Difesa del cristianesimo 8870946916, 9788870946918 [PDF]

Con stile personale che unisce concisione e passione, rigore logico e satira mordace, convinzione e entusiasmo, l'a

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Italian Pages 440 [441] Year 2008

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Table of contents :
COPERTINA......Page 1
FRONTESPIZIO......Page 4
COPYRIGHT......Page 5
ABBREVIAZIONI TERTULLIANEE......Page 6
INTRODUZIONE......Page 8
CAPITOLO 1 - L'AUTORE E L'OPERA......Page 10
CAPITOL0 2 - IL PENSIERO DI TERTULLIANO......Page 28
CAPITOL0 3 - LA STORIA DEL TESTO......Page 68
BIBLIOGRAFIA......Page 90
NOTA DEL TRADUTTORE......Page 102
TESTO E TRADUZIONE......Page 106
APPENDICI......Page 404
1 - PROSPETTO LETTERARIO......Page 406
2 - INDICE ANALITICO......Page 411
INDICE......Page 434
IV DI COPERTINA......Page 441
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Difesa del cristianesimo
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Zitiervorschau

I TALEN T I l

Collana diretta da Marta Sordi

1

Pesce eucaris co (primi decenni III secolo).

·

Catacombe d( S. Callisto, Cappella cosiddetta dej :«Sacramenti>>, Roma. GrafiJe.di eopertina� Alessimdro·:Selkicd.

TERTULLIANO DIFESA DEL CRISTIANESIMO APOLOGETICUM

TESTO CRITICO DI CCL l (E. DEK.KERS)

INTRODUZIONE

MARTA SORDI

docente emerito dell'Università Cattolica, Milano ATTILIO C ARPIN docente alla Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna, Bologna MORENO MORANI

docente all'Università di Genova

TRADUZIONE, APPARATI, APPENDICE ATTILIO CARPIN NOTE AL TESTO

MARTA SORDI

EDIZIONI

EDIZIONI

SAN CLEMENTE

STUDIO DOMENICANO

RoMA

BOLOGNA

2008

© 2008 Per tutti i testi in lingua italiana Edizioni Studio Domenicano. Il testo latino di CCL

l

curato da E. Dekkers nel 1954 è stato ripro­

dotto ai sensi della direttiva 93/98 CEE e dell'art. 85-quater della legge 22 aprile 1941 n. 633.

TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI © 2008 - Edizioni Studio Domenicano I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo, compresi microfilm, fotocopie e scannerizzazioni, sono riservati per tutti i Paesi.

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Le riproduzioni per uso didattico e per usi differenti da quello personale possono essere effettuate sempre nei limiti del 15% del testo solo in seguito a specifica autorizzazione rilasciata dall'editore o dalla SIAE.

Opera realizzata in coedizione tra Edizioni San Clemente ed Edizioni Studio Domenicano Edizioni San Clemente, Via Camilla 36/b, 00185 Roma Tel. +39067850080- www.edizionisanclemente.it Edizioni Studio Domenicano, Via dell'Osservanza 72, 40136Bologna Tel. +39051582034- fax +39051331583 www.esd-domenicani.it

Finito di stampare nel mese di aprile 2008 presso le Grafiche Dehoniane - Bologna

5

ABBREVIAZIONI 'fERTULLIANEE

Ad mart. Ad nat. Ad Scap. Ad ux. Adu. Herm. Adu. Iud. Adu. Mare. Adu. Prax. Adu. Val. Apol. De an. DeBapt. De carn. De cor. De cult. De exh. De /ug. De idol. De iei. De mon. De or. De paen. De pal. De pat. De praescr. De pud. De res. De spect. De test. De uir. Fragm. Scorp.

Ad martyras Ad nationes libri II Ad Scapulam Ad uxorem libri II Aduersus Hermogenem Adversus Iudaeos Aduersus Marcionem libri IV Aduersus Praxean Aduersus Valentinianos Apologeticum De anima DeBaptismo De carne Christi De corona De cultu /eminarum libri II De exhortatione castitatis De fuga in persecutione De idololatria De ieiunio De monogamia De oratione De paenitentia De pallio De patientia De praescriptione haereticorum De pudicitia De resu"ectione mortuorum De spectaculis De testimonio animae De uirginibus uelandis Fragmenta Scorpiace

INTRODUZIONE

9

CAPITOLO l

L'AUTORE E L'OPERA

1

-

Quinto Settimio Flo�ente Tertulliano

Della vita di Tertulliano, a parte la breve biografia di Girolamo sulle cui notizie peraltro è stato sollevato qual­ che dubbio , sappiamo ben poco. N ato a Cartagine nell' Mrica romana e figlio di un centurione, fu il primo, dopo papa Vittore e il senatore Apollonio (i cui scritti non ci sono giunti), a scrivere tra i cristiani di lingua latina. Fiorì sotto gli imperatori Settimio Severo e Caracalla e, sempre secondo Girolamo (ma questo è uno dei dati su cui c'è incertezza tra i moderni, non essendoci conferma nelle opere dello stesso Tertulliano) , fu presbitero. In seguito a divergenze con la Chiesa di Roma passò al Montanismo, sembra verso il 207 . 1 Lo stesso Girolamo, basandosi sulla testimonianza di un certo Paolo, un vecchio conosciuto a Concordia, che riferiva a sua volta di aver conosciuto quand'era giovane a Roma l'ormai anziano segretario di Cipriano, grande

1. «Tertullianus presbyter, nunc demum primus post Victorem et Apollonium Latinorum ponitur, provinciae Africae, civitatis Carthaginiensis, patre Centurione proconsulari. Hic acris et vehe­ mentis ingenii, sub Severo principe et Antonino Caracalla maxime floruit, multaque scripsit volumina . . . Hic cum usque ad mediam aetatem presbyter Ecclesiae permansisset, invidia postea et contu­ meliis clericorum Romanae Ecclesiae, ad Montani dogma dela­ psus . . » (HIERONYMUS, De viris illustribus 53: PL 23 , 698). Sulla biografia di Tertulliano, cf. H. M. ZILLING, Tertullian, Miinchen 2004, pp. 21 ss. .

lO

INTRODUZIONE

estimatore di Tertulliano, afferma che questi mo rì in età molto tarda. 2 Poche sono le notizie biografiche che si possono trarre dalle sue opere. Oltre alla professione del padre, centurio­ ne dell' Mrica proconsolare di cui Tertulliano par la pro­ prio ne11'Apologeticum3 -, sappiamo che egli fu a Roma;4 che aveva una moglie, cui dedica lo scritto Ad uxorem; che possedeva un'ottima cultura lat n i a, come risulta dalle sue citazioni; che sapeva il greco e aveva soprattutto una profonda conoscenza del diritto. Quest'ultimo aspetto ha fatto sospettare, in passato, ch'egli potesse essere identifi­ cato con il giurista Tertullianus, noto dal Digesto,5 la cui attività sembra essersi prolungata fino al 195 d. C. Risulta, invece, che il nostro Tertulliano visse e continuò a scrivere almeno fino al 222, quando polemicamente attaccò ilpon­ tefice romano Callisto. Poiché la sua morte avvenne «in età decrepita», si pensa di porre la sua data di nascita tra il 150 e il160 .6 Ma non escluderei una data anteriore. Di Tertulliano ci sono giunte trentuno opere; di altre, perdute, si conoscono i titoli . Al periodo p remontanista appartengono certamente l'Ad nationes, I'Apologeticum, -

2 . «Vidi ego quemdam Paulum Concordiae, quod oppidum ltaliae est, senem qui se beati C ypriani, jam grandis aetatis, notarium, cum ipse admodum esset adolescens, Romae vidisse diceret, referreque sibi solitum nunquam Cyprianum absque Tertulliani lectione unum diem praeterisse, ac sibi crebro dicere, Da magistrum: Tertullianum vidd.icet significans. ( . . . ) Ferturque vixisse usque ad decrepitam aetatem, et multa quae non exstant opuscula condidiss e» (Ibidem). 3 . « . teste militia patris nostri, quae id ipsum munus illi proconsu li functa est» (Apol. 9, 2: CCL l , 1 02 ) . 4. « uidimus Romae . . . » (De cultu /eminarum I , 7, 2 : CCL l , 349) . 5. Cf. Digestum I, 3 , 27 ; XXXIX , l , 23 . 3 3 ; XLI, 2, 28; XLIX, 17, 4. 6. « . . . si colloca la sua nascita nd decennio 150-160 d. C. e la sua morte intorno al 23 0 d. C.» (Quinto Settimio Fiorente Tertulliano. Apologia del Cristianesim o, introduzione e note di Claudio Moreschini, traduzione di Luigi Rusca, Biblioteca Universale Rizzoli, M ilano 1984, p. 67). In seguito : C. MORESCHINI, op. cit. . .

. . .

APOLOGETICUM

11

l'Adversus Iudaeos, il De testimonio animae, che - a l p ari dell 'Ad Scapulam del 21 2 -hanno carattere apologetico. Altri scritti hanno carattere polemico (De praescriptione hae­ reticorum, Adversus Hermogenem); alt ri, ancora, rivestono un carattere ascetico e discip linare (Ad martyras, De specta­ culis, De oratione, De patientia, De baptismo, De paenitentia) . 2 - La data dell'Apologeticum

La data generalmente proposta per l'Apologeticum è­ come per l Ad nationes e l'Ad martyras- il 1 97 . 7 Essa si fonda essenzialmente sull'accenno dello stesso Tertulliano all a «vindemiam p arricidarum » (Apol. 3 5, 1 1), cioè all a strage dei pa rtigiani di Clodio Albino, vinto da Settimio Severo a Lione nel febbraio del 197 .B Molti, poco prima della vittoria su Albino, avevano celebrato con solenni sacrifici agli dèi i vota publica, identificati con i vota quin­ quennalia, accusando i cristiani di non celebrarli; come in seguito i gaudia publica. Ma la fr ase di Tertulliano è pi ù completa e ren de meglio il suo pensiero: «post uindemiam parricidarum racematio superstes » . In realtà egli si riferisce a una suc­ cessiv a elimin azione, all a spicciol at a ( racematio) , degli avvers ari s op r avvi s s u t i all a uindemia . S emb r a che Tertulliano non p arli tanto dei fautori di Clodio Albino, quanto invece delle reliquiae dei sostenitori di Pescennio Nigro - l'altro avversario di Setti mio Severo nella conqui­ st a dell 'impero - messi a morte per incitamento di Plauziano («Plautiano auctore» ) con l'accusa di aver con '

7. Per la bibliografia cf. M. SORDI, Il cristianesimo e Roma, Bologna 1 965 , pp. 474 ss. Moreschini accetta ancora la data del 1 97; d. C. MORESCHINI, op. cit., pp. 34 e 67. 8. È interessante notare che la definizione degli avversari di Settimio Severo come parricidi si ritrova in una iscrizione di Efeso (C. III, 427) spes parricidiales, databile, grazie ai titoli imperiali usati, fra il 1 98 e il 209. Ciò rivela l'uso da parte di Tertulliano della termi­ nologia ufficiale adottata dalla propaganda imperiale.

12

INTRODUZIONE

sultato C aldei (maghi) e vati s ulla s alute dell'imperatore. Ne parla una nota fonte pagan a, ossia la Historia Augusta ( Vita Severi 15, 4-5), citando Mario Mas simo. Di queste cons ult azioni «im aginem spei s u ae» p arl a an che Tertulliano (Ibidem) e non c'è dubbio- a mio avviso- c he si tratti degli ste ssi avvenimenti. Ma le esecuzioni volute dal prefetto del pretorio Plauziano sono poste da Dione Cassio (Hist. Rom. LXXV, 14 ss.) durante il soggiorno di Settimio Severo in Oriente nel 201 /20 2. Le feste imperiali a cui i cristiani non si associarono potrebbero essere i vota decennalia del 202.9 Pertanto, ritengo che la data di com­ posizione dell'Apologeticum sia il 20 2 .

3

-

n rapporto

fra l'Apologeticum, l'Ad Nationes

e

l'Octavius

Lo spostamento al 20 2 dell'Apologeticum, o- come si è detto di recente- al 200 ,to permette d'impostare in modo p arzialmente diverso da quello consueto l'intervallo fra l'Apologeticum e l'Ad nationes, che i moderni riducono a pochi mesi, nello stesso 1 97 , e forse anche il discusso rap­ porto fr a l a recensione del codice Fuldense dell'Apologeticum e que lla del la c o siddett a Vu lg at a. Secondo alcuni, il codex Fuldensis, conservato in un ampio frammento del cap . 19 (su ll' autorità della S acra Scrittura), sarebbe la recensione originaria, poi corretta per diffonde­ re un testo più facilmente leggibile; secondo altri, invece, la recensio Vulgata sarebbe la seconda stesura del testo da p arte dello stes so Tertulliano per correggere l a recensio Fuldensis, che appare più vicin a all'Ad nationes.tt ll pas­ s aggio d all'Ad nationes all'Apologeticum, attraverso la duplice redazione dell'Apologeticum stesso, è stato soste-

9. Cf. M. SoRDI, op. cit., pp. 474-477. Cf. C . MINELLI, La data dell'Apologetico di Tertulliano, in «Aevum» 74 (2000), p. 187; T. D. BARNES, Tertullian, Oxford 19852 pensa al202/203 . 11. Cf. C. MORESCHINI, op. cit., pp . 64-66 . 10.

APOLOGETICUM

13

nuto in particolare - dopo gli studi del Thornell e del Pasquali - da C. Becker. 1 2 Che l'Ad nationes sia anteriore all'Apologeticum, il quale spesso ne riproduce verbalmente le argomentazioni, è cosa generalmente ammessa. Ma la diversità dell'Apologeticum rispetto all'Ad nationes non consiste solo nel suo perfeziona­ mento linguistico, e neppure in un nuovo ordinamento logi­ co e strutturale della stessa materia, ma anche - e soprattutto - nell'apporto di not izie nuove e in uno spirito nuovo che anima tutta l'apologia. Nell'Ad nationes, i nfatti, manca - e invece si trova nell'Apologeticum -la notizia del senatocon­ sulto (5, 1-2) che sta alla base, secondo Tertulliano, della legislazione anticristia na; come pure la notizia de lle misure penali di Marco Aurelio (5, 6) contro gli accusator i dei cri­ stiani. Nell'Apologeticum, inoltre, si trovano i seguenti ele­ menti di novità: la giustificazione, ispirata da un profondo lealismo verso l'impero, del rifiuto cristiano al culto imperia­ le (capp. 30-34); l'ampia presentazione del Cristo storico, vissuto come uomo inGiudea, a nnunciato dai profeti e iden­ tico al Logos divino (cap. 21 ); la consapevolezza della validità del cris tianesimo non solo in rapporto al dest ino eterno di ogni uomo, ma, a c ausa della di gnità che esso conferisce alla vita umana, anche inrapporto a lla vita presente (49, 2; 50). È interessante osserva re come le notizie e i temi presenti nell'Apologeticum - e assenti nell'Ad nationes- siano assenti anche nell'Octavius di Minucio Felice. Inoltre, si può notare - anche nel caso di corrispondenze di idee e di argomenti tra le due opere - che i rapporti fra l'Ad nationes e l'Octavius sono assai più stretti di qu elli fra l'Apologeticum e l'Octavius. Girolamo afferma - come abbiamo visto - che Tertul ­ liano è stato il primo, dopo Vittore e Apollonio, degli scrittori cristiani di l ingua latina. Quindi, non c' è dubbio che secondo G i rolamo il rapporto indis cutibi le fra Tertulliano e Minucio va risolto a favore dell'anteriorità di Tertulliano. Ma questa anteriorità riguarda - a mio avviso - l 'Ad nationes, non necessariamente l'Apologeticum. I.:Ad 1 2 . Cf. C. BECKER, Tertullians Apologeti'cum. Werden und Leistung, Miinchen 1 954. Cf. C. MORESCHINI, op.cit. , p. 66.

14

INTRODUZIONE

nationes è il primo scritto latino cristiano dopo gli scritti per noi perduti di p apa Vittorel3 e del senatore Apollonio, autore - secondo Girolamo di un'apologia.14 Sia Vittore che Apollonio appartengono all 'epoca di Commodo e, sotto questo imperatore, fra il 183 e il 185, fu messo a morte a Rom a il martire Apollonio. L'Ad nationes a cui Minucio si ispira usando una struttura del tutto diversa, ossia il dialogo fra due personaggi ( il cristiano Ottavio e il pagano Cecilio) - è posteriore al 197 ; ma l'Apologeticum, come abbiamo visto, è del 20 2 o, al più presto, del 200 . Dunque, i primi due scritti cristiani in latino (quelli di Vittore e di Apollonio) nacquero a Roma, dove Tertulli ano era stato, come egli stesso attesta, in una occasione p arti­ colare e dove aveva visto un corteggio di Medi e di Parti.15 I vota suscepta decennalia del 20 2 co incisero, nell'aprile di quell 'anno, con il ritorno a Rom a dall'Oriente di Settimio Severo e di C ar ac all a, e con le nozze di C ar ac all a con Plautilla, figlia di Plauziano. In questo contesto la Historia Augusta ( Vita Sev. 14, 4) ricorda anche il «rumor ... belli Parthici». Infatti, la guerra p artica di Settimio Severo era appena fmita, ma fu ripresa pochi anni dopo. Mi dom ando se non sia stata questa l'occasione in cui Tertulliano vide a Rom a i Parti e i Medi, conoscendo per l a prim a volt a l'Apologia di Apollonio, da cui derivano le più importanti aggiunte e varianti rispetto all 'Ad nationes. -

-

13. Cf. L. RUS CA , Tertulliano. Apologia del Cristianesimo, Milano 1 956, p. 9, n. 2. 14. «Apollonius, Romanae urbis senator, sub Commodo principe a servo Severo proditus, quod Christianus esset, impetrato, ut ratio­ nem fidei suae redderet, insigne volumen composuit, quod in senatu legit; et nihilominus sententia senatus pro Christo capite truncatus est, veteri apud eos obtinente lege, absque negatione non dimitti Christianos , qui seme! ad eorum judicium pertracti essent» (HIERONYMUS, De viris illustribus 42: PL 23 , 69 1 ) . 15. «Gemmarum quoque nobilitatem uidimus Romae d e fastidio Parthorum et Medorum ceterorumque gentilium s uorum . . . » (De cultu feminarum I, 7 , 2: CCL l , 349 ) .

APOLOGETICUM

15

4 - IJApologia di Apollonio

come fonte deii'Apologeticum

Dell'Apologia di Apollonio - forse uno dei C laudi Apolloni di Smirnel6 - p arla Eusebio, che possedeva gli Atti antichi del processo, precis ando che fu pronunziata davanti al senato P Anche Girolamo -l'abbiamo già nota-

16. Cf. M. SORDI, Un senatore cristiano dell'età di Commodo, in «Epigraphica» 17 ( 1 955 [1957] ) , pp. 104 ss. 17. 'O �t ye 9EOpet Ki.O"'tEç axa.!; Eic; �llCCXO"'titptoV 1ta.plOV'tCXç KCXÌ JLTJ6CXJLéòç 'tfìc; 1tpo9ÉO"E 'totc; v6JLOll JCEKpa.'tTJ1C6'toc;. [Intanto il

martire (Apollonio) , accettissmo a Dio, richiesto pressantemente di giustificarsi davanti all'assemblea senatoriale, vi tessé un'elegantis­ sima apologia della fede, che doveva suggellare col martirio. Infatti, in base a un senatoconsulto fu condannato alla decapitazione seguendo una vecchia legge, che disponeva che i cristiani, una volta comparsi davanti a un tribunale, non fossero rimessi in libertà se non avessero ritrattato le proprie idee] . ToU'tOll JLÈV oùv 'tàç btì 'tOU �tJCCXO"'tOU av'ttaç x!Xptv 'tomo 1tpo'tetvm, li t a À aJ.lPave i> 1tè p 't i') ç liet v6'tTt'toç 11:aì q>p6vnçe o1tmç àv ÉKiitJCfJaetaç «2 . Se pertanto gli abitanti della provincia possono apertamente addurre delle prove in grado di sostenere la loro accusa contro i cristiani, così da risponderne anche dinanzi al tribunale, si servano unicamente di questo mezzo, non di semplici istanze o di grida tumultuarie. ( . . ) 3 . Ora se qualcuno li accusa e li convince di reato contro le leggi, tu sentenzierai secondo la gravità della colpa. Ma se, per Ercole ! , qualcuno è mosso da intenzioni calunniose, con­ siderala una malvagità e p rovvedi che sia punita come merita» (AELIUS HADRIANUS [ad Minucium Fundanum] 2-3) . Cf. }USTINUS, I Apol. 68, 3 . n testo compare in latino con qualche variante nella traduzione di Rufj.no (ed. Th. Mommsen, 2 , 319 ) : «2. ltaque si evidenter provin­ ciales huic petitioni suae adesse valent adversum Christianos, ut pro tribunali eos in aliquo arguant , hoc eis exequi non prohibeo. Precibus autem in hoc solis et acdamationibus uti eis non permitto. ( . . ) 3. Si quis igitur accusat et probat adversum leges quidquam agere memoratos homines, pro merito peccatorum etiam supplicia statues. Illud mehercule magnopere curabis , ut si quis calumniae gratia quemquam horum postulaverit reum, in hunc pro sui nequitia suppliciis severioribus vindices». .

.

44

INTRODUZIONE

- La prova esterna di questa abiura è il culto agli dèi romani. Tiberio - a differenza di Plinio - non cita il culto all'imperatore. Chi rinnega la fede cristiana vene­ rando gli dèi romani va assolto. - Al pari del comportamento di Plinio, anche la rispo­ sta di Traiano appare un assurdo giuridico: essere cri­ stiano è una colpa che non va ricercata; ma, se denun­ ciata, dev'essere punita. - In questo modo indiretto il rescritto imperiale rispon­ de al quesito posto dal governatore, e cioè il nome stes­ so è un reato, indipendentemente dai delitti ad esso connessi. A nostro giudizio l'assurdità giuridica, presente in Plinio e confermata da Traiano, si spiega solo facendo ricorso al famoso senatoconsulto che non approvò il culto cristiano. Infatti, oggetto del decreto senatorio non era la religione cristiana quanto alle sue verità di fede, ma il culto pubblico cristiano, che, non essendo stato approvato dal senato, risultava illegale. Del resto, qualsiasi norma giuridi­ ca non può invadere il campo delle convinzioni interne di un soggetto, ma regola le sue espressioni esterne (tant'è vero che alcuni magistrati invitavano a fingere esternamente l'adesione al paganesimo: Apol. 27, 2 -3). Ciò può spiegare il motivo per cui non dovevano essere ricercati i cristiani. Questi non erano perseguibili in quanto personalmente cri­ stiani, ossia per la loro fede, ma perché celebravano un

culto non permesso e perché tale culto si opponeva al culto romano. Le denunce non avevano come oggetto le convin­ zioni personali dei cristiani - che non dovevano essere ricercati per questo -, ma i loro comportamenti legati al culto (supposti crimini) e alla vita pubblica (il rifiuto di alcune pratiche politico-religiose) . Questi erano i compor­ tamenti che andavano assolutamente puniti. Tertulliano prende atto delle difficoltà giuridiche origi­ nate da quel senatoconsulto, ma cerca il modo di superarle:

APOLOGETICUM

45

l) Dal punto di vista della filosofia del diritto:

- Ricorre al principio fondamentale del diritto: ogni legge vieta solo ciò che è male. Egli dimostra che il cri­ stianesimo non è un male, ma un bene; non solo per i singoli individui, bensì per lo stesso impero. - Ricorda il valore etico della legge: ogni legge ha valore solo se è giusta; ciò che è ingiusto va abrogato. Egli dimostra che la legge romana è ingiusta nei confronti del cristianesimo, poiché nega ai cristiani ciò che per­ mette ad altri (permette culti assurdi e indegni, mentre proibisce il cristianesimo) . - Richiama la finalità antropologica della legge: la legge deve rispettare e difendere i diritti fondamentali del­ l ' uomo; e tra questi vi è la libertà religiosa (senza libertà non vi è vera religione) . 2) Dal punto di vista della prassi giuridica: - Si rivolge ai magistrati perché si avvedano delle incon­ gruenze processuali presenti nei processi contro i cri­ stiani (non confessione dei delitti, ma del nome; tortura per spingere a negare il delitto di essere cristiano; asso­ luzione in caso di abiura del nome). - Si rivolge ai magistrati perché esercitino la giustizia in modo equo, non condizionati da pregiudizi o per com­ piacere alle aspettative popolari anticristiane, ma basandosi sui delitti effettivamente commessi. Poiché tali delitti sono estranei alla vita cristiana, è ingiusto condannare degli innocenti. P e r tan t o , a p p a r e d a sé come l ' apologetica di Tertulliano sia marcatamente di carattere giuridico. La que­ stione cristiana era sorta nel mondo romano con un inter­ vento giuridico espresso dal senatoconsulto. Tertulliano dimostra i limiti del decreto senatorio e le inconguenze pratiche della sua applicazione. Ma ciò lo porta ad altre considerazioni di carattere giu­ ridico-sociale. Ad esempio afferma con chiarezza la libertà di coscienza religiosa: nessuna legge può violare la libertà

46

INTRODUZIONE

religiosa. 1 3 Non vi erano motivi per proibire il culto pub­ blico dei cristiani lealmente rispettosi dell ' autorità e pro­ motori di veri valori umani. Per quanto grande fosse la forza della legge romana, essa nulla poteva di fronte alla forza .della verità. n cristiano, infatti, può essere condanna­ to dalla legge, ma è vittorioso sulla legge quando si pone dalla parte della verità, cioè di Dio. Inoltre, qualsiasi legge umana fonda la sua forza sulla coercizione, obbligando a un'osservanza di per sé esterna. Infatti, la legge vincola la coscienza unicamente quando obbedisce a un criterio di giustizia, quando cioè difende un valore. 14 n cristiano, invece, ha come punto di riferimento una legge superiore a quella umana poiché accoglie la legge divina; questa, essendo sempre giusta, obbliga sempre in coscienza. Se dunque la legge umana è giusta, essa riflette la legge divina che va sempre osservata. Mentre però la legge umana non sempre vieta il male e non sempre spinge al bene, quella divina invece è perfetta poiché vieta sempre qualsiasi male e obbliga sempre al bene. 1 ' Perciò , per 1 3 . «lam primum , cum iure definitis dicendo: " Non licet esse uos ! " . . . , uim profitemini et iniquam ex arce dominationem, si ideo negatis licere, quia non uultis, non quia debuit non licere» (Apol. 4, 4). «Sed nos soli arcemur a religionis proprietate ! » (24 , 9 ) . «Sed quoniam facile iniquum uideretur liberos homines inuitos urgeri ad sacrificandum . . . , certe ineptum existimaretur, si quis ab alio cogere­ tur ad honorem deorum . . . , ne prae manu esset iure libertatis . . . » (28, l ) ; «Cur . . . non proinde adaequamur de licentia et immunitate disciplinae?» (46, 3 ). 1 4 . «Quodsi, quia non debet licere, ideo noluistis licere, sine dubio id non debet licere, quod male fit, et utique hoc ipso praeiudicatur licere quod bene fit. Si bonum inuenero esse, quod lex prohibuit . . . » (Apol. 4, 5); «Sed quanta auctoritas legum humanarum, cum illas et euadere homini contingat plerumque in admissis delitescenti et ali­ quando contemnere . . . ?» (45 , 5). 1 , . «lnnocentiam a Deo edocti, e t perfecte eam nouimus . . . Vobis autem humana doctrina innocentiam tradidit . . . ; inde nec plenae nec adeo timendae estis disciplin � e ad innocentiae ueritatem» (Apol. 45 , 1-2 ) .

APOLOGETICUM

47

quanto riguarda l'osservanza delle leggi, lo Stato non ha nulla da temere da parte del cristiano: se le leggi sono giu­ ste le osserverà tutte fedelmente poiché le osserverà in nome di Dio. l6 Un vero cristiano non può essere un crimi­ nale; e, se fosse un criminale, avrebbe cessato di essere un cristiano P Da questo dovere morale del cristiano l'impero romano non aveva nulla da temere per la sua stabilità. La lealtà verso l'autorità imperiale è affermata con chiarezza da Tertulliano. Secondo l'insegnamento scritturistico qualsia­ si autorità è vista come espressione della volontà di Dio sul mondo; da qui il dovere di pregare per chiunque riveste un'autorità perché possa compiere la volontà di Dio. I cri­ stiani sono pienamente romani, sebbene non possano ren­ dere un culto divino all'imperatore; anzi sono più romani di altri che, pur dichiarandosi romani, tramano contro l'impero. I cristiani non sono uno Stato nello Stato o con­ tro lo Stato, ma cittadini che vogliono il vero bene dello Stato. L'impero non può essere qualcosa di assoluto, poi­ ché nulla può essere anteposto a Dio: anche l'imperatore è secondo dopo Dio. Attribuire la divinità all'imperatore è deformare la verità delle cose: non è rispettoso né verso Dio né verso l'imperatore , l 8

3

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n confronto tra cristianesimo e paganesimo

L'apologetica di Tertulliano non si svolge unicamente sul piano giuridico, ma si estende ad altri aspetti del rap­ porto tra cristianesimo e paganesimo. In particolare - e 1 6. «Enimuero nos, qui sub Deo, omnium speculatore, dispungimur quique aeternam ab eo poenam prouidemus . . . , eum timentes, quem timere debebit ipse, qui iudicat, Deum, non proconsulem» (Apol. 45 , 7 ) . 1 7 . «De uestris semper aestuat carcer, d e uestris semper metalla suspirant. . . Nemo illic Christianus, nisi hoc tantum; aut, si et aliud, iam non Christianus» (Apol. 44, 3 ) . 18. Cf. Apol. 28-36.

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per comprensibili motivi - Tertulliano porta la sua polemi­ ca sul piano strettamente religioso, per poi passare a quel­ lo politico (connesso, nella mentalità pagana, a quello reli­ gioso) e sociale. Mentre sul piano giuridico la polemica verteva sull 'evidente ingiustizia della legge romana proibi­ zionista verso il cristianesmo, lesiva di diritti fondamentali, sul piano religioso e sociale l'apologista cartaginese prefe­ risce una polemica tipicamente culturale, basata sul valore intrinseco delle rispettive concezioni su Dio e sull'uomo, ossia sull'oggettivo possesso della verità. Ma a differenza dell 'apologetica greca, che tende a sot­ tolineare alcune vicinanze tra il mondo precristiano e quel­ lo cristiano - in particolare sul piano filosofico -, in Tertulliano il confronto tra cristianesimo e paganesimo mira a evidenziare la distanza delle rispettive posizioni. Tale distanza, secondo lo scrittore cartaginese, è data:

l) Dalla diversa natura del cristianesimo rispetto al paganesimo. Le due realtà sono essenzialmente diverse. n cristianesimo, infatti, è un evento che ha un'origine divina, frutto della rivelazione di Dio all'uomo in Cristo (aspetto divino e umano del cristianesimo; eterno e stori­ co; presente ed escatologico) . La religione pagana è solo u n a costruzione umana, espressione del naturale bisogno religioso dell'uomo che tende a Dio (modalità umana, e per di più errata, di ono­ rare Dio al fine di rendergli il culto dovuto) . Anzi la pri­ mitiva religiosità umana, rispetto alle successive deforma­ zioni pagane, era più genuina (l'anima naturalmente cri­ stiana) . 2) Dalla superiorità del cristianesimo sulla religione pagana. Ciò avviene sul piano storico in forza dell'anteriorità della rivelazione divina, contenuta nelle Sacre Scritture, rispetto a qualsiasi altra testimonianza religiosa. Questo appare in modo specifico sul piano della fede: il monoteismo rispetto al politeismo; la certezza della

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verità divinamente rivelata in contrapposizione alla conge­ rie di opinioni umane, spesso contrastanti tra loro. Si manifesta infine sul piano morale, grazie alla eleva­ tezza della vita cristiana caratterizzata dalle virtù cristiane rispetto alla morale pagana. 3) Dalla diversa natura del cristianesimo e della teologia rispetto alla filosofia. Il cristianesimo non è una filosofia. La filosofia è la riflessione critica sulla realtà avendo come criterio e stru­ mento l'indagine razionale, in vista di una verità razionale. Il cristianesimo, invece, è un evento, frutto della rivelazio­ ne divina in Cristo, ossia della comunicazione della verità divina (che è Dio, e di tutte le cose in Dio) all'uomo. La teologia è la riflessione critica sulla realtà avendo come cri­ terio la rivelazione divina e come strumento l'indagine razionale, in vista di una comprensione razionale (scientifi­ ca) della verità divina. l 9 La filosofia, proprio a motivo del suo criterio razionale, è esposta a tutti i limiti della mente umana (difficoltà di giungere alla verità, incertezze nel possesso della verità, parzialità di comprensione, possibilità di errore) . 20 Non così per la fede, che si fonda sulla rivelazione: la regola della fede è la regola della verità (esente da errore, sicura, perenne, universale) . 21 4) Dalla superiorità del cristianesimo e della teologia rispetto alla filosofia. Esistono delle analogie tra la fede cristiana e la filosofia (alcune verità su Dio, sul mondo, sull 'uomo) , ma la divina 19 . «Adeo neque de scientia neque de disciplina, ut putatis, aequa­ mur» (Apol. 46, 8). 2 0 . «lnuentum enim solummodo Deum non ut inuenerant dispu­ tauerunt . . . » (Apol. 47, 5); « ut quis sentit, ita aut intulit quid aut reformauit» (47, 8) . 2 1 . «Expedite autem praescribimus adulteris nostris, illam esse regu­ lam ueritatis, quae ueòiat a Christo transmissa per comites ipsius . . . » (Apol. 47, 10) . . . .

