazione [cfr. par. 17] . Considerazioni m etodiche sn Paolo, I [cfr. parr. 18 e 19] Considerazioni m etodiche su Paolo, II [cfr. parr. 20 e 21] Considerazioni metodiche su Paolo, III [cfr. par. 22] 1 ^ anticipazioni erm eneutiche [cfr. par.22] Fenomenologia della predicazione paolina. I {7 Tj) [cfr. parr. 23-26] Fenomenologia della predicazione paohna, II (1 Ts) [efr. parr. 2.^-26]
l7 l 172 174 176 180 182 182 185
F en o m en o lo g ia della p red icazio n e p aolina, III {1 Ts) [cfr. parr. 23-26] F e n o m e n o lo g ia della p red icazio n e p ao lin a. IV [cfr. parr. 23-26] F e n o m e n o lo g ia d e lla p re d ic a z io n e p a o lin a , V [cfr. parr. 23-26] C o m p re n d e re n e l senso d e lla s to ria d e ll’a ttu a z io n e [cfr. par. 24] Escatologia, I ( i Ts) [cfr. par. 26] E scatologia, II ( i Ts) [cfr. par. 26] Escatologia, III (2 Ts) [cfr. p arr. 2*7 e 28] Escatologia, IV (2 T s ) [cfr. parr. 28 e 29] yuCT
186 188 189 193 195 198 200 203 203
A G O ST IN O E IL N EO PLA TO N ISM O
P A R T E I N T R O D U T T IV A
INTERPRETAZIONI D I A G O STIN O 1. L’in te rp re ta z io n e di A gostino d a ta d a E rnst T roeltsch 2. L’in te rp re ta z io n e di A gostino d a ta d a A d o lf von H arn ack 3. L ’in te rp re ta z io n e d i A gostino d a ta da W ilhelm Dil they 4. Il p ro b le m a deH’obiettività sto rica 5. D iscussione delle tre in te rp re ta z io n i di A gostino se c o n d o il loro senso d e ll’accesso 6. D iscussione delle in te rp re ta z io n i di A gostino secon do la loro base m otivazionale p e r l ’im postazione e l’attu azio n e deH’accesso a) I c e n tri m otivazionali delle tre in te rp re ta z io n i b) D elim itazione risp etto a co n siderazioni storico obiettive c) D elim itazione risp etto a co n siderazioni storico tip o lo g ich e
210 213 214 215 217
219 219 220 224
p a r t e p r in c ip a l e
IN TERPRETA ZIO N E FEN O M EN O LO G ICA DEL LIBRO X DELLE «C O N FESSIO N I » 1. P relim in ari aU’in te rp re ta z io n e 229 a) La retTOCtatio ag o stin ian a delle Confen.iioni 229 b) La disposizione d ei capitoli 231 8. L ’in tro d u z io n e al d ecim o libro. Dal p rim o al settim o cap ito lo 232 a) Il m otivo d el confiteri d in an zi a Dio e agli u o m in i 232 b) Il sap ere di se stessi 233 c) L’o g g ettu alità d i Dio 234 d) L ’essenza deU’an im a 236 9. La memoria. DaU’ottavo al diciannovesim o capitolo 237 a) Lo stu p o re rig u a rd o alla memoria 237 b) O ggetti sensibili 239 c) O ggetti n o n sensibili 240 d) Il discere e gli atti teo retici 241 e) Le affezioni e i lo ro m o d i d i darsi 242 f ) Ipse mihi occurro 244 g) L’a p o ria rig u a rd o all’oWtwio 245 h) C he cosa significa cercare? 247 10. D ella beata vita. Dal ventesim o al ventitreesim o capitolo 250 a) Il « co m e» d e ll’avere la vita beata 250 b) Il gaudium de ventate 257 c) La veritas nella d irezio n e d el d e ca d im e n to 258 11. Il come d el d o m a n d a re e d e ll’u d ire. Dal v en tiq u attre sim o al ventisettesim o capitolo 261 12.11 curare (essere p re o c c u p a to ) co m e c a ra tte re fondam e n ta le d e lia v ita effettiva. V entottesim o e ventinove sim o cap ito lo 264 a) La d isp ersio n e della vita 264 b) La co n flittu alità della vita 266 13. La p rim a fo rm a della ientaiio'. concupiscentia carnis. Dal tre n te sim o al tre n ta q u a ttre s im o capitolo 271 a) Le tre d irezio n i della possibilità di defluxio 271 b) Il p ro b le m a d e ll’» io so n o » 273 c) Voluptas 275 d ) Ilkcebra odorum 278 e) Voluptas aurium 280 f) Voluptas oculorum 280 g) Operatores el seclatores pulckritudinum exteriorum 282
14. La seconda forma della tentatio: concupiscentia oculoTum. Trentacinquesimo capitolo a) Videre in carne e videre per carnem b) Il curioso gxiardar-si intorno nel m ondo 15. La terza forma della tentaticr. amhitio saeculi. Dal tren taseiesimo al trentottesimo capitolo a) Confronto tra le prime due formedella tentazione b) Timeri velie e amari velie c) Amorlaudis d) La direzione genuina del piacere 16. L'autocompiacimento di fronte a se stessi. Trentano vesimo capitolo 17. Molestia - la fatticità della vita a) Il «come» deH’essere deliavita b) Afo/j’iijo - la minaccia dell'avere se stessi
285 285 287 291 291 293 297 299 303 308 308 310
A PPE N D IC E I
APPUNTI E ABBOZZI PER IL CORSO Le Confessioni di Agostino —confiteri, ivterprelari [cfr.par. 7 b] Per la distruzione delle Confessioni. libro X [cfr. par.7 b] Contesto di attuazione della domanda [cfr. par. 8b] Tentatio [cfir. par. 12 a] [Oneri miki sum] [cfr. par. 12 a] [cfr. par. 13 a] Tentatio [cfr. par. 13 a, b] Il fenomeno della tentatio [cfr. par. 13 c] Luce [cfr. par. 13 f] Deus lux [cfr. par. 13 g] Tentntio: in carne-per camem [cfr. par. 14 a] [Confronto fra le tre forme della tentatio] [cfr. par.15 a] Assiologizzazione [cfr. par. 15 b-d] [Agnosce ordinem] [cfr. par. 15 cj [cfr. par. 15 c] [Quattro gruppi di problemi] Peccato Assiologizzazione [cfr. par. 17] [Mokstia] [cfr. par. 17]
317 318 318 318 320 322 324 326 327 328 329 330 331 332 333 335 337 337 339
[Exploratió\ [.Angoscia] [Le avversità, la tentazione in senso etico, la tribolazione in senso religioso] Per la distruzione diPlotino
339 S41 342 342
A PPE N D IC lt II
INTEGRAZIONI TR.^TTE DALL\ TRASCRIZIONE DI OSKAR BECKER 1. 2. 3. 4. 5.
Continentia [cfr. par. 12 a] UH e fin i (cfr. par. 12 b ] Tentano [cfr. par. 12 b] Il confitene il concetto di peccato [cfr. par. 13 b] La posizione di Agostino nei confronti dell’arte (De mu sica) [cfr. par. 13 e] 6. Videre (lucem) Deum [cfr. par. 13 g] 7. Digressione sul timor cnstiis [cfr. par. 16] 8. L’essere del sé [conclusione del corso]
345 346 349 360 362 364 372 377
I FOND,\MENTI FILOSOFICI DELLA MISTICA MEDIOEVALE I fondamenti filosofici della mistica medioevale 383 Mistica nel Medioevo 387 Mistica (direttive) 389 Costruzione (postulati) 390 Fede e sapere 391 Irrazionalismo - 392 Datità storica e individuazione dell’essenza 393 [Fenomeni religiosi] 394 L’ajtfnori religioso 394 Irrazionalità in Meister Eckhart 397 II secondo discorso Sull'essenza della Tfligione di Schleiermacher 401 Fenomenologia deiresperienza vissuta religiosa c della religione 405
L’assoluto La primissima, originaria posizione di Hegel sulla reli gione - e le sue conscgnenze Problemi Fede Devozione - fede. Cfr. salmi della fiducia Su Der christUche Glaubc di Schleiermacher - e sulla feno menologia della religione in generale Il sacro. (Appunti per la recensione di R. Otto, Il sacro, 191V) Sui Sermones in Canticvm canticorvm {Sma. Ili) di Bernardo
406 410 4J l 412 412 413 416 418
Nota dei Curatori del ivrso del setnnlrc invernaUt 1920/21 423 Nota del Curatore del corso del semestre estivo 1921 e dflleprivie stesure e degli abbozzi redatti nel 1918-1919 429
AVVERTENZA D E L C U R A T O R E D E L L ’E D IZ IO N E ITALIANA
1. Il romanzo della vUa filosofica P e r il su o c o n te n u to - u n a se rra ta an alisi filosofica d e lF e s p e rie n z a re lig io sa - il p re s e n te v o lu m e co stitu i sce u n u nicum n e ll’o p e r a d i H e id e g g e r. In n e s s u n ’a ltra o c c a sio n e eg li si è d e d ic a to a ll’e sa m e fe n o m e n o lo g ic o d e lla v ita re lig io sa c o n a ltr e tta n ta e s te n s io n e e p ro fo n d ità, a ltr e tta n ta p a ssio n e e c o in v o lg im e n to , c o m e n e i testi q u i raccolti. Si tr a tta d e i c e le b ii corsi frib u rg h e s i sul cristian e si m o d e lle o rig in i e su ll’e sp e rie n z a p ro to c ris tia n a d e lla vita, c o n i q u a li H e id e g g e r in iziò la su a fu lm in a n te car rie ra d i d o c e n te n e g li a n n i successivi alla p rim a g u e rra m o n d ia le . L a c irc o sta n z a c h e egli a llo ra avesse a p p e n a attra v e rsa to u n a crisi relig io sa e avesse a b b a n d o n a to il « sistem a d e l c a tto lic e sim o » c o n fe ris c e a q u e s te le zio n i u n a p a lp ita n te c a ric a d i v erità. S e c o n d o l ’o rd in e , n o n c ro n o lo g ic o , in cu i so n o stati riu n iti n e l voi. LX d e lla Gesa7ntausgabe (K lo ste rm a n n , F ra n k fu rt a. M ., 1 995), d i cu i il p re s e n te v o lu m e è la tra d u z io n e , si tra tta d e i s e g u e n ti corsi: VIntroduzioiu al la fenomenologia della religio?ì^ d e l se m e stre in v e rn a le 1 9 2 0 /2 1 ; il c o rso d e l se m e stre estivo 1921 su Agostino e il neoplatonismo, e q u e llo su I fondatnenti filosofici della
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Avvertenza del Curatore deli'edizione italiana
mistica medioevale, annunciato per il semestre invernale 1919/20 ma non svolto. A quest’ultim o corso sono ac corpati alcuni manoscritti - datati dal Curatore tede sco tra il 1918 e il 1919 - che pur nel loro carattere «m inore» forniscono tracce indispensabili per rico struire V itinerarium rmntis in Deum et in nihilum del gio vane Heidegger. Si tratta di appunti su vari studi e autori di filosofia della religione, in particolare su W indelband, Hegel, Schleiermacher, Adolf Reinach. Troeltsch, Rudolf Otto, B ernardo di Chiaravalle e Te resa d ’Àvila. La vicenda di come nacquero questi testi, quindi di come H eidegger si confrontasse con l’esperienza reli giosa e vi trovasse indicazioni paradigm atiche per svi luppare una com prensione filosofica genuina della vi ta um ana, è talm ente appassionante che m eriterebbe di essere raccontata in romanzo. Per entrare nello spi rito e nella logica con cui Heidegger elaborò allora il suo program m a filosofico, sarebbe indispensabile illu m inare lo sfondo storico-biografico e il contesto spe culativo in cui questi scritti furono composti. Mi limito qui a pochi accenni.
2. Teologa, filosofia della religione e mistica nel giovane Heidegger Per prim a cosa rim ando alle ricostruzioni ormai ca noniche della biografia intellettuale di Heidegger - in particolare a quelle di Otto Póggeler, Hugo O tt e Theodore Kisiel che forniscono le informazioni ne1. O. Póggeler, D n Dmkweg Martin Heideggers, Neske, Pfullingen, 1963, quarta ediz. riveduta e ampliata, 1994 (trad. it. della terza ediz. di G. Varnier, Il cammino di pensiero di Martin Heidegger, Guida, Napoli, 1991); H. Ott, Martin Heidegger. Unterwegs zu seiner Biographie. Campus. Frankfurt a. M.-New York, 1988 (trad. i t Heideg ger. Sentieri biografia, a cura di F. Cassinarì, Sugarco, Milano, 1990);
Avvertenza del Curatore dell’edizione italiana
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cessane p er capire come e perché, fin dagli anni della sua prim a formazione, H eidegger intrecciasse l’inte resse p er la filosofia con quello altrettanto intenso, e inizialmente dom inante, per la teologia e la mistica. Numerosi sono i sondaggi che andrebbero fatti in questa direzione. Ci sarebbe da esaminare, anzitutto, l’influenza del teologo Cari Braig, uno degli ultimi esponenti della Scuola cattolica di Tubinga, di cui il giovane Heidegger studiò a fondo il com pendio di ontologia Vom Sein. Abrifi der Ontologie (Herder, Freiburg i. Br., 1896). An che dopo essersi trasferito dalla Facoltà di Teologia a quella di Filosofia (1911), Heidegger continuò a fre quentarne le lezioni di dogmatica, ed ebbe con lui col loqui privati sull’im portanza del pensiero dialettico di Hegel e di Schelling per la teologia. Braig - come Hei degger stesso ricorda - gli avrebbe trasmesso la consa pevolezza della tensione fra ontologia e teologia inter na alla struttura della metafìsica, e quindi avrebbe ri svegliato in lui u n ’attenzione critica per il conflitto tra la Scolastica, basata sul prim ato dell’essere, e il moder nismo, orientato sulla teoria del conoscere.^ C ’è poi ncU’estate 1917 lo studio della filosofia del la religione di Schleiermacher, con particolare riferi m ento al secondo dei Discorsi sulla religione. Il 1° agosto 1917 H eidegger espose la sua interpretazione in uua cerchia di amici, come ricorda H einrich O chsner che Th^ Kisiel, Thf Geneiis oj Hàdegger’s ”Being and Tim^e -, University of California Press, Berkeley, 1993. Quest’ultima monografia contie ne fra l’altro un catalogo ragionato della letteratura teologica let ta da H eidegger in quegli anni nonché un'analisi di tutti i corsi da lui tenuti. 1. Cfr. M. Heidegger, Mein Wegin die Phànomcnologie, in Zur Sache de.%Denkens, Niemeyer, Tùbingen, 1972, pp. 81-90. Su questo pun to mi perm etto di rinviare a qnanto ho scritto in Le fonti del pro blema dellessere n.el ginvane Heidegger: Franz Brentano e Cari Braig, in Heidegger e i medievali, a cnra di C. Esposito c P. Porro, Brepols, Turnhout, 2001, pp. 39-52.
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fu testim one ocu lare del!’evento.’ Se si con sid era che q u ei Discorsi sulla religione so n o rivolti, com e recita il sottotitolo, A lk persone colte che la dispreizano, d u n q u e agli atei e agli agnostici così nu m ero si tra filosofi e in tellettuali, è facile im m aginare q u an ti motivi di rifles sione essi fornissero al giovane H eidegger, che, in crisi religiosa, inclinava a u n «ateism o di principio»,'^ C ’è an co ra la le ttu ra del celebre e fo rtu n ato libro di R u d o lf O tto II sacro, apparso nel 1917. H eid eg g e r e O chsner, e n tra m b i allora alla scuola fen o m en o lo g ica di H usserl, rece p iro n o l ’im p o rtan za delle ricerch e di O tto, e le stu d ia ro n o a fo n d o in vista d e ll’elaborazione di u n a fenom enologia della coscienza religiosa. « O chs ner, e così p u re il suo am ico più anziano H eidegger,» scrive H usserl a O tto in u n a lettera del 5 m arzo 1919 « è stato in origine allievo filosofico di Rickert. E n tram bi, n o n senza fo rd resistenze in terio ri, un p o ’ alla volta si sono ap erti ai m iei stim oli e si so n o avvicinati a me an ch e dal p u n to di vista p ersonale. In questo stesso p e riodo h a n n o rad icalm en te cam biato le lo ro convinzio ni religiose di fondo. Sono d u e p erso n alità dal caratte re realm en te religioso: in H eid eg g er prevale l’intere-sse teoretìco-filosofico, in O ch sn er q u ello religioso [...] H eidegg er e O ch sn er (n o n rico rd o chi dei d u e p e r prim o) l’estate scorsa h a n n o attirato la m ia atten zio n e sul suo libro sul sacro, che h a avuto u n a fo rte in flu en za su di m e, com e quasi nessun altro lib ro da an n i ave va avuto H eid eg g er si p ro p o n ev a p eraltro di recen1. Cfr. Dos M a f des Veiborgemn. Heinrich Ochsntr zum (kdàchtnu, a cura di C. O chw adt e E. Tecklenborg, Charis, Hannover. 1981. p. 92 (lettere del 2 e del 5 agosto 1917). 2. M. H eidegger, PhànoTnenologiiche Interpretationen zu Anstoteles, in Gesamtausgabe, cit., voi. LXI, 198&, p. 197 (trad. il. di M. De Caro lis. Interpretazioni fenomenolopcke di Aristotele, a cura di E. Mazzarel la, Guida, Napoli, 1990, p. 224). 3. La lettera, conservata nella biblioteca universitaria di M arburgo {RudoIf-Ottc^-NachlaS), è stata pubblicata da H.-W. Schùtte, R^li-
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sire il libro di O tto, com e ricaviam o dagli ap p u n ti qui pubblicati p e r la p rim a volta. C 'è infine l’in ten sa freq u en tazio n e, filosofica e spiri tuale, della m istica m edioevale e p rep ro te stan te, spe cialm ente M eister E ckhart, la Theologi^ deutsch, Susone e Taulero, che H eid eg g er fu spinto a leg g ere da Engelb e rt Krebs, apprezzato studioso d e ira rg o m e n to e suo padre spirituale. ..\1 term in e della tesi di lib era do cen za su La dottrina delle categorie e del significato in D uns Scoto (1915) H eid eg g er an n u n c ia an ch e u n o studio - mai p o rtato a term in e - sul significato filosofico della mi stica eck h artian a in relazione alla « m etafisica della ve rità».^ E in esergo alla p ro lu sio n e p e r il co n ferim en to della venia legendi. Il concetto di tempo nella scienza della storia (1915), p o n e u n a citazione tratta dal serm o n e tedesco di M eister E ckhart Consideravit domuin (Q uint, n. 30): «T em po è ciò ch e muta e si moltiplica, l’ete rn ità p e rm a n e sem plice S em pre p e r q u an to c o n ce rn e la mistica, sono co n servati - e qui trad o tti - gli a p p u n ti di u n a in te rp re ta zione dei Sermones in Canticum canticorum di B ern ard o di Chiaravalle. Nel settem b re del 1917 H eid eg g er li p o rtò con sé al fro n te com e le ttu ra insiem e ad altri m i stici, tra cui il Libro delle dimore o Castello interiore di Te resa d ’Àvila. « P er il N atale del 1920» rico rd a in o ltre Lòwith nella sua au to b io g rafia « H eid eg g er m i regalò il De imitatione Christi di Tom m aso di K em pen. A ncora nel 1925 gli sem brava che ci fosse vita spirituale solo nella teologia, in Barth e in G ogarten».* E in u n a le tte ra del 19 agosto 1921, sem p re a Lowith, H eid eg g er digio?i und ChrisUvlum in der Thrologi Rudolf Otios, de Gruyter, Berlin, 1969, pp. 139-42, poi in Das Mafi des Verborgeiiert, cit., pp. 157-60. 1. M. Heidegger. Frutte Schrijìen, in Gesamtaungabe, cit., voi. 1, 1978. p. 402, n ota 2. 2. Ibid., p. 415. 3. K, Lòwith. Mein Leben in Deuisc.hland vor und nach 1933, Metzler, Stuttgart. 1986, p. 29.
