Dizionario teologico dell'Antico Testamento [Vol. 1] [PDF]

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Zitiervorschau

ERNST JENNI

CLALS WESTERMANN

M A R IE T T I

E.Jenni • GWestermann

Dizionario

Testamento edizione italiana a cura di

GIAN LUIGI PRATO

volume primo

2N ’àb Padre Tl£ màtaj Quando?

Marietti

Titolo originai e deli opera: « Theologisches Handworierbuch 2um Alien Tesiameni ». Zwei Bande ©

C H R. K A ISER V E R L A G - M O N C H E N

THEOLOG1SCHER V E R LA G - Z 0 R 1 C H

traduzione di F. G. B. G. N. G. M. G. B.

BONTEMP1 CADEDDU CHIESA MASSI N EG RETT I L. PRATO SAMPAOLO TESTA VERCESI

© 1978 M A R IE T T I E D IT O R I - T O R IN O per l’edizione italiana .

PREMESSA

Il presente dizionario, che esce perora nella sua prima parte, si propone di offrire uno strumento attendibile per lo studio scientifico dell’Antico Testamento, ed anche per Tinsegnamento della dottrina della Chiesa e per la predicazione. L’intento dei collaboratori è stato quello di elaborare con metodo e il più ampiamente possibile il senso e l’uso dei singoli vocaboli. Nella ricerca veterotestamentaria degli ultim i decenni si è raggiunta una certa uniformità di vedute sul fatto che per determinare il significato di un vocabolo (e specialmente il suo signi­ ficato teologico) si deve evitare ogni restrizione di metodo, ed un risultato sicuro si può ottenere solo soppesando convenientemente tutti i possibili e molteplici tentativi di soluzione. Una re­ strizione è consistita per esempio nel voler spiegare una parola solo dal punto di vista gram­ maticale e filologico; oppure si è voluto determinare in ogni caso tutta quanta la consistenza di una parola partendo da un presunto significato primario, come pure si è tentato di costruire una storia lineare di un termine, la quale non lascia più spazio a diversi altri usi, che possono coesistere l’uno accanto alfaltro. Una restrizione è anche infine il distinguere meccanicamente un uso profano ed un uso religioso, considerando per ciò stesso il primo come più autentico. Contrariamente a tutti questi tentativi di spiegazione a direzione unica, si è cercato nel presente dizionario di non attribuire un valore assoluto a nessuno dei metodi seguiti nella ricerca les­ sicale, ma di impostare i problemi nella maniera più ampia possibile e di lasciarli aperti, conformemente alla situazione attuale degli studi veterotestamentari e della linguistica generale. A differenza dei precedenti dizionari deir Antico Testamento, si è tenuto conto dei risultati del­ le numerose ricerche nel campo della storia delle forme e della tradizione, le quali in molti casi inducono a correggere notevolmente, nell’uso di un vocabolo, sia le classificazioni del materiale sia la stratificazione cronologica. Da un lato, collocando stabilmente e chiaramente determinati usi di un verbo o di un sostantivo p.e. nell’ambito di una determinata forma giuridica, di un discorso profetico, di un genere di salmi o nell’ambito di una determinata tradizione narrativa, si può ora individuare con sicurezza il contesto in base al quale va condotta l’esegesi del verbo o del sostantivo in questione. D ’altro lato non si può più distinguere troppo genericamente tra un uso « primitivo » ed un uso « tardivo » di un determinató vocabolo e, dato che una parola può essere usata in maniere molto diverse tra loro, bisogna tener presenti sia gli usi che coe­ sistono l’uno accanto all’altro, sia quelli che si susseguono. . Si è tenuto conto in particolare di un contributo essenziale della linguistica più recente, e cioè che la base della comunicazione linguistica non è la parola, ma la frase. Ciò corrisponde ai ri­ sultati della storia delle forme e della tradizione. Contrariamente al modo di procedere della critica letteraria, secondo la quale l’uso di un vocabolo isolato può essere determinante per la catalogazione cronologica, nella ricerca più recente è emerso in maniera sempre più evidente PREM ESSA

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che solo la frase o un complesso di frasi possono determinare una tradizione. Neli’elaborare la portata di un vocabolo d ò ha un significato essenziale: nel classificare le ricorrenze di un vo­ cabolo bisogna partire dalle frasi in cui esso si trova e dalla loro funzione in un contesto più ampio. La compilazione di un dizionario richiede oggi che si presti attenzione anche alla cosiddetta ricerca dei campi semantici; qui possiamo solo indicare quanto essa sia utile per determinare il significato di parole che sono molto affini tra loro per contenuto o sembrano essere sinonime, e anche per la traduzione in un’altra lingua, il cui campo semantico è spesso diversamente strutturato. . Infine bisogna accennare al fatto che il numero accresciuto dei testi in lingue semitiche, i pro­ gressi degli studi sulla grammatica e sulla sintassi ebraica, il differenziarsi e il perfezionarsi dei metodi filologici e le numerose ricerche recenti nel campo della linguistica generale non hanno facilitato per nulla l’elaborazione di un dizionario dell’Antico Testamento, pur avendo reso possibili molti progressi. Bisogna riconoscere che in diversi casi molti aspetti restano ancora oscuri quando si vuol determinare l’uso sia generale sia teologico di un vocabolo ebraico. Il pre­ sente dizionario è stato compilato nella piena consapevolezza delle difficoltà che ancora si in­ contrano quando si vuole elaborare accuratamente la funzione che la parola ebraica possiede nel suo particolare contesto. Su questo punto l’elaborazione del dizionario confina con l’esegesi, alia quale vuole rendere un servizio. EJenni/C.W esterm ann Basilea e Heidelberg, aprile 1971.

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PREM ESSA

INTRODUZIONE

A. Obiettivi del presente dizionario Lo studioso della lingua ebraica già da tempo dispone per l’Antico Testamento di dizionari ab­ bastanza buoni, tra cui i più usati sono GB, KBL, Zorell e H A L (per le abbreviazioni vd. st. p. X V III ss.). È chiaro però che questi dizionari, impostati tradizionalmente come liste di pos­ sibili traduzioni in lingue moderne di una parola ebraica (con una parte introduttoria dedicata all’etimologia, talvolta molto elaborata, ma accessibile solo allo specialista) senza u n ’esposizio­ ne più diffusa e una discussione dei problemi, non possono dare un’idea adeguata dell’uso e della vita delle parole nell’AT, come la scienza oggi richiede. Inoltre, al di là della filologia tra­ dizionale e delle vie da essa seguite nella ricerca, la semasiologia e i metodi della storia delle forme e della storia della tradizione hanno acquistato negli ultim i anni una importanza crescen­ te; i loro risultati e le loro problematiche non sì possono esporre in maniera adeguata nella di­ sposizione seguita di solito dai dizionari. In particolare, per i vocaboli che hanno una certa im ­ portanza teologica è sempre più difficile offrire una visione d’insieme del lavoro compiuto dalla scienza veterotestamentaria internazionale sul piano lessicale. È perciò necessario creare un d i­ zionario particolare che, come si è detto nell’anno 1966 nelle istruzioni date ai collaboratori del DTAT al termine del lavoro di programmazione, « completando i dizionari ebraici esistenti, sulla base della scienza linguistica e tenendo presenti i metodi della semasiologia e della storia delle forme e della tradizione, esponga con la massima concisione e completezza, indicando anche la bibliografia di cui oggi si dispone, i vocaboli dell’Antico Testamento che hanno un’im ­ portanza teologica per il loro uso, la loro storia e il loro significato nelfambito della teologia ve­ terotestamentaria ». Non è certo possibile dire se il risultato, che viene presentato qui nella sua prima metà dopo un lavoro di cinque anni, corrisponda esattamente all’ideale perseguito. È anzi necessario chia­ rire fin dall’inizio quello che non e lo scopo del DTAT: «

(a) Benché gli indici, previsti per il secondo volume, indichino che si è presa in considerazione una gran parte del lessico veterotestamentario, il DTAT, già per il solo fatto che opera una scel­ ta di voci, non può sostituire ma solo completare i dizionari tradizionali. Persino nella tratta­ zione delle radici e dei vocaboli, i numerosi dati lessicali, grammaticali, critico-testuali e biblio­ grafici, anche nello stesso H A L, almeno per la parte finora uscita, non sono per nulla esaurienti. ( b ) Pur conservando la massima apertura verso gli sviluppi più recenti della scienza linguistica (cfr. p.e. l’ampia esposizione della Encyclopédie de la Pleiade, Le langage, ed. da A.Martinet, 1968, o l’introduzione più specifica di O.Reichmann, Deutsche Wortforschung, 1969) e dell’esegesi (cfr. p.e. K.Koch, Was ist Formgeschichte? *1967), un’opera collettiva come la IN T R O D U Z IO N E

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presente non può proporsi di seguire esclusivamente una determinata teoria e un determinato metodo, aprendo cosi prospettive di ricerca del tutto nuove. La maggior parte degli studiosi dell’AT non sono specialisti in linguistica e d ’altra parte non esìste finora un metodo linguistico ed esegetico unitario sul quale poter far convergere tutti i collaboratori di diversa provenienza. Lo specialista potrà a sua volta tradurre tacitamente nella sua terminologia rigorosa quello che trova espresso talvolta in maniera non tecnica (« significato primario », « campo semantico » ecc.). Ad alcuni sembrerà che la storia delle forme o un qualsiasi altro punto di vista siano trat­ tati con eccessiva ampiezza, mentre ad altri sembrerà che vi si sia prestata troppo poca atten­ zione. Anche qui l’editore non ha potuto né voluto ridurre tutto allo stesso denominatore. (c) Benché l’interesse principale sia rivolto all’uso teologico, il DTAT non vuole essere un’esposizione della teologia veterotestamentaria suddivisa secondo determinate voci lessicali. Anche prescindendo dal fatto che i collaboratori del dizionario non provengono da una par­ ticolare scuola o da un particolare indirizzo teologico e l’editore da parte sua non è intervenuto per nulla in merito a questioni teologiche, non si può costruire una teologìa su una ricerca les­ sicale (cfr. J.Barr, The Semantics of Biblìcal Language, 1961; trad. italiana: Semantica del lin ­ guaggio biblico, 1968). Il DTAT parte dalle parole e dal loro uso, cosa che può anche condurre a concetti teologici abbastanza ben configurati, ma non da concezioni e idee teologiche come tali (« onnipotenza », « peccato », « monoteismo » ecc.), che possono ridursi ad un sistema. Benché quando si tratta di realtà astratte la differenza fra il significato di una parola e la cosa significata venga a cadere (cfr. su questo punto anche le considerazioni di H.H.Schmid, Gerechtigkeit als Weltordnung, 1968,4ss. sulla lingua ebraica e il modo di intendere la realtà, pro­ prio degli israeliti), e la semasiologia possa essere integrata giustamente con la problematica onomasiologica, il DTAT resta nelle sue intenzioni un dizionario e non si sostituisce quindi ad un lessico di concetti teologici che descrive « il peccato nell’AT », « l’immagine dell’uomo nelPAT », « la concezione israelitica dell’alleanza » ecc., e tanto meno ad u n ’esposizione ge­ nerale della teologia dell’Antico Testamento, per la quale esso resta soltanto un sussidio. (ici) Questo dizionario particolare è destinato in prima linea ai teologi e ai pastori che possiedono una conoscenza m inim a dell’ebraico e della scienza biblica veterotestamentaria, ma anche co­ loro che non conoscono l’ebraico possono utilizzarlo facilmente, poiché delle parole e dei testi ebr. si è data sempre la relativa traduzione, i caratteri ebr. sono stati trascritti e si sono aggiunti degli indici. Nello stesso tempo il DTAT si propone di presentare in sintesi ad un più vasto pubblico quello che è esposto dagli specialisti in un’ampia serie di pubblicazioni, ed è augurabile che questo lavoro aiuti a comprendere meglio l’Antico Testamento e il suo messaggio. D ’altra parte tutto questo rivela anche i limiti del dizionario: esso non è in grado di fornire al pastore i’esegesi dei testi e neppure la loro traduzione nella lingua di oggi, ma rimane anche da questo punto di vista un semplice strumento delPesegesi.

B. L ’impostazione del dizionario Nella scelta dei « vocaboli che hanno rilevanza teologica » non si possono evitare del tutto opi­ nioni soggettive. Ciò dipende naturalmente dal fatto che anche l’« uso teologico » non si può distinguere nettamente da un « uso generale o profano ». In genere è apparsa opportuna una presentazione più ampia possibile dell’« uso teologico », cioè una considerazione non solo dei passi che contengono verbi il cui soggetto o oggetto è Dio, opp. sostantivi che designano Dio, V ili

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ma per quanto è possibile, di tutti i casi in cui si esprime una certa relazione tra Dio e il popolo opp. tra D io e l’uomo. Proprio per questo però ad alcuni sembrerà che manchino molte cose, mentre ad altri l’ambito preso in considerazione potrà apparire troppo esteso. Per documentare la particolarità specifica di un dizionario basato sui concetti, si sono dedicate delle voci proprie, oltre che alla massa dei sostantivi e dei verbi, anche ad altre categorie gram­ maticali, come pronomi (P^hf « io » , -kòl « tu tti» ), avverbi {- uìaj «forse», -'ajjè «d o v e ?», -màtaj «q u an d o ?»), preposizioni (lim « c o n » ) e anche interiezioni {-'ahàh « ah! », -hòj « guai! », -hinnè « ecco! »). D ’altro lato non si sono riservate delle voci proprie ad una serie di altri vocaboli, che forse si sarebbero voluti vedere qui. Questo vale sia per alcuni sostantivi ( har « monte », màjim « ac­ qua ») o verbi (jsb « sedere, abitare », ktb « scrivere »)che ricorrono spesso, sia anche per molte nozioni, tra cui soprattutto quelle che si riferiscono al culto, per le quali si possono consultare i dizionari biblici. Il DTAT non è stato espressamente concepito come u n ’opera che va con­ sultata in fatto di archeologia o di storia delle religioni, poiché allora l’attenzione (come avviene per un lessico delle cose o delle idee) si sarebbe spostata troppo dalla funzione significativa delle parole alla descrizione della realtà designata e della sua storia. Chi dunque ricerca delle infor­ mazioni archeologiche o di storia delle religioni sul santuario dell’arca, sul sacrifìcio o sul sa­ cerdozio, non le troverà qui con la scusa di condurre una ricerca linguistica sui termini '°rdn « cassa », zbh « uccidere, sacrificare » oppure kòhèn « sacerdote ». Questi e altri vocaboli come 'ezòb « issopo », ’éfód « efod », 7arPè! « ara sacrificale », bàmà « altura cultuale » ecc. sono stati quasi sempre tralasciati, poiché altrimenti l’ambito di un piccolo dizionario teologico sa­ rebbe stato oltrepassato di molto. Lo stesso vale anche per i nomi propri, i quali, ad eccezione degli epiteti divini Jahwe e Saddaj, e dei nomi Israele e Sion che sono divenuti titoli religiosi, non hanno una voce propria. Cer­ tamente, Àbramo e Davide con le loro rispettive tradizioni, Gerusalemme ed anche Canaan e Babilonia non sono realtà teologiche di scarsa importanza, tuttavia non si possono più col­ locare nel quadro di un dizionario orientato in senso semasiologico. Bisogna però osservare che numerosi vocaboli, i quali non posseggono una voce propria, sono trattati sotto altri termini, sia come sinonimi o opposti sia come elementi che rientrano nel campo semantico di un termine trattato. Cosi è possibile far rientrare har « monte », nel suo significato teologico, sotto -Sijjón « Sion »; màjim « acqua » ejùm « mare », nel loro significato mitologico, sotto —tehòm « abisso »'Jsb « sedere, abitare » sotto -skn « abitare » ecc. Per alcuni vocaboli che ricorrono spesso, già nelfelenco alfabetico dei termini si indica la voce corrispon­ dente sotto cui il vocabolo è trattato; in molti altri casi gli indici alla fine del secondo volume faciliteranno la ricerca. Per quanto riguarda l’ordine dei termini trattati, si presenterebbero di per sé diverse possibilità. In primo luogo poteva sembrare attraente partire da un principio ordinatore basato sul conte­ nuto e tentare di esporre il lessico nella sua struttura contenutistica. Tuttavia ragioni teoriche e soprattutto pratiche ci hanno indotto a restare su un principio ordinatore fomiale, basato sull’alfabeto, ed a stabilire nell’esposizione stessa oppure con accenni secondari le necessarie relazioni di contenuto. Inoltre, come è naturale per le lingue semitiche, i termini derivant i da una stessa radice sono stati trattati sotto una sola voce: ciò non significa che l’autonomia di significato delle singole parole sia stata sacrificata ad un errato « abbaglio della radice » (cfr. J.Barr, Le., 104ss; trad. italiana 144ss.)e che il significato sia stato subordinato all’etimologia. Tali deformazioni del resto non si evitano automaticamente quando si catalogano in ordine puramente alfabetico le singole parole; d’altra parte la trattazione differenziata delle formazioni IN T R O D U Z IO N E *

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nominali e delle forme verbali che viene effettuata nei dizionari tradizionali non è del tutto esente da critica; ivi infatti $cedceq e s l’dàqà compaiono come lemmi distinti, ma non $iddèq e hi$dlq. Anche qui sono state determinanti alcune considerazioni pratiche, relative all’espo­ sizione, più che dei principi puramente teorici, e questo fa sì che anche neH’impostazione delle singole voci la disposizione resti relativamente libera ed elastica (cfr. p.e. - ybh, dove ’cebjón è trattato come vocabolo a sé, e mn, dove ai derivati più importanti sono state dedicate quasi delle voci a parte nei paragrafi 3 e 4). Resta infine affidata al calcolo soggettivo l’ampiezza da riservarsi alle singole voci. La divisione originaria in voci corte, normali, lunghe e lunghissime, come ci si poteva attendere, è scom­ parsa da sé in una certa misura nella stesura delle voci stesse. Certo, alcune cose potevano dirsi in modo più conciso ed altre in modo più diffuso, tuttavia le differenze nella stesura non do­ vrebbero superare quanto ci si aspetta da un’opera composta in collaborazione. Iri sostanza, gra­ zie alla disciplina dei collaboratori, si è evitato anche il pericolo, ben noto ad ogni editore, che i contributi si sviluppassero in modo tale da diventare vere e proprie trattazioni indipendenti.

C. L ’impostazione delle singole voci Ogni voce, riassumendo i risultati delle ricerche lessicali, a differenza dei dizionari tradizionali dovrebbe contenere possibilmente affermazioni in frasi complete e in uno stile stringato e con­ ciso. Anziché usare sottotitoli ed un apparato di note, per dividere tra loro le varie parti si n u ­ merano i paragrafi e si adoperano due tipi di caratteri tipografici; molto spesso si fa uso di pa­ rentesi per espressioni secondarie, citazioni bibliografiche ecc. Il titolo della voce consiste in un solo lemma ebr., per lo più la radice (verbale) o un sostantivo primario, in casi particolari anche il rappresentante principale del gruppo considerato (p.e. torà), cui si fa seguire il significato fondamentale in traduzione italiana. Poiché il titolo delParticolo costituisce anche la testata, deve essere mantenuto molto breve. Esso ha soltanto Io sco­ po pratico di dare una identità alla voce e non può quindi anticiparne il contenuto. Per le radici -7/r e - m n , che non posseggono un qal, ma che hanno numerose derivazioni di uguale im ­ portanza e di diverso significato, si sono scelti dei significati approssimativi, della radice, che hanno il valore di una sigla (« dopo », « stabile, sicuro »). La voce si divide generalmente in cinque parti, di cui la terza e la quarta sono le più ampie. La numerazione delle partì principali in alcune voci più lunghe è in cifre romane, nelle altre è in cifre arabe. Le indicazioni dei paragrafi si susseguono quindi alla seguente maniera: 1/ II/ ... 1/ 2 /... a) b)... (1) (2)...; non c’è quindi confusione nell'uso delle cifre arabe in grassetto, che designano sia i paragrafi delle cinque parti principali, quando queste sono indi­ cate con cifre romane, sia normalmente le cinque parti principali di una voce. Per le parti principali che restano invariate c’è da osservare quanto segue:

]. Radice e derivazioni. La prima parte si occupa dì tutto quello che concerne la radice. Se­ guono la numerazione dei derivati che sono trattati nella voce, e spesso viene indicato anche il genere di derivazione (la funzione della coniugazione verbale, la classe cui appartiene la for­ mazione nominale ecc.), se ciò è utile in qualche maniera per stabilire il significato (cfr. D.Michel, Archiv fùr Begriffsgeschichte 12,1968,32ss.). In questa funzione della prima parte, ossia in questa presentazione sintetica del contenuto di tutto quanto il gruppo che viene trattato, sta la ragione per cui, senza dare un’eccessiva importanza alfetimologia per determinare il signi­ X

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ficato attuale dei vocaboli nell’Antico Testamento, vengono posti all’inizio dell’articolo e non alla fine, come viene suggerito spesso dalla moderna lessicografia, i dati che riguardano la pre­ senza della radice in altre lingue semitiche, le considerazioni sul « significato primario » com u­ ne a tutto il gruppo ed altre eventuali osservazioni riguardanti l'etimologia. In molti casi si ac­ cenna anche ai limiti del metodo etimologico, persino caro ai teologi, e si mette in guardia con­ tro eventuali speculazioni, Del resto lo studioso dell’Antico Testamento può anche essere in­ teressato a conoscere in sintesi l’estensione di un determinato gruppo in altre lingue semitiche ed eventualmente anche se esso ricompare, pur con altre radici, in determinati ambiti ecc. È evidente che, a differenza di un dizionario etimologico (il quale nel nostro campo del resto non esiste ancora), non si può pretendere di fornire su questo punto dei dati completi: in genere si sono prese in considerazione le lingue semitiche più antiche dell’AT o ad esso contempo­ ranee, specialmente l’accadico, l’ugaritico, il fenicio punico e l’aramaico più antico.

2. Statistica. In una seconda parte, aneh’essa relativamente corta, vengono forniti i dati sta­ tistici sulla presenza dei vocaboli nell’AT e nelle sue singole parti, in alcuni casi con un quadro prospettico. Anziché fornire un semplice catalogo dei vocaboli, si possono già qui sottolineare alcune particolarità sulla loro distribuzione. Nella scienza linguistica recente anche la statistica dei termini comincia lentamente a farsi strada; pur essendo vero che, come avviene per ogni statistica, c’è il pericolo che ne derivi ogni genere di abuso, è però sembrato giusto dare un fon­ damento sicuro ad una statistica dei termini dell’ÀT, poiché,contrariamente a quanto avviene per il NT (R.Morgenthaler, Statistik des ntl. Wortschatzes, 1958), non si ha ancora in questo campo molto materiale a disposizione. Come in ogni statistica, anche qui si richiede anzitutto una presentazione accurata di quello che viene numerato. I dati del DTAT si basano sul testo masoretico non emendato della BIT e considerano come unità a sé ogni ricorrenza di un dato termine nelle sue diverse forme gram­ maticali. Perciò p.e. l’inf. assol. con un verbo finito vale come due ricorrenze. Vengono quindi elencati non i diversi nessi logici o i versi che contengono il vocabolo (talora più volte), ma le singole ricorrenze del termine prese a sé. Benché piccoli errori numerici o arrotondamenti di cifre siano praticamente insignificanti per le conclusioni che si devono trarre dai numeri, nel­ la statistica si è cercata però la maggior esattezza possibile. Perciò si sono consultate per i singoli libri biblici le concordanze di Mandelkern (incl. le appendici di S.Herner) e di Lisowsky, tra loro indipendenti e impostate su basi diverse, e quando i dati erano divergenti si è operata una col­ lazione. Quando è stato necessario scegliere tra diverse interpretazioni grammaticali e tra di­ verse identificazioni di un termine, il risultato della scelta è stato presentato in breve per quanto era necessario, poiché una statistica può essere controllata solo se i numeri sono ben delimitati. Le correzioni che, come risultato secondario della ricerca, sono state apportate alle concordanze di Lisowsky non sono quindi per nulla una critica ai grandi meriti di quesfopera. Se nella bi­ bliografia si incontrano dati statistici divergenti dai nostri, ciò è dovuto molto spesso ad un di­ verso conteggio,il quale naturalmente può essere valido tanto quanto il nostro, purché sia chia­ ro e sia usato con coerenza. Il valore dei dati statistici sarebbe naturalmente molto più significativo per la storia della lingua se si fossero potuti ordinare i dati non seguendo meccanicamente i libri biblici, ma secondo l’epoca di composizione dei singoli complessi letterari. Poiché però l’analisi letteraria e la da­ tazione di molti testi sono controverse o impossibili, non si è potuto seguire questa strada per costruire la statistica dei termini se non in casi eccezionali. Anche una particolare trattazione metodica, p.e. del Deuteroisaia (e del Tritoisaia?), avrebbe già complicato di molto il procedi­ mento. Nei singoli casi tali precisioni si possono ricuperare senza troppa fatica. IN T R O D U Z IO N E