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rivelazione supera la filosofia poiché la precede. La filoso­ fia, infatti, posteriore alla rivelazione, ha mutuato da questa alcune verità, deformandole poi con il suo criticismo. Quanto c'è di vero nella filosofia non appartiene alla filoso­ fia, ma alla fonte della verità che è la rivelazione divina . 22 Perciò la filosofia è anche la fonte di tutte le eresie. Infatti, qualsiasi deviazione dalla regola della fede nasce da un'interpretazione soggettiva del dato scritturistico mossa da un eccessivo spirito critico che fa della ragione il crite­ rio di verità. 23 Tertulliano, quindi, non esprime un giudizio negativo sulla filosofia in se stessa, ma sull'uso distorto che ne fanno i filosofi. Non c'è un rifiuto pregiudiziale del pensie­ ro filosofico, ma un giudizio sui singoli filosofi che egli considera falsificatori della verità (sotto un influsso demo­ niaco ) , notandoli più interessati alla notorietà che alla verità. Mentre il filosofo cerca fama dalla sua sapienza, il cristiano cerca la salvezza dalla verità conosciuta. 24 Che non si tratti di un rifiuto globale lo prova il fatto che tal-

22 . «Adhuc enim mihi proficit antiquitas praestructa diuinae littera­ turae, quo facile credatur, thesaurum eam fuisse posteriori cuique sapientiae» (Apol. 47, l ) ; « . . . ut quae de nostris habent, ea nos com­ parent illis» (47 , 2 ) ; «Nam et si qua simplicitas erat ueritatis eo magis scrupulositas humana fidem aspernata nutabat, per quod in incertum miscuerunt etiam quod inuenerant certum» (47, 4). 2 3 . « . . . ex horum (philosophorum) semine etiam nostram hanc nouiciolam paraturam uiri quidam suis opinionibus ad philosophi­ cas sententias adulterauerunt. . .. » (Apol. 47, 9 ) . 24 . «Quam e t illusores et contemptores inimice philosophi affectant ueritatem et a f fectando corrumpunt, ut qui gloriam captant, Christiani et necessario appetunt et integre praestant, ut qui saluti suae curant» (Apol. 46, 7 ) ; «Adeo quid simile philosophus et Christianus, Graeciae discipulus et cadi, famae negotiator et salutis uitae, uerborum et factorum operator . . . , furator eius (ueritatis) et custos?» (46, 18).

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volta egli conferma le sue riflessioni appoggiandosi ad alcuni filosofi stoici. 25 Ma, nonostante alcuni elementi degni di stima presenti nella filosofia (come l'elevatezza di alcune dottrine morali ed esempi di virtù) , la loro dottrina non incanta il cuore. ll cristiano non insegue un ideale morale per quanto sublime esso sia, quasi alla ricerca della propria perfezione, ma imita colui che più d'ogni altro è degno d'amore: Gesù Cristo. Non si sacrifica unicamente per coerenza ai propri princìpi e valori, ma dona la sua vita per amore a Cristo, cioè a colui che lo ha amato e salvato. 26 Rimane il fatto che, rispetto a qualsiasi filosofia, solo il cristianesimo pratica in modo autentico - perché divino una vita virtuosa: l'amore, la misericordia e il perdono, la castità, l'umiltà, la fedeltà. Una dottrina umana può pro­ porre soltanto un ideale umano , senza peraltro dare la forza di attuarlo; la dottrina divina propone all'uomo la vita divina, donandogli la grazia di viverla. La vita cristiana non è dunque una vita umana, ma una vita umano-divina: la vita di Cristo. 2 7 . In sostanza, l'apologetica di Tertulliano è un cercare, un mostrare, un difendere la verità, perché non sia con­ dannata senza prima essere conosciuta. 28 Ma la verità di cui egli parla è qualcosa di divino poiché ha la sua sede nei 25 . «Taceo de philosophis, Socrate contentus, qui in contumeliam deorum . . . Sed et Diogenes» (Apol. 14 , 7. 9); «Multi apud uos ad tolerantiam doloris et mortis hortantur, ut Cicero . . . , ut Seneca . . . , ut Diogenes, ut Pyrrhon, ut Callinicus; nec tamen . . . » (50, 14) . 2 6 . « . . . nec tamen tantos inueniunt uerba discipulos, quantos Christiani factis docendo» (Apol. 50, 14). 27. «Nos ergo soli innocentes ! . . . Enimuero necesse est. Innocentiam a Deo edocti, et perfecte eam nouimus, ut a perfecto magistro reue­ latam, et fideliter custodimus, ut ab incontemptibili Deo doctore praeceptam. Vobis autem humana doctrina innocentiam tradidit, humana item dominatio imperauit . . . » (Apol. 45, 1-2). 28 . «Nihil de causa sua deprecatur (ueritas) , quia nec de condicione miratur. Scit se peregrinam in terris agere . . . Vnum gestit interdum, ne ignorata damnetur» (Apol. l , 2).

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cieli e proviene dall ' alto. Egli possiede l'intima convinzio­ ne che il cristiano - per la sua adesione alla parola di Cristo (la Verità inviata da Dio) - possiede la verità, ed è questa a dare pienezza di significato alla vita uman a . Infatti, la regola della verità è la parola di Cristo, trasmessa a noi mediante la tradizione apostolica. 2 9 Pertanto, è vero ciò che è conforme alla verità di Cristo; non ci può essere verità che si opponga alla verità di Cristo (l'anima natural­ mente cristiana) ; ogni verità è un frammento della verità di Cristo.JO La consapevolezza di essere stato raggiunto dalla verità lo porta a contrastare con tutto l'ardore dd suo tempera­ mento quanto si oppone ad essa: l'ignoranza, il pregiudi­ zio, l'irrazionalità, l'errore, la falsità, la malafede, l'odio alla verità. Egli sa per esperienza personale che chiunque abbia un animo semplice e aperto, alieno da autosufficien­ za superba e preconcetta, quando incontra la verità ne resta conquistato. Consapevole della fortuna di averla tro­ vata, la adora, la ama, la serve.J l La verità cristiana diventa il vero oggetto della sua apologia. Ogni confronto si svolge sempre sul piano della verità:32

29. « . . . illam esse regulam ueritatis, quae ueniat a Christo transmissa per comites ipsius . . . » (Apol. 47, 10). 30. «0 testimonium animae naturaliter Christianae ! » (Apol. 17, 6); «Omnia aduersus ueritatem de ipsa ueritate constructa sunt, ope­ rantihus aemulationem istam spiritibus erroris» (47 , 1 1 ) . 3 1 . «lam quidem intellegi subiacet, ueritatis esse cultores qui menda­ cii non sint, nec errare amplius in eo, in quo errasse se recognoscen­ do cessauerint» (Apol. 15, 8). 32. « . . . liceat ueritati. . . ad aures uestras peruenire» (Apol. l , l ) ; «etiam inauditam damnabunt ueritatem» ( l , 3 ) ; «ueritas nostra» (4 , 3 ; 46, 2 ) ; «ueritatem istius diuinitatis» (5 , 2 ) ; «Deus verus» ( 1 7 , 2. 5; 22 , 12; cf. 23 , 1 1 ; 24, lO; 30, l; 40, 8; 43 , 2); «in agnitionem ueritatis» (2 1 , 3 O) ; «uera est ista diuinitas Christi» (2 1 , 3 1 ); «uerae diuinitatis» (22, 7 ) ; «ueram religio1.1em ueri Dei» (24, 2; cf. 35, l ) ; «de uera et falsa diuinitate» (25, l ) ; «uhi ueritas est Dei» (3 0, 7 ) ; «ueritatem reudauerim» (3 9, l ) ; «ad unam lucem expauerunt ueri-

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- sotto l'aspetto religioso: si mostra la vera e la falsa divinità e, quindi, la vera e la falsa religione; - sotto l'aspetto ftlosofico: si dimostra la vera e la falsa sapienza; - sotto l'aspetto giuridico: si evince la verità cristiana dalla sua innocenza; - sotto l'aspetto sociale: si comprova la verità cristiana dai princìpi che reggono la vita comune, ossia l'amore, la condivisione dei beni, la giustizia sociale. Non tutti però accettano la verità; anzi da sempre essa è oggetto di odio e di condanna; 33 un odio perverso, demoniaco , che ha il suo inizio nell 'opposizione degli angeli ribelli (i demòni) a Dio, che è la Verità, e che dal mondo angelico si estende al mondo umano con l'intento di porlo irragionevolmente contro la verità . Secondo Tertulliano il paganesimo è frutto dell'azione demoniaca nel mondo; essa mira a distogliere l'uomo dalla verità por­ tandolo al culto degli idoli. Abbiamo così una duplice azione diabolica: sviare l'uomo dalla verità (azione negativa) e combattere contro di essa (azione positiva). Le sue modalità riflettono la natu­ ra demoniaca di chi le ispira, ossia la sua perversità che si manifesta come illogicità, incoerenza, crudeltà.J4 La verità è tatis» (39, 9) ; «ad innocentiae ueritatem . . . uere bonum» (45 , 2); «de ueritate debebit reniti» (46, l ) ; «aliquid de ueritate sapiebat deos negans» (46, 5 ) ; «in quantum odium flagrat ueritas» (46, 6); «philo­ sophi affectant ueritatem» (46, 7); «interpolator et integrator uerita­ tis» (46, 1 8 ) ; «simplicitas erat ueritatis» (47 , 4 ) ; «suh discrimine capitis pro ueritate certemus» (50, 2). 3 3 . «Cum odio sui coepit ueritas; simul atque apparuit, inimica est» (Apol. 7, 3 ) . «Piane olim, id est semper, ueritas odio est» ( 14, 7). «In quantum odium flagrat ueritas . . . , hoc maxime nomine gratiam pan­ git apud insectatores ueritatis» (46, 6). 3 4 . «Quanti transfugae in peruersum ! » (Apol. l , lO); «Quod peruer­ sius est . . . » (2, 1 1 ) ; «Suspecta sit uobis ista peruersitas» (2, 14); «Vnde ista peruersitas . . . ?» (2, 17); « . . . e t iudicandi peruersitatem et saeuiendi iniquitatem» (27 , 4 ) .

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per sua natura logica poiché manifestazione del Logos divi­ no, ossia del Verbo di Dio fatto uomo; è sempre coerente­ mente se stessa, cioè vera; non lede mai alcun bene, anzi lo promuove ed esalta. Invece, l'odio contro la verità è per­ verso. Infatti è illogico, non essendoci ragione che possa giustificarlo; è incoerente, poiché l'irragionevolezza non segue alcuna norma di verità, di giustizia, di bene; è crude­ le perché ferocemente disumano nel suo intento di provo­ care sofferenza e morte. 35 Tertulliano si sofferma a mostrare come quest'odio con­ tro il cristianesimo si manifesti soprattutto nei processi con­ tro i cristiani: illogicità giuridiche, incoerenze processuali, crudeltà dei supplizi. Al contrario, il cristiano oppone la semplicità della verità, la coerenza di una vita buona, la sere­ nità del suo martirio. Si giunge a questa assurdità: chi non possiede e non vuol conoscere la verità dileggia la verità come falsità e pazzia; chi odia i cristiani li accusa di odio verso il genere umano. Ma mentre il cristiano non perseguita il mondo volendo conquistarlo alla verità, dal mondo è per­ seguitato per la verità che annuncia. La verità è disprezzata

3 5 . «0 sententiam necessitate confusam ! Negat inquirendos ut inno­ centes et m a n d a t p u n i e n d o s ut n o centes» (Apol. 2 , 8 ) ; «Praeuaricaris in leges . Vis u t neget s e nocentem, ut eum facias innocentem . . . » (2, 17); «ne probentur non esse quae malunt credi­ disse» (2 , 19); «ualde ineptum, si solius nominis crimen est» (2, 20); «Domitianus, portio Neronis de crudelitate » (5, 4); «Quales ergo leges istae, quas aduersus nos soli exsequuntur impii iniusti, turpes truces, uani dementes . » (5, 7 ) ; «Si quid et de necis genere differt, utique crudelius . . . » (9, 7 ) ; «p�r Neronis saeuitiam sanguinem Christianum seminauerunt» (2 1', 25 ) ; «nunc duritia saeuiendi ad constantiam nostram deiciendam operetur» (27 , 4); «De qua iniqui­ tate saeuitiae non modo caecum hoc uulgus exsultat et insultat, sed et quidam uestrum, quibus fauor . uulgi de iniquitate captatur . . . » (49, 4); «Nec quicquam tamen proficit exquisitior quaeque crudeli­ tas uestra>> (50, 1 3 ) . . . .

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come pregiudizio e pazzia,36 ma non è combattuta come paz­ zia, essendo odiata per la sua capacità di conquistare i cuori. L'odio anticristiano porta così alla persecuzione. Si vuole distruggere la verità che mette in luce la menzogna; ma non potendo annientare la verità, si annienta chi la ama e la proclama. Proprio di fronte alla verità perseguita­ ta la menzogna manifesta tutta la sua perversità. Ogni martire è la prova di quanto sia inumano l'odio anticristia­ no e a quali aberrazioni porti la sua insensata chiusura alla verità di Cristo. Lo strumento abituale per conferire legalità a qualsiasi azione repressiva contro la fede cristiana è ovviamente la forza del diritto, che vieta irragionevolmente la fede cristiana, imponendo con violenza il suo contrario.J 7 Qualsiasi conce­ zione ideologica, sia essa di natura culturale o politica (nel nostro caso la divinizzazione dell'imperatore) , trova necessa­ riamente un adeguato supporto giuridico che la giustifica. Ma poiché per un cristiano nulla può inficiare la signoria di Cristo - fondamento della vera libertà cristiana -, non ci sarà mai alcuna potenza che possa assoggettarlo al suo dominio.JS Questa situazione di contrasto accompagna sempre la vita della Chiesa,. Da qui l'attualità di quest'opera giusta­ mente considerata un capolavoro della letteratura cri­ stiana. Le profonde intuizioni del nostro cartaginese e le sue stringenti argomentazioni conservano intatto il loro 36 . «Non potes dementiam dicere, quod reuinceris ignorare» (Apol. l , 1 3 ) ; «ltaque ridemur praedicantes Deum iudicaturum . . . , proinde decachinnamur>> (47 , 12); «Haec sunt, quae in nobis solis praesump­ tiones uocantur. . Illi (philosophi) prudentes, nos inepti; illi hono­ randi, nos irridendi...» (49, l ) ; « . . merito desperati et perditi existi­ mamur. Sed haec " desperatio et perditio" penes nos in causam glo­ riae et famae uexillum uirtutis extollunt» (50, 4) . 3 7 . « . . . cum ad omnia occurrit ueritas nostra, postremo legum obstruitur auctoritas aduersus eam, ut aut nihil dicatur retractan­ dum esse post leges, aut ingratis necessitas obsequii praeferatur ueri­ tati . . . » (Apol. 4, 3 ) . 3 8 . «Ceterum liber sum illi; dominus enim meus unus est Deus omnipotens, aetemus, idem qui et ipsius» (Apol. 34, l ) ; « . . . quod in nos potestis, nostrum sit arbitrium ! » (Apol. 49, 4 ) . .

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valore . Le sue pagine sembrano riflessioni su recenti fatti di cronaca. Del resto, sappiamo dalla storia della Chiesa come la persecuzione anticristiana - talvolta in forma aperta e violenta, oppure più nascosta e subdola non sia un episodio sporadico o un evento imprevisto. Stando alle parole di Gesù , la persecuzione è un fatto costante e p revisto ( cf. Gv 1 5 , 20 -2 1). In definitiva l'odio contro ciò che è cristiano è odio contro Cristo; l ' avve rsione all a C h i e s a è avve rsione a C ri s t o . M a l ' accanimento contro l a Chiesa dimostra ancor p i ù l a grandezza e la verità della fede, l a sua forza pacifica e vittoriosa. Questo scontro sembra apparentemente una sconfitta della fede, poiché il m artire soccombe . In realtà non è così perché il martire perde la vita ma non la fede. È quindi la fede a vincere, poiché sul martire non hanno prevalso lusinghe, minacce e torture. Contro l'intenzione del persecutore, niente ha potuto separarlo dalla fede, cioè da Cristo; anzi lo ha definitivamente e gloriosamente raggiunto. 39

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Elementi teologici presenti neD'Apologeticum

Parliamo semplicemente di elementi teologici, e non di t e o l o g i a , t e n e n d o p re s e n t e a l m e n o t r e fat t o r i : l'Apologeticum è la prima opera di Tertulliano (general­ mente è considerata una rielaborazione dell'Ad natio­ nes) , e quindi non esprime la maturità del suo pensiero teologico; è un'opera che appartiene a un genere lettera­ rio specifico ( esula dai suoi intenti la completezza, la sistematicità, l ' approfondimento) ; un'esposizione com ­ pleta della dottrina teologica di Tertulliano richiedereb­ be un attento esame di tutta la sua produzione letteraria.

39 . «Quid hoc mali est, cuius reus gaudet, cuius accusatio uotum est et poena uictoria?» (Apol. l, 1 3) ; « . . . ut illic sub discrimine capitis pro ueritate certemus. Victoria est autem, pro quo certaueris, obti­ nere. Ea uictoria habet et gloriam placendi Deo et praedam uiuendi in aetemum» (50, 2 ) .

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Rimane il fatto che l'Apologetico è la prima opera teolo­ gica del primo teologo occidentale. Da qui la sua impor­ tanza nella storia della teologia, specialmente nella teo­ logia latina che inizia, con quest'opera, a usare un suo linguaggio per esprimere le realtà divine. Possiamo sintetizzare il contenuto dottrinale del­ l'Apologeticum in questo modo:

l) La divina rivelazione. In Tertulliano appare chiara la priorità teologica della divina rivelazione, e lo dimostra il fatto che la sintetica esposizione del cristianesimo prende avvio trattando pro­ prio della comunicazione all'uomo della verità divina. La rivelazione è presentata nella sua esistenza, nella sua

natura, nella sua modalità, nel suo oggetto, nel suo fine. Essa è un fatto storico, al di là della rivelazione naturale che avviene, appunto, tramite la natura; consiste nella comunicazione della Parola di Dio al popolo d'Israele tra­ mite le parole dei profeti; trova la sua pienezza nella rivela­ zione di Gesù Cristo tramandata a noi dagli apostoli; è contenuta e conservata nei libri sacri dei Giudei (Antico Testamento) a cui si sono aggiunti altri più recenti (Nuovo Testamento ) , sorti per intervento dello spirito divino; attraverso di essa Dio manifesta se stesso e il suo disegno di salvezza per noi, perché possiamo raggiungere - tramite la fede e il suo servizio - la vita eterna. 40 Alla Sacra Scrittura si applica il principio delta prescri­ zione (eccezione giuridica preliminare) , che è la sua anti­ chità. La Scrittura precede cronologicamente qualsiasi

40. «Sed quo plenius et impressius tam ipsum quam dispositiones eius et uoluntates adiremus, adiecit instrumentum litteraturae, si qui uelit de Deo inquirere, et inquisito inuenire, et inuento credere, et credito deseruire. Viros . . . a primordio in saeculum emisit spiritu diuino inundatos, quo praedicarent Deum unicum esse . . . Quos dixi­ mus praedicatores prophetae de officio praefandi uocantur. Voces eorum . . . in thesauris litterarum manent . . . » (Apol. 18, 1 -2. 5 ) .

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altro testo sacro, e questa antichità le conferisce un'assolu­ ta autorità rispetto a tutte le altre testimonianze religiose.4 1 Ma ciò vale anche nei confronti degli eretici, la cui inter­ pretazione si discosta dall'antica e costante interpretazione ecclesiale. 42 La prova della veridicità della Scrittura, ossia della sua divinità, è l ' avverarsi delle profezie. Il compimento di quanto era stato predetto è garanzia dell'avverarsi degli eventi futuri. La rivelazione fonda la nostra fede e la nostra speranza.43 La rivelazione, più precisamente la Parola di Cristo tra­ mandataci dagli apostoli (tradizione divino-apostolica) , è la regola della verità o della /ede.44

2) La teologia trinitaria. Tertulliano esprime la fede cristiana in un unico Dio, creatore di tutte le cose ( concetto della formazione dal nulla) , invisibile, ma che si manifesta e si rende a tutti conoscibile attraverso le sue opere (conoscibilità razionale di Dio) .45 Egli si è rivelato al popolo d'Israele attraverso i profeti, ma soprattutto attraverso Gesù Cristo.46 Questi è stato preannunciato da Dio Padre come pie­ nezza della sua rivelazione, essendo il suo Figlio. Come Figlio di Dio è stato da lui generato. È, infatti, il Logos di Dio , la sua Parola p roferita, della medesima e unica sostanza divina. Quanto all'origine dipende da Dio Padre; ma, essendo della stessa e unica sostanza divina, è con il 4 1. (36, 4); . mam

37 temetipsum (F) dett. 39 inuestigandis M dett. 42 inquisitio usque (f) dett., usque inquisitionem M 44 oblationem F opt. Vulg. , oblatio dett. edd. Il itaque] F opt. Vulg. , ergo dett. edd. 46 meruit ideo (F) dett.

48 sed nec in isto] F (cf. 22) , itaque nec in illo Vulg.

49 adhibetis tormenta (F) dett.

2 . O sententiam necessitate confusam. Tertulliano ritiene contrad­ dittoria la decisione di Traiano (97 - 1 17), che, pur non credendo evi­ dentemente alla pericolosità politica dei cristiani, ne ammetteva l'incriminazione su denuncia privata; ma riconosce il condiziona­ mento dell'opinione pubblica su Traiano, dandogli atto di aver cer­ cato di limitare le conseguenze negative per i cristiani.

Il, 8-10 (35-55)

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8. O sentenza evidentemente contraddittoria ! 2 Afferma che non si devono ricercarli in quanto innocenti, e ordina che siano puniti come colpevoli. Risparmia e infierisce, dissimula e punisce. O censura, perché censuri te stessa? Se condanni, perché anche non ricerchi? Se non ricerchi, perché anche non assolvi? Per ricercare dei briganti si assegna in ogni provincia lUl distaccamento militare; con­ tro i rei di lesa maestà e nemici pubblici ogni uomo è sol­ dato: la ricerca si estende anche ai complici, ai testimoni. 9. Solo il cristiano non è permesso ricercarlo, ma è per­ messo denunciarlo, come se la ricerca avesse uno scopo diverso dalla denuncia. Pertanto, condannate un denun­ ciato che nessuno ha voluto che fosse ricercato; il quale, penso, non merita la pena perché colpevole, ma per essere stato scoperto mentre non doveva essere ricercato. 10. Ma neppure in questo voi agite con noi secondo la correttezza processuale usata per giudicare i malvagi, poi­ ché a quanti negano il delitto li torturate perché confessi­ no, mentre solo i cristiani (li torturate) perché neghino; ma, se (l'essere cristiano) fosse un delitto, noi negherem­ mo, e voi ci spingerereste con la tortura a confessare (la fede) . 3 Non per questo ritenete di non dover inquisire i delitti con la tortura, anche se certi della loro ammissione con la confessione del nome. Infatti, pur sapendo che cosa sia un omicidio, nondimeno nei riguardi dell'omicida con­ fesso indagate [con la tortura] sulle circostanze del delitto

3 . Solo con i cristiani la tortura è utilizzata perché l'accusato neghi ciò che ha confessato, che cioè neghi di essere cristiano. È la con­ danna per il nomen Christianum che figura effettivamente nei tituli. La semplice adesione al cristianesimo provoca la condanna per superstitio illicita, risultante dal senatoconsulto dell'anno 35. Negare e con/iteri diventano per i cristiani di lingua latina l'equivalente di apostasia e di martirio. Per l'affermazione nel II secolo del termine greco Jlap'rvç come termine tecnico ecclesiastico (originariamente significava testimone) e del calco latino martyr, cf. M. SORDI, La svolta del li secolo e la nascita del concetto ecclesiale di martire, in >), che rivela l'uso apotropaico dd termine (per la stessa ragione i Greci chiamavano Eumenidi, ossia benevole, le Furie). I /lagitia che il volgo attribuiva ai «buoni» cristiani al tempo di Nerone erano l'infanticidio e l'incesto, dovuti al fraintendimento dell'Eucaristia e della fraternità che i cristiani proclamavano fra loro. 4. Erasitrato, medico di Ceo, esponente della scuola medica alessandri­ na, visse nd m sec. a. C. Aristarco di Samotracia, grammatico e ffiosofo, direttore dopo Aristofane di Bisanzio della Biblioteca di Alessandria, visse fra il m e il TI sec. a. C. M. Gavio Apicio, cdebre buongustaio, autore dell'opera De re coquinaria in dieci libri, visse nd I sec. d. C. D suo libro sulla cucina ci è giunto in un rifacimento dd IV secolo.

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7. Nec tamen quemquam offendit professio nominis cum institutione transmissi ab institutore. Piane, si qui probet malum auctorem et malam sectam, is probabit et nomen malum, dignum odio de reatu sectae et auctoris; ideoque 45 ante odium nominis competebat prius de auctore sectam recognoscere uel auctorem de secta. 8. At nunc utriusque inquisitione et agnitione neglecta nomen detinetur, nomen expugnatur, et ignotam sectam, ignotum et auctorem uox sola praedamnat, quia nominantur, non quia reuincuntur. IV. l . Atque adeo, quasi praefatus haec ad suggillan­ dam odii erga nos publici iniquitatem , iam de causa innocentiae consistam; nec tantum refutabo quae nobis obiciuntur, sed etiam in ipsos retorquebo, qui obiciunt, 5 ut ex hoc quoque sciant homines, in Christianis non esse quae in se non nesciunt esse, simul uti erubescant accu­ santes, non dico pessimi optimos, sed etiam, ut uolunt, compares suos.

7 , 4 1 -46. Cf. TERT. , Ad nat. I, 4, 2: «ltaque si oh auctorem malum mala secta, tradux mali nominis plectitur. ( . . . ) Frius erat cognoscere auctorem, ut cognoscetur secta, quam de secta inspec­ tionem auctoris retinere». 8, 46-49. Cf. TERT. , Ad nat. l, 4, 3 : «At nunc necessario ignoran­ do sectam, quia ignoratis auctorem, aut non recensendo auctorem, quia nec sectam recensetis . . . ». 42 transmissi] F, transmissa Vulg. U probet] F, probat (G ?) Barr. , pro­ bauit Vulg., probant Rhl 43 malum auctorem et malam sectam] F, malam sectam et ita malum auctorem Vulg . , /ort. rectius ( cf. 48 sq.) 48 expurgatur M 49 nominatur ... reuincitur (F) G dett. Rh3 .

IV, 5 homines] F Vulg., omnes edd. 6 non nesciunt] F, non om. Vulg. 617 esse usque optimos] Vulg., om. F 7 sed etiam] F, sed iam Vulg. Il uolunt] F Vulg. , nolunt b

III , 7- 8 (41 -49) - IV, l { 1 -8)

13 1

7. La professione del nome, trasmesso con l'istituzione dal suo fondatore, non offende nessuno. Certo, se uno prova che il fondatore e la setta sono cattivi, proverà che anche il nome è cattivo, degno di odio per colpa della setta e del suo fondatore. Perciò, prima di odiare il nome, bisognava conoscere la setta dal fondatore, o il fondatore dalla setta.' 8. Ora, invece, trascurando entrambe le cose, ossia l'inda­ gine e la conoscenza, si accusa un nome, si impugna un nome, e un solo vocabolo basta per condannare a priori una setta sconosciuta e un fondatore sconosciuto, perché portano quel nome, non perché trovati colpevoli. 4

-

Necessaria moralità della legge

1. E ora, dopo aver detto questo a modo di premessa per stigmatizzare l'ingiustizia dell'odio pubblico contro di noi, mi soffermerò sulla questione della nostra innocenza. Non solo confuterò le accuse che ci vengono mosse, ma le ritor­ cerò contro quegli stessi che le lanciano, perché anche da questo tutti sappiano che nei cristiani non si trovano quelle cose che invece sanno esserci in loro, e nel contempo arrossi­ scano di accusare - loro che sono pessimi - non dico quelli che sono migliori di loro, ma anche, come essi vogliono, i loro simili.

5. Nessuna setta è condannata per il nome dd suo fondatore, salvo i cristiani che prendono il nome da Cristo (non da Cresto), che resta un nome proprio ben attestato nonostante il fraintendimento attri­ buito da Orosio e da molti moderni a Svetonio ( Vita Claudii 25, 4: «ludaeos impulsore Chresto adsidue tumultuantes Roma expulit») . Cf. M . SORDI, L'espulsione degli Ebrei da Roma nel 49 d. C. , in

«CISA» 2 1 ( 1 995 ) 259 ss.

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2. Respondebimus ad singula, quae in occulto admitte10 re dicimur, quae palam admittentes inuenimur, in quibus scelesti, in quibus uani, in quibus damnandi, in quibus irridendi deputamur. 3. Sed quoniam, cum ad omnia occurrit ueritas nostra, postremo legum obstruitur auctoritas aduersus eam, ut aut 15 nihil dicatur retractandum esse post leges , aut ingratis necessitas obsequii praeferatur ueritati, de legibus prius consistam uobiscum, ut cum tutoribus legum. 4. lam pri­ mum, cum iure definitis dicendo: «Non licet esse uos ! » et hoc sine ullo retractatu humaniore praescribitis, uim profilO temini et iniquam ex arce dominationem, si ideo negatis licere, quia non uulti s , non quia debuit non licere . .S. Quodsi, quia non debet licere, ideo noluistis licere, sine dubio id non debet licere, quod male fit, et utique hoc ipso praeiudicatur licere quod bene fit. Si bonum inuene25 ro esse, quod lex prohibuit , nonne ex illo praeiudicio prohibere me non potest, quod, si malum esset, iure prohiberet? Si lex tua errauit, puto, ab homine concepta est; neque enim de caelo ruit. 6. Miramini hominem aut errare potuisse in lege con30 denda, aut resipuisse in reprobanda? Non enim et ipsius

lO quae palam admittentes inuenimur] LO/ Tert. 75, quae palam adinueniuntur F, quae palam ad. ( admittentes) inueniuntur b, quae illos (illis S P) palam admittentes inuenimus Vulg. (inuenimur LO/) 17 consistam] F, concurram Vulg. ll uohiscum] F Vulg., nobi­ scum b Il ut] Vulg., et F Il tuturibus S P corr., cultoribus M ll legum] IV DE INLICITO S P M al. 18 cum] F Vulg., quam Rh Barr. ll iure] F, prob. Callewaert, Cod. Fu/d. 340, dure Vulg. 20 ex arce] F Vulg., exercitis G Rb3 Barr. 21 non uultis] F, non om. Vulg. 22 licere, ideo noluistis licere F, ideo non uultis licere Vulg. 25 lex] F, tua add. Vulg., minus recte 30 resipisse S P corr. Il non enim et] nonne et (F) dett. =

IV, 2-6 (9-30)

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2. Risponderemo ai singoli dditti: quelli di cui siamo accusati di commettere occultamente, e quelli di cui siamo accusati di commettere palesemente, per i quali siamo rite­ nuti scellerati, sciocchi, meritevoli di condanna e degni d'irrisione . t 3. M a poiché, quando l a nostra verità replica a tutte le accuse, le viene opposta l'autorità delle leggi, affermando che dopo la loro promulgazione non c'è più nulla da discute­ re, o che al di là di ogni considerazione la necessità di obbe­ dire alle leggi viene prima della verità, mi soffermerò anzitut­ to a trattare delle leggi con voi che siete i tutori delle leggi. 4. In primo luogo, quando in forza dd diritto stabilite che: «Non è lecito essere cristiani ! » e lo p rescrivete senza alcun' altra più benevola interpretazione, voi fate professione di violenza e di iniqua tirannia, se ce lo proibite perché non lo volete voi e non perché dev'essere proibito. 2 S. Se poi non avete voluto che ciò non fosse lecito per il fatto che non dev'essere lecito, indubbiamente non dev'essere lecito ciò che è male, e proprio per questo si presume che sia lecito ciò che è bene. Se dunque dimostrerò che è un bene ciò che la legge proibisce, non è forse vero che per questo motivo non mi può proibire ciò che giustamente mi proi­ birebbe se fosse un male? Se la tua legge ha sbagliato, sup­ pongo che sia stata formulata da un uomo; infatti, non è caduta dal cielo. 6. C'è da meravigliarsi che un uomo abbia potuto sba­ gliare nd fare una legge, o che si ricreda nel condannarla?

l . Dopo l'exordium, che egli chiama prae/atio («quasi praefatus haec»), Tertulliano annuncia la re/utatio («refutabo . . . in ipsos retor­ quebo . . . respondebimus ad singula») delle accuse mosse ai cristiani. 2 . Tertulliano si propone anzitutto di affrontare il problema dd fondamento giuridico delle persecuzioni, ossia delle leggi anticristia­ ne, dd «Non licet esse vos» che i giudici oppongono dure o iure (secondo le diverse recensioni: con durezza, o secondo il diritto vigente) alle argomentazioni dei cristiani. Egli afferma che la legge deve proibire il male, non il bene; e che, essendo umana, può sba­ gliare e, pertanto, va cambiata.

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Lycurgi leges a Lacedaemoniis emendatae tantum auctori suo doloris incusserunt, ut in secessu inedia de semetipso iudicarit? 7. Nonne et uos cottidie, experimentis inlumi­ nantibus tenebras antiquitatis, totam illam ueterem et squalentem siluam legum nouis principalium rescriptorum et edictorum securibus ruspatis et caeditis? 8. Nonne uanissimas Papias leges, quae ante liberos suscipi cogunt quam Iuliae inatrimonium contrahi, post tantae auctorita­ tis senectutem heri Seuerus, constantissimus principum , exclusit? 9. Sed et iudicatos retro in partes secari a credi­ toribus leges erant; consensu tamen publico crudelitas postea erasa est. In pudoris notam capitis poena conuersa est: bonorum adhibita proscriptio suffundere maluit homi­ nis sanguinem quam effundere. 10. Quot adhuc uobis repurgandae latent leges ! Quas neque annorum numerus neque conditorum dignitas com­ mendat, sed aequitas sola, et ideo, cum iniquae recogno-

33 iudicaret M 36 ruspatis] F, truncatis Vulg., prob. Thor. IV, 29, l. 40 retro] F, prob. LO/ Kr. 43 , om. Vulg. 42 erasa est et in (F) edd. 43 prescriptio P 45 quod S P M Il repugnandae M dett. I l leges latent (F) dett. edd. 46 numerus] om. F 3 . Lycurgi leges. Plutarco ( Vita Lycurg. 29, 2-5) narra che il leggen­ dario legislatore spartano si recò a Delfi, dopo aver fatto giurare agli Spartani che non avrebbero mutato le sue leggi fmo al suo ritorno. Avuta l'approvazione della divinità, si lasciò morire senza ritornare a Sparta, onde evitare ogni cambiamento legislativo. E nulla fu cam­ biato fmo ad Agide, figlio di Archidamo. Secondo Tertulli ano, inve­ ce, gli emendamenti ci furono già durante la vita di Licurgo, e per questo motivo egli si lasciò morire. Di correzioni e aggiunte alle leggi di Licurgo si parlò molto al tempo di Agide e di Lisandro, tra la fine dd V e gli inizi dd IV secolo (per esempio, sull'aggiunta degli efori; d. M. SORDI, Pausania II e le leggi di Licurgo, in «Festschrift fiir G. Dobesdt», Wien 2004 , pp. 145 ss) . Ma non ci è giunta notizia di correzioni fatte prima della morte dd legislatore.

IV, 6- 10 (3 1 -47)

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Le leggi dello stesso Licurgo non sono state emendate dai Lacedemoni, provocando un tale dolore al loro autore da condannarsi a morire d'inedia in un luogo solitario?J 7. Forse che voi , ogni giorn o , n ella misura in cui l'esperienza illumina le tenebre dell'antico passato, non recidete e non sfrondate con la scure di nuovi rescritti o editti autoritativi tutta quella vecchia e squallida selva di leggi? 8. Non è forse ieri che Severo, il più conservatore degli imperatori, abrogò, dopo tanta autorevole vecchiaia, quelle futilissime leggi Papie che costringono a procreare figli prima di quanto le leggi Giulie obbligano a contrarre matrimonio? 4 9. Ma in passato vi erano anche leggi secon­ do cui i debitori condannati erano squartati dai creditori; sebbene per pubblico consenso questa crudeltà fu in seguito abrogata. La pena capitale fu commutata in una nota d'infamia: con la confisca dei beni si preferì far afflui­ re il sangue dell ' uomo al viso (per la vergogna) , piuttosto che versarlo.5 10. Quante leggi vi rimangono ancora da riformare ! Non il numero degli anni, né la dignità dei loro autori, ma unicamente la giustizia dà loro valore; perciò, quando ven­ gono riconosciute ingiuste, giustamente vengono condan-

4. Papias leges. La lex Papia Poppa ea n uptia lis del 9 d. C . (ROTONDI, Leges Publicae Populi Romani, pp. 457-458), voluta da Augusto per incoraggiare i matrimoni e la procreazione, imponeva il matrimonio agli uomini fra i 25 e i 60 anni, e alle donne tra i 20 e i 50 (Tertulliano è qui confermato da Ulpiano). La lex Iulia de mari­ tandis ordinibus del 1 8 a. C . , ad essa precedente (ROTONDI, lb. , pp. 443 -444), aveva le stesse finalità, ma subì modifiche. Tertulliano parla qui di una riforma da parte di Settimio Severo ( 1 93 -2 1 1 ) , il più fermo («costantissimus») dei prìncipi. 5. capitis poena. Le pene gravissime, comminate ai debitori nelle leggi più antiche furono poi corrette dalla lex Poetelia Papiria de nexis (326 varr.; ROTONDI, ib. , pp. 230-23 1 ) che stabilì che il corpo del debitore non doveva essere messo in pericolo a motivo del man­ cato pagamento dd debito.

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scuntur, merito damnantur, licet damnent. 1 1 . Quomodo iniquas dicimus? Immo, si nomen puniunt, etiam stultas; si uero facta, cur de solo nomine puniunt facta, quae in aliis de admisso, non de nomine probata defendunt ? lncestus sum: cur non requirunt? Infanticida: cur non extorquent? In deos, in Caesares aliquid committo, cur non audior qui habeo quo purger? 12. Nulla lex uetat discuti quod prohibet admitti, quia neque iudex iuste ulci­ scitur, nisi cognoscat admissum esse quod non licet, neque ciuis fideliter legi obsequitur ignorans, quale sit quod ulci­ scitur. 13. Nulla lex sibi soli conscientiam iustitiae suae debet, sed eis, a quibus obsequium exspectat. Ceterum suspecta lex est, si probari se non uult, improba autem, si non probata dominatur.

V. 1 . Vt de origine aliquid retractemus eiusmodi legum, uetus erat decretum , ne qui deus ab imperatore 1 3 , 58·6 1 . Cf. TERT., Ad nat. I, 6, 5: «Nulla sibi lex debet con­ scientiam i ustitiae suae, sed eis , a quibus captat obsequiu m . Ceterum suspecta lex est, s i probare s e non uult». l, 1 -4. Cf. TERT., Ad nat. I, 10, 14: « . . ne qui imperator fanum, quod in t KUÌ ÉK Tijç 'YEVÉGEoç l>lUÀEX9(i)J.I.EV 'tUJv 'tO\OUtO>V v�rov, 1taÀa1òv �v l>òylla lltl6Éva treòv intò PamÀ.Éroç KalkEpoU. a8a1, xpìv intò 'tfì ç auyKÀ.lt'tOU l>oK\IlaÀ.Ou u1t0btKEV A�ou pvou . Kaì 1:omo uJtèp 'tOU ig.Léàv Myou ltEKOi.tyta\, O't\ ltap' UJ.llV av9pro ui.(X OOK\J.l fi it lrelmlç l>i.I>O'tal. 'Eàv ll'll àv9plixcp 9eòç àpéan. 9eòç où yi. vnal' omroç KU'tcX ye 'tOUtO av9pO>ltOV 9eéj) t À.EO> dva\ 1tpOGfìKEV. 2. Tli}Éploç ouv, écp' ou tò téòv Xp1anavéòv OVOJ.la dç 'tÒV KOGilOV EiaeÀ.ftÀ.u9t:v (al. t À.TtÀ.u9t:v ) àyyd.aéV'toç aù 'téj) ÉK ITaÀ.a\G'ti.� tou Myllatoç 'tOU'tou, iv9a !tpéiltov ijp�ato, tn auyKÀ.fttcp àVEKO\viDGU'tO, l>fì À.oç ÒlV ÈKei.voç CÌ>ç téj) l)òyllU't\ àpÉGKE'tU\. 'H l)t '

,

IV,

1 0- 1 3 (48-6 1 ) - V, l 0 -2 )

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nate, anche se condannano. 1 1 . Perché mai le diciamo ingiuste? Se puniscono un nome sono anche stolte. Se invece puniscono delle azioni, come mai le puniscono a motivo del solo nome, mentre negli altri casi ciò avviene per fatti provati sulla base di un delitto e non di un nome? Sono incestuoso: perché non indagano? Un infanticida: perché non torturano? Compio qualcosa contro gli dèi, contro i Cesari: perché non vengo ascoltato, io che ho da discolparmi? 12. Nessuna legge vieta di esaminare ciò che proibisce di commettere, poiché né il giudice punisce giu­ stamente se ignora che è stato commesso ciò che è vietato, né il cittadino obbedisce fedelmente alla legge se ignora ciò che la legge punisce. 13. Nessuna legge deve unica­ mente a se stessa la convinzione di essere giusta, ma a coloro da cui attende rispetto. Al contrario, è sospetta una legge se non vuoi essere controllata; ed è ingiusta se, non controllata, viene a dominare.

5

-

Iniquità delle leggi anticristiane

l. Per dire qualcosa sull'origine di tali leggi, esisteva un vecchio decreto che non consentiva a un imperatore di

lC a'Ì> t'ÌJ liEliOKliJ.cXlCEl, cXttro>, e: «Questo è avvenuto a Roma». 1 1. La fama, nome di ciò che è incerto, non trova posto dove c'è la certezza. Alla fama non crede forse soltanto chi non riflette, visto che il saggio non crede all'incerto? Tutti si rendono conto, per quanto grande sia la sua diffusione, per quanto possa essere abilmente costruita, che necessa­ riamente essa ha avuto origine un giorno da qualcuno. 12. Da qui serpeggia trasmettendosi di bocca in bocca e di orecchio in orecchio, e così il vizio nato da un piccolo seme oscura le altre voci, sicché nessuno s'interroga se quella prima bocca non abbia seminato la menzogna; e ciò

37 defert] F, adfert Vulg. Il mendatio uitii M dett. 38 quid quod] om. M 41 functa] (F) dett. (cf. Ad nat. I, l, 3 ) , functam opt. Vulg. Il exinde] F, et exinde Vulg. 43 hoc] F Vulg., fama est hoc r Rh Barr. 44 aiunt] F dett. aiut S M, aut P, om. r Rh Barr. 47 nomen] F, om. r Rh Barr. 48 an] F, uero add. Vulg. Il nisi] Vulg., si add. F Il quia sapiens] Vulg. (cf. Ad nat. I, l, 4), qui sapiens est F 49 credit. In certo dist. F 50 diffusa �t] F (cf. Ad nat. I, l, 5), diffusa sit Vulg. 52 serpit] S P M (cf. Ad nat. I, l, 5), serpat (F) dett. edd. 53 hedera rumoris] coni. Schrijnen, Mnemosyne, 1920, p. 260 sq., cetera rumoris F S dett., ceterarum oris P M Il obscurat] F Vulg., obscurant Gel. Bar.

2 . Natura famae. lnvettiva contro la Fama, creatrice di false notizie e di sommovimenti emotivi nell'opinione pubblica. Tertulliano cita Virgilio (Aen. IV, 174) a proposito dell'immediata diffusione in Cartagine della notizia sulle nozze fra Didone ed Enea.

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rit, quod saepe fit aut ingenio aemulationis, aut arbitrio suspicionis, aut non noua, sed ingenita quibusdam men­ tiendi uoluptate. 13. Bene autem quod omnia tempus reuelat, testibus etiam uestris prouerbiis atque sententiis, ex dispositione diuinae naturae, quae ita ordinauit, ut nihil diu lateat, etiam quod fama non distulit. 14. Merito igitur fama tamdiu conscia sola est scderum 60 Christianorum; hanc indicem aduersus nos profertis, quae, quod aliquando iactauit tantoque temporis spatio in opi­ nionem corroborauit, adhuc probare non ualuit.

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5

VIII. l. Vt fidem naturae ipsius appellem aduersus eos, qui talia credenda esse praesumunt, ecce proponimus horum facinorum mercedem: uitam aeternam repromit­ tunt ! Credite interim. De hoc enim quaero, an et qui credideris tanti habeas, ad eam tali conscientia peruenire.

1 3 , 56-59. Cf. TERT., Ad nat. I, 7, 6: «Sed bene quod omnia tem­ pus reudat, testibus sententiis et prouerhis uestris ipsaque natura, quae ita ordinata est, ut nihil lateat, etiam quod Fama non prodi­ dit». 14, 60-63 . Cf. TERT., Ad nat. I, 7, 7: «Videte, qualem prodigam aduersus nos subornatis, quia quod seme! detulit tantoque tempore ad fidem corroborauit, usque adhuc probare non potuit».

l , 1 -4 . Cf. TERT., Ad nat. I, 7, 29: «Miserae atque miserandae nationes, ecce proponimus uobis disciplinae sponsionem: uitam aeternam sectatoribus et conseruatoribus suis spondet� . . ». 58 diuinae] F, om. Vulg.

61 Christianorum] quod dicitur semper, semper est, quia quod est, desinit dici add. Fb (altero semper om. in F, add. Rauschef!) «Argute dictum et ungue Tertulliani dignum», recte addit Modius, at sententia interrupta uidetur bisce uerbis,

VII, 1 2 - 1 4 ( 5 4 - 63 ) - VIII, l ( 1 -5 )

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accade spesso a causa di un'astuta gelosia, o per l'arbitrarietà del sospetto, o per il gusto, non occasionale ma innato, di qualcuno a mentire. 13. Ma fortunatamente il tempo tutto rivela - lo confermano anche i vostri proverbi e le vostre sentenze3 -; e ciò per disposizione della divinità che ha fatto sì che nulla rimanga a lungo nascosto, anche ciò che la fama nel proprio interesse) non ha divulgato. 14. È logico, dunque, che per tanto tempo la fama sia stata la sola testimone dei delitti dei cristiani; fama che voi portate come prova contro di noi, la quale, ciò che un giorno ha propalato e a lungo rafforzato nella pubblica opinione, non è riuscita Hno ad oggi a provare.

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-

Incredibilità delle accuse

l. Per appellarmi alla testimonianza dell a stessa natura contro quanti presumono che si debbano credere tali cose, vi mostrerò allora la ricompensa di tali delitti: essi prometto­ no la vita eterna ! Credetelo per ora. A riguardo, però, mi domando se anche tu, che hai creduto a queste cose, ritieni di potervi giungere sapendo di aver commesso tali delitti.

quae aptius initio n. 1 0, l. 43 collocarentur, ita optime Waltzing. 62 iatauit S P co". Il temporis] F (cf. Ad nat. l, l, 7) , om. Vulg. 63 ualuit.] nouum caput incipit in d.ett. edd. VIII, 2 INCESTVS

praesumunt . ] VIII DE FAMA INCESTI (INCESTIS S, M) S P M a l . 4/5 crediderit . . . habeat F

3 . Aulo Gellio (Noct. Att. XII, 1 1 , 6) cita un antico poeta, di cui non ricorda il nome, il quale disse che la verità è figlia dd tempo ( veritatem temporis /iliam esse) . È questa la sententia a cui Tertulliano si riferisce (cf. C. MoRESCHINI, op. cit., p. 1 1 1 , n. 67) .

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2. Veni, demerge ferrum in infantem nullius inimicum, nullius reum, omnium filium; uel, si alterius officium est, tu modo assiste morienti homini, antequam uixit; fugien­ tem animam nouam exspecta, excipe rudem sanguinem, eo panem tuum satia, uescere libenter. 3. lnterea discum­ bens dinumera loca, ubi mater, ubi soror; nota diligenter, ut, cum tenebrae ceciderint caninae, non erres. Piaculum enim feceris, nisi incestum. 4. Talia initiatus et consignatus uiues in aeuum. Cupio respondeas, si tanti aeternitas; aut si non, ideo nec creden­ da. Etiamsi credideris, nego te uelle; etiamsi uolueris, nego te posse. Cur ergo alii possint, si uos non potestis? cur non possitis, si alii possunt? 5 . Alii nos , opinor, natura , Cynopennae aut Sciapodes: alii ordines dentium, alii ad incestam libidinem nerui ! Qui ista credis de homine, potes et facere; homo es et ipse, quod et Christianus. Qui non potes facere, non debes credere. Homo est enim et Christianus, quod et tu.