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chiara di sentirsi, più ch e filosofo, u n «teo/ogo cristia n o » .’ C he cosa voleva dire H eid eg g e r scrivendo l'e spressione in qu el m odo?
3. « Teologo cristiano » e « aUo di principio » In quel corsivo che spezza la p aro la - « teo/ogo» - egli includeva la com plessità del suo sofferto ra p p o rto con il cristianesim o, tu tta la difficoltà, vissuta in p rim a p er sona, di conciliare la form a dogm atico-istituzionale im pressa a ll’esperienza religiosa dal cattolicesim o con la Ubera ricerca filosofica a cui egli si sentiva votato. P er questo simpatizzava co n il « cristiauesim o liberale» che valorizzava l’in terio rità e sottolineava l ’im p o rtan za del l’au to n o m ia del pensiero. P u r essendo legato a d oppio filo con quel m o n d o cattolico in cui si e ra fo rm ato e operava,^ H eid eg g er n o n faceva m istero della sua insof ferenza verso il dogm atism o filosofico della C hiesa cat tolica, che p ro p rio allora, con u n d o cu m en to Motu pro prio dì Pio X, aveva rib ad ito la fed eltà al tom ism o q u a le sua d o ttrin a filosofica ufficiale. «Ci m ancava anche questo Motuproprio» chiosa il 19 luglio 1914 H eid eg g er a p a d re Krebs; la Chiesa, co m m en ta con sarcasm o, avrebbe forse p o tu to inventare « u n a p ro ced u ra m iglio re p e r asportare il cervello a tutti coloro che si faran n o venire in m en te u n p en siero au to n o m o , sostituendo glielo co n u n ’insalata italiana».^ Siamo orm ai a un p u n to critico, an ch e se p e r ragioni di o p p o rtu n ità la ro ttu ra sì co n su m erà solo qualche an1. La lettera è pubblicata in Zur philosophiscken Aktualitat Heideggrrs, a cura di D. Papenfu.ss e O, Pòggelev, K losterm ann, Frankfurt a, M.. 1990, voi. II, p. 2V-32. qui p. 29. 2. Come docum enta nei dettagli la ricostruzione biografica di Ott, Martin Heidegger, cit., passim. 3. La lettera è pubblicata per intero da Ott, Martin Heide^er, cit.. p. 83.
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no più tardi. E in u n a lettera del 9 gen n aio 1919, di dram m atica franchezza, che H eidegger com unica a pa d re Krebs - il quale n el frattem po, il 20 m arzo 1917, ave va celebrato il m atrim o n io d el giovane filosofo con la pro testan te Elfride Petri - la decisione di ab b an d o n are la fede cattolica e il sistem a d o ttrin ale della Chiesa per seguire U beram ente la p ro p ria vocazione filosofica. Vale la p en a citare p e r esteso i passaggi salienti di questo scritto p e r ren d ersi co n to della consapevolezza che spinge il giovane H eid eg g er a seguire la p ro p ria in clinazione: « Egregio signor professore, i due anni tra scorsi, nei quali m i sono p reo ccu p ato di chiarire nei princìpi la mia posizione filosofica tralasciando ogni com pito scientifico particolare, m i h an n o co n d o tto a risultati p e r i quali, se stessi in un vincolo extrafilo sofico, no n p otrei avere garantita la lib ertà di convin zione e di in segnam ento. Intuizioni gnoseologiche, che coinvolgono la teoria del conoscere storico, h an n o reso p e r m e p roblem adco e inaccettabile il sistema del cattolicesim o, n o n p erò il cristianesim o e la m etafisica (quest’ultim a, tuttavia, in u n senso nuovo). C redo di avere p ercep ito tro p p o fo rtem en te - forse p iù d ei suoi funzionari ufficiali - q u a n d valori il M edioevo cattolico porti con sé, e n o i siam o an co ra m olto lo n tan i d a u n a sua vera valorizzazione. Le m ie ricerch e di fen o m e n o logia della religione, che te rra n n o in g ran d e cousiderazione il M edioevo, anziché contestare, in te n d o n o tesdm oniare che cam b ian d o la m ia posizione di fo n d o non mi sono lasciato in d u rre a p o sp o rre l’eccellente giudi zio oggetdvo e l’alta considerazione del m o n d o della vi ta cattolico a u n ’arid a e risentita polem ica da aqpostata [...] È difficile vivere da filosofo; l’in tim a franchezza di fro n te a se stessi e a coloro ai quali si deve insegnare esi ge sacrifici, rin u n ce e lo tte che all’artigiano della scien za rim an g o n o sem pre estranee. C redo di avere l’in d m a vocazione alla filosofia e, attu an d o la nella ricerca e n el l'in seg n am en to , cred o di fare ciò che le m ie forze mi p e rm e tto n o p e r la destinazione e te rn a d e ll’u o m o inte
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riore, e soltanto per essa, e così credo di giustificare da so lo dinanzi a Dio la m ia esistenza e il m io operato. C or dialm ente grato, il suo M artin H eid eg g e r» .‘ Q uesto distacco n o n significa evidentem ente né ab b an d o n o n é indifferenza, bensì volontà di recepire e radicalizzare sul piano filosofico i co n ten u ti d ell'esp erien za cristiana. M an ten en d o u n p u n to di vista squisitam en te razionale e professandosi «ateo di principio», quindi evitando di com piere il sacrificium iniellectits ch e la fede richiede, H eidegger no n rinuncia a valorizzare l’espe rienza religiosa e a vedervi il paradigm a da cui trarre in dicazioni preziose p e r capire la vita u m an a nei suoi ca ratteri originari e nella sua peculiare dinam ica.
4. L ’esperienza protocristiana della vita come paradigma per una ermeneutica dell’esistenza È così che H eidegger giunge alle appassionate in ter pretazioni filosofiche dei lesti del p rim o cristianesim o che incontriam o nei corsi qui tradotti. Soprattutto dalle lettere d ell’apostolo Paolo e dalle Confessioni di Agosdno, lette e studiate con rapace avidità, egli trae intuizio ni filosofiche fondam entali p e r delin eare u n a c o m p re n sione genu in a della \ita um ana, cioè tale d a n o n trad ir ne il «m ovim ento» p roprio, la kinesis tou biou, e da co glierla nella sua fatale tendenza a « rovinare » e a per dersi (nelle tentazioni del m o n d o ), m a anche nella sua volontà di conquistare se stessa e salvarsi, ossia nella ri cerca della sua difficile e p p u r raggiungibile riuscita. U na simile com prensione filosofica - questa .singolare I La lettera è conser\>ata nel lascito di E. Krebs presso il Semina rio di Dogm atica dell’Università di Friburgo È stata pubblicata da B. Casper, Martin tleidegger und die Thi’ologische FakuUàt Freiburg (1909-1923), in «Freiburgcr Diózesan-Archiv», 32, 1980, pp. 53441, ed è riprodotta (con u n a correzione) in O tt, Martin Heidegger, cit., pp. 106-107.
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m odificazione della vita che ren d e possibile u n a scienza della vita - n o n m ette a distanza la vita p er osservarla in u n a considerazione teoretica neu trale com e cosa tra co se, oggetto tra oggetti. Essa n o n è un Ent-leben, un «so spendere la vita», m a piuttosto u n p ro ced ere di pari pas so con essa illum inandone la direzione e orien tan d o la verso il suo Eigentliches, « ciò che le è proprio », la sua au tenticità». T rasponendo sul piano filosofico il pathos che anim a l'esperienza protocristiana d ell‘esistenza, in cui ne va sem pre e co m u n q u e della salvezza o della p er dizione, e n o n di u n a sem plice descrizione conoscitiva, H eidegger in ten d e e pradca la filosofia n o n com e u n a attività teored ca fra le altre, com e u n sistema di teorie e do ttrin e indifferente alla vita, m a com e u n a co m p ren sione della vita che im plica u n a form a di vita e d à form a alla vita. La filosofia n o n è solo sapere, m a è anche scel ta di vita: è salvezza e redenzione. P er questo la passione filosofica del giovane H eideg ger appare in co m m en su rab ilm en te diversa dalle filo sofie accadem iche d ell’epoca. Jaspers - che mirava an che lui a n n a chiarificazione filosofica radicale d ell’esi stenza - lo rico n o b b e subito, ad prim o in contro. E ra l’8 aprile 1920, a casa di H usserl a Friburgo, dove si festeg giava il sessantunesim o co m p lean n o dei p ad re della fe nom enologia. Nel capitolo della sua Autobiografia filo sofica in cui parla di H eidegger,’Jaspers descrive l’atm o sfera piccolo-borghese e grigia di quella festa, rico rd a n do u n ’eccezione: Soltanto H eidegger mi sem brò di verso. A ndai a trovarlo, sedetti vicino a lui nella sua stanzetta, lo vidi m e n tre studiava L utero, vidi l ’intensità del suo lavoro, provai sim patìa p er il suo m odo di p ar lare conciso e p e n e tra n te [...] Ma che cosa ci a\>vicina1. K. Jaspers, Philosophische Autobiographie, Pipcr, M ùnchen-Zùrich. 1977, pp, 92-111, cap. X (crad. it. di E. Pocar, Autobiografia filosofica, M orano, Napoli, 1969). Poiché il cap. .K fii scritto con la disposi zione che fosse pubblicato solo do p o la m orte di H eidegger (1976), l’edizione italiana non lo com prende.
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va? E ra chiara la co m u n e opposizione alla filosofia ac cadem ica tradizionale. M eno chiara, ep p u re tale da sm uovere qualcosa in pro fo n d ità, era la confusa certez za che nel q u ad ro d ella filosofila accadem ica, in cui tu t ti e d ue entravam o con la volontà di inseg n are e o p era re, fosse necessaria u n a svolta. E n tram b i sentivam o co m e u n dovere il rin n o v am en to n o n già della filosofia, bensì di quel tipo di filosofia che si incontrava allora nelle università. Ci accom unava in o ltre l’em ozione p e r K ierkegaard. G razie a H eid eg g er la tradizione di p e n siero cristiana, specialm ente cattolica, che p u re co n o scevo, mi divenne visibile nelF in co n su eta freschezza di u n u o m o che vi era im m erso con tu tta la sua anim a e ch e al tem p o stesso la superava. Fu lui a regalarm i m ol te singole espressioni, m olti racco n ti e suggerim enti. R icordo com e parlava di A gostino, Tom m aso, L utero. Vedeva le p o ten ze che era n o all’o p e ra in loro. Mi dava preziose indicazioni bibliografiche, m i segnalava i pas si. C ’era tra n o i in q u ei giorni d el n o stro stare insiem e, e p ro b ab ilm en te ci fii an ch e m o lto do p o , u n ’atm osfera di solidarietà».' Nei testi q u i trad o tti to cch iam o con m an o il sugge stivo lavoro evocato d a Jaspers. N el co n fro n to co n l’e sperienza p ro to cristian a della vita e n ella cap arb ia ri cerca del vocabolario ad eg u ato a esp rim erla, assistia m o a com e il giovane H eid eg g er segua co n strao rd in a rio istinto filosofico il p ro p rio originale cam m ino e af fro n ti di p etto il com p ito che si prefìgge: àas Leben verstehen!, « c o m p re n d e re la vita! ». Ma com e è possibile elevare la com prensione della vi ta su u n p iano rigorosam ente filosofico, e al tem p o stes so m antenerla così vicina al suo inesausto fluire in m odo da n on defo rm arn e i tratti genuini e il m ovim ento origi nario? Com e attuare tale com prensione senza perdersi nel relativismo delle filosofie della vita à la Simmel, m a senza n em m en o irrigidirsi n ell’estrem o opposto, com e i 1. K. Jaspers, Philosophische Autobiographie, cit., pp. 92-96.
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neokantiani e Io stesso H usserl facevano, cioè in u n a detem iinazione teoreticistica della vita stessa?
5, La lotta con il vocabolario Oggi, in base ai tesd pubblicati n ella Gesamtausgabe, possiamo ripercorrere tappa p e r tappa ram bizioso cam m ino che H eid eg g er in trap rese, evidenziando i term ini di volta in volta escogitati p e r definirlo: «scienza origi naria» (Urwissenschajt) o «scienza p relim in are» {Vbrwìssenschaft) nel semestre del dopoguerra del 1919; «erm e neutica della fatticità» {Hermeneutik der Faktizitàt) nel sem estre estivo 1923; «analitica esistenziale» (existenziale Analytik) fino a Essere e tempo (1927); «metafìsica d ell’esserci» {Metaphysik des Daseins) nel libro su K ant del 1929. Q uesto feb b rile rinnovarsi della term in o lo g ia segna la, già nelle d en o m in azio n i del p ro g ram m a, l’esigenza di affrancarsi dal teoreticism o che affetta le c o m p re n sioni della vita u m a n a tradizionali, m a an ch e quelle più vicine di Jasp ers e del m aestro H usserl. V iene qui alla luce lo sforzo radicale di elab o rare u n a c o m p re n sione d e ll’esistenza ch e n o n cada n e ll’e rro re di oggettivarne e reificarn e la «m otilità» (Bewegtheit), trasfor m a n d o la in u n ’en tità lì p resen te d a osservare e descri vere, m a che, al co n tra rio , la colga nel suo p u ro attu ar si (Vollzug). Il p ro b lem a, com e le ard u e pag in e qui tra d o tte testim ouian o , è il seguente: in che m o d o è possi bile cogliere la vita nel suo farsi, evitando ch e n ella d e scrizione p u ra del suo m ovim ento rie n trin o d eterm i nazioni oggettive di c o n te n u to (Gehalt)? P er risolverlo H eid eg g e r in tro d u ce qui l ’im p o rtan te concetto di «indicazione fo rm ale» {formale Anzeige)', inizialm ente in fu n zio n e so p rattu tto proibitiva e poi, u e ll’elaborazio n e dei sem estri successivi, co n la co n n o tazione m e to d ica che si ritrova in Essere e tempo (1927).
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L ’indicazione form ale è la fu n zio n e che - facendo astrazione dalla considerazione oggettiva del c o n te n u to - com p ete alle determ in azio n i esistenziali in q u an to esse in te n d o n o cogliere la vita nel suo p u ro attuarsi, co n tro la sua ten d en za q u o tid ian a alla Ruinanz, cioè a perdersi nel m o n d o degli oggetti, e q u in d i a ricavare da esso le categorie p e r co m p re n d e re se stessa. Ma l’«indicazione form ale» n o n è che u n esem pio, se si vuole il p iù im p o rtan te. Molti altri a n d re b b e ro al m en o no m inati. D iciam o che, specialm ente nella p ar te m etod o lo g ica del p rim o dei corsi q u i trad o tti, H ei degger è im p eg n ato a tu tto cam po in u n a laboriosa e com plessa lo tta con il vocabolario filosofico. A ncora in debito con la fen o m en o lo g ia husserliana e legato ai suoi concetti, li p iega vistosam ente alla p ro p ria finalità orm ai definita; quella di liberarsi delle categorie n atu ralistiche e reificanti della trad izio n e teoreticisdca p e r elab o rare nuove d eterm in a zio n i - ch e ch iam erà «esi stenziali» - ad eg u ate ad assolvere il co m p ito di u n a co m p ren sio n e g en u in a d e ll’esistenza. U no dei p u n ti cruciali in cui la m odificazione hei d eggerian a della term in o lo g ia h u sserliana è p artico la rm en te elo q u en te è la definizione d el com pito della fen o m en o lo g ia che si trova in questi corsi. NeH’esam e di ogni fen o m en o - il cui darsi risulta d all’in c o n tro del soggetto in ten zio n a n te co n l ’oggetto in ten zio n ato (in riferim en to all’orizzonte in cui q u est’u ltim o si d à e qu in d i all’orizzonte degli orizzonti, cioè al m o n d o ) H usserl distingue tre possibili d irezio n i d ell’analisi fe nom enologica: 1) quella del c o n ten u to in ten zio n ato , seguita dalla Inhaltsphànomenoiogie e considerata u n a Generalisierung', 2) quella d ell’atto in ten zio n an te, seguita dalla Aktphànomenologie e con sid erata u n a Formalisierung; 3) quella della correlazione di atto e co n ten u to , se guita dalla Korrelationsphànomenologie. Il giovane H eid eg g er rip re n d e questa triplice artico lazione m a la d eclin a in m o d o d a radicalizzarne il sen-
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SO. In ogni fen o m en o , tan to p iù in quello della v i t a re ligiosa, i traici o rig in ari ch e lo co n trad d istin g u o n o em ergono n ella lo ro to talità e g en u in ità solo se l’analisi fenom enolo g ica considera: 1) «che cosa» n el fen o m e n o è esperito, ovvero il suo c o n te n u to ( Gehalt) ; 2) «com e» tale c o n te n u to è esperito, cioè il m odo in cui ci si riferisce a esso, il suo riferim en to {Bezug)\ 3) «com e» tale riferim en to è messo in atto, la sua « attuazione » ( Volhu£). E ch iara la co rrisp o n d en za tra i prim i due m o m en ti d ell’articolazione h eid eg g erian a e i prim i d u e di q u el la husserliana. L ’originalità di H eid eg g er sta tu tta nel terzo m o m en to , n e ll’attuazione, n el Vollzug: p e r lui è decisivo il «com e» (Wie), il m odo, l’atteg g iam en to se co n d o cui la vita attu a i m olteplici riferim en ti in te n zionali ai rispetdvi co n ten u ti, cioè la fo rm a di vita di cui quei riferim en ti e q u ei c o n te n u d sono articolazio ni ed espressioni. Il com pito d e ll’ind icazio n e form ale è di n o n oscura re con co n te n u ti oggetdvi la purezza d e ll’attuazione, com e accade nella «rovinanza» q u o tid ian a e nella og gettivazione fìlosofìco-scientifica, bensì di fare em erg e re, al contrario , l’attu azio n e quale m o m en to d eterm i n a n te il senso com plessivo del fen o m en o . Q u in d i il m odo in cui la vita u m a n a «ha» se stessa, com e io «ho» m e stesso, n o n ap p are ta n to dai c o n ten u ti ogget tivi che m etto in atto nel vivere, i quali, anzi, m i occul tano a m e stesso, bensì da come li attu o , dal modo in cui attraverso quei c o n ten u ti e q u elle in ten zio n i articolo la m ia vita e la attu o . I co n te n u ti della vita ricevono il loro senso dalla attuazione d.eWa.\\X3., q u in d i è la vita in qu an to praxis, m ovim ento in cui sono in gioco la riu scita o il fallim ento, la salvezza o la perdizione, che va te n u ta in considerazione. Ecco p erch é il term ine «intenzionalità», con cui H us serl co nnota il carattere costitutivo del soggetto, a H ei degger n o n basta più: è u n a determ inazione ancora
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troppo teoreticistica, cui egli sostituisce, già qui, quella di «cura», cioè Bekummeì'vng, e più tardi Sorge, per indi care un'apertura al m ondo {Ptàstrìiktion) più originaria, che abbracci tutti i possibili com portam enti pratico-vita li, siano essi di tipo poietico, pratico o teoretico.