XI

Per poter misurare la frequenza relativa di un termine in un determinato libro biblico, anche prescindendo dal significato statistico che essa possiede, è necessario un quadro comparativo del contenuto globale dei singoli libri biblici. Come strumento provvisorio può servire il quadro seguente (cfr. anche voi. II, Appendice statistica), relativo all’ampiezza dei libri dell1AT in per­ centuale (per mille; approssimata): Gen Es Lev Num Deut Pentateuco i

68 55 39 54 47 263

Gios Giud ISam 2Sam IRe 2Re Gios-2Re

33 32 43 36 43 40 227

Gen-2Re

490

Is Ger Ez 0$ Gioe Am Abd Giona Mi Nah Ab Sof Agg Zac Mal Profeti

55 71 61 8 3 7 1 2 5 2 2 3 2 10 3 235

1

Sai Giob Prov Rut Cant Eccle Lam Est Dan Esd Neem lCron 2Cron Ketubim AT

64 27 23 4 4 10 5 10 20 12 17 35 44 275 1000

(di cui aram. 16: Dan 12 su 20, Esd 4 su 12).

3. Significato e storia del significato. Nella terza parte segue l'esposizione dell’uso generale del termine opp. del gruppo nell’AT. Ci si limita ai libri del canone ebr.; talvolta, ma non rego­ larmente, si includono anche le parti ebr. del libro di Ben Sira (Ecclesiastico). Non sono stati presi in considerazione l’ebr. postbiblico e la letteratura intertestamentaria, conservata solo nel­ la traduzione gr.; sui punti più importanti è dato eventualmente qualche breve accenno nella parte conclusiva della voce. Nel l’esposizione si è lasciata grande libertà agli autori. La divisione può essere effettuata su basi semasiologiche (significato principale, ampliamenti, sensi traslati ecc.), grammatico-sintatti­ che (sing./plur., diverse costruzioni dei verbi ecc.) o anche storiche; in genere si sono inclusi qui anche quei dati che per lo più i dizionari tralasciano per ragioni di spazio, e cioè l’inserzione del termine in elenchi, i campi semantici, gli opposti, la delimitazione rispetto a termini sino­ nimi, le ragioni su cui si fonda un mutamento semantico, i significati assenti nell’AT ecc. In ­ vece si sono evitate, per quanto possìbile, le digressioni storico-culturali od esegetiche che su­ perano i limiti della ricerca lessicale; su questo punto ci si limita ad eventuali accenni biblio­ grafici (m anuali, commentari, studi monografici). Poiché una sezione bibliografica non ci è sembrata del tutto utile, le citazioni sono state fatte di solito nel luogo appropriato, in alcuni casi anche nella forma di una breve sintesi della storia della ricerca. Quando si tratta di tesi controverse si è fatto un rapido cenno alla posizione con­ traria; le voci dovrebbero dare un ritratto del tutto oggettivo della situazione in cui si trova oggi la discussione. • 4. Uso teologico. La terza parte, più generale, costituisce la premessa su cui ci si può basare per esporre l’uso teologico, più specifico. Solo in pochissimi casi è possibile distinguere chia­ ramente* nel significato del termine, tra « profano » e « teologico »; tuttavia vi è (non con la XII

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stessa chiarezza in ogni vocabolo) una certa gradualità nell’uso dei termini, la quale viene in­ dicata dalla maggiore o minore importanza teologica del contesto, e che molto spesso può es­ sere messa in evidenza dalla storia delle forme e dalla storia della tradizione. Non si deve però pensare che si possano stabilire ovunque confini precisi: generalmente nella terza parte ven­ gono presentate delle prospettive generali (lasciando da parte gli usi teologici particolari) e nella quarta parte invece vengono trattati i problemi specifici di natura teologica. È anche possibile unire tra loro i paragrafi 3 e 4 (p.e. —trn')\ in alcune voci inoltre due diversi vocaboli o due di­ versi gruppi sono stati trattati in questi due paragrafi (—’ò/z, -'/ir). Anche alf interno della quarta parte l’ordinamento non segue norme precise. Secondo il parere degli autori, si sono preferite di volta in volta prospettive semasiologiche, storiche e teologiche. Per quanto riguarda il materiale comparativo extrabiblico, si sono citati quasi solo i testi accadici o del semitico nordoccidentale più antichi de.U’AT o ad esso contemporanei, e talvolta anche quelli egiziani. Si è rinunciato ad un panorama completo sull’uso di termini equivalenti in tutto quanto l’ambiente che va dalla Mesopotamia all’Egitto, come pure si sono evitate digressioni riguardanti la storia delle religioni, per non oltrepassare l’ambito del dizionario, ma anche te­ nendo presenti le possibilità di cui effettivamente si dispone. 5. Sviluppi posteriori. La parte conclusiva espone brevemente se e come l’evoluzione delf uso teologico prosegue fino al giudaismo tardivo e al Nuovo Testamento opp. al Cristianesimo pri­ mitivo. In genere sono sufficienti semplici accenni bibliografici. I dati relativi ai principali equi­ valenti gr. dei termini ebr, nei Settanta e nel Nuovo Testamento possono essere forniti indi­ cando per lo più i corrispondenti articoli del ThW (= GLNT). Del resto anche qui, come in altri settori marginali, non si possono dare informazioni esaustive. Non si vuole comporre una “ summa ” biblico-teologica che racchiuda tutto, ma solo accennare in maniera concisa al col­ legamento con le scienze vicine, di cui il teologo deve tener conto.

D. La trascrizione dell’ebraico Tranne che nei titoli delle voci e in pochissimi passi, in cui bisognava far risaltare le sottigliezze niasoretiche, per motivi tipografici si è rinunciato nel presente dizionario ai caratteri ebraici; ciò dispiacerà forse a molti ebraisti i quali, adattandosi con difficoltà alla trascrizione, non tro­ veranno qui purtroppo la scrittura cui sono abituati. Nelle pubblicazioni scientifiche odierne la trascrizione viene utilizzata sempre di più; essa, se è usata correttamente, è in grado di sod­ disfare a tutte le esigenze del caso ed è comunque preferibile al compromesso tipografico di usare solo caratteri ebraici non vocalizzati.

Consonanti: (alef) (bet) (ghimel) (dalet) (he) (waw) (zajin) (het)

f

b g d h tv z H

(tei) (jod) (kaf) (lamed) (mem) (nun) (samek) Cajin)

(

j k / m n s '

(pe) (sade) (qof) (tes) (sin) (sin) (taw) IN T R O D U Z IO N E

P» / s Q T s s t ■

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Vocali: (qàmes) (pàtah) / ^ (sere) (segól) (hireq) (bólem) (qibbus) \

corta lunga à a è ce CF /" i ò u ù

(qàmes hatuf) (hólem magnum) (sureq) (sewà mobile) (hàtef pàtah) (hàtef qàmes) (hàtef segól)

o (in sillaba chiusa atona) Ó ù e a 0

&

Il sistema di trascrizione qui adottato è un espediente pratico per rendere l’ebraico masoretico secondo la pronuncia tradizionale che si insegna nelle nostre università. Non intende riprodur­ re con una traslitterazione precisa tutte le particolarità dell’ortografia della scuola di Tiberiade; non si prefigge neppure uno scopo puramente fonematico né vuol raggiungere forme meglio giustificate daJla storia della lingua al di là della grammatica tradizionale. Le spiegazioni che seguono sono rivolte anzitutto ai non specialisti; le scelte pratiche resesi necessarie per la pub­ blicazione del dizionario, le quali dovevano anche tener conto delle esigenze tipografiche, non sono per nulla normative. Per quanto riguarda la pronuncia delle consonanti (cfr. per i dettagli le grammatiche, p.e. Meyer l,41ss.) va osservato che ’ e f equivalgono per convenzione ad un attacco duro di voce (come nel tedesco « ge’ehrt »), z si pronuncia come una s sonora (cfr. z in francese), h è una h for­ temente aspirata come la c toscana (p.e. « casa ») oppure il eh tedesco (p.e. « ach »), $ si pro­ nuncia come una s enfatica (per altri equivale al suono ts), s si pronuncia s e s se (p.e. « scen­ dere »). Per le cd. begadkefat {h, g, d, k, p e /), che dopo vocale erano pronunciate non come occlusive, ma come fricative, nella trascrizione si è conservata la distinzione solo perp (p alFini­ zio di parola e dopo consonante,/dopo vocale). La consonante b può essere pronunciata v e k può venir aspirata, secondo una pronuncia abbastanza diffusa, senza che ciò sia indicato nella scrittura. 1segni consonantici h, w c j(matres lectionis)sono usati per indicare vocali lunghe solo quando si trascrivono testi non vocalizzati (iscrizioni extrabibliche, testi qumranici, ketib ecc.)e quando si vuol indicare la disposizione alfabetica; inoltre h (finale) è usata per i verbi tertiae infirmae (ILI w /j) nella terza pers. sing. masc. del perf., ossia nella forma con cui essi vengono designati; tale forma, tranne che nei verbi con vocale media lunga (inf. cs. bó\bfn, gùr ecc.), viene data altrimenti solo come radice consonantica non vocalizzata (p.e. ’&/, ’bh, ’&/, da pronunciarsi ’àbad, ’àbà , ’ùbal con l'accento sulla seconda sillaba, in alcuni casi anche con è invece di a nella seconda sillaba: {ips = hàjes e tra i termini trattati nel primo volume thrjr\ kbd , Ibs). Nel primo volume una possibile confusione con h consonantico in quanto terza radicale si ha solo p&rgbh (= gàbah)\ nel testo si indica però quale deve essere la pronuncia esatta (col. 342). Nella vo­ calizzazione non si tiene conto di h come designazione di vocale, e questo specialmente per la finale del femminile -à (p.e. malkù « regina », non malkàh « il suo [= di lei] re »). Per lo alef quiescente adottiamo invece un sistema un po’ diverso: quando esso designa una vocale non viene trascritto p.e. in lo « non », hù « egli », ròs « capo », aram. malkù « il re »; quando però ' quiescente e ' non quiescente compaiono assieme in un paradigma grammaticale o in gruppo di termini strettamente legati tra loro, viene scritto anche lo ' che non è più pronunciato, perché sia più facile identificare la radice (p.e. dalla radice jr* le derivazioni nòia'1« terribile » t jir'ù « timore »). Per quanto riguarda le vocali, sere e hòlem ebraici vengono considerati sempre vocali lunghe (è e ò\ in conformità con la grammatica tradizionale. XIV

IN T R O D U Z IO N E

L’accento risiede generalmente sulla sillaba finale e non viene perciò indicalo. Le forme les­ sicali con accento sulla penultima sillaba, tra cui specialmente i segolati (forme nominali con mentre non lo hanno le forme che nella flesce nella sillaba finale), hanno un accento acuto, * * + sione vengono ad avere finali atone (p.e. lamina « perché », 'àwcen « iniquità », hèrcem « sco­ munica », 7òzcen « orecchio »; invece dàbàr « parola » ,,11964,875; G.Fohrer (-E.Sellin), Einleitung in das AT, i#1965, 544-547; L.Moraldi, I manoscritti di Qumran, 1971,739; i testi extrabiblici più importanti sono (cfr. Die Texte aus Qumran. Hebràisch und deutsch, hrsg. von E.Lohse, 1964): CD 1QH 1QM lQpAb 1QS lQsb 4QF1

Documento di Damasco Hodajoth, Inni. Regola della guerra. Commento ad Abacuc. Regola della comunità. Raccolta di benedizioni. Florilegio.