2, 6- 10. Cf. l'ERT., Ad nat. I, 7, 3 1 : «Veni, si quis es, demerge ferrum in infantem, uel si alterius officium est, tu modo specta morientem animam antequam uixit; certe excipe rudem sanguinem, in quo panem tuum saties, uescere libenter». 3 , 10- 1 3 . Cf. TERT., Ad nat. I, 7, 32: «lnterea discumbe, dinume­ ra loca, ubi mater aut soror torum presserit; nota diligenter, ut, cum tenebrae inruerint, temptantes scilicet diligentiam singulorum, non erres extraneam incursans: piaculum feceris, nisi incestum !». 4, 14-18. Cf. TERT., Ad nat. I, 7 , 33 : «"Haec cum expunxeris, uiues in aeuum" . Cupio respondeas, si tanti facis aeternitatem. lmmo idcirco nec credis; etiamsi credideris, nego te uelle; etiamsi uelles, nego te posse. Cur autem alli possint, si uos non potestis? cur non possitis, si alli possunt? ». 5, 1 8-20. Cf. TERT., Ad nat. I, 8, 1: «Piane, tertium genus dici­ mur. Cynopennae aliqui uel Sciapodes uel aliqui de subterrane Antipodes?». 13 feceris] F, admiseris Vulg. Il incestum] d. LO/ Kr. 45 sq. (d. Ad nat. I, l, 32), feceris add. (F) Vulg. 14 uiues] LO/, l. c. (d. Ad nat. I, l, 33),

VIII , 2 - 5 ( 6 - 2 3 )

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2. Vieni, affonda il coltello nel bambino, che non è nemico

di alcuno, colpevole di nulla, un figlio per tutti; oppure, se questo compito è affidato ad altri, assisti almeno alla morte di un uomo che spira prima d'aver vissuto (la sua vita) , attendi che l'anima novella esca dal corpo, raccogli il giovanissimo sangue, imbevi di esso il tuo pane, mangiane con gusto. 3. Intanto, mentre sei seduto a tavola, conta i posti, dove si trova tua madre, dove tua sorella; osservali bene, perché, quando saranno scese le tenebre provocate dai cani, non sbagli. Infatti, compirai almeno un sacrilegio, se non avrai commesso un incesto. ! 4. Iniziato e contrassegnato con tali riti vivrai in eterno. Desidero che tu risponda se valga tanto l'eternità; altri­ menti, se non lo merita, (tali riti) non vanno nemmeno cre­ duti. E anche se tu ci credessi, nego tu che li voglia com­ piere; e anche se tu volessi compierli, nego che tu li possa fare. Perché allora gli altri potrebbero, se voi non potete? Perché non potreste farlo voi, se lo possono fare gli altri? 5. Noi, penso, siamo di natura diversa, come i Cinopenni o gli S c i a p o di : alt ri o r dini di dent i , altri n e rvi p e r un'incestuosa libidine ! 2 Tu che credi simili cose d i un uomo puoi anche farle, perché anche tu sei un uomo, tale e quale un cristiano. Se tu non sei capace di farle, non devi crederle di altri. Infatti, anche il cristiano è un uomo, come te.

uiuis codd. edd. 17 possint] J P M, possunt (F) dett. edd. 18 alli nos] F, alia nos Vulg. 19 cynopennae] Vulg. (cf. Ad nat. l, 8, 1), cynopenae F Rh l , Cyclopes Rh3 Bar. 21 homo es] tu homo es (F) edd. 23 quod] ( F) dett , et quod S P M, p rob. Thor. ( e t id est) .

=

1 . È l a descrizione che Frontone dava dell'infanticidio e dell'ince­ sto compiuti nd buio dai cristiani (cf VII, l. 5). 2 . Plinio (Nat. Hist. VII, 2 , 23) cita Ctesia che parlava dell'esisten­ za in India degli Sciapodi: uomini che si riparavano all'ombra dd loro piede. Megastene riferiva di uomini dalla testa canina. I raccon­ ti favolosi sull'India abbondavano di questi popoli mostruosi.

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6. «Sed ignorantibus subicitur et imponitur». Nihil enim tale de Christianis asseuerari sciebant, obseruandum utique sibi et omni uigilantia inuestigandum. 7. Atquin uolentibus initiari moris est, opinor, prius patrem illum sacrorum adire, quae praeparanda sint describere. Tum ille: «lnfans tibi necessarius, adhuc tener, qui nesciat mortem, qui sub cultro tuo rideat; item panis, quo sanguinis iurulentiam colligas; praeterea candelabra, et lucernae, et canes aliqui, et offulae, quae illos ad euersionem luminum extendant. Ante omnia cum matre et sorore tua uenire debebis». 8. Quid si noluerint uel nullae fuerint? Quid denique sine pignore singulares Christiani? Non eris, opi­ nor, legitimus Christianus nisi frater aut filius. 9. Quid nunc, et si ista omnia ignaris praeparantur? Certe postea cognoscunt, et sustinent et ignoscunt ! Timent plecti, si proclament, qui defendi merebuntur, qui etiam ultro perire malunt quam sub tali conscientia uiuere? Age nunc, timeant: cur etiam perseuerant? Sequitur enim, ne ultra uelis id te esse, quod si prius scisses, non fuisses.

7 , 26-34. Cf. TERT., Ad nat. I, 7 , 23 : «Sine dubio enim initiari uolentibus mos est prius ad magistrum sacrorum uel patrem adire. Tum ille dicet: " infans tibi , qui adhuc uagetur, necessarius , qui immoletur et panis aliquantum, qui in sanguine infringatur»; I 7, 24: «praeterea candelabra, quae canes annexi deturbent, et offulae, quae eosdem canes; sed et mater aut soror tibi necessaria est " . . . ». 8, 34-36. Cf. TERT . , Ad nat. I, 7 , 24: «Quid, si nullae erunt? Opinor, legitimus Christianus esse non poteris». 26 atquin] S P M, atqui (F) dett. 28 describere] (F) dett., discribe­ re optimi Vulg., discere coni. LO/ Tert. 81 29 tibi] ti S (bi s. /.) P 30 quo] qui (F) M Rh3 31 iurulentiam] F S pl , uirulentiam p2 et rel. Vulg. ll colligas] conligat (F) dett. Rh3 34 quid si] uenire add. F 34/3.5 quid denique] (F) dett. , quod den. optimi Vulg., quot den. coni. Walt. 3.5 sine pignore] F, oin. Vulg. Il eris] F (cf. Ad nat. I, 7, 24) , erit Vulg. 40 malunt] F L, mall int Z, malint cet. 41 perseue­ rent (F) edd.

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6. «Ma - voi dite - ciò viene suggerito e imposto a degli (iniziati) ignoranti». Costoro, infatti, non sapevano nulla di ciò che veniva detto dei cristiani, mentre avrebbe­ ro dovuto loro stessi osservare e investigare accuratamente ogni cosa. 7. Eppure, credo, è consuetudine per quanti vogliono essere iniziati di presentarsi prima al padre dei misteriÈ che spiega quanto occorre preparare) Il quale dirà: « necessario che ti procuri un bambino, ancora tenero, che non sappia di morire, che sotto il tuo coltello sorrida; inoltre, del pane con cui raccogliere il flusso di sangue; poi dei candelabri e delle lucerne, alcuni cani e dei bocconi che li spingano a rovesciare i lumi. Dovrai, soprat­ tutto, venire con tua madre e con tua sorella». 8. E se costoro non volessero venire o non ne avessero alcuna? E i cristiani soli senza familiari? Non sarai, penso, un vero cri­ stiano se non sei fratello o figlio. 9. E se tutte queste cose vengono preparate senza che lo sappiano? Indubbiamente dopo le conoscono, le sopportano e fingono d'ignorarle ! Temono forse di essere puniti se le rivelano, essi che meri­ terebbero di essere da voi difesi, essi che preferirebbero morire spontaneamente piuttosto che vivere sotto il peso di tale rimorso? Ammettiamo che abbiano paura: perché allora non smettono? È logico, infatti, che tu non voglia seguitare ad essere ciò che non saresti stato, se prima l'avessi saputo.

3. Continua la descrizione in chiave parodistica della presunta ini­ ziazione del neofita ai misteri cristiani. ll pater sacrorum è il sacerdo­ te incaricato dell'iniziazione.

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IX. l. Haec quo magis refutauerim, a uobis fieri osten­ dam partim in aperto, partim in occulto, per quod forsitan et de nobis credidistis. 2. Infantes penes Africam Saturno immolabantur palam usque ad proconsulatum Tiberii, qui ipsos sacerdo­ tes in eisdem arboribus templi sui obumbratricibus sede­ rum uotiuis crucibus uiuos exposuit, teste militia patris nostri, quae id ipsum munus illi proconsuli functa est. 3. Sed et nunc in occulto perseueratur hoc sacrum facinus. Non soli uos contemnunt Christiani, nec ullum scelus in perpetuum eradicatur, aut mores suos aliqui deus mutat. 4. Curo propriis filiis Satumus non pepercit, extraneis uti­ que non parcendo perseuerabat, quos quidem ipsi paren­ tes sui offerebant, et libentes respondebant et infantibus blandiebantur, ne lacrimantes immolarentur. Et tamen multum homicidio parricidium differt !

Test., 2, 7-8: HIER.ONYMUS, De viris illustribus 53 : «Tertullianus presbyter . . . , civitatis Carthaginiensis, patre centurione proconsula­ ri» (PL 23 , 698). 4 , 12-16: MINUCIUS FELIX, Octavius 30, 3 : « . . . nam Saturnus filios suos non exposuit, sed uoravit. merito ei in nonnullis Africae partibus a parentibus infantes immolabantur, blanditiis et osculo comprimente uagitum ne flebilis hostia immolaretur» (CSEL 2, 43 ; cf. PL 3 , 348). LACTANTIUS, Divinae Institutiones I, 2 1 , 10: «nam de infantibus qui eidem Saturno immolabantur . . . , ut parricidium suum . . . » (CSEL 4, 80; cf. PL 6, 232) .

IX, l quo] (F) edd. , que Z , quoque rel. Vulg. 5 ipsos] F, 6 eosdem Vulg. Il obumbraticibus S P corr. 7 uiuos F, om. Vulg. 7/8 patris nostri] F (cf. Hierom. Vir. illustr. 53 ) , patriae nostrae Vulg. 8 id (ad) ipsum munus] Vulg., ad ipsum manus F (id ipsum manus Barr.) 9 perseueraturl optimi Vulg., perseuerat (F) dett. 10 scelus] Vulg., facinus F Walt. 11 aliqui] S P G (cf. cap. V, 1 ; XII, 5), aliquis F dett. Walt. 13 perseuerabat] Vulg. (d. 9 ) , per-

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Nefandezze dei pagani

l. Per confutare maggiormente l'accusa di questi delit­ ti, mostrerò che siete voi a compierli, in parte palesemen­ te, in parte segretamente, e forse per questo li credete anche di noi. 2. In Mrica venivano immolati pubblicamente degli infanti a Satumo fmo al proconsolato di Tiberio, il quale espose i sacerdoti, appendendoli vivi, agli stessi alberi del tempio che con la loro ombra avevano coperto tali nefan­ dezze, come a croci votive; ne sono testimoni i soldati di mio padre, che eseguirono quest'incarico a nome di quel proconsole. 3. Ma tuttora si continua di nascosto a perpe­ trare questo sacro crimine. Non sono solo i cristiani a disprezzarvi; e non c'è alcun delitto che venga sradicato per sempre, o qualche dio che cambi i suoi costumi. 4. Poiché Satumo non ha risparmiato i propri figli, non ha smesso di risparmiare nemmeno i figli degli altri, tanto più che erano gli stessi genitori a offrirglieli, e volentieri li pro­ mettevano in voto, blandendo gli infanti perché senza pianti si lasciassero immolare. Tuttavia, il parricidio (di un figlio) è molto diverso dall'omicidio (di un bimbo) P

seuerasset F Walt. Il quos] Vulg., sed quos F 14 sui] suos M Il respondebant] F Vulg . , exponebant R h Bar. 16 offert M

1 . Tertulliano contesta a pagani i delitti che essi attribuiscono ai cristiani. Anzitutto ricorda i loro sacrifici di bambini a Satumo, che i Romani punivano con la crocifissione dei sacerdoti responsabili. Egli cita qui la testimonianza dei soldati di suo padre, che, per ordi­ ne del proconsole (Tertulliano lo indica solo col prenome Tiberius), eseguì tali crocifissioni. D Satumo romano era stato assimilato al dio greco Xp6voç, divoratore dei suoi figli, e a quello fenicio Baal Moloch cui erano destinati i sacrifici umani di bambini, praticati in un'area sacra detta to/et. Tertulliano testimonia che questi sacrifici, vietati dai Romani, avvenivano ancora al suo tempo, ma di nascosto.

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.5. Maior aetas apud Gallos Mercurio prosecabatur. Remitto fabulas Tauricas theatris suis. Sed et [Ecce] in illa religiosissima urbe Aeneadarum piorum est luppiter quidam, quem ludis suis humano sanguine proluunt. Sed bestiarii, inquitis. - Hoc, opinor, minus quam hominis ! An hoc turpius, quod mali hominis? Certe tamen de homici­ dio funditur. O louem Christianum et solum patris filium de crudelitate! 6. Sed quoniam de infanticidio nihil interest, sacro an arbitrio patretur, licet de parricidio intersit, conuertar ad populum . Quot uultis ex his circumstantibus et in Christianorum sanguinem inhiantibus, ex ipsis etiam uobis iustissimis et seuerissimis in nos praesidibus apud conscientias pulsem, qui natos sibi liberos enecent? 7. Si quid et de necis genere differt, utique crudelius in aqua spiri­ tum torquetis, aut frigori aut fami aut canibus exponitis; fe rro enim mori aet as quoque maior opt auerit .

7, 30-3 3 . Cf. TERT., Ad nat. I, 14, 4: «Sed nec eo distat, si uos non ritu sacri neque atis. Atquin hoc asperius, quod frigo­ re et fame aut besonitis aut longiore in aquis morte, si mergitis».

Test., 7, 30-3 3 : ISID. HrsP., Etymol. V 27, 35: «In ipso quoque genere necis diffe rt. Cruddius est enim in aqua spiritum torquentes exstingui, ignibus uri, frigore et fame necari, canibus et bestiis exponi. Nam ferro mori aetas quoque maior optavit. ( . . . )» (cf. PL 82 , 2 14). 17 prosecabatur] F, prosecatur Vulg. 18 tauricas fabulas (F) dett. edd. U sed et F, ecce Vulg. 19 est. est S P M 20 proluunt sanguine (F) dett. edd. 21 opinor hoc (F) dett. 26 patretur, licet de parrici­ dio intersit] F, perpetretur licet parricidium homicidio intersit Vulg. 27 quod (F) S P M al. 28 inhiantibus] F (cf. 58 et 70) , hiantibus Vulg. 30 enectent (F) edd. Il si quid] F, si quidem Vulg. 3 1 necis genere] F, genere necis Vulg. 32 torquetis] F (cf. Isid. l. c. ) , extorquetis Vulg. (cf. cap. XXX, 7) I l aut fami aut canibus] F 'P, et fami et canibus rei. Vulg . I l exponitis] Vulg . , exponentes F 33 optauerit] F Vulg . , exoptauerit r, o p t a u i t R h 1 B a r r .

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5 . Presso i Galli si sacrificavano a Mercurio degli adulti. 2 Lascio ai loro teatri le tragedie Tauriche.3 Ma persi­ no [Ecco] nella stessa religiosissima città dei pii discenden­ ti di Enea c'è un certo Giove che, durante i giochi in suo onore, aspergono di sangue umano. «Ma - voi dite - si tratta di un bestiario». Qualcosa, suppongo, che vale meno del sangue di un uomo ! Ma non è forse cosa più turpe, trattandosi (del sangue) di un uomo malvagio? Comunque sia, è certamente versato con un omicidio. Oh, Giove cri­ stiano e figlio unico a causa della crudeltà di suo padre ! 4 6. Ma poiché riguardo all'infanticidio non c'è differenza se sia compiuto ritualmente o arbitrariamente, benché si tratti (nel caso vostro) di parricidio, mi rivolgerò al popolo. Fra quelli che ci circondano e bramano il sangue di cristia­ ni, anche tra quei giudici, giustissimi con voi e severissimi con noi, di quanti volete che io bussi alla porta della loro coscienza ricordando loro che uccidono i propri figli? 7. Se c'è qualche differenza nel genere di morte, certamente voi usate maggiore crudeltà (verso i cristiani) affogandoli nel­ l' acqua, o esponendoli al freddo, alla fame, ai cani; anche un uomo adulto, infatti, preferirebbe morire di spada.