6. Filosofia pratica e pratica di vita Forte della terminologia fenomenologica così trasfor mata, Heidegger si accosta all’esperienza religiosa e in particolare a quella protocristiana dell'esistenza, ricavan done il paradigma per abbozzare una comprensione della vita che non sia, ancora una volta, né teoria astratta lontana dalla fattìcità del vivere, né semplice lasciarsi an dare al suo irrequieto fluire. La comprensione heidegge riana della vita ha uno statuto equidistante sia dall’uno che dall’altro estremo. È una «filosofia pratica» che si di stingue dalla vita per quel che basta a capirla nel suo mo vimento proprio, per poi ricadere subito su di essa e gui darla, sulla scorta di tale comprensione, alla sua riuscita, alia sua salvezza, riprendendola dalla perdizione e aiu tandola a ritrovare se stessa. H eidegger cerca in Paolo, in Agostino, nel giovane L utero e in Kierkegaard com pagni di cammino, e com pulsa i loro testi per trovarvi la conferm a delle proprie intuizioni filosofiche. Si affanna in serrati cor po a corpo, in letture tanto p enetranti quanto violen te, in assimilazioni e appropriazioni voraci, ma alla fine si accorgerà dell'irriducibile solitudine dell’inter prete. E, allora, alla volontà di assimilazione subentre ranno in lui la presa di distanza e la critica. Questa ambivalenza appare qui soprattutto nell’aw incente lettura delle Confessioni, che si divarica tra l’iniziale appropriazione dell’Agostino fenom enologo della vi ta e la conclusiva critica dell’Agostino teologo dogm a tico e assiologizzatore.
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Sarà l’interpretazione di Aristotele - no n a caso trat tato nel 1921 in un seminario sul De anima parallelo al corso su Agostino e il neoplatonismo, e poi subentrato co me interesse predom inante fin verso la m età degli an ni Venti - a fornire al giovane H eidegger il quadro concettuale p er cogliere in term ini filosofici rigorosi la dinam ica esistenziale esperita nel prim o cristianesimo, e precisam ente secondo un approccio sgom bro dal teoreticismo della filosofia m oderna e attento al carat tere «pratico» della vita.' È per questo che neH’ermeneutica dell’esistenza di quegli anni, nella sua im po stazione e perfino nella term inologia adottata, H ei degger riprende altrettante intuizioni della filosofia pratica di Aristotele, da lui considerato l’autentico fenom enologo della vita. E in una im portante nota di Es sere e tempo (par. 42) dirà di essere arrivato a concepire la «cura», ossia la determ inazione fondam entale dell’esserci, nel corso di « u n ’interpretazione dell’antro pologia agostiniana - cioè greco-cristiana - in riferi m ento ai fondam enti essenziali raggiunti nell’ontolo gia di Aristotele ». Si capisce allora perché all’inizio dell’estate 1923, in una retrospettiva sul camm ino fino allora percorso, Heidegger constatasse: «Nel mio cercare mi è stato 1. Come ho cercato di mo.strare in vari studi cui mi perm etto di ri m andare; Heidegger e Aristotele, Daphne, Padova, 1984; Dasein romme praxis. L'as.nmilation et la radicaìisation heideggerienne de la philosophie pratique d'Arixtote, in Heidegger et Vidée de la phénoménologie, Phaenomenologica, 108, Kluwer, Dordrecht-Boston-London, 1988, pp. 1-41; in versione it, ridotta in Filosofia ’9l, a cura di G. Vattimo, Laterza, Roma-Bari. 1992, pp. 215-52; «Beingand Time»: A 'Translation' of thè « Nicomachean Ethics»?, in Reading Heidegger from thè Start. Essays in His Earber Thmight, a cura di Th. Kisiel e J. van Buren, State of New York University Press, New York, 1994. pp. 195-211; I-a quesiion du logos dans l’articulation dr la factiàti ckez le jeune Heidegger, lecteur d'Aristote, in Heidegger 1919-1929. De l ’herméneulique de la facticité à la métaphysique du Jjasdn, a cura di J.F. Courtine, Vrin, Paris, 1996, pp. 33-65.
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co m p ag n o il giovane L u tero e m odello Axistotele, che da quello e ra odiato. S punti mi so n o venuti da K ierke gaard, e gli occhi m e li h a aperti H u sserl» .' E si capisce la confessione autobiografica fatta dal vecchio H eideg ger n el 1959: «Senza la provenienza teologica m ai sa rei giunto sul cam m ino del pensiero».'^ Solo la le ttu ra dei corsi qui trad o tti dà la m isura della p ro fo n d a verità esistenziale affidata a queste parole.
1. M, Heidegger, Ontologie. Hermeneutik drr Fahiizilàt. in Cesamlausgabe, cit., voi. LXIII, 1988, p. .5 (trad. it. di G. Auletta, Oniotogia. Er meneutica della failiciià, a cura di E. Mazzarella, Guida, Napoli, 1992, p. 13). 2. M. Heidegger, Unterwegs xur Sprache, in Gtsamtausgabe. cit., voi. XII, 1985, p. 91 {trad. it. In cammino verso il linguaggio, a cura di A. Caracciolo, Mursia, Milano, 1973, p. 90).
IN T R O D U Z IO N E ALLA F E N O M E N O L O G IA DELLA R E L IG IO N E CORSO DEL PRIM O PERIODO D I FRIBURGO ( s e m e s t r e INVERNALE 1920/21)
PARTE PRIMA
IN T R O D U Z IO N E M ETO D IC A FILOSOFIA, ESPERIENZA EFFETTIVA DELLA VITA E FEN O M EN O LO G IA DELLA RELIG IO N E
I LA F O R M A Z IO N E F IL O SO F IC A D EI C O N C E T T I E L'ESPER IEN ZA EFFETTIVA D ELLA VITA
I . Il cara ttere peculiare dei concetti filosofici Il carattere p ecu liare dei concetti filosofici re n d e necessario ch iarire provvisoriam ente il significato d el le p aro le c o n te n u te n el p ro g ram m a del corso. N elle singole scienze i concetti sono d eterm in a ti d airin serim ento in un contesto reale, e sono q u in d i definiti in m odo tan to più preciso q u an to p iù n o to è q u el contesto. I concetti filosofici sono invece oscillanti, vaghi, m ultiform i, sfuggend, com e si vede an ch e dal m u tare dei p u n ti di vista filosofici. Tale incertezza d ei concetti filosofici, tuttavia, n o n è do\Tita esclusivam ente al m u tare dei p u n ti di vista, giacché il fatto di rim an ere sem p re incerti è caratterisd co p iu tto sto del senso di questi concetti com e tali. La possibilità di acced ere ai co n cet ti filosofici è del tu tto diversa dalla possibilità di acce dere ai co n cetti scientifici. La filosofia n o n d isp o n e di un contesto reale o b iettivam ente con fig u rato e n tro cui i suoi con cetti possano essere inseriti p e r o tten ere la loro d eterm in azio n e. Tra scienza e filosofia c ’è una differenza di prin cip io . Q uesta è u n a tesi provvisoria la cui dim ostrazione em erg erà nel corso delle nostre considerazioni. (Il fatto che sia u n a tesi, u n p rin cip io .
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è d a attribuirsi esclusivam ente alla necessità della for m ulazione lin g u istica). Tuttavia, p e r c o m p re n d e re l’o p p o rtu n ità di u u ’intesa prelim in are sui con cetti usati n el titolo possiam o a d o ttare u n a via più com oda. Parliam o d i «concetti'» filosofici e scientifici, di « in tro d u zio n i » alle scienze e alla feno m en o lo g ia. M algrado la d ifferenza di p rin ci pio tra scienza e filosofia, em erg e q n in d i u n a certa af finità. C om e mai? Si p o tre b b e p en sare ch e il co m p o r ta m en to della filosofia sia a ltre tta n to razionale e co n o scitivo di q u ello scieutifico. N e deriva l’idea del « p rin cipio in g en erale» , del « co n cetto in g en erale» , e così via. Q uesta co n cezio n e n o n è p e rò esen te dal p reg iu dizio di u n a filosofia intesa com e scienza. L’idea delle conoscenze e dei co n cetti scieutifici n o n pn ò essere trasferita nella filosofia in base a im 'esten sio n e del co n cetto di p rin cip io scientifico a quello di p rin cip io in g en erale, com e se i contesti razionali n ella scienza e nella filosofia fossero gli stessi. E p p u re c ’è u n a conce zione «livellata» dei « co n cetti» e dei « p rin cìp i» filo sofici e scientifici. Essi si in c o n tra n o n ella «vita effetti va», e n tro la sfera d ella rap p resetitazio n e e della co m unicazione linguistica, in q u a n to «significati» che sono «com presi». A p rim a vista n o n c ’è alcu n segnale che li distingua l’u n o d all’altro. Bisogna d u n q u e ap p ro fo n d ire qu esta concezione «livellata», p o ich é d o b biam o capire che la co m p ren sio n e dei concetti filo sofici è diversa d a q u ella dei concetti scientifici. T utte queste considerazioni n o n sono forse u n m ero insistere su questioni p relim in ari? S em bra ch e ci si li miti ad aggirarsi nella sfera in troduttiva, trasfo rm an d o in virtù la necessità della p ro p ria incapacità di o p erare in positivo. Ma si p u ò rim p ro v erare alla filosofia di ri girarsi co stan tem en te in questioni p relim in ari solo se il criterio p e r giudicarla è m u tu ato d all’id ea delle scienze, d a cui si esige la soluzione di p ro b lem i con creti e la costruzione di u n a visione del m ondo. È m ia in ten zio n e accrescere e m a n te n e re desta la necessità
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della filosofia di rigirarsi sem p re in q u estio n i prelim i nari al p u n to d a farla diventare realm en te u n a virtù. Su ciò che vi è d i au ten tico n ella filosofia stessa n o n ho nulla da dirvi. N on p ro p o rrò n essu n a rg o m e n to che susciti interesse o tocchi il cuore. Il n o stro co m p ito è m olto più lim itato.
2. Sul titolo del corso Il titolo del corso dice: « In tro d u zio n e alla fen o m e nologia d ella relig io n e» . Gli si p o ssono attrib u ire tre diverse sfu m atu re di senso, a seco n d a di qu ale sia il so stantivo su cui si p o n e l’accento. D obbiam o in ten d erci in via provvisoria sui tre concetti di « in tro d u zio n e» , «fenom enolog ia» - ch e p e r noi h a lo stesso significato di «filosofia» - e « relig io n e» . Nel farlo in c o n triam o subito u n p ro b lem a essenziale tipico, il p ro b lem a d el lo storico {das Historische), d a cui deriva an ch e la lim i tatezza delle n o stre aspirazioni. Iniziam o con la chiarificazione dei significati dei ter m ini, face n d o p e rò su bito riferim en to ai contesti og gettivi d a essi indicati, in m o d o ch e tali contesti diven tino problem atici. 1. C he cosa significa « in tro d u zio n e» ? S olitam ente u n ’« iu tro d u zio n e> a u n a scienza m ira a u n triplice risultato: a) la delim itazione della m ateria; è) la te o ria d ella trattazio n e m eto d ica della n tateria (a e Asi possono riassum ere così: d efinizione del co n cetto, dello scopo e del co m p ilo della scienza); c) l’analisi storica dei tentativi p rece d en ti di p o rre e di risolvere i com piti scientifici. Si p u ò in tro d u rre così an ch e alla filosofia? U n ’in tro duzione alle scienze offre sia la m ateria e la trattazione m etodica della m ateria (scopo e co m p ito ), sia u n a sin tesi storica dei vari tentativi di soluzione. Se le scienze
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e la filosofia so n o differenti, c 'è d a chiedersi se il filo sofo che voglia re n d e re giustizia a ciò che è au ten tica m en te filosofico possa lim itarsi ad assum ere questo schem a di in tro d u zio n e. Il filosofo si riconosce dalla sua in tro d u zio n e alla filosofia. U na in tro d u zio n e se co n d o lo schem a c o rre n te o ccu lta i contesti filosofici. Le in tro d u zio n i alla biologia, alla chim ica, alla storia della le tte ra tu ra sono m olto diverse q u a n to al co n te n u to , m a p o ssiedono u n a g ran d e som iglianza form ale, giacché seguono tu tte lo stesso schem a. N ell’idea della scienza - intesa n o n in senso logico-astratto, bensì in senso co n cre to com e «attuazione della scienza» {Wissenschafts-VoUzug), ricerca sul cam po, com unicazione, n o n sistem a p u ra m e n te razionale - il senso dello sche m a in tro d u ttiv o h a m otivazioni com prensibili. E p p u re le scienze scaturiscono sto ricam en te dalla filosofia - e an ch e secondo il lo ro senso. Il te rm in e « scaturire » {entspringen) h a qui u n significato p artico lare. Di n o rm a con esso si in te n d e il fatto che d a u n a scienza g en erale si sono separate, ovvero si souo rese a u to n o m e d e te r m inate discipliue singole. Q ui invece lo scaturire è co n cep ito com e il d efin ire con m eto d o a u to n o m o u n a specifica m a teria p re c e d e n te m e n te trattata dalla filo sofia. C on ciò si p resu p p o n e p eraltro che an ch e la filo sofia sia u n a scienza. L 'id ea che le scienze scaturiscano dalla filosofia, intesa com e u n «occuparsi conoscitivo del m o n d o » che co n tien e già in sé le scienze in fo rm a em brio n ale, è u n p regiudizio che l ’attuale m o d o di co n cep ire la filosofia h a p ro iettato a ritroso sulla sto ria. Soltanto una particolare modificazione formativa di un momento intemo aUa filosofia, il quale tuttavia co n tin u a a p e rm a n e re in essa nella sua fo rm a o riginaria, restan d o q u in d i im m u tato , trasforma le sci^ize - nel loro scaturire dalla filosofia e in virtù, della specifica natura di tale scaturi re - in scienze. D u n q u e le scienze n o n stan n o nella filo sofia. Q uesto ci p o rta alla do m an d a; 2. C he cosa si gnifica filosofia} Allo scienziato le questioni in tro d u ttiv e n o n interes-
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sano m ai q u a n to gli au ten tici p ro b lem i scientifici con creti. N ell’in tro d u zio n e, in p artico lare q u a n d o ci si im batte in questio n i filosofiche, em erg e u n a certa, fo n d ata insicurezza. Noi p e rò n o n ci lasciam o fuorviare da sìmili giudizi. Forse il senso della « in tro d u zio n e» al la filosofia è talm en te im p o rtan te che a essa si deve p restare atten zio n e a ogni passo con cui e n triam o n el la filosofia. N o n è soltanto tecnica. La d o m a n d a sull ’essenza della filosofia ap p are sterile e «accadem ica». Ma an ch e q u esto è solo la co n seguenza del m o d o co r ren te di co n cep ire la filosofia com e u n a scienza. A un filologo, ad esem pio, n o n interessa F«essenza» della filologia. Il filosofo invece, p rim a di m ettersi effettiva m en te al lavoro, si occu p a seriam en te d e ll’essenza del la filosofia. Il fatto di dovere sempre di nuovo fare chia rezza sulla p ro p ria essenza costituisce u n difetto p er la filosofia solo se si assum e com e n o rm a l’id ea della scienza. La storia della filosofia p u ò essere com presa in term ini realm en te filosofici solo se tra la filosofìa e la scienza sussiste u n a differenza di principio. In q u e sto caso, infatti, i gran d i sistem i filosofici possono esse re considerati, sulla scorta di tale p ro b lem a, seco n d o i seguenti p u n ti di vista; 1. In ch e cosa consiste il m otivo o riginario d ella filo sofia di cui stiam o trattan d o ? 2. Q uali so n o i mezzi concettuali, conoscitivi della realizzazione di tale motivo? 3. Q uesti mezzi sono scaturiti o rig in ariam en te dal m otivo della filosofia di cui stiam o trattan d o , cioè n o n sono m utuati da altri ideali, in p artico lare scientifici? 4. E m erg o n o - com e in tu tte le filosofie p rece d en ti - specifiche brecce attraverso cui la filosofia sfocia nel canale scientifico? 5. Il m otivo della filosofia di cui stiam o tra tta n d o è in se stesso orig in ario o è tratto da altri motivi vitali e da altri ideali? F o rm u lerem o le n o stre riflessioni in m erito alla sto ria della filosofia seg u en d o questa ten d en za. O sservata
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da u n ’altra prospettiva la sto ria della filosofia si rid u ce a essere u n bel discorso o u n ’attività m e ra m en te com pilativa. C om e siam o g iu n ti a ll’a u to c o m p re n sio n e {Selbstverstàndnis) della filosofia? U n sim ile risultato p u ò essere o tte n u to solo m ed ian te il filosofare stesso, n o n tram i te dim ostrazioni e definizioni scientifiche, cioè n o n in virtù d e irin s e rim e n to in u n co n testo reale g en erale, o b ie ttiv am en te co n fig u ra to . Lo d ice il c o n c e tto stes so di « au to in ten d im en to » {Selbstverstàndigung). Ciò che la filosofia, com e tale, è n o n p u ò mai essere reso evi d e n te in term in i scientifici, p erch é p u ò essere chiarito solo m ed ian te il filosofare stesso. La filosofia n o n si p u ò defin ire nel m o d o co rren te, n é la si p u ò caratte rizzare tram ite l’in serim en to in u n contesto reale, co m e q u a n d o si dice: la chim ica è u n a scienza e la p ittu ra è u n 'a rte . Si è a u c h e te n tato di in c lu d e re la filosofia in un sistem a co n cettu ale, so sten en d o che essa si occu p a di un oggetto d eterm in a to in u n m o d o d e term in a to. Ma an ch e in questo caso è già p resen te la concezio n e scieutifica della filosofia. I p rin cìp i del p en sare e d el co n o scere rim an g o n o co stan tem en te n o n chiariti in quel che sono. Tuttavia, an ch e della p ittu ra, b en ch é n o n sia u n a scienza, si p u ò p u r sem p re p arlare in q u e sto m odo, d ic en d o ad esem pio che è u n ’arte! In effet ti, anch e nel caso della filosofia ciò è giustificato in un senso del tutto formale, seb b en e resti d a ch iarire di che g en ere di «form ale» si tratti. Il p ro b lem a d e ll’au to co m p ren sio n e della filosofia è stato sem p re preso tro p p o alla leggera. Se lo si conce pisce in term in i radicali, ci si accorge che la filosofia scaturisce {entspringt) dall’esperienza effettiva della vi ta {faktische Lebenserfahrung), p e r poi farvi rito rn o rim balzando {zuruckspringen) al suo in tern o . II co n cetto di esperienza effettiva della vita è fo n d am en tale. C on la definizione della filosofia in q u a n to co m p o rtam e n to razionale e conoscitivo n o n si è d etto p ro p rio nulla, poiché in tal m o d o ci si so tto m ette all’ideale della
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scienza, con il co n seg u en te occu ltam en to della diffi coltà principale.