Testi ugaritici I testi vengono citati provvisoriamente ancora secondo il sistema di C.H.Gordon, Ugaritic Textbook, 1965, indicando tra parentesi le abbreviazioni proposte da Eissfeldt (cfr. J.Àistleitner, Wòrterbuch der ugaritischen Sprache, ’1967, 348-356: concordanza e luogo della prima pubblicazione dei testi). Per la trasposizione nelle sigle, oggi diffuse, dell’edizione di A.Herdner, Corpus des tablettes en cunéiformes alphabétiques, 1963 (= CTA), si possono utilizzare le tavole di Herdner, Le., XIX-XXXIV, oppure p.e. di H.Gese (et alii), Die Religionen Altsyriens..., 1970, 231s. Le abbreviazioni significano: AB Aqht D K, Krt MF NK SS

Ciclo di Anat e di Baal. Testo di Aqhat. Testo di Aqhat. Testo di Keret. Frammenti mitologici. Poema di Nikkal. Testo di Sahr e Salim. A B B R E V IA Z IO N I

X IX

Segni * (davanti ad una forma) * (prima o dopo un paragrafo) > < X

vedi (rimando ad un’altra voce), forma ottenuta per deduzione e non attestata, da attribuirsi all’editore (vd.sp, p. XVII). trasformato in. derivato da. volte (p.e/. ... compare 18x = 18 volte).

Abbreviazioni bibliografiche e comuni AANLR AbB ABR a,C acc. accus. AcOr ad l. af. AfO agg* A^ AHw AION AIPHOS AJSL al. ALBO Alt, KS I-ni ALUOS a m.a. amor. ANEP ANET AO AOB AOT arab. aram. aram. bibl. ARM ArOr art. ARW ass, Ass.Mos. assol. ASTI AT; A.T. XX

A B B R E V IA Z IO N I

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ATD AThR atl. att. avv.

Das Alte Testament Deutsch. Hrsg. von (V.Herntrich und) A.Weiser. Anglicaa Theological Review. alttestamentlich (= vtrt.). attivo. avverbio; avverbiale.

BA bab. Barr, CPT Barth BASOR BBB Bd. Begrich, GesStud Ben Jehuda

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BeO Bergstr. I-If Bergstr. Einf. Bertholet BEThL BFChrTh BH1 BMH I-UI BHS Bibl bibliogr. BiOr BJRL BK BL BLA Blass-Debrunner BLex1 BM BMAP Bohl Bousset-Gressmann Biesciani-Kamil BRL Bronno BrSynt BSOAS Buccellati Burchardt H I BWA(N)T BWL BZ

ARRRFVIAZlONl

XXI

RZAW BZNW

Beiheft zur Zeitschrift fur die alttestamentliche Wissenschaft. Beiheft zur Zeitschrift fur die neutestamentiiche Wissenschaft.

c c. CAD

cum. capitulum; capitolo. The Assyrian Dictionary of thè Orientai Institute of thè University of Chicago. 1956ss. F.Calice, Grundlagen der àgyptìsch-^semitischen WortvergLeichung. 1936. cananaico. Catholic Biblical Quarterly, cosiddetto. confronta. Corpus Inscriptionum Semiticarum. 1881ss. conjectura. classico. codex; codice. columna; colonna. commentario; commentari. completa; completato. K.Conti Rossini, Chrestomathia Arabica Meridionalis Epigraphica. 1931. G.A.Cooke, A Text-Book of North-Semitic Inscriptions. 1903. copto. ’ A.Cowley, Aramaic Papyri of thè Fifth Century B.C. 1923. Comptes Rendus de l'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. Cronista; cronistico. costrutto Communio Viatorum.

Calice can. CBQ cd cfr. CIS cj class. cod. col. comm. compì. Conti Rossini Cooke copt. Cowley CRAIBL Cron.; cron. cs. CV D DAFA Dahood, Proverbs Dahood, UHPh Dal man Dalman, AuS I-VII dat. dattii. d.C. dei Delitzsch Deut Dhorme Diilmann din. Dirìnger DISO DJD Driver, AD Driver, CML Driver-Miles I—II Drower-Macuch dL Dtis XXU

A B B R E V IA Z IO N I

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dtn. Dtr.; dir. Duden, Etymologie

deuteronomico. Deuteronomista; deuteronomistico. K.Duden, Etymologie Herkunftswòrterbuch der deutschen Sprache. Beaibeitet von der Dudenredaktion unter Leitung von P.Grebe. Der Grosse Duden Bd. 7, 1963.

E EA

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ebr. ecc. ed. edit. eg. egitt. Eichrodt 1—IH Eissfeldt, KS EKL Ellenbogen ELKZ Erman-Grapow esci. e sim. et. ET etc. EThL etpe. ev. EvTh fase. fem. fen. FF FGH Fitzmyer, Gen.Ap Fitzmyer, Sef. f. l’a. f. gli a. Fohrer, Jes. I-III Fraenkel framm. frane. Friedrich FS FS AIbright 1961 FS Alleman 1960

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XX1J1

FS Alt 1953 FS Baetke 1964. FS Bardtke 1968. FS Basset 1928 FS Baudissin 1918 FS Baumgàrtel 1959 FS Bauragartner 1967 FS FS FS FS FS

Beer 1933 Bertholet 1950 Browne 1922 Christian 1956 Davies 1970

FS FS FS FS FS FS FS

Delekat 1957 Driver 1963 Dussaud 1939 Eichrodt 1970 Eilers 1967 Eissfeldt 1947 Eissfeldt 1958

FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS

Friedrich 1959 Galling 1970 Gaster 1936 Grapow 1955 Haupt 1926 Heim 1954 Hermann 1957 Hermann 1960 Hertzberg 1965 Herwegen 1938

FS Irwin 1956 FS FS FS FS FS FS FS

Jacob 1932 Junker 1961 Kahle 1968 Kittei 1913 Kohut 1897 Kopp 1954 Koschaker 1939

FS FS FS FS

Landsberger 1965 Lévy 1955 Meiser 1951 Mowinckel 1955

FS Neuman 1962 FS Nòtscher 1950 FS Pedersen 1953 FS Procksch 1934 XXIV

Geschichte und Altes Testament. 1953. Festschrift W.Baetke. Dargebracht zu seinem 80, Geburtstag am 28. Marz 1964. Hrsg. von K.Rudolph, R.Heller und E.Walter. 1966. Bibel und Qumran. 1968. Mémorial H.Basset. 1928. Abhandlungen zur semitischen Religionskunde und Sprachwissenschaft. 1918. Festschrift F;Baumgartel zum 70. Geburtstag. 1959. Hebràische Wortforschung. Festschrift zum 80. Geburtstag von W.Baumgartner. SVT 16, 1967. Festschrift filr G.Beer zum 70. Geburtstag. 1933. Festschrift fur A.Bertholet. 1950. Orientai Studies. 1922. , Vorderasiatische Studien. Festschrift fìir V.Christian. 1956. Proclamation and Presence. Old Testament Essays in Honour of G.H.Davies. 1970. Libertas Christiana. F.Delekat zum 65. Geburtstag. 1957. Hebrew and Semitic Studies presented to G.R. Driver. 1963. Mélanges syriens offerts à R.Dussaud. 1939. Wort-Gebot-Glaube. W.Eichrodt zum 80. Geburtstag. 1970. Festschrift fur W.Eilers. 1967. Festschrift O,Eissfeldt zum 60. Geburtstag. 1947. Von Ugarit nach Qumran. Beitràge... O.Eissfeldt zum 1. September 1957 dargebracht. 1958. Festschrift fur J.Friedrich. 1959. Archeologie und Altes Testament. Festschrift fur K.Galling. 1970. M.Gaster Anniversary Volume. 1936. Àgyptologische Studien H.Grapow. 1955. Orientai Studies, published in Commemoration... of P.Haupt. 1926. Theologie als Glaubenswagnis. 1954. Solange es Heute heisst. Festgabe fìir Rudolf Hermann. 1957. Hommage à L.Herrmann. Collection Latomus 44, 1960. Gottes Wort und Gottes Land. 1965. Heilige Ùberlieferung. I.Herwegen zum silbernen Abtsjubilàum darge­ bracht. 1938. A Stubbom Faith. Papers... Presented to Honor W.A.Irwin. Ed. by E.C.Hobbs, 1956. Festschrift G.Jacob. 1932. Lex tua veritas. Festschrift fìir H Junker. 1961. In memoriam P.Kahle. BZAW 103, 1968. Alttestamentliche Studien, RKittel dargebracht. BWAT 13, 1913. Semitic Studies in Memory of A. Kohut. 1897. Charisteria l.Kopp octogenario oblata. 1954. Symbolae P.Koschaker dedicatae. Studia et documenta ad iura Orientis Antiqui pertinentia 2, 1939. Studies in Honor of B.Landsberger on his seventy-fifth Birthday. 1965. Mélanges I.Lévy. 1955. Viva vox Evangelii, Festschrift Bischof Meiser. 1951. Interpretationes ad Vetus Testamentum pertinentes S.Mowinckel septuagenario missae. 1955. Studies and Essays in Honor of A.A.Neuman. 1962. Alttestamentliche Studien. F.Nòtscher zum 60. Geburtstag gewidmet, 1950. Studia Orientalia J.Pedersen dicala. 1953. Festschrift O.Procksch. 1934.

A B B R E V IA Z IO N I

FS FS FS FS FS

von Rad 1961 Rinaldi 1967 Robert 1957 Robinson 1950 Rost 1967

FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS FS

Rudolph 1961 Sachau 1915 Schmaus 1967 Schmid t 1961 Sellin 1927 Sohngen 1962 Thomas 1968 Thomsen 1912 Vischer 1960 Vogel 1962 Vriezen 1966 Wedemeyer 1956 Weiser 1963 Wellhausen 1914

G GA ecc. . GAG GB gen. GenAp Gesenius, Thesaurus GesStud giaud. Gilg. giud. GK GLNT gr. Grapow Gray, I .egacy Grondahl Gt; Gtn GThT Gulkowitsch Gunkel, Gen Gunkel-Begrich GVG

H ha.

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XXV

HAL

HThR HUCA HufTmon

W.Baumgartner, Hebràisches und aramàisches Lexikon zum Alten Testa­ ment. Lieferung 1, 1967; Lieferung 2, 1974 (= KBL 3. Auflage). Z.S.Harris, A Grammar of thè Phoenician Language. 1936. Handbuch zum Alten Testament. Hrsg. von O.Eissfeldt. H.W.Haussig (ed.), Wòrterbuch der Mytbologie. Abteilung 1, 1961. Handbuch der Orientalistik. Hrsg. von B. Spuler. A.Herdner, Corpus des tablettes en cunéiformes alphabétiques découvertes à Ras Shamra-Ugarit de 1929 à 1939. Mission de Ras Shamra X. 1963. Papiri di Hermopoli, secondo l’edizione di E.Bresciani-M.Kamil, Atti della Accademia Nazionale dei Lincei. Memorie, Ser. V ili, voi. 12, 1966. hifil. hitpa'el. hitpe'el. hitpolel. hoPal. Herausgeber (= editore); herausgegeben (= edito). Die Heilige Schrift des Alten Testaments, hrsg. von E.Kautzsch-A.Bertholet. T922/23. Harvard Theological Review. Hebrew Union College Annual. H.B.Huffmon, Amorite Personal Names in thè Mari Texts. 1965.

ibid. id. IDB I-IV ide. 1EJ imp. impf. impf, cons. incl. ind. ingl. inf. ins. isr. itp. itpa. itt.

ibidem, idem. The Interpreterà Dictionary of thè Bible, 1962. indoeuropeo. Israel Exploration Journal. imperativo. imperfetto. imperfetto consecutivo. incluso. indice. inglese. infinito. insere. israelitico. itpe‘el. itpalat. ittita.

J JA Jacob Jahnow

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Harris HAT Haussig I HdO Herdner, CT(C)A

Hermop.

hi. hitp. hitpe. hitpo. ho. Hrsg.; hrsg. HSAT

JAOS Jastrow JBL JCS JE Jenni, HP XXVI

A B B R E V IA Z IO N I

JEOL jif. JJSt JNES Joiìon JQR JSS JThSt

K KA1 Kar RAT KBL Kil Kluge Kòhler, Theol. Kònig Kònig, Syntax

KS KuD Kuhn, Konk.

L L I Lambert, BWL Lande Lane 1—VITI lat. I.c. I^eander van der Leeuw Leslau , Levy Levy I-IV de Liagre Bohl Lidzbarski, NE Lidzbarski, KI Lis. Littmann-Hòfner LS LXX

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X X V II

mand, Mand. MAOG masc. MDA1 Meyer Midr. mill. MIO moab. Montgomery, Dan. Montgomery, Kings Moscati, EEA Moscati, Introduction Muséon MUSJ n. nab. NAWG NE NedGerefTTs NedThT NF; N.F. ni. , nitp. NKZ Noldeke, BS Nòldeke, MG Noldeke, NB Noth, IP

mandeo; mandaico. S.Mandelkern. Veteris Testamenti concordantiae hebraicae atque chaldaicae. T926. Mitteilungen der Altorientalischen Geseilschaft. maschile. Mitteilungen des Deutschen Archàologischen Instituts. R Meyer, Hebràische Grammatìk. Bd. 1, T966; Bd. 2, J1969. Midras. millennio. Mitteilungen des Instituts fur Orientforschung. moabitico. J.A.Montgomery, A Criticai and Exegetical Commentary on thè Book of Daniel. International Criticai Commentary. "1950. J. A.Montgomery, A Criticai and Exegetical Commentary on thè Books of Kings. Ed. by H.S.Gehman. International Criticai Commentary. 1951. S.Moscati, L’epigrafia ebraica antica. Biblica et Orientalia 15, 1951. S.Moscati (ed.), An Introduction to thè Comparative Grammar of thè Se­ mitic Languages. 1964. Le Muséon. Revue d’Études Orientales. Mélanges de lTJniversité St. Joseph.

n. pers. n. pr. nr. NS; N.S. NT ntl. nts. NTS NTT Nyberg

nota, nabateo. Nachrichten (von) der Akademie der Wissenschaften in Gottingen. vd. Lidzbarski, NE. Nederduitse Gereformeerde Teologiese Tydskrif. Nederlands Theologisch Tijdschrift. Neue Folge. nif al. nitpa'el Neue Kirkliche Zeitschrift. Th, Noldeke, Beitrage zur semitischen Sprachwissenschaft. 1904. Th.Noldeke, Mandaische Grammatik. 1875. Th.Nòldeke, Neue Beitrage zur semitischen Sprachwissenschaft. 1910. M.Noth, Dìe israelitischen Personennamen ini Rahmen der gemeinsemitischen Namengebung. 1928. M.Noth, Uberlieferungsgeschichte des Pentateuch. 1948. M.Noth, Geschichte Israels. ‘1966 (trad. italiana: Storia d’Israele, 1975). M. Noth)Gesammelte Studien zum Alten Testament. Bd. 1,31966; Bd. II, 1969. nome personale; nome di persona, nome proprio, numero. Nova Series. Neues Testament; Nuovo Testamento, neutestamentlich (= nts.). neotestamentario. Nieuwe Theologische Studien. Norsk Teologisk Tidsskrift. H.S. Nyberg, Hebreisk Grammatik. 1952.

ogg. opp. OLZ

oggetto, oppure. Orientai istische Literaturzeitung.

Noth, OPt Noth Gl Noth GesStud 1-11

X X V tlI

A B B R E V IA Z IO N I

OrAnt OrNS o sim. OT; O.T. OTS OuTWP ov.

Oriens Antiquus. Orientalia (Nova Series). o simile/i. Old Testament; Oude Testament. Oudtestamentische Studien. Die Ou Testamentiese Werkgemeenskap in Suid-Afrika Pretoria, ovvero.

p p pa. pai. pai. crist. palm. pap, par. part. particol. parz. pass. Payne Smith p.e. Pedersen, Israel I-IIJfll-lV PEQ perf. pers. persi. pi. PJB plur. Poen, poi. pr. prep. prof. prol. propr. prps prst. PRU pu, pun.

fonte sacerdotale (de! Pentateuco). pagina. pa‘el. palestinese. palestinese cristiano. palmireno. papiro, parallelo/i. participio, particolarmente. parzialmente. passivo. R. Payne Smith, Thesaurus Syriacus, voi. 1-2, 1868-97. per esempio. J. Pedersen, Israel, Its Life and Culture, voi. 1-2, 1926; voi. 3-4, 1934. Palestine Exploration Quarterly. perfetto. persona. persiano. pPel. Palastinajahrbuch. plurale. Plauto, Poenulus (vd. anche Sznycer). polel. prò, preposizione. profetico. prologo. propriamente. propositus, -a, -um. prestito (parola importala). Le Palais Royal d’Ugarit. Voi. 2-6, 1955-70. pu'al. punico.

Q q. qlcn. qlcs.

qere. qal. qualcuno, qualcosa.

r. RA, RAAO RAC von Rad I-Il

riga. Revue d’Assyriologie et d’Archeologie Orientale. Reollexikon fur Antike und Christentum. 1950ss. G. von Rad, Theologie des Alten Testaments. Bd. 1 ,51966; Bd.2, '1965 (trad. italiana: Teologia deH’Antico Testamento. Voi. 1,1972; voi. 2, 1974). A B B R E V IA Z IO N I

XXIX

von Rad, Gottesvolk von Rad, GesStud RB REJ re!, RES rev, RGG I-VI RHPhR RHR risp. RivBibl Rost, KC RQ RS RScPhTh RSO s. s. SAB SAHG sam. se,; scil. Schott sec. Sef. 1-01 Sellin-Fohrer Sem ' sem. semNO. semO. sgg. sign. sim. sing. sir. sogg. sopratt. sost. sp. spec. ss. st. st(at). Stamm, AN Stamm, HEN SThU StOr XXX

A B B R E V IA Z IO N I

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StrB I-VI StTK sum. Suppl s.v. SVT Sznycer

Tallqvist talv. Targ. Jon. ted. teol. TGI’; TGP TGUOS ThBI ThBNT ThLZ ThQ ThR ThSt ThStKr Th Studies ThT ThW ThZ tigr. TM Tri p, txt? txt em UF ug. Ugaritica V UJE UT v. VAB vang. ' de Vaux I-II VD vd. vers. voi. Vriezen, Theol.

(H.L.Strack-) P.Billebeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Tal­ mud und Midrasch. Bd. 1-6, 1923-61. Studia Theologica. sumero; sumerico. Supplementi Supplemento, sub voce. Supplements to Vetus Testamentum. M. Sznycer, Les passages puniques en transcription latine dans le « Poenutus » de Plaute. 1967, K.Tallqvist, Akkadische Gòtterepitheta. 1938. talvolta. Targum Jonathan. tedesco. teologia; teologico. K.Galling (ed.), Textbuch zur Geschichte Israels. Ì950; 21968. Transactions of thè Glasgow University Orientai Society. Theologische Blàtter. Theologisches Begriffslexikon zum Neuen Testament. Hrsg. von L.Coenen, E.Beyreuther, H.Bietenhard. 1967ss. Theologische Literaturzeitung. Theologische Quartalschrift. Theologische Rundschau. Teologische Studien. Theologische Studien und Kritiken. Theological Studies. Theologisch Tijdschrift. G.Kjttel-G.Friedrich (ed.), Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament. Bd. lss., 1932ss. (trad. italiana: vd. GLNT). Theologische Zeitschrift. vd. Littmann-HÒfner. testo masoretico (vd. anche BH3). Tripolitania. (Testi dalla Tripolitania; numerazione secondo G.Levi della Vida, cfr. DISO XXVHI). testo incerto opp. corrotto. textus emendatus; textus emendandus. Ugarit-Forschungen. ugaritico. J.Nougayrol-E.Laroche-C-Virolleaud-C.F.A.Schaeffer, Ugaritica 1968. •• The Universal Jewish Encyclopedia, ed. da L.Landman. 1948. C.H.Gordon, Ugaritic Textbook. 1965.

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XXXI

Vetus Testamentum. veterotestamentario.

VT

vtrt. Wagner WdO Wehr WKAS Wolff, GesStud WuD WUS WZ WZKM XII

M.Wagner, Die lexikalischen und grammatikalischen Aramaismen im alttestamentlichen Hebràisch. 1966. Welt des Orients. II.Wehr, Arabisches Wòrterbuch fur die Schriftsprache der Gegenwart. "1959-68. M.Ullmann (ed.), Wòrterbuch der klassischen arabischen Sprache. 1957ss. H.W.Wolff, Gesammelte Studien zum Alten Testament. 1964. Wort und Dienst (Jahrbuch der Theologischen Schule Bethel) .T.Aistleitner, Wòrterbuch der ugaritischen Sprache. Hrsg. von O.Eiss­ feldt. 31967. Wissenschaftliche Zeitschrift. Wiener Zeitschrift Fùr die Kunde des Morgenlandes. Dodici profeti minori (Os-Mal). i

,

Yadin

Y. Yadin, The Scroll of thè War. 1962.

ZA ZÀS ZAW ZDMG ZDPV ZEE Zimmerli, GO

Zeitschrift fiir Assyriologie. Zeitschrift fur Àgyptische Sprache und Altertumskunde. Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft. Zeitschrift der Deutschen Morgenlàndischen Gesellschaft. Zeitschrift des Deutschen Palastina-Vereins. Zeitschrift fur evangelische Ethik. W.Zimmerli, Gottes OfTenbarung. Gesammelte Aufsatze zum Alten Te­ stament. 1963. H.Zimmern, Akkadische Fremdwòrter. 21917. Zeitsclirift fur Kirchengeschichte. Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft. F. Zorell, Lexicon Hebraicum et Aramaicum Veteris Testamenti. 1968. Zeitschrift fur Religions- und Geistesgeschichte. Zeitschrift fùr Semitistik. Zeitschrift fiir Theologie und Kirche.

Zimmern ZKG ZNW Zorell ZRGG ZS ZThK

XXX11

A B B R E V IA Z IO N I

t

3K 'ab PADRE 1/ Il termine *'ab- « padre » con due radicali (GVG 1,331; BL 450.524) appartiene al semitico comune, al pari degli altri vocaboli di parentela (—'èm «m adre», —béri «figlio», —àh «fra­ tello »). Come 'èm « madre » e i propri corrispon­ denti in molte lingue è un’espressione del linguag­ gio infantile (L.Kohler, ZAW 55, 1937, 169-172; id., JSS 1, 1956, 12s.); è quindi errato pensare ad una derivazione da una radice verbale (p.e. —bh « volere »).

Ebr. Zac Mal Sai Giob Prov Rut Lam Est Dan Esd Neem lCron 2Cron

sing.

plur.

totale

2 3 5 6 23 3 l 3

5 4 14 3 3

7 7 19 9 26 3 2 3

— «

1 " 60 58



i —

a

E

14 19 46 65

14 20 106 123

1 2

5 2

491 3

1211 7

Nell’ebr. dell’AT non si hanno derivati dal termine pri­ mitivo (astratti, aggettivi, diminutivi, forme particolari di apostrofe); cfr. invece Taccadico abbùtu « paternità » (AHw 6a; CAD A/I,50s.), in genere in senso traslato (« comportamento paterno »; abbuia epésu/sabàtu/ahàzu = « intercedere »), anche in testi di diritto familiare» p.e. a Nuzi per il conferimento della potestà familiare alla moglie dopo la morte dell’adottante (P.Koschker, OLZ 35, 1932, 400). L’astratto è attestato anche in fen.: Iscrizione di Karatepe I, r. 12s. (= KAJ nr. 26) «ogni re mi ha persino scelto in paternità (tfbt pUn) per la mia giustizia e per la mia saggezza e per la bontà del mio cuore » (Friedrich 91.130; KAI 11,40; DISO 3); in altro modo, ma non si­ curo, M.Dahood, Bibl 44, 1963, 70.291; HAL 2a: 'àbót plur. maiestatico, da intendersi in senso singolare anche in Is 14,21 e Sai 109,14. ’hd 'bwf sembra derivare dalfacc abbùta ahàzu « inter­ cedere» (CAD A/I,178) nel sir. (C.Brockelmann, ZA 17, 1903, 251s.; LS la) e come «calco» delParam. neil’ebr. di Qumran: 1QS 2,9 'óhdzè ’àbùt « interces­ sore» (P.Wernberg-Nteller, VT 3, 1953, 196s.; id., The Manual of Discipline, 1957, 53s.; E.Y.Kutscher, Tarbiz 33, 1963/64, 125s.).