2 . Dei sacrifici umani praticati dai Druidi in Gallia a Teutates­ Mercurio parla Cesare (De bello gallico VI 1 6- 1 7 ) , secondo cui, però, al suo tempo i Galli preferivano sacrificare i colpevoli di furto o di altri delitti, e non degli innocenti. daudio abolì proprio per questo la religione druidica, che già Augusto aveva vietato ai cittadi­ ni romani (SUET., Claudii vita 25 , 5). 3 . fabulas Tauricas. Tertulliano si riferisce al sacrificio di Ifigenia, descritto nella tragedia Ifigenia in Tauride di Euripide. Nella peniso­ la Taurica (Crimea) era venerata una dea, con sacrifici umani, che i Greci denominarono Artemis Taurica. 4 . luppiter Iouem Christianum. Si tratta di luppiter Latialis (o Latiaris) , venerato sul Monte Cavo (o Albano) durante le Feriae Latinae, la cui statua veniva spruzzata col sangue di gladiatori morti nel circo combattendo contro le fiere («bestiarii») , a ricordo di arcaici sacrifici umani. Giove, quindi, presenta quelle qualità malva­ gie che i pagani attribuiscono al Dio dei cristiani. . . •

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8. Nobis uero homicidio semel interdicto etiam concep5 3 turo utero, duro adhuc sanguis in hominem delibatur, dis­ soluere non licet. Homicidii festinatio est prohibere nasci, nec refert , natam quis eripiat animam an nascentem disturbet. Homo est et qui est futurus; etiam fructus omnis iam in semine est. 40 9. De sanguinis pabulo et eiusmodi tragicis ferculis legite, necubi relatum sit (apud Herodotum, opinor) defu­ sum brachiis sanguinem et alterutro degustatum nationes quasdam foederi comparasse. Nescio quid et sub Catilina tale degustatum . Aiunt et ap u d quosdam gentiles 4 5 Scytharum defunctum quemque a suis comedi. 10. Longe excurro. Hodie istic Bellonae secatos sanguis de femore proscisso palmula exceptus et usui datus signat. Item illi , qui munere in arena noxiorum iugulatorum sanguinem

34 homicidio semel] (F) dett. , semel homicidio optimi Vulg., homici­ dio semper Rhl lS uterum F Il delibatur] (F) Z edd., dellberatur Vulg. 37 qui (F) 40 tragoecis S P M Il ferculis] Vulg., fabulis F 41 apud] F, est apud Vulg. 4 1142 diffusum (F) M dett. 42 et] F, ex Vulg. 43 quod M Il catillina S P, catallina M 44 tale degusta­ tum] b, est add. F Vulg, tale om. Vulg. Il et] F Vulg., om. r L Rh Ba". 46 secatos] b, secator F, sacratus Vulg., Oehl., sacratos Rig. Ifoppe 47 palmula] F, in palmulam Vulg. Il usui] F, sui opt. Vulg., siti Z, esui Rig. Oehl. 48 iugulatorum] Vulg . , rigulatorum F ' · etiam conceptum utero . Tertulliano condanna l' aborto e l'esposizione dei figli, che i pagani praticavano pur condannandoli, almeno teoricamente. Particolarmente forte in questa condanna è lo stoico Musonio Rufo, vissuto al tempo di Nerone e dei Flavi. Nelle sue diatribe egli esalta la famiglia unita e prolifica, condanna l'aborto e l'esposizione dei figli, ricordando che Giove veglia sui peccati contro la procreazione. Etrusco di Volsini contesta esplicita­ mente una delle accuse che Teopompo rivolgeva agli Etruschi per­ ché allevavano tutti i bambini che venivano concepiti (cf. M. SORDI, Lo stoicismo in Etruria, in «AA.Vv., Die Integration der Etrusker», a cura di L. Aigner Foresti, Wien 1988, pp. 339 ss.). Delle diatribe di

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8. A no1 , mvece, e s s en d o assolutamente p roibito l'omicidio, non è lecito neppure eliminare il concepito che è nell'utero, mentre sta assimilando il sangue per diventare un uomo. Impedire di nascere è un omicidio anticipato, e non importa se uno stronca una vita già nata o sopprima una che sta per nascere. È un uomo anche chi lo sarà; come ogni frutto è già nel seme.5 9. Quanto al pasto di sangue e ad altre portate da tra­ gedia leggete se in qualche luogo non è riferito - mi pare in Erodoto - come certe popolazioni equiparassero a un'alleanza il sangue versato dalle braccia (dei contraenti) e reciprocamente gustato. 6 Non so se qualcosa di simile sia stato degustato per ordine di Catilina. 7 Dicono ancora che presso certe popolazioni degli Sciti ogni defunto fosse mangiato dai suoi.B 10. Ma sto andando troppo lontano. Ancor oggi il sangue, uscito dalla coscia incisa, raccolto nella palma della mano e dato da bere (ai neofiti), segna i feriti di Bellona. 9 Ugualmente, dove sono quelli che durante gli spettacoli nell'arena con avida sete hanno

Musonio, molto ammirato dagli antichi cristiani, L RAMELLI ha cura­ to una recente edizione: MusONlO, Diatribe, Milano 200 1 . Nella legislazione romana l'aborto era considerato originariamente un atto immorale, passibile di una nota censoria, non un reato. Ma con Antonino Pio e con Settimio Severo vengono introdotte sanzioni penali (cf. Nuovo Dizionario Giuridico romano, a cura di F. Dd Giudice e S. Beltrani, Napoli, 2 ed., s.d., pp. 1 1 - 12). 6 . De sanguinis. Erodoto (IV, 70) a proposito degli Sciti. 7. sub Catilina. Sallustio (Catzl. 22 , l) ricorda, ritenendola però una probabile invenzione, il giuramento che Catilina chiese ai suoi complici, dopo aver fatto circolare una coppa di vino misto a sangue umano. 8. quosdam gentiles Scytharum. Plinio (Nat. Hist. VII, 2, 9) men­ ziona l'antropofagia praticata da molte tribù scitiche. 9 . Bellonae secatos. Bellona (anticamente Duellona) era un'antica divinità della guerra, sorella o sposa di Matte, i cui sacerdoti si tra­ figgevano durante le danze. Il suo tempio era a Roma in Campo Marzio.

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recentem , de iugulo decurrentem , auida siti comitiali morbo medentes hauserunt, ubi sunt? 1 1. ltem illi , qui de arena ferinis obsoniis cenant, qui de apro, qui de ceruo petunt? Aper ille, quem cruentauit, conluctando detersit; ceruus ille in gladiatoris sanguine se iactauit. lpsorum ursorum aluei appetuntur cruditantes adhuc de uisceribus 55 humanis; ructuatur ab homine caro pasta de homin e . H a e c qui e d i t i s , q u a n t u m a b e s t i s a c o n uiuiis Christianorum? 12. Minus autem et illi faciunt, qui libidi­ ne fera humanis memb ris inhiant, quia uiuos uorant ? minus humano sanguine ad spurcitiam consecrantur, quia 60 futurum sanguinem lambunt? non edunt infantes piane, sed magis puberes. 13. Erubescat error uester Christianis, qui ne animalium quidem sanguinem in epulis esculentis habemus, qui prop­ terea suffocatis quoque et morticinis abstinemus, ne quo 65 modo sanguine contaminemur uel intra uiscera sepulto.a 14. Denique in tormenta Christianorum botulos etiam cruore distentos admouetis , certissimi scilicet, inlicitum esse penes illo s, per quod exorbitare eos uultis. Porro quale 50

12, 57-6 1 . Cf. TERT., Ad nat. I, 15 , 8: «Quamquam quid minus, immo quid non amplius facitis? Parum scilicet humanis uisceribus inhiatis, quia uiuos et puberes deuoratis? Parum humanum sangui­ nem lambitis, quoniam futurum sanguinem elicitis? Parum infante uescemini, quia infantem totum praecocum perhauritis?». a.

At 15, 20. 29; l Cor 10, 25 ss.

49 iugulo] Vulg. [F errore ]unit] , rigulo b [recte ex apographo Modit] Il decurrentem] F, susceptum add. Vulg. 53 sanguine iactauit]

coni. Bind. et Walt. , sanguinem iactauit F, sanguine iacuit Vulg. Il ipsorum] F Vulg., om. r edd. , aprorum Z 54 cruditantes] F Gel. , cruditantibus Vulg., trucidantibus r. edd., crudelitatibus Z Il de] F Vulg., se Rh l Ba". 55 ructuatur] b (cf. cap. XXIII, 5; XL VIII, 1 4 ), ructatur F Vulg . , proinde add. Vulg. 62 christianos (F) Rh

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bevuto il sangue caldo, fluente dalla gola dei criminali sgozzati, per guarire dal morbo comiziale?IO 11. E ancora, dove sono quelli che cenano con carni di fiere provenienti dall' arena, che domandano chi del cinghiale, chi del cervo? Quel cinghiale, nel combattere, ha deterso il san­ gue di chi ha dilaniato; quel cervo giacque nel sangue di un gladiatore. I I Si appetiscono le interiora degli stessi orsi piene di carni umane non ancora digerite; da un uomo è eruttata carne che si è pasciuta di un uomo. Voi che man­ giate queste cose, quanto siete lontani dai conviti dei cri­ stiani? 12. Fanno forse di meno quelli che con libidine be­ stiale bramano delle membra umane, per il fatto che divo­ rano dei vivi? Sono meno consacrati con sangue umano all'immondezza ·perché leccano ciò (il seme umano) che diverrà sangue? Certamente non mangiano dei bambini, quanto piuttosto degli adulti. 13. La vostra aberrazione arrossisca davanti a noi cri­ stiani, che tra i cibi commestibili non comprendiamo nep­ pure il sangue di animali, astenendoci perciò anche dagli animali soffocati e trovati morti, per non essere in qualche modo contaminati dal sangue, anche se nascosto tra le viscere. 14. Del resto, tra le torture usate contro i cristiani voi porgete loro delle salsicce ripiene di sangue, sapendo di certo che non è loro lecito compiere ciò mediante cui volete farli trasgredire. Dunque, perché mai credete che

65 modo] Vulg., om. (F) edd. 66 in tormenta] F, inter temptamenta Vulg. Il etiam] F Vulg., om. Barr. 6 7 distento s ] ( F ) r L edd. , d i s t e n s o s S P M al.

64 quoque suffocatis (F) edd.

10. in arena no:xiorum iugulatorum sanguinem. Plinio (Nat. Hist. XXVIII, 2 , 4 ) ricorda con sdegno che alcuni bevevano il sangue ancora caldo dei gladiatori, ritenuto un rimedio efficace contro l'epilessia (il morbo comiziale) . 1 1 . d e arena ferinis. Anche Plinio (Nat. Hist. XXVIII, 2 , 4 ss.) ricor­ da con disgusto l'uso di succhiare il sangue delle belve uccise.

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est, ut, quos sanguinem pecudis horrere confiditis, humano inhiare credatis , nisi forte s uauiorem eum exp erti ? 1 5 . Quem quidem et ipsum p roinde examinatorem Christianorum adhiberi oportebat, ut foculum, ut acer­ ram. Proinde enim probarentur sanguinem humanum appetendo Christiani, quemadmodum s a crificium respuendo; alioquin negandi, si non gustassent, quemad­ modum si immolassent. Et utique non deesset uobis in auditione custodiarum et damnatione sanguis humanus ! 16. Proinde incesti qui magis quam quos ipse luppiter docuit? Persas cum suis matribus misceri Ctesias refert. Sed et Macedones suspecti, quia, cum primum Oedipum tragoediam audissent, ridentes incesti dolorem: iA.avve, aiebant, eiç 't'JÌV Jl1J't'Épa. 17. Age iam [lam nunc] recogita-

16, 78-82. Cf. TERT., Ad nat. l, 16, 4: «Piane Persae, tesias edit, tam scientes quam non horrentes cum tribus libere fiunt. Sed et Macedones id, quo probauerunt, est fac­ titare, siquidem, cum primum scaenarn eorum Oedip intrauit trucidatus oculos, risu ac derisu exceperunt». I 16, 5: «Tra constematus rectracta persona, "numquid ", ait, "domini, disp uobis ? " . Responderunt Macedones: "immo tu quidem pulchre, at scriptor uanissimus si finxit, aut Oedipus demetissimus si ita fecit" : atque exinde alter a d alterum: éA.avvE, dicebat, Eiç T1)v J.L'f1TÉpa». 69 pecudis] F ( cf. cap. XXII, 1 0) pecoris Vulg. 70 expertil Vulg . , estis: add. F 71 quidem] Vulg., quid F (errore ]unii) , q. (i. e. quidem) b I l et] F Vulg . , om. r L edd. 72 oportebat post acerram ponunt (F) r edd. 74 christiani] F, om. Vulg. Il que­

madmodum] Vulg . , qui F ( errore ]unii) , q. (i. e. quemadmo­ dum) b 75 negandi] F (sic legendum est, errauit Junius) S pl M al. , necandi p2 dett . Il gustasset S P corr. M 79 etheseas S P M 81/82 llavvE (i. e. incurre) .. . J.L'f1TÉpa] Rig. J.LETt:pav (cf. Ad nat. I, 1 6, 5) , ÈÀ.ayyae aiebant (isten [i. e. eiç T1)v] b) F, EAA YNE dicebant EIITHNa AITEPA S P, al. codd. edd. aliter 82 age iam F, iarn nunc Vulg.

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delle persone che aborriscono il sangue animale siano bra­ mose di quello umano, se non forse perché voi l'avete tro­ vato più gustoso? 1 2 1.5. Bisognava dunque che l'inquisitore dei cristiani usasse anche il sangue, come il braciere, come l'incensiere. In questo modo, infatti, appetendo il sangue umano, i cristiani si sarebbero rivelati, come per il rifiuto di sacrificare; al contrario, se avessero gustato il sangue e avessero sacrificato, non sarebbero stati da considerare cristiani. E certamente a voi non mancherebbe il sangue umano durante i processi e le condanne dei detenuti ! 16. Inoltre, chi è più incestuoso di coloro che lo stesso Giove ha istruito? Ctesia racconta che i Persiani si unisco­ no sessualmente con le loro madri. Ma anche i Macedoni sono di ciò sospettati, poiché, ascoltando per la prima volta la tragedia Edipo, irridendo il dolore dell'incestuoso, dicevano: Gèttati sulla madre. n 17. Ora, [Fin d'ora] riflet-

1 2 . suffocatis abstinemus . . . botulos etiam cruore distentos. Tertulliano afferma che i cristiani si astenevano dagli animali uccisi per soffocamento o morti di morte naturale, e da un certo tipo di sal­ cicce ripiene di sangue. Si osservavano cioè le norme prescritte ai pagani convertiti alla fede dal cosiddetto Concilio di Gerusalemme dell'anno 49, anticipate nell'intervento di Giacomo (At, 15, 2 0 ) e riprese nella lettera apostolica (At 15, 29), che imponevano di aste­ nersi «dalle carni immolate agli idoli, dal sangue, dagli animali soffo­ cati e dalla impudicizia». San Paolo (l Cor 10, 25 ss.) afferma che i cristiani potevano mangiare tutto ciò che si vendeva al mercato, senza indagare sulla sua provenienza; e, se invitati a pranzo dai pagani, ciò che veniva loro presentato. Nel caso però che qualcuno li informasse espressamente che si trattava di carne di animali immolati agli idoli, dovevano astenersene per rispetto alla coscienza dell'altro. 1 3 . Dopo aver confutato l'accusa di infanticidio, Tertulliano passa a quella di incesto, ritorcendo anche questa contro i pagani. Ciò riguarda anzitutto la stessa religione pagana: Giove, marito e fratello di Giunone. Ma tali erano anche i costumi di alcuni popoli antichi: ad esempio, dei Persiani che - secondo Ctesia di Cnido, autore di una Storia della Persia (m nepmxà), fine V e inizi IV secolo - avevano rapporti con le loro madri; e dei Macedoni, colpevoli - sembra - della stessa colpa. . . •

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te, quantum liceat erroribus uestris ad incesta miscenda, suppeditante materias passiuitate luxuriae. Imprimis filios exponitis suscipiendos ab aliqua praetereunte misericordia extranea, uel adoptandos melioribus parentibus emancipa­ tis. Alienati generis necesse est quandoque memoriam dispergi. Et simul errar impegerit, exinde iam tradux pro­ ficiet incesti serpente genere cum sedere. 18. Tunc deinde quocumque in loco, domi, peregre, trans freta, comes est libido, cuius ubique saltus facile possunt alicubi ignaris filios pangere uel ex aliqua seminis portione, ut ita spar­ sum genus per commercia humana concurrat in memorias suas, neque eas caecus incesti sangui[ni] s agnoscat. 19. Nos ab isto euentu diligentissima et fidelissima castitas saepsit, quantumque ab stupris et ab omni post matrimonium excessu, tantum et ab incesti casu tuti sumus. Quidam multo securiores totam uim huius erroris uirgine continentia depellunt, senes pueri. 20. Haec in uobis esse si consideraretis , proinde in Christianis non esse perspiceretis. Iidem oculi renuntias­ sent utrumque. Sed caecitatis duae species facile concur­ runt, ut qui non uident quae sunt, uidere uideantur quae non sunt. Sic per omnia ostendam. Nunc de manifestis.

18, 89-94. Cf. TERT., Ad nat I, 16, 1 1 : «Piane ex aliqua discipli­ na ores aut certe respectu eiusmodi euentum a libidine temperatis, cumque loco, domi aut peregre, ut non dispersio seminum et saltus ubique luxuriae nescientibus Hlios edat, quos aut ipsi postmodum parentes aut alli incursent, quando etiam aeta­ tum moderatio libidine exclusa sit». .