3. L ’esperienza effettiva della vita come punto dipartenza C he cosa significa « esp erien za effettiva d ella vita»? «E sperienza» (Erfahrung) designa: 1) l’attività dell'esperire; 2) ciò che, tram ite essa, è esperito. U tilizziam o in ten zio n alm en te q u esta p aro la n el suo d o p p io signi ficato, p o ic h é p ro p rio l’elem en to essenziale d e ll’espe rienza effettiva d ella vita m o stra ch e il sé ch e esp e ri sce e ciò che è esp erito n o n sono sep arati l’u n o d all’al tro com e cose. «E sperire» n o n significa « p re n d e re co noscenza», bensì il « confrontarsi» (sich-auseinandersetzen) con le fo rm e di ciò che è esperito, l’afferm arsi {sich-iehaupten) di tali form e. H a un senso sia attivo che passivo. «Effettivo» (faktisck) n o n significa n é «reale se condo natu ra» n é «causalm ente d eterm inato» e nem m eno «reale-concreto». II co n cetto di «effettivo» non va in te rp re ta to in base a presu p p o sti gnoseologici defi nitivi. Esso diventa com p ren sib ile solo a p artire dal concetto di «storico». Al tem p o stesso, p erò , l ’«esperienza effettiva della vita» è u n a zona pericolosa p e r la filosofia au to n o m a, p o ich é già in tale zona si fan n o va lere le am bizioni della scienza. D obbiam o liberarci della concezione seco n d o cui la filosofia e la scienza sareb b ero costrutti di senso obiettìvi, proposizioni isolate e nessi di proposizioni. Se le scienze sono assunte in g en erale in term in i filosofici e problem atici, allora le si indaga, dal punto di vista della teoria della scienza, c o n sid era n d o n e isolatamente il c o n te sto proposizionale e di verità. Ma le scienze co n crete d eb b o n o essere colte a n c h e n ella lo ro attuazione; alla base va posto il processo d ella scienza in q u an to p ro cesso storico. N ella filosofia attu ale q u esto aspetto è non soltanto trascurato, bensì in ten zio n alm en te rifiu
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tato: n o n deve svolgervi alcun ruolo. Noi sosteniam o la tesi che la scienza è p e r p rin cip io d ifferen te dalla filo sofia. Su ciò è necessario riflettere. Tutti i g ran d i filosofi h a n n o voluto elevare la filo sofia al rango di scienza, am m etten d o così u n a carenza della rispettiva filosofìa (cioè il fatto che essa n o n sia ancora u n a scienza). Ci si o rie n ta qu in d i verso u n a filosofia scientifica rigorosa. Ma il rigore è un concetto ultrascientificoì lì co n cetto e il senso del rigore sono origi n ariam en te filosofici, non scientifici. Soltanto la filo sofia è o rig in ariam en te rigorosa: essa possiede u n rigo re rispetto al quale ogni rig o re della scienza è m era m en te derivato. Lo sforzo costante della filosofia di d eterm in a re il p ro p rio co n cetto fa p arte della sua au ten tica m otiva zione. U n a filosofia scientifica, invece, n o n p u ò m ai ri b attere il rim p ro v ero di p ersistere e te rn a m e n te in co n siderazioni «gnoseologiche» p relim in ari. La filosofia va lib erata dalla «secolarizzazione» in scienza e an ch e in teoria scientifica delle visioni del m ondo. Il ra p p o r to di d iscendenza della scienza dalla filosofia va stabili to in term in i positivi. Oggi si assum e p e r lo più u n p u n to di vista di com prom esso, seco n d o cui la filosofia sarebbe in p artico lare u n a scienza, p e rò te n d ereb b e in generale a fo rn ire u n a \isio n e del m o n d o . In tal m o do, tuttavia, i concetti di «scienza» e di «visione del m o n d o » rim an g o n o vaghi e n o n chiariti. C om e si può g iung ere aU’au to co m p ren sio n e d ella filosofia? Eviden tem en te la n o stra tesi sb arra fin da p rin cip io la via del la d ed u zio n e scientifica. N é ap p are utile ind icare r« o g g etto » {Cegenstand) della filosofia, poiché forse es sa n o n ha a ch e fare con nessun o b ie tto {Objekt). Forse n o n si deve affatto d o m a n d are d el suo oggetto. M e d ian te in tuizioni m istiche tro n c h e re m m o i! p ro b lem a sul nascere. Il p u n to di p arten za della via ch e p o rta alla filosofia è l'esperienza effettiva della vita. S em bra p e rò che la filo sofia rico n d u ca poi di nuovo fuori daU’esp erien za ef
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fettiva della vita. In realtà, q u ella via co n d u ce p e r così dire solo dinanzi alla filosofia, n o n fino a essa. La filo sofia stessa p u ò essere rag g iu n ta soltan to m ed ian te u n ’inversione di p erco rso {Umwendung) lu n g o la via, n o n p erò u n a sem plice inversione che si lim iti a in d i rizzare la conoscenza verso altri oggetti, bensì, in senso più radicale, u n a vera e p ro p ria conversione {Umwandlung). Il n eokan tism o (N atorp) si lim ita a capovolgere il processo della «obiettivazione » (della conoscenza d e ll’oggetto) p e r g iu n g ere così alla « soggettivizzazione» (che costitu ireb b e il processo filosofico-psicologico). In questo m odo l ’og g etto è solo trasferito d a ll’o b ietto nel soggetto, m e n tre il co n o scere in q u a n to co noscere rim an e il m ed esim o fen o m en o n o n chiarito. L’esperienza effettiva della vita è qualcosa di affatto peculiare; in essa si re n d e possibile la via verso la filo sofia e si com pie an ch e l’inversione che p o rta alla filo sofia. Q uesta difficoltà va co m p resa m e d ian te u n a ca ratterizzazione provvisoria del fe n o m e n o d e ll’espe rienza effettiva della vita. L’esp erien za d ella vita è p iù che u n a sem plice esp erien za conoscitiva: essa significa l’in tera posizione attiva e passiva d e ll’u o m o nei co n fronti del m o n d o . Se co n sid eriam o l ’esp erien za effetti va della vita o rien tan d o ci solo sul c o n te n u to esperito, allora definiam o ciò che è esperito - il vissuto [dasErlette) - com e « m o n d o » {Welt), n o n com e « o b ietto » . Il « m o n d o » è qualcosa in cui si p u ò vii>ere (in un o b ietto n o n si p u ò vivere). In term in i form ali il m o n d o p u ò es sere articolato com e mondo-ambiente {Umwelt), milieu, co m e ciò ch e in c o n triam o e a cui in erisco n o n o n solo co se m ateriali, m a an ch e o ggettualità ideali, le scienze, l'arte, eccetera. In questo m o n d o -am b ien te sta an ch e il mondo degli altri (Mitzuelt), vale a d ire altri esseri um a ni caratterizzati in u n b en d eterm in a to m o d o effettivo; in q u an to stu d en te, d o cen te, fam iliare, su p erio re, ec cetera - d u n q u e non com e esem plari della specie n a turale deir/?omo sapiens, e così via. Infine, an ch e V io stesso (Ich-Selbst), il mondo del sé {Selbstwelt), rie n tra n o
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nell’esperienza effettiva della vita. Nella misura in cui è possibile che io mi consacri com pletamente all’arte e alla scienza al punto di vivere totalm ente in esse, arte e scienza sono da definirsi mondi genuini della vita {genui ne Lebenswelten). A nch’essi però sono esperiti nella mo dalità del mondo-ambiente. Tuttavia non si possono separare nettam ente i fenom eni l’uno dall’altro consi derandoli come costrutti staccati, né si può dom anda re del loro rapporto reciproco suddividendoli in classi e tipi, eccetera. Si tratterebbe già di una deformazio ne, di uno scivolare nella gnoseologia. Una corrispon dente classificazione gnoseologica per strati e gradi di questi tre mondi sarebbe già una violenza. Sul rappor to fra i mondi della vita qui non diciamo nulla. L’im portante è che essi diventino accessibili all’esperienza effettiva della vita. Di tali m ondi è possibile caratteriz zare soltanto la modalità, il come {das Wie) dell’esperienza che li riguarda, si può cioè dom andare del «senso del riferimento» (Bezugsinn) deU’esperienza effettiva della vita. È problematico se il come, il riferi mento (Bezug), determ ini ciò che è esperito, il contenuto, e come quest’ultimo si caratterizzi. Porremo inoltre in evidenza il prendere conoscenza {die Kenntnisnahme), os sia Vesperire conoscente, dato che la filosofia dev’essere com unque un com portam ento conoscitivo. Prima pe rò il senso del prendere conoscenza va compreso in base al motivo dell’esperire stesso. Il carattere peculiare dell’esperienza effettiva della vita consiste nel fatto che il «come mi pongo nei con fronti delle cose», ossia la modalità deU’esperire, non è a sua volta esperito. Prima di decretare che la filosofìa è conoscenza, va posto fenom enologicam ente in evi denza nell’esperienza effettiva della vita ciò che, se condo il senso del conoscere, inerisce a quest’ultimo. L’esperienza effettiva della vita si situa com pletamente nel contenuto, m entre il come è tutt’al più implicito in esso. È nel contenuto che ha luogo ogni mutam ento della vita. Nel corso di una giornata effettivamente vis-
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suta ho a che fare con cose del tutto eterogenee, però nello svolgersi effettivo della vita non sono affatto co sciente del differente come del mio reagire a tale etero geneità, giacché essa mi si fa incontro, tutt’al più, nel contenuto stesso che esperisco; l'esperienza effettiva della vita mostra una indifferenza {Indifferenz) riguardo alla modalità dell’esperire. Non pensa che qualcosa potrebbe diventarle inaccessibile. Questo esperire ef fettivo contesta per così dire tutte le faccende della vi ta. Le differenze e i m utam enti di accento si situano completamente nel contenuto stesso. Questa indiffe renza fonda V autosufficienui {Selèstgenùgsamkeit) dell’e sperienza effettiva della vita, che si diffonde ovuuque, decidendo, in tale autosufficienza, anche delle cose più alte. Se prestiamo attenzione alla peculiare indiffe renza deH'esperire effettivo nei confronti di qualsiasi vita effettiva, ci si fa chiaro un senso determ inato e do minante del m ondo-ambiente, del m ondo degli altri e del m ondo del sé: tutto ciò che è esperito nell’espe rienza effettiva della vita reca il carattere della significa tività {Bedeutsamkeit)-, ogni contenuto reca in essa que sto carattere. Con ciò, tuttavia, non è ancora deciso nulla di gnoseologico, né nel senso di un realismo né nel senso di un idealismo. In questo modo della si gnificatività, che determ ina il contenuto deH’esperire stesso, esperisco tutte le mie situazioni effettive della vita. Ciò diventa chiaro quando dom ando in che mo do esperisco me stesso nell’esperienza effettiva della vi ta; nessuna teoria! In genere si è soliti analizzare soltanto concetti dello psichico teoreticam ente configurati, m entre il non viene problematizzato. Concetti come «auima», «con nessione di atti», «coscienza trascendentale», proble mi come quello del «nesso fra auima e corpo» - tutto ciò non ha alcun interesse per noi. Nella vita effettiva io non esperisco me stesso né come connessione coe rente d eir esperienza vissuta (Erlebniszusamtnenhang), né come conglomerato di atti e di processi, e neanche
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come un qualche obietto-io (Ichobjekt) in un senso cir coscritto, bensì mi esperisco in ciò che faccio, subisco e mi accade, nei miei stad di depressione e di gioia, e co sì via. Io stesso non esperisco nemmeno il mio io separatamente, bensì, nel farlo, sono sem pre legato al mondoambiente. L’esperire-se-stessi non è né «riflessione» {Reflexion) teoretica, né «percezione interna», eccete ra, bensì ■ ‘'esperienza relativa al m ondo del sé» (selbstweltlirhe Erfahrung), poiché l’esperire stesso ha un ca rattere «m ondano», possiede u n ’accentuata significadvità, nel senso che, di fatto, il proprio m ondo de! sé esperito non è assolutamente più staccato dal mondoambiente. L’esperienza del sé è l’unico possibile pun to di partenza per una psicologia filosofica, sempre che, in genere, se ne possa postulare una. Voler torna re aH’efféttivo partendo da teorie psicologiche precon cette è u n ’impresa sbagliata, giacché nessuna di queste teorie è filosoficamente motivata. « Io però », si potreb be obiettare, « esperisco me stesso p u r sempre anche di fatto, senza particolare riflessione, così come mi sento; so che in questo m om ento io mi sono com portato ma le, eccetera». Tuttavia anche questo come non è una modalità configurata del com portam ento nei confrond di qualcosa, bensì è una significatività relativa a! m ondo-ambiente {umweltlicfi), legata di fatto al m on do-ambiente. L’effettivo di cui si prende conoscenza non ha carattere di obietto, ma solo di significatività, carattere che, ovviamente, può svilupparsi fino a di ventare un contesto obietuvo compiuto. Non speriamo certo che tutto ciò sìa compreso im m ediatam ente, giacché queste cose diventano accessi bili solo in un costante processo del filosofare che non smette di crescere e di rinnovarsi. Qui si tratta soltanto di com piere il primo passo verso la com prensione del la filosofia come tale.