Aram. Dan Esd AT ebr. aram.

11/ La voce 'ab, con più di 1200 attestazioni, sta all’IT posto nell’elenco dei sostantivi più fre­ quenti, dopo dàbàr e prima di *rr.

« Padre » designante il genitore maschile sta in re­ lazione complementare con « madre », e ciò deter­ mina una seconda e meno marcata opposizione all’interno del campo sematico. I due termini ven­ gono spesso collegati in serie nominali: la succes­ sione padre-madre si deve al ruolo preminente del padre nella famiglia, organizzata secondo il diritto paterno (G.Quell, ThW V,961ss. = GLNT IX,1154ss.)._

Nella statistica che segue sono omessi 'Ubi usato come interiezione (ISam 24,12; 2Re 5,13; Giob 34,36) e l’ag­ giunta dell’edizione Bombergiana in 2Cron 10,14; si tiene conto di ’àbi(w) unito al nome personale Hùram (2Cron 2,12; 4,16); in Lis. manca Gen 46,34. Ebr Gen Es Lev Nurn Deut Gios Giud ISam 2Sam IRe 2Re Is Ger Ez Os Giona Am Mi

1

3K 'db PADRE

sìng.

plur.

totale

198 10 22 28 20 17 44 48 27 64 31 16 15 13

10 14 3 57 51 18 10 5 1 31 38 5 48 14 1 1 1 1

208 24 25 85 71 35 54 53 28 95 69 21 63 27 1 1 2 2

— —

1 1

4 —

720 4

IH / 1/ Nel significato fondamentale « padre (fisico dei propri figli)» è già inclusa la correla­ zione con figlio/figlia o con i rispettivi plurali; quindi anche nell’AT, tranne che in alcuni casi dove si ha uso traslato (titolo onorifico, « autore » o sim ), il termine non viene mai adoperato senza questa contrapposizione implicita o esplicita. Non si verifica nelFAT una riduzione a puro termine di relazione come in parte nella kunyah araba (p.e, « padre del deserto » = struzzo); su 'Jbl-ad di Is 9,5 vd. st. 3. In quanto termine che esprime una relazione all’interno della famiglia, il sing. nella quasi totalità dei casi (14/15) è seguito da un genitivo o da un suffisso possessivo; per­ ciò solo tre volte ha l’articolo (con valore generico).

« Padre » e « madre » sono in parallelo tra loro in Sai 109,14; Giob 17,14; 31,18; Prov 1,8; 4,3; 6,20; 19,26; 23,22; 30,11.17; Mi 7,6; cfr. inoltre senza rigida costri­ zione formale Ger 16,3; 20,14s.; Ez 16,3.45 con inver­ sione degli elementi, determinata in parte dal contenuto. Su 52 serie nominali (elenco in B.Hartmann, Die nomìnalen Aufreihungen in AT, 1953, 7, inoltre Lev 20,9b; Giud 14,6; IRe 22,53; 2Re 3,13; del Ger 6,21) tre presen­ tano la successione madre-padre (Lev 19,3; 20,19; 21,2; sui motivi di tale inversione cfr. Elliger, HAT 4, 256 n. 5). In alcuni di questi passi si potrebbe in realtà sostituire « padre e madre » con « genitori » (Ger 2,24; 28,7; Deut 21,13; Giud 14,2ss.; ISam 22,3; 2Sam 19,38; Zac 13,3.3 con jó lcdàw «che lo hanno generato»; Rut 2,11; Est 2,7.7; cfr. LXX e ta Bibbia di Zurigo per Est 2,7). Il plu­ rale 1àbòt è usato per « genitori » solo in epoca postvtrt.; cfr. l’acc. abbù (AHw 7b, raro), il sir. *abàhè e il duale arab. ’abawòni.

2

Nel suo significato primario 'ab non viene mai so­ stituito da alcun sinonimo. In ug. oltre al più frequente ab si usa anche od, adn e htk per indicare il padre. Inoltre ad (in 52 [= SS], 32.43 ad ad par. risp. um um e mi mt) sembra essere un vezzeggiativo (cfr. Driver, CML 123a. 135a: « dad [dy] » [« papà »]; UT nr. 71; WUS nr. 73; anche Huffmon 130.156), che nell’ambito familiare sostituisce il vocabolo normale. Al contrario adn « signore, padrone » sostituisce il termine che designa il padre in discorsi di riguardo (77[= NIC],33; 125 [= IIK],44.57.60; A.van Selms, Marriage and Family Life in Ugaritic Literature, 1954, 62.113); di qui tuttavia non consegue che si possa equiparare diret­ tamente —’àdòn con « padre » (contro M.Dahood, CBQ 23, 1961, 463s. per Ger 22,18; 34,5; Prov 27,18; cfr. p.e. Gen 31,35 «allora essa disse a suo padre: mio si­ gnore... »). In htk (participio o nome d’agente) il signifi­ cato primario del verbo (UT nr. 911; WUS nr. 985; aiab. hataka « recidere ») non è ancora del tutto chiaro (cfr. È.UllendorfT, JSS 7,1962, 341: « circumciser » [« circoncisore »J Gray, Legacy 71 n. 2). È improbabile che la ra­ dice compaia in Sai 52,7 (A.F.Scharf, VD 38,1960, 213­ 222; Dahood, UHP 58: pi. privativo « unfather » [« ren­ dere orfano di padre »]).

A differenza di ’ém (Es 22,29 la madre del bue e della pecora; Deut 22,6 uccello madre), 'ab non viene mai riferito ad animali. 2/ Il termine viene usato in senso più ampio in tutta l’area semitica: da un lato esso si estende agli antenati (a) e dall’altro include la paternità non fi­ sica che si crea con l’adozione o sim. (b). a) Come nell’ide., non esiste alcun termine speci­ fico per « nonno », il che potrebbe dipendere da una situazione sociologica: nella grande famiglia il pater familias comanda non solo sui figli, ma an­ che sui nipoti e i pronipoti (E.Risch, Museum Helveticum 1, 1944, 115-122). NelTAT per designare il nonno paterno è sufficiente il semplice 'ab (Gen 28,13 Giacobbe-Abramo; 2Sam 9,7 e 16,3 Meri-Baal-Saul), mentre il nonno materno viene detto 'ab7irnmckà/« padre di tua madre » (Gen 28,2 Giacobbe-Betuel). In acc. si trova ahi abi oppure, con il sandhi, ababì (CAD A/1,70; AHw 7b), anche come n. pers. (sostitutivo) (Stamm, AN 302; id., 1TEN 422); cfr. inoltre il n. pers. Afiafioutt; a Dura (F.Rosenthal, Die aramaistische Forschung, 1939, 99 n. 1) e il sir. ’bbwj (J.B.Segal, BSOAS 16, 1954, 23). I LXX usano una volta « nonno » (Eccli prol 7) e una volta 7irp97t« 7rtto1£FIVàb, ulbijjàyJò'àb opp. bìmceìcek (cfr. iTmcelcek), ìabldàn (cfr. Dànijjè!) ecc. il significato teoforo deU’elemento 'àb è tuttavia sicuro.

La valutazione storico-religiosa deve tener conto del fatto che i nomi, per un certo atteggiamento conservatore, vengono usati anche dopo che la si­ tuazione esistente quando il nome si era formato è ormai mutata (cfr. Noth, IP 141 per i nomi di confessione come Jò'àh: in origine voleva porre sullo stesso piano l’antico Dio della tribù e il nuovo Dio dell’alleanza, tuttavia era ancora in uso nel periodo postesilico); inoltre tale valutazione deve tener conto del fatto che possono sorgere nuovi significati (metaforici), che riguardano la grammatica, la sintassi e il contenuto (H.Bauer, OLZ 33, 1930, 593ss.). In particolare, per quanto concerne le etimologie che si rifanno ad una di­ vinità considerata consanguinea al clan, è « cer­ to che nell’epoca storica di Israele il significato di questi nomi venne mutato, per il fatto che la divinità chiamata padre, fratello o zio fu posta sullo stesso piano di Jahwe» (Stamm, HEN 418). Secondo W.Marchel, Abba, Pére, 1963, 13.27ss., la parentela con Dio posta in rilievo dai nomi propri va intesa fin da principio solo in senso metaforico. IV/ 1/ Partendo dalle designazioni di Dio che si incontrano nei racconti relativi ai patriarchi e a Mosè, le quali come secondo membro di una catena costrutta contengono un nome di persona (« il Dio di Àbramo » ecc.), e fondandosi su ana­ logie nabatee, A.Alt (Der Gott der Vater, 1929 = KS 1,1-78) ha sostenuto che nei primi tempi di Israele era in vigore una religione che si può definire come la religione del « Dio dei padri » (con lui concordano W.F. Albright, Von der Steinzeit zum Christentum, 1949, 248s.; von Rad I,21s.; J.Brighi, A Hìstory of Israel, 1960, 86-93; V.Maag, SThU 28, 1958, 2^28; H.Ringgren, Isr. Religion, 1963, 17s.; di parere contrario J.Hoftijzer, Die Verheissungen an die drei Erzvàter, 1956, 85 ss,, cfr. inoltre M.Noth, VT 7, 1957, 430-433). La persona X, per la quale la divinità viene chia­ mata « Dio di X », riceve una rivelazione e fonda un culto; nella famiglia di X la divinità continua ad essere venerata come « Dio del padre » (Osò*; TzoLTpàoQ). Il legame di queste divinità non con un luogo, ma con un gruppo di uomini e con il loro mutevole destino, significa che esse assu­ mono funzioni sociali e storiche, determinando così un distacco dal naturalismo (W.Eichrodt, Religionsgeschichte Israels, 1969, 7-11). Per quanto riguarda il procedimento con il quale nei primi 2KT 'ab PADRE

