Che Cose La Semiotica Visiva Polidoro Doc-Libre [PDF]

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CHE COS’E LA SEMIOTICA VISIVA – POLIDORO Introduzione: La semiotica è una disciplina che studia cm funzionano i linguaggi cioe quei sistemi che stabiliscono relazioni fra un insieme di espressioni e i loro contenuti. Esistono molti linguaggi: cinematografico, gestuale, musicale, visivo... Ognuno di essi prevede regole che ci permettono di comiunicare e produrre effetti di senso. La neonata semiotica degli anni 60 si occupò soprattutto della descrizione teorica del linguaggio e del suo funzionamento concentrandosi su concetti come segno e codice. Dagli anni 70 l’interesse si spostò sempre di piu verso i testi. Un testo è una porzione della realtà in cui i diversi elementi si combinano per dare vita ad un senso piu o meno coerente. Sono quindi testi nn solo un racconto o una poesia ma anche un brano musicale, un quadro ecc. La semiotica visiva ha quindi 2 compiti principali

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Spiegare cos’è e come funziona il linguaggio visivo

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Studiare i testi visivi per comprendere come e cosa riescono a comunicare

Nostri punti di riferimento saranno le 2 grandi scuole della semiotica contemporanea. La prima è qlla della semiotica strutturale o generativa il cui maggior esponente è stato Greimas. Questa corrente detta anche Scuola di Parigi affonda le radici nella linguistica ed antropologia e soprattutto nel metodo strutturale. Per Greimas e suoi allievi un testo è un sistema di relazioni: un elemento testuale non ha senso di per sè ma solo perche è inserito in una rete d rapporti cn altri elementi. La seconda corrente è la semiotica interpretativa che deriva dal pensiero del filosofo americano Charles Sanders Peirce e ha il suo principale esponente in Umberto Eco. Il problema che si pone la semiotica interpretativa è: come funziona un processo interpretativo? Come fa un soggetto a usare e comprendere in linguaggio? Cosa accade quando un soggetto interpreta un testo? Il libro è idealmente diviso in 2 parti ognuna delle quali dedicata ad una delle branche in cui solitamente si divide la semiotica visiva: la semiotica figurativa e la semiotica plastica. Alla semiotica figurativa che riguarda tt gli aspetti legati al riconoscimento in un immagine d oggetti e scene , sono dedicati i primi 4 cap mentre gli ultimi 2 espongono le teorie e metodi della semiotica plastica che si interessa degli effetti di senso prodotti dagli elementi visivi d per se indipendentemente da cio k rappresentano.

CAPITOLO 1: I SEGNI ICONICI E LA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA 1.1 La semiotica figurativa La semiotica visiva viene solitamente divisa in 2 grandi branche: semiotica figurativa e semiotica plastica. La semiotica figurativa si interessa delle immagini in quanto rappresentazioni del mondo. Guardo un quadro o una foto e vedo una certa scena con alcuni oggetti, alcuni personaggi che compiono delle azioni. La semiotica plastica invece studia le configurazioni visive (linee, colori, organizzaz spaziali)

indipendentemente da cio k rappresentano. Si interessa d fenomeni come “l’equilibrio visivo” o del modo in cui un certo sistema di colori o linee puo rappresentare significati piu o meno complessi.

1.1.1

Il problema del riconoscimento e il dibattito sull’iconismo

La semiotica figurativa deve innanzitutto porsi una domanda: come facciamo a riconoscere in un dipinto o in una foto oggetti del mondo? La risposta che ci viene in mente è: “riconosco l’immagine di una testa perche assomiglia ad una vera testa”. Ma cosa significa che l immagine della testa “assomiglia” alla testa reale? A ben guardare fra le 2 entità non ci sono molte caratteristiche in comune: una testa reale si sviluppa in uno spazio mentre quella dipinta è bidimensionale... dove in un naso troverei 2 cavità verticali che chiamo narici, sulla superficie del dipinto vedo solo 2 macchiette nere. Insomma la somiglianza è una teoria ingenua. La semiotica considera il segno come insieme di significante o espressione cioe un elemento che sta per qualcosa d altro che manca, dall altra c’è il significato o contenuto cioè la cosa a cui l espressione rinvia. Domanda che la semiotica si poneva riguardo ai segni iconici era: un significante figurativo viene riconosciuto come rappresentazione di un oggetto (il suo significato) perchè ha con esso un legame “naturale” o il riconoscimento avviene grazie ad una regola culturale arbitraria? Molti sostennero che anche le icone come i segni linguistici, erano completamente arbitrarie. Il dibattito sull iconismo cioe la discussione fra sostenitori dell arbitrarietà del segno iconico e quelli della sua naturalezza continuò a lungo. È innegabile che i significanti iconici abbiano un legame diretto con gli oggetti k rappresentano. Diciamo che questi significanti sono motivati dai loro significati, nel senso che la loro forma dipende da quella dell oggetto. È una situaz diversa rispetto a qlla del linguaggio verbale: qualsiasi suono puo indicare il concetto di “cane” (il suono /sedia/ andrebbe bene ugualmente, basterebbe mettersi d accordo); al contrario anche se sono possibili variazioni non tutte le configurazioni visive potrebbero essere riconosciute come rappresentazioni di un cane.

1.1.2

I tipi cognitivi

Secondo Eco le operazioni d riconoscimento si basano su schemi visivi mentali degli oggetti del mondo (tipi cognitivi o TC) che abbiamo precedentemente creato. Quando vediamo qlcosa confrontiamo il suo aspetto visivo con i TC che abbiamo in memoria finke nn troviamo qllo piu coincidente e abbiamo il riconoscimento. Questi schemi mentali vengono prodotto a partire dall osservazione della realtà. Ma d’altra parte nn sn perfetti. Innanzitutto manteniamo in memoria solo le info che sono realmente utili; Oppure memorizziamo le caratteristiche che abbiamo vedere; i fantasiosi TC dei mostri marini per es derivavano dal fatto che i marinari avevano potuto osservare solo velocemente animali all epoca ignoti e si erano quindi formati schemi solo approssimativi. Insomma è vero che i TC sono agganciati alla realtà e sn sempre controllabili e modificabili nel confronto con essa ma sono anche molto flessibili, imprecisi e spesso “riempiti” con altri pezzi di conoscenza del mondo.

1.1.3

Le ipoicone: “naturalità” e convenzionalità

I TC servono innanzitutto a riconoscere oggetti reali presenti nel mondo, ma vengono impiegati anche nel riconoscimento e nella produz d immagini. Bisogna però considerare che nei segni iconici esiste anche una componente convenzionale. I tratti disegnati su un foglio possono essere alla base d un insieme di stimoli che colpiscono il nostro sistema percettivo in modo simile a stimoli che verrebbero dall oggetto reale che è stato rappresentato. Ma alcune volte dobbiamo applicare ank regole d trasformazione che sono convenzionali quindi interne ad una cultura. Prendiamo i sistemi di rappresentazione della profondita spaziale. Quando nella pittura egizia si dovevano rappresentare elementi disposti in profondità nello spazio si sceglieva spesso di scaglionarli verticalmente cioe uno sopra l altro. Qsta regola non è totalmente arbitraria ma nn si puo negare che ci sia anche una forte componente convenzionale: esiste cioe una regola valida all interno d qlla cultura secondo cui un immagine con diversi elementi posti uno sopra l altro equivale alla rappresentaz di una profondità. Nei segni iconici convivono sempre in proporzioni diverse a seconda dei casi sia la motivazione sia la convenzione. Per qsