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Italian Pages 172 Year 1967
Enciclopedie pratiche Sansoni
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Enigmi e giochi matematici
a cura di Martin Gardner
Sansoni
Titolo originale: Mathematical puzzles and diversions Simon and Schuster Inc. New York Copyright © 1959 by M. Gardner Per il materiale pubblicato in « Scientific American » Copyright © 1956-1958 Traduzione di Mario Carlà I edizione nella « Biblioteca di Galileo » Aprile 1967 II edizione nella « Biblioteca di Galileo » Novembre 1967
Copyright © 1972 by G.C. Sansoni editore, nuova s.p.a., Firenze
Indice
Introduzione 1. GLI ESAFLEXAGONI Appendice 2. MAGIA CON LE MATRICI Appendice 3. NOVE PROBLEMI
Pag.
VII
1 7 13 18 20
Il ritorno dell’esploratore, 20 – Il poker a carte scoperte, 20 – La scacchiera mutilata, 20 – Il bivio, 21 – Le scatole dall’etichetta sbagliata, 21 – Bronx contro Brooklyn, 22 – Il taglio del cubo, 22 – Il viaggiatore in anticipo, 22 – Le monete false, 23 – Risposte, 24. 4. FILETTO
32
Appendice
39
5. PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ
40
6. IL GIOCO DELL’ICOSAEDRO E LA TORRE DI HANOI
47
Appendice 7. STRANI MODELLI TOPOLOGICI Appendice
51 53 60
Indice 8. IL GIOCO DELL’HEX
VI
62
Appendice
66
Risposte
69
9. SAM LLOYD: IL PIÙ GRANDE ENIGMISTA D’AMERICA
71
Appendice
78
Risposte
78
10. GIOCHI MATEMATICI CON LE CARTE
82
11. MEMORIZZAZIONE DEI NUMERI
87
12. ALTRI NOVE PROBLEMI
93
Le sigarette che si toccano, 93 – I due traghetti, 93 – Trovare la diagonale, 93 – L’abile elettricista, 93 – Attraversamento di un reticolato, 95 – I dodici fiammiferi, 95 – Il buco della sfera, 95 – Le coccinelle innamorate, 96 – Quanti bambini?, 97. Risposte 13. I POLIMINI Appendice 14. INGANNI MATEMATICI Appendice 15. NIM E TAC TIX
97 107 121 122 128 130
Appendice
139
Risposte
139
16. DESTRA O SINISTRA? Appendice Per chi volesse approfondire gli argomenti
140 146 150
INTRODUZIONE Il lato divertente, che rende ricreativo il passatempo matematico, può presentarsi sotto varie forme: un indovinello da risolvere, un gioco competitivo, un trucco magico, un paradosso, un inganno o, semplicemente, della matematica con ogni sorta di scherzi e curiosità stimolanti. Sono, questi, esempi di matematica pura o applicata? È difficile dirlo. In un certo senso la matematica ricreativa è matematica pura, non contaminata da criteri utilitaristici. In un altro senso è matematica applicata, in quanto soddisfa l’universale bisogno umano di giocare. Forse questo bisogno di giocare si nasconde anche nella matematica pura. Non vi è molta differenza fra il piacere provato da un dilettante nel risolvere un abile rompicapo ed il piacere che un matematico prova nel dominare un problema più difficile. Entrambi guardano alla bellezza pura, quell’ordine limpido, nettamente definito, misterioso, estasiante che permea tutte le strutture. Non deve sorprendere, perciò, che spesso sia difficile distinguere la matematica pura da quella applicata. il teorema delle carte a quattro colori, per esempio, è un problema di topologia ancora insoluto, tuttavia lo si troverà discusso in molti volumi di matematica ricreativa. Nessuno potrà negare che i flexagoni di carta, argomento del capitolo iniziale di questo libro, siano giochetti enormemente divertenti; tuttavia un’analisi della loro struttura trasporta rapidamente nel campo della teoria superiore dei gruppi. Articoli sui fiexagoni sono apparsi nelle riviste matematiche piu’ specializzate. I matematici creativi raramente si vergognano del loro interesse verso argomenti ricreativi. La topologia ebbe origine dall’analisi di un indovinello riguardante il passaggio di ponti fatta da Eulero. Leibnitz dedicò parecchio tempo a studiare l’indovinello del salto dei pioli che in tempi recenti ha avuto un ultimo ritorno sotto il nome commerciale di « Provate il vostro quoziente di intelligenza ». David Hilbert, il grande matematico tedesco, dimostrò uno dei teoremi fondamentali nel campo degli indovinelli sulla divisione. A.M. Turing, pioniere della teoria dei moderni calcolatori, discusse l’indovinello del 15 di Sam Lloyd (descritto nel Cap. 9) in un articolo sui problemi solubili o insolubili. Mi è stato detto da Piet Hein (il cui gioco delVII
INTRODUZIONE
l’Hex è trattato nel Cap. 8) che quando egli visitò Albert Einstein, trovò tutta una sezione della sua libreria piena di libri sui giochi e indovinelli matematici. L’interesse di queste grandi menti nel divertimento matematico non è difficile da comprendere, dato che l’attività creativa del pensiero spesa per argomenti di questo tipo è dello stesso genere di pensiero che conduce alla scoperta matematica e scientifica. Cosa è la matematica, dopo tutto, se non la soluzione di un indovinello? E cosa è la scienza se non uno sforzo sistematico per ottenere sempre migliori risposte agli indovinelli posti dalla natura? Il valore pedagogico della matematica ricreativa è ora ampiamente riconosciuto. Si riscontra un sempre crescente interesse per l’argomento, nelle riviste pubblicate per gli insegnanti di matematica e nei nuovi libri, specialmente quelli scritti secondo il punto di vista « moderno ». L’« Introduzione alla matematica finita », per esempio, di J. G. Kemey, J. Laurie Snell e Gerald L. Thompson, è vivificata da molto materiale ricreativo. Questi argomenti attraggono enormemente l’interesse dello studente. L’insegnante di matematica di scuola superiore che rimprovera due studenti trovati a giocare di nascosto una partita di filetto invece di stare attenti alla lezione farebbe meglio a fermarsi e chiedersi: « Per questi studenti questo gioco è più interessante, dal lato matematico, di ciò che sto loro dicendo? ». In effetti, una discussione in aula sul filetto non sarebbe una cattiva introduzione a diverse branche della matematica moderna. In un articolo sulla « Psicologia della mania degli indovinelli » (nella rivista « Diciannovesimo Secolo », Dicembre 1926) il grande enigmista inglese Henry Ernest Dudeney si lamentava di due cose: « La letteratura della matematica ricreativa, diceva, contiene una quantità di ripetizioni e la mancanza di una bibliografia adeguata forza gli appassionati a perdere tempo nell’ideare problemi già concepiti da molto ». Desidero ringraziare l’editore della rivista Scientific American, G. Piel, e il suo direttore D. Flanagan, per avermi concesso il privilegio di poter comparire regolarmente fra la eletta compagnia dei collaboratori alla rivista e per il permesso di raccogliere il risultato dei miei sforzi nel presente volume. Sono grato anche alle migliaia di lettori, di tutte le parti del mondo, che si son presi il fastidio di richiamare la mia attenzione sugli errori (ahimè troppo frequenti) e di darmi preziosi suggerimenti. In alcuni casi questa gradita reazione VIII
INTRODUZIONE
è stata incorporata negli stessi articoli, ma nella maggioranza dei casi è stata riunita in una aggiunta alla fine di ogni capitolo. Le risposte ai problemi (quando necessarie) appaiono anche alla fine del capitolo. Una bibliografia selezionata per ulteriori letture si trova alla fine del volume. Non posso trascurare di ringraziare mia moglie, non solo per il competente e graziosamente ironico lavoro di rilettura delle bozze, ma anche per la sua pazienza durante quei momenti insopportabili di meditazione matematica durante i quali io non sentivo cosa mi stesse dicendo. Martin Gardner
IX
1 GLI ESAFLEXAGONI I flexagoni sono poligoni di carta ottenuti piegando strisce di carta diritte o ripiegate, che hanno l’affascinante proprietà di cambiare le loro superfici esterne quando vengono « flessi ». Se non fosse stato per la banale circostanza che i foglietti dei blocchi di appunti inglesi ed americani non hanno le stesse dimensioni, forse i flexagoni non sarebbero ancora stati scoperti ed un buon numero di matematici di alto rango sarebbe stato privato del piacere di analizzare le loro curiose strutture. Tutta la faccenda cominciò nell’autunno del 1939. Arthur H. Stone, un laureato di provenienza inglese, residente all’Università di Princeton per una borsa di studio in matematica, aveva ritagliato un paio di centimetri del margine dei foglietti del suo blocco di appunti per poterlo inserire nel suo raccoglitore inglese. Per divertimento cominciò a piegare in vari modi le strisce di carta ed una delle figure risultò particolarmente misteriosa. Egli aveva piegato la striscia diagonalmente in tre punti ed aveva unito le estremità in modo da formare un esagono (fig. l). Quando pizzicava la superficie in modo da far combaciare due triangoli adiacenti e spingeva lo spigolo opposto verso il centro, l’esagono si apriva di nuovo, come un fiore in boccio e mostrava una faccia completamente nuova. Se, per esempio, le facce superiore e inferiore erano state colorate differentemente, la faccia nuova risultava bianca ed una delle facce colorate spariva! Questa struttura, il primo flexagono ad essere scoperto, ha tre facce. Stone ci ripensò sopra la notte ed il giorno dopo trovò la conferma della sua convinzione (raggiunta per via puramente speculativa) che si potesse ottenere per piegamento un modello esagonale più complicato, con sei facce anziché tre sole. A questo punto Stone trovò la struttura cosí interessante che mostrò i suoi modelli di carta ai colleghi di corso. Immediatamente i « flexagoni » cominciarono ad apparire a profusione sui tavoli all’ora di colazione e pranzo. Un « Comitato dei flexagoni » venne organizzato per esplorare più profondamente i misteri della « flexagonazione ». Gli altri membri, oltre Stone erano Bryant Tuckerman, un laureando in matematica; Richard P. 1
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 1. Il triesaflexagono si costruisce tagliando una striscia di carta in modo che possa essere suddivisa in 10 triangoli equilateri (A). La striscia è ripiegata su se stessa lungo la linea ab (B). Successivamente viene ripiegata ancora lungo la linea cd e il penultimo triangolo portato a coincidere con il primo (C). L’ultimo triangolo viene ripiegato e incollato sulla faccia posteriore del primo (D). La figura può ora essere « flessa » come mostrato in fig. 3. Conviene usare della carta abbastanza spessa larga 3-4 centimetri.
Feynmann, un laureando in fisica e John W. Tukey, un giovane assistente di matematica. I modelli furono chiamati esaflexagoni: « esa » per la loro forma esagonale e « flexagoni » per la loro attitudine a venir « flessi ». Il primo modello di Stone è un triesaflexagono (« tri » per le tre differenti facce che possono esser presentate); la sua elegante seconda struttura un esaesaflexagono (per le sue sei facce). Per costruire un esaesaflexagono cominciate con una striscia di carta (quella dei rotoli per macchine addizionatrici va benissimo) di2
I FLEXAGONI
visa in 19 triangoli equilateri (fig. 2). Numerate i triangoli su una faccia della striscia con i numeri 1, 2, 3 successivamente, lasciando il 19° triangolo bianco, come in fig. 2. Sulla faccia opposta i triangoli devono esser numerati con 4, 5, 6 secondo lo schema. Ora ripiegate la striscia in modo che i numeri uguali della faccia inferiore si fronteggino a coppie (4 vicino al 4, 5 al 5, 6 al 6 e via di seguito). La striscia ripiegata che ne risulta, come mostrato nel secondo disegno della serie, viene ripiegata ancora secondo le linee ab e cd (terzo disegno) a formare l’esagono (quarto disegno); finalmente il triangolo bianco viene ripiegato ed incollato sul corrispondente triangolo bianco sull’altro lato della striscia. Tutto questo è più facile a farsi con una striscia di carta segnata che a dirsi. Se le piegature sono state fatte bene, i triangoli che si presentano su una delle facce dell’esagono risultano tutti numerati con la cifra 1 e sull’altra con la cifra 2. Il vostro esaesaflexagono è pronto per essere
Fig. 2. L’esaesaflexagono si può costruire tagliando una striscia di carta in modo da suddividerla in 19 triangoli (A). I triangoli posti su una faccia vengono numerati con 1, 2, 3; i triangoli sull'altra con i numeri 4, 5, 6. Si può anche adoperare une disposizione di colori o di figure geometriche. L’esagono viene poi ottenuto per piegatura come mostrato in figura. La forma finale può essere « flessa » in sei differenti maniere per presentare altrettante facce diverse.
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
« flesso ». Pizzicate la figura in modo da far combaciare due triangoli adiacenti (fig. 3), piegando la carta lungo la linea del lato in comune e premete verso l’interno il vertice opposto: la figura si apre in modo da presentarsi con la faccia coperta dai numeri 3 o 5. Ripetendo le « flessioni » a caso riuscirete senza troppe difficoltà a ritrovare tutte le altre facce. Le facce con i numeri 4, 5 e 6 sono un po’ più difficili da far comparire che non quelle con 1, 2 e 3. Può darsi a volte che vi ritroviate intrappolati in un noioso ciclo in cui ritornano sempre le stesse tre facce. Tuckerman scoprí rapidamente che il modo più semplice di far venir fuori tutte le facce di qualsiasi flexagono era di continuare a fletterlo sempre allo stesso angolo sinché non si rifiutasse di aprirsi, per passare allora all’angolo seguente. Questo procedimento, noto col
Fig. 3. Il triesaflexagono è « flesso » pizzicando lo spigolo di due dei suoi triangoli (A). Il lato inferiore dei due triangoli opposti può essere aperto con l’altra mano (C). Se la figura non può essere aperta, bisogna pizzicare la coppia adiacente di triangoli. Se la figura si apre, può essere capovolta mettendo in evidenza una faccia che non era visibile prima.
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I FLEXAGONI
nome di « successione di Tuckerman » fa apparire tutte le sei facce di un esaesaflexagono, solo che quelle con gli 1, 2 e 3 appaiono tre volte più di frequente che quelle con 4, 5 e 6. Un comodo modo di rappresentare la successione di Tuckerman è mostrato in fig. 4, in cui la freccia indica l’ordine con cui le facce compaiono. Questo tipo di diagramma può essere applicato utilmente all’esame di qualsiasi tipo di flexagono. Quando il modello viene rovesciato, una successione di Tuckerman percorre lo stesso ciclo in ordine inverso.
Fig. 4. Diagramma di una successione di Tuckerman su un esaesaflexagono.
Allungando la catena di triangoli, il gruppo scoprí che si possono fare flexagoni di 9, 12, 15 o più facce: Tuckerman riuscì a ottenere un modello con 48 facce! Egli trovò anche che con una striscia di carta tagliata secondo un andamento a zigzag (ad es. una striscia con i bordi a sega anziché diritti) era possibile produrre un tetraesaflexagono 5
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
(a quattro facce) o un penta-esaflexagono. Gli esaesaflexagoni sono di tre tipi differenti: uno ricavato da una striscia diritta, uno da una catena piegata in esagono ed uno da una forma che rassomiglia in qualche modo ad un trifoglio. Il decaesaflexagono (10 facce) ha 82 diverse varianti, tutte ricavabili da strisce ripiegate nei modi più strani. I flexagoni possono esser formati da qualsivoglia numero di facce, ma oltre 10 il numero di specie differenti per ognuno aumenta in numero allarmante. Tutti i flexagoni di ordine pari, naturalmente, derivano da strisce con due facce distinte, ma quelli con un numero dispari di facce hanno solo una faccia unica, come una superficie di Möbius. Una teoria matematica completa della « flexagonazione » fu elaborata nel 1940 da Tukey e Feynman. Essa mostra, fra l’altro, esattamente come costruire un flexagono delle dimensioni e specie volute. La teoria non è mai stata pubblicata, sebbene delle parti siano state in seguito riscoperte da altri matematici. Fra gli appassionati della « flexagonazione » vi è il padre di Tuckerman, l’eminente fisico Louis B. Tuckerman, già del National Bureau of Standards. Tuckerman padre ideò un semplice ma efficace diagramma ad albero per questa teoria. Pearl Harbor causò l’arresto del programma di flexagonazione del gruppo e la guerra disperse rapidamente i quattro che se ne occupavano. Stone è oggi istruttore in matematica all’Università di Manchester in Inghilterra. Feynman, oggi all’Istituto di Tecnologia di California, è un famoso fisico teorico. Tukey, professore di matematica a Princeton, ha dato importanti contributi alla topologia ed alla teoria statistica che gli hanno apportato riconoscimenti internazionali. Tuckerman è un ben noto matematico dell’Istituto per gli Studi Superiori a Princeton, dove lavora al programma per il calcolatore elettronico dell’Istituto. Il gruppo spera di potere un bel giorno raccogliere in una o due pubblicazioni la esposizione completa della teoria della flexagonazione. Sino ad allora tutti noi siamo liberi di flettere i nostri flexagoni e vedere, in questo modo, quanta parte della teoria possiamo scoprire con le nostre forze.
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I FLEXAGONI
Appendice Nel costruire i flexagoni da strisce di carta è buona norma preparare le linee di piegatura flettendo da un lato e dall’altro un po’ di volte prima di formare il modello. Il flexagono risulta molto più facilmente flexabile. Alcuni lettori hanno realizzato dei modelli molto più resistenti ritagliando dei triangoli da tavolette di legno o di metallo e collegandoli con strisce gommate o incollandoli su una lunga striscia di tela gommata e lasciando degli intervalli per la flexatura. Louis Tuckerman ha sottomano una stecca metallica di dimensioni tali che avvolgendo attorno ad essa una striscia di carta di larghezza opportuna, si può rapidamente ottenere una striscia ripiegata del tipo mostrato in fig. 2 B. Ciò permette di risparmiate parecchio tempo nel fare flexagoni da catene rettilinee di triangoli.
Fig. 5
I lettori mi hanno inviato un gran numero di decorazioni per le facce dei flexagoni con cui si ottengono dei giochetti interessanti o si hanno dei notevoli effetti visivi. Ogni faccia degli esaesa, per esempio, appare in almeno due forme differenti, in conseguenza della rotazione di un triangolo costituente rispetto all’altro. Così se dividiamo ogni faccia come mostrato in fig. 5, usando colori differenti per le sezioni A, B, e C, la stessa faccia può apparire con le sezioni A, o con le B o con le C nel centro. La fig. 6 mostra come si può disegnare 7
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 6
una configurazione geometrica su una faccia in modo da farla apparire in tre disposizioni differenti. Delle 18 possibili facce che risultano da una rotazione dei triangoli, tre sono impossibili in un esaesa del tipo ricavato da una striscia rettilinea. Questo fatto suggerì ad un corrispondente l’idea di incollare le parti di tre differenti sagome su ogni faccia in modo che con opportune flexagonazioni, ogni sagoma potesse venir ricomposta al centro mentre le parti delle altre due comparissero sul contorno. Un altro lettore scrisse di aver ottenuto lo stesso risultato incollando due facce triangolari adiacenti. Ciò impedisce ad una delle facce di presentarsi, sebbene la vittima del giochetto possa vedere che c’è spiando nell’interno del modello. L’affermazione che con l’esaesa fatto da una striscia diritta solo quindici configurazioni differenti possono esser ottenute deve essere giustificata. Una coloritura asimmetrica delle facce rivela che tre di queste quindici configurazioni hanno delle compagne a simmetria speculare. Numerando gli angoli interni di ogni configurazione con le cifre da 1 a 6, disposte in senso orario, si riscontra che tre di queste configurazioni si presentano con le stesse cifre in senso antiorario. Tenendo presente questa asimmetria, si può dire che le sei facce di questo esaesa presentano in totale 18 configurazioni. Ciò fu richiamato alla mia attenzione per la prima volta da Albert Nicholas, professore di pedagogia al Monmouth College di Monmouth nell’Illinois, dove la costruzione di flexagoni era divenuta una specie di mania nei primi mesi del 1957. Non so chi sia stato il primo ad usare dei flexagoni stampati come regalo pubblicitario o come cartolina di saluti. Il primo che ricevetti fu un triesa distribuito dalla Rust Engineering Company di Pittsburg per annunciare il pranzo per l’assegnazione dei premi di servizio nel 8
I FLEXAGONI
1955. Un bell’esaesa, disegnato in modo da mostrare svariate configurazioni a fiocco di neve colorate venne usato dallo « Scientific American ». per le sue cartoline natalizie del 1956. Per i lettori che volessero divertirsi a costruire ed analizzare flexagoni differenti da quelli descritti in questo capitolo ecco un sintetico quadro di alcuni tipi di ordine inferiore. 1. Uniesa. Una striscia di tre triangoli può venir avvolta su se stessa e le estremità opposte unite in modo da formare un anello di Möbius a bordo triangolare. (Per un modello più elegante di anello di Möbius a bordo triangolare ved. il Cap. 7). Dato che esso ha una sola faccia con sei triangoli, potrebbe esser chiamato uniesaflexagono, anche se non ha sei spigoli e non può esser inflesso. 2. Duoesa. Semplicemente un esagono ritagliato da un foglio piano. Ha due facce, ma non si inflette. 3. Triesa. L’unica forma è quella descritta in questo capitolo. 4. Tetraesa. Anch’esso ha una sola variante. Viene ottenuto ripiegando la striscia ritorta indicata in fig. 7 A. 5. Pentaesa. Una sola variante. Ottenuto ripiegando la striscia in fig. 7 B. 6. Esaesa. Vi sono tre varianti, ognuna con caratteristiche proprie. Una di esse è descritta in questo capitolo. Le altre due derivano dalle strisce disegnate in fig. 7 C. 7. Eptaesa. Può esser ottenuto dalle tre strisce di fig. 7 D. La prima può esser ripiegata in due modi, dando luogo a 4 varianti in tutto. La terza forma, ottenuta ripiegando la striscia a 8 sovrapponentesi, è il primo di quelli che Louis Tuckerman chiama « flexagoni stradali ». Le facce possono esser numerate in modo tale che una successione di Tuckerman fa comparire le sette facce in successione ordinata, come quando percorrendo una strada si passano i numeri civici successivi. L’ottaesa ha 12 distinte variazioni, l’ennaesa ne ha 27 e il decaesa, 82. Il numero esatto di variazioni di ciascun ordine può esser calcolato in più di un modo a seconda di come venga definita una variazione distinta. Per esempio, tutti i flexagoni hanno una struttura asimmetrica che può essere destrorsa o sinistrorsa, ma le forme rappresentanti immagini speculari di altre difficilmente potrebbero esser considerate come variazioni differenti. Le catene rettilinee di triangoli producono solo esaflexagoni di ordine multiplo di tre. Una varietà di esa a dodici facce è particolar9
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 7. Strisce ritorte per la costruzione di flexagoni. I triangoli tratteggiati sono le estremità da incollare.
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I FLEXAGONI
mente facile da formare. Basta cominciare con una catena rettilinea di lunghezza doppia di quella usata per l’esaesa. « Arrotolarla » nella forma mostrata in fig. 2 B. La striscia è ora della stessa lunghezza di quella usata per l’esaesa. Ripiegare questa striscia arrotolata esattamente come se si costruisse l’esaesa. Risultato: un dodecaesaflexagono. Costruendo i flexagoni di ordine superiore, una regola facile da ricordare è che la somma del numero degli spessori di foglio di carta, di due sezioni triangolari adiacenti è sempre eguale al numero delle facce. È interessante notare anche che se ogni faccia di un flexagono è contrassegnata da un numero o simbolo e tale simbolo è riportato su ogni elemento triangolare componente, l’ordine dei simboli sulla striscia distesa presenta sempre una simmetria triplice. Per esempio, la striscia per l’esaesa di fig. 2 porta il seguente schema di cifre superiori ed inferiori: 123123 445566
123123 445566
123123 445566
Una divisione triplice simile a questa è caratteristica di tutti gli esaesaflexagoni; sebbene sui modelli di ordine dispari una delle tre divisioni sia sempre in ordine invertito. Fra le centinaia di lettere ricevute sull’argomento dei flexagoni, le due che seguono furono le più divertenti. Esse apparvero sui numeri di marzo e maggio dello « Scientific American » del 1957. Egregio Signore: sono rimasto affascinato dall’articolo intitolato « I Flexagoni » del fascicolo di dicembre. Ci sono bastate solo sei o sette ore per incollare l’esaesaflexagono nel modo appropriato, ma da quel momento esso è stato per noi una fonte di continua meraviglia. Però è sorto un problema. Questa mattina uno dei nostri compagni se ne stava a flettere l’esaesaflexagono tranquillamente quando la punta della sua cravatta è rimasta incastrata in una delle sue pieghe. Ad ogni successiva piegatura la cravatta restava sempre più presa nel flexagono. Alla sesta volta egli è completamente scomparso nel suo interno. Abbiamo continuato a inflettere quell’affare come pazzi senza poterne trovare traccia, ma in compenso abbiamo trovato una sedicesima configurazione dell’esaesaflexagono. 11
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Ecco ora la nostra domanda: la sua vedova ha diritto agli assegni di lavoro per la durata della sua assenza o è possibile dichiararlo legalmente morto subito? Restiamo in attesa del vostro parere. NEIL UPTEGROVE Allen B. DuMont Laboratories, Znc. Clifton, N. J. Egregio signore: la lettera nei numero di marzo della vostra rivista in cui si lamentava la scomparsa di un collega dai Laboratori Allen B. DuMont « dentro » un esaesaflexagono, ha risolto un nostro mistero. Un giorno mentre passavamo il tempo a flettere il nostro più recente esaesaflexagono, restammo stupiti nel vedere che da esso usciva una striscia di materiale multicolore. Continuando a flettere l’esaesaflexagono alla fine spuntò fuori uno straniero che masticava gomma americana. Sfortunatamente era molto debole ed evidentemente per una mancanza di memoria era incapace di raccontarci come fosse finito fra noi. La sua salute ora si è rimessa con la nostra dieta nazionale di porridge, haggis e whisky ed egli è diventato una vera mascotte del reparto, rispondendo al nome di Eccles. Il nostro problema è se dobbiamo restituirlo e con quale sistema. Purtroppo Eccles ora trema alla sola vista di un esaesaflexagono e si rifiuta assolutamente di farsi « flexagonare ». ROBERT M. HILL del Royal College of Science and Tecnology, Glasgow, Scozia.
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2 MAGIA CON LE MATRICI I quadrati magici hanno dato da fare ai matematici per più di 2000 anni. Nella forma tradizionale il quadrato è costruito in modo che i numeri di ogni riga, colonna e di ogni diagonale diano per somma lo stesso totale. Però un quadrato magico di tipo del tutto differente è quello disegnato in fig. 8. Questo quadrato sembra non avere alcun sistema: i numeri appaiono distribuiti nella matrice a caso. Nondimeno il quadrato possiede una proprietà magica tanto stupefacente per la maggior parte dei matematici quanto lo è per le persone comuni. Per dimostrare praticamente questa proprietà procuratevi cinque monetine e 20 contrassegni (anche dei semplici pezzetti di carta). Fate scegliere a qualcuno un numero qualsiasi del quadrato. Mettete una moneta su questo numero ed eliminate tutti gli altri numeri nella stessa riga e nella stessa colonna coprendoli con i contrassegni. Chiedete ancora al vostro amico di scegliere un secondo numero da una delle caselle scoperte. Mettete, come prima, una moneta su questo numero e ricoprite tutti gli altri nella stessa riga e colonna. Ripetete ancora due volte questo procedimento. Rimarrà scoperta una casella: copritela con la quinta moneta. Sommando i cinque numeri posti sotto le monete (numeri scelti apparentemente a casaccio) il totale è sicuramente 57. Non è un caso. Il totale sarà immancabilmente lo stesso comunque si ripeta l’esperimento. Se vi divertite a risolvere indovinelli matematici, può darsi che desideriate a questo punto fermarvi ad analizzare il quadrato e vedere se è possibile scoprirne il segreto. Come la maggior parte dei trucchi, questo è assurdamente semplice, una volta spiegato. Il quadrato è nulla più che una tabella di addizione vecchio tipo, sistemata a trucco. Essa è generata da due gruppi di numeri: 12, 1, 4, 18, 0 e 7, 0, 4, 9, 2; la loro somma è 57. Scrivendo il primo gruppo di numeri orizzontalmente sopra la prima riga del quadrato ed il secondo gruppo verticalmente di fianco alla prima colonna (fig. 9), si può vedere subito come vengono determinati i numeri nei quadretti. Il numero nel primo quadretto (prima 13
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 8
riga, prima colonna) è la somma di 12 e 7, cosl via per il resto del quadro. Si può costruire un quadrato magico di questo tipo grande quanto si voglia con qualsiasi combinazione di numeri. Non ha alcuna importanza di quanti quadretti sia composto e quali siano i numeri usati per farlo, possono essere positivi o negativi, interi o frazionari, razionali o irrazionali. La tabella che ne risulta ha sempre la magica proprietà di imporre, se si segue il procedimento descritto, un numero determinato che sarà sempre la somma dei due gruppi di numeri che generano la tabella. Nel caso presentato il numero 57 potrebbe essere scomposto in un qualsiasi gruppo di otto numeri che lo abbiano come totale. 14
MAGIA CON LE MATRICI
Fig. 9
Il principio alla base del trucco è ora facile da vedere. Ogni numero nella tabella rappresenta la somma di una coppia di numeri appartenenti ai gruppi generatori. Quella particolare coppia viene eliminata poggiando una monetina sul numero. Il procedimento obbliga a disporre ogni monetina su una differente coppia di riga e colonna ogni volta. Perciò le cinque monete coprono le somme di cinque differenti accoppiamenti dei dieci numeri generatori, ossia lo stesso che la somma di tutti i dieci numeri. Uno dei modi più semplici di costruire una tavola d’addizione su una matrice quadrata è cominciare con un 1 nell’angolo sinistro alto e continuare da sinistra a destra con gli interi in successione ordinata. Una matrice di quattro per quattro di questo tipo diviene una tavola d’addizione per i due gruppi di numeri 1, 2, 3, 4 e 0, 4, 8, 12 (fig. 10). Questa matrice fornisce sempre il numero 34. Il numero obbligato è naturalmente una funzione della dimensione del quadrato. Se n è il numero di caselle lungo un lato, il numero obbligato sarà uguale a:
n3 + n 2 Per i quadrati con un numero dispari di caselle per lato, il numero obbligato è uguale al prodotto di n per il numero che viene a trovarsi nella casella centrale. 15
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 10
Cominciando con un numero maggiore di 1 (sia a) e continuando in successione ordinata, il numero obbligato è:
n3 + n + n(a − 1) 2
.
È interessante notare che il numero obbligato è uguale al totale di ciascuna riga e colonna di un normale quadrato magico formato con gli stessi elementi numerici. Mediante la seconda formula, è facile calcolare il numero con cui deve iniziare una matrice di dimensioni qualsiasi e che abbia un nu-
Fig.11
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MAGIA CON LE MATRICI
mero obbligato scelto a piacere. Una prova di improvvisazione che fa colpo è chiedere a qualcuno di dare un numero superiore a 30 (ciò serve ad evitare fastidiosi numeri negativi nella matrice), e quindi procedere a tracciare rapidamente una matrice di quattro righe per quattro colonne che ha come numero obbligato quello indicato. (Invece di usare le monetine, un procedimento più rapido è far disegnare un cerchietto attorno ad ogni numero scelto e poi tracciare una linea lungo la riga e colonna che vi si incrociano. Il solo calcolo che occorre fare (e può esser fatto mentalmente) è di sottrarre 30 dal numero indicato e dividere per quattro. Per esempio, se vien dato 43, sottraendo 30 si ottiene 13. Dividendo per 4 risulta 3 + 1/4. Ponendo questo numero nella prima cella della matrice quattro per quattro e continuando successivamente con 4 + 1/4, 5 + 1/4, ... otterrete un quadrato magico che ha come numero obbligato 43. Per rendere ancora più misterioso il quadrato, però, si può disordinare la successione dei numeri. Per esempio, potete mettere il primo numero, 3 + 1/4, in una casella nella terza riga come in fig. 11 e i tre numeri successivi (4 + 1/4, 5 + 1/4 e 6 + 1/4) nella stessa riga in ordine qualunque. Ora potete scrivere i successivi quattro numeri in un’altra riga (non importa quale), ma nella stessa sequenza di caselle adottata prima, ripetendo poi esattamente la stessa cosa con le ultime due righe. Il risultato finale sarà sul tipo del quadrato mostrato in fig. 12. Volendo evitare la presenza delle frazioni pur con lo stesso numero 43, si può tralasciare 1/4 in ogni numero ed aggiungere 1 ai quattro maggiori numeri interi, portandoli a 16, 17, 18 e 19. Analogamente aggiungerete 2 a questi numeri se le frazioni fossero 2/4, o 3 se fossero 3/4. Scambiare l’ordine delle righe o colonne non influisce sulle proprietà magiche del quadrato mentre, disordinando le caselle in questo modo, si fa apparire la matrice molto più misteriosa di quanto non sia in realtà. Anche le tabelle di moltiplicazione possono essere usate per dare un risultato obbligato. In questo caso i numeri scelti devono essere moltiplicati anziché sommari. Il prodotto finale sarà uguale al prodotto dei numeri usati per formare la tabella. Non sono riuscito a scoprire chi per primo abbia sfruttato nei giochi questa divertente proprietà delle tabelle di addizione e molti17
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Fig. 12
plicazione. Un gioco da salotto con carte numerate, basato su questo principio, fu pubblicato da Maurice Kraitchik a pag. 184 dei suoi Passatempi matematici, 1942. È questo il più antico riferimento al principio che io abbia trovato. Dal 1942 in poi diversi contributi da parte di persone con tendenze matematiche hanno introdotto variazioni al tema. Per esempio, Mel Stover di Winnipeg ha osservato che disegnando un quadrato attorno a 16 numeri su una qualsiasi pagina di calendario, il quadrato forma una tavola di addizione che ha come numero obbligato la somma dei due numeri posti agii estremi di ciascuna delle due diagonali. L’uso di carte da gioco offre notevoli possibilità. Per esempio, è possibile sistemare un mazzo di carte in modo che, tagliandolo e disponendo in quadrato una distribuzione di carte estratta dal taglio si ottenga sempre lo stesso numero obbligato? Il principio è relativamente poco studiato e può avere molte curiose ramificazioni ancora da scoprire.
Appendice Stewart James, un illusionista di Courtright, Ontario, ideò una nuova variante del quadrato magico con cui si impone ad un pubblico una parola a piacere. Supponiamo che vogliate imporre la parola 18
MAGIA CON LE MATRICI
JAMES. Potete formare un quadrato di 25 carte, il cui rovescio (sconosciuto a chiunque salvo che a voi) porti le seguenti lettere J J J J J
A A A A A
M M M M M
E E E E E
S S S S S
Chiedete a qualcuno di prendere una delle carte toccando il suo dorso. Mettete la carta da parte, senza mostrarne la faccia e togliete tutte le altre carte della stessa riga e colonna. Ripetere tre volte lo stesso procedimento e riunire l’ultima carta rimasta con le altre quattro scelte. Le cinque carte rigirate vengono disposte in modo da formare la parola JAMES. Il procedimento rende impossibile, naturalmente, che fra le cinque carte scelte si verifichino lettere duplicate. Un lettore ha scritto che i quadrati magici gli sembravano una attraente curiosità da disegnare sui biglietti di auguri per il compleanno degli amici aventi una mentalità matematica. Il ricevente, seguendo le istruzioni, somma i numeri scelti e rimane stupito nel trovare come risultato la sua età.
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3 NOVE PROBLEMI 1. Il ritorno dell’esploratore Un vecchio problema è il seguente. Un esploratore percorre un miglio verso Sud, cambia direzione e fa un miglio verso Est, gira di nuovo e marcia per un altro miglio verso Nord, e si ritrova al punto di partenza. Vede un orso e lo uccide. Di che colore è l’orso? La vecchia e onorata risposta è: « Bianco » in quanto l’esploratore può esser partito solo dal Polo Nord. Ma non molto tempo fa qualcuno scoprì che il Polo Nord non è l’unico punto di partenza che soddisfa alla condizione data! Potete immaginate un qualche altro posto della superficie terrestre su cui si possa ritornare dopo aver percorso un miglio verso Sud, un miglio verso Est ed un miglio verso Nord?
2. Il poker a carte scoperte Due persone giocano una partita di poker a carte scoperte nella seguente curiosa maniera. Le 52 carte di un mazzo vengono distribuite scoperte sul tavolo in modo da poterle vedere tutte1 . Il primo giocatore pesca una mano scegliendo cinque carte a suo piacimento e il secondo fà lo stesso. Il primo giocatore può ora conservare la sua mano originale o pescare sino a cinque altre carte. Gli scarti sono messi da parte. Il secondo giocatore pesca allo stesso modo. Vince chi ha la combinazione più alta. I colori hanno lo stesso valore, di modo che due mani a colore sono pari a meno che una sia di carte superiori. Dopo un po’ i giocatori scoprono che il primo giocatore può sempre vincere se pesca le sua mano in modo opportuno. Quale deve essere questa mano?
3. La scacchiera mutilata I materiali per questo problema sono una scacchiera e 32 pezzi da domino. Ogni pezzo di domino è di dimensioni tali da coprire esattamente due quadrati adiacenti della scacchiera. Perciò i 32 pezzi di domino possono coprire tutte le 64 caselle della scacchiera. Suppo1
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Le carte che hanno valore per il gioco sono, però, solo quelle dal 6 all’A.
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niamo ora di eliminare le due caselle sistemate negli angoli opposti di una diagonale (fig. 13) e di eliminare un pezzo del domino. È possibile sistemare i 31 pezzi rimanenti sulla scacchiera in modo da coprire i rimanenti 62 quadretti? Se sì, mostrare come si può fare; se no dimostrare l’impossibilità.
Fig. 13. La scacchiera mutilata.
3. Il bivio Ecco una recente variante di un vecchio tipo di indovinello logico. Un antropologo in vacanza nei mari del Sud capita in un’isola abitata dalle due proverbiali tribù dei bugiardi e i sinceri. I membri di una tribù dicono sempre la verità, quelli dell’altra mentono sempre. Egli arriva ad un bivio e deve chiedere ad uno del posto quale via prendere per andare in un villaggio, ma non ha modo di distinguere se l’indigeno sia uno di quelli che dicono la verità o un bugiardo. L’antropologo pensa un momento e poi fa una sola domanda. Dalla risposta egli conosce quale sia la strada da prendere. Qual è la domanda?
4. Le scatole dall’etichetta sbagliata Immaginate di avere tre scatole contenenti una due palline bianche, una due palline nere e la terza una pallina nera e una bianca. Le scatole hanno, per riconoscimento, sul coperchio, segnate le let21
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
tere − BB, NN, BN − ma qualcuno, per errore, ha scambiato i coperchi di modo che ora non corrispondono più al contenuto. È consentito di estrarre una pallina alla volta da una qualunque scatola, senza però guardare nell’interno e in questo modo si deve determinare il contenuto delle tre scatole. Qual è il minimo numero di estrazioni indispensabile per riuscirvi?
6. Bronx contro Brooklyn Un giovanotto vive a Manhattan vicino ad una stazione della sotterranea. Egli ha due amiche, una a Brooklyn, l’altra nel Bronx. Per andare a trovare la ragazza a Brooklyn prende un treno diretto verso la parte bassa della città; per la ragazza del Bronx prende dallo stesso marciapiede un treno verso la parte alta della città. Siccome tutt’e due le ragazze gli piacciono egualmente, egli prende semplicemente il primo treno che passa. In questo modo fa determinare alla sorte se andare verso il Bronx o verso Brooklyn. Il giovanotto arriva al marciapiede in un momento qualsiasi ogni sabato pomeriggio. I treni per Brooklyn e per il Bronx arrivano alla stazione con la stessa frequenza (ogni 10 minuti). Purtuttavia, per qualche motivo oscuro, egli si accorge che passa più tempo con la ragazza di Brooklyn che con l’altra: infatti egli si trova con lei nove volte su dieci. Potete trovare una buona ragione per la quale le probabilità siano così fortemente favorevoli alla ragazza di Brooklyn?
7. Il taglio del cubo Un carpentiere, lavorando con una sega circolare, desidera tagliare un cubo di legno, di tre centimetri di lato, in 27 cubetti da un centimetro. Egli potrebbe farlo facilmente con sei tagli, mantenendo i pezzi sempre in modo da conservare la forma cubica (fig. 14). È possibile ridurre il numero di tagli necessari risistemando i pezzi dopo ogni taglio?
8. Il viaggiatore in anticipo Un viaggiatore ha l’abitudine di arrivare alla sua stazione di periferia ogni sera esattamente alle cinque. La moglie va sempre a prenderlo al treno e lo riaccompagna in auto a casa. Un giorno egli prende un treno precedente ed arriva alle quattro. Il tempo è bello e perciò 22
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invece di telefonare a casa si mette a fare una passeggiata lungo la strada percorsa sempre dalla moglie. Quando si incontrano egli sale in macchina ed arriva a casa dieci minuti prima del solito. Supponendo che la moglie guidi sempre a velocità costante e che in questa occasione essa sia partita giusto in tempo per arrivare al treno delle cinque, potete determinare per quanto ha camminato il marito prima di essere incontrato?
Fig. 14. Il cubo segato.
9.
Fig. 15. Le monete false.
Le monete false
Negli ultimi anni hanno sollevato parecchio interesse un certo numero di sottili problemi sulla pesatura di monete o di palline. Ecco una variante nuova e graziosa nella sua semplicità. Avete dieci pile di dieci monete da 50 lire ciascuna (fig. 15). Uno dei mucchietti è fatto di tutte monete false, ma non sapete quale; è noto però il peso di una moneta buona e che una moneta falsa pesa un grammo in più del dovuto. Le monete possono essere pesate con una bilancia a molla. Qual è il minimo numero di pesate necessarie a determinare qual è il mucchietto di monete false? 23
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Risposte 1. Vi è qualche altro punto sul globo, oltre il Polo Nord, dal quale si possa partire, percorrere un miglio verso Sud, uno verso Est, un altro ancora verso Nord e trovarsi di nuovo al punto da partenza? Certamente; e non soltanto uno ma un numero infinito di punti! Infatti si può partire da qualsiasi punto su un cerchio tracciato attorno al Polo Sud, ad una distanza leggermente superiore ad 1 + 1/2 π miglia (circa 1,16 miglia) dal Polo (la distanza è « leggermente maggiore » per tenere conto della curvatura della terra). Dopo aver camminato per un miglio verso Sud, il tratto successivo di un miglio vi farà compiere un giro completo attorno al Polo e il percorso di un miglio verso Nord vi farà tornare di nuovo al punto di partenza. Perciò il punto di partenza potrebbe essere uno qualsiasi degli infiniti punti di tale cerchio di raggio di circa 1,16 miglia con centro il Polo Sud. Ma non basta. È possibile anche cominciare da punti ancora più vicini al Polo, tali che il percorso in direzione Est faccia fate due giri attorno al Polo, o tre e così via. 2. Vi sono 88 prime mani vincenti. Esse si dividono in due categorie: l) quattro dieci e una qualsiasi altra carta (48 mani); 2) tre dieci ed una qualsiasi delle seguenti coppie di carte del colore non presente tra i dieci: A-9, K-9, Q-9, J-9; K-8, Q-8, J-8; Q-7, J-7; J-6 (40 mani). La seconda categoria è stata portata alla mia attenzione da due lettori: Charles C. Foster di Princeton, New Jersey e Christine A. Peipers di New York. Non ho mai visto queste mani prese in considerazione in alcuna altra risposta al problema pubblicato 1. 3. E impossibile ricoprire la scacchiera ridotta (dopo l’eliminazione delle due caselle d’angolo opposte) con 31 pezzi di domino e lo si dimostra facilmente. I due angoli diagonalmente opposti sono dello stesso colore. Perciò togliendoli si ottiene una scacchiera con due caselle di un colore in più rispetto all’altro colore. Ogni pezzo di domino ricopre due caselle di colori differenti, in quanto solo caselle di colore differente sono fra loro adiacenti. Dopo aver ricoperto 60 caselle con 30 pezzi di domino, rimarrebbero scoperte due caselle dello 1
Infatti il primo giocatore, con queste mani, impedisce al secondo giocatore di predisporsi qualsiasi scala a colore, conservando a se stesso la possibilità di almeno una che risulti perciò superiore alle combinazioni (poker compresi) possibili per l’avversario.
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stesso colore che non possono essere contigue e perciò non possono venir coperte con l’ultimo, unico pezzo. 4. Se si richiede che alla domanda venga risposto solo con « sì » o « no », vi sono diverse soluzioni, tutte basate sullo stesso meccanismo base. Per esempio, l’antropologo può indicare una delle strade e dire all’indigeno, « Se ti chiedessi che questa strada porta al villaggio, risponderesti “ sì ”? » L’indigeno è obbligato a dare la risposta giusta, anche se è un mentitore! Se la strada porta al villaggio, il mentitore dovrebbe dire « no » alla domanda diretta, ma dato il modo con cui è posta la domanda, egli deve mentire e dire che risponderebbe « sì ». Perciò l’antropologo può essere sicuro che la strada porta al villaggio, sia che l’interlocutore sia sincero o mentitore. D’altra parte, se la strada in effetti non portasse al villaggio, il mentitore dovrebbe per forza rispondere « no » allo stesso modo alla domanda. Un modo similare di porre la domanda sarebbe: « Se chiedessi ad un membro dell’altra tribù di dire se questa strada porta al villaggio, egli direbbe “ sì ”? » Per evitare la nebulosità che deriva dalla presenza di una domanda in una domanda è forse migliore questa formulazione (suggerita da Warren C. Haggstrom, di Ann Arbor, Michigan): « Delle due proposizioni “Tu menti”e “Questa strada porta al villaggio” ve n’è una ed una sola vera? » Anche qui una risposta « sì » indica che la strada è quella, un « no » indica il contrario, indipendentemente dai fatto che l’indigeno dica o no la verità. Dennis Sciama, cosmologo dell’Università di Cambridge e John McCarthy di Hanover, New Hampshire, hanno richiamato la mia attenzione su una graziosa variante del problema. « Supponendo », scriveva il Sig. McCarthy (in una lettera pubblicata sullo « Scientific American » nell’aprile 1957), « che l’antropologo sappia che “ pish ” e “ tush ” siano le parole indigene corrispondenti a “ sì ” e “ no ” ma che abbia dimenticato quale sia la corrispondenza pur sapendo parlare la lingua, egli potrebbe sempre stabilire quale sia la strada che conduce al villaggio». « Egli dovrebbe indicare una delle strade e chiedere: “ Se io chiedessi se la strada che indico è quella per il villaggio, diresti pish? ” Se l’indigeno rispondesse “ pish ” l’antropologo potrebbe concludere che quella indicata è la strada per il villaggio anche non sapendo se l’indigeno è sincero o mentitore e se “ pish ” significhi sì o no. Se l’indigeno dicesse “ tush ” potrebbe trarne la conclusione opposta ». 25
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H. Janzen della Queens University di Kingston, Ontario, e vari altri lettori mi hanno fatto presente che se la risposta dell’indigeno può essere differente da « sì » e « no », vi è un tipo di domanda che indica la strada giusta indipendentemente dal numero di strade che si intersecano nell’incrocio. L’antropologo può semplicemente indicare tutte le strade, inclusa quella già percorsa e chiedere: « Quale di queste strade porta al villaggio? » Quello che dice la verità indicherebbe la vera e presumibilmente il mentitore dovrebbe indicare tutte le altre. La domanda potrebbe anche essere: « Quale strada non porta al villaggio? » In questo caso il mentitore dovrebbe indicare solo quella giusta. Entrambi i casi, però, sono dubbi. Nel primo caso il mentitore potrebbe indicare solo una delle strade sbagliate e nel secondo potrebbe indicarne diverse contemporaneamente. Queste risposte sarebbero menzognere in un certo senso, in quanto l’una non sarebbe menzogna completa e l’altra conterrebbe solo una parte di verità. Il problema di come definire esattamente la « menzogna » si presenta, naturalmente, anche nella precedente soluzione riferentesi alla risposta sì o no. Non conosco modo più chiaro di dirlo se non citando la seguente lettera inviata allo « Scientific American » da Willison Crichton e Donald E. Lamphiear, entrambi di Ann Arbor, Michigan. È triste dover commentare il sorgere della logica con la constatazione che essa conduce al decadimento dell’arte della menzogna. Anche fra i bugiardi sembra che la vita della ragione guadagni terreno sulla vita più comoda. Ci riferiamo all’indovinello numero 4 del fascicolo di febbraio ed alle sue soluzioni. Se accettiamo la soluzione proposta, dobbiamo credere che i bugiardi possano sempre essere raggirati con i loro stessi princìpi; una situazione in verità che sorgerà necessariamente ogni volta che la bugia prenderà forma di servile aderenza a regole arbitrarie. Perché l’antropologo possa dire all’indigeno: « Se io ti chiedessi se questa strada conduce al villaggio, mi risponderesti “ sì ”? » con la previsione che esso interpreti la domanda come un condizionale controfattuale sia nel significato che nella forma, bisogna presupporre una certa raffinatezza da parte dell’indigeno. Se l’antropologo fa la domanda senza intenzione, è quasi certo che l’indigeno potrà scambiare la strana fraseologia per un modo civile di esprimersi insegnato nelle democrazie occidentali e risponderà come se la domanda fosse semplicemente « questa strada porta al villaggio? » D’altra parte se 26
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esso lo fissasse con occhio scintillante allo scopo di mettere in risalto l’intenzione logica della domanda, rivelerebbe allo stesso tempo il suo proposito, facendo sorgere nell’indigeno il sospetto di essere raggirato. L’indigeno, se vale la sua fama di bugiardo, adotterò un metodo di contro-trucco, lasciando l’antropologo male informato. Da questo ultimo punto di vista, la soluzione proposta è inadeguata, ma anche in termini di menzogna strettamente formale è sbagliata a causa della sua ambiguità. La ricerca di soluzioni senza ambiguità ci conduce ad una più dettagliata analisi della natura della bugia. La consueta definizione adoperata dai logici dice che il mentitore è colui che dice sempre ciò che è falso. L’ambiguità di questa definizione appare quando tentiamo di predire cosa risponderà il bugiardo ad una domanda che è una funzione di verità complessa, quale « È vero che se questa è la strada per il villaggio, tu sei un bugiardo? » Valuterà correttamente le due componenti al fine di calcolare il valore della funzione e dare nella risposta il contrario di tale valore, o seguirà l’imparziale politica di mentire a se stesso come agli altri, invertendo il valore di ogni componente prima di calcolare il valore della funzione e invertendo il valore così calcolato della funzione? Occorre qui distinguere il bugiardo semplice che sussurra sempre ciò che è semplicemente falso da quello onesto che dice sempre il duale logico della verità. La domanda « È vero che se questa è la strada per il villaggio, tu sei un bugiardo? N è una soluzione se i nostri bugiardi sono bugiardi onesti. Il bugiardo onesto e quello che dice la verità risponderanno entrambi « sì » se la strada indicata non quella per la città, e « no » se lo è. Il bugiardo semplice, però, dirà « no » a prescindere di dove sia il villaggio. Sostituendo l’equivalenza alla implicazione otteniamo una soluzione che vale sia per il bugiardo semplice che per l’onesto. La domanda diventa « È vero che questa è la strada per il villaggio se e solo se tu sei bugiardo? » La risposta è sempre « no » se quella è la strada, « sì » se non lo è. Ma non ci si può aspettare che alcun selvaggio primitivo mostri la scrupolosa coerenza richiesta da queste concezioni, né alcun bugiardo capace di tale acume si lascerebbe giocare così facilmente. Dobbiamo perciò considerare il caso del bugiardo artista che inganna sempre per principio. Contro un avversario del genere l’antropologo può solo sperare di render massima la probabilità di un risultato favorevole. Nessuna domanda logica può essere una soluzione infallibile, 27
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in quanto se il bugiardo ha per principio l’inganno egli contrapporrà una strategia di inganno che aggirerà la logica. È chiaro che la caratteristica essenziale della strategia dell’antropologo deve essere la sua solidità psicologica. Una strategia del genere è ammissibile dato che è anche più efficace contro il bugiardo onesto e contro quello semplice che contro il più refrattario bugiardo artistico. Perciò proponiamo, come la più generale soluzione, la seguente domanda o il suo equivalente morale: « Sai che stanno distribuendo birra gratis al villaggio? » Il sincero risponderebbe « no » e si metterebbe subito in marcia verso il villaggio, seguito immediatamente dall’antropologo. Il bugiardo semplice e quello onesto direbbero « sì » e si metterebbero sulla via del villaggio. Il bugiardo artista, pensando educatamente che l’antropologo si diverta a prenderlo in giro, si regola in conseguenza. Di fronte a due motivi contrari, può seguire la possibilità di soddisfarli entrambi rispondendo « uh! odio la birra! » e incamminarsi verso il villaggio; il che non ingannerebbe un buon antropologo. Ma se il bugiardo si accorge del giochetto, riconosce l’insufficienza di questa risposta. Potrebbe allora fare il supremo sacrificio in nome dell’arte e incamminarsi per la via sbagliata. Otterrebbe così una vittoria tecnica, ma anche così l’antropologo potrebbe vantare una vittoria morale, perché il bugiardo sarebbe punito dal cocente sospetto di aver perduto della birra gratuita. 5. È possibile conoscere il contenuto di tutte e tre le scatole estraendo appena un sola pallina. La chiave della soluzione è il fatto di sapere che i cartellini su tutte e tre le scatole sono errati. Basta estrarre una pallina dalla scatola segnata « nero-bianco ». Ammettiamo che sia nera la pallina estratta. Si sa che anche l’altra pallina deve allora essere nera, altrimenti l’etichetta sarebbe giusta. Avendo identificato la scatola contenente le due palline nere, si può subito dire quale sia il contenuto della scatola segnata « bianco-bianco »: si sa che non può contenere due palline bianche perché l’etichetta deve essere sbagliata; non può contenere due palline nere, perché la scatola che le contiene è stata identificata; perciò deve contenere una pallina bianca ed una nera. La terza scatola deve, naturalmente, essere allora quella che contiene le due palline bianche ... È possibile risolvere l’indovinello con lo stesso ragionamento se la pallina estratta dalla scatola « nero-bianco » risulta bianca anziché nera. 6. La risposta a questo indovinello è una semplice questione di orari ferroviari. Mentre la frequenza di arrivo dei treni per Brooklyn 28
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e per il Bronx è la stessa − ad intervalli di 10 minuti − i loro orari di marcia sono tali che il treno del Bronx arriva al marciapiede sempre un minuto dopo il treno di Brooklyn. Perciò il treno del Bronx si troverà ad essere il primo in arrivo solo se avviene che il giovane giunge al marciapiede della sotterranea durante questo intervallo di un minuto. Se egli arriva alla stazione in qualsiasi altro momento − ossia durante l’intervallo di nove minuti − il treno di Brooklyn sarà il primo ad arrivare. Dato che il giovane arriva in modo casuale, le probabilità sono di nove ad uno per il treno di Brooklyn. 7. Non c’è alcun modo di ridurre i tagli a meno di sei. Lo si vede subito facendo attenzione al fatto che un cubo ha sei lati. La sega fa dei tagli netti - che producono una faccia alla volta. Per ricavare il cubo di un centimetro di lato posto al centro (quello senza superfici libere da cui cominciare) occorre fare sei passaggi di sega. Questo problema fu posto originariamente da Frank Hawtorne, ispettore dell’insegnamento matematico al Dipartimento dell’Istruzione dello Stato di New York ad Albany, e fu pubblicato per la prima volta nel « Mathematics Magazine », sett.-ott., 1950 (Probl. Q-12). I cubi di 2 X 2 X 2 e di 3 X 3 X 3 sono unici nel senso che comunque vengano sistemati i pezzi ottenuti da ogni taglio prima del successivo (purché ogni pezzo risulti soggetto a taglio in qualche punto), il primo richiederà sempre tre tagli ed il secondo sei per essere ridotto in cubi unitari. Il cubo di 4 X 4 X 4 richiederà nove tagli se i pezzi vengono tenuti insieme nella forma del cubo, ma con un’opportuna sistemazione prima di ogni taglio, il numero di tagli può esser ridotto a sei. Se ad ogni sistemazione si bada che ogni pezzo sia disposto in modo da essere tagliato il più possibile a metà, si otterrà il minimo numero di tagli. In generale, per un cubo di n X n X n, il numero minimo di tagli è 3k in cui k è definito da:
2k ≥ n > 2k −1 Questo problema generale fu posto da L. R. Ford junior e da D. R. Fulkerson, entrambi della Rand Corporation, nella rivista « American Mathematical Monthly » di ag.-sett., 1957 (Probl. E-1279), ed ebbe risposta nel numero di marzo 1958. Il problema è un caso speciale di un problema più generale (il numero minimo di tagli per 29
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dividere un blocco di a X b X c in cubi unitari) contributo di Leo Moser, dell’Università di Alberta, al « Mathematical Magazine », Vol. 25, marzo-aprile, 1952, pag. 219. Eugenio J. Putzer e R. W. Lowen hanno ulteriormente generalizzato il problema in una relazione di ricerca, Sul metodo ottimale per tagliare una scatola rettangolare in cubi unitari, pubblicato nel 1958 dalla Convair Scientific Research Laboratory di San Diego. Gli autori consideravano blocchi n-dimensionali, a lati interi, da dividere con un numero minimo di tagli piani in ipercubi unitari. Il problema a tre dimensioni è uno di quelli che gli autori ritengono possa « avere importanti applicazioni nelle industrie del formaggio a fettine e dello zucchero in cubetti ». 8. Il viaggiatore ha camminato per 55 minuti prima di esser preso in macchina dalla moglie. Dato che essi arrivano a casa 10 minuti prima del solito, ciò significa che la moglie ha ridotto di dieci minuti il tempo usuale del viaggio di andata e ritorno dalla stazione, ossia di cinque minuti il tempo di andata alla stazione. Ne segue che essa ha incontrato il marito cinque minuti prima dell’ora solita delle cinque, ossia alle 4,55. La velocità di cammino dell’uomo, la velocità di corsa della moglie e la distanza fra casa e stazione non servono alla soluzione del problema. Chi tentasse di risolverlo provando a porre dei numeri per queste variabili troverebbe, probabilmente, il problema esasperante. Quando fu presentato in « Scientific American » il problema era espresso in maniera sfortunatamente inesatta, tale da far intendere che la moglie di solito arrivasse troppo presto alla stazione ed aspettasse il treno delle cinque. In questo caso, il tempo di cammino del marito sarebbe stato fra 50 e 55 minuti. Alcuni lettori misero in evidenza che il problema si presta facilmente ad essere risolto con quello che i logistici dell’Esercito chiamano « grafico di marcia » (fig. 16). Il tempo è riportato sull’asse orizzontale, la distanza su quello verticale. Il grafico mostra chiaramente che la moglie può partire da casa sino a dieci minuti prima del momento richiesto per incontrare esattamente il treno. Il limite inferiore (50 minuti) del tempo di cammino del marito si può verificare solo quando la moglie parte dieci minuti esatti prima e guida di solito a velocità infinita (nel qual caso il marito arriva a casa esattamente quando lei parte), o il marito cammina a velocità infinitesima (nel qual caso essa lo incontra alla stazione dopo che egli ha 30
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camminato per 50 minuti senza allontanarsi minimamente). « Nessuna delle due rappresentazioni suona falsa », scriveva il professor David W. Weiser, assistente di scienze naturali all’Università di Chicago, in una delle più chiare analisi del problema che abbia ricevuto, « considerando il comportamento di una moglie in automobile o di un marito che passa davanti ad un bar ». 9. Il mucchio di monete false può essere identificato con una sola pesata. Prendete una moneta dal primo mucchio; due dal secondo, tre dal terzo e così via sino a tutte e dieci le monete dell’ultimo mucchio. Pesate ora l’intera collezione di campioni sulla bilancia. Il peso in più del dovuto in grammi, corrisponde al numero spettante al mucchio di monete false. Per esempio, se il gruppo di monete pesa in totale sette grammi più del dovuto, il mucchio falso deve essere il settimo, dal quale sono state prese sette monete (ognuna pesante un grammo in più della moneta vera). Anche se vi fosse un undicesimo mucchio di dieci monete, il procedimento ora descritto sarebbe ancora valido, in quanto un eccesso di peso nullo indicherebbe che il mucchio falso è l’ultimo rimasto.
Fig.16. « Grafico di marcia » del problema del viaggiatore.
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4 FILETTO Chi da ragazzo non ha giocato al filetto? quella antichissima ed universale competizione mentale della quale Wordsworth scrisse (Prelude, libro I): a sera, quando con una matita e una liscia lavagna interamente divisa in quadretti tutti con crocette e simboli scarabocchiavamo facendo piani e trucchi, testa a testa in una tenzone troppo umile come oggetto di versi. A prima vista non è facile capire la costante attrattiva di un gioco che sembra nulla più che un gioco da bambini. Mentre è vero che anche la più semplice versione del gioco offre un numero di mosse grandissimo: 15.120 (pari a 9 X 8 X 7 X 6 X 5) sequenze. differenti per le sole prime cinque mosse; vi sono in effetti solo pochi schemi fondamentali e qualsiasi astuto giovanotto può diventare un giocatore imbattibile con un’ora o poco più di analisi de! gioco. Ma il filetto ha anche variazioni e aspetti strategici più complessi. Nella terminologia della teoria dei giochi, il filetto è un gioco a due persone, « finito », (cioè con un risultato determinato), senza elementi dovuti al caso e giocato con « informazione perfetta », in quanto tutte le mosse sono note ad entrambi i giocatori. Se giocato « razionalmente » da entrambi i lati, il gioco termina alla pari. La sola possibilità di vincere è nel far cadere un avversario inesperto in una « trappola » che permetta di completare una « fila » alla mossa successiva in due modi, uno solo dei quali può essere bloccato. Delle tre possibili aperture − casella d’angolo, di centro e di lato − la più forte è quella d’angolo, perché l’avversario può evitare di essere intrappolato alla mossa successiva solo con una delle otto possibili scelte: il centro. Inversamente le trappole dell’apertura centrale possono essere bloccate solo occupando un angolo. L’apertura su un lato, per molti aspetti la più interessante per la ricchezza di trappole da entrambe le parti, deve essere controbattuta occupando una delle quattro caselle. Le tre aperture e le possibili risposte del 32
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Fig. 17. Il primo giocatore (X) può scegliere fra tre aperture. Per evitare di perdere il secondo giocatore (O) deve scegliere una delle caselle indicate.
secondo giocatore che giochi razionalmente sono rappresentate in fig. 17. Varianti del fletto più interessanti di questa dal lato matematico furono giocate molti secoli prima dell’era cristiana. Tutte richiedono sei gettoni e possono essere giocate sulla scacchiera mostrata in fig. 18: uno dei giocatori può usare tre monete da dieci, l’altro tre monete da cinque. Nella forma più semplice, popolare nella antica Cina, Grecia e Roma, i giocatori a turno mettono una pedina sulla scacchiera sinché tutte e sei sono piazzate. Se nessun giocatore ha vinto realizzando una fila (ortogonalmente o diagonalmente) essi continuano a giocare muovendo a turno una sola pedina in una casella adiacente. Sono permesse solo mosse in senso ortogonale. Ovidio nomina questo gioco nel Libro terzo della sua Ars Amatoria, includendolo in un gruppo di giochi che egli consiglia ad una donna di conoscer bene se vuole aver successo con gli uomini. Il gioco era comune in Inghilterra nel 1300 quando era chiamato « la morra dei tre uomini », antenato della morra dei nove, o undici o dodici uomini, o « mill » come è oggi comunemente chiamato negli Stati Uniti. Dato che il primo giocatore è sicuro di vincere occupando alla prima mossa la casella centrale, questa apertura è di solito proibita. Con questa restrizione il gioco ha pari possibilità se giocato razionalmente, ma è pieno di trappole potenziali per entrambi le parti. Una variante di questo gioco permette di muovere nelle caselle adiacenti anche lungo le due diagonali principali del quadrato. Una ulteriore estensione (attribuita ai primi Indi americani) consente a qualunque pedina di muovere di un passo in qualunque direzione, ortogonalmente o diagonalmente (per es., dalla casella 2 alla 4). Nella prima versione il giocatore che inizia vince sicuramente se gli è permessa l’apertura al centro, ma la seconda variante porta probabil33
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mente ad una partita patta. Una versione libera, chiamata in Francia les pendus (gli impiccati), consente ad ogni pezzo di esser messo in qualunque casella vuota. Anche per questa si ritiene che si arrivi ad una partita patta giocando razionalmente.
Fig. 18. Filetto con le monete.
Molte varianti del filetto a pedine mobili sono state applicate a scacchiere di 4 X 4, con giocatori muniti di quattro pedine da riunire in file di quattro. Qualche anno fa il prestigiatore John Scarne mise in vendita una interessante versione di 5 X 5 chiamata « teeko ». I giocatori collocano a turno sino a quattro pedine, poi alternativamente muovono un pezzo alla volta in qualsiasi direzione. Vince chi forma una fila di quattro pedine, ortogonalmente o diagonalmente, o una disposizione quadrata su quattro caselle adiacenti. Molte divertenti varianti del filetto, però, non usano pedine mobili. Una di queste è la seguente: si gioca come al solito, ma il primo giocatore che forma una fila perde. Il secondo giocatore in questo caso ha un deciso vantaggio. Il primo giocatore può forzare la partita patta solo se occupa alla prima mossa il centro. Poi, giocando le mosse simmetricamente opposte a quelle del secondo giocatore si assicura la parità. Negli ultimi anni sono stati messi in vendita diversi tipi di filetti tridimensionali. Sono giocati su scacchiere cubiche e si vince formando una fila lungo qualsiasi allineamento ortogonale o diagonale sia sulle facce che sulle quattro diagonali principali del cubo. Con un cubo 34
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di 3 X 3 X 3 il giocatore che ha la prima mossa vince facilmente. Fatto curioso, il gioco non può mai terminare alla pari perché il primo giocatore ha quattordici giocate ed è impossibile farle tutte e quattordici senza riempire una fila. Il cubo di 4 X 4 X 4 conduce a giocate ancora più interessanti e può o meno terminare alla pari se giocato razionalmente. Altri modi di giocare su scacchiere cubiche sono stati proposti. Alan Barnert di New York suggerisce di definire vinta una partita quando si ottiene una disposizione quadrata di pedine su uno qualsiasi dei piani ortogonali e dei sei piani diagonali principali. Price Parks e Robert Satten, studenti dell’Università di Chicago nel 1941, hanno ideato un interessante gioco su cubo di 3 X 3 X 3 nel quale si vince formando due righe intersecantisi. La mossa che dà la vittoria deve essere quella nel punto di intersezione. Siccome la mossa iniziale che occupa il cubetto centrale assicura la vittoria, questa mossa è proibita a meno che non sia quella che dà la vittoria o che sia necessaria a bloccare la vittoria avversaria alla mossa successiva. Un filetto quadridimensionale può essere giocato su un immaginario ipercubo sezionandolo in due quadrati bidimensionali. Un ipercubo di 4 X 4 X 4 X 4, per esempio, verrebbe diagrammato come in fig. 19. Su questo tipo di scacchiera la fila di quattro che dà la vittoria si ottiene quando vengono disposti quattro contrassegni in linea retta su qualsiasi cubo formato riunendo quattro quadrati in successione lungo un allineamento ortogonale o lungo una delle due diagonali principali. La fig. 20 mostra una disposizione vincente su un cubo del genere. Si ritiene che il primo giocatore abbia la vittoria certa, ma il gioco può anche dare un pareggio se giocato su un ipercubo di 5 X 5 X 5. Il numero di righe possibili sulle quali è possibile vincere in un cubo ad n dimensioni è dato dalla seguente formula (n è il numero di dimensioni, k il numero di caselle per lato): n
( k + 2) − k
n
2 L’antico gioco giapponese del go-moku (cinque pietre), ancor oggi popolare in Oriente, si gioca sulle intersezioni di una scacchiera go (che equivale a giocare sulle caselle di una scacchiera di 19 X 19). I giocatori a turno dispongono delle pedine di cui hanno una dotazione illimitata sinché uno riesce a disporne cinque in linea ortogonalmente o diagonalmente. Non sono consentite mosse. Gli esperti 35
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Fig. 19. Filetto a quattro dimensioni. Le linee punteggiate presentano alcune disposizioni vincenti.
pensano che il primo giocatore abbia la vittoria obbligata ma, per quanto mi consta, non ne è stata ancora pubblicata la prova. Il gioco divenne popolare in Inghilterra nel 1880 e negli anni seguenti con il nome di « go-bang ». Talvolta veniva giocato su una scacchiera ordinaria con 12 o 15 pedine per giocatore. Erano permesse mosse in ogni direzione nel caso che nessun giocatore avesse vinto prima che tutte le pedine fossero state messe sulla scacchiera. Durante l’ultimo decennio scorso sono state costruite numerose macchine elettriche per giocare a filetto. È interessante sapere che il primo robot per giocare a filetto fu inventato (benché mai effettivamente costruito) da Charles Babbage, il pioniere inglese del XIX se36
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Fig.20. Disposizione vincente sul cubo riunito.
colo nel campo della invenzione di macchine calcolatrici. Babbage aveva in mente di presentare la sua macchina a Londra per raccogliere fondi per progetti più audaci, ma abbandonò il suo progetto dopo aver saputo che le esposizioni di macchine curiose per giocare (inclusa una macchina parlante ed una che componeva versi latini), allora in corso a Londra, erano state degli insuccessi finanziari. Un aspetto nuovo del robot di Babbage era il suo metodo di effettuare delle scelte a caso di fronte alla possibilità di alternative di gioco egualmente buone. La macchina registrava il conto totale delle partite vinte. Chiamata a scegliere fra le mosse A e B, essa esaminava questo totale, giocava A se il numero era pari, B se dispari. Nel caso di tre alternative, il robot divideva il totale per tre ed otteneva dei resti di 0, 1, o 2, risultati che portavano ognuno ad una differente mossa. « È ovvio » scriveva Babbage nei suoi Passaggi dalla vita di un filosofo del 1864, pag. 467-471 « che in questo modo si può tener conto di qualsiasi numero di condizioni. Uno spettatore che vada per il sottile ... dovrebbe stare a guardare per parecchio tempo prima di scoprire il principio in base al quale agisce il robot ». 37
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Sfortunatamente Babbage non annotò quelli che egli chiama i « semplici » dettagli della macchina, sicché non è possibile farsi una idea della sua costruzione. Però egli scrisse che « immaginava che la macchina consistesse nelle figure di due bambini che giocavano una partita, assistiti da un agnello e da un gallo. Il bambino che vinceva poteva battere le mani mentre il gallo cantava, mentre il bambino perdente poteva piangere e torcersi le mani mentre l’agnello cominciava a belare ». Una macchina per filetto meno immaginosa, presentata nel 1958 alla Fiera Industriale Portoghese di Lisbona, sghignazzava quando vinceva, piangeva quando perdeva. Si potrebbe pensare che sia semplice programmare un calcolatore numerico per giocare il filetto o disegnare dei circuiti speciali per una macchina per questo gioco. Ciò è vero a meno che non si voglia costruire un maestro robot che vinca il massimo numero di partite contro giocatori inesperti. La difficoltà è nel prevedere come più probabilmente giocherebbe un novellino. Egli certamente non muoverebbe del tutto a caso, ma quanto sarebbe abile? Per dare una idea delle complicazioni che sorgono, pensiamo che il novellino apra sulla casella 8. La macchina potrebbe far bene rispondendo in modo irrazionale e occupando la casella 3! Questa mossa sarebbe fatale contro un esperto, ma se il giocatore è solo modestamente abile, non è molto facile che risponda con la sua unica mossa vincente possibile, sulla casella 9. Delle sei rimanenti risposte, quattro sono disastrose. Vi sarebbe, infatti, la grossa tentazione di giocare sulla casella 4 perché la mossa porta a due promettenti trappole contro il robot. Sfortunatamente il robot può far scattare la sua trappola facendo seguito con la casella 9 e poi con la 5 alla mossa successiva. Potrebbe capitare che nel gioco reale la macchina vincesse con più frequenza mediante questa irrequieta strategia che con un gioco sicuro, che potrebbe più probabilmente portare ad una partita patta. Un giocatore veramente maestro, robot o umano, non solo dovrebbe conoscere le più probabili risposte del principiante, quali risultano dallo studio statistico delle precedenti partite; dovrebbe anche analizzare lo stile di gioco dell’avversario per determinare quale sorta di errori l’avversario potrebbe fare con maggior probabilità. Se il principiante migliorasse col giocare, anche ciò dovrebbe esser tenuto in considerazione. A questo punto l’umile gioco del filetto ci tuffa in questioni di probabilità e statistica tutt’altro che banali. 38
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Appendice Ho osservato che molti giocatori di filetto hanno l’errata impressione di non aver più nulla da imparare sul gioco per il fatto di saper giocare una strategia imbattibile. Un maestro, però, deve essere svelto nel cogliere il massimo vantaggio da una giocata sbagliata. I seguenti tre esempi, tutti di apertura laterale, chiariranno l’idea. Aprendo con X8, se l’avversario gioca O2 la migliore risposta contro un novellino è X4 perché porta alla vittoria in quattro mosse su sei possibili per O. Egli può bloccare la trappola solo giocando O7 o O9. Se l’avversario apre con X8 e voi rispondete con uno degli angoli in basso, per esempio O9, potete far scattare delle trappole vittoriose se egli gioca X2, X4 o X7. Se apre con X8, una risposta di O5 può condurre ad un divertente sviluppo. Se occupa X2, potete permettergli di indicare la vostra mossa successiva in quanto è impossibile che voi giochiate senza riuscire a preparare una trappola vittoriosa. È stato menzionato nel capitolo che la variante a pedine mobili popolare nell’antica Roma porta alla vittoria per il primo giocatore se questo occupa la casella di centro. Per i lettori interessati, le due possibili condotte di gioco obbligato sono: X
(1)
O
⎧5 ⎪4 ⎨9 ⎪da 4 a 7 ⎩da 5 a 8
3 6 1 mossa qualsiasi
⎧5 ⎪1 ⎨3 ⎪da 1 a 4 ⎩da 4 a 7
6 9 2 mossa qualsiasi
oppure
(2)
Queste direttrici di gioco vincono indipendentemente dal fatto che sia permesso o no di muovere lungo le due diagonali principali, ma la prima fallisce se sono consentite mosse lungo le diagonali corte. 39
5 PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ La teoria delle probabilità è un campo della matematica insolitamente ricco di paradossi; verità che appaiono così in contrasto con il senso comune da esser difficilmente credibili anche dopo che ci si è trovati di fronte alla loro dimostrazione. Il paradosso delle date di nascita ne è un esempio dei più puri. Scegliendo a caso 24 persone quale ritenete sia la probabilità che due o più di essi abbiano lo stesso giorno di nascita? (ossia lo stesso giorno e mese dell’anno?). A intuito la riterrete assai bassa. In realtà essa è del 27/50, ossia superiore al 50 per cento! George Gamow, in Uno, due, tre ... infinito dà il seguente semplice procedimento per giungere all’inaspettato risultato. La probabilità che i compleanni di due persone qualsiasi « non » cadano nello stesso giorno è evidentemente 364/365 (dato che vi è solo una possibilità su 365 che il compleanno di una persona coincida con quello di un’altra). La probabilità che il compleanno di una terza persona differisca da quello delle altre due è di 363/365; per una quarta è 362/365, e così via sino alla 24a (342/365). Otteniamo così una serie di 23 frazioni che devono essere moltiplicate fra di loro per ottenere la probabilità che tutti i 24 compleanni siano differenti. Il prodotto finale è una frazione che si riduce a 23/50. In altre parole se doveste scommettere su una coincidenza almeno dei compleanni fra 24 persone, alla lunga perdereste 23 volte e vincereste 27 volte su cinquanta. Questo calcolo ignora il 29 febbraio ed anche il fatto che i compleanni tendono a concentrarsi più in certi mesi che in altri; il primo fatto tende a diminuire la probabilità, il secondo ad aumentarla. Questi valori sono così sorprendenti che il constatarli effettivamente in aula o in un salotto costituisce un divertente giochetto. Se sono presenti più di 23 persone fate scrivere ad ognuno la data del suo compleanno su un foglietto. Raccogliete e confrontate i biglietti. É più probabile che almeno due date coincidano piuttosto che non coincidano, con grande meraviglia dei presenti che possono essersi 40
PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ
conosciuti per anni. Per fortuna non ha alcuna importanza se qualcuno bara dando una data falsa, le probabilità rimangono esattamente le stesse. Un modo ancora più facile per controllare il paradosso è di confrontare le date di 24 nomi presi a caso da un Chi è? (Dizionario dei nomi illustri) o da un qualsiasi altro dizionario biografico. Naturalmente più si supera il numero di 24 nomi, maggiore diventa la probabilità di una coincidenza. La fig. 21 (da Cento curiosità matematiche di William R. Ramsom, 1955) mostra in forma grafica come la curva delle probabilità sale aumentando il numero delle persone. Il diagramma si ferma a 60 persone perché oltre quel numero la probabilità è troppo vicina alla certezza per poter distinguere la curva da una retta. Notare come la curva salga rapidamente fino a raggiungere le 40 persone e si appiattisca poi verso la certezza. Per 100 persone i vantaggi per una scommessa vincente su una coincidenza sono di circa 3.300.000 ad l. La certezza assoluta non può essere raggiunta naturalmente sinché non si arrivi a 366 persone. Un evidente esempio del paradosso è dato dalle date di nascita e di morte dei presidenti degli Stati Uniti. La probabilità di una coin PROBABILITÀ DI COINCIDENZA
NUMERO DI PERSONE
Fig. 21
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
cidenza in ciascun caso (33 date di nascita, 30 date di morte1) è vicina al 75 %. Polk ed Harding nacquero il 2 novembre, e ben tre presidenti, Jefferson, Adams e Monroe, morirono il 4 luglio. Forse ancora più sbalorditivo è il « paradosso del secondo asso ». Supponiamo di giocare a bridge e che, distribuite le carte, diate uno sguardo alla vostra mano annunciando: « Ho un asso ». La probabilità che ne abbiate anche un secondo può essere calcolata esattamente. Si dimostra che è 5359/14498 che è meno di 1/2. Supponiamo, però, di indicare un particolare asso, quello di quadri. Il gioco continua sinché vi capita una mano per la quale potete dire: « Ho l’asso di quadri ». La probabilità che abbiate un altro asso è ora di 11686/ 20825 ossia leggermente superiore ad 1/2! Perché l’indicazione di un asso particolare influisce sulle probabilità? Il calcolo materiale delle probabilità in questi due casi è lungo e noioso, ma il meccanismo del paradosso può essere compreso facilmente riducendo il mazzo a sole quattro carte: asso di picche, asso di cuori, due di fiori e fante di quadri. Se queste carte vengono mescolate e distribuite a due giocatori, vi sono solo sei combinazioni possibili (fig. 22) per un giocatore. Cinque di queste mani da due carte permettono al giocatore di dire: « Ho un asso », ma solo in un caso egli può averne un secondo. Perciò la probabilità del secondo asso è di 1/5. D’altra parte vi sono solo tre combinazioni che permettono al giocatore di dichiarare che ha l’asso di picche. Una di esse include anche l’altro asso, portando la probabilità del secondo asso ad 1/3. Un paradosso analogo è quello del secondo figlio. Il Sig. Rossi dice « Io ho due figli ed almeno uno di essi è maschio ». Qual è la probabilità che anche l’altro figlio sia un maschio? Si sarebbe tentati di dire 1/2, prima di elencare le tre combinazioni possibili di eguale probabilità: MM, MF, FM. Di queste una sola è MM, perciò la probabilità è 1/3. Se Smith avesse detto che il maggiore (o il più alto, o il più pesante, ecc.) dei figli è un maschio la situazione sarebbe stata del tutto differente. In questo caso le combinazioni sarebbero ristrette solo a MM e MF e la probabilità che l’altro figlio fosse un maschio salirebbe a 1/2. Se non fosse così ci sarebbe un modo molto ingegnoso di indovinare, con probabilità maggiore di un mezzo, la faccia di una moneta tenuta nascosta. Basterebbe lanciare in aria la moneta e se venisse testa ragionare « vi sono due 1
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Al momento in cui fu scritto il libro ( N. d. T.) .
PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ
monete e una di esse (la mia) mostra testa. La probabilità che anche l’altra mostri testa è perciò 1/3, sicché io scommetto che è croce ». L’errore è, naturalmente, nel fatto di specificare quale moneta presenti testa. Ciò è lo stesso che identificare il figlio più grande con il maschio, il che cambia le probabilità in maniera similare. Il più famoso di tutti i paradossi sulle probabilità è il paradosso di Pietroburgo, presentato per la prima volta in una pubblicazione dal famoso matematico Daniele Bernoulli all’Accademia di Pietroburgo. Supponiamo di lanciare una moneta da un centesimo con l’accordo che il lanciatore paghi all’avversario un dollaro se viene testa. Se invece viene croce il lancio viene ripetuto e se esce testa viene pagata la somma di due dollari. Se viene ancora croce il lancio è ripetuto una terza volta e vengono pagati quattro dollari se esce testa. In breve, la posta viene raddoppiata ad ogni lancio e si continua sin-
Fig. 22.
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ché non viene richiesto il pagamento. Quanto dovrebbe mettere di posta l’avversario per avere il privilegio di giocare questo gioco unilaterale? L’incredibile risposta è che potrebbe esser pagata qualsiasi somma, diciamo pure un milione di dollari, per ogni partita con la previsione di uscirne comunque in vantaggio. In ogni singola giocata vi è la probabilità di 1/2 di vincere un dollaro, di 1/4 di vincerne due, 1/8 per la vincita di quattro e così via. Perciò la vincita totale prevedibile sarebbe di (1X1/2)+(2X1/4)+(4X1/8) ... La somma di questa serie illimitata è infinita. Come risultato, qualunque fosse la somma pagata in anticipo per ogni partita, l’avversario vincerebbe alla fine giocando un sufficiente numero di partite. Si suppone che il capitale sia illimitato e che si possa giocare un numero illimitato di giocate. Pagando, ad esempio, 1000 dollari per una partita, vi è una forte possibilità che si perda. Ma questa previsione è più che bilanciata dal fatto di avere una possibilità, per quanto piccola, di vincere una somma astronomica dopo una lunga, ininterrotta serie di croci. Se il giocatore ha un ammontare finito di capitale, caso che si verifica in pratica, allora la posta equa del gioco è anch’essa finita. Il paradosso di Pietroburgo si presenta in ogni sistema di gioco « a raddoppio », e la sua analisi completa conduce ad un sacco di intricate deviazioni. Carl G. Hempel, una figura di primo piano della scuola dei « positivisti logici » ed ora professore di filosofia all’Università di Princeton, scoprì un altro stupefacente paradosso sulla probabilità. Sin da quando fu esposto la prima volta nel 1937, nel periodico svedese « Theoria », il paradosso di Hempel è stato oggetto di molte dotte discussioni fra i filosofi della scienza in quanto esso tocca proprio il cuore del metodo scientifico. Supponiamo, cominciò Hempel, che uno scienziato voglia esaminare l’ipotesi: « Tutti i corvi sono neri ». La sua ricerca consiste nell’esaminare il maggior numero possibile di corvi; più corvi neri egli trova, più probabile diventa l’ipotesi. Ogni corvo nero può perciò essere considerato una « conferma » dell’ipotesi. La maggior parte degli scienziati ritiene di aver una nozione perfettamente chiara di ciò che sia una « conferma ». Il paradosso di Hempel disperde subito questa illusione, perché si può provare facilmente con logica ferrea, che una mucca rossa è anche una conferma dell’ipotesi che tutti i corvi sono neri! Ecco come. 44
PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ
L’enunciato: « Tutti i corvi sono neri » può essere trasformato, con un procedimento che i logici chiamano « inferenza immediata », nell’enunciato, logicamente equivalente: « Tutti gli oggetti non-neri sono non-corvi ». Il secondo enunciato è identico nel significato all’originario; ne è semplicemente una differente formulazione verbale. Ovviamente, la scoperta di qualsiasi oggetto che confermi il secondo enunciato deve anche confermare il primo. Supponiamo ora che lo scienziato ricerchi tutti gli oggetti non-neri per confermare l’ipotesi che tutti gli oggetti del genere sono non-corvi. Egli si imbatte in un oggetto rosso, Un esame più accurato mostra che non si tratta di un corvo ma di una mucca. La mucca rossa è chiaramente una conferma di: « Tutti gli oggetti non-neri sono noncorvi ». Perciò deve contribuire a rinforzare la probabile verità dell’ipotesi logicamente equivalente: « Tutti i corvi sono neri ». Naturalmente lo stesso ragionamento vale per un elefante bianco o per una aringa rossa o per la cravatta verde dello scienziato stesso. Come disse di recente un filosofo, nei giorni di pioggia un ornitologo dedito allo studio del colore dei corvi potrebbe continuare le sue ricerche senza doversi bagnare i piedi. Gli basterebbe guardare attorno nella sua stanza e rilevare gli esempi di oggetti non-neri che fossero non-corvi! Come nei precedenti esempi di paradossi, la difficoltà sembra consistere non in un ragionamento errato ma in ciò che Hempel chiama « intuizione mal diretta ». La faccenda comincia ad avere un senso diverso considerando un esempio più semplice. Una ditta impiega un gran numero di dattilografe, delle quali sappiamo che alcune hanno i capelli rossi. Vogliamo controllare l’ipotesi che tutte queste ragazze dai capelli rossi sono sposate. Un modo ovvio di farlo è di domandare ad ogni dattilografa dai capelli rossi se ha marito. Ma c’è un altro modo, che potrebbe essere anche più efficiente: procuriamoci presso l’ufficio del personale un elenco di tutte le dattilografe non sposate e andiamo a trovare tutte le ragazze elencate su questo elenco per controllare il colore dei loro capelli. Se nessuna ha i capelli rossi la nostra ipotesi è completamente confermata. Nessuno discuterebbe il fatto che ogni dattilografa non sposata che non abbia i capelli rossi è una conferma della teoria che le dattilografe con i capelli rossi della ditta sono tutte sposate. Non è difficile accettare questa procedura di analisi in quanto gli insiemi con cui si ha a che fare contengono un piccolo numero di 45
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elementi. Ma quando vogliamo tentare di determinare se tutti i corvi sono neri, abbiamo una enorme sproporzione fra il numero di corvi sulla terra ed il numero di oggetti non neri. Ognuno è d’accordo che il controllo degli oggetti non-neri è un modo estremamente inefficiente di effettuare la ricerca. Il problema in esame è il più sottile: se, cioè, ha significato dire che una mucca rossa è in un qualche senso una conferma. Viene aggiunta, almeno nel caso degli insiemi finiti (quelli infiniti ci conducono in acque assai più torbide) una sia pur piccola probabilità favorevole alla nostra ipotesi originaria? Alcuni logici pensano di sì. Altri non sono altrettanto sicuri. Essi mettono in risalto, per esempio, che si può dimostrare, esattamente con lo stesso ragionamento, come una mucca rossa sia una conferma di: « Tutti i corvi sono bianchi ». Come potrebbe la scoperta di uno stesso oggetto aumentare la probabilità di verità di due ipotesi contraddittorie? Si sarebbe tentati di metter da parte il paradosso di Hempel con un sorriso ed una spallucciata. Bisogna però ricordare che molti paradossi logici che per molto tempo erano stati considerati come ordinarie curiosità si dimostrarono enormemente importanti nello sviluppo della logica moderna. Allo stesso modo le analisi del paradosso di Hempel hanno già fornito valide introspezioni nella natura oscura della logica induttiva, lo strumento con cui viene ottenuto tutto il sapere scientifico.
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6 IL GIOCO DELL’ICOSAEDRO E LA TORRE DI HANOI Poche esperienze eccitano un matematico più della scoperta che due strutture matematiche apparentemente senza alcuna relazione fra loro sono in realtà strettamente collegate. Di recente D. W. Crowe, dell’Università della Columbia Britannica, fece una scoperta del genere riguardante due popolari indovinelli del diciannovesimo secolo: il « gioco dell’icosaedro » e la « torre di Hanoi ». Descriviamo prima ciascun indovinello e poi mostreremo lo stupefacente modo in cui sono correlati. Il gioco dell’icosaedro fu inventato nel decennio 1850-60 dallo illustre matematico irlandese Sir William Rowan Hamilton, con il quale intendeva illustrare un curioso tipo di calcolo, da lui inventato e che per diversi aspetti era simile alla sua famosa teoria dei quaternioni (precursori della moderna analisi vettoriale). Il calcolo poteva essere applicato a svariati insoliti problemi di tracciamento di percorsi sulle superfici dei cinque solidi platonici, in particolare l’icosaedro ed il dodecaedro. Hamilton lo chiamò calcolo icosaedrico, sebbene il gioco fosse in effetti giocato sugli spigoli di un dodecaedro. Nel 1859 Hamilton cedette ad un commerciante per 25 sterline il gioco, che poi venne messo in commercio sotto diverse forme in Inghilterra e in Continente. Questo fu l’unico denaro che Hamilton ricevette direttamente, ci dice il suo biografo, per una scoperta o pubblicazione. Hamilton suggerì svariati indovinelli e giochi sul dodecaedro, ma quello base è il seguente. Cominciare da uno qualunque dei vertici del solido (Hamilton assegnò ad ogni vertice il nome di una grande città) e viaggiare lungo gli spigoli in modo da fare un « giro del mondo completo », visitando ogni vertice una ed una sola volta e ritornando al vertice di partenza. In altre parole, il percorso deve formare un circuito chiuso lungo gli spigoli, passando una volta per ciascun vertice. Se immaginiamo che la superficie di un dodecaedro sia fatta di gomma, possiamo bucare una delle sue facce e stirarla aprendo il foro sinché tutta la superficie esterna giaccia su un piano. Allora 47
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gli spigoli della superficie formeranno la rete mostrata in fig. 23. Tale rete è topologicamente identica alla rete formata dagli spigoli del dodecaedro solido e naturalmente è assai più comoda da maneggiare del solido effettivo. Il lettore può divertirsi ad affrontare il problema del « giro » su questa rete, usando dei contrassegni per marcare ogni vertice incontrato. Su un dodecaedro con vertici non segnati sono possibili solo due circuiti di Hamilton differenti nella forma e immagini speculari l’uno dell’altro. Se però i vertici vengono marcati e consideriamo ogni percorso « differente » solo se passa per i 20 vertici in un ordine diverso, allora i circuiti diversi sono 30, non contando le sequenze uguali percorse in senso inverso. Percorsi hamiltoniani analoghi possono esser trovati sugli altri quattro solidi platonici e su molti poliedri semiregolari, se non in tutti. La nota torre di Hanoi fu inventata dal matematico francese Edouard Lucas e venduta come giocattolo nel 1883. In origine esso portava il nome di « Prof. Claus » del Collegio di « Li-Sou-Stian », ma presto si scoprì che era un anagramma per « Prof. Lucas » del collegio di « Saint Louis »,. La fig. 24 rappresenta il gioco come di solito è realizzato. Il problema è di trasferire la torre di otto dischi ad uno qualunque dei due pioli liberi nel minor numero possibile di
Fig. 23. Il dodecaedro (a sinistra) viene bucato e stirato in un piano (a destra). La rete piana, non in scala rispetto al solido, è topologicamente identica ai suoi spigoli.
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movimenti, muovendo un disco alla volta e mai mettendo un disco più grande sopra ad uno più piccolo. Non è difficile provare che vi è una soluzione a prescindere dal numero dei dischi della torre e che il minimo numero di mosse richiesto è dato dalla formula 2n - 1 (n essendo il numero dei dischi).
Fig. 24. La torre di Hanoi
Perciò tre dischi possono essere trasferiti con sette mosse, quattro con quindici, cinque con 31, e così via. Per gli otto dischi mostrati in fig. 24 sono necessarie 255 mosse. La descrizione originale del gioco lo indicava come una versione semplificata della mitica « torre di Brahma » esistente in un tempio della città indiana di Benares. Questa torre, diceva la descrizione, consiste di 64 dischi d’oro, che attualmente i sacerdoti del tempio stanno spostando. Prima che essi possano portare a termine il loro compito, si diceva, il tempio cadrà in polvere e il mondo scomparirà in un boato di tuono. La scomparsa del mondo può esser messa in dubbio, ma non vi è dubbio che il tempio crollerà. La formula 264 − 1 dà un numero di 20 cifre pari a 18.446.744.073.709.551.615. Ammettendo che i sacerdoti lavorino notte e giorno, spostando un disco al secondo, occorreranno molte migliaia di milioni di anni per portare a termine il lavoro. 49
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
(Il suddetto numero, per altro, non è un numero primo, ma se aumentiamo il numero dei dischi a 89, 107 o 127 il numero di mosse richieste per trasferirli è in ogni caso un numero primo. Questi sono esempi dei cosidetti numeri di Mersenne: i numeri primi aventi la forma 2n − 1. Lo stesso Lucas fu il primo a verificare che 2127 − 1 è primo. Questo numero gargantuesco di 39 cifre era il numero primo più grande conosciuto, sinché venne usato un grande calcolatore elettronico per calcolare i primi cinque numeri primi di Mersenne, dei quali il maggiore è 22281 − 1. Più di recente un calcolatore di Stoccolma venne usato per trovare che 23217 − 1 è primo). Un gioco della torre di Hanoi può essere costruito facilmente tagliando otto quadrati di cartone di dimensioni gradualmente variabili (o usando delle carte da gioco dall’asso all’otto) e spostandoli fra tre punti su uno stesso pezzo di carta. Se i tre punti sono disposti a triangolo il semplice procedimento seguente risolverà il problema per qualsiasi numero di « dischi ». Il disco più piccolo viene spostato alternativamente una mossa sì ed una no, facendo muovere sempre nella stessa direzione attorno al triangolo. Per le rimanenti mosse viene effettuato l’unico spostamento possibile che non coinvolga il disco più piccolo. (È interessante notare che se i dischi sono numerati in successione i dischi di ordine pari circolano attorno al triangolo in una direzione e quelli dispari nella direzione opposta). Che relazione c’è fra questo gioco e quello di Hamilton? Per spiegare la connessione dobbiamo prima considerare una torre di tre soli dischi contrassegnati dall’alto al basso con A, B e C. Seguendo il procedimento suddetto, l’indovinello viene risolto muovendo i dischi nel seguente ordine: ABACABA. Indichiamo ora con A, B, C i tre assi coordinati di un esaedro regolare, comunemente chiamato cubo (fig. 25, a sinistra). Tracciando un percorso lungo gli spigoli del cubo e scegliendo le coordinate nell’ordine ABACABA, il percorso formerà un circuito hamiltoniano! Crowe vide che ciò poteva essere generalizzato nel modo seguente: l’ordine di trasferimento di n dischi nel problema della torre di Hanoi corrisponde esattamente all’ordine delle coordinate nel tracciamento di un percorso di Hamilton su un cubo ad n dimensioni. Un altro esempio chiarirà il concetto. Sebbene non si possa fare un modello di un cubo a quattro dimensioni (detto ipercubo o tesseratto), possiamo proiettare la rete dei suoi spigoli nel modello tridimensionale raffigurato nella fig. 25, a destra. Questa rete è topologi50
IL GIOCO DELL’ICOSAEDRO E LA TORRE DI HANOI
Fig. 25. Un percorso hamiltoniano tracciato lungo gli spigoli del cubo a sinistra. Il cubo ha gli assi coordinati lungo A, B, C; il percorso li segue nell’ordine ABACABA. A destra un percorso hamiltoniano tracciato lungo gli spigoli di un cubo quadridimensionale proiettato in tre dimensioni. Gli assi coordinati del cubo sono A, B, C e D; il percorso seguito è ABACABADABACABA e corrisponde all’ordine di trasferimento di quattro dischi nella torre di Hanoi.
camente identica alla rete degli spigoli di un ipercubo. Contrassegniamo i suoi assi coordinati con A, B, C e D, rappresentando l’asse coordinato D mediante linee diagonali. L’ordine dei movimenti per trasferire una torre a quattro dischi è ABACABADABACABA. Se percorriamo il modello dell’ipercubo scegliendo le deviazioni secondo questa sequenza, veniamo a tracciare un percorso hamiltoniano. Con lo stesso sistema cinque dischi vengono trasferiti con un ordine corrispondente ad un circuito hamiltoniano su un ipercubo a cinque dimensioni, sei dischi corrispondono ad un ipercubo esadimensionale, e così via.
Appendice La dimostrazione che gli n dischi della torre di Hanoi possono essere spostati da un sostegno ad un altro in 2" − 1 mosse non è difficile e costituisce un eccellente esercizio scolastico sul tema dell’induzione matematica. Il problema si generalizza facilmente per un numero qualsiasi di supporti. Forse l’isomorfismo fra le soluzioni della torre di Hanoi e dei percorsi di Hamilton su cubi ed ipercubi non è più tanto sorpren51
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
dente se si considera che in entrambi i casi lo schema della sequenza di mosse è familiare a chiunque lavori con calcolatori binari. Scriviamo prima i numeri binari da 1 ad 8 e contrassegniamo le colonne A, B, C, D come in fig. 26. Scriviamo di fronte ad ogni riga la lettera corrispondente alla cifra 1 situata più a destra nella riga stessa. La sequenza di queste lettere a partire dall’alto verso il basso è lo schema in questione. Questo schema si incontra di frequente negli indovinelli matematici. Le carte per indovinare un numero pensato ed un antico indovinello meccanico chiamato « gli anelli cinesi » ne sono due altri esempi. L’esempio più noto di configurazione di questo genere è la sequenza delle tacche di varia grandezza su un tratto lungo un pollice di un ordinario righello (fig. 27). Lo schema risulta, naturalmente, dalla successiva divisione binaria del pollice in metà, quarti, ottavi e sedicesimi.
Fig. 26. Tavola di numeri binari.
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Fig. 27. Divisione binaria di un pollice.
7 STRANI MODELLI TOPOLOGICI Molti dei lettori di questo libro sapranno benissimo che un nastro di Möbius è una « curiosità » geometrica avente una sola faccia ed un solo bordo. Figure del genere sono l’argomento di quel ramo della matematica chiamato topologia. Le persone che si interessano superficialmente alle questioni matematiche potrebbero farsi l’idea che un topologista sia una specie di playboy della matematica che passa il tempo a fabbricare anelli di Möbius ed altri divertenti modelli matematici. Se però aprissero un qualsiasi recente testo di topologia, resterebbero sorpresi nel trovare pagine e pagine di simboli, raramente ravvivati da un disegno o da un diagramma. È vero che la topologia è scaturita dall’esame di giochetti geometrici, ma oggi essa è una giungla di teorie astratte. I topologisti sospettano di quei teoremi che hanno bisogno di esser visualizzati per poter essere capiti. Tuttavia gli studi topologici seri producono un flusso costante di strani e divertenti modelli. Consideriamo, per esempio, il doppio nastro di Möbius formato mediante due strisce di carta sovrapposte, a cui venga dato un mezzo giro di torsione come se fossero una striscia sola e riunite poi per le estremità come mostrato in fig. 28. Otteniamo qualcosa che sembra due nastri di Möbius uno dentro l’altro. In verità potete provare che sono due strisce separate mettendo un dito fra le due strisce e facendolo scorrere lungo di esse sino a tornare al punto di partenza. Un insetto che proceda fra le due strisce potrebbe compiere il giro indefinitamente, camminando lungo una striscia e strofinando il dorso sempre lungo l’altra. In nessun punto troverebbe che il « pavimento » incontra il « soffitto ». Un insetto intelligente ne concluderebbe che la sua passeggiata si svolge fra due strisce separate. Supponiamo, però, che l’insetto facesse un segno sul pavimento e percorresse un giro completo delle strisce sino a ritornare sul segno. Troverebbe il segno non sul pavimento ma sul soffitto e solo dopo un secondo giro lungo le strisce tornerebbe a trovarlo di nuovo sul pavimento! L’insetto dovrebbe avere una notevole immaginativa per capire che sia il pavimento che il soffitto sono sempre lo stesso lato di una sola striscia. Quello che appare come due 53
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
strisce inserite una nell’altra sono in realtà una sola striscia lunga! Una volta aperto il modello in modo da formare la striscia lunga sarà un difficile problema riportarlo alla forma originaria. Quando la striscia è nella sua forma doppia, vi sono due bordi separati che corrono paralleli fra loro e girano due volte lungo tutto il modello. Immaginate di saldare i due bordi e che il nastro sia di gomma. Si otterrebbe un tubo che potrebbe venir gonfiato in forma di toro circolare (termine topologico dell’equivalente della superficie di una ciambella). I bordi riuniti formerebbero una curva chiusa che si avviterebbe due volte attorno al toro. Ciò significa che un toro può esser tagliato lungo una tale linea curva a formare una striscia di Möbius. La striscia doppia è identica, infatti, ad una striscia singola che sia stata ritorta di quattro mezzi giri prima di incollarne le estremità. È possibile tagliare un toro in una striscia sottoposta a un qualsiasi numero pari di mezzi giri desiderato, ma è impossibile tagliarlo in modo da produrre strisce con un numero dispari di mezze torsioni. Ciò perché il toro è una superficie a due facce e solo le strisce con un numero pari di mezzi giri hanno due facce. Sebbene si possano ottenere superfici a due facce tagliando superfici ad una faccia, l’inverso non è possibile. Se desideriamo ottenere strisce ad una faccia (strisce con un numero dispari di mezzi giri) tagliando superfici senza bordi, dobbiamo ricorrere al taglio di una bottiglia di Klein. La bottiglia di Klein è una superficie chiusa ad una faccia senza bordi. e può esser tagliata in due strisce di Möbius che sono immagini speculari l’una dell’altra.
Fig. 28. Il doppio nastro di Möbius è formato disponendo due strisce di carta sovrapposte (a sinistra), dando loro un mezzo giro di torsione e congiungendo le loro estremità come indicato a destra.
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STRANI MODELLI TOPOLOGICI
La striscia di Möbius semplice è fatta dando ad una striscia piana un mezzo giro di torsione prima di unirne le estremità. Può la striscia esser in qualche modo stirata sinché il bordo assuma forma triangolare? La risposta è sì. Il primo a ideare un modello del genere è stato Bryant Tuckerman, uno dei quattro pionieri dell’arte della flexagonazione (Cap. 1). La fig. 29 mostra come un pezzo di carta può esser tagliato, ripiegato ed incollato in modo da creare un modello di Tuckerman. Le superfici non solo possono avere una o due facce, ma anche differire topologicamente nel numero e nella struttura dei loro bordi.
Fig. 29. Una striscia di Möbius con bordo triangolare fu ideata da Bryant Tuckerman. Se la figura in basso viene ridisegnata, preferibilmente in scala maggiore, il modello di poliedro in alto può essere costruito nel seguente modo: primo, tagliare la figura; secondo, piegarla verso il « basso » lungo le linee a tratto intero; terzo, piegare in senso opposto lungo le linee a tratto; quarto, incollare le quattro alette in modo che il bordo A combaci con A, B con B, C con C, D con D. Le linee a tratto grosso nel poliedro completato tracciano il confine triangolare della superficie di Möbius.
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Tali caratteristiche non possono esser alterate distorcendo la superficie, perciò esse sono chiamate « invarianti topologici ». Consideriamo le superfici con non più di due bordi, i quali siano o curve semplici chiuse o in forma di un ordinario nodo semplice. Se la superficie ha due bordi, essi possono essere indipendenti o collegati fra loro. Con queste limitazioni possiamo elencare 16 specie di superfici (escludendo le superfici senza bordo quali la sfera, il toro e la bottiglia di Klein): AD UNA FACCIA ED UN BORDO: 1. Il bordo è una curva semplice chiusa 2. Il bordo è annodato A DUE FACCE ED UN BORDO: 3. Il bordo è una curva semplice chiusa 4. Il bordo è annodato AD UNA FACCIA E DUE BORDI: 5. I due bordi sono curve semplici chiuse, non collegate 6. I due bordi sono curve semplici chiuse, collegate 7. I due bordi sono annodati e non collegati 8. I due bordi sono annodati e collegati 9. Un bordo semplice ed uno annodato, non collegati 10. Un bordo semplice ed uno annodato, collegati A DUE FACCE E DUE BORDI: 11. Entrambi i bordi sono curve semplici chiuse, non collegate 12. Entrambi i bordi sono curve semplici chiuse, collegate 13. Entrambi i bordi sono annodati, ma non collegati 14. Entrambi i bordi sono annodati e collegati 15. Un bordo semplice ed uno con nodi, non collegati 16. Un bordo semplice ed uno con nodi, collegati. 56
STRANI MODELLI TOPOLOGICI
E possibile costruire facilmente dei modelli di carta per dare degli esempi di ciascuna di queste sedici superfici. I modelli delle superfici dalla 1 alla 12 sono mostrati in fig. 30. I modelli delle rimanenti quattro superfici sono mostrati in fig. 31. Quando alcuni di questi modelli sono tagliati con le forbici in determinati modi, i risultati sono sorprendenti. Come sa chiunque si sia divertito con un nastro di Möbius, il taglio a metà nel senso della lunghezza non produce due strisce separate, come ci si potrebbe aspettare, ma una striscia sola più lunga. (La striscia lunga ha quattro mezzi giri di torsione: perciò può esser ricondotta alla doppia striscia di Möbius sopra descritta). Non altrettanto ben conosciuto è il fatto che se cominciate a tagliare ad un terzo della distanza fra i due bordi e continuate per tutta la lunghezza sino a tornare al punto di partenza, il nastro si apre in una fascia corta incatenata ad una lunga. Tagliando la superficie n. 12 a metà si ottengono due fasce intrecciate delle stesse dimensioni, ognuna con le stesse torsioni e la stessa lunghezza di quella originale. Dal taglio della superficie n. 2 a metà si ricava una fascia lunga con un nodo. Quest’ultimo pezzo di bravura fu oggetto di un opuscoletto che godette di una larga diffusione a Vienna nel 1880. Il libretto rivelava il segreto per formare un nodo in una striscia di tessuto senza ricorrere a trucchi di magia. Dire che i due bordi sono « allacciati » significa nel nostro caso che sono uniti come due anelli di una catena. Per separarli occorre aprirne uno e far passare l’altro attraverso l’apertura. È possibile, però, intrecciare due curve chiuse in modo che, per separarle, non sia necessario farne passare una attraverso un taglio praticato nell’altra. Il modo più semplice per realizzare ciò è mostrato dalle curve in alto della fig. 32, che possono essere separate facendo passare una striscia attraverso « se stessa » nel punto A. Le tre curve chiuse nella figura in basso sono inseparabili pur non essendo allacciate. Rimuovendo una qualunque delle curve anche le altre due risultano libere; l’allacciamento di un paio qualsiasi rende libera la terza. Questa struttura è, d’altra parte, topologicamente identica al familiare marchio di fabbrica a tre anelli di una ben nota marca di birra. Questi anelli sono chiamati talvolta Borromeiani perché formavano l’insegna della famiglia rinascimentale dei Borromeo. Non conosco alcun modello di carta ad una sola superficie, libero da autointersezioni, che abbia due o più bordi chiusi non allacciati fra loro, ma forse qualche abile lettore potrà riuscire a costruirne uno. 57
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 30. Modelli di carta con le superfici da 1 a 12.
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STRANI MODELLI TOPOLOGICI
Fig. 31. Modelli di carta con le superfici da 13 a 16.
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 32. Curve intrecciate che possono essere separate senza che una di esse debba passare attraverso un’apertura dell’altra. Le curve in alto possono essere separate facendo passare la curva ritorta attraverso se stessa nel punto A.
Appendice Un interessante modello di doppio nastro di Möbius può esser costruito in plastica resistente. Ciò consente di far scorrere facilmente le dita tutt’attorno fra le « due » strisce. Mel Stover di Winnipeg scrisse di aver costruito un modello in plastica bianca flessibile, di aver poi inserito una striscia di plastica rossa fra « esse ». Dato che la striscia rossa si vede chiaramente apparire in tutti i punti fra quelle che appaiono due strisce separate, la sorpresa è maggiore quando sfilando la striscia rossa si fa vedere che quella bianca è una striscia singola. La striscia rossa deve avere le estremità aperte e sovrapposte anziché unite, altrimenti verrebbe ad essere collegata alla striscia bianca e non potrebbe esser estratta. La striscia rossa del modello di Stover, inserita nella striscia bianca, assume la forma di un anello di Möbius. Ogni superficie non orientabile (ad una faccia) può esser ricoperta in modo similare da quella che è stata chiamata una superficie bilaterale « a due falde ». Per 60
STRANI MODELLI TOPOLOGICI
esempio, la bottiglia di Klein può esser completamente ricoperta da un toro, una metà del quale sia rivoltata come un guanto. Come la striscia di Möbius che serve da copertura, questa superficie appare come sostituita da due superfici separate, una all’interno dell’altra. Pungendola in un punto, trovate la superficie interna separata dall’esterna dalla superficie della bottiglia di Klein, pur essendo le superfici interna ed esterna appartenenti allo stesso toro.
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8 IL GIOCO DELL’HEX È un po’ un caso raro che al giorno d’oggi qualcuno inventi un gioco matematico nuovo ed interessante allo stesso tempo. Un gioco del genere è l’Hex, ideato 15 anni fa presso l’Istituto Niels Bohr di Fisica Teorica a Copenhagen. Può ben darsi che esso diventi il più diffuso e più profondamente analizzato dei giochi matematici nuovi di questo secolo. L’Hex viene giocato su una scacchiera a forma di diamante costituita da esagoni (fig. 33). Il numero di esagoni può variare, ma la scacchiera è di solito di 11 per lato. Due lati opposti del rombo sono denominati « neri »; gli altri due lati sono « bianchi ». Gli esagoni ai vertici del rombo appartengono ad entrambi i lati. Uno dei giocatori ha una certa quantità di pezzi neri; l’altro di pezzi bianchi. I giocatori dispongono alternativamente uno dei loro pezzi su uno qualunque degli esagoni, purché la cella non sia già occupata da un altro
Fig. 33. Una catena vincente per il « nero » in una scacchiera da Hex con 11 esagoni per lato.
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IL GIOCO DELL’HEX
pezzo. Lo scopo del « nero » è di completare una catena ininterrotta di pezzi neri fra i due lati denominati « nero ». Il « bianco » tenta di completare una catena analoga di pezzi bianchi fra i due lati contrassegnati « bianco ». La catena può girare e rigirare come si vuole; un esempio di catena vincente è mostrato in fig. 33. I giocatori continuano a disporre i loro pezzi sinché uno di essi abbia completato una catena. Il gioco non può terminare alla pari, perché un giocatore può bloccare l’altro solo completando la propria catena. Queste regole sono semplici, tuttavia l’Hex è un gioco di sorprendente sottigliezza matematica. L’Hex è stato inventato da Piet Hein, che deve essere sicuramente una delle più notevoli intelligenze in Danimarca. Hein cominciò la sua carriera come studente all’Istituto di Fisica Teorica; poi le sue invenzioni industriali lo indirizzarono verso l’ingegneria, alla quale si dedicò sinché i tedeschi invasero la Danimarca nel 1940. Dato che Hein era il capo di un gruppo anti-nazista, divenne subito partigiano. Dopo la guerra acquistò molta notorietà come scrittore di argomenti scientifici e vari per « Politiken », il principale quotidiano danese. È anche conosciuto, sotto lo pseudonimo di Kumbel, come autore di numerosi volumi di epigrammi in versi. Di questi libri sono state vendute 175.000 copie. Il gioco dell’Hex venne in mente ad Hein mentre contemplava il famoso problema di topologia dei quattro colori. (Il teorema, ancora non dimostrato, dice che quattro colori sono sufficienti per colorare qualsiasi carta in modo che fra nessuna coppia di paesi vicini vi sia un colore in comune). Hein presentò il gioco nel 1942 durante una conferenza agli studenti dell’Istituto. Il 26 Dicembre di quello stesso anno il « Politiken » pubblicò una descrizione del gioco, che ben presto divenne popolare in Danimarca sotto il nome di Poligon. Furono messe in vendita tavolette sulle quali si poteva giocare con una matita e per molti mesi « Politiken » pubblicò una serie di problemi del Poligon, con premi per le migliori soluzioni. Nel 1948 John F. Nash, allora studente diplomato di matematica all’Università di Princeton (ora professore al Massachusetts Institute of Tecnology ed una delle maggiori autorità della nazione sulla teoria dei giochi), reinventò indipendentemente il gioco, che si guadagnò subito le simpatie degli studenti di matematica all’Istituto di Studi Superiori ed a Princeton. Il gioco veniva chiamato comunemente Nash o John, e veniva spesso giocato sulle piastrelle esagonali dei pavi63
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
menti dei bagni. Il nome Hex gli venne dato solo nel 1952 quando venne pubblicata una versione del gioco sotto questo titolo dalla ditta Parker Brothers. Ai lettori che vorrebbero provare l’Hex si consiglia di fare delle copie ciclostilate della scacchiera, sulle quali si può giocare segnando gli esagoni con cerchi e croci. Se si preferisce giocare con pezzi mobili su una scacchiera permanente, se ne può disegnare una abbastanza grande su cartone pesante o realizzarla incollando assieme delle piastrelle esagonali. Se le piastrelle sono abbastanza grandi, le ordinarie pedine da dama possono servire come pezzi. Uno dei migliori sistemi per imparare le finezze dell’Hex è di giocare su una scacchiera con un piccolo numero di esagoni. Quando il gioco viene giocato su una scacchiera di due per due (quattro esagoni), il giocatore che fa la prima mossa ovviamente vince. Su una
Fig. 34.
Fig. 35.
scacchiera di tre per tre il primo giocatore vince facilmente se occupa alla sua prima mossa il centro della scacchiera (fig. 34). Dato che il « nero » ha due alternative di gioco sui due lati di questo pezzo, non vi è possibilità che l’avversario possa impedirgli di vincere alla terza mossa. Su una scacchiera di quattro per quattro le cose cominciano a diventar complicate. Il primo a giocare è sicuro di vincere se occupa immediatamente una delle quattro caselle numerate in fig. 35. Se gioca la sua mossa in apertura in qualsiasi altro modo, viene sicuramente sconfitto. Una apertura sulla casella 2 o 3 assicura la vittoria alla quinta mossa; l’apertura sulla casella 1 o 4, dà la vittoria alla sesta mossa. Su una scacchiera di cinque per cinque si può ancora dimostrare che il primo giocatore vince alla sesta mossa se occupa immediata64
IL GIOCO DELL’HEX
mente l’esagono centrale. Su scacchiere più estese l’analisi diviene enormemente più difficile. Naturalmente la scacchiera tipo di 11 per 11 introduce un numero talmente astronomico di complicazioni che una analisi completa appare al di sopra delle possibilità del calcolo umano. I teorici dei giochi trovano l’Hex particolarmente interessante per la seguente ragione. Sebbene non si conosca alcun « procedimento di decisione » che garantisca la vittoria su una scacchiera regolare, vi è un elegante procedimento di « reductio ad absurdum » per dare una « prova di esistenza » di una strategia che dà la vittoria a chi gioca per primo, qualunque siano le dimensioni della scacchiera. (Una « prova di esistenza » dimostra semplicemente l’esistenza di qualcosa senza dire come si possa operare per trovarla). Ecco una versione molto riassunta della dimostrazione (che può essere formulata con molto maggior rigore) elaborata nel 1949 da John Nash: 1. Uno dei due giocatori, il primo o il secondo, deve vincere, perciò deve esistere una strategia vincente o per il primo o per il secondo. 2. Ammettiamo che sia il secondo ad avere una strategia vincente. 3. Il primo giocatore può adottare la seguente difesa: Iniziare con una prima mossa arbitraria e continuare giocando la strategia vincente del secondo giocatore di cui abbiamo supposto l’esistenza. In breve diviene lui il secondo giocatore, con l’aggiunta di un pezzo in più già collocato in un qualche punto della scacchiera. Se nello sviluppo della strategia si rende necessario giocare sulla stessa casella su cui è stata fatta la prima mossa arbitraria, egli fa una nuova mossa arbitraria. Se in seguito gli capita di dover fare una mossa dove era stata fatta la seconda mossa arbitraria, ne fa una terza, e così via. In questo modo egli gioca la strategia vincente sempre con un pezzo in più sulla scacchiera. 4. Questo pezzo in più non può interferire con l’imitazione che il primo giocatore fa della strategia vincente, in quanto un pezzo in più è sempre un fattore favorevole e mai un impedimento. Perciò il primo giocatore può vincere. Dato che abbiamo così contraddetto la nostra ipotesi che vi sia una strategia vincente per il secondo giocatore, dobbiamo abbandonare questa ipotesi. 5. Di conseguenza deve esservi una strategia vincente per il primo giocatore. 65
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Vi sono molteplici varianti allo schema fondamentale dell’Hex; una versione è quella in cui ogni giocatore tenta di obbligare l’avversario a chiudere una catena. Secondo un’abile dimostrazione ideata da Robert Winder, uno studente diplomato in matematica a Princeton, il primo giocatore può sempre vincere questo gioco su una scacchiera che abbia un numero pari di caselle su ogni lato, mentre il secondo giocatore può sempre vincere su una con un numero dispari. Dopo che il lettore avrà giocato l’Hex per qualche tempo, può darsi che gli venga voglia di cimentarsi con tre problemi ideati da Hein, e presentati nei tre schemi di fig. 36. L’obbiettivo in tutti e tre i problemi è di trovare la prima mossa che assicuri la vittoria al « bianco ».
Fig. 36. Tre problemi di Hex
Appendice L’Hex può essere giocato su altri tipi di scacchiera che siano topologicamente equivalenti alla scacchiera di esagoni. Si può usare egualmente, ad esempio, un campo di triangoli equilateri, ponendo le pedine sulle intersezioni. Una scacchiera normale è isomorfa con una scacchiera di Hex se si suppone che i quadrati siano connessi diagonalmente in una sola direzione (per esempio, da NE a SW, ma non da NW a SE). Entrambe le scacchiere mi sembrano meno soddisfacenti del mosaico di esagoni ai fini del gioco effettivo. Sono state proposte numerose forme di scacchiera per Hex, differenti da quella rombica; per esempio, Claude Shannon, del Massachusetts Institute of Technology ha suggerito un campo a forma di triangolo equilatero. Il vincitore sarebbe quello che per primo completa una catena che unisca i tre lati del triangolo. Le caselle d’angolo verrebbero considerate appartenenti ad entrambi i lati rispetti66
IL GIOCO DELL’HEX
vamente adiacenti. La dimostrazione di Nash della vittoria del primo giocatore vale egualmente per questa variante. Per bilanciare il forte vantaggio del primo giocatore nella forma tipo dell’Hex si è pensato di introdurre diverse varianti: chi gioca per primo non possa aprire sulla diagonale corta, oppure il vincitore riceva un premio in relazione al minor numero di mosse impiegate per vincere, od ancora che il primo giocatore apra con una sola mossa e successivamente ogni giocatore abbia due mosse per turno. Si è portati a supporre che su una scacchiera di n per n + l caselle (ad es., 10 per 11), su cui il primo giocatore prenda i due lati più distanti, i vantaggi relativi dei due giocatori divengano più equilibrati. Sfortunatamente è stata scoperta una strategia semplice che dà al secondo giocatore una vittoria sicura. La strategia comporta una simmetria di riflessione rispetto ad un asse centrale. Se siete il secondo giocatore, immaginate che le celle siano accoppiate secondo lo schema indicato dalle lettere in fig. 37. Comunque giochi il vostro avversario giocate l’altra casella con la stessa lettera. In conseguenza della minor distanza fra i vostri due lati della scacchiera, è impossibile che perdiate! Ancora qualche parola circa la strategia generale nel gioco dell’Hex. Un gran numero di lettori ha scritto di essere rimasto deluso nello scoprire che il primo giocatore può conseguire una facile vittoria, semplicemente occupando la casella centrale e stendendo poi una catena di caselle contigue verso i due lati della scacchiera a lui relativi. Essi obbiettano che, essendovi per ogni successivo anello
Fig. 37. Come il secondo giocatore deve accoppiare le caselle per vincere su una scacchiera « ridotta ».
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
della catena sempre una possibilità di scelta fra due caselle, è impossibile bloccare il gioco. Naturalmente non avevano giocato abbastanza per scoprire che le catene possono essere bloccate prendendo delle caselle che non siano adiacenti alle estremità della catena. Il gioco è molto più sottile di quanto non sembri a prima vista, perché un blocco efficace spesso comporta delle giocate che sembrano non avere alcuna relazione con la catena che viene bloccata. Una strategia più raffinata si basa sul seguente procedimento. Giocare prima al centro, poi cercare di formare su ciascuno dei lati a voi assegnati una catena di caselle separate, diagonali o verticali, come le due catene mostrate in fig. 38. Se il vostro avversario vi contrasta in senso verticale passate al gioco diagonale e se vi contrasta in senso diagonale passate al verticale. Naturalmente, una volta che siate riusciti a collegare i vostri due lati con una catena interrotta nella quale ogni collegamento mancante consenta una doppia mossa, non potete più esser bloccati. Questa strategia è buona giocando con dei novellini, ma può essere contrastata da opportune mosse difensive. Ancora un’altra strategia ha fornito la base di una macchina per giocare l’Hex costruita da Claude Shannon e da E. F. Moore, entrambi in quell’epoca facenti parte del gruppo direttivo dei Bell Telephone Laboratories. Ecco una descrizione dell’apparecchio fatta da Shannon nel suo articolo sui Calcolatori ed Automi nei « Proceedings of the Institute of Radio Engineers », Vol. 41, ottobre 1953: « Dopo uno studio di questo gioco, si suppose che una mossa ragionevolmente buona potesse esser fatta mediante il seguente procedimento. Si costruisce un campo di potenziale a due dimensioni corrispondente alla scacchiera di gioco, con i pezzi bianchi come cariche positive e quelli neri come cariche negative. L’alto e il basso della scacchiera sono considerati negativi e i due lati positivi. La mossa da fare corrisponde ad un certo specifico punto di sella nel campo. Per provare questa strategia fu costruito un dispositivo analogico, consistente in una rete di resistenze e una serie di dispositivi per trovare il punto di sella. Il principio generale, con qualche miglioramento suggerito dall’esperienza, si dimostrò ragionevolmente giusto. Avendo la prima mossa, la macchina vinse circa il settanta per cento delle sue partite contro avversari umani. Spesso sorprese i suoi costruttori scegliendo strane mosse che, analizzate, si dimostrarono giuste. Di solito pensiamo che i calcolatori siano esperti nei calcoli 68
IL GIOCO DELL’HEX
lunghi e complessi e scadenti nei giudizi di valore generici. Fatto paradossale, il giudizio di posizione di questa macchina era buono; la sua principale deficienza era nel gioco delle combinazioni dei finali di partita. È anche curioso il fatto che il calcolatore giocatore di Hex invertiva l’usuale procedimento di calcolo in quanto risolveva un problema fondamentalmente numerico mediante una macchina analogica ». Per gioco, Shannon costruì anche una macchina da Hex che prendeva la seconda mossa e vinceva sempre, con grande meraviglia degli esperti di Hex che conoscevano quanto fosse grande il vantaggio del
Fig. 38
primo giocatore. La scacchiera era più corta in una direzione (7 per 8), ma montata su una scatola rettangolare in modo che le disuguaglianze dei lati venivano mascherate. Pochi giocatori erano così diffidenti da contare le caselle lungo i due lati. La macchina, naturalmente, giocava la strategia vincente di riflessione descritta in precedenza. Essa avrebbe potuto esser costruita in modo da rispondere istantaneamente alle mosse ma vennero usati dei termistori per rallentare il suo funzionamento. Occorrevano da uno ad otto secondi per raggiungere una decisione, dando così l’impressione che stesse facendo una complicata analisi della configurazione sulla scacchiera!