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tempi di Israele le varie divinità dei padri si sono fuse fra loro e con Jahwe, Alt così si esprime (l.c. 63): « Gli dei dei padri furono i nraiSayGìYoi che condussero verso il Dio più grande, il quale in se­ guito li soppiantò completamente ». Nei passi J ed E di Gen che qui ci interessano (26,24; 28,13; 31,5.29 42.53.53; 32,10.10; 43,23; 46,1.3; 49,25; 50,17, talvolta con suffisso perso­ nale), se si suppone che i patriarchi stiano tra loro in una relazione genealogica, la parola 'ab al sing. si riferisce nel caso di Isacco ad Àbramo (26,24), nel caso di Giacobbe ad Isacco (p.e. 46,1) opp. ad Abramo e Isacco (32,10; formula doppia con un unico 'ab anche in 28,13; 31,42; cfr. 48,15), nel caso dei figli di Giacobbe a Giacobbe (50,17), an­ che se, come nell’ultima citazione, il nome proprio non compare necessariamente. Per i passi di Es al singolare (in 3,6 poiché si ha « il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» il testo sam. pone il plur.; 15,2 parallelo a « mio Dio »; 18,4) ci si può chiedere se l’espressione « il Dio di mio/tuo pa­ dre » indichi proprio il Dio dei patriarchi oppure (il che in pratica è la stessa cosa) più genericamente il Dio venerato già prima nella famiglia di Mosè (su 3,6 cfr. Alt, Le. 13 n. 2; diversamente Ph.IIyatt, VT 5,1955,130-136); i passi più tardivi, che si riferiscono al Dio del progenitore Davide (2Re 20,5 = Is 38,5; lCron 28,9; 2Cron 17,4; 21,12; 34,3), rivelano comunque una continuità nella venerazione del Dio all’interno della famiglia opp. della dinastia. lCron 29,10 parla ancora del «D io del nostro padre Israele» (cfr. 29,18.20). La formulazione al plurale « il Dio dei vostri/loro padri » compare quando Jahwe viene posto sullo stesso piano del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe in Es 3,13.15.16; 4,5 (Alt, Le. 9-13). I ri­ manenti passi, che menzionano il « Dio dei pa­ dri» (Deut 1,11.21; 4,1; 6,3; 12,1; 26,7; 27,3; 29,24; Gios 18,3; Giud 2,12; 2Re 21,22 e altri 30 in Dan, Esd e Cron), dipendono dall’uso din. dell'espressione «padri» (vd. st. 2b). Dan 11,37 tratta degli dei (plur.) dei padri del principe pa­ gano (cfr. anche Ez 20,24 gillGlè ’°bòtàm « idoli dei loro padri »). 2/ Il plur. 'òboi « padri » si incontra in una serie di espressioni più o meno fisse e di diverso valore teologico. a) Teologicamente neutrali sono anzitutto le peri­ frasi con cui si vuole esprimere eufemisticamente il verbo « morire », come p.e. « coricarsi coi propri padri », studiate da B.Alfrink, OTS 2, 1943, 106­ 118 e 5,1948,118-131 (cfr. anche O.Schilling, Der Jenseitsgedanke im AT, 1951, 11-15; M.D.Goldman, ABR 1, 1951, 64s.; ibid. 3, 1953, 51; G.R.Driver, FS Neuman, 1962, 128-143). I verbi usati sono: (1) skb « coricarsi » Gen 47,30; Deut 31,16; 2Sam 7,12; inoltre 26x in l/2Re e llx in 2Cron, in tutto 40x; in 2Sam 7,12 con la prep. altrimenti sempre con 7m-. L’espressione si riferisce alla morte, non alla sepoltura; viene adoperata, come ha mostrato

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3K 'àb PADRE

Alfrink, solo per la morte pacifica (per 9 dei 18 re del re­ gno del nord e per 13 dei 19 re di Giuda: per il problema di Achab [2Re 22,40] cfr. C.F.Whitley, VT 2, 1952, 148s.); (2) qbr « seppellire » Gen 49,29 (con ’#/-); IRe 14,31 e altre 13x in l/2Re e 2Cron (con (3) ’sp «riunire» Giud 2,10 (con ’ cel)\ 2Re 22,20 = 2Cron 34,28 (con ‘o/-); in Giud 2,10 la formula sembra essere una contaminazione delFespressione 1sp ni. ’cel-'ammàw « riunirsi ai propri antenati » (Gen 25,8 e altri 9 passi nel Pentateuco; cfr. Alfrink, OTS 5, 1948, 1!8s.) con la for­ mula ( 1); (4) bòi1« andarsene » Gen 15,15 (con ’a?/-); Sai 49,20 (con W-); (5) hlk «andare» lCron 17,11 (con 'im-, cfr. Rudolph, HAT 21,131). Sostantivi uniti ad ’àbót in connessione con la tomba e la sepoltura si trovano in IRe 13,22; Ger 34,5; Neem 2,3.5; 2Cron 21,19; sepoltura nella tomba del padre (sing. ) viene menzionata in Giud 8,32; 16,31; 2Sam 2,32; 17,23; 21,14 Non si può dire che« padri » abbia qui una certa importanza dal lato religioso, come se si trattasse di un culto degli antenati (contro G.Hòlscher, Geschichte der isr. und jud. Religion, 1922, 30s.).

b) A cominciare più o meno dal T sec. il plur. « i padri » diventa un concetto importante nel lin­ guaggio teologico; esso fornisce una dimensione storico-salvifica alle sentenze sul popolo d’Israele, il quale forma un’unità organica nei padri e nei fi­ gli sia quando sono in armonia sia anche quando si separano gli uni dagli altri. In collegamento con le tradizioni dei patriarchi, la teologia dtn. dà un’importanza particolare alle promesse ai padri. Nel linguaggio dipendente dal Deut i padri continuano poi ad essere ricordati come coloro che hanno ricevuto doni salvifici (cfr. per il Deut O.Bàchli, Israel und die Vòlker, 1962, 119-121). Già in Osea troviamo una volta i « padri », tutta­ via non nelle tradizioni dei patriarchi, ma nell’im­ magi ne poetica del ritrovamento nel deserto (9,10 « i vostri padri » in par. con « Israele »). La formula più usata nel linguaggio dtn. quando si parla della promessa ai padri è: « la terra che Jahwe ha giurato di dare ai padri »: o sim. Nella letteratura dtn.-dtr. passi che usano ni. «giu­ rare» sono: Es 13,5-11; Num 11,12; 14,23; Deut 1,8.35; 4,31; 6,10.18.23; 7,8.12.13; 8,1.18; 9,5; 10,11; 11,9.21; 13,18; 19,8; 26,3.15; 28,11; 29,12; 30,20; 31,7.20 (compì. 21); Gios 1,6; 5,6; 21,43.44; Giud 2,1; Ger 11,5; 32,22; Mi 7,20; con dbr pi. « promettere » Deut 19,8, cfr. ymr Neem 9,23. Sul giuramento di Jahwe ai patriarchi cfr. G. von Rad, Das Gottesvolk im Deut, 1929, 5; N.Lohfmk, Das Hauptgebot, 1963, 86-89 e l’elenco di p. 307s. Ol­ tre alla promessa della tena, anche altre realtà vengono date in dono ai padri, come la moltipli­ cazione della discendenza e, uscendo dall’ambito delle tradizioni dei patriarchi, l’elezione, la dedi­ zione d’amore e la conclusione del patto (cfr. an­ che Deut 4,37; 5,3 col trasferimento parenetico della stipulazione dell’alleanza all’attuale genera­ zione; 10,15; 30,5.9). Anche il discorso sul « Dio di padri » della teologia dtn. e delle epoche succes­ sive è da porsi in relazione con queste formule (per le citazioni vd. sp. IV /1). Talvolta Abramo, 10

Isacco e Giacobbe vengono enumerati singolar­ mente come padri (Deut 1,8; 6,10; 9,5; 29,12; 30,20; anche lCron 29,18); Deut 10,22 parla dei padri come di settanta persone che scesero in Egitto. , Nei numerosi passi post-dtn. che menzionano i padri come beneficiari di doni salvifici vanno rile­ vate anzitutto le espressioni fisse che si collegano alle formule dtn. di giuramento e che parlano della « terra che Jahwe ha dato ai padri » (verbo ntn): IRe 8,34.40.48 (=2Cron 6,25.31.38); 14,15; 2Re 21,8 (=2Cron 33,8 txt em); Ger 7,7.14; 16,15; 23,39; 24,10 (autentico?); 25,5; 30,3; 35,15; Ez 20,42; 36,28; 47,14; Neem 9,36; con uhi hi. Ger 3,18. Vanno inoltre tenute presenti le brevi rassegne storiche dtr. in Gios 24 (ì padri condotti fuori daU’Egitto v. 6.17 vengono distinti dai padri pa­ gani che abitano al di là del fiume v. 2.14.15); Giud 2,17.19.20.22; 3,4; ISam 12,6-8; ÌRe 8,21.53,57.58; 9,9; 2Re 17,13.15; 21,15; inoltre al­ cuni passi dtr. come Ger 7,22.25; 11,4,7.10; 17,22; 34,13; 44,10 e Sai 78,12, e altri passi sparsi: Is 64,10; Ez 37,25; Mal 2,10; Sai 22,5; 39,13; lCron 29,15. Non prendiamo in considerazione invece espressioni negative quali quella di Deut 9,15 ecc., antenati particolari (p.e. Num 20,15; ÌRe 2,3s.) e altri casi in cui si nominano i padri, ma che sono di scarso rilievo teologico (p.e. Dan 9,6.8). La trasmissione della storia della salvezza dai pa­ dri ai figli è illustrata da passi come Gios 4,21; Giud 6,13; Sai 44,2; 78,3.5 (cfr. senza il nostro ter­ mine Es 10,ls.; I2,26s.; Deut 6,20ss.); come paral­ lelo babilonese cfr. l’epilogo dell’Enùma ellè (VII,147). I padri però non solo ricevono promesse e benedi­ zioni, majcon i loro peccati influiscono sulle rela­ zioni dei loro discendenti con Dio; di qui sorge in diversi modi il problema della solidarietà dei figli coi padri; cfr. in proposito il lavoro di J.Scharbert, Solidaritat in Segen und Fluch im AT und in seiner Umwelt, Bd. I: Vàterfluch und Vàtersegen, 1958. La defezione dei padri, seguendo i quali peccano anche i discendenti, viene trattata anzitutto da Geremia, dove non sempre è facile distinguere tra passi autentici e passi secondari (Ger 2,5; 3,25; 7,26; 9,13; 11,10; 14,20; 16,11.12; 23,27; 31,32; 34,14; 44,9.17.21; 50,7). Tra i testi posteriori a Geremia sono da menzio­ nare: Lev 26,39.40; 2Re 17,14.41; 22,13 (= 2Cron 34,21); Is 65,7; Ez 2,3; 20,4,18.24.27.30.36; Am 2,4; Zac 1,2,4.5,6; 8,14; Mal 3,7; Sai 78,8.57 (cfr. 79,8 iawónót rlsònfm «peccati dei progenitori»); 95,9; 106,6.7; Lam 5,7; Dan 9,16; Esd 5,12; 9,7; Neem 9,2.16; 2Cron 29,6.9; 30,7.8. J.Scharbert, Unsere Sunden und die Sunden unserer Vàter, BZ 2,1958, 14-26, traccia la storia del genere letterario della confessione dei propri peccati e di quelli dei padri a partire da Geremia (Ger 3,25; 14,20) fino all’epoca postvtrt. (Tob 3,3.5; Giudit 7,28; Bar 1,15-3,8; 1QS l,25s.; CD 20,29; 1QH 4,34). lì

Le affermazioni di principio sulla solidarietà dei fi­ gli con i padri o sulla loro separazione da essi usano il plur, « padri » non nel significato fin qui considerato di «progenitori d’Israele», ma se­ condo la contrapposizione comune padri-figli. Sulle antiche formule di confessione «Jahwe..., che persegue la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione » (Es 20,5; 34,7; Num 14,18; Deut 5,9; Ger 32,18) cfr. J.Scharbert, Formgeschichte und Exegese von Ex 34,6f. und seine Parallelen, Bibl 38,1957,130­ 150; L.Rost, Die Schuld der Vàter, FS Hermann 1957, 229-233; RKnierim, Die Hauptbegriffe fur Siinde im AT, 1965, 204-207. Sulla negazione della solidarietà in Deut 24,16; 2Re 14,6; 2Cron 25,4 cfr. J.Scharbert, Solidaritat 114s.124s.251, e von Rad, ATD 8, 1964, 109. Per il proverbio sui padri che mangiarono uva acerba ed i figli i cui denti rimasero legati (Ger 31,29; Ez 18,2) cfr. i comm. e Scharbert, Solidaritat 218-226. 3/ Sebbene « l’invocazione della divinità col nome di padre sia uno dei fenomeni fondamentali della storia delle religioni» (G.Schrenk, ThW V,951ss. = GLNT IX,1126ss.; G.Mensching, RGG VT,1232s. ), l’AT è molto cauto nel designare Jahwe come padre (G.Quell, ThW V,964974 = GLNT IX ,1164-1190; H.-J.Kraus, RGG VI,1233s.). Ciò vale soprattutto per le espressioni che indicano una paternità fissa di Dio, le quali nell*AT sono assolutamente evitate (a), ma anche per l’idea di adozione (b) e inoltre per l’uso meta­ forico della parola (c). a) Le concezioni mitiche su divinità genitrici e creatrici degli dei e degli uomini si riscontrano fa­ cilmente negli ambienti vicini alPAT, soprattutto nei testi ugaritici (per l’Egitto e Babilonia —jld ) dove al dio supremo del panteon, El, viene attri­ buito l’epiteto di « padre » con una serie di for­ mule stereotipe. El compare come ab bn il « padre degli dei » in una litur­ gia di espiazione (2J16J.25.33; O.Eissfleldt, El im ug. Pantheon, 1951, 62-66). Significato simile sembra avere l’espressione discussa mlk ab snm (49 [= I AB], I 8; 51 [= n AB], IV 24; 2Aqht [= II D], VI 49; 129 [= III AB,C], 5 [da completare]; lnt pi. VI [= V AB], V 16; ‘nt pi. IX-X [= VI AB], IH 24), se non si traduce ab snm con Driver (CML 109) e altri « padre degli armi » oppure con Eissfeldt (l.c. 30s.) « padre dei mortali », ma con M.H. Pope (El in thè Ugaritic Texts, S V I 2,1955, 32s.) « padre dei sublimi (= degli dei) » (così anche Gray, Legacy 114.155s.; W.Schmidt, Kònigtum Gottes in Ugarit und Israel, *1966, 59, n, 3). Troviamo una volta il abh « El, suo (= di lei) padre » (di Anat), e una volta il abn « El, nostro padre (75 [= BH], I 9 in contesto frammen­ tario; cfr. Eissfeldt, l,c. 34). Frequentissima è la formula tr il aby/abkfabh « toro, El, mìo/tuo/suo padre» (49 [= I AB], IV 34; VI,27; 51 [= II AB], IV 47; 129 [= III AB, C], 16.17.19.21; 2Aqht[ = IID], 124; lnt[= V AB], V [71.18.43; da completare in 4nt pi. IX-X [= VI AB], III 26 e V 22), oppure, con diversa successione degli ele­ menti, tr abklabh il «toro, tuo/suo padre, E l» (137 [= m AB, B], 16.33.36; Krt [= I K], 59.77.169; 2001 [= PRU V,1 = IX MF], 15. rev.2; in Ktr 41 ir abh