83 uestris] F, om. Vulg., 84 materia F (/ort. materia (= m) U luxoriae S P 85 misericordia] F Vulg . , matre r edd. 88 dispergi] Modius (uel Junius?) , disperci F, dissipaci Vulg. Il simul] Vulg., semd F 91 cuiusque F 92/93 ut ita sparsum] b (s persum F), uti asparsum S P, uti aspersum M dett. 93 concurrit F 94 neque] Vulg., nequis F (prob. Hav.: ne quis) Il sanguinis (F) Vulg. edd, 96 strupris S 99 uirginea (F) Z al edd. 100 si ante haec (F) r al edd. 101 iidem] (F) dett. (cf. cap. VI, 1; XXXVI, 4), idem S P M 102 caecitati (F) edd. U species] .

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tete alle possibilità che i vostri errori offrono a unioni ince­ stuose, visto che la promiscuità della lussuria ne fornisce le occasioni. Anzitutto voi esponete i figli perché siano rac­ colti da qualche pietoso passante, o li emancipate perché siano adottati da genitori di migliore condizione . Inevitabilmente, presto o tardi, il ricordo della famiglia (d'origine) , divenuta estranea, svanisce. Appena tale errore avrà preso piede, subito si estenderà la propaggine dell'in­ cesto con l'allargarsi della parentda e dd misfatto. l 4 18. In qualunque luogo, in patria, fuori, oltre i mari, vi è compa­ gna la libidine, i cui eccessi possono in qualche luogo facil­ mente procrearvi - a voi ignari - dei figli, anche da qualche porzione del vostro seme, sicché la discendenza dispersa viene, tramite le relazioni umane, ad incontrarsi con i suoi consanguinei, senza che l'ignaro del sangue incestuoso li riconosca. 19. Da questa eventualità una diligentissima e feddissi­ ma castità ci difende, e siamo garantiti sia dagli stupri e da ogni abuso dopo il matrimonio, come pure dall'eventualità dell'incesto. Alcuni, molto più sicuri, allontanano ogni pericolo di tale disordine con una continenza verginale, vecchi (casti come) fanciulli. 20. Se consideraste che tali vizi esistono fra voi, vi accorgereste anche che non esistono tra i cristiani. Gli stessi occhi vi avrebbero palesato l'una e l'altra cosa. Ma due specie di cecità facilmente vanno insieme: quelli che non vedono ciò che c'è, e quelli che credono di vedere ciò che non c'è. Lo dimostrerò in tutto il seguito. Ora parlerò dei delitti palesi.

Vulg., spe F ( errore ]unit), sp. h 103 uidere] Vulg., et uidere (F) Z Rh3 al. 104 ostendam] F Vulg., om. r Rh Ba". Il manifestis] F (cf. Ad nat . I, 12, 1 4; Il, 13, 1 ) , manifestioribus dicam Vulg. 1 4 . Si riprende il discorso contro l'esposizione dei figli (cf. IX, 6-8) , possibile occasione di incesti. Al contrario, si esalta la pratica della verginità presso i cristiani, ben nota presso i pagani.

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X. l . «Deos, inquitis, non colitis, et pro imperatori­ bus sacrificia non penditis». - Sequitur, ut eadem ratio­ ne pro aliis non sacrificemus, qua nec pro nobis ipsis, semel deos non colendo. ltaque sacrilegii et maiestatis rei conuenimur. Summa haec causa, immo tota est, et utique digna cognosci, si non praesumptio aut iniquitas iudi cet , altera quae desperat , altera quae r e c u s a t ueritatem . 2. Deos uestros colere desiuimus, ex quo illos non esse cognouimus. Hoc igitur exigere debetis, uti probemus, non esse illos deos et idcirco non colendos , quia tunc demum coli debuissent, si dei fuissent. Tunc et Christiani puniendi, si quos non colerent, quia putarent non esse, constaret illos deos esse. 3. «Sed nobis, inquitis, dei sunt». - Appellamus et prouocamus a uobis ad conscientiam uestram; illa nos iudicet, illa nos damnet, si poterit negare, omnes istos deos uestros homines fuisse. 4. Si et ipsa infi­ tias ierit, de suis antiquitatum instrumentis reuincetur, de quibus eos didicit, testimonium perhibentibus ad hodiernum et ciuitatibus, in quibus nati sunt, et regionibus, in

X, l IX DE NON COLENDA IDOLA S p l ( COLENDO P2) , DE NON COLENDO IDOLO M al. Il pro] om. M dett. 3 sacrificem M Il quia (F) Vulg. Il seme!] F, scimus Rh Barr. 7 disperat S P Ml 9 desiuimus] b Z 'f'2 (cf. Ad nat. I, 7, 1 7) , desinimus F (errore ]unit)

Vulg. 10 cognouimus] b, cognorimus F (errore ]unii?) ( 'et sta­ tim' praemisit Modius. Desinimus et statim cognorimus, quod per­ peram interpretatus est Oehler, cognoscimus Vulg., recognoscimus Z 12 si dei fuissent] F, om. Barr. Il dei] F S P l , dii p2 Rh l al. 13 quos] Vulg. (cf. Lo/ Kr. 48) , eos F 14 constaret illos deos esse] Vulg . , quos constare esse F Il sed nobis (uobis al. ) . . . dei sunt] Vulg. (cf. cap. XIII, 1 ) , sed apud nos (b, uos F) . . . constat deos esse illos F 15 uobis] Vulg., ipsis add. F 16 nos damnet] Vulg., prob. Lo/ Kr. 49, condemnet F 17/18 infitias ierit] inficias ierit F (in inficias ierit b, z'ta perperam adnotat Hoppe; uocabulum enim in erronee b textui Barraei inseruit, minime uero ut uariam lectio­ nem Modù) , infida (infitia M) si ierit S P M y L Z al. inficias si ierit Q edd. 1 9 didicit] M G dett. , didiscit (F) , dicit S P

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10 - Delitti manifesti: l'accusa di empietà e di lesa maestà

l. Voi dite: «Non onorate gli dèi e non offrite sacrifici per gli imperatori».! - Non onorando gli dei, ne consegue che non sacrifichiamo per gli altri, per la stessa ragione per cui non sacrifichiamo nemmeno per noi stessi. Perciò siamo processati come rei di sacrilegio e di lesa maestà. Questa è l'accusa principale, anzi l'intera accusa; degna certamente di essere esaminata, se non fosse la prevenzio­ ne o la mala fede a giudicare, poiché la prima dubita della verità, l'altra la rifiuta. 2. Noi abbiamo smesso di onorare i vostri dèi da quan­ do abbiamo capito che non sono dèi. È questo, dunque, che dovete esigere da noi: di provarvi che quelli non sono dèi e quindi degni di venerazione, poiché solo allora dovrebbero essere venerati, se cioè fossero dèi. Allora anche i cristiani andrebbero puniti, se constasse che sono dèi quelli che essi non onorano, non ritenendoli dèi. 3. «Ma - voi dite - per noi sono dèi». - Ci appelliamo a voi e facciamo ricorso alla vostra coscienza: essa ci giudichi, essa ci condanni, se riuscirà a negare .che tutti questi vostri dèi sono stati degli uomini. 2 4. Se anch'essa lo negherà, sarà confutata dai documenti antichi dai quali apprese la loro esistenza; ne sono prova fino ad oggi le città in cui sono 1 . pro imperatoribus sacrifìcia. Non si trattava di sacrificare agli imperatori, ma per gli imperatori. I cristiani rifiutavano questo sacri­ ficio, ma assicuravano di pregare per gli imperatori (cf. capp. 29-36). 2 . numquam homines fuissent. Gli dèi, afferma Tertulliano, sono uomini divinizzati. È la teoria di Evemèro di Messina ( o di Messene) , scrittore greco dd III secolo a. C., autore di una storia sacra ( iepà àvaypaqn]) , nella quale sosteneva che Urano, Crono e Zeus erano stati i sovrani dell'isola di Pancaia nell'Oceano Indiano. Sappiamo che Ennio rielaborò in latino questo scritto, a noi giunto in frammenti, nel suo Euhemerus. Lucano (Pharsalia VIII, 872 ) conosce la leggenda di un tumulo a Creta di Giove (il Tonante) e la ritiene una menzogna; tale leggenda rientrava evidentemente !lelle teorie evemeristiche.

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quibus aliquid operati uestigia reliquerunt, in quibus etiam sepulti demonstrantur. 5. Nunc ergo per singulos decurram, tot ac tantos , nouos ueteres , barbaros Graecos, Romanos peregrinos, captiuos adoptiuos, proprios communes, masculos femi­ nas, rusticos urbanos, nauticos militares? 6. Otiosum est enim etiam titulos persequi: ut colligam in compendium, et hoc non ut cognoscatis, sed ut recognoscatis (certe enim oblitos agitis), ante Saturnum deus penes uos nemo est; ab ilio census totius uel potioris et notioris diuinitatis. ltaque quod de origine constiterit, id et de posteritate conueniet. 7. Saturnum itaque, quantum litterae, n eque Diodorus Graecus aut Thallus, neque Cassius Seuerus aut Cornelius Nepos, neque ullus commentator eiusmodi antiquitatum aliud quam hominem promulgauerunt; si quantum rerum argumenta, nusquam inuenio fideliora, quam apud ipsam ltaliam, in qua Saturnus post multas expeditiones postque Attica hospitia consedit, exceptus ab lano, uel lane, ut Salii uolunt. 8. Mons, quem incoluerat, Saturnius dictus; ciuitas, quam depalauerat, Saturnia usque nunc est; tota denique Italia post Oenotriam Saturnia cognominabatur. Ab ipso primum tabulae et imagine signatus nummus, et

5, 23 -26. Cf. TERT., Ad nat. II, 12, 2 : «Quot deos et quos utique producam? Maiores an mieres an et nouicios? mares an et feminas? . . . rusticos an et urbanos? ciues an et penos?» 7, 3 2 - 3 9 . Cf. TERT . , Ad nat. II, 1 2 , 26: « . . . Legimus apu d Cassium Seueru, apud Cornelios Nepotem et Tacitum, apud Graecos quoque Diodoru quiue alii antiquitatum canos college· runt». II, 12, 27 : «Nec fideliora vestigia e quam in ipsa Italia signata sunt. Nam post plurimas terras et hospitia Italiae uel, ut tunc uocabatur, Oenotriae consedit, e ab Iano siue lane, ut Salii uocant». 8, 3 9-4 1 . Cf. TERT. , Ad nat. II, 12, 26: «MoS quem coluerat, Satu dictus, urbs quam depalauerat, Saturnia usque nunc est; tota d orbi, etiamsi de origine Saturni dubitatur, de actu tamen hominem illum fuisse».

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nati e i luoghi in cui hanno lasciato tracce di qualche loro impresa, e dove si mostra che sono stati sepolti. 5. Dovrò dunque passare in rassegna uno per uno i vostri dèi, tanti e tanto diversi, recenti e antichi, barbari e greci, romani e stranieri, frutto di conquista e di adozione, privati e comuni, maschi e femmine, campagnoli e cittadi­ ni, nautici e militari? 6. Ma è inutile dencarne anche solo il nome. Per farla breve, e questo non per insegnarvdo ma per ricordarvdo - poiché fate gli smemorati -, tra voi non esiste nessun dio prima di Saturno; da lui ha avuto origine ogni più importante e più nota divinità. Pertanto, ciò che risulta essere proprio dell'origine converrà anche alla discendenza. 7. Orbene, stando alle testimonianze lettera­ rie, né il greco Diodoro o Tallo , né Cassio Severo o Cornelio Nepote, né qualsiasi altro studioso di simili anti­ chità hanno presentato Saturno se non come un uomo; quanto alla prova dei fatti in nessun luogo ne trovo di migliori che nella stessa Italia, dove Saturno, dopo molte peregrinazioni e il soggiorno ospitale nell'Attica, si stabilì, accolto da Giano, o Giane, come vogliono i Sali. 8. n monte che aveva abitato fu detto Saturnio; la città che aveva fon­ dato è chiamata fmo ad oggi Saturnia; infine, tutta l'Italia, che prima si chiamava Enotria, fu denominata Saturnia. Da lui stesso furono inventate le tavolette per scrivere e la moneta contrassegnata da un'immagine, e perciò egli

21 operati sunt uestia M 2.3 num ergo (F) Z R» Ba". 24 ueteres] F Vulg . , seruos add. Rh Barr., seruos post barbaros ponit r 25 masculinos (F) Rh Ba". 21 enim] F, om. Vulg. 28 ut cognoscatis,

sed ut] F (cf. Ad nat. IL 12, 4), quo cognoscatis, sed Vulg. ll certe] Vulg., certi F 29 agitis] X DE SA1VRNO Ef IOVE S P M a/. 30 uel notioris (F) dett. edd. 32 quantum litterae] F, si quantum litterae docent Vulg. (si om. edd.) 33 Thallus] F Vulg., Tallus edd. 35 quantum] F Vulg., quaeras edd. 38 actica S P M Il ab] (F) S P (cf. Ad nat. IL 12, 27), a M dett. 39 incoluerat] F Vulg., coluerat r edd. 40 ciuitas] Vulg. (cf. Ad nat. IL 12, 28), et ciuitas F Il depalauerat] F Vulg., depellauerat L, debel­ lauerat r edd. 41 enotriam S P 42 et imagines (ita b, imagine F errore funit) et signatus nummus F (Isid., Etymol., XVI 18, 5) (alt. et om. Vulg. )

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inde aerario praesidet. 9. Tamen, si homo Satumus, utique ex homine; et quia ab homine, non utique de Caelo atque 45 Terra. Sed cuius parentes ignoti erant, facile fuit eorum filium dici, quorum et omnes possumus uideri. Quis enim non caelum ac terram patrem ac matrem uenerationis et honoris gratia appellet, uel ex consuetudine humana, qua ignoti uel ex inopinato apparentes de caelo superuenisse 50 dicuntur? 10. Proinde Satumo repentino ubique caelitem contigit dici; nam et >. Certo, da tempo, cioè da sem­ pre, la verità è odiata. 8. Gli Ateniesi, però, pentiti della sen-

uolunt, ut coniugauit Va"o», lectionem F explicat Modius) 23 ille] F Vulg., om. Rh3 Ba". 24 qua (F) r al. edd. 25 iudicatum] F 27 uera] b Vulg., uero F Il prodi] Vulg., Vulg., uindica�um edd. proinde F 28 nec] Vulg., ne F (d. Ad nat. I, 10, 40) 30 praefaren­ tur] Junius (an Modius?), praeferantur F, praefentur S P, praeferant Rh Ba". 32 et hircum] Vulg. (cf. Ad nat. I, 1 0, 42), om. F 2. Tertulliano sviluppa qui la critica, consueta negli apologisti cri­ stiani, agli dèi di Omero, rappresentati nell Iliade (V, 3 1 1 ss; V, 385 ; l, 3 96 ss; XVI, 459 s s ; XIV, 3 12 s s ; XXI , 44 1 ss. ) . L'accenno a l rap­ porto tra Apollo e Admeto riguarda Euripide (Alcestt); quello ad Esculapio si trova in un'ode di Pindaro (Pyth. III, 55 ss. ). In realtà gli dèi venerati dai pagani contemporanei di Tertulliano non erano più quelli dell'Iliade omerico, caratterizzati da passioni violente e turpi, contro i quali già Euripide, nelle sue tragedie, aveva appunta­ to la sua critica. Ma la loro descrizione giovava alla polemica antipa­ gana e i cristiani non esitavano a servirsene. '

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cum paenitet iam sententiae Athenienses, ut criminatores Socratis postea efflixerint et imaginem eius auream in tem­ pio collocarint, rescissa damnatio testimonium Socrati red­ dit. 9. Sed et Diogenes nescio quid in Herculem ludit, et Romanus cynicus Varro trecentos loues, siue luppiteros dicendum, sine capitibus inducit.

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XV. l . Cetera lasciuiae ingenia etiam uoluptatib us uestris per deorum dedecus operantur. Dispicite Lentulorum et Hostiliorum uenustates, utrum mimos an deos uestros in iocis et strophis rideatis: «moechum Anuhin» et «masculum Lunam» et «Dianam flagellatam» et «louis mortui testamentum recitatum» et «tres Hercules famelicos irrisos».

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8, 3 5 - 3 8 . Cf. TERT . , Ad nat. I, 1 0 , 42: « . . . cum paenituerit thenienses damnationis, criminatores quoque inpenderit resti­ titur testimonium Socrati, et possum retorquere. . . ». 9, 38-40. Cf. TERT., Ad nat. I, 10, 43 : «Sed et Diogenes nescio quid in Herculem ludit, et Romani stili Diogenes Varro trecentos loues, seu luppiicendum est, sine capitibus inducit». l , 1-4. Cf. TERT., Ad nat. I, 10, 44: «Cetera lasciuiae ingenia