4. Il prendere conoscenia Consideriamo ora il conoscere effettivo, il prendere conoscenza {Kenntnisnahme)\ In esso il conosciuto non ha il carattere di obietto, ma è esperito come significa tività. Emerge ora un porre in relazione, un coordina re, da cui prende forma un contesto obiettivo contrassegnato da una logica determ inata, una logica reale, una struttura peculiare degli stati di cose particolari. Di fatto, in una determ inata situazione ascolto confe renze scientifiche, poi parlo di cose quotidiane, nel medesimo lasso di tempo. La situazione è essenzial mente la stessa, solo il contenuto è mutato, ma in tal caso non sono cosciente di alcun particolare cambio di atteggiamento. Anche gli obietti scientifici sono sem pre conosciuti anzitutto nel carattere dell'esperienza effettiva della vita. È tuttavia possibile spingere airestremo la tendenza a stabilire relazioni e mirare alla connessione strutturale ultim a dell’oggettualità in ge nerale (l’idea husserliana di una logica oggettiva a priori). Staccandosi daH’esperire effettivo, il filosofare si caratterizza per il fatto di occuparsi di obietti supe riori e supremi, ossia delle «cose prime e ultime». Inoltre, in filosofia tutto è riferito all’uom o e a ciò che per lui è im portante {tendenza alla visione del m on do). Anche nel cogliere il soggetto Io stile rim ane lo stesso, e anche in tal caso il soggetto è considerato co me obietto. In questo modo, ovviamente, in virtù della sua relazione scientifica con l’obietto, la filosofia do vrebbe essere definita anche come scienza nel senso del conoscere compiuto. Le nostre considerazioni non h anno fatto che au m entare ulteriorm ente la difficoltà dell’autocom prensione della filosofia. Come può essere motivata una modalità di coglimento differente dal prendere cono scenza? Con la sua indifferenza e la sua autosufficien za, l’esperienza effettiva della vita torna sem pre a na scondere perfino una tendenza filosofica che sta quasi
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p e r em erg ere. N ella sua cu ra (Bekùmmerung) autosufficiente, l’esperienza effettiva della vita de-cade {fàUi ab) co stan tem en te nella significatività. Essa aspira di co n tin u o aU’articoiazione in scienza e, in definitiva, a u n a « cultura scientifica». Tuttavia l'esp erien za effetti va della vita co n tien e an ch e motivi di u n a co n d o tta p u ram e n te filosofica che possono essere messi in risalto solo m ed ian te u n a peculiare inversione del co m p o r ta m en to filosofico. La differenza tra la filosofia e la scienza n o n sussiste solo rig u ard o a ll’o b ie tto e al m eto do, m a è p e r p rin cip io di n a tu ra p iù radicale. U n a u to in te n d im e n to della filosofia è d ’obbligo an ch e se n o n si assum e alcun ra p p o rto di derivazione della scienza dalla filosofia. F in o ra i filosofi si sono sforzati di liquidare p ro p rio l’esp erien za effettiva della vita co m e cosa scontata e seco n d aria - n o n o stan te il filoso fare scatu risca p ro p rio d a essa - p e r p o i farvi rito r no rim b alzan d o al suo in te rn o co n u n rovesciam ento {Umkehr) in verità essenziale. Se questa tesi è co rretta, tra filosofia e scienza ven gono m en o tu tti i com prom essi e le eq u ip arazio n i con l’aiuto dei quali la filosofia h a vivacchiato p e r secoli. P u n to di p arten za e p u n to di arrivo della filosofia è l’e sperienza effettiva della vita. Se tale esp erien za è il p u n to di p arten za della filosofìa, e se noi, di fatto, ve diam o u n a differenza di p rin cip io fra il conoscere filo sofico e il conoscere scientifico, allora l’esp erien za ef fettiva della vita dev’essere n o n soltan to il p u n to di p arten za del filosofare, bensì p ro p rio ciò ch e ostacola essenzialm ente il filosofare stesso. Posso su p p o rre che, fatte salve rare eccezioni, la m aggior p arte di voi fra in te n d a di co n tin u o la totalità delle definizioni e dei co n cetti d a m e forniti - e n o n p u ò essere diversam ente. In im p rim o m o m en to ciò n o n n u o ce affatto, anzi, a n d a n d o avanti p e rm e tte che siauo indicati, sia p u re in m o d o equivoco, d eterm in ati contesti fen o m en ici che nelle considerazioni successi
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ve saran n o trattati in m a n iera d a re n d e rn e co m p ren si bile il ch iaro senso. L’esp erie n za effettiva d ella vita è la « au to su fficien te cu ra della significatività co n fo rm e all’atteg g iam en to, d eca d en te e in d ifferen te q u an to al riferim en to » {die einstellungsmàJSige, abfallende, bezugsmàfiig-indifferente, seìhstgenùgsame Bedeutsamkeitsbekùmmerung). Prestia m o atten zio n e an zitu tto al senso d el riferim en to . Em erge qui ch e lo svolgersi d i q u esto esperire h a u n ca ra tte re del tu tto in d ifferen te e che le differenze di ciò che esperisco h a n n o luogo nel c o n te n u to . C he a un co ncerto m i sen ta disposto diversam ente che d u ra n te u n a b anale conversazione è u n a differenza che esp eri sco solo in base ai c o n ten u d . La m olteplicità delle esperienze m i giunge alla coscienza solo nel c o n te n u to esperito. Il m o d o di essere lì p resen te (dabeisein) del l’io e del suo essere coinvolto {mitgenommenwerden) dal m o n d o è d u n q u e in d ifferen te - così in d ifferen te da contrastare tutto , cioè d a sbrigare senza esitazioni tu tù i com piti. Q uesta concezione ten d e p e rò al d ecad i m en to (Abfall) nella significadvità. La significatività sem b ra essere id en tica al valore {Wert), p erò il valore è già il p ro d o tto di u n a teorizza zione e, com e ogni teorizzazione, deve scom parire dal la filosofia. Il p u ro p re n d e re conoscenza n o n p re n d e conoscenza di obietti com piuti, m a solo di contesti di significatività. Q uesti tuttavia te n d o n o a u n ’autonom izzazione, che p u ò senz’altro essere p resen ta ta in u n a «logica degli o b ietti» , dei con testi obiettivi e delle relazioni obiettive. U n ru o lo decisivo è svolto d all’esperienza conoscitiva nella sua m odalità ateiliatica. Nella te n d en za d e ca d en te d e ll’esp erien za \ita le acq u i sta una fo rm a sem p re più defin ita u n con testo o b ietti vo che si stabilizza sem p re più. Si giunge cosi a u n a ìogica del mondo-ambiente, nella m isura in cui la significati vità agisce nel con testo obiettivo. O gni scienza, spin gendosi più in là, aspira a costituire u n o rd in e degli obietti sem pre p iù rigoroso, cioè u n a bgica reale {Sach-
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logik), un co ntesto reale, u n a logica situata nelle cose stesse (ad esem pio u n a logica p e r la storia d e ll’arte dif feren te da quella p e r la biologia, e c c e te ra ). La filosofia scientifica n o n è ch e u n a configurazione an co ra p iù ri gorosa di u n am bito oggetdvo. Sc>no costituiti così am biti oggettivi che «vanno al di là deH’esp erien za sensi bile», eccetera (il m o n d o delie idee di P lato n e). E p p u re l’atteggiam ento n ei co n fron ti degli oggetti rim an e lo stesso che nelle singole scienze: il senso del riferitnento rim an e il m edesim o. S en n o n ch é fa la sua com parsa u n ’altra dim en sio n e di oggetti, nella m isura in cui essi sono in g rad o di chiarire in m o d o p iù p ro fo n d o un contesto. La filosofia re c e n te p o n e al c e n tro la coscienza (K ant). Il «soggetto» - in p artico lare nella trattazione fichtìana del p ro b lem a reale - è u n a nuova fo rm a dell’oggettualità rispetto agli altri «obietti». Tuttavia an che qui, nel fatto che Fichte p re n d a le mosse dalla filo sofia p ratica di K ant e utilizzi le anticipazioni kantiane, è co n te n u ta u n a ten d en za ch e in fo n d o h a carattere di atteg g iam en to (einstellungshaft). D u n q u e (in base alla sua storia) la filosofia è sem p re u n a configurazione il p iù possibile rigorosa di con testi obiettivi - n o n o stan te l ’Idealism o tedesco abbia colto la p ecu liare difficoltà della conoscenza soggettiva. A questo p u n to n o n capiam o davvero p iù com e pos sa sussistere u n a differenza radicale tra la filosofia e la scienza. L a ten d en za d eca d en te d ell’esperienza effetti va della vita, che la spinge a p e n e tra re di co n tìn u o nei contesti significati\i del m o n d o effettivam ente esperi to - p e r così dire la sua pesantezza {Schwere) - , provoca una ten d en za alla d eterm in azio n e e alla regolazione obiettiva, avente carattere di atteg g iam en to , della vita effettivam ente vissuta. Il senso deH’esperienza effettiva della \ita è d u n q u e c o n tra rio al senso della n o stra tesi. D obbiam o g uardarci in to rn o n e ll’esperienza effettiva della N'ita allo scopo di individuare u n m otivo p e r la sua inversione. Trovare questo m otivo è possibile, m a
In traduzione metodica
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m olto difficile. Scegliam o d u n q u e u n a via p iù com o da. Noi abbiam o conoscenza della filosofia passala e presente. C erto, il sussistere di fatto della storia della filosofia n o n è in sé a n co ra u n motivo p e r filosofare, m a si p u ò c o m u n q u e p artire da essa com e d a un p atri m onio culturale, ricavandone i motivi p e r filosofare. Al fine di c o m p re n d e re nel m o d o p iù vivo possibile, seguendo rig o ro sam en te il senso dcH’esp erien za effet tiva della vita, g u ard iam o ci a tto rn o nelle ten d en ze filo sofiche del p resen te , n o n p e r co m p re n d erle filosofan do, m a solo nel senso del p re n d e re conoscenza, d el co noscere di fatto. Per brevità co n sid eriam o alcu n e co n crete te n d en ze della filosofia della relig io n e n ei lo ro rap p resen tan ti p iù tipici.
II T E N D E N Z E A TTU A LI D ELLA FIL O SO F IA D ELLA R E L IG IO N E
5. L a filosofia della religione di Troeltsch
!
L’interesse p e r la filosofia della relig io n e è oggi in crescita. P erfin o g e n tild o n n e scrivono di filosofia della religione, e i filosofi ch e vogliono essere presi sul serio le salutano com e il p iù im p o rtan te fe n o m e n o d a d e cenni! Si vedano ad esem pio i d u e saggi pubblicati sui «V ortràge d e r K ant-G esellschaft», fascicolo 24: 1) Radb ru ch , Zur R^ligionsphilosophie des Rechts e 2) Tillich, Ùber die Idee einer Theologie der Kultur.' E ntram bi sono influenzati d a Troeltsch. N elle considerazioni ch e se gu o n o vogliam o d elin eare la posizione di T roeltsch neH ’am bito d ella filosofia della religione, d ato ch e egli è il ra p p re se n ta n te più significativo dei suoi sviluppi attuali. A ltre ricerch e so n o svolte in m o d o n o n au to n o m o neH’am bito d ella teologia. Troeltsch possiede u n a vasta conoscenza sia dei m ateriali co n creti atti n en ti alla filosofia della religione sia d e ll’evoluzione storica della p ro b lem atica ch e la riguarda. Egli provie n e dalla teologia. E sporre le sue idee è reso difficile dal 1. Entram bi in Religiojisphilosophie der KtiUur. Zuiei Enlwùrfe vort Gus tav Radbruch und Paul Tillich, in «Philosophische Vortràge der Kant-Gesellscbaft », 24, Berlin, 1919,
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fatto che h a cam biato spesso il suo p u n to di vista filo sofico di p rin cip io , b en ch é - cosa d eg n a di n o ta - la sua posizione in tem a di filosofia della relig io n e sia rim asta c o s u n te . In q u a n to teologo della scuola di Ritschl, la sua prospettiva filosofica è stata d eterm in a ta in p rim o luogo da Kant, S ch leierm ach er e Lotze, m en tre la sua filosofia della storia d ip e n d e d a Dilthey. Ne gli an n i N ovanta T roeltsch si è volto alla «filosofia dei valori» di W in d elb an d e Rickert. N egli ultim i anni, infine, è passato alla posizione di Sim m el e B ergson. Sulla scorta di questi ultim i h a p o i in te rp re ta to H egel, orientandosi in fin e su di lui p e r sviluppare la p ro p ria filosofia della storia. Q uali sono, p e r Troeltsch, gli sco pi della filosofia della religione? A nzitutto l’elab o ra zione di u n a definizione scientificam ente valida di re ligione.
a) Psicologia I fen o m e n i religiosi d e b b o n o essere in p rim o lu o g o descritti («positivism o»); d ire tta m e n te , in m o d o libe ro d a teo rie, c o g lien d o i fen o m e n i in se stessi (si veda l’analoga esigenza di Max W eber p e r la so cio lo g ia).' I fen o m e n i religiosi van n o co n sid erali d a p p rim a in m odo in g e n u o , n o n an c o ra sgrezzato (le p re g h ie re , i culti, le litu rg ie, so p ra ttu tto n el c o m p o rta m e n to di gran d i p e rso n alità religiose, p re d ic a to ri, rifo rm a to ri), poi n e v an n o d efin ite le c o n d izio n i tra s c e n d e n ta li originarie. T roeltsch d istin g u e fe n o m e n i religiosi centrali e periferici. Il fe n o m e n o cen trale è la fed e nel c o n seg u im en to della p resen za di Dio, insiem e al quale in linea di p rin c ip io è d ato il co m a n d a m e n to 1, Cfr. M. Heidegger, Grundprobleme dtr Phànommologie. Friihe Freiburgfr VorUsung Wintenemester 1919/20, in Ctsamtausg^e, voi. LVIII, a cura di H.-H. Gandcr, KJostermann, Frankfurt a. M., 1993, pp. 189-96.
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m orale. F o rm e p e rife rich e so n o la sociologia e l’etica eco n o m ica d ella relig io n e, ossia la sua espressione ef fettiva n el m o n d o storico (co m e l'h a stu d iata ad esem pio Max W eber). P er rag g iu n g e re q u esto scopo la filosofia della relig io n e deve servirsi del m e to d o n o n solo della psicologia in d ividuale e d e ll’etnopsicologia. m a a n c h e della psicopatologia, della p reisto ria e d e ll’etn o lo g ia, n o n c h é di q u ello am erican o d e ll’in chiesta e della statistica. S eco n d o T roeltsch, fin o ra a c o n d u rre m eglio la d escrizio n e dei fen o m e n i relig io si è stato W illiam Jam es in La varietà dell'esperienza reli giosa' (Q ui T roeltsch subisce l’influsso d ella psicolo gia descrittiva di Jam es e di D ilthey). T roeltsch h a d u n q u e assim ilato tu tte le te n d e n z e psicologiche fo n dam en tali.
b) G noseologia Alla descrizione psicologica segue, com e secondo com pito, la gnoseologia della religione e del momento di validità contenuto nei processi psichici (Troeltsch, Psychologie und Erkenninistheorie, relazione te n u ta al congresso am erican o p e r la filosofia della religione del 1904).- Si tratta di in d ag are la legalità razionale della form azione
1. W. Jam es, The Varieties of Religious Experitnee. A Sludy in Human Nature, Longm ans, G reen and Co., New York, 1902; trad. ted. di G. W obberm in, Die religióseErfnhrung in ihrer Mannigfaltig^it. Materialieti und Studien zu ei7ttr Psychologie und Pathologir des religiòsen Lebens, H inrichs. Leipzig, 1907 [irad, iL Le varieforme dell'esperienza re ligiosa: uno studio sulla natura umana, a cura di P. Paoletii, Morcel liana, Brescia, 1998]. 2. Ctr. E. Troeltsch, Psychologie und Erkunntnislheuric in dei- Religionswissenschajì. Etne Untersuchung iiber die Bedeutung der Kantisrhen RcligionsUhrf fiir die heulige Religionstuissensrhafl, Mohr, T ùbingen. 1905, p. 18 [trad. it. Psicologia e gnoseologia nella scienza delle religioni, in Scritti di filosofia della religione, a cura di S, Sorrentino, Filema, N ap o li,2 0 0 2 ,p p . 135-79],
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di idee religiose, nel cui caso agiscono sem pre d e te r m inate leggi a priorì che stan n o alla base dei fen o m en i religiosi. La gnoseologia g en erale h a già stabilito i lin ea m enti universali della pro b lem atica d e ll’a priori (qui Troeltsch si fo n d a sulla gnoseologia di W in d elb an d e R ickert). C ’è u n a/(W orisintetico del religioso p ro p rio com e c’è u n a priori logico, etico e d estetico. M ettere in risalto q u esto a priori religioso significa fissare la «verità» religiosa in g en ere, l’elem en to razionale p re sente nel religioso. T roeltsch (in p articolare n e ll'o p e ra tarda) n o n in te n d e il term in e « razionale » n el senso di « teo re ti co-razionalistico», p o ich é nel suo caso « ra zionale» significa solo « g en era lm en te valido» o ^ n e cessario secon d o ragione». D ap p rim a Troeltsch lo ha definito a priori razionale, poi p e rò h a a b b an d o n a to questa concezio n e. O ra egli, senza p recisarn e il co n te nu to , sostiene che n o n si tratta di un a priori razionale, bensì irrazionale, e che l ’im p o rtan te è m ettere in co n nessione l’a pnori logico, etico ed estetico con V a priori religioso, p er vedere com e q u ei tre a przon o tten g an o il loro con so lid am en to sulla base d ell’a/«non religioso. Il lavoro della gnoseologia della religione è critico, giac ché il suo in te n to è sep arare ciò che è effettivo-psicolo gico da ciò che è valido a priori L’esperienza effettiva della vita nmi h a (in questo contesto) la fu n zio n e di un am bito, o di u n a regione, in cui co m p aio n o obietti. Essa n o n h a n u lla a c h e fare con u n m onism o deH’esperienza o con u n a teoria m o nistica: qui nulla viene «spiegato». A ssum endo e chia re n d o contesti significativi dati, la fen o m en o lo g ia at tuale n o n si in terro g a in m o d o su fficien tem en te rigo roso sul d iritto di validità delle d atila effettive. E p p u re l ’esperienza effettiva della vita è ciò che è già dato, sul la cui base, ovviam ente, n o n sì possono fo rn ire «spie gazioni». La fen o m en o lo g ia n o n è u n a scienza preli m inare alla filosofia, bensì è essa stessa filosofia. Gli stu d i a ttu a li in te m a d i filosofia d e lla re lig io n e si co m p io n o p rin cip alm en te nella teologia m e d e
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sima, so p ra ttu tto in q u ella p ro te sta n te , m e n tre la teo logia catto lica a ffro n ta i p ro b le m i so tto l ’asp etto della co ncezio n e specificam ente cattolica del cristianesi m o. La teologia p ro te sta n te d ip e n d e essenzialm ente dalle prin cip ali c o rre n ti filosofiche del m o m en to , cui essa di volta in volta si lega. E u n p reg iu d izio d ei filo sofi d ella relig io n e p en sare di p o te r liq u id are il p ro blem a della teo lo g ia co n u n rap id o gesto. A ccanto a tali studi va c o n sid era to q u ello della psicologia della relig io n e, rig u ard o al cui c o n trib u to si dovrà d ecid ere in seguito. N ella m isura in cui il p ro b le m a posto dalla filosofia della religione è affro n tato all’in te rn o della fi losofia, si p u ò s u p p o rre ch e l’avvicinam ento a Fichte e a H egel, oggi in costan te crescita, p o rte rà senza d u b b io a un rin n o v am en to della specu lazio n e in te m a di filosofia d ella re lig io n e .’ C on il co n so lid arsi di q uesti p rin c ìp i il p ro b lem a posto dalla filosofia della relig io n e è sp in to in u n a d e te rm in a ta d irezio n e, cui in seguito o p p o rre m o u n rifiu to critico, Ma in ogni caso qu esta te n d e n z a speculativa ha un significato p artico la re p e r lo sviluppo degli studi di filosofia del la relig io n e ch e si realizzerà in d u b b ia m e n te . Il fatto ch e oggi siano i le tte ra ti a essersi im possessati della filosofia della relig io n e vi d o v reb b e essere n o to , m a n o n deve darvi u lterio ri p reo ccu p azio n i.
1. [Aggiunta tratta dalla trascrizione di H elcne Weifi: cfr. F. Ùberweg, Grundrifi der Geschichte d^rr Philosophie, undicesim a ediz., Mittler, Berlin. 1916, IV, par. 43. Ricollegandosi a Kant, la teologia m oderna ha riconosciuto l’indim ostrabilità dei dogmi cristiani e ha costruito la dogm atica basandola sulla certezza personale del l'esperienza vissuta religiosa, rinunciando a una dim ostrazione scientifica. Nasce così (com e accade nella dottrina della fede di Schleierm acher) solo un'auto-osservazione psicologica della fede cristiana, dove, nel senso di Lotze. l’altezza di valore del cristiane simo è posta com e garanzia della verità, m entre nel senso del pragm atism o se ne sottolinea il «valore \'italc p ratico » ].
c) Filosofia della storia Solo sep aran d o lo psicologico d a ciò ch e è a priori cì sì p uò in terro g are sulla necessità storica in te rn a al reli gioso. La storia della religione co n sid era la realizzazio ne d e ll’fl fmori religioso nel corso effettivo della storia dello spirito, b e n c h é n o n co n tem p li i n u d i fatti, bensì le leggi secondo cui la religione sto ricam en te si svilup>pa. 11 prim o a p erseg u ire questo scopo è stato H egel, m a il suo m e to d o costruttivo è inaccettabile. È vero che in questo caso n o n si p u ò fare a m e n o della m e tafisica, p e rò p u ò essere am m essa solo u n a m etafisica «induttiva». La filosofia della storia della religione d e ve inoltre sia c o m p re n d e re il p resen te sia d eterm in a re in anticipo lo sviluppo fu tu ro della religione. Essa deve decidere se si g iu n g e rà a u n a religione razionale u n i versale, n ata in m o d o sincretistico dalle attuali religio ni univer,sali (d u n q u e a un cattolicesimo evangelico, se condo la definizione di S òd erb lo m ) - o p p u re se in fu turo d o m in erà u n a delle religioni positive (cristianesnio, bu d d h ism o , islam) da sola.
d) M etafisica E u n a m etafisica delle idee di Dio basata su ll’insieme delle n o stre esp erien ze del m o n d o . A nche la g n o seologia critica (K ant, eccetera) p u ò g iu n g ere a u n a metafisica siffatta, p oiché dal co n testo teleologico del la coscienza (trascen d en tale) si p erv ien e a u n senso ul tim o, che esige l’esistenza di Dio. In effetti, Troeltsch ha p o rtato la filosofia della reli gione fuori dalla teologia, in c en tran d o la sul p ro b lem a del legam e fra la storia della religione e la sistem atica della religione (si veda A lb rech t Ritschl, 1822-1889). In seguito, ricollegandosi alla «coscienza in gen erale» di Rickert, ha te n tato u n ’elaborazione e u n a critica ra zionale dei m ateriali relativi alla storia della religione.