Risposte Le soluzioni ai tre problemi di Hex dati in fig. 36 sono mostrate in fig. 39. Una analisi completa delle possibili alternative di gioco 69
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
è troppo lunga; solo la prima mossa corretta per il « bianco » viene indicata dalla crocetta. Parecchi lettori hanno espresso la opinione che nel terzo problema il bianco possa anche vincere giocando la casella 22 (cominciando alla estrema sinistra e numerando le righe verso l’alto a destra da 1 a 25). Come ha indicato Robert Fox, di Princeton, N.J., il nero può battere questa condotta di gioco occupando la casella 18. Se il bianco occupa la 23, il nero vince con la 20. Se il bianco prende la 8, il nero vince occupando la 14. Una dimostrazione un po’ più dettagliata di quella data qui dell’esistenza nell’Hex di una strategia vincente per il primo giocatore si trova in Symbols, Signals and Noise di J. R. Peirce, Harper Brothers, 1961 (trad. italiana Teoria dell’informazione, Mondadori, 1963).
Fig. 39.
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9 SAM LOYD: IL PIÙ GRANDE ENIGMISTA D’AMERICA Il nome di Sam Loyd non sarà forse familiare a molti lettori di questo libro, purtuttavia Loyd era un autentico genio americano e, ai suoi tempi, qualcosa come una celebrità. Per quasi mezzo secolo, sino alla sua morte nel 1911, egli fu l’indiscusso re dell’enigmistica nazionale. Migliaia di magnifici indovinelli, per la maggior parte matematici, sono apparsi sotto il suo nome e molti di essi sono ancora popolari tutt’oggi. In effetti vi furono due Sam Loyd: padre e figlio. Quando il più anziano morì, il giovane tolse l’aggiunta di « figlio » dal suo nome e continuò il lavoro del padre, scrivendo per le rubriche di enigmistica di riviste e quotidiani e pubblicando libri e novità in un piccolo scuro ufficio di Brooklyn. Però il figlio, che morì nel 1934, non possedeva l’inventiva di suo padre; i suoi libri sono poco più che compilazioni affrettate del lavoro paterno. Loyd padre nacque a Filadelfia nel 1841 da « ricchi ma onesti genitori », come li definì una volta egli stesso. Nel 1844 suo padre, un agente di compravendite immobiliari, si trasferì con la famiglia a New York, dove Sam frequentò le scuole pubbliche sino a 17 anni. Se fosse andato all’Università avrebbe potuto diventare un eminente matematico o ingegnere. Ma Sam non andò all’Università ed una delle ragioni fu che aveva imparato a giocare a scacchi. Per dieci anni Loyd apparentemente non fece altro che far camminare dei pezzi di scacchi per le scacchiere. Allora gli scacchi erano enormemente popolari; molti quotidiani avevano colonne dedicate agli scacchi con problemi ideati dai lettori. Il primo problema di Loyd fu pubblicato da un giornale di New York quando aveva 14 anni. Durante i successivi cinque anni la sua produzione di problemi di scacchi fu così prodigiosa che divenne noto in tutto il mondo scacchistico; a sedici anni, fu nominato redattore della sezione dei problemi dei « Chess Monthly », edito allora da D. W. Fiske e da un giovane maestro di scacchi, Paul Morphy. In seguito curò l’edizione di rubriche scacchistiche in svariati quotidiani e collaborò regolarmente, sotto vari pseudonimi, a molte altre. 71
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Nel 1877 e nel 1878 Loyd scrisse una pagina settimanale di scacchi per il supplemento dello « Scientific American », cominciando ogni articolo con una lettera iniziale formata con i pezzi di un problema di scacchi. Queste colonne formarono poi il nerbo del suo libro Chess Strategy, che egli pubblicò nel 1878 a cura della sua casa editrice ad Elisabeth, nel New Jersey. Il volume, che contiene 500 dei suoi migliori problemi, è ora molto ricercato dai collezionisti. Il più riprodotto dei problemi scacchistici di Loyd, composto quando aveva 18 anni, illustra il modo delizioso con cui i suoi problemi erano spesso arricchiti di aneddoti. Sembra che nel 1713, il re Carlo XII di Svezia, assediato dai Turchi nel suo accampamento di Bender, passasse spesso il tempo giocando a scacchi con uno dei suoi ministri. Una volta, giunto il gioco nella situazione illustrata in fig. 40, Carlo (che aveva il bianco) annunciò lo scacco matto in tre mosse.
Fig. 40.
In quel momento una pallottola frantumò il cavallo bianco. Il re studiò di nuovo la scacchiera, sorrise e disse che non aveva bisogno di cavallo perché poteva ancora mattare in quattro mosse. Ma aveva appena finito di parlare che una seconda pallottola fece saltar via il pedone della casella h2. Imperturbabile, Carlo esaminò la sua posizione accuratamente ed annunciò matto in cinque mosse. 72
SAM LOYD: IL PIÙ GRANDE ENIGMISTA D’AMERICA
La storia ha un finale. Alcuni anni dopo un esperto di scacchi tedesco fece rilevare che se la prima pallottola avesse distrutto la torre bianca anziché il cavallo, Carlo avrebbe potuto mattare ancora in sei mosse. I lettori scacchisti possono divertirsi ad affrontare questo notevole problema in quattro fasi. La versione originale del primo indovinello di Loyd che ebbe successo commerciale, disegnato da lui stesso verso i vent’anni, è riportato in fig. 41. Tagliando il gioco lungo le linee punteggiate, i tre rettangoli potevano essere sistemati (senza piegarli) in modo che i due fantini potessero cavalcare i due somari. P. T. Barnum comprò milioni di copie di questo giochetto da Loyd e li distribuì col nome di « asinelli magici di P. T. Barnum ». Si dice che il giochetto fruttasse al giovane Loyd diecimila dollari in poche settimane ed è popolare ancor oggi.
Fig. 41.
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Dal punto di vista matematico la più interessante creazione di Loyd è il famoso indovinello del « 14-15 » o del « padrone ». Esso ha avuto una sorprendente ripresa verso il 1950 e può ancor essere acquistato sui banchi di giocattoli della maggior parte dei grandi magazzini tipo Upim. Come mostrato in fig. 42, nell’interno di un telaio quadrato vi sono 15 quadratini numerati spostabili. All’inizio del gioco gli ultimi due numeri sono in ordine di successione. Il problema è di far scorrere i quadretti senza levarli dalla scatola, sinché non siano in successione tutti, lasciando la casella vuota nell’angolo destro in basso come all’inizio. Nel decennio 1870-80 il gioco del 14-15 ebbe una enorme diffusione sia negli USA che all’estero e sulle riviste matematiche apparvero numerosi dotti articoli. Loyd offrì un premio di 1000 dollari per una corretta soluzione del gioco. Migliaia di persone giuravano di averlo risolto, ma nessuno poteva ricordare le sue mosse esattamente tanto da registrarle e ottenerne il premio. L’offerta di Loyd era fatta sul sicuro perché il problema non era risolubile. Dei più di 20 trilioni di possibili disposizioni dei quadretti, esattamente la metà possono essere ottenute spostando i quadretti a partire dalla posizione qui rappresentata. Le rimanenti, compresa quella del problema, hanno una differente « parità » (per usare il linguaggio delle permutazioni matematiche) e non possono essere ottenute partendo da una qualsiasi posizione di parità opposta.
Fig. 42.
Fig. 43.
Il gioco veniva a volte giocato disponendo i quadretti nella scatola a casaccio e tentando poi di spostarli sino a disporli in ordine di successione. La probabilità di riuscire è naturalmente di 1/2. Un semplice modo per determinare se una certa disposizione B può essere ottenuta a partire da un’altra A è di vedere quanti « scambi » (cambi 74
SAM LOYD: IL PIÙ GRANDE ENIGMISTA D’AMERICA
di posizione ottenibili mediante estrazione di due quadrati qualunque dalla scatola e scambio della loro posizione) siano necessari per cambiare A in B. Se questo numero è pari, A e B hanno la stessa parità e l’uno può essere ottenuto dall’altra per slittamento dei quadretti. Il fatto che un singolo scambio di due blocchetti qualunque inverta automaticamente la parità è alla base di una versione particolarmente maligna del gioco messa sul mercato alcuni anni fa. In essa i quadrati non sono numerati ma portano delle lettere come mostrato in fig. 43. Le parole « rate » e « your » sono su quadrati di un colore, « mind » e « pal » su un altro 1. Mostrate la disposizione alla vostra vittima, poi distruggetela facendo scivolare i blocchetti a caso in tutti i sensi. Nel far questo fate in modo da portare astutamente la seconda « r » nell’angolo in alto a sinistra, poi restituite il giochetto. La vittima naturalmente cercherà di conservare la posizione di questa « r » nell’angolo e tenterà di mettere in ordine tutti gli altri blocchetti; cosa impossibile perché lo spostamento della « r » ha fatto cambiare la parità. Al massimo il poverino potrà ottenere « rate your mind pla ». Il più bell’indovinello di Loyd è senza dubbio il famoso paradosso della « Uscita dalla Terra », brevettato nel 1896. Un cerchio di cartoncino, imperniato al centro di un pezzo di cartoncino quadrato, porta attorno al bordo i disegni di 13 guerrieri cinesi. Di ogni guerriero una parte è disegnata sul cerchio, una parte sul quadrato. Girando di poco la ruota, le parti combaciano in modo differente ed un guerriero scompare completamente! Questo giochetto è stato riprodotto tanto spesso che possiamo mostrare in fig. 44 la versione meno nota, ma in un certo senso ancora più enigmatica, chiamata « Teddy e i leoni ». In una posizione della ruota si vedono sette leoni e sette cacciatori; in una altra otto leoni e sei cacciatori. Da dove vien fuori l’ottavo leone? Quale dei cacciatori sparisce e da dove vien fuori? Nel 1914, tre anni dopo la morte del padre, Loyd figlio pubblicò una voluminosa Cyclopedia of Puzzles (Enciclopedia degli indovinelli), certamente la più grande raccolta di problemi mai riunita in un singolo volume. Il seguente rompicapo è tolto da questo favoloso lavoro, da molto tempo esaurito. Esso illustra con quanta 1 La frase che appare sulla scacchiera in fig. 43 significa: valuta il tuo ingegno, giovanotto. (N. d. T.).
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Fig. 44. Fig. 44. Il paradosso di Loyd « Teddy e i leoni ». A sinistra si vedono sette
abilità il vecchio maestro fosse capace di prendere un semplice problema, che non richiedeva nulla più che una capacità di pensare con chiarezza e di maneggiare le frazioni, e renderlo drammatico in modo da farlo diventare una eccitante sfida. Nel Siam, spiega Loyd, vengono allevate due razze di pesci per le loro qualità combattive: un tipo grande di perca bianca conosciuta come pesce reale ed una carpa nera piccola detta pesce diavolo. « Fra queste due specie vi è tale una antipatia che esse si attaccano a prima vista e combattono sino alla morte ». Un pesce reale può far fuori uno o due pesci piccoli in pochissimi secondi. Ma i pesci diavolo « sono così agili e lavorano in gruppo tanto armonicamente che tre di loro equivalgono esattamente ad uno grande e in questo caso il 76
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Fig. 44. leoni e sette cacciatori, a destra otto leoni e sei cacciatori.
combattimento può durare ore senza alcun risultato. Peraltro essi conducono il loro piano di attacco così abilmente e scientificamente che se sono in quattro piccoli essi uccidono uno grande in tre minuti esatti e se in numero maggiore arrivano a dar il colpo di grazia in un tempo proporzionalmente minore ». (Ossia cinque pesci diavolo ucciderebbero un pesce reale in due minuti e ventiquattro secondi, sei in due minuti e così via). Se quattro pesci reali vengono messi di fronte a 13 pesci diavolo, quale schiera vince la battaglia ed in quanto tempo, ammesso, si intende, che i pesci piccoli cooperino nel modo più efficiente? Per evitare ambiguità nell’enunciazione del problema fatta da Loyd, occorre chiarire che i pesci diavolo attaccano sempre un solo 77
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pesce reale in gruppi di tre o più e continuano sempre con lo stesso sinché non lo finiscono. Non possiamo, per esempio, supporre che mentre dodici pesci piccoli tengono in scacco i quattro pesci grossi, il tredicesimo vada saltando avanti e indietro per finire il pesce grosso, attaccandoli tutti e quattro allo stesso tempo. Se permettessimo che, per così dire, le frazioni di pesce diavolo fossero efficaci, dovremmo ragionare che quattro diavoli ucciderebbero un re in tre minuti, tredici diavoli finirebbero un re in 12/13 di minuto, o quattro re in 48/13 di minuto (3 minuti, 47 secondi e 7/13). Ma questo stesso tipo di ragionamento porterebbe alla conclusione che dodici diavoli ucciderebbero un re in un minuto ossia quattro re in quattro minuti senza neppur avere bisogno del tredicesimo pesce piccolo − una conclusione che chiaramente viola l’ipotesi di Loyd che tre pesci piccoli non sono capaci di uccidere un pesce reale.
Appendice Arthur W. Burks, professore di filosofia alla Università di Michigan, mi scrisse per raccontarmi il modo interessante in cui il problema del 14-15 di Loyd assomiglia ad un moderno calcolatore digitale. Ognuno ha un numero finito di stati, ognuno dei quali è seguito da un altro stato. Ogni « corsa » del calcolatore o del gioco comincia da un certo stato. Tutti gli altri stati possono essere divisi in due gruppi: quelli « ammissibili » che possono essere realizzati partendo dai « dati di entrata » e quelli « inammissibili » che non possono esserlo. L’argomento è discusso a pag. 63 della memoria Logica degli automi fissi e sviluppabili del Prof. Burks, pubblicato dall’Istituto di Ricerche di Ingegneria dell’Università del Michigan.
Risposte Nel problema di scacchi, il Bianco matta in tre mosse prendendo il pedone con la sua torre. Se l’alfiere nero prende la torre, il Bianco salta col cavallo in f3, il Nero è obbligato a muovere l’alfiere ed il Bianco matta con il pedone in g4. Se il Nero prende il cavallo invece della torre, la torre dà scacco in h3, il Nero interpone l’alfiere e il Bianco matta col pedone in g4 come prima. Dopo che la pallottola ha fracassato il cavallo bianco, il Bianco matta in quattro mosse prendendo il pedone nero col suo. Se il Nero muove l’alfiere in e3, il Bianco muove la torre in g4. Ad alfiere nero 78
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in g5 segue torre bianca in h4 (scacco). L’alfiere prende la torre ed il Bianco matta con pedone in g4. Dopo che la seconda pallottola porta via il pedone bianco in h2, il Bianco matta in cinque mosse con torre in b7. Se il Nero porta l’Alfiere in e3, allora: (2) T − b1, A − g5; (3) T − h1 (scacco), A − h4; (4) T − h2, PXT; (5) P − g4 (matto). Se il Nero alla sua prima mossa gioca A − g1, allora: (2) T − b1, A − h2; (3) T − e1, R − h4; (4) R − g6, qualsiasi mossa; (5) T − e4 (matto). Se la prima pallottola avesse portato via la torre bianca anziché il cavallo, il Bianco avrebbe mattato in sei mosse muovendo il cavallo in f3. La migliore risposta del nero sarebbe stata A − el, cui sarebbe seguito (2) CXA, R − h4; (3) P − h3, R − h5; (4) C − d3, R − h4; (5) C − f4, P − h5; (6) C − g6 (matto). I fantini possono essere sistemati sui due asini (che miracolosamente vanno al galoppo) come mostrato in fig. 45. La fig. 46 riproduce una possibile fonte del famoso indovinello di Loyd: un disegno persiano dell’inizio del 17° secolo. Circa il paradosso di « Teddy e i leoni », non ha significato chiedere quale cacciatore sia sparito o quale nuovo leone sia comparso. Tutti i leoni e i cacciatori spariscono quando le parti vengono risistemate, per formare un nuovo gruppo di otto leoni, ognuno di 1/8
Fig. 45. Soluzione del problema dei fantini e degli asini.
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più piccolo di quelli di prima e sei cacciatori, ognuno di 1/6 più grande di prima. Vi sono molti modi per affrontare il problema dei pesci combattenti. Ecco la soluzione di Loyd: « Tre dei pesci piccoli accoppiati con ognuno dei tre pesci grandi, li tengono impegnati mentre gli altri quattro piccoli fanno fuori il quarto pesce grosso in tre minuti esatti. Poi cinque piccoli sbrigano uno grande e lo uccidono in 2 minuti e 24 secondi mentre gli altri piccoli continuano a battagliare con i grossi. « È evidente che se i due rimanenti gruppi fossero stati aiutati da un combattente in più avrebbero finito tutti nello stesso tempo, sicché è rimasta ad ognuno dei pesci grossi sopravvissuti sufficiente resistenza per impegnare un pesce piccolo per 2 minuti e 24 secondi. Perciò se ora attaccano in sette anziché in uno, essi ci mettono un settimo di tale tempo, ossia 20 secondi e 4/7. « Nel dividere le forze dei pesci piccoli contro i due grossi rimanenti − uno sarebbe attaccato da sette e l’altro da sei − alla fine
Fig. 46. Disegno persiano del XVII secolo (per concessione del museo delle Belle Arti di Boston).
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dei 20 secondi e 4/7 ci sarebbe ancora bisogno, per l’ultimo pesce, dell’attacco che uno piccolo avrebbe potuto portare nello stesso tempo. I 13 piccoli insieme, concentrando il loro attacco, darebbero al pesce il colpo di grazia in un tredicesimo di tale tempo, ossia 1 secondo e 53/91. « Il totale dei vari tempi corrispondenti alle varie riprese (3 minuti, 2 minuti e 24 secondi, 20 secondi e 4/7, 1 secondo e 53/91) assomma a 5 minuti 46 secondi e 2/13 per tutta la battaglia ».
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10 GIOCHI MATEMATICI CON LE CARTE Nel racconto Il Signor Sa-tutto di Somerset Maugham c’è il seguente dialogo: − Le piacciono i trucchi con le carte? − No, li detesto. − Bene, vi farò vedere questo solo. Dopo il terzo giochetto, la vittima trova una scusa per uscire dalla stanza. La sua reazione è comprensibile. La maggior parte dei giochi di magia con le carte sono terribilmente noiosi se non vengono fatti da abili professionisti. Vi sono, però, alcuni giochi di carte che « funzionano da soli » e che risultano interessanti da un punto di vista matematico. Vediamo il seguente. Il prestigiatore, che siede ad un tavolo di fronte allo spettatore, estrae 20 carte a caso dal mazzo, rimettendole nel mazzo stesso con la faccia verso l’alto. Lo spettatore taglia ben bene il mazzo in modo che le carte scoperte risultino distribuite a caso. Poi, tenendo il mazzo sotto la tavola, in modo che non sia visibile da alcuno, conta 20 carte partendo dalla carta superiore e da sotto il tavolo porge il pacchetto delle 20 carte al prestigiatore. Questi lo prende ma continua a tenerlo sotto il tavolo in modo da non poterne vedere le carte. « Né voi, né io » dichiara « sappiamo quante carte rovesciate vi sono in questo gruppo di 20 che Lei mi ha dato. Però è probabile che il numero di tali carte sia inferiore al numero di carte rovesciate rimaste fra le 32 in mano sua. Senza guardare le mie ora girerò con la faccia in alto qualche altra carta in modo da averne un numero esattamente eguale a quello delle carte scoperte in mano vostra ». Il prestigiatore traffica per qualche istante con le sue carte, facendo finta di cercare di sentire al tatto la faccia e il retro delle carte. Poi mette in mostra il mazzetto e lo apre sul tavolo. Si contano le carte con la faccia verso l’alto e il numero si dimostra essere identico al numero di carte scoperte rimaste fra le 32 tenute dallo spettatore. Questo notevole trucco può esser meglio spiegato rifacendosi ad 82
GIOCHI MATEMATICI CON LE CARTE
uno dei più vecchi rompicapo matematici. Immaginate di avere davanti due caraffe, contenenti un litro d’acqua l’una, un litro di vino l’altra. Un centimetro cubo d’acqua viene passato nella caraffa di vino ed il vino e l’acqua mescolati completamente. Poi un centimetro di miscela viene ripassato nell’acqua. Vi è ora più acqua nel vino che vino nell’acqua? o viceversa? (Trascuriamo il fatto che in pratica una miscela di acqua e vino è leggermente minore della somma dei volumi dei due liquidi prima della miscelazione). La risposta è che c’è tanto vino nell’acqua quanta acqua nel vino. Il fatto divertente in questo problema è la straordinaria quantità di informazioni irrilevanti fornite. Non è necessario conoscere quanto liquido vi sia in ogni caraffa, quanto ne sia trasferito da una all’altra o quanti trasferimenti vengano fatti. Non ha importanza se le miscele sono ben mescolate o meno. Non è nemmeno essenziale che i due recipienti contengano la stessa quantità di liquido all’inizio! La sola condizione importante è che alla fine ogni caraffa deve contenere esattamente la stessa quantità di liquido dell’inizio. Ottenuto ciò è ovvio che se manca una quantità x di vino dalla caraffa del vino, lo spazio prima occupato da tale quantità deve ora essere occupato da una quantità x di acqua. Se al lettore questo ragionamento dà fastidio, può chiarirlo rapidamente con un mazzo di carte. Metta 26 carte rivolte in giù sul tavolo a rappresentare il vino. Di fianco le altre 26 carte a faccia in su rappresentino l’acqua. Ora si possono spostare avanti e indietro delle carte in qualsiasi modo si voglia, purché alla fine si rimanga sempre con 26 in ogni pacchetto. Troverete allora che il numero di carte scoperte in ciascun pacchetto è eguale al numero di carte coperte nell’altro. Fate una prova analoga cominciando con 32 carte coperte e 20 scoperte. Fate quanti trasferimenti volete, terminando con 20 carte nel mazzetto piccolo. Il numero di carte diritte in quello più grande sarà per forza esattamente eguale a quello delle carte rovesciate nelle 20. Rovesciate tutto insieme il mazzetto piccolo; automaticamente ciò rovescia le carte diritte e mette diritte le carte rovesciate. Il numero di carte diritte in entrambi i gruppi diviene perciò eguale. Ora è chiaro il funzionamento del trucco. All’inizio il prestigiatore scopre esattamente 20 carte. Poi quando egli riceve dallo spettatore il mazzetto di 20 carte, questo contiene un numero di carte coperte eguale al numero di carte scoperte rimaste nel mazzo ini83
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ziale. Egli fa finta di rigirare qualche altra carta, ma in effetti rovescia l’intero pacchetto, che perciò viene a contenere tante carte scoperte quante ne sono rimaste fra le 32 in mano dello spettatore. Il trucco è particolarmente misterioso per gli appassionati della scienza matematica, che sono propensi a pensare a ogni sorta di spiegazioni complicate. Molti trucchi di carte, conosciuti fra gli indovini come « divinazioni », sono basati su elementari principi matematici. Eccone uno dei migliori. Voltando le spalle al pubblico chiedete a qualcuno di prendere da 1 a 12 carte dal mazzo e di nasconderle in tasca senza dirvi il numero. Ditegli allora di guardare la carta che dista dalla prima dei mazzo rimasto dello stesso numero di carte e di ricordarla. Rigiratevi e chiedete il nome di una persona qualsiasi, viva o defunta. Per esempio, qualcuno potrà suggerire Marilyn Monroe (il nome, per inciso, deve avere più di 12 lettere). Prendendo il mazzo dite alla persona che ha messo in tasca le carte estratte: « desidero che disponiate le carte una alla volta sul tavolo, chiamando le lettere del nome di Marilyn Monroe, così ». Per farlo vedere, distribuite le carte cominciando dalla cima del mazzo in modo da formare un pacchetto di carte coperte sul tavolo, prendendo una carta per ogni lettera sino ad aver pronunciato a voce alta tutto il nome. Poi riprendete il mazzetto e riponetelo sul mazzo iniziale. « Prima di far questo, però, » continuate voi « mettete sopra al mazzo le carte che avete in tasca ». Mettete in evidenza il fatto, vero, che voi non avete modo di conoscere di quante carte si tratta. Tuttavia malgrado questa aggiunta di un numero sconosciuto di carte, dopo che lo spettatore avrà terminato di scandire il nome, Marilyn Monroe, la successiva carta (cioè quella che rimane alla sommità del mazzo) risulterà invariabilmente essere la carta scelta. Il funzionamento dei trucco si rivela subito all’analisi. Sia x il numero di carte nella tasca dello spettatore ed anche la posizione della carta scelta a partire dalla sommità del mazzo. Sia y il numero di lettere del nome scelto. La vostra dimostrazione di come scandire il nome inverte automaticamente l’ordine di y carte, portando la carta scelta in una posizione che dista dalla sommità del mazzo di y meno x posti. Aggiungendo x carte al mazzo, si mettono y meno x più x carte su quella scelta, ossia esattamente y carte in totale da contare in corrispondenza delle lettere prima di raggiungere la carta voluta. Un principio di compensazione ancor più fine è sfruttato nel se84
GIOCHI MATEMATICI CON LE CARTE
guente effetto. Ad uno spettatore viene chiesto di scegliere tre carte qualsiasi e disporle capovolte senza farle vedere al prestigiatore, al quale vengono date le carte rimanenti dopo averle mischiate. « Senza muovere alcuna carta di quelle sul tavolo » spiega il prestigiatore, « mi limiterò ad estrarre dal mazzo una carta che sarà identica in valore e colore con quella che sceglierete fra un momento ». Egli prende una carta sola dal mazzo e la dispone coperta su un lato del tavolo. Ora allo spettatore vien chiesto di prendere in mano le rimanenti carte del mazzo e di scoprire le tre carte messe prima sul tavolo. Poniamo che siano un nove, una regina ed un asso. Il prestigiatore gli chiede di cominciare a distribuire le carte dal mazzo, coperte, sul nove, contando ad alta voce come fa lui, a partire da 10 sino ad arrivare a 15. In altre parole, lo spettatore distribuisce sei carte capovolte sul nove. Lo stesso procedimento viene seguito per le altre due carte. La regina, che vale 12 (i fanti valgono 11 ed i re 13) richiederà tre carte per andare da 12 a 15. L’asso (1) richiederà quattordici carte. Il prestigiatore fa fare allo spettatore la somma delle tre carte scoperte iniziali e fa prender nota della carta che ha la posizione corrispondente a partire dalla sommità del resto del mazzo. Nel caso attuale il totale è 22 (9 più 12 più 1), sicché egli guarda la 22.ma carta. Il prestigiatore gira la sua « carta di predizione ». Le due carte sono eguali in valore e colore! Come mai? Quando il prestigiatore guarda fra le carte del mazzo per trovare una « carta di predizione », egli nota la quarta carta dal basso e poi mette da parte un’altra carta che le sia eguale per valore e colore. Il resto del trucco funziona automaticamente. (In qualche rara occasione può darsi che la carta di predizione si trovi fra le tre carte di fondo del mazzo. Se ciò avviene dovete ricordami di dire in seguito allo spettatore, quando fa il conteggio finale verso una carta scelta, di guardare la carta successiva a quella contata per ultima). Lascio al lettore il facile compito di dimostrare per via algebrica perché il trucco non può fallire. La facilità con cui le carte possono essere mescolate le rende particolarmente adatte a dimostrare svariati teoremi sulla probabilità. molti dei quali sono abbastanza stupefacenti da essere chiamati trucchi. Per esempio, immaginiamo che due persone tengano ciascuna un mazzo da 52 carte ben mescolate. Una di esse conta a voce alta da 1 85
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
a 52: ad ogni numero entrambe dispongono una carta scoperta sul tavolo. Qual è la probabilità che durante il conteggio vengano scoperte due carte identiche in un qualsiasi momento? Molta gente supporrà che la probabilità sia bassa, ma in realtà è superiore ad 1/2! La probabilità di zero coincidenze è 1 diviso il numero trascendente e. (Ciò non è esattamente vero, ma l’errore è inferiore ad 1 diviso 10 alla 69.ma potenza. Dato che e vale 2,718 ..., la probabilità di una coincidenza almeno è press’a poco 17/27 o circa 2/3. Se trovate qualcuno disposto a scommettere alla pari che non si avranno coincidenze, avete una buona possibilità di guadagnar qualcosa. È anche interessante notare qui che si ha un procedimento empirico per ricavare lo sviluppo decimale di e (paragonabile al procedimento dell’ « ago di Buffon » per fare la stessa cosa con π). Maggiore è il numero di carte usate, più sarà vicina ad 1/e la probabilità che non vi siano coincidenze.
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11 MEMORIZZAZIONE DI NUMERI Tutti usano espedienti mnemonici. cioè modi per tenere a mente elementi di informazione associandoli a cose facili da ricordare. Il più familiare di questi espedienti è sicuramente la poesiola che comincia: « Trenta dì conta Novembre... ». Lo stesso principio può essere applicato, con ingegnose varianti, per memorizzare dei numeri. Espedienti del genere sono facili per il matematico. Quando visitò New York nel 1951 Bertrand Russell disse ad un giornalista che per lui era facile ricordare il numero della sua camera al Waldorf Astoria, 1414, perché 1,414 è la radice quadrata di 2. Il matematico inglese G. H. Hardy narrava di essere andato a far visita al suo amico Srinivasa Ramanujan, il genio matematico indiano. in un tassì targato 1729 e di aver rilevato che era un numero insignificante. « No », rispose prontamente Ramanujan. « È un numero molto interessante. È il più piccolo numero esprimibile come somma di due cubi in due modi differenti » (Dodici al cubo più uno al cubo, oppure dieci al cubo più nove al cubo). Si deve riconoscere che anche fra matematici una tale conoscenza dei numeri rara. Il più comune espediente mnemonico per ricordare una serie di cifre è una frase o canzoncina in cui il numero di lettere di ciascuna parola corrisponde alla cifra rispettiva nell’ordine desiderato. Molti giochi di memoria del genere sono stati elaborati in varie lingue per ricordare le cifre di π greco oltre le solite prime quattro decimali. In inglese vanno in lunghezza dall’anonima May I have a large container of coffee? (posso avere un grosso recipiente di caffè?) sino alla frase di Sir James Jeans How I want a drink, alcoholic of course, after the heavy chapters involving quantum mechanics (come desidero bere qualcosa, naturalmente alcoolico, dopo i pesanti capitoli riguardanti la meccanica quantistica), ed a questo scioglilingua fornito da Adam C. Orr di Chicago al « Literary Digest », del 20 Gennaio 1906, pag. 83: Now I - even I - would celebrate in rymes unapt tbe great immortal Syracusan rivaled nevermore who in his wondrous lore Passed on before left men his guidance how to circles mensurate
Ora io - anch’io - celebrerò con inadatte rime il grande immortale Siracusano senza rivali che nel suo meraviglioso gioco nei tempi passati lasciò agli uomini le sue istruzioni su come misurare i cerchi.
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Non conosco aiuti mnemonici del genere, in inglese, per ricordare le cifre di e, l’altro comune numero trascendente. Però, se si memorizza e sino alla quinta cifra decimale (2,71828), lo si conosce automaticamente sino alla nona, perché le ultime quattro cifre si ripetono esattamente (2,718281828). In Francia e viene memorizzato col tradizionale riferimento mnemonico: Tu aideras à rappeler ta quantité à beaucoup de docteurs amis (aiuterai a far ricordare il tuo numero a molti dottori amici). Forse qualche lettore potrà costruire una frase in italiano che permetta di ricordare e con cinque decimali. C’è un qualche sistema mnemonico, che, una volta padroneggiato, renda capaci di memorizzare prontamente qualsiasi serie di cifre? Un sistema del genere c’è ed è stato sviluppato ad un alto grado da moderni esperti in fatto di memoria. Il sistema non solo può essere usato per dare un’impressionante dimostrazione di memoria nelle riunioni conviviali; ma può essere anche assai utile per ricordare importanti costanti matematiche e fisiche, date storiche, numeri di casa e telefonici, di patenti, numeri di assicurazioni e così via. Sebbene l’arte della mnemonica risalga agli antichi greci (il termine deriva da Mnemosine, la dea greca della memoria), solo nel 1634 un francese, Pierre Hérigon, pubblicò a Parigi il suo Cursus Mathematici che conteneva un ingegnoso sistema per memorizzare numeri. Il sistema consisteva nel sostituire consonanti alle cifre, aggiungendo vocali dove necessario per formare delle parole. Le parole potevano poi essere facilmente mandate a memoria con altri sistemi mnemonici. L’alfabeto numerico originale di Hérigone fu presto adottato da esperti della memorizzazione in molti paesi. In Germania il grande Gottfried Wilhelm von Leibnitz fu attratto dalla faccenda abbastanza da incorporarla nel suo schema per un linguaggio universale; Lewis Carroll ideò quello che egli considerava un perfezionamento dell’alfabeto numerico di Richard Grey, riportato nelle Memoria Technica, un popolare lavoro inglese sulla mnemonica pubblicato nel 1730. (Una riproduzione delle note di Carroll sul suo alfabeto numerico si trova nell’articolo Lewis Carroll: un matematico di Warren Weaver, in « Scientifìc American », aprile 1956). Nel suo diario Carroll riferisce di aver applicato il suo sistema a delle intere righe di cifre per memorizzare π (pi greco) sino a 71 cifre decimali ed a parole base per i logaritmi di tutti i numeri primi inferiori a 100. Ad un certo momento progettò di pubblicare un libretto intitolato Logaritmi fulminei: una curiosità matematica. 88
MEMORIZZAZIONE DI NUMERI
La forma moderna dell’alfabeto numerico di Hérigone, quale è usato correntemente da tutti gli esperti di memorizzazione di lingua inglese, è mostrata nella tabella di fig. 47. Essa deve essere perfettamente imparata a memoria prima di poter usare il sistema con rendimento. Sul lato destro della tabellina vi sono dei suggerimenti per aiutare a memorizzare la tabella. Il lettore noterà che sono usate
Fig. 47. Un alfabeto « numerico » in cui le consonanti corrispondono a cifre.
solo consonanti e che quando due o più consonanti corrispondono alla stessa cifra, hanno suoni similari. Tre consonanti dell’alfabeto inglese: W, H ed Y non compaiono nella tabella. Supponiamo di voler usare il sistema per ricordare che il mercurio bolle a 357° centigradi. Il primo passo è di trovare una parola in cui le consonanti, prese nel loro ordine si traducono nelle cifre 3 5 7. Una parola del genere viene facilmente: MILK (latte, in inglese). Il passo successivo è di associare questa parola con una vivida figurazione mentale della parola « mercurio ». Un modo di farlo può essere 1
È anche l’ultima consonante della parola italiana. (N. d. T.).
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
l’immaginare Mercurio, messaggero degli dei, in volo fra le nubi con una bottiglia di latte in mano. Più strampalata è l’immagine più facilmente rimane impressa nella mente. Quando si vorrà ricordare il punto di ebollizione del mercurio basterà seguire la catena di associazioni dall’elemento al dio greco al latte ed al numero 357. Può sembrare un sistema abbastanza contorto di memorizzare un numero, ma ancora non ne è stato inventato uno migliore. È stupefacente, piuttosto, come rimanga saldamente fissata nella mente la catena di associazioni. Vediamo qualche altro esempio. Il numero atomico dell’elemento Indio è 49. Possiamo ricordarlo facilmente collegando l’India con la parola RuPia (moneta indiana). Il Neptunio ha un numero atomico di 93: possiamo immaginare Nettuno che trae volute di fumo da una pipa carica di oPiuM (oppio) (in versione italiana si potrebbe immaginarlo su un letto di PiuMe). Per il Tantalio, elemento numero 73, possiamo pensare a Tantalo che tappa il buco della sua tormentosa coppa con una pallina di « chewing GuM » « GoMMa da masticare ». Il Platino, numero 78, può essere ricordato pensando ad un cucchiaino da CaFFè in platino (CF=78). Le lettere doppie possono esser considerate come semplici, come nel caso di CaFFè, in quanto l’alfabeto numerico è considerato dal lato strettamente fonetico. Le consonanti mute come W, H ed Y sono tralasciate. La tabella di fig. 48 mostra come si può usare il sistema per memorizzare, sino a tre cifre decimali, le radici quadrate di 2, 3, 5, 7, 8, 10. La radice quadrata di 8 è naturalmente il doppio della radice quadrata di 2. Similmente, la radice quadrata di 12 può essere ottenuta raddoppiando la radice quadrata di 3. Vengono considerate solo le prime tre consonanti di ogni parola o frase chiave. Esse sostituiscono le tre cifre decimali della corrispondente radice quadrata. (La cifra che precede la virgola non è da considerarsi dato che è ovvia). Naturalmente possono esser sostituite a queste molte altre parole. In effetti, di solito è meglio che ciascuno elabori delle proprie parole chiave ed associazioni mentali proprie piuttosto che adottare quelle di altri; i propri strattagemmi saranno più vicini alla esperienza personale e perciò più facili da ricordare. I numeri più lunghi possono essere memorizzati prendendo gruppi di cifre di due o tre, per ognuno dei quali si escogita una parola opportuna e collegando poi le parole in vivide immagini mentali, Un numero telefonico, per es. potrebbe venire fissato nella memoria da una 90
MEMORIZZAZIONE DI NUMERI
catena di immagini, collegate alle due o tre parole che sostituiscono le cifre del numero telefonico, in modo da richiamare la persona o la ditta. È con sistemi di immagini mentali di questo genere che i professionisti esperti di memorizzazione riescono a ripetere lunghe liste di cifre messe a caso immediatamente dopo che l’elenco è stato letto
Fig. 48. Tabella mnemonica per ricordare i decimali e le radici quadrate.
loro ad alta voce. Questa impresa apparentemente incredibile è ben alla portata di chiunque si prenda il fastidio di dedicare per alcune settimane un po’ di tempo ogni giorno a far pratica per divenir padrone dell’alfabeto numerico. Come primo passo cercare di memorizzare le cifre del numero di un biglietto da mille lire. Prendete le cifre a due per volta, formando delle parole in cui le prime due consonanti di ogni parola corrispondano ad una coppia di numeri. Per esempio, se il numero è 41 09 15 85 queste coppie possono esser tradotte nelle quattro parole: RiDente, ZeBra, TeLefono, FiLo. Pensate perciò ad una « RiDente ZeBra che parla con un TeLefono a FiLo ». 91
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Nello scegliere le parole, sono naturalmente preferibili quei nomi che forniscono immagini vivaci, anche se degli aggettivi possono spesso essere opportunamente legati al nome che li segue, come in « ridente zebra ». Nella maggior parte dei casi le prime parole che vengono in mente sono preferibili ed ogni parola dovrebbe esser collegata alla successiva dall’idea più ridicola immaginabile. Con l’esercizio le parole adatte si presenteranno più rapidamente e sarete presto capaci di formare le vostre successioni di immagini mentali abbastanza rapidamente per tener dietro a chiunque vi detti delle cifre lentamente. Gli esperti di memorizzazione sono capaci di formare delle catene di associazioni mentali con velocità straordinaria perché ogni coppia di cifre suggerisce loro una parola rappresentatrice ricavata da un elenco previamente imparato a memoria. Così essi non perdono tempo a cercare parole adatte. Alcuni esperti lavorano con elenchi di parole già preparate a memoria per gruppi di tre cifre. Per aiutare gli studenti della sua scuola di memoria a New York, Bruno Furst fornisce un dizionario numerico a stampa che elenca varie parole adatte per ogni numero da 1 a 1000. Tali elenchi non sono però necessari a meno di non voler ricavare un notevole profitto da tale tecnica. Delle parole adatte possono sempre esser ideate man mano che si procede se i numeri vi vengono letti lentamente e scoprirete che non è affatto difficile memorizzare una serie di 50 cifre date a caso con questo metodo. Per fortuna le lunghe catene di figure mentali improvvisate in poco tempo non rimangono per molto nella mente, sicché se ripetete l’impresa uno o due giorni dopo non vi sarà confusione fra le nuove parole chiave e quelle del precedente esercizio.
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12 ALTRI NOVE PROBLEMI 1. Le sigarette che si toccano Quattro palline da golf possono esser disposte in modo che ognuna tocchi le altre tre. Cinque monete possono esser disposte in modo che ogni moneta tocchi le altre quattro (fig. 49). È possibile disporre sei sigarette in modo che ognuna tocchi le altre cinque? Le sigarette non debbono venir piegate né rotte.
2. I due traghetti Due traghetti partono nello stesso istante dalle rive opposte di un fiume, che attraversano secondo rotte ad angolo retto rispetto alle sponde. Ognuno viaggia a velocità costante, ma uno a velocità maggiore dell’altro. Essi si incrociano in un punto a 720 metri dalla sponda più vicina. Entrambi i traghetti si fermano all’ormeggio per 10 minuti prima di ripartire. Al ritorno si incrociano nuovamente a 100 metri dalla seconda riva. Quanto è largo il fiume?
3. Trovare la diagonale Un rettangolo è inscritto in un quadrante di cerchio come mostrato in fig. 50. Date le distanze unitarie indicate, sapete determinare con esattezza la lunghezza della diagonale AC? Tempo massimo: un minuto!
4. L’abile elettricista Un elettricista si trova di fronte ad un problema seccante. Nel seminterrato di una casa di tre piani escono tutti assieme da un foro nel muro i terminali nudi di 11 fili, tutti eguali. In un foro del muro all’ultimo piano trova le altre estremità degli stessi undici fili, ma non ha modo di sapere come i terminali superiori corrispondono a quelli inferiori. Problema: trovare i terminali corrispondenti. Per raggiungere lo scopo può fare due cose: 1) cortocircuitare i fili unendone le estremità a suo piacimento da qualsiasi parte; 2) pro93
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Fig. 49.
vare i circuiti chiusi mediante un « prova-circuiti » formato da una batteria ed un campanello. Il campanello suona quando lo strumento viene applicato ai terminali di un circuito chiuso. Non volendo stancarsi con inutili salite e discese per le scale ed essendo appassionato di ricerca operativa, l’elettricista si siede all’ultimo piano con carta e matita e trova rapidamente il metodo più efficiente possibile per individuare i fili. Quale è questo metodo?
Fig. 50.
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ALTRI NOVE PROBLEMI
5. Attraversamento di un reticolato Uno dei più vecchi indovinelli topologici, ben noto a molti studenti, consiste nel disegnare una linea continua che attraversi la rete chiusa mostrata in fig. 51 in modo da tagliare ognuno dei 16 segmenti della rete solo una volta. La linea curva indicata non risolve il problema perché uno dei lati non risulta tagliato. Non sono permesse soluzioni a « trucco », come far passare la linea per un vertice o lungo uno dei lati, piegare il foglio e così via. Non è difficile provare che l’indovinello non può esser risolto su una superficie piana. Due domande: Può essere risolto su una sfera? Su una superficie toroidale (quella di una ciambella)?
Fig. 51.
6. I dodici fiammiferi Ammesso che i fiammiferi siano di lunghezza unitaria, è possibile disporre 12 fiammiferi su un piano in modo formare vari tipi di poligoni con valori di superficie interi. La fig. 52 mostra due poligoni del genere: un quadrato avente superficie pari a nove unità quadrate ed una croce con superficie di cinque unità quadrate. Il problema è: usare tutti e 12 i fiammiferi (si deve usare ogni fiammifero per l’intera lunghezza) per formare in modo analogo un poligono di area pari esattamente a quattro unità quadrate.
7. Il buco nella sfera Questo incredibile problema (incredibile perché sembra mancare di dati sufficienti per una soluzione) è apparso in un recente numero di « The Graham Dial », una pubblicazione della Graham Transmis95
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
sion Inc. Attraverso il centro di una sfera solida viene fatto un foro cilindrico lungo esattamente sei pollici. Qual è il volume residuo della sfera?
Fig. 52.
8. Le coccinelle innamorate Quattro coccinelle (A, B, C, D) occupano gli angoli di un quadrato di venti centimetri di lato (fig. 53). A e C sono maschi, B e D sono femmine. Contemporaneamente A cammina direttamente verso B, B verso C, C verso D e D verso A. Camminando tutte alla stessa velocità costante le quattro coccinelle descrivono quattro spirali logaritmiche congruenti che si incontrano al centro del quadrato. Quanto deve camminare ogni coccinella prima dell’incontro con le altre? Il problema può essere risolto senza calcoli.
Fig. 53.
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ALTRI NOVE PROBLEMI
9. Quanti bambini? − Sento che dei ragazzini giocano nel cortile − disse Jones, uno studente di matematica diplomato. − Sono tutti vostri? − Per l’amor del Cielo, no − esclamò il Prof. Smith, l’eminente teorico dei numeri. − I miei figli giocano con degli amici di altre tre famiglie del vicinato, anche se la nostra è la più numerosa. I Brown hanno un numero inferiore di figlioli ed i Green ancora inferiore, mentre i Black ne hanno meno di tutti. − Ma in totale quanti bambini a sono? − chiese Jones. − Diciamo così − fece Smith. − Sono meno di 18 bambini ed il prodotto dei numeri delle quattro famiglie coincide, guarda caso, con il mio numero di casa che avete visto venendo. Jones prese un quaderno ed una matita dalla tasca e cominciò a scribacchiare. Dopo un momento alzò gli occhi e chiese: − Mi occorrono altre notizie. In casa Black vi più di un bambino? Appena Smith rispose, Jones sorrise e disse il numero esatto dei bambini di ciascuna famiglia. Conoscendo il numero dell’abitazione e se i Black avevano più di un figlio, il problema divenne per Jones semplicissimo. È, però, da notare il fatto che il numero dei bambini in ciascuna famiglia può esser determinato servendosi unicamente delle informazioni date!
Risposte 1. Vi sono diverse maniere di disporre le sei sigarette. La fig. 54 mostra la soluzione tradizionale data in diversi vecchi libri di enigmistica. Con mia gran sorpresa una quindicina di lettori scopersero che anche sette sigarette possono esser disposte in modo che ognuna tocchi le altre! Questo rende naturalmente superato il vecchio indovinello. La fig. 55, inviatami da George Rybicki e da John Reynolds, studenti diplomati di fisica ad Harvard, mostra come fare. « Il diagramma è stato disegnato », scrivono « per il caso critico in cui il rapporto fra lunghezza e diametro delle sigarette sia di 7√3/2. In questo caso i punti di contatto sono esattamente alle estremità delle sigarette. La soluzione vale ovviamente per qualsiasi rapporto fra lunghezza e diametro maggiore di 7√3/2. Qualche prova con siga97
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 54.
Fig. 55.
rette di dimensioni « normali » dà un rapporto di circa 8 ad 1, che in effetti è maggiore di 7√3/2, sicché la soluzione è accettabile ». Notare che se la sigaretta di centro, diretta verso chi guarda il diagramma, viene ritirata, le restanti sei sigarette forniscono una limpida soluzione simmetrica del problema originale. 2. Quando i traghetti si incontrano per la prima volta (fig. 56, in alto), la somma delle distanze dei due dalle rispettive sponde è uguale alla larghezza del fiume. Quando raggiungono la riva opposta. la distanza combinata è il doppio della larghezza del fiume; quando si incontrano la seconda volta (fig. 56, in basso) la distanza totale è
Fig. 56.
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ALTRI NOVE PROBLEMI
tre volte la larghezza del fiume. Dato che le imbarcazioni hanno viaggiato a velocità costante per lo stesso intervallo di tempo, ne consegue che ogni imbarcazione ha percorso il triplo del cammino fatto al primo incontro quando la distanza complessiva percorsa era di una larghezza di fiume. Dato che l’imbarcazione bianca aveva viaggiato 720 metri al primo incontro, la distanza totale da essa percorsa al secondo incontro deve essere di 3 X 720, ossia 2160 metri. La illustrazione inferiore mostra chiaramente che questa distanza è di 400 metri maggiore della larghezza del fiume sicché sottraendo 400 da 2160 si ottengono, per la larghezza del fiume, 1760 metri. Il tempo durante il quale le navi sono rimaste ferme agli approdi non interviene nel problema. Il problema può venir affrontato in altri modi. Molti lettori lo hanno risolto così. Sia x la larghezza del fiume. Al primo viaggio il rapporto fra le distanze percorse dalle due imbarcazioni è (x − 720): 720. Dopo il secondo viaggio è di (2x − 400): (x + 400). Questi rapporti sono eguali, sicché è facile risolvere rispetto ad x. (Il problema apparve nella Cyclopedia of Puzzles di Sam Lloyd, 1914, pag. 80).
Fig. 57.
3. La linea AC è una diagonale del rettangolo (fig. 57). L’altra diagonale è evidentemente il raggio, lungo 10 unità, del cerchio. Dato che le diagonali sono eguali, la linea AC è lunga 10 unità. 99
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
4. Salito al piano superiore l’elettricista collega i fili in cinque coppie unite dalle linee tratteggiate in fig. 58, lasciando un filo libero. Dopodiché discende al seminterrato ed identifica le estremità inferiori delle coppie cortocircuitate mediante il suo « provacircuiti ». Contrassegnate le estremità nel modo indicato, collega anche queste come segnato dalle linee a tratto.
Fig. 58.
Tornato al piano superiore, toglie le connessioni lasciando però le coppie legate sulla parte isolata in modo da poter riconoscere le coppie stesse. Poi controlla la continuità del filo isolato (del quale aveva individuato l’estremità inferiore F) ricercando il filo attraverso cui si chiude il circuito. In questo modo può riconoscere uno degli altri fili e contrassegnarlo con E2 e trovare anche il suo compagno E1. Successivamente prova la continuità fra E1, come se fosse il filo isolato, ed un’altra estremità che, una volta trovata, deve corrispondere a D2, trovando così anche il compagno D1. Continuando in questo modo, le rimanenti estremità vengono facilmente identificate. Il procedimento ovviamente è valido per qualsiasi numero dispari di fili. J. G. Fletcher, di Princeton, New Jersey, è stato il primo ad inviare un procedimento che, con una leggera modifica, si applica a qualsiasi numero pari di fili, salvo due. Supponiamo che vi sia un do100
ALTRI NOVE PROBLEMI
dicesimo filo all’estrema destra di fig. 58. Le stesse cinque coppie vengono collegate al piano superiore, lasciando due fili liberi. Anche nel seminterrato, i fili vengono collegati come prima e il dodicesimo filo è segnato con G. Tornando al piano superiore G viene facilmente individuato come l’unico dei due fili liberi che non presenta continuità. I restanti undici fili vengono poi contrassegnati come già spiegato.
Fig. 59.
Un procedimento sotto certi aspetti più efficace, che considera tutti i possibili casi eccettuato quello dei due fili (il caso dei due fili non ha soluzioni) è stato inviato da: D. N. Buell, Detroit; R. ElsdonDew, Durban, Sud Africa; Louis Katz e Fremont Reizman, studenti di fisica all’Università del Wisconsin e Danfort K. Gannett, Denville, New Jersey. Il Sig. Gannett lo ha spiegato chiaramente con il diagramma per 15 fili mostrato in fig. 59. Il metodo di individuazione è il seguente: 1) Piano superiore: collegare i fili in gruppi di 1, 2, 3, 4... Contrassegnare i gruppi con A, B, C, D... Non è necessario che l’ultimo gruppo sia completo. 2) Seminterrato: identificare i gruppi mediante prove di conti101
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
nuità. Numerare i fili e riunirli in gruppi collegati elettricamente, contrassegnati con le lettere Z, Y, X, W, V... 3) Piano superiore: aprire i circuiti. Le prove di continuità identificheranno ora in modo unico tutti i fili. Il filo 1 è naturalmente A. Il filo 3 è l’unico filo del gruppo B che è in continuità con 1. Il suo compagno sarà 2. Nel gruppo C, solo il filo 6 è collegato con 1 e solo il 5 con 2. Il filo rimanente in C sarà il 4. Così di seguito per gli altri gruppi. Lo schema può venir esteso sulla destra quanto si vuole. Per determinare il procedimento per n fili, coprire semplicemente il grafico oltre il fìlo nmo. 5. Una linea continua che entra ed esce da uno degli spazi rettangolari deve necessariamente attraversare due segmenti. Dato che gli
Fig. 60.
spazi contrassegnati A, B, C in fig. 60 sono delimitati ognuno da un numero dispari di segmenti, ne segue che l’estremità della linea deve rimanere all’interno di ognuno se tutti i segmenti della rete devono essere attraversati. Ma una linea continua ha solo due estremità, sicché il problema è insolubile su una superficie piana. Questo stesso ragionamento si applica se la rete è su una sfera o su un lato del toro (disegno a sinistra in basso). Però la rete può esser disegnata sul toro (disegno a destra in basso) in modo che il buco del toro risulta 102
ALTRI NOVE PROBLEMI
« all’interno » dei tre spazi A, B e C. Fatto questo, l’indovinello è facilmente risolto. 6. Dodici fiammiferi possono essere usati per formare un triangolo rettangolo con lati di tre, quattro e cinque unità, come mostrato a sinistra in fig. 61. Questo triangolo avrà una superficie di sei unità
Fig. 61.
quadrate. Variando la posizione dei tre fiammiferi come mostrato a destra nella illustrazione, eliminiamo due unità quadrate, lasciando un poligono con una superficie di quattro. La suddetta soluzione si trova in molti libri di indovinelli, ma vi sono centinaia di altre soluzioni. Elton M. Palmer, di Oakmont, Pennsylvania mise in relazione questo problema con i « polimini » del seguente capitolo, ponendo in rilievo che ognuno dei cinque tetramini (figure fatte con quattro quadrati) può fornire la base di un grande numero di soluzioni. Basta semplicemente aggiungere o sottrarre la stessa quantità di aree di forma triangolare in modo da impiegare tutti i dodici fiammiferi. La fig. 62 presenta alcuni esempi rappresentativi, nei quali ogni riga è basata su un differente tetramino. Eugene J. Putzer, scienziato dirigente nella General Dynamics Corporation; Charles Shapiro, di Oswego, New York ed Hugh J. Metz, di Oak Ridge nel Tennessee, suggeriscono la soluzione a stella mostrata in fig. 63. Regolando la larghezza delle punte della stella è possibile ottenere qualsiasi area desiderata fra 0 ed 11,196, area del dodecagono regolare, la maggior superficie possibile con dodici fiammiferi. 103
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
7. Senza ricorrere al calcolo superiore, il problema può esser risolto così. Sia R il raggio della sfera. Come indica la fig. 64, il raggio del foro cilindrico sarà la radice quadrata di (R2 − 9) e l’altezza delle calotte sferiche su ciascuna estremità del cilindro sarà R − 3. Per determinare il residuo dopo asportato il cilindro con le calotte, aggiungiamo il volume del cilindro, 6 π (R2 − 9), al doppio volume
Fig. 62.
della calotta sferica e sottraiamo il totale dal volume della sfera, 4 π R2/3. Il volume della calotta è ottenuto con la seguente formula, nella quale A rappresenta l’altezza ed r il raggio: π A(3r2+A2)/6. Fatto questo calcolo, tutti i termini si cancellano necessariamente salvo 36 π, volume del residuo in pollici cubi. In altre parole, il resi-
Fig. 63.
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Fig. 64.
ALTRI NOVE PROBLEMI
duo è costante qualunque sia il diametro del foro o la dimensione della sfera. Il più antico riferimento da me trovato a questo bellissimo problema è a pag. 86 di Eccentricità matematiche (1932) di Samuel I. Jones. Un analogo problema bidimensionale appare a pag. 93 dello stesso volume. Dato il segmento più lungo possibile che si possa trac-
Fig. 65.
ciare su un anello circolare di una qualsiasi dimensione (fig. 65), la superficie dell’anello sarà eguale alla superficie di un cerchio che ha come diametro il segmento rettilineo. John W. Campbell figlio, editore di « Astounding Science Fiction », fu uno dei numerosi lettori che risolse rapidamente il problema della sfera ragionando rettamente così: « Il problema non sarebbe stato dato se non avesse una soluzione unica. Se ha una soluzione unica, il volume deve essere una costante che rimane tale anche quando il buco venisse ridotto a raggio zero. Perciò il residuo deve essere eguale al volume di una sfera con un diametro di sei pollici, ossia 36 π ». 8. A qualsiasi istante dato le quattro coccinelle individuano i vertici di un quadrato che si restringe e ruota man mano che le coccinelle si avvicinano fra loro. Il percorso di ogni inseguitore sarà perciò sempre perpendicolare a quello dell’inseguito. Questo ci dice che mentre A, per esempio, si avvicina a B non vi è alcuna componente nel moto di B che lo avvicini o lo allontani da A. Di conseguenza A raggiungerà B nello stesso tempo che occorrerebbe se B rimanesse fermo. La lunghezza di ogni braccio di spirale è la stessa del lato del quadrato: 20 centimetri. Se i tre insetti partono dai vertici di un triangolo equilatero, il moto di ognuno avrà una componente di 1/2 (perché il coseno di 105
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
un angolo di 60° è 1/2) della velocità che lo porterà verso il suo inseguitore. Due coccinelle perciò si avvicineranno con una velocità di 3/2. Le coccinelle si incontreranno al centro del triangolo dopo un intervallo di tempo uguale a due volte il lato del triangolo diviso per tre volte la velocità, percorrendo ciascuna un tratto pari a 2/3 della lunghezza del lato del triangolo. 9. Quando Jones cominciò a lavorare al problema del professore sapeva che ognuna delle quattro famiglie aveva un numero differente di bambini e che il numero totale era meno di 18. Inoltre sapeva che il prodotto dei quattro numeri dava il numero dell’abitazione del professore. Perciò il suo primo passo doveva ovviamente essere la scomposizione in fattori del numero di casa con quattro numeri differenti che insieme dessero come somma un totale inferiore a diciotto. Se ci fosse stato un solo modo di farlo, egli avrebbe risolto immediatamente il problema. Non potendolo risolvere immediatamente dobbiamo concludere che dovevano esserci più modi di fattorizzare il numero di casa. Il secondo passo è stato scrivere tutte le possibili combinazioni di quattro numeri differenti il cui totale sia inferiore a 18 e fare i prodotti di ogni gruppo. Troviamo che vi è più di una combinazione che dà lo stesso prodotto. Come decidere quale prodotto dà il numero di casa? La chiave è nel fatto che Jones ha chiesto se nella famiglia meno numerosa vi fosse più di un figlio. Ciò ha significato solo se il numero di casa è 120, che può essere fattorizzato come 1 X 3 X 5 X 8, 1 X 4 X 5 X 6 o 2 X 3 X 4 X 5. Se Smith avesse risposto « No » il problema sarebbe rimasto senza soluzione. Dato che Jones lo ha risolto, sappiamo che la risposta è stata « sì ». Le famiglie avevano perciò 2, 3, 4 e 5 figli. Questo problema è stato presentato originariamente da Lester R. Ford e pubblicato in « American Mathematical Monthly », marzo 1948, problema E776.
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13 I POLIMINI
Il termine « polimini » fu introdotto da Solomon W. Golomb, matematico ricercatore anziano del Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Technology. Nel suo articolo Scacchiere e polimini (pubblicato in « American Mathematical Monthly » nel 1954 quando Golomb era uno studente 22enne ad Harvard) egli definì un polimino come un insieme di quadrati « semplicemente connesso ». Con ciò voleva indicare un insieme di quadrati congiunti lungo i lati. Uno scacchista direbbe, soggiungeva Golomb, che essi sono connessi « a mò di torre » perché una torre può muoversi da una casa ad un’altra qualsiasi in un numero finito di mosse. La fig. 66 mostra un monomino e tutte le variazioni di polimini con due, tre e quattro quadrati connessi. Vi è un solo tipo di duomino, due tipi di trimino e cinque tetramini. Passando ai pentamini (di cinque quadrati), mostrati in fig. 67 il numero sale a dodici. Disposizioni asimmetriche, che assumono forme differenti quando vengono « invertiti » sono considerati come appartenenti allo stesso tipo. In tutti i giochetti di polimini considerati in questo capitolo, quelli asimmetrici possono venir disposti in una qualsiasi delle due forme, immagini speculari una dell’altra. Il numero di polimini distinti di qualsiasi ordine è evidentemente funzione del numero di quadrati presenti in ciascuno. ma sinora nessuno è riuscito a trovare una formula che dia la relazione fra gli n-mini ed n. Per calcolare il numero dei polimini di ordine superiore bisogna ricorrere a tediosi e lunghi procedimenti. Vi sono 35 varietà distinte di esamini e 108 di eptamini. Quest’ultimo valore include il discutibile eptamino mostrato in fig. 68. Nella maggior parte dei giochetti di polimini è meglio escludere forme di questo tipo (ve ne sono sei fra gli ottamini) che hanno « buchi » nel loro interno. Nel Cap. 3 (problema 3) è stato considerato un problema di polimino riguardante la disposizione di pezzi di domino su una scacchiera mutilata. L’articolo di Golomb discute una varietà di problemi similari coinvolgenti polimini di ordine superiore. Non è ovviamente 107
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 66.
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I POLIMINI
possibile coprire una scacchiera di otto per otto con trimini (in quanto 64 quadretti non sono esattamente divisibili per 3), ma potrebbe esser coperta da 21 trimini diritti ed un monomino? Mediante un abile sistema di colorazione dei quadretti con tre colori, Golomb dimostra che ciò è possibile solo quando il monomino è disposto su uno dei quattro quadretti anneriti in fig. 69. D’altra parte, un ingegnoso ragionamento induttivo dimostra che 21 trimini diritti ed un monomino possono coprire la scacchiera di 8 per 8 senza tener conto di dove venga sistemato il monomino. È anche possibile coprire la scac-
Fig. 68.
chiera con 16 tetramini purché siano tutti della stessa specie, eccettuato solo il tetramino sghembo, che non riuscirebbe a coprire neppure un solo lato della scacchiera. Una coloritura a strisce della scacchiera serve a provare che essa non può venir ricoperta con 15 tetramini ad L e con un tetramino quadrato; una coloritura a denti di sega prova che non può venir coperta con un tetramino quadrato più una combinazione qualsiasi di tetramini diritti e sghembi. Passando ai pentamini di fig. 67 si presenta immediatamente il problema: queste dodici forme, assieme ad un tetramino quadrato, potrebbero formare una scacchiera di 8 per 8? La prima soluzione di questo problema ad essere pubblicata apparve in The Canterbury Puzzles di Henry Dudeney, 1907. Nella soluzione di Dudeney il quadrato occupa una posizione laterale. Circa venti anni fa i lettori di una poco conosciuta pubblicazione inglese chiamata « The Fairy Chess Review » (gioco di scacchi giocato con regole, scacchiere o pezzi fuori dell’ordinario) cominciarono a fare prove sia sul problema di Dudeney che con altri schemi di disposizioni di pentamini ed esamini. I risultati più interessanti furono riassunti nel numero di dicembre 1954 della rivista. Molta parte di quanto segue è stata tratta da quel numero ed anche da un articolo inedito di Golomb 109
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
nel quale egli tratta di teoremi scoperti contemporaneamente ma indipendentemente. T. R. Dawson, fondatore della « The Fairy Chess Review », fu il primo a ideare un modo deliziosamente semplice per provare che il problema di Dudeney può essere risolto con il quadrato in qualsiasi
Fig. 69.
posizione sulla scacchiera. La sua soluzione in tre parti è illustrata in fig. 70. Il tetramino quadrato viene combinato con il pentamino ad L in modo da formare un quadrato di 3 per 3. Facendo ruotare il quadrato ingrandito, il tetramino quadrato può essere portato in quattro differenti posizioni in ciascuna delle tre configurazioni. Dato che l’intera scacchiera può esser ruotata e riflessa, è facile vedere che il tetramino quadrato può esser sistemato in qualsiasi punto della scacchiera.