ÌK 'ab PADRE

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manca il a causa del precedente gml il), dove il suffisso personale si riferisce agli dei o alle dee (o anche a Kit) di cui si tratta nei singoli casi. Infine troviamo ancora in fCrt ab adni « padre dell’umanità » (Krt 37.43.136.151. 278.291).

stato di figliolanza (cfr. anche S.H.Blank, I IUCA, 32, 1961, 79-82); 31,9 « poiché io sono diventato padre dì Israele ».

Per spiegare Deut 32,6b « non è lui il padre che ti (= il popolo) ha creato, non è lui che ti ha fatto e ti ha fondato (kùn poi.) », sotto un certo aspetto è interessante constatare che la formula tr il abh « tono El, suo (di Baal) padre » in alcuni passi ha come parallelo il mlk dyknnh « El, il re, che lo ha fondato (kùn poi.)» (51 [= 11 AJB], IV 47s,; da completare in I 5s.; ‘nt [= V AB], V 43s.; cfr. Schmidt, l.c. 23,59). In riferimento a Deut 32,18, al v.6b si deve vedere, almeno nella dizione poe­ tica, un'eco di concezioni mitiche cananaiche, che altrove.nelle controversie profetiche sul culto della vegetazione e della fertilità, vengono vivamente respinte: Ger 2,27 « (si coprono d’ignominia...) co­ loro che dicono all’albero: tu sei mio padre! e alla pietra: tu mi hai generato! » (cfr. Quell, ThW V,967 = GLNT IX,ll72s.; P.Humbert, Yahvé Dieu Géniteur?, Asiatische Studien 18/19, 1965, 247-251). Su Is 1,2 G èyéwqaa. cfr. J.Hempel, Gott und Mensch

27,10, ma senza che Jahwe sia indicato direttamente come padre.

im AT, ‘1936, 170 n. 6, e Wildberger, BK X, 8.

b) All’idea di adozione sanno ricondotte le espressioni sulla relazione padre-figlio, applicata ai rapporto tra Jahwe ed il re davidico (2Sam 7,14 « io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio »; Sai 89,27; lCron 17,13; 22,10; 28,6; cfr. anche la for­ mula di adozione in Sai 2,7 « tu sei mio figlio, oggi ti ho generato »). È evidente l’influsso dell’ideolo­ gia regale egiziana (S.Morenz, Àg. Religion, 1960, 35-43.154s.; RGG VI, 118) sul cerimoniale geroso­ limitano delfincoronazione, ma è pure chiara la differenza nel modo di concepire la filiazione di­ vina, che in Egitto fu intesa in senso fìsico, men­ tre in Israele avveniva solo per adozione, in forza di una elezione promessa attraverso i profeti (J.Hempel, l.c. 173s.; Alt, KS II,63s.218; G.von Rad, ThLZ 72, 1947, 214 = GesStud 222-224; K.H.Bernhardt, Das Problem der altorientalischen Kònigsideologie im AT, 1961, 74-76.84-86). Già in Es 4,22 il concetto di filiazione viene appli­ cato alla relazione che esiste tra Jahwe e il suo po­ polo (Noth, ATD 5, 22.33s.: aggiunta secondaria a J opp. JE); cosi pure in Os 11,1 (qui in senso adozionale sottolineando il concetto di amore e di educazione, cfr. Wolff, BK X IV /1,255-257), in Is 1,2 (sollecita bontà educatrice verso i figli [plur.], da intendere forse in base alla filiazione spirituale di ambiente sapienziale |vd. sp. HI/2b], cfr. Wild­ berger, BIC X,12-14) e in 30,9 (-bèn\ per il Deut cfr. D.J.McCarthy, CBQ 27, 1965, 144-147). La parola ’ab tuttavia appare per la prima volta solo in Geremia, appunto in senso chiaramente adozio­ nale e per esprimere dedizione amorosa: 3,4 (da intendere con Duhm e altri come inserzione dal v.19, cfr. Rudolph, HAT 12,22): 3,19 «padre mio! » invocazione con la quale si riconosce lo 13

nì< ab PADRE

Il tema dell’adozione viene riferito al singolo in Sai

c) Restano ancora pochi passi, nei quali Jahwe 0 è paragonato ad un padre oppure viene meta­ foricamente chiamato « padre ». Quando non si tratta di puri paragoni tratti dalla vita familia­ re (Sai 103,13; Prov 3,12) o di ideali comuni all’antico Oriente (Sai 68,6), queste affermazioni (postesiliche) si ricollegano per lo più al lin­ guaggio del Deuteroisaia, che parla di Jahwe co­ me creatore del popolo (ls 43,6s. 15.21; 44,2.21.24; 45,10s.). Se lo sguardo si sposta dal figlio al padre, il valore dell’immagine consiste allora nel porre in rilievo l'autorità del pater familtas e l’obbedienza a lui do­ vuta. Così Jahwe appare come padre, benché solo indirettamente, in ls 45,10 (cfr. v. 11), in parallelo con l’immagine del vasaio che dispone sovrana­ mente della creta, immagine che viene ripresa an­ che in ls 64,7, in un discorso diretto, con l’espres­ sione « tu sei nostro padre » (formula che compare due volte anche in 63,16). In Mal l,6a « un figlio onora suo padre » è parallelo di « un servo teme il suo padrone »; al v.6b dalla paternità di Dio, la quale viene presupposta anche in 2,10 in base all’attività creatrice, si deduce l’esigenza del ri­ spetto, mentre in 2,10 è determinante l’idea della fratellanza tra i figli dello stesso padre (= Dio, cfr. 1comm. e Quell, ThW V,973 = GLNT IX,1187; contro Horst, HAT 14,269, che pensa a Giacobbe) ir-ah 4c). Il concetto di padre non assume un senso universale, poiché le affermazioni sulla creazione che si fanno alf in terno di questa tradi­ zione si riferiscono al popolo (contro R.Gyllenberg, Gott der Vater im AT und in der Predigl Jesu, StOr 1, 1925, 53s.). Se al contrario lo sguardo si sposta dal padre al fi­ glio, allora si sottolineano maggiormente il legame e la dedizione. Così in Is 63,16 (cfr. v. 15 « volgi 10 sguardo... ») si rivolge l’invocazione al padre e al redentore (go'^lènà—g7) eterno, che è molto al di sopra dei padri terreni. Allo stesso modo infine quando Jahwe, benché ra­ ramente, viene paragonato ad un padre, la solleci­ tudine amorosa costituisce il termine di paragone (come accade anche nell’abbondante materiale bab. cfr. CAD A/I,69b): Sai 103,13 « come un pa­ dre ha compassione dei figli, così Jahwe ha com­ passione di coloro che lo temono » (cfr. Deut 1,31 senza 'ab) e Prov 3,12 « poiché Jahwe si prende cura di colui che ama, come un padre del figlio a cui vuol bene » (così TM; tuttavia secondo G wkfàb va corretto in wejakib\ per il contenuto cfr. Deut 8,5 senza 'ab). ^ 11 motivo del « padre degli orfani » di Sai 68,6 è largamente diffuso nell’AT e nel mondo circo­ 14

stante, anche se non in maniera cosi accentuata (Deut 10,18; Sai 10,14.18; 82,3s.; 146,9; inoltre Giob 29,16; 31,18; Eccli 4,10 e il materiale dell’an­ tico Oriente in Wildberger, BK X,48); non è ne­ cessario pensare ad una particolare derivazione egiziana (come fa Quell, ThW V,966 n. 118 = GLNT TX,1169 n. 118). Dio non viene ancora designato nelPAT come pa-^ dre del singolo credente (per la prima volta solo in Eccli 51,10 [ebr.], in riferimento a Sai 89,27); per la letteratura giudaica intertestamentaria cfr. Bousset-Gressmann 377 e soprattutto J.Jeremias, Abba, 1966, 19-33. V/ Gli studi neotestamentari su a$(3a e 7taTr,p tracciano di solito la storia del termine, risalendo anche all’AT e al giudaismo palestinese ed ellenistico. Ricordiamo: G.Kittel, art. àpjìa, ThW 1,4-6 (= GLNT 1,15-18); G.Schrenk, art. Trarr, p, ThW V,974-1024 (= GLNT IX ,11911328); D.Marin, Abba, Pater, FS Herrmann, 1960, 503-508; W.Marchel, Abba, Pére! La prióre du Christ et des Chrétiens, 1963; id., Abba, Vater! Die Vaterbotschaft des NT, 1963; J.Jeremias, art. Vatername Gottes, III., RGG VT,1234s.; id., Abba, Studien zur ntl. Theologie und ZeitgeE. Jenni schichte, 1966, 15-67.145-148.

'bd ANDARE IN ROVINA 1/ ybd appartiene al semitico comune (Bergstr. Einf. 190), ma nel significato dì « andar perduto, andare in rovina » compare solo nel semNo. In acc. abàtu (d > t per dissimilazione, cfr. GAG Ergànzungsheft p. 8** per § 5ld; diversamente GVG 1,152; Bergstr. 1,109) è transitivo « distruggere », ma nell’ass. antico anche intransitivo « andar via » (JLewy, Or NS 29, I960, 22-27; CAD A/I,45).

Nel VT con questa radice si formano, oltre al qal, il pi. « annientare » e l’hi. « far andare in rovina » (aram. qal, ha. e ho.); inoltre solo i nomi verbali labèdù « ciò che è perduto » e '“baddón « rovina » (cui vanno aggiunti i prst. aram, abdcin e ’obdàn «rovina», cfr. Wagner nr. l/la). Da una seconda radice 'bd « durare », che ricorre in aram. e viene supposta anche in ug. (J.Gray, ZAW 64, 1952,51.55; UT nr. 17; WUS nr. 15; al contrario M.Dietrich-O.Loretz, WdO 1II/3, 1966, 221), potrebbe derivare tadè '’àbèd « per sempre » che troviamo in Num 24,20.24 (D.K.iinstlinger, OLZ 34,1931, 609-611), mentre le ipo­ tesi relative a Prov 11,7 (J.Reider, VT 2,1952, 124) e a Giob 30,2 (G.Rinaldi, BeO 5, 1963, 142) rimangono in­ certe.

2/ Statistica: qal 117x (Sai 21x, Ger 16x, Deut 13x, Giob 13x), aram. lx; pi. 41x (Est lOx); hi. 26x, aram. ha. 5x, ho. lx; in totale il verbo ri­ corre in ebr, 184x, in aram, 7x; ìobéda 4x, ì