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Introduzione alla fenomenolo^a della religione
Il fallim ento di q u esto tentativo lo ha sp in to alla ro ttu ra con la teologia. Egli in te n d e sostenere la filosofia della religione rece n te m ed ian te u n a « fen o m en o lo g ia prov'visoria», cioè u n a teo ria tipologica provvisoria del le religioni storiche, d efin en d o «psicologia della reli gione» questa descrizione. II fen o m e n o cen trale è la fede nella possibilità di vivere la presenza di Dio, lad dove la m itologia, l’etica, la sociologia della religione restan o al m argine. La psicopatologia e l’etn o lo g ia in dividuano il fen o m e n o orig in ario di tu tte le religioni nella m isdca, l’esperienza vissuta d e ll’u n ità in Dio. O vunque la religione si realizzi in term ini psichici so no necessari fo n d am en ti a priori, che p o i contrassegna no com e religiosi a p p u n to i singoU processi psichici. La gnoseologia della religione deve form ulare, in ter m ini analoghi a ira p n o n 'te o re tic o , u n a/>n'on religioso, che significhi u n a fissazione del c o n te n u to di verità, ossia del « m o m en to razionale» della religione in virtiì del quale soltan to diventa possibile qualcosa com e la «religione» (cfr. R ickert). Ratio significa successiva m e n te in Troeltsch una co n fo rm ità alla n o rm a, n o n solo in cam po logico, m a an ch e in cam po etico, e così via. La riunifìcazione d ell’o priori così individuato ed evidenziato con le m o dalità psichiche di m anifestazio ne della relig io n e spetta alla m etafisica religiosa. All’a priori religioso co rrisp o n d e, in T roeltsch, u n su p erio re m o n d o dello spirito, la cui esp erien za costituisce il fe n o m e n o religioso fond am en tale. In T roeltsch la m e tafisica religiosa è qualcosa di differen te in linea di p rin cip io dalla m etafisica filosofica, p ro p rio com e Va priori religioso è differen te d all’a /?norj teoretico. D opo di che p u ò avere luogo u n ’esposizione storica basata su u n prin cip io teleologico di sviluppo tratto dalla filo sofia della storia. A ciò d arà il suo c o n trib u to la m e tafisica, n o n p e rò u n a m etafisica dialettico-costruttiva, com e q u ella di H egel, bensì u n a m etafisica induttiva della religione. La filosofia della religione deve in o ltre trasform are l ’u lterio re sviluppo della religione e risol
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vere o discutere, ad esem pio, la q u estio n e della reli gione p u ra m e n te razionale, o del sincretism o, o p p u re la questione di u n a religione prescelta fra le grandi form e di religio n e (si veda S óderblom ), eccetera. La m etafisica della religione deve inserire la realtà di Dio nel co n testo del m o n d o . P erfin o aH 'in tern o di u n a filosofia gnoseologica il fo n d am e n to teologico e il sen so della fatticiià (Faktizitdt) d ella coscienza co n d u rran n o a u n a fede in Dio. NeH’am btto della filosofia della religione abbiam o quindi discipline; 1) la psicologia, 2} la gnoseo logia, 3) la filosofia della storia - queste tre riu n ite co stituiscono la scienza della religione - e 4) la metafisica, che è l’autentica filosofia della religione. M entre la scienza della religione è u n a disciplina filosofica com e la logica, l’etica e l’estetica, la m etafisica è fo n d ata su di esse com e am bito ultim o. Lo stesso Troeltsch, accanto a ricerche più specifiche (si veda SoùaUehren des Christentums, eccetera),' si è occupato so p rattu tto di filosofia della storia, m u tan d o il p ro p rio o rien tam e n to riguardo alla sua fondazio n e di principio. In passato egli conce piva la storia in senso teleologico, com e s\ilu p p o ascen dente. R ecen tem en te h a invece rivendicato a ogni epo ca della storia d ella religione il suo senso p ro p rio , sic ché nessuna epoca va p iù considerata u n m ero p u n to di passaggio. Dalla vivacità della vita em erg o n o motivi sem pre nuovi, n o n più razionalm ente concepibili, p e r l'ep o ca successiva. Le religioni scaturiscono d a m o m enti razionali e d a forze sp o n tan ee della vita, h a n n o il loro senso che si autonom izza trasform andosi nel m otore di u no sviluppo. N on si p u ò stabilire u n nesso logico-dialettico, e u n o schem a logico di sviluppo costìtirisce u n a violenza (si vedano Simmel e Bergson). Troeltsch si p o n e il p ro b lem a di u n a «dialettica stori1. Cfr, E. Troeltsch, Die Soziallchren der christUchen Kirchen und Grufipen, Mohr. T ùbingen, 1912 [crad. it. Le dottrine sociali delle chiese ( deigrtippi cristiani. 2 voli.. La Nuova Italia, Firenze, 1941-1966].
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ca» (si veda il suo saggio nella «Historische Zeitschrift»).* Egli ab b an d o n a così la filosofia della storia di R ickert to rn a n d o a Dilthey (si veda DerAufbau der geschichtlichen Welt in den Geistesunssenschafien) I suoi concetti fo n d a m entali sono « totalità individuale » e « co n tin u ità del di venire», n o n più «sviluppo» (cfr, la «connessione effi* ciente » di D ilthey). Troeltsch n o n h a an co ra a p p ro fo n dito la m odificazione, ch e n e consegue, della sua concettualità a priori sicché n o n è ch iaro se adesso egli si atten g a ancora, nel senso di R ickert (cfr. Sim m el), al concetto di a priori religioso (si veda la sua critica al li bro di O tto, Dos Heilige, apparsa nelle « Kant-Studien v del 1917).^
6. Osservazioni critiche N on in ten d iam o criticare la prospettiva di Troeltsch, bensì co m p re n d ere in term ini ancora più precisi la sua posizione di fondo. Si tratta di definire in m o d o scien tìficam ente valido l’essenza della religione. Troeltsch h a un q u ad ru p lice co n cetto essenziale di religione; 1. L’essenza psicologica d ellz religione; le specie della sua d eterm in atezza form ale. 2. L’essenza gnoseolo^ca della religione; Va priori d el la rag io n e religiosa. 1. Cfr. E. Troeltsch. Ùber den Begriff einer historischen Dialektik: l./ll. WintUlband, Rickert und Hegel. III. Der Merxismus. in «Historische Z d tsc h rift., 119e 120 (1919) e 120 (1919). 2. Cfr. W. Dilthey, Der Aujbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften, parte prim a, in «A bhandiungen d er KóniglichPreussischeri Akademie d er Wissenschaften », Philologische-historische Klasse, 1910 [irad. it. La costruzione del mondo storico nelle scienze delio spirito, in Critiea della ragione storica, a cura di P. Rossi, E inaudi,T orino, 1954, pp. 145'289). 3. Cfr. E. Troeltsch, Zur ReUgionsphilosophie (aus Anlafi des Buches vonR. Otto ùbrr-D osH eilige«, I 9 I 7 ) , i n «Kant-Studicn», 23, 1918.
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3. L ’essenza storica della religione, concepita com e ti pologia generale; la realizzazione dei p u n ti 1 e 2 nella storia. 4. L'essenza metafisica della religione: il religioso in q u an to p rin cip io di ogni a priori (posizione d ella reli g ione nel co n testo com plessivo d ella rag io n e). Solo tu tti e q u a ttro i con cetti fo rn isco n o u n p a n o ra m a co m p leto della filosofia d ella religione. D obbiam o co m p re n d e re ora in ch e m odo tale filosofia si riferisca alla religione, se cioè essa nasca dal senso della religio n e o se invece la relig io n e n o n sia subito co n cep ita in term ini oggettuali e in tro d o tta a forza in discipline filo sofiche, ossia inserita, in c o n te sa reali già sussistenti in sé p rim a della religione. Ci sono an c h e u n a psicologia, una gnoseologia, u n a filosofia d ella storia e im a m e tafisica della scienza e d ell’arte. D u n q u e queste disci pline della filosofia d ella religione n o n n asco n o dalla religione stessa in q u a n to religione. Il religioso è co n siderato e classificalo fin d a p rin cip io co m e obietto. La stessa filosofia d ella relig io n e è scienza d ella religione. Così l’in te ra p ro b lem atica è rinviata alla concezione della filosofia com e tale. Il co n cetto di relig io n e diven ta secondario. Si p o treb b e p en sare altresì a u n a socio logia o a u n ’ested ca d ella religione. U na indicazio n e train an te della filosofia della reli gione di Troeltsch è ra p p re se n ta ta dalla sua concezmie della Riforma. N ella R iform a egli n o n vede n u lla di nuovo; sostiene piu tto sto ch e si sia sviluppata in seno alla stru ttu ra m edioevale del senso. Il nuovo em erg e reb b e solo n el diciottesim o secolo e neH’Id ealk m o te desco. Così an ch e Troeltsch h a accolto nella sua filo sofia d ella religione m olti e le m e n d m edioevali e catto lici. A ragione gli si co n testa di n o n aver com preso af fatto L u tero - com e Dilthey. In fo n d o , ciò ch e in teres sa a Troeltsch è la metafisica della religiom, la prova dell'e sistenza di Dio. Tuttavia tale prova n o n è o rig in ariam en te cristiana, bensì d ip e n d e dal ra p p o rto fra il cristiane
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simo e la filosofia greca. Q u esta co n cezione m etafisica d e term in a an ch e la filosofia della sto ria di Troeltsch. N on in ten d iam o svolgere u n a critica di tipo co n te nutistico, bensì vedere in quale ra p p o rto stiano la reli gione e la filosofia, in che m o d o la relig io n e diventi oggetto della filosofia. La relig io n e è collocata da Troeltsch fra le q u attro d iscipline della filosofia della religione, d u n q u e in u n co n testo reale già p ro n to . N ella m isura in cui la co n sid erazio n e filosofica del m o n d o si m uove in am biti differenti, la relig io n e è col locata in questi am biti e osservata nel suo m o d o di esprim ersi al lo ro in te rn o . N ascono così i q u attro co n cetti essenziali della relig io n e. I q u attro am biti sono se parati n o n solo dal p u n to di vista del m eto d o , m a an che seco n d o il lo ro carattere reale. In base alla sua stru ttu ra e al suo carattere essenziale, la realtà psichica è qualcosa di d ifferen te daH’am b ito a priori della lega lità razionale, così com e tale am b ito è qualcosa dì dif feren te dalla realtà della storia - in p articolare della storia universale - , la q u ale è a sua volta qualcosa di differen te dalla realtà m etafisica ultim a, in cui è p e n sato Dio. N o n im p o rta quali siano le connessioni fra i vari am biti. D u n q u e la filosofia della religione n o n si d e term in a qui in base alla relig io n e stessa, bensì se co n d o u n o specifico co n cetto di filosofia e. precisam en te, secondo un co ncetto scientifico. P o treb b e sem b rare che la m etafisica di T roeltsch ci offra qualcosa di nuovo; la relig io n e n o n sarebbe p iù con sid erata com e obietto, giacché si a\Tebbe a ch e fare p iu ttosto con i! fen o m en o originario, !a n e ll’esistenza di Dio, che n o n sarebbe affatto rag g iu n ta p e r \'ia conoscitiva. Troeltsch p erò afferm a che, n ella m isura in cui la ra gione è u n ’u n ità, l'« o b ie tto - della fede va considerato com e o b ietto reale in rap p o rto ad altri obietti reali. In u n a considerazione ultim a e universale d e ll’obietto , l ’insiem e d e ll’esperire u m an o va elab o rato in concetti, sicché an ch e Dio è da considerarsi com e o b ietto reale. Si capisce q u i in o ltre com e T roeltsch abbia p o tu to
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m a n ten ere invariata la sua posizione in tem a di filosofia della religione, p u r m u ta n d o le sue concezioni filosofiche di principio. P er lui la religione è fin d all’i nizio obietto e, com e tale, p u ò essere sistem ata in dif ferenti conteso reali (in m o d o c o rrisp o n d en te ai diffe renti «sistem i» filosofici). E p ro p rio la possibilità in Troeltsch del costan te m u tam en to ch e costituisce il se gno più m arcato del fatto che egli postula la relig io n e com e obietto. P er T roeltsch il rap p o rto fra la religione e la scienza n o n è forzato. Trovandosi storicam ente in serita in un contesto culturale, la religione deve confrontarsi con la scienza, il che avviene in m o d o difensivo e negativo n el l'apologetica. Ma la scienza della religione, d eterm i n an d o n e an ticip atam en te il fu tu ro sviluppo, p u ò fo rn i re anche u n c o n trib u to positivo al perfezio n am en to della religione stessa. È vero d ie la scienza n o n fa la re ligione, p erò rap p resen ta u n fattore p roficuo del suo ulteriore sviluppo. Lo m ostra, secondo Troeltsch, la sto ria del cristianesim o, che avrebbe raggiunto la sua posi zione storica d o m in an te grazie al legam e co n la filo sofia antica. N on c ’è d ubbio, p eraltro , che attu alm en te le possibilità creative della filosofia della religione sia no esaurite. Si tratta solo di evidenziare la giusta possi bilità, Che cosa abbiam o ricavato p e r i nostri scopi d all’a nalisi di Troeltsch? A nzitutto u n ’idea c o n cre ta della filosofia della religione. Poi q u attro definizioni che si possono a ttrib u ire alla reUgione: q u ella psicologica, quella razionale-a priori^ q u ella storica e q u ella m eta fisica. Infine, è risultato che la filosofia si ra p p o rta alla religione in term in i di conoscenza obiettiva. A bbiam o d u nque arg o m e n tato co n tro la n o stra tesi della diffe renza radicale tra filosofia e scienza. Infatti, d ato che la filosofia deve trasfo rm are la relig io n e n e ll’o b ietto del la sua conoscenza, n o n è ch iaro in ch e m o d o la filo sofia d eb b a occuparsi della religione se, tra la filosofia e la scienza (cioè la conoscenza obiettiva), deve sussi
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stere u n a d ifferenza fo n d am e n tale del senso del rife rim en to . N on è forse vero che sia n ella « fen o m en o lo gia della religione » sia, ad esempio, nella fenom enologia della fruizione estetica, i « fen o m en i» d iv entano ogget ti della considerazione? Prim a p erò di so tto p o rre la re ligione a u n a co n sid erazio n e filosofica d eterm in a ta, si re n d e an zitu tto necessario esam inarla nella sua realtà concreta.
Ili IL FEN OM EN O DELLO STO RICO
7. Lo storico come fenomeno essenziale T enterem o ora di m e ttere in luce u n fenomeno essen ziale cììq d o m in a i contesti di senso delle tre paro le del titolo (« In tro d u zio n e alla fen o m en o lo g ia della religio n e» ). Q uesto fen o m e n o essenziale è lo «storico» {das Historische). M irando d u n q u e a stabilire, in ciò ch e il si gnificato del titolo in ten d e, lo storico com e fen o m e n o essenziale, p o trem o c o m p re n d e re p e r esperienza di retta in ch e senso i fen o m en i di cui ci stiam o o ccu p an do possano essere caratterizzati com e storici. In che senso « in tro d u zio n e» , «filosofia» e « religione» sono fenom eni storici} S em bra ovvio ch e I’« in tro d u zio n e» a una scienza sia storica. La scienza è u n insiem e di princìpi validi al di fuori del tem po. Il processo dell’in tro d u rre , invece, si svolge nel te m p o e d ip e n d e dal lo stato c o n tin g en te , storico-effettivo, della scienza, ec cetera. Lo stesso vale p e r la «filosofìa» e la «religio ne», poiché a n c h ’esse so tto stan n o allo sviluppo stori co. Ma lo storico n o n è forse in d ifferen te p ro p rio alla filosofia, che cerca ciò che vale in etern o ? In o ltre, la caratterizzazione di «storico» n o n si ad atta forse a qualsiasi fen o m en o ? Se p e rò afferm iam o che la p ro blem atica filosofica trae fo n d am e n talm en te la sua m o
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tivazione dallo storico, ciò è possibile solo in q u a n to il con cetto di storico è equivoco. E m erge c o m u n q u e la necessità di cogliere in linea di p rin cip io il p ro b lem a dello storico, senza acco n ten tarsi delle osservazioni del co m u n e b u o n senso. A bbiam o caratterizzato la filosofia e la religione com e sottoposte allo storico: «La iìlosofìa e la religione sono fenom eni storici» (esattam ente com e: «Il Feldberg e il K andel sono m ontagne», o p p u re: «L’università, il duo m o. la stazione sono edifici »). C om e sia possibile u n a siffatta caratterizzazione della filosofia è un problem a. In ogni caso, essa consiste n eire sp e rien za efifettiva della vita. C oncetti generali sono trattati com e obietti, cosic ché nel caso della caratterizzazione o p erata m ed ian te concetti generali ci si m uove in circolo senza uscire dal l ’am bito obiettivo. La questione, ora. è se vi sia la possi bilità di scoprire u n altro senso di «storico» che n o n possa assolutam ente essere attribuito agli obietti. Forse l’attuale concetto di storico è solo u n a derivazione di quel concetto originario, A questo scopo esam iniam o in m o d o ancora u n p o ’ più preciso in che senso vada inte sa la caratterizzazione « storico » d a noi ap p en a com piu ta. «Storico» significa qui; divenire, nascere, trascorrere nel tem po. È u n a caratterizzazione che si addice a u n a realtà. Finché si resta en tro la considerazione conosciti va dei contesti obiettivi, ogni caratterizzazione o ogni im piego del senso di «storico» sono sem pre d eterm i nati da questa anticipazione ( Vorgriff) concernente Vobietto. V obietto è storico; esso ha la proprietà di trascorrere nel tem po, di trasformarsi. N on partiam o dalla co n su eta filosofia della storia, che h a ex professo il com pito di trattare lo storico. N oi in ten d iam o lo storico così com e lo in co n triam o nella vi ta. n o n nella scienza della storia. «Storico» n o n si gnifica soltanto il trascorrere nel tem po, ossia n o n è so lo u n a caratterizzazione in e re n te a un contesto obietti vo. Tuttavia, sulla scorta di questa concezione, n e ll’e sperienza effettiva della vita e nello sviluppo diretto
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della filosofia com e atteggiam ento, lo storico assum e il carattere di p ro p rietà di u n obietto che si trasform a nel tem po. In u n senso assai p iù am pio rispetto al fatto sto rico sussistente solo nel cervello di u n logico, che risul ta soltanto d a u n o svuotam ento epistem ologico del fe nom eno vivente, lo storico è vitalità im m ediata.