Fig. 70. La dimostrazione di T. R. Dawson.
110
I POLIMINI
Nessuno sa quante differenti soluzioni di questo problema vi siano in totale, ma una stima prudenziale è che siano più di 10.000. Nel 1958 Dana S. Scott (allora studente del biennio superiore all’Università di Princeton), lavorando sotto contratto con il Reparto dei Sistemi di Informazione dell’Ufficio di Ricerche Navali, programmò il MANIAC, un calcolatore digitale, per la ricerca di tutte le possibili soluzioni che avessero il quadrato esattamente al centro. In un tempo di operazione di circa tre ore e mezzo la macchina dette un elenco completo di 65 soluzioni distinte, senza contare le soluzioni addizionali ottenibili con rotazioni e riflessioni.
Fig. 71.
Nel programmare il calcolatore fece comodo suddividere le soluzioni in tre categorie, ognuna definita dalla posizione della croce rispetto al quadretto centrale. Una soluzione per ciascuna categoria è mostrata in fig. 71. La macchina trovò 20 soluzioni del primo tipo, 19 del secondo e 26 del terzo. Un esame delle 65 soluzioni rivela un certo numero di fatti interessanti. Non è possibile alcuna soluzione in cui il pentamino diritto non abbia un lato lungo coincidente col margine della scacchiera (ciò non vale per le soluzioni con il quadrato in posizioni differenti da quella centrale). Sette soluzioni (tutte nelle categorie 1 e 3) sono senza « quadrivi », ossia punti in cui si incontrano gli spigoli di quattro pezzi. La prima soluzione in fig. 71 è di questo tipo. Da un punto di vista artistico, alcuni esperti in polimini hanno considerato gli incontri di quattro pezzi come dei difetti nello schema. La terza soluzione in fig. 71 illustra un’altra caratteristica interessante: l’esistenza di una linea retta rispetto alla quale il disegno può esser piegato a metà. Vi sono 12 disposizioni di questo tipo, tutte nella terza categoria e nessuna senza quadrivi. 111
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 72.
Se si scarta il tetramino quadrato e si lasciano scoperti quattro quadratini separati, la scacchiera di 8 per 8 può ancora esser ricoperta con un notevole numero di artistiche disposizioni. Tre di queste sono mostrate in fig. 72. È anche possibile sistemare i dodici pentamini in rettangoli di 6 per 10, 5 per 12, 4 per 15 e 3 per 20 (fig. 73). Al lettore interessato il compito di costruire il rettangolo di 3 per 20, sotto tutti gli aspetti il più difficile. Esso ha solo due soluzioni distinte, senza contare le rotazioni e le riflessioni. Notare che il rettangolo di 5 per 12 è presentato in fig. 73 con una soluzione che contiene un rettangolo di 5 per 7 e di 5 per 5. Diversi lettori hanno scoperto i due rettangoli di 5 per 6 mostrati in fig. 74, che possono esser riuniti in modo da costruire sia un rettangolo di 5 per 12 che di 6 per 10. Raphael M. Robinson. professore di matematica all’Università di California, ha proposto di recente quello che egli chiama il « problema della triplicazione ». Scegliete un pentamino, poi usate nove di quelli rimanenti per formare un modello ingrandito del pezzo scelto. Il modello risulta tre volte più alto e più largo di quello piccolo. Joseph B. Tucker, rettore della Chiesa Episcopale a Clarksville, nel Tennessee, si è imbattuto indipendentemente nel problema della triplicazione dopo la lettura della discussione sui pentamini di questa sezione. Egli ne ha inviato molte soluzioni eccellenti. fra cui le due mostrate in fig. 75. Il problema della triplicazione può esser risolto per ognuno dei dodici pezzi. Problemi in qualche modo similari furono proposti da altri lettori. Harry Brueggemann di San Marino, California, suggerì quello che egli definì il « problema del duplice doppio ». Dapprima viene 112
I POLIMINI
Fig. 73. Rettangoli costituiti da pentamini. formato un disegno qualsiasi con due pentamini. Poi viene raddoppiato con altri due pezzi. Alla fine, i rimanenti otto pezzi vengono usati per formare la stessa sagoma ma due volte più grande. La fig. 76 mostra una tipica soluzione. Paul J. Slate di West Orange, New Jersey, ha proposto di usare tutti i dodici pezzi per costruire un rettangolo di 5 per 13 con un buco della forma di uno dei pezzi. Esso può essere risolto con un buco di forma eguale a ciascun pentamino. Una soluzione del genere è presentata in fig. 77. 113
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 74.
Fig. 75. Schemi di triplicazione.
Un altro interessante problema di pentamini, proposto in « The Fairy Chess Review » da H. D. Benjamin, è mostrato in fig. 78. I dodici pentamini coprono esattamente un cubo che ha come lato la radice quadrata di dieci unità. Il cubo è formato ripiegando il disegno lungo le linee a tratto. Qual è il minimo numero di pentamini differenti che può venir sistemato su una scacchiera in modo che sia impossibile sistemare qualsiasi altro dei rimanenti differenti pentamini sulla scacchiera stessa? Questa imbarazzante domanda è stata posta da Golomb che dà la risposta: cinque. La fig. 79 mostra una tale configurazione. Questo problema ha suggerito a Golomb un attraente gioco competitivo che può venir giocato su una scacchiera con grossi pentamini di cartone tagliati in modo da combaciare accuratamente con i quadretti 114
I POLIMINI
Fig. 76. Schemi di « duplice doppio ».
Fig. 77.
della scacchiera. (Il lettore è invitato a fabbricarsene una serie, non solo per gustare il gioco, ma anche per risolvere i problemi di pentamini e crearne di nuovi). Due o più giocatori a turno scelgono un pentamino solo e lo dispongono a loro piacere sulla scacchiera. I pezzi non hanno faccia « superiore » o « inferiore ». Come in tutti i problemi menzionati in questo capitolo, i pezzi asimmetrici possono essere usati con l’una o l’altra faccia verso l’alto. Il primo giocatore che non riesce a disporre un pezzo perde. 115
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Fig. 78. Un cubo di pentamini.
Golomb scrive: « Il gioco dura al minimo cinque e al massimo 12 mosse, non può mai terminare alla pari, ha un maggior numero di mosse di apertura degli scacchi e attrarrà giocatori di tutte le età. È difficile dar consigli sulla strategia da seguire, ma ci sono due validi principi. « 1. Cercar di fare mosse che lascino spazio per un numero pari di pezzi (nel caso di solo due giocatori) ». « 2. Se non potete analizzare la situazione, fate qualcosa per complicare la posizione, in modo che il giocatore successivo trovi ancora maggiori difficoltà di analisi delle vostre ». 116
I POLIMINI
Fig. 79. Il gioco dei pentamini.
Dato che i 35 tipi di esamini hanno una superficie totale di 210 quadretti, uno pensa immediatamente a disporli in modo da formare una rettangolo che può essere di 3 X 70, 5 X 42, 6 X 35, 7 X 30, 10 X 21, 14 X 15. Avevamo preso in seria considerazione l’idea di offrire 1000 dollari al lettore che per primo fosse riuscito a costruire uno di questi sei rettangoli, ma il numero sbalorditivo di ore che avrebbe dovuto esser perduto nella sfida ci obbligò a lasciar perdere. Tutti questi sforzi sono destinati a fallire. La dimostrazione di Golomb in materia è un esempio caratteristico dell’uso di due potenti strumenti della geometria combinatoria. Questo è un ramo poco noto della matematica, sebbene abbia molte applicazioni pratiche nei problemi ingegneristici di progettazione concernenti l’adattamento più efficace di componenti standardizzati fra loro. Tali strumenti sono: 1) l’uso di colori differenti per aiutare l’intuizione matematica; 2) il principio del « controllo di parità » basato sulle proprietà combinatorie dei numeri pari e dispari. Cominciamo la dimostrazione colorando i rettangoli voluti con quadretti bianchi e neri alternati come per una scacchiera. In ogni caso è chiaro che il rettangolo contiene 105 quadretti neri e 105 bianchi (un numero dispari di ciascun tipo). Rivolgendo ora l’attenzione agli esamini, scopriamo che 24 di essi ricoprono sempre tre quadretti neri e tre bianchi (un numero dispari di ciascun tipo). Questi « esamini dispari » sono in numero 117
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
pari e, dato che pari per dispari dà un totale pari, sappiamo che fra tutti e 24 essi copriranno un numero pari di quadretti di ciascun colore. I rimanenti 11 esamini sono di forma tale che ognuno deve coprire 4 quadretti di un colore e due dell’altro (un numero pari di
Fig. 80. I ventiquattro esamini « dispari ».
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I POLIMINI
Fig. 81. Gli undici esamini « pari ».
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
ciascun tipo). Ma di questi « esamini pari » ce n’è un numero dispari e, di nuovo, dato che pari per dispari fa pari, sappiamo che questi 11 pezzi coprono un numero pari di quadretti di ciascun colore. (Le figg. 80 e 81 dividono i 35 esamini in gruppi di pari e dispari). Infine, dato che pari più pari dà pari, si conclude che i 35 differenti esamini coprono in totale un numero pari di quadretti bianchi e un numero pari di quadretti neri. Sfortunatamente ogni rettangolo contiene 105 quadretti di ciascun colore, ossia un numero dispari; perciò nessun rettangolo può esser coperto con i 35 esamini. « Da questi problemi c’è da apprendere una lezione in materia di ragionamenti plausibili » conclude Golomb. « Dati certi elementi base, fatichiamo a lungo e duramente per ordinarli in uno schema e quando vi riusciamo crediamo che lo schema sia l’unico ad « inquadrare i fatti »; come se i fatti, in effetti, fossero semplicemente delle manifestazioni di un bellissimo tutto che li abbraccia. Ragionamenti del genere sono stati usati ripetutamente in religione, in politica, persino nella scienza. I pentamini fanno vedere che con gli stessi « dati ». sono possibili molti schemi differenti, tutti egualmente validi e che la natura dello schema su cui andiamo a finire è determinata più dalla forma che cerchiamo che dai dati che abbiamo a disposizione. È anche possibile che per certi dati (come nel problema degli esamini surriportato) non esista uno schema del tipo che condiziona la nostra ricerca ».
Fig. 82. Una configurazione ad esamini.
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I POLIMINI
Appendice Per i lettori che vogliano fare esperimenti con le disposizioni di esamini, aggiungo (figg. 82 e 83) due caratteristici disegni riprodotti da « The Fairy Chess Review ». Ognuno è formato dall’insieme completo dei 35 esamini. Le configurazioni impieganti l’intero gruppo non possono esser realizzate se una colorazione a scacchiera dei quadretti non presenta un eccesso di quadretti di un colore sull’altro del valore di 2, 6, 10, 14, 18, o 22 quadretti.
Fig. 83. Un altro schema di disposizione ad esamini.
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14 INGANNI MATEMATICI Un paradosso matematico può essere definito come una verità matematica così stupefacente da risultare incredibile anche dopo la verifica di ogni singolo passaggio della dimostrazione. Gli inganni matematici sono asserti ugualmente stupefacenti, ma, a differenza dei paradossi matematici, le loro dimostrazioni contengono sottili errori. Ogni ramo della matematica, dalla semplice aritmetica alla moderna teoria topologica degli insiemi, ha la sua parte di argomentazioni contorte del genere. Le migliori sono naturalmente quelle con le conclusioni più incredibili e con gli errori meglio mascherati. Euclide dedicò un libro intero agli inganni geometrici, ma il suo manoscritto è andato perduto, sicché noi possiamo solo congetturare su ciò che questo classico della matematica ricreativa avrebbe potuto contenere. Le seguenti sette idee errate sono state scelte per la loro varietà ed interesse. Di esse non sarà data spiegazione, ma il lettore potrà trovare piacevole ed istruttivo ricercarne gli errori. 1) La prima è straordinariamente elementare. La presenteremo mediante un divertente paradosso che David Hilbert, il grande matematico tedesco, si divertiva ad adoperare per illustrare una delle proprietà peculiari dell’aleph zero, il più piccolo dei numeri transfiniti. Sembra che il direttore di un albergo celeste dotato di un numero infinito di stanze, tutte occupate, voglia sistemare un nuovo cliente. Egli vi riesce spostando ogni occupante di una stanza in quella di numero immediatamente successivo, lasciando libera così la stanza numero 1. Cosa può fare se arriva un numero infinito di nuovi ospiti? L’impassibile direttore sposta semplicemente ogni occupante di una stanza in quella avente il numero doppio corrispondente; il cliente della stanza 1 va nella 2, quello della 2 va nella 4, della 3 nella 6, della 4 nella 8 e così via. Questo rende libere tutte le stanze di numero dispari, in cui tutti i nuovi clienti potranno trovar posto. Ma è realmente necessario che il numero delle stanze occupate sia infinito per poter sistemare dei nuovi clienti? La seguente canzon122
INGANNI MATEMATICI
cina tratta da una rivista inglese della fine del secolo XIX racconta come un abile locandiere che disponeva di nove stanze libere non ebbe difficoltà a provvedere di alloggi singoli ognuno di 10 viaggiatori. Dieci stanchi viaggiatori, piè piagati ed ossa rotte, eran giunti a una locanda che già cupa era la notte. − Nove stanze, non di più. − disse l’oste, − posso offrire. Solo in orto il letto singolo, l’altra a due dovrà servire. Qui successe un parapiglia, una cosa da ammattire, ché nessun di quei signori in due insiem volea dormire. L’oste in dubbio, era un furbone, alla svelta si sbrigò e per far piacere agli ospiti ecco cosa ti pensò. Due di quelli mise in A ed il terzo alloggiò in B; assegnato il quarto in C, ritirossi il quinto in D. In E il sesto e in F poi anche un altro sistemò; in G ed H ottavo e nono. Indi ad A se ne tornò, dove aveva, come dissi, due clienti a sistemare e uno di essi, il dieci, infine in I fece traslocare. Nove stanze a letto singolo fece a dieci allor bastare ed questo che me e molti ancor fa meravigliare.
2) Un inganno un po’ più sottile è la seguente dimostrazione algebrica che qualsiasi numero a può essere eguale ad un numero minore b. Sia a = b + c. Moltiplicando entrambi i termini per (a − b) si ottiene: a2 − ab = ab + ac − b2 − bc. Fattorizzando: a(a − b − c)= b(a − b − c). Dividendo entrambi i membri per (a − b − c) si ottiene: a=b. 3) La manipolazione del numero immaginario i (radice quadrata 123
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
di − 1) presenta molti trabocchetti, come testimonia la seguente invitante prova:
−1 = −1 1 −1 = −1 1 1 −1 = −1 1
1 ⋅ 1 = −1 ⋅ −1 1 = −1 4) In geometria piana molti inganni dipendono da diagrammi inesattamente costruiti. Consideriamo per esempio questa strana dimostrazione secondo la quale la faccia inferiore di un poligono ricavato da una striscia di carta ha una superficie che differisce da quella della faccia superiore. La dimostrazione fu ideata da L. Vosburgh Lyons, un neuropsichiatra di New York, per sfruttare un curioso principio scoperto di recente da Paul Curry, anche egli di New York. Disegnate prima su un pezzo di carta quadrettata il triangolo di 60 unità quadrate mostrato in fig. 84. Tagliate lungo le linee in modo da ricavarne sei pezzi, indi colorate il rovescio di ciascun pezzo. Se tutti i sei pezzi sono rigirati e viene formato un triangolo colorato come indicato nella illustrazione di mezzo, si trova che il triangolo presenta un foro di due unità quadrate. In altre parole, la sua superficie si è ristretta a 58 unità quadrate. Se giriamo tre pezzi in modo che i loro lati bianchi guardino verso l’alto, lasciando tre soli pezzi colorati, possiamo formare la figura mostrata nella illustrazione in basso. Questa presenta un’area complessiva di 59 unità quadrate. Qualcosa ovviamente non va, ma cosa? 5) La teoria delle probabilità è piena di linee di ragionamento plausibili ma speciose. Supponiamo che abbiate appena incontrato il vostro amico Rossi e che ciascuno di voi porti una cravatta che vostra moglie vi ha regalato per Natale. Cominciate a discutere su chi abbia avuto la cravatta più cara e finalmente vi mettete d’accordo di sistemare la questione andando al negozio dove furono comprate e controllando il loro prezzo. Chi vince (cioè chi ha la cravatta più costosa) deve dare la sua cravatta al perdente a titolo di consolazione. 124
INGANNI MATEMATICI
Fig. 84. Il triangolo di Curry.
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Ecco come ragionereste: « Le probabilità che io vinca o perda la contesa sono uguali. Se vinco, ci rimetto il valore della cravatta che porto. Ma se perdo, sono sicuro di guadagnarne una più costosa Perciò la gara è evidentemente a mio vantaggio ». Naturalmente Rossi può ragionare esattamente nella stessa maniera. Come può essere che una scommessa sia favorevole ad entrambe le parti? 6) Uno dei più sorprendenti paradossi in topologia è il fatto che un toro (una superficie a ciambella) può esser rivoltato attraverso un foro laterale semplicemente stirando la superficie senza strapparla. Di questo non vi è alcun dubbio. Quando gli stadi del procedimento furono descritti nel numero di gennaio 1950 di « Scientific American », un ingegnere di New Jersey mandò effettivamente alla rivista un tubo interno che egli aveva rivoltato. Ma se ciò può esser fatto, sembra derivarne un fatto ancor più notevole. All’esterno del toro dipingiamo l’anello a destra nell’illustrazione superiore di fig. 85. All’interno dello stesso toro dipingiamo un secondo anello. Queste due curve chiuse sono evidentemente concatenate. Il toro viene ora rivoltato attraverso il foro. Come mostra l’illustrazione inferiore, ciò porta il primo anello nell’interno ed il secondo all’esterno. Gli anelli non sono più concatenati! Ciò viola evidentemente una legge topologica che dice che due curve concatenate non possono essere separate senza interromperne una e passare l’altra attraverso l’interruzione. 7) Il nostro inganno finale, che si basa sulla teoria elementare dei numeri, riguarda i numeri « interessanti » e « non interessanti ». I numeri, naturalmente, possono interessare in diversi modi. Il numero 30 era interessante per George Moore quando scrisse il suo famoso tributo alla « donna di 30 anni », età alla quale egli pensava che la donna sposata fosse più affascinante. Per un teorico dei numeri il 30 è più probabile che sia attraente perché è il maggior intero per il quale tutti gli interi inferiori con cui non ha divisori comuni sono numeri primi. Il numero 15.873 è misterioso perché se lo moltiplicate per una cifra qualsiasi e poi per 7, il risultato è costituito unicamente dalla cifra scelta ripetuta più volte. Il numero 142.857 è anche più affascinante. Moltiplicatelo per qualsiasi cifra fra 1 e 6 ed otterrete le stesse sei cifre nello stesso ordine ciclico. Sorge il problema: vi sono numeri senza alcun interesse? Possiamo provare che non ve ne sono con i seguenti semplici passaggi. 126
INGANNI MATEMATICI
Fig. 85. Due anelli concatenati sembrano liberarsi quando il toro viene rivoltato.
Se vi fossero numeri insignificanti, potremmo dividere tutti i numeri in due gruppi - interessanti e non. Nell’insieme dei numeri non interessanti vi sarà solo un numero che è il minore. Dato che è il minore dei numeri non interessanti esso diviene ipso facto, un numero interessante; perciò dobbiamo toglierlo dall’insieme dei non interes127
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
santi e metterlo nell’altro. Ma allora vi sarebbe un altro minimo numero non interessante. La ripetizione di questo procedimento renderebbe interessante ogni numero.
Appendice Due lettori mi hanno fatto omaggio di due stanze aggiuntive al poemetto sui dieci stanchi viaggiatori con i piedi piagati. (La poesia comparve, per inciso, nella rivista « Current Literature », vol. 2. aprile 1889, pag. 349. Non è riportato il nome dell’autore, ma è attribuita al « Pittsburgh Bulletin », senza data. Il paradosso è molto più vecchio della poesiola; sarebbe ancora interessante sapere chi gli abbia dato forma poetica). Ralph W. Allen di Los Angeles scrisse: Non sentii alcun gran chiasso quando il dieci protestò. Non il dieci ma il due fu che nella I si addormentò.
John F. Mooney, della Ebasco International Coryoration, New York, espose il tranello in questo modo: Riflettendo a quel che ha fatto noi vediam che non fu matto. Dei due in A, contò due volte l’uno e certo non son molte.
Il tranello che disturbò molti lettori fu quello riguardante la superficie torica rivoltata. È vero che il toro può esser rivoltato, ma l’operazione cambia la « tinta », per così dire, del toro. Come risultato, i due anelli si scambiano di posto e rimangono concatenati. Diversi lettori ricavarono degli eccellenti modelli tagliando la parte superiore di una calza, e poi cucendo insieme le estremità della parte della gamba in modo da formare il toro. Gli anelli consistevano nei fili stessi del tessuto, a colori contrastanti, intessuti all’esterno e all’interno del toro di tessuto. Un toro del genere si rivolta facilmente attraverso un foro laterale, dimostrando nel modo più efficace cosa avviene esattamente agli anelli. Per una spiegazione dettagliata del paradosso del triangolo e di una quantità di altri correlati con esso, il lettore è rinviato ai due capitoli di Evanescenze geometriche nel mio libro Matematica, magia 128
INGANNI MATEMATICI
e mistero, una pubblicazione della serie dei paperbacks della Dover. Il paradosso della cravatta è discusso a fondo in Ricreazioni matematiche, un altro volume Dover di Kraitchik. La « dimostrazione », per concludere, che non vi sono numeri non interessanti provocò il seguente telegramma da parte di Dave Engle, del Collegio di Puget Sound, Tacoma, Washington: PER IL NUMERO DI GENNAIO DI SCIENTIFIC AMERICAN SUGGERIAMO CHE UN PO’ PRIMA DI ARRIVARE ALL’INFINITO SMETTIATE DI ROVISTARE ED ELIMINARE I NUMERI INSIGNIFICANTI. PER AMOR DELL’INTERESSE SALVATENE ALMENO QUALCUNO!
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15 NIM E TAC TIX Uno dei più antichi e più impegnativi fra tutti i giochi matematici a due è noto oggi sotto il nome di Nim. Probabilmente di origine cinese, viene talvolta giocato dai ragazzi con pezzetti di carte e dai grandi con le monetine sul banco dei bar. Nella versione più popolare del gioco vi sono 12 monete distribuite su tre righe come mostrato in fig. 86. Le regole sono semplici: i giocatori alternativamente tolgono una o più monete per volta, ogni volta da una sola riga orizzontale; chi prende l’ultima moneta vince. Il gioco può anche esser giocato all’inverso: chi prende l’ultima moneta perde. Un buon giocatore scopre presto che nell’una o nell’altra forma del gioco egli può sempre vincere se una delle sue mosse fa restare una moneta in una riga, due in una seconda e tre in una terza. Il primo giocatore ha la vittoria sicura se alla prima mossa prende due monete dalla riga superiore e in seguito gioca « razionalmente ». Non vi è nulla di strano nella precedente analisi, ma circa verso la fine del secolo venne fatta una sbalorditiva scoperta nei riguardi del gioco. Si trovò che esso poteva venir generalizzato ad un numero
Fig. 86. Dodici pedine distribuite per un gioco del Nim a « 3, 4 o 5».
130
NIM E TAC TIX
qualsiasi di righe contenenti numeri qualsiasi di pedine e che una strategia assurdamente semplice, basata sui numeri binari, avrebbe consentito a chiunque di giocare una partita perfetta. Un’analisi, completa di dimostrazioni, fu pubblicata per la prima volta da Charles Leonard Bouton, professore incaricato di matematica all’Università di Harvard. Per inciso, fu Bouton a dare al gioco il nome di Nim, presumibilmente con riferimento all’arcaico verbo inglese che signifìcava portar via o rubare. Nella terminologia di Bouton ogni combinazione di pedine nel gioco generalizzato è o « sicura » o « pericolosa ». Se la situazione lasciata da un giocatore dopo la propria mossa garantisce la vincita al giocatore, la situazione è sicura. Diversamente è pericolosa. Così nel gioco a « 3, 4, 5 » sopradescritto il primo giocatore lascia una posizione sicura quando prende due monete dalla riga superiore. Ogni posizione pericolosa può esser resa sicura con una mossa adatta. Ogni posizione sicura può esser resa pericolosa da qualsiasi mossa. Per giocare razionalmente, perciò, un giocatore deve muovere in modo che ogni posizione pericolosa lasciatagli dall’altro sia cambiata in una posizione sicura. Per determinare se una posizione è sicura o pericolosa, i numeri di ogni riga vengono scritti in notazione binaria. Se ogni colonna dà per totale 0 o un numero pari, la posizione è sicura. Altrimenti, no. La notazione binaria non ha nulla di misterioso. È semplicemente un modo di scrivere i numeri mediante somme di potenze di due. La tavola di fig. 87 mostra gli equivalenti binari dei numeri da 1 a 20. Noterete che ogni colonna, andando da destra a sinistra, è intestata a successive potenze di due. Perciò il numero binario 10101 ci dice di sommare 16 a 4 e ad 1, dando per totale 21 come il suo equivalente nel sistema decimale basato sulle potenze di 10. Per applicare l’analisi binaria alla posizione iniziale del Nim a 3, 4, 5, riportiamo dapprima le righe in notazione binaria nel modo seguente: 4 2 1 _________________
3 4 5
1 1 1 0 0 1 0 1 _________________
Totali
2 1 2 131
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
NIM E TAC TIX
La colonna intermedia ha come totale 1, un numero dispari, che ci dice che la combinazione è pericolosa. Deve perciò essere resa sicura dal primo giocatore. Ciò si ottiene, come già spiegato, prendendo due monete dalla riga superiore. La mossa trasforma il numero binario superiore in 1, eliminando così il numero dispari dai totali di colonna. Il lettore scoprirà per tentativi con altre mosse iniziali che questa è la sola che rende la posizione sicura. Un modo semplice per analizzare qualsiasi altra posizione, purché non vi siano più di 31 pedine in ciascuna riga, è di usare le dita della sinistra come calcolatore binario. Supponiamo che il gioco cominci con righe di 7, 13, 24 e 30 pedine. Siete il primo a giocare. La situazione è sicura o dubbia? Distendete tutte e cinque le dita della sinistra, col palmo rivolto verso di voi. Il pollice registra le unità della colonna del 16; l’indice della colonna dell’8; il medio della colonna del 4; l’anulare della colonna 2; il mignolo dell’uno. Per introdurre il 7 nel vostro calcolatore, piegate prima il dito corrispondente alla più alta potenza di 2 che entra in 7. Siccome è 4, piegate il dito medio. Continuate a sommare le potenze di due, andando sulla mano da sinistra a destra, sinché il totale sia 7. Naturalmente ciò viene ottenuto piegando il medio, l’anulare ed il mignolo. I rimanenti tre numeri - 13, 24 e 30 - vengono introdotti nel vostro calcolatore esattamente allo stesso modo salvo che ogni dito già piegato viene sollevato quando viene interessato in un numero, anziché abbassato. Prescindendo dal numero di righe che vi sono nel gioco, se finite il processo con tutte le dita alzate, la posizione è sicura. Ciò significa che la vostra mossa la renderà certamente pericolosa e che siete certo di perdere di fronte ad un giocatore che conosca il Nim almeno quanto voi. In questo esempio, però voi terminate con il primo e secondo dito piegati, che vi dicono che la posizione è pericolosa e che potete vincere facendo una mossa appropriata. Dato che le combinazioni pericolose sono in numero maggiore di quelle sicure, le probabilità favoriscono assai più il primo a giocare quando la posizione iniziale è determinata a caso. Ora che sapete che 7, 13, 24, 30 è pericolosa, come fate a trovare una mossa che la renda sicura? Ciò difficile a farsi con le dita, sicché è meglio scrivere i quattro numeri binari, nel modo seguente: 133
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
16 8 4 2 1 _____________________________________
7 13 24 30
1 1 1 1 1 0 0 1 1 0 0 0 1 1 1 1 0 _____________________________________
Totali
2 3 3 2 2
Prender nota della colonna più a sinistra che abbia un totale dispari. Qualsiasi riga che abbia una unità in questa colonna può essere variata al fine di render sicura la posizione. Supponiamo che vogliate togliere uno o più gettoni dalla seconda riga. Cambiate la prima unità in 0 e poi accomodate le cifre rimanenti sulla destra in modo che nessuna colonna abbia un totale dispari. L’unico modo per riuscirvi è di ridurre il secondo numero binario ad 1. In altre parole occorre portar via tutti i gettoni salvo uno dalla seconda riga. Le altre due mosse vincenti sarebbero: togliere quattro gettoni dalla terza riga o dodici dall’ultima. Ė utile ricordare che è possibile sempre vincere lasciando due righe con lo stesso numero di gettoni in ciascuna. Da quel punto in poi basta semplicemente muovere in modo da mantenere uguali le due righe. Questa regola, come la precedente analisi binaria, è per il gioco normale in cui si vince prendendo l’ultimo gettone. Fortunatamente una semplice variante è necessaria per adottare la stessa strategia nel gioco inverso. Quando il gioco inverso arriva al punto (come deve necessariamente avvenire) nel quale solo una riga ha più di un gettone, potete togliere tutti o tutti meno uno dei gettoni di quella riga in modo da lasciare un numero dispari di righe da un gettone. Così se la tabella indica 1, 1, 1, 3 prendete tutti quelli dell’ultima riga. Se è 1, 1, 1, 1, 8 prendetene sette dall’ultima. Questa modifica di strategia si presenta solo alla mossa finale, quando è facile vedere come fare per vincere. Dato che i calcolatori binari lavorano con il sistema binario, non è difficile programmare un calcolatore del genere per fargli giocare una partita perfetta di Nim, o costruire una macchina speciale allo scopo. Edward U. Condon, già direttore del National Bureau of Standand, ora a capo del Dipartimento di Fisica alla Washington University di St. Louis, collaborò alla invenzione della prima di tali mac134
NIM E TAC TIX
chine. Brevettata nel 1940 sotto il nome Nimatron, fu costruita dalla Westinghouse Electric Corporation e presentata nell’edificio della Westinghouse alla Fiera mondiale di New York. Essa giocò 100.000 partite e ne vinse 90.000. La maggior parte delle sue sconfitte fu provocata dai suoi assistenti per dimostrare agli spettatori scettici che la macchina poteva esser battuta. Nel 1941 una macchina giocatrice di Nim molto perfezionata fu progettata da Raymond M. Redheffer, ora assistente di matematica alla Università di California a Los Angeles. La macchina di Redheffer ha la stessa capacità di quella di Condon (quattro righe con sette gettoni al massimo per ciascuna), ma mentre il Nimatron pesava una tonnellata e richiedeva dei costosi relé, la macchina di Redheffer pesava 3 chili ed usava solo quattro interruttori rotanti. Più recentemente un robot giocatore di Nim chiamato Nimrod è stato presentato al Festival d’Inghilterra e dopo alla Fiera commerciale di Berlino. Secondo una relazione di A. M. Turing (al Cap. 25 di Più veloci del pensiero, pubblicato da B. V. Bowden, 1953), la macchina era tanto popolare a Berlino che i visitatori « ignoravano completamente un bar all’estremità opposta della sala dove si poteva bere gratuitamente e fu necessario richiedere un particolare servizio d’ordine di polizia per tenere a bada la folla. La macchina divenne ancor più popolare dopo che sconfisse il ministro dell’economia, Dr. Erhard, in tre partite ». Fra le molte varianti di Nim completamente analizzate, di particolare interesse è quella proposta nel 1910 dal matematico americano Eliakim H. Moore. Le regole sono le stesse del Nim regolare salvo che i giocatori possono ritirare gettoni da un numero qualsiasi di righe purché non superiore ad uno prefissato k. Sorprendentemente, la stessa analisi binaria è valida purché sia definita posizione sicura quella in cui ogni colonna dei numeri binari dia un totale esattamente divisibile per (k + l). Altre varianti di Nim sembrano non avere alcuna semplice strategia di gioco razionale. Secondo me la più eccitante di queste versioni non ancora analizzate fu inventata circa 10 anni fa da Piet Hein di Copenhagen (Hein è l’inventore dell’Hex, il gioco topologico discusso nel Cap. 8). Nella versione di Hein, chiamata Tac Tix nelle nazioni di lingua inglese e Bulo in Danimarca, le pedine sono sistemate in formazione quadrata come mostrato in fig. 88. I giocatori a turno prendono delle 135
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Fig. 88. Il gioco del Tac Tix di Piet Hein.
pedine da una qualsiasi riga orizzontale o verticale, però sempre in modo che esse risultino adiacenti fra loro, senza vuoti intermedi. Per esempio, se il primo giocatore ha preso le due pedine centrali della riga più alta l’avversario non può prendere in una sola mossa tutte le pedine rimanenti. Il Tac Tix deve essere giocato nella forma inversa (il giocatore che prende l’ultima pedina perde) a causa di una strategia semplice che rende banale il gioco in forma normale. Con scacchiere quadrate a numero dispari di pedine per lato il primo giocatore vince prendendo la pedina centrale e giocando poi in modo simmetricamente opposto all’avversario. Con quadrati di numero pari di pedine per lato il secondo giocatore vince giocando in modo simmetrico rispetto all’avversario sin dal principio. Invece non si conosce una strategia dello stesso tipo per il gioco all’inverso, sebbene non sia difficile dimostrare che su una scacchiera di 3 x 3 il primo giocatore può vincere prendendo la pedina centrale o una d’angolo, o tutte quelle di una riga o colonna centrale. L’astuto principio dei gruppi di pedine intersecantisi, che è alla base del Tac Tix, è stato applicato da Hein a molte altre configurazioni bi- e tridimensionali. Il gioco può esser giocato, per esempio, su 136
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scacchiere triangolari o esagonali o ponendo le pedine ai vertici ed alle intersezioni di schemi di pentagoni o di esagoni. Possono essere usate anche intersezioni di curve chiuse; in questo caso tutte le pedine situate su una stessa curva sono considerate « sulla stessa riga ». La forma quadrata, però, unisce la più semplice configurazione con la maggiore complessità strategica. È abbastanza difficile analizzarla nella forma 4 X 4 e naturalmente col crescere della dimensione la complessità del gioco aumenta rapidamente. Un’analisi superficiale del gioco suggerisce che il gioco di simmetria può assicurare la vittoria al secondo giocatore su una scacchiera di 4 X 4, con una sola semplice modifica all’ultima mossa. Sfortunatamente, vi sono molte situazioni in cui il gioco simmetrico non funziona. Per esempio, basta considerare la seguente tipica partita in cui il secondo giocatore adotta la strategia della simmetria. Primo giocatore 1. 2. 3. 4.