a) 11 «pensiero storico» La «coscienza storica* sarebbe ciò che distingue la nostra ci\iltà attuale dalle altre. Il pensiero storico d e term ina in effetti la nostra civiltà e la re n d e inquieta; in prim o luogo eccitandola, incitandola e stim olandola; in secondo luogo ostacolandola. Esso significa: 1) un com pim ento; la vita si regge nella m olteplicità dello storico; 2) un peso. Lo storico è d u n q u e una potenza co n tro cui la vita cerca di affermarsi. B isognerebbe considerare lo sviluppo della coscienza storica nella storia vivente del lo spirito. Vi rinvio a Dilthey, che p eraltro , a m io avvi so, n o n h a colto il uocciolo del problem a. Ciò che Troeltsch afferm a in proposito (anche ciò che dice sulla Riforma) è essenzialm ente influenzato da Dilthey, ed è definito in m odo piii preciso solo nei contenuti. 1. La m ondanizzazione e l’autosuffìcieuza della vita effettiva, il fatto che si voglia assicurare la p ro p ria vita con mezzi in tram o n d an i, p o rta n o a u n a tolleranza ver so le concezioni estran ee m ed ian te le quali si vuole ot tenere nuova assicurazione. Ne deriva l’attuale sm ania di c o m p re n d ere fo rm e spirituali, di tipizzare focm e di vita, epoche e civiltà, sm ania che arriva fino alla con vinzione che con ciò si sarebbe rag g iu n ta la d im en sio ne ultim a. Ci si adagia su ciò e ci si rallegra della m ol teplicità della vita e delle sue form e. In questa panarchia del co m p re n d e re , la coscienza storica del p resen te perviene alla sua espressione p iù acuta. È in tal sen so che lo storico riem pie la vita (attu ale). Tuttavia, ciò che si afferm a com e logica storica e m eto d o lo g ia della
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storia non ha alcun contatto con la storicità vivente {lebendige Geschichtlichkeit) che si è p er così dire radicata nella nostra esistenza. 2. La tendenza opposta, quella che ostacola, consiste nel fatto che lo storico distoglie lo sguardo dal presen te, distrugge la spontaneità del creare e, in tal modo, lo paralizza. Ne deriva l’assalto contro lo storico da parte deH'attivismo genuino. b) Il concetto di storico Lo storico è il fenom eno che deve aprirci l’accesso {Ziigang) aH’autocom prensione della filosofia. La que stione fenom enologica del m etodo non riguarda il si stema metodico, bensì l ’accesso che conduce attraver so l’esperienza effettiva della vita. Per com prendere le nostre osservazioni è im portante considerare il conte sto metodico, il quale è m etodico nel senso dell’acces so che porta ai problemi stessi e che, come vedremo, svolge un ruolo decisivo nel filosofare. Lo scopo è ot tenere dall’esperienza effettiva della vita motivi per l’autocom prensione del filosofare. Solo in base a tale autocom prensione si concretizza per noi l'intero com pito di una fenomenologia della religione, che è do minata dal problem a dello storico. Se si ascolta in mo do diretto, effettivo, la parola problem atica «lo stori co», ci si trova - volendo filosofare su di essa - imme diatam ente rinviati alla filosofia della storia, credendo, con questo rinvio a una disciplina saldam ente circoscritta, di avere risolto già metà del compito. Non è tuttavia in base alla filosofia della storia che possiamo cogliere il fenom eno dello storico, poiché siamo contrari a ogni suddivisione della filosofia in di scipline. Con ciò lo storico ha, per così dire, perso la sua patria (rst heimatlos geworden), il suo luogo sistema tico. Dobbiamo quindi desum ere lo storico dalla vita effettiva. Non si dice mai: «Qualcosa ^storico», qual-
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cosa, un obietto, ha la proprietà di essere storico. Così 10 storico ricade in un contesto obiettivo. In tal modo anche la filosofìa e la religione sono ovviamente feno meni storici. Ma con questa caratterizzazione non si è detto nulla di significativo, poiché in questo senso an che l'arte e la scienza sono storiche. Anzi, proprio nel caso della filosofia tale caratterizzazione sembra essere secondaria, dato che l’im portante è ciò che la filosofia è in base al suo senso, a prescindere dal m odo in cui si è realizzala storicam ente. Solo se ci si interroga sulla validità dei princìpi scientifici lo storico svolge un cer to ruolo (per quanto negativo). Si sostiene che la vali dità di questi princìpi è indipendente dallo storico, è «sovratemporale», e che la considerazione dello stori co serve solo a m ettere in Ince tale fatto. Questo tutta via sarebbe più un ruolo secondario per lo storico, giacché in tal caso il senso della filosofia e del valere è già presupposto. Noi però affermiamo l ’im portanza dello storico per 11 senso del filosofare in generale, prima di tutte le que stioni riguardanti la validità. Ciò perché il concetto di storico è equivoco, e non ne abbiamo ancora colto il senso autentico. Il senso dello storico va chiarito in ter mini fenomenologici. Che cosa si intende quando si dice che un certo processo, u n ’impresa, eccetera, sono «storici»? Si intende che ogni accadere spazio-tempo rale ha la proprietà di stare in un contesto tem porale e diveniente. Si attribuisce dunque a un obietto la pro prietà di essere storico. Obietto {Objeht) e oggetto {Gegenstand) non sono la stes sa cosa. Tutti gli obietti sono oggetti, ma non tutti*gli oggetti sono obietti. C’è il pericolo di scambiare deter minatezze obiettive per determinatezze oggettive, così come, viceversa, si è indotd a prendere certe determ i natezze oggettive p er determinatezze obiettive, appli cando punti di vista formali a specifiche considerazioni oggettive. La cancellazione, da Platone in poi, di queste differenze è fatale. Ora, un fenomeno-non è né obietto né
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oggetto. In verità, in termini formali un fenomeno è an che un oggetto, cioè qualcosa in generale, però così non si è detto niente di essenziale sul fenomeno, dato che in tal modo esso è stato collocato in una sfera che non è la sua. E questo che rende così straordinaria mente difficile la fenomenologia. Obietti, oggetti e fe nomeni non possono essere messi l’uno accanto all’al tro come su ima scacchiera, poiché anche questa sistemadzzazione degli oggetti è ìnadeguata ai fenomeni come tali, e dal punto di vista della fenomenologia una dottrina delle categorie o un sistema filosofico perdo no senso. E importante per noi anzitutto solo la differenza di obietto c oggetto. Peculiare di un obietto è dunque l’essere determinato temporalmente; con ciò esso è storico. Non sembra individuabile un concetto di storico più ge nerale di questo. La realtà storica andrà modificandosi ogni volta a seconda del carattere dell’obietto, però in linea di principio lo storico sarà lo stesso. Anche l’appli cazione dello storico alla realtà umana sarà ima deter minazione di questo storico-obiettivo {das Objekts-Historisdif). L’uomo stesso nella sua realtà è, in quanto obietto, nel tempo, sta nel divenire. Essere storico è appunto una delle sue proprietà. Questa concezione dello stori co si sviluppa ancora totalmente nella sfera del comune buon senso. Ma la filosofia non è altro che una lotta contro il comune buon senso! Non si può liquidare il problema dello storico in questo modo, per quanto diffìcile possa essere, oggi, giungere a uria concezione differente. Se ci basiamo sulla filosofia della storia attuale e lascia mo che sia essa a sottoporci i problemi, non oltrepasse remo mai il « concetto-obietdvo » (Objekts-Begriff) di sto rico or ora descritto. E per questo che vogliamo prende re le mosse dalla vita effettiva. L’odierna filosofia della storia assume allora importanza solo come una conce zione eflfettiva del problema storico. Noi però non ci po niamo sul suo terreno, non la seguiamo, bensì cerchia
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mo soltanto di comprendere quali siano i motivi auieniici di tale concezione della filosofia della storia. Per ac quisire una comprensione profonda sarebbe necessario immedesimarsi nell’intera mentalità contemporanea. Qui possiamo evidenziare solo alcuni indirizzi di fondo. c) Lo storico neU’esperienza effettiva della vita Lo storico svolge un ruolo nell’attuale esperienza ef fettiva della vita secondo due indirizzi principali: 1) in positivo la molteplicità delle forme storiche dà alla vita un compimento e lascia che si posi nella molteplicità del le conformazioni storiche; 2) in negativo lo storico è per noi un peso, un ostacolo. Da entrambi i punti di vista lo storico è inquietante. O^ntro di esso la vita cerca di affermarsi e di assicurar si. La questione è se ciò contro cui la vita effettiva si af ferma sia ancora realm ente lo storico. A tale proposito sono importanti le ricerche di Dilthey: Einleitung in die Geisteswissenschaften,^ Die Aufklàrung und die geschichtliche Welt (in «Deutsche Rundschau»),* Analyse undAuffassung des Menschen im 15. und 16. Jahrhundert (in Gesammelte Werke, II).* 1. Cfr. W. Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschaften. V^rsuch einer GnindltgungfUr das Studium àer Geselhchafì und drr Gesckichte, voi. I, Duncker & Humblot, Leipzig. 1883 [trad. it. Introduzione alle scienu dello spirito. Ricerca di una fondazione per lo studio della iocietà e del la storia, a cura di G.A. De Toni, La Nuora Italia. Firenze, 1974]. 2. [11 titolo corretto è il seguente;] Das achlzehnleJahrhundert und diegeschichtlichs Wflt, in «Deutsche Rundschau», 108, 1901. S. [Il titolo corretto è il seguente:] Auffassung und .\nabtie des Men schen im 15. und 16. Jahrhundert, in Weltansckaviung und Analyse des Menschen seit Renaissance und Re/armation, ia Gesammeltt Schriften, voi. II. Teubner, Lcipzig-Berlin, 1914 [trad. il. di G. Sanna, L'ana lisi dell’uomo e Ut intuizione della natura. Dal Rinasamento al secolo XVIII, 2 voli.. La Nuova Italia, Venezia, 1927; rist ai\ast., La Nuova Italia, Firenze, 197-1].
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L’espressione della coscienza storica è in u n p rim o m o m en to equivoca. C ’è u n a scienza della storia p er ché lo storico svolge u n ru o lo nella n o stra vita attuale, e n o n viceversa. «Pensiero storico» p u ò significare u n a q u an tità di cose: nel caso di u n o b ietto storico n o n h o affatto bisogno di p en sare in term in i storici, e d ’al tro n d e posso p en sare in term in i storici senza avere di nanzi a m e u n o b ietto storico. II p ro b lem a dello stori co acquista il suo significato dal fatto che, m ed ian te il distacco da u n d eterm in a to (attuale) p u n to di vista ideologico, lo storico ap re gli occhi p e r altre form e di vita e altre ep o ch e culturali. O ra, o in questo co m p re n dere onnicom prensivo, in questo accrescim ento d el l’accessibilità e d ell’a p e rtu ra com e tali, si scorge il m as simo che il n o stro tem p o attuale, d o ta to di u n a e n o r m e sensibilità, h a da offrirci - oppure si so tto p o n g o n o i differenti tipi com parsi nella storia p e r così d ire alla scelta e alla decisione fra gli uni e gli altri, scelta ch e deve fondarsi sul lo ro confronto. In m odo an co ra più in ten so , tuttavia, lo storico è p ercep ito oggi com e u n peso. Esso ostacola la nostra sp o n tan eità creativa. La coscienza storica accom pagna costantem en te, com e u n ’om bra, ogni tentativo di n u o va creazione. Subito si risveglia la coscienza della cadu cità e ci priva d e ll’entusiasm o p e r l’Assoluto. O ra, p o i ché tu tto aspira a p erv e n ite a u n a nuova cu ltu ra spiri tuale, la coscienza storica intesa in questo senso o p p ri m e n te va estirpata, sicché l ’afferm ar-si {sich-behaupten) co n tro lo storico è, in senso p ro p rio , u n a lotta p iù o m en o ap erta co n tro la storia.
8. La lotta della vita contro lo storico In questo tentativo di afferm arsi c o n tro lo storico possiam o distinguere tre \4e. Si tratta forse di u n a di stinzione u n p o ’ forzata, an ch e ten u to co n to che oggi
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la vita spirituale n o n ha più la chiara consapevolezza di confrontarsi co stan tem en te co n la storia. a) La via platonica-, lo storico è qualcosa rispetto a cui si deve p erv en ire a u n distacco (M kekr). L ’afferm ar-si è un distacco dallo storico in q u an to tale. b) La via del radicale consegnar si {sich-ausìieferTÌ) allo storico (S pengler). c) La via del com prom esso fra gli estrem i a e b. (Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschajterv, Sim m el. Probleme der Gfschichtsphilosophie,^ e l’in te ra filosofìa del la storia di W indelb an d e Rickert). T entiam o di co m p re n d ere, in m o d o schem atico, queste vie p e r liberarsi d all’effetto in q u ie ta n te dello storico, al fine di cogliere il senso sia dello storico stes so sia delle te n d en ze a liberarsene.
a) La via platonica La via platonica è la p iù accessibile e - visto che è la filosofia greca a d e te rm in a re in m odo essenziale la vita spirituale o d ie rn a - è quella d ata in p rim o luogo e più diffusa. La realtà storica n o n è l ’unica, n o n è la realtà fondam entale, giacché p u ò essere com presa solo fa cendo riferim en to al regno delle idee, co m u n q u e le si in tenda nello specifico: com e sostanze, valori, n o rm e o princìpi razionali. C ’è da n o tare che in P latone, e an cora oggi, il m otivo della scoperta del reg n o sovxatemporale si situa neU’am bito della conoscenza teoretica, della logica, dove, n ella lo tta c o n tro lo scetticism o (P rotagora), ai processi conoscitivi che si svolgono nel tem po si c o n tra p p o n e il c o n te n u to di conoscenza, giungendo così a u n co n cetto di verità inteso com e 1. Cfr. G. Simmel. Die Probteme dfr Gcschichliphihsophie. Eine. eriunvlnistheorctisc.he Sludif, D uncker & Hximblot, Leipzig, 1892 [trad. it. ! prohkmì della filosofa della storia, a cura di V. d'A nna, Marietti, Ca sale M onferrato, 1982],
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lìdità in sé di p rin cìp i teorici. O ra, nella m isura in cui questo pensiero teoretico svolge un ru o lo fo n d an te in G recia - quindi nella m isura in cui tu tto è solo in q u an to è conosciuto - , a causa di questa posizione do m in an te del teo red co sia l’agire m orale sia il p ro d u rre artistico e pratico sono u g u alm en te riferiti a u n a realtà ideale di n o rm e e valori. Il p rim ato dei logico (teo reti co) è riconoscibile dalla posizione di P latone nei co n fro n ti di Socrate, cioè d all’in terp reta zio n e della sen tenza «la virtù è sapere». S econdo Platone, soltan to m ed ian te il sapere è possibile u n a vita virtuosa. R im ane p e rò la difficoltà del ra p p o rto tra le idee e il m o n d o sensibile, u n p ro b lem a di cui finora questa filosofia n o n si è m ai p re o cc u p ata a dovere. N el plato nism o m o d e rn o c ’è u n am pio sp ettro di possibilità: gli u n i dicon o ch e la realtà è solo l ’occasione p e r la vi sione d elle id ee, l ’àvdfivriai.;; gli altri co n cep isco n o lo storico com e qualcosa ch e p re n d e fo rm a a irin te r n o della realtà stessa. Le teo rie sul ra p p o rto fra i d u e m o n d i sono varie e n o n ci devono in teressare u lte rio rm e n te . In og n i caso, lo storico è d iventato qu alco sa di secondario.
b) Radicale consegnar-si R ispetto a questa p rim a via, la seco n d a ra p p resen ta u n a co m p iu ta radicalizzazione in senso opposto, m a in linea di p rin cip io si sviluppa nello stesso m odo, sicché oggi, n ella lo tta fra assolutism o e scetticism o, en tram b i i p artiti si m uovono nella m edesim a d irezione, com b a tte n d o p e r qualcosa su cui n o n h a n n o fatto chiarez za. La seco n d a e la terza via sono fo n d ate in m o d o es senzialm ente gnoseologico. Q uesta fondazione gnoseo logica va chiarita. A nche il platonismo ha o tte n u to u n a sim ile fondazione gnoseologica, p e rò la sua au ten tica p ecu liarità consiste nella fo n d azio n e ontologka {seinsIheoretisch) di u n a legalità soprareale {ùberwirklich). La
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com piuta fondazio n e gnoseologica della seconda e della terza via ci è stata fornita da Sim m el in Probleme der Geschichtsphilnsophie. Eine erkenntnistheoretische Studie (prima ediz. 1892, seconda ediz. 1905, terza ediz. 1907). La sua posizione n o n è originale, giacché la prim a for m ulazione radicale del p ro b len ia è stata data da Dil they nella Einleitung. La filosofia della sto ria di W indelband e R ickert è solo u n ’analisi vuota e fo rm ale dei punti di vista già messi in luce d a Dilthey. S u p eran d o questa logica della storia, oggi si fa fin alm en te rito rn o a Dilthey e, a distanza di c in q u a n t’an n i, si com incia un p o ’ alla volta a co m p ren d erlo . Se si vuole co g liere in term in i filosofici il p ro b lem a dello storico n o n co n v ien e p a rtire dalla filosofia d e l la storia, d ato che essa ra p p re s e n ta solo u n a co n fig u razione d e te rm in a ta di u n a coscienza sto rica in m e n to alla quale è d u b b io se sia scatu rita a n c h ’essa da una m otivazione sto rica o rig in aria. E significativo che il co m p ito di d ifen d e rsi dallo storico spetti alla filosofia. C aratterizzazio n e delle tre vie: la m o d a lità della relazione, il senso del rife rim e n to d ella te n d e n za all’assicurazione e il senso d ella co n cezio n e della storia stessa. Simmel do m an d a: c o m ’è ch e dalla «m ateria» della realtà im m ed iata em erg e q u el co stru tto teo retico che chiam iam o •. L’«atteg giam ento» è un riferim en to agli obietti tale che in es so il c o m p o rtam e n to è co m p letam en te riassorbito nel contesto reale. Io m i reg o lo soltanto sulla cosa, mi stacco da me o rien tan d o m i sulla cosa. Con questo «atteggia m ento» è al tem p o stesso «'sospeso» {eingestellt nel sen so di «sm etterla con q u alco sa>-, ad esem pio com e q u an d o si dice der K am pf tvird eingesteilt, « la lotta è so spesa >) il riferim en to vivente all’oggetto d ella co n o scenza. A bbiam o d u n q u e un d o p p io senso d ella p aro la Einstellung: anzitu tto l’atteg g iam en to che ci colloca in un am bito reale, in seco n d o luogo la «sospensione » d ell’in tero riferim en to u m an o al co ntesto reale. In questo senso definiam o einstellungsmàfiig, «conform e airatteggiam ento> ', il riferim en to alla storia nelle tre «vie». Q ui la storia è cosa, obietto risp etto al quale sono eingesteilt, «atteggiato» co n fo rm e m en te alla co n o scen za. A nche Spengler, n el corso delle sue considerazioni, m ostra che ciò che ci in q u ieta è id entico a ciò che è in quietato; en tra m b i sono espressione d ell’an im a di u n a civiltà. Il suo riferim en to è conoscitivo q u an to all'at teggiam ento. L’analisi m o rfologica di tipi n o n è che la fondazione e il co n so lid am en to del contesto reale in base a sé m edesim a. Essa liq u id a u n contesto reale in senso logico: la tipizzazione «liquida» la storia. Q u an do si dice che il co m p o rtam e n to ch e costruisce sistemi è u n c o m p re n d e re , con ciò si in te n d e al tem p o stesso un comprendere come atteggiamento, ch e p erò n o n ha n u l la a che fare con il comprendere fenomenologico.
b) Il senso dello storico stesso Che cos’è d u n q u e ciò che è inquietato? Da che cosa è motivata l’inquietudine? P er o ra possiam o esam inare ciò solo in q u an to ci è d ato nel senso delle tre vie e qui vi è form ulato in concetti. L’elem en to peculiare delle tre vie consiste in questo: ciò ch e l'assicurazione cerca
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n o n viene considerato u n problem a. Ciò ch e l’assicura zione cerca e ciò che è inq u ietato sono u n a ovvietà. Do ve è preso in considerazione, il fen o m e n o deH’inqiiietu d in e è già visto en tro lo schem a platonico. 1. R ispetto a quello o riginario il platonismo attuale è m odificato dall’assim ilazione della filosofia kantiana. A nche il neokantism o (le scuole di C ohen e di Wind elb an d ) te n ta dì re in te rp re ta re P lato n e su questa b a se. Il platonism o diventa « trascen d en tale >' ed è ap p li cato co n fo rm em en te alla coscienza, m e n tre fra il tem p o rale (io storico) e il so v ratem p o rale (il m o n d o d el le idee) su b en tra, com e terzo reg n o , con fu nzioni di m ediazione, il reg n o del senso (scuola di M arburgo, Rickert). In che term ini la soggettività costituisce la m ediazione? Gli atti di coscienza, le facoltà e le attività della coscienza accadono, si svolgono, h a n n o un d e corso «psichico>', m a, oltre a ciò, h a n n o an ch e un sen so in virtù del quale sono riferiti a oggetti, e tale rela zione è d eterm in a ta d a n o rm e. Le difficoltà del plato nism o n o n fan n o che rip resen tarsi in fo rm a più sofisti cata. 2. Spengler. Il fatto decisivo è questo: ciò che è au tentica realtà, l’insiem e di atti {Aktzusamìnenhang) d el l’esistenza storica, la realtà storico-um ana, la vita e l’e sistenza attive esigono u n assicurazione, e da ciò nasce la cura. Q uesta realtà storica attiva e creativa S p en g ler e altri la chiam an o «civiltà». 3. N el caso della terza \na em erg e c h iaram en te ciò che si in te n d e p e r «bisognoso di assicurazione» {sicherungsbedùr/tig), senza p e rò che tale in q u ietu d in e di venti di p e r sé problem a: l’esistenza è u n a cosa ovvia, cui n o n è più necessario p restare atten zio n e; l’unica cosa c h e im p o rta è invece assicurarla. La terza via è d efin ita «filosofia della vita». Sim m el concepisce la vi ta in senso più biologico, Dilthey in senso più sp iritu a le, S pengler collega in m odo peculiare la p rim a e la terza via. La «vita» è la realtà fo n d am e n tale e si assicu
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ra m ed ian te il suo «volgersi aU’idea».* Le idee so n o le «dom inanti della vita» (Sim m el). La vita ten d e qu in d i ad assicurare se stessa o cantro la storia {prima via), o con la storia {seconda via), o p p u re in base alla storia {terza via). Il co n cetto d i vita è eq u i voco e, d a questo p u n to di vista form ale affatto g en e rale, avrebbe senso u n a critica deU’o d ie rn a filosofia della vita. Solo se si riesce a co n cep ire in term ini origi nariam ente positivi questo co n cetto u n a critica è giu stificata, m a n o n in un senso diverso, altrim en ti essa di sconosce i motivi au tentici della filosofia della vita, ri cacciandola n el rigido platonism o. C he p e r la via pla tonica la realtà storico-um ana n o n sia co m p resa in ba se a se stessa, bensì solo in relazione a contesti di valo re a priori, ap p are evidente in Rickert. Egli sostiene che l’individuo u m a n o nella sua unicità è soltanto ciò che ha fatto p e r i valori della civiltà. Così il co n cetto di in dividuo è co n cep ito in term in i p u ra m e n te platonici.
c) È sufficiente l’assicurazione? È sufficiente l'assicurazione p e r ciò che p ro d u ce l’inquietudine? Ciò che è in q u ietato , la realtà della vi ta, Tesserci {Dasein) u m an o nella sua cu ra p e r la p ro pria assicurazione, n o n è colto in se stesso, bensì con siderato com e obietto e inserito com e tale n ella realtà storica obiettiva. La cu ra n o n trova risposta, m a è subito obicttivata. Su questo p u n to S p en g ler è il p iù ch iaro di tutti e p o rta all’estrem o le ten d en ze della filosofia at tuale. Egli vuole assicurare la scienza della storia. Con la sua convinzione di essere stato il p rim o a fare della
1. Cfr. G, Simmel, Lebensanschauung. Vier metaphysische Kapitel, Duncker 8c H uiublot, M ùnchen-Lcipzig, 1918. p. 28 [txad. it. di F. Sternheim, Intuizioni’ della vita. Quattro rapitoli metafisici. Introdu zione di A. Banfi, Bom piani, M ilano. 1938; nuova cdiz. a cura di G. Antinolfi, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1997].
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storia una scienza, egli h a p recisam ente distrutto la sto ria, ha matemalizzato la storia universale: i tipi stan n o l’u n o accanto all’altro com e palazzi. E la considerazio n e form ale, estetica, d e ira n im a e d e ll’espressione è applicata alla storia daH’esterno. Si h a n n o d u n q u e una ten d en za estetica e u n a ten d en za m atem atica. La vita p reo ccu p ata (bekiimmert) è collocata in u n contesto storico, m e n tre alla ten d en za au ten tica della cura n o n si p resta attenzione. C om e p u ò accadere che, n o n o stan te ciò. le tre vie della vita siano riconosciute com e assicurazione? Q u e sto avviene p erch é la cu ra è già toccata m ed ian te l'a n ticipazione ( Vorgriff) della considerazione. La cu ra è anc h ’essa re in te rp re ta ta com e atteggiam ento. Ciò d ip e n de dalla ten d en za della vita effettiva a d ecad ere q u an to all’atteggiam ento. È così che, n e ll’« anticipazione d ell’atteggiam en to » (Eiìistellnngsvorgriff), la cu ra stes sa diventa obietto. Sta qui il vero e p ro p rio punto di rottura d e ll’in tero p ro b lem a dello storico. In questo m o d o il senso della storia, che è p red elin eato nella cu ra stessa, n o n p u ò diventare com prensibile. Si dà qui la possibilità di sop p o rta re il carattere di atteg g iam en to della co n sid era zione dello storico e, q u indi, di scoprire il vero effetto in q u ietan te. Bisogna evitare di d esu m ere il fen o m e n o dello storico dalla scienza d ella storia, L’avere p o stu la to la logica della storia com e disciplina fo n d am en tale della filosofia della sto ria p o n e fin d a p rin cip io il p ro b lem a in im contesto sbagliato. Il senso, conforme all’at teggiamento, della storia ch e co m p are qui è derivalo. In g e n e re accade che, p ro p rio all’opposto, si facciano deri\'are e rro n e a m e n te d a esso tu tti gli altri fen o m en i storici. D obbiam o d u n q u e cercare di cogliere m viodo manifesto il fen o m e n o della cu ra n e ll’esserci effettivo.
10. L a cura dell'esserci effettivo Com e agisce la cu ra {Bekùmmerung) n ella vita effet tiva? Nelle tre vie la relazione tra l ’esserci effettivo e la cura è intesa com e relazione d ’ordine {Ordnungsbeziehung). L’esserci p reo ccu p ato {das bekùmmerteDasein) è inserito in u n contesto obiettivo. M a in ch e ra p p o rto sta Tesserci p reo cc u p ato in q u an to tale co n lo storico che com pare nelle tre vie? L’esserci p reo ccu p ato è sol tanto u n « fram m en to di o b ietto» {Objekts-Ausscknitt) facente p arte di un in tero , g ran d e o b ietto (la totalità dell’accadere storico obiettivo). L’esserci in q u ietato si difende a) co n tro il cam biam ento; co n tro Tesserci che ha carattere di accad im en to (geschehnishafi). D etto nei term ini della filosofia trascendentale: la coscienza è più che un decorso di atti. Gli atti h a n n o u n senso, b) L’esserci p ro p rio , p resen te, n o n aspira soltanto a un senso in g en erale, m a an ch e a u n senso concreto, diverso da quello delle civiltà del passato, d u n q u e a u n nuovo senso che elevi quello della vita p rece d en te. Esso vuole essere u n a nuova creazione, che p u ò essere del tu tto originaria, o u n a « g ran d e sintesi», o p p u re u n a «fuga dalla b arb arie» , o co m u n q u e si vogliano definire tali tendenze. La n o stra in d ag in e n o n co n sid era il lato del co n te nuto e la sua legittim azione. Al co n trario , p a rte n d o da questa espressione delTesserci p reo ccu p ato , ten tiam o di rito rn are alTesserci stesso. S em bra p erò che, così fa cendo, siam o tornati al p u n to di parten za. C erchiam o di co m p ren d ere Tesserci p reo ccu p ato in base alla n o stra p ro p ria esperienza della vita. In che ra p p o rto sta il proprio esserci vivente - in q u a n to in q u ietalo dalla sto ria - con la storia stessa? In che rap p o rto sta da sé con la storia la vita effettiva? Q ui le teo rie rim an g o n o com pletam ente al m argine, p erfin o l'id e a che la realtà sto rica sia la realtà delT accadere che scorre n el tem po. Noi tentiam o solo di d eterm in a re il senso della storia in base all’esperienza effettiva. Le difficoltà del proble-
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ma sono quelle con cui la filosofìa deve lottare sempre di nuovo a ogni passo e di fronte a ogni questione. Ciò nonostante, il filo conduttore delle nostre considera zioni rim arrà il vecchio concetto di storico. Per com prendere come ciò sia possibile dobbiamo anzitutto esp>orre un caposaldo del m etodo fenom enologico. Il confronto con la storia è oggi talm ente pecu liare che si può dire: com battono con arm i che essi stessi non com prendono e che appartengono proprio a ciò che com battono. Le tendenze all’assicurazione contro la storia hanno il medesimo carattere della sto ria concepita come tale, sicché il problem a si muove costantem ente in un circolo, e una teoria della storia si sostituisce all’altra. Con ciò non intendo dire natural m ente che un giorno potrem m o contare su una filo sofia della storia valida p er l’eternità - questo è un ideale com pletam ente non filosofico - , giacché qui si tratta di un confronto con la storia che nasce piuttosto dal senso dell’esserci effettivo. Nelle tre vie considerate. Tesserci inquietato è inte so come un obietto aU’interno della storia stessa. Scom pare così ciò che in senso proprio (originario) è in quietato, e la soluzione deH’inquietudine diventa assai semplice. Noi dom andiam o però; che cos’è che, in sen so propìio, si vuole assicurare dalla storia? In tutte e tre le vie la vita, la realtà storico-umana, em erge come ciò che deve avere un senso. Nella filosofia attuale questa sfera non diventa un problem a o, per lo m eno, è con cepita solo entro lo schema concettuale della relativa filosofia. Né ci si chiede se, per caso, non sia impossi bile cogliere il senso dell’esserci effettivo con i mezzi filosofici attuali. Non si chiede nem m eno come Tesser ci effettivo possa essere esplicato {expliziert) in termini originari, cioè filosofici, ^ m b r a quindi che si renda necessario colmare qui una lacuna che si apre nell’at tuale sistema filosofico delle categorie. Apparirà tutta via chiaro che tramite l’esplicazione {Explikalion) delTesserci effettivo sarà fatto saltare tutto il tradizionale
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sistema delle categorie; a tal punto saranno radical mente nuove le categorie deU’esserci effettivo. L’esserci effettivo, inteso come un accadere avente un decorso obiettivo, non può semplicem ente essere cieco, bensì deve recare in sé un senso, esìgendo quin di per sé una determ inata legalità. Tuttavia non si pre tende solo u n a legalità in generale, giacché il presen te vuole edificarsi ulteriorm ente nel futuro, in una nuo va creazione del proprio esserci e di una propria nuova civiltà. Questa tendenza attribuisce all’esserci effettivo un particolare risalto, e ogni sforzo si concentra su di esso. Lasciamo da parte la concezione della storia di cui abbiamo discusso e dom andiam o: in che rapporto sta lo storico con l’esistenza effettiva della vita stessa? Che senso ha lo storico nell’esistenza effettiva della vita? Una difficoltà è questa: che cosa si intende qui pro priamente con «storico»? Già nella domanda uso un senso determ inato di «storico». H o già presente un determinato senso in base al quale decido in che senso lo storico com paia n eiresperienza effettiva della vita. È possibile che già con la formulazione della dom anda sia introdotto un senso determ inato (che forse dà di sturbo) di «storico»? Ma se voglio cogliere lo storico nell’esistenza effettiva della vita non posso concepire la domanda in modo diverso. Questa è una difficoltà che emerge nell'intera fenom enologia, portando facil mente a frettolose generalizzazioni.
IV FORMALIZZAZIONE E INDICAZIONE FORMALE
11, 77 senso generale di < » a « co lore», oppure da «colore» a «qualità sensibile» è lo stesso del passaggio da «qualità sensibile» a «entità» e da «entità» a «oggetto»? Evidentem ente «o! C ’è qui una frattura: il passaggio da «rosso» a «colore» e da «colore» a «qualità sensibile» è generalizzazione, quello da «qualità sensibile» a «essenza» è formalizzazione. Si può dom andare se la determ inazione «qualità sensibi le» definisca «colore» nello stesso senso in cui la de terminazione Jormak «oggetto» definisce un qualsiasi oggetto. Evidentemente no. Ciò nonostante la distin zione tra generalizzazione e formalizzazione n o n è an cora del tutto chiara. Nella sua attuazione la generalizzazione è vincolata a un determ inato ambito reale (Sachgebiet). La scala delle
1. Cfr. E. Husserl, Ideen zu ei'ner reinen Phànommologie und phànomenologischm Philosophie. AUgemeine Einjùhrxtng in die reim; Phàrìomenologie, in .Jahrbuch fùr Pbilosophie u n d phànom cnologiscbc Forschung», voi. I / l , Niemcycr, Halle. 1913 [trad. ÌL Idee per una feno menologia pura e una filosofia Jenomenologica. Introduzioni- alla frnomrnologia pura, a cura di E. Filippini. Einaudi, Torino. 1965].
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«generalità» (specie e generi) è d eterm in a ta in modo conforme alla realtà {sachhalti^. La co rrisp o n d en za con il contesto reale è essenziale. Diverso è il caso della for malizzazione'. ad esem pio «la p ietra è u n oggetto». Q ui l’atteggiam ento n o n è vincolato alla co n fo rm ità alla realtà (cioè alla reg io n e delle cose m ateriali e sim ili), bensì è Ubero d all’essere co n fo rm e alia realtà. Ed è li bero an ch e da ogni o rd in am en to gerarchico: n o n ho bisogno di avere attraversato alcuna universalità infe riore per, ad esem pio, salire g rad u alm en te alla « su p re m a universalità» «oggetto in g en erale ». La predicazio ne form ale n o n è vincolata a ll’essere co n fo rm e alla realtà, ep p u re dev’essere co m u n q u e m otivata in qual che m odo. C om ’è motivata? Essa nasce dal senso del ri ferimento delVatteg^amento {Sinn des Einstellungsbezugs) in q u an to tale. La « d eterm in atezza del ch e cosa» {die Wasbestimmtheit) io n o n la vedo traen d o la fu o ri d all’oggetto, bensì gliela vedo (la sua d eterm in atezza) p e r co sì dire «addosso». Devo distogliere lo sg u ard o dal « co n ten u to del che cosa» {Wasgehalt) e b ad are soltan to al fatto ch e l’oggetto è dato ed è colto in m o d o conform e all’atteggiam ento. La form alizzazione nasce d u n q u e dal senso del riferim en to del p u ro riferim en to dell’atteggiam ento stesso, e non, p er esempio, dal «“con tenuto del ch e cosa” in g enerale». Solo in base a ciò possono essere intese le d eterm i natezze del riferim ento degli atteggiam enti {dieBezugsbestimmtheiten der Einstellungen). O ra, p e r co m p ren d ere l’origine del teoretico, il p u ro riferim ento d ell’atteggia m en to dev’essere considerato a sua volta com e attu a zione. Tuttavia il filosofare - com e ved rem o in seguito - va colto nella sua originaria attuazione d ell’atteggia m ento (EinstellungsvoWzng), poiché allora si chiarisce anche il ra p p o rto fra l’esplicazione fenom enologica e il co m p o rtam en to cogitativo {denhmàfiig). L’o rigine del form ale sta d u n q u e nel senso del riferim ento. La « m ol teplicità del senso del riferim ento» {Bezugssinns-Mannigfalti^eit), che si esprim e nelle categorie formali-on-
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tologiche, circoscrive l’atteggiam ento teoretico in a u tentico nel suo senso