5-6 1 4 3 - 7 e vince
Secondo giocatore 11 – 12 16 13
In questo esempio, la mossa iniziale del secondo giocatore è fatale. Dopo la risposta dell’avversario indicata, il secondo giocatore non può forzare la vittoria neppure se abbandona la simmetria in tutte le mosse successive. Il gioco è molto più complesso di quanto non sembri. In realtà non si sa ancora se il primo giocatore può forzare la vittoria neppure su una scacchiera di 4 x 4 dalla quale siano stati tolti i quattro pezzi d’angolo. Come introduzione al gioco, tentate di risolvere i due problemi di Tac Tix (ideati dal Sig. Hein) presentati in fig. 89. Su ciascuna scacchiera dovete trovare una mossa che possa assicurare la vittoria. Forse qualche lettore più diligente potrà rispondere alla domanda più difficile: chi ha la vittoria assicurata su una scacchiera di 4x4, il primo o il secondo giocatore?
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Fig. 89. Due problemi di Tac Tix.
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Appendice Seville Chapman, direttore della divisione di fisica del Laboratorio Aeronautico Cornell, Inc., della Cornell University, mi ha inviato uno schema dei collegamenti di una ben concepita macchia da Nim portatile costruita da lui nel 1957. Pesa un chilo, usa tre interruttori rotanti multistadi per il comando di tre righe aventi da quattro a dieci pedine ciascuna. Se gioca per prima la macchina vince sempre. Vi è un modo piuttosto elegante di dimostrarlo. Se riportiamo le tre righe nella forma di matrice previamente descritta, è chiaro che ogni riga deve avere un « 1 » nella colonna dell’8 o del 4 ma non in entrambe. (I due spazi non possono esser vuoti perché in tal caso il numero di pedine nella riga sarebbe inferiore a quattro e non possono contenere entrambi « 1 » perché allora il numero di pedine sarebbe maggiore di dieci). Vi sono solo due modi di distribuire questi tre « 1 » (uno per ogni riga) nelle due colonne: tutti e tre in una colonna o due in una colonna ed uno nell’altra. In entrambi i casi una colonna deve dare in totale un numero dispari, rendendo la posizione dubbia e perciò garantendo una vittoria alla macchina se gioca per prima. Non è stata scoperta alcuna strategia semplice, ma non vi è più alcun dubbio che il secondo giocatore può sempre vincere su questa scacchiera come sulla stessa 4 X 4 con le pedine d’angolo mancanti. Si è congetturato che su qualsiasi scacchiera quadrata o rettangolare con almeno un lato dispari, il primo giocatore possa vincere prendendo alla sua prima mossa una intera riga centrale e che su campi con lati pari il secondo giocatore abbia la vittoria. Queste congetture non sono però convalidate da dimostrazioni. Al punto in cui stanno le cose, la scacchiera ideale per esperti di Tac Tix che hanno padroneggiato la 4 X 4 sembra essere la 6 X 6. È abbastanza piccola per evitare che il gioco sia troppo lungo e faticoso, tuttavia abbastanza complesso da renderlo un gioco eccitante ed imprevedibile.
Risposte Il primo problema di Tac Tix può essere vinto in diversi modi: per esempio, prendere 9, 10, 11, 12 oppure 4, 8, 12, 16. Il secondo problema è vinto con la presa di 9 o 10.
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16 DESTRA O SINISTRA? La recente « allegra e meravigliosa scoperta » (come l’ha chiamata Robert Oppenheimer) che le particelle fondamentali della fisica hanno una « mano » destrorsa o sinistrorsa apre nuove frontiere al pensiero. Le particelle fondamentali dell’universo hanno tutte la stessa parità? O la caratteristica ambidestra della natura sarà un giorno ripristinata dalla scoperta che alcune galassie sono costituite da antimateria; ossia da materia le cui particelle « vanno nell’altro senso », come diceva Alice descrivendo gli oggetti visti nel suo cannocchiale? Forse possiamo meglio capire queste speculazioni se le accostiamo con spirito giocoso. Le riflessioni speculari costituiscono tale parte della vita quotidiana che ci sembra di capirle appieno. Molte persone tuttavia rimangono senza parole quando gli si chiede: « Perché lo specchio inverte la destra e sinistra e non il sopra e sotto? » La domanda è resa ancor più imbarazzante dal fatto che è facile costruire specchi che non invertono affatto la destra e sinistra. Platone nel suo Timeo e Lucrezio nel De Rerum Natura descrivono uno specchio del genere, ottenuto piegando uno specchio di metallo levigato nella forma leggermente concava mostrato in basso nella fig. 90. Se vi guardate in uno specchio del genere vedrete la vostra faccia come la vedono gli altri. Un pagina stampata riflessa in questo modo può analogamente esser letta senza difficoltà. Un modo anche più semplice di costruire uno specchio che non inverte le immagini è di sistemare due specchi, preferibilmente senza telai, ad angolo retto l’uno rispetto all’altro come mostrato nell’illustrazione a destra di fig. 90. Rotando questo specchio (come quello descritto prima) di 90°, cosa avviene della immagine della vostra faccia? Si capovolge. Una struttura simmetrica è quella che rimane invariata quando viene riflessa da uno specchio ordinario. Essa può esser sovrapposta alla sua immagine speculare, mentre le strutture asimmetriche non lo possono essere. Le doppie forme di tutti gli oggetti asimmetrici sono spesso distinte chiamando « destrorsa » l’una e « sinistrorsa » l’altra. 140
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Fig. 90. Uno specchio ordinario e la sua immagine (in alto) e due specchi le cui immagini non vengono invertite (in basso).
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Per quanto si possa esaminare e misurare l’una, non si riuscirebbe a scoprire una proprietà non posseduta dall’altra; tuttavia le due sono del tutto differenti. Questo mise in atroce imbarazzo E. Kant. « Cosa può essere più somigliante alla mia mano », scriveva, « ed essergli in tutto e per tutto più simile della sua immagine nello specchio? E tuttavia non posso mettere una tal mano così come la vedo nello specchio al posto di quella originale ». Questa curiosa dualità si trova in strutture con qualsiasi numero di dimensioni, comprese quelle con più di tre. Un segmento di retta, per esempio è simmetrico lungo la sua dimensione unica; ma se consideriamo un segmento lungo seguito da uno corto, la figura è asimmetrica. Riflesso rispetto ad un punto sulla stessa dimensione lineare esso diventa un segmento corto seguito da uno lungo. Se pensiamo alle parole stampate come ordinate in una dimensione, allora la maggior parte delle parole sono asimmetriche, sebbene vi siano delle parole palindrome come « radar » e « aveva » che si leggono allo stesso modo nei due sensi. Le melodie possono analogamente essere considerate come note ordinate lungo la singola dimensione temporale. Durante il XV secolo era di moda costruire canoni palindromici in cui la melodia imitativa era quella principale in senso contrario. Molti compositori (compresi Haydn, Bach, Beethoven, Hindemith e Schönberg) hanno usato l’espediente per ottenere effetti di contrappunto. La maggior parte delle melodie, però, stridono all’orecchio se sonate in forma retrograda. Molti esperimenti divertenti in materia di riflessioni musicali possono esser effettuati con un registratore a nastro. La musica pianistica suonata all’indietro appare come musica di organo perché ogni nota comincia piano e aumenta di volume. Effetti particolarmente strani possono essere ottenuti ascoltando della musica riprodotta al contrario in una camera ad eco. mentre la si registra su un altro nastro. Quando viene invertito il secondo nastro, le note ritornano nell’ordine iniziale ma gli echi precedono i suoni. Un altro tipo di riflessione musicale viene prodotto invertendo il rotolo di una pianola in modo che suonando si svolga nello stesso senso ma con le note basse ed alte invertite di posto (come la produrrebbe un pianista che suonasse un piano riflesso in uno specchio). La melodia diviene irriconoscibile e ne risulta una inaspettata trasposizione di tonalità maggiori e minori. Questo espediente fu usato anche nei canoni del periodo rinascimentale e nel contrappunto di composi142
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tori posteriori. L’esempio classico è l’Arte della Fuga di Bach, in cui la 12.ma e 13.ma fuga possono essere invertite. Una volta Mozart scrisse un canone con una melodia seconda che era la prima suonata sia al contrario che capovolta, sicché due esecutori avrebbero potuto leggere le stesse note dai due lati opposti del foglio! Riportando la nostra attenzione alle strutture bidimensionali, vediamo che una configurazione come la croce cristiana è simmetrica
Fig. 91. La monade cinese.
mentre la monade, un antico simbolo religioso cinese (fig. 91), non lo è. Le superfici nera e bianca, chiamate Yin e Yang, simbolizzano tutte le dualità fondamentali, inclusa la destra e sinistra e la sua base combinatoria in numeri pari e dispari. La piacevole asimmetria della monade rende singolarmente appropriato il fatto che furono due fisici cinesi (uno di essi di nome Yang!) a ricevere il premio Nobel 1957 per il loro lavoro teorico che condusse alla caduta del principio di parità. A differenza della musica, tutti i disegni e quadri asimmetrici possono essere « flopped » (per usare il termine che in arti grafiche sta per « riflesso ») senza perdere il loro valore estetico. In realtà, una volta Rembrandt eseguì una incisione doppiata della sua famosa Discesa dalla Croce. È stato suggerito che l’abitudine di leggere da sinistra a destra può avere una sottile influenza sulla reazione di un occidentale verso un quadro riflesso, ma anche se è così, l’influsso sembra esser di poco conto. 143
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Dato che la maggior parte delle parole a stampa formano configurazioni asimmetriche, le riflessioni di pagine a stampa risultano di solito illeggibili, ma non sempre. Se guardate l’immagine speculare delle parole « CHOICE QUALITY » scritte sul fianco di un pacchetto di sigarette Camel, tenuto in modo che la sua parte alta sia rivolta verso la vostra destra, vi meraviglierete di vedere che mentre l’immagine di « QUALITY » è illeggibile, « CHOICE » risulta invariata! La ragione è naturalmente che « choice » stampata in lettere maiuscole, ha un asse di simmetria ed è perciò sovrapponibile alla sua immagine speculare capovolgendola. Altre parole, come « TOMATO » e « TIMOTHY » sono asimmetriche se stampate orizzontalmente, ma hanno un asse di simmetria se stampate verticalmente. Quando consideriamo strutture note a tre dimensioni, troviamo che esse sono una piacevole mescolanza di simmetria ed asimmetria. Molte forme viventi sono simmetriche nella loro apparenza esterna, con eccezioni notevoli quali le conchiglie a spirale, le pinze del granchio sonatore, le punte incrociate del becco del crociere e gli occhi unilaterali della sogliola. Anche gli schemi di comportamento sono talvolta asimmetrici; per esempio: le curve in senso antiorario dei pipistrelli che sciamano fuori dalla caverna di Carlsbad. Molti oggetti di fabbricazione umana sono simmetrici. sebbene molti che sembrano esserlo si dimostrino asimmetrici ad un esame più approfondito (per esempio le forbici, il nastro di Möbius, gli esaflexagoni ed i nodi semplici). I due nodi in fig. 92 hanno identiche proprietà topologiche, tuttavia l’uno non può venir deformato nell’altro. Anche i dadi hanno due forme distinte. Vi sono due modi di mettere i punti sulle facce del dado in modo che le coppie di facce opposte diano sempre sette per totale; un modo è l’immagine speculare dell’altro. Dato che incrociare le braccia è la stessa cosa come legarle in un nodo semplice, ne segue che vi sono due modi distinti di incrociare le braccia, sebbene tutti noi si sia condizionati tanto ad un modo da trovare noiosamente difficile eseguire il modo gemello speculare. Incrociate le braccia come fate normalmente, afferrate le due estremità di una cordicella, aprite le braccia e trasferirete il nodo dalle vostre braccia alla corda. Ripetete l’esperimento con le braccia incrociate nell’altro modo ed otterrete un nodo che è la riflessione del primo. Un affascinante (e non risolto) problema topologico è provare che una coppia di nodi immagini speculari uno dell’altro in una curva chiusa non può annullarsi deformando la curva. Nessuno è riuscito 144
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Fig. 92. Nastro di Möbius sinistrorso e destrorso (in alto), nodi semplici (al centro) e dadi (in basso).
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a farlo, sebbene sia facile portare un nodo sull’altro in modo da formare un nodo quadrato che è simmetrico. Se fate la stessa operazione con due nodi dello stesso senso, ottenete un nodo doppio asimmetrico. Queste non sono cose da nulla. Ora che si sa che certe particelle sono antisimmetriche in un qualche senso spaziale non ancora ben conosciuto, la teoria fisica deve tener conto del fatto che quando una particella incontra la sua antiparticella, le due si annichilano e creano energia simmetrica. Alice guardò nel suo specchio e si domandò se l’immagine del latte fosse buona da bere. Per un qualche tempo si sapeva che un latte del genere non sarebbe stato digeribile, perché gli enzimi del corpo, nati per agire su molecole sinistrorse non avrebbero potuto agire su quelle destrorse. Ora sembra che la situazione sia alquanto peggiorata. I recenti esperimenti sulla parità hanno suggerito che una particella e la sua antiparticella sono in realtà null’altro che forme immagini speculari della stessa struttura. Se ciò è vero, come molti fisici sospettano e sperano, allora qualsiasi tentativo di Alice di bere il latte immagine speculare risulterebbe in una esplosione violenta come quella (così drammaticamente descritta dallo stesso dott. Edward Teller nel « New Yorker » del 15 dicembre 1956) del dott. Teller quando stringe la mano al dott. Edward Anti-Teller. La predizione più sicura è che i fisici continueranno a speculare su destra e sinistra per parecchio tempo ancora.
Appendice La domanda posta all’inizio di questo capitolo ha provocato la seguente lettera da parte dei dott. Robert D. Tschirgi e del dott. John Langdon Taylor Jr. entrambi del Dipartimento di fisiologia della Scuola di Medicina al Centro Medico della Università di California a Los Angeles. Signori, il divertente e provocante articolo di Martin Gardner sulla simmetria ha richiamato ai vostri lettori la tormentosa questione: « Perché uno specchio inverte sinistra e destra e non sotto e sopra? » Malgrado le dettagliate descrizioni dei percorsi luminosi e dei principi ottici che sono di solito somministrati in risposta a tale assillante domanda, sembra esservi una base anche più fondamentale, che, come gli scrittori di questa lettera propongono, rientrerebbe principalmente nell’ambito della psicofisiologia. 146
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Gli esseri umani sono superficialmente e grossolanamente simmetrici, ma soggettivamente e comportamentalmente sono relativamente asimmetrici. Lo stesso fatto che si possa distinguere la nostra destra dalla sinistra implica un’asimmetria del sistema di percezione, come notò Ernest Mach nel 1900. Perciò siamo, entro certi limiti, una mente asimmetrica abitante in un corpo bilateralmente simmetrico, almeno per quanto riguarda l’esame visivo casuale delle nostre forme esteriori. Qui il termine simmetria è usato in un senso informativo ed indica che l’osservatore non può fare distinzioni diverse da quelle sensoriali, fra due o più elementi del suo campo percettivo. Naturalmente affinando le sue osservazioni egli può guadagnare informazioni su altre dissimiglianze ed in quel momento il sistema in esame cessa di essere simmetrico. Quando stiamo davanti ad uno specchio, vediamo riflessa una struttura superficialmente simmetrica bilateralmente e siamo ingannati da questa apparente simmetria a trattare il sistema come se noi stessi e la nostra immagine riflessa fossimo identità anziché enantiomorfismi (entità di « mano » diversa). Perciò, per proiezione psicologica, sembra che siamo capaci di ruotare l’immagine del nostro corpo di 180 gradi nello spazio tridimensionale attorno ad un asse verticale e traslarlo di una distanza uguale al doppio della distanza dallo specchio, ottenendo con ciò una coincidenza fra il nostro corpo e la sua riflessione. Con questo processo abbiamo immaginato come esistente nella nostra immagine speculare l’identico macchinario percettivo del sistema nervoso centrale che è in noi stessi, piuttosto che il suo enantiomorfo. Di conseguenza siamo indotti nella erronea affermazione che quando muoviamo la nostra mano destra, la nostra immagine muove la sua mano sinistra. Se, più correttamente vedessimo nella nostra immagine speculare i nostri doppioni enantiomorfi, allora ci accorgeremmo che la loro definizione di destra e sinistra sarebbe invertita e che muovendo quella che definiamo la nostra mano destra l’immagine muoverebbe quella definita come la sua destra. Noi dobbiamo assegnare alla nostra immagine riflessa non il nostro sistema di coordinate, ma una immagine speculare di tale sistema di coordinate. Ciò può esser facilmente illustrato prendendo in mano una scatola di cartone e ridefinendo gli assi principali del corpo come « testa-piedi », « fronte-retro » e « mano-scatola » (invece di destra-sinistra). Ora, stando in piedi davanti ad uno specchio, osserviamo che quando muoviamo la testa, l’immagine speculare muove la testa; muovendo il 147
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piede, l’immagine muove il piede; muovendo la mano, l’immagine muove la mano e muovendo la scatola, l’immagine muove la scatola. Cosa è divenuto dell’inversione destra-sinistra? Essa è stata dispersa, da chimera qual’era, mediante il semplice procedimento di rendere la nostra struttura superficiale evidentemente non bilateralmente simmetrica. Non è più possibile produrre una sostanziale coincidenza fra noi stessi e la nostra immagine speculare con una rotazione di 180° attorno al nostro asse verticale, come neppure attorno ad alcun altro asse e riconosciamo la natura enatiomorfica della nostra riflessione. Per illustrare come la convenzione della rotazione attorno ad un asse verticale impone il concetto dell’inversione speculare destra-sinistra su oggetti differenti da noi stessi, consideriamo una carta degli Stati Uniti orientata al solito modo col Nord verso l’alto e l’Est verso destra. Per osservare l’immagine speculare di questa carta, noi invariabilmente ruotiamo la carta rispetto al suo asse Nord-Sud verso lo specchio. Questa abitudine deriva senza dubbio dal fatto che la maggior parte dei nostri movimenti aventi lo scopo di esaminare l’ambiente circostante comporta rotazioni attorno al nostro asse verticale. Per esempio, se la carta fosse fissata ad un muro di fronte ad uno specchio, potremmo osservare la carta direttamente e poi girarci attorno al nostro asse verticale per guardare l’immagine riflessa. In entrambi i casi l’Est apparirà alla nostra sinistra ma il Nord resterà verso l’alto. Se, però, ruotassimo la carta attorno all’asse Est-Ovest per portarla di fronte allo specchio o guardassimo all’immagine riflessa della carta murale stando a testa in giù, l'Est rimarrebbe alla nostra destra, ma il Nord andrebbe in basso. Sembrerebbe allora che lo specchio avesse invertito alto e basso piuttosto che destra e sinistra. Il solo sistema di coordinate definito è quello che l’osservatore impone all’ambiente circostante e gli assi possono essere regolati in modo che l’origine capiti in qualsiasi punto entro lo spazio percettivo dell’osservatore. Quando descriviamo le parti di un oggetto in relazione ad un altro, generalmente lo facciamo regolando il nostro sistema di coordinate in modo che l’origine cada entro l’oggetto e con ciò esso acquista gli assi alto-basso, fronte-retro, e destra-sinistra corrispondenti a quelli dell’osservatore. Col ruotare degli oggetti all’interno di questo sistema, o per moto dell’oggetto o per moto del sistema di coordinate (cioè dell’osservatore), certuni dei valori delle coordinate dell’oggetto cambiano di segno. La rotazione di un oggetto attorno al suo asse verti148
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cale risulta nel cambio di segno dei luoghi di sinistra-destra e fronteretro; attorno all’asse destra-sinistra dà come risultato il cambio di segno delle posizioni fronte-retro ed alto-basso; attorno all’asse fronteretro cambia il segno delle posizioni alto-basso e destra-sinistra. Però, dato che l’osservatore definisce il sistema di coordinate, la rotazione dell’osservatore non risulta in un cambio di segno delle parti relative dell’osservatore stesso. Perciò, se guardiamo la nostra stessa immagine stando a testa in giù, interpretiamo erroneamente che lo specchio inverte destra e sinistra, perché nel processo di inversione del nostro corpo, noi abbiamo invertito lo stesso sistema di coordinate. Dopo che questa lettera era apparsa su « Scientific American » del maggio 1958, la rivista ricevette la seguente nota da R. S. Wiener di Stamford, Connecticut: Signori, Dopo aver letto l’interessante commento dei Dtr.i Tschirgi e Taylor sulla questione « Perché uno specchio inverte sinistra e destra e non alto e basso? » ho deciso di mettere a prova alcune delle loro osservazioni. Ho appeso una carta (precisamente una carta di Long Island Sound, Sezione Ovest) al muro di fronte allo specchio del mio armadio. Stando a testa in giù sul pavimento di fronte allo specchio, mi sono accorto che non potevo vedere tutta la mia immagine; tutto ciò che potevo vedere erano due piedi. Quello che ho riconosciuto essere di solito indicato come sinistro copriva la sezione di carta attorno a Bridgeport, mentre l’altro piede era in prossimità dell’East River. Ho poi tentato l’esperimento con la scatola di carta sopra al piede « sinistro ». La scatola ora era appesa vicino a Bridgeport. L’esperimento non sembrava esser molto conclusivo e perciò portai l’armadio fuori della stanza, tolsi lo specchio dallo sportello e lo appoggiai sul pavimento contro il muro. Ripresi la mia posizione a testa in giù di fronte allo specchio. L’immagine della struttura simmetrica superficialmente bilaterale poggiante sulla sua testa con una scatola su un piede fu così paurosa che decisi di lasciar perdere del tutto l’esperimento.
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Per chi volesse approfondire gli argomenti
Esaflexagoni
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PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI
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ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Strani modelli topologici
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Wm. Woolsey Johnson, « Notes on the ‘ 15 ’ Puzzle, I » in American Journal of Mathematics, vol. 2, pagg. 397-399, 1879. William E. Story, « Notes on the ‘ 15 ’ Puzzle, II » in American Journal of Mathematics, vol. 2, pagg. 399-404, 1879. George Grantham Bain, « The Prince of Puzzle-Makers: An Interview with Sam Loyd » in The Strand Magazine, vol. 34, pagg. 771-777, 1907. Alain C. White, Sam Loyd and His Chess Problems, Whitehead and Miller, 1913. Martin Gardner, Mathematics, Magic and Mystery, Dover Publications Inc., 1956. Giochi matematici con le carte
Lancelot Hogben, Chance and Choice by Cardpack and Chessboard: An Introduction to Probability in Practice by Visual Aids, vol. 1, Chanticleer Press, 1950. John Scarne, Scarne on Card Tricks, Crown Publishers, 1950. Martin Gardner, Mathematics, Magic and Mystery, Dover Publication Inc., 1956. Memorizzazione dei numeri
John Malcolm Mitchell, « Mnemonics » in Encyclopaedia Britannica, XI edizione, vol. 18, pagg. 629-630, 911. Bruno Furst, Stop Forgetting, Garden City Books, 1949. Bernard Zufall, Memorizing Numbers, 1940. Martin Gardner, « Mnemonics » in Hugard’s Magic Monthly, giugno 1955. 152
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE GLI ARGOMENTI
Polimini
S. W. Golomb, « Cheekerboards and Polyminoes » in American Mathematical Monthly, vol. 61, pagg. 675-682, dicembre 1954. W. Stead, « Dissection » in The Fairy Chess Review, vol. 9, pagg. 2-4, dicembre 1954. Inganni matematici
W. W. Rouse Ball, Mathematical Recreations and Essays, Macmillan an Co., 1939. Edward Kasner e James Newman, Mathematics and the Imagination, Simon and Schuster, 1940. Eugène P. Northrop, Riddles in Mathematics: A Book of Paradoxes, D. Van Nostrand Company Inc., 1944. Nim e Tac Tix
Charles L. Bouton, « Nim a Game with a Complete Mathematical Theory » in Annals of Mathematics, serie II,vol. 11, pagg. 93-94, 1910. D. P. McIntyre, « A New System for Playing the Game of Nim » in American Mathematical Monthly, vol. 49, pagg. 44-46, 1942. John C. Holladay, « Matrix Nim » in American Mathematical Monthly, vol. 65, pagg. 107-109, febbraio 1958. E. U. Condon, « The Nimatron » in American Mathematical Monthly, vol. 49, n. 5, pagg. 330-332, maggio 1942. Raymond Redheffer, « A Machine for Playing the Game Nim » in American Mathematical Monthly, vol. 55, n. 6, pagg. 343-350, giugno-luglio 1948. Herbert Koppel, « Digital Computer Plays Nim » in Electronics, novembre 1952. Harvey Pollack, « Win at Nim with Debicon » in Popular Electronics, gennaio 1958. Destra o sinistra?
Martin Gardner, « Is Nature Ambidextrous? » in Philosophy and Phenomenological Research, vol. 13, n. 2, pagg. 200-211, dicembre 1952. Ernst Mach, « On Symmetry » in Popular Scientific Lectures, 1895. 153
ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI
Hermann Weyl, « Symmetry », Princeton University Press, 1952. Philip Morrison, « The Overthrow of Parity » in Scientific American, aprile, 1957. Opere di consultazione generale per il lettore italiano
Italo Ghersi, Matematica dilettevole e curiosa, Hoepli. George Gamow, Uno, due, tre ... infinito, Mondadori. Egmont Colerus, Piccola storia della matematica, Mondadori. E. C. Titchmarsch, Introduzione alla matematica, Garzanti. A. N. Whitehead, Introduzione alla matematica, Sansoni. Courant e Robbins, Che cos’è la matematica, Boringhieri. B. Russel, Filosofia matematica, Longanesi. J. R. Pierce, Teoria dell’informazione, Mondadori. Pavel S. Aleksandrov, Topologia combinatoria, Boringhieri.
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VOLUMI PUBBLICATI
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28.
La cucina Gli stili in Italia Gli stili nel mondo La padrona di casa I genitori moderni Come si fa Come essere bella Che cos’è la psicologia Il cane Arredamento La pesca: come e dove L’automobile Il cinema: 1° I cineasti Che cos’è la psicanalisi Il nuovo galateo Medicina 1° L’astronomo dilettante Il cinema: 2° Film A-L Il cinema: 3° Film M-Z Medicina 2° Dizionario A-F Medicina 3° Dizionario G-Z Sport e Record Guida pratica alla dichiarazione dei redditi I francobolli Bricolage 1° I tappeti Minerali e rocce Yoga
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67. Il bridge facile 1° 68. Il bridge facile 2° 69. Cento ricette spendendo meno 70. Curarsi con l’agopuntura 71. Che cos’è la grafologia 1° 72. Che cos’è la grafologia 2° 73. Che cos’è l’economia 74. Dieci grandi della psicologia 75. 7 programmi per una vita sana 76. Mammiferi da appartamento, da giardino da parco 77. Enigmi e giochi matematici 5°
Finito di stampare nel mese di gennaio 1977 presso la Cooperativa Lavoratori Officine Grafiche Firenze per conto di G. C. Sansoni editore, nuova s.p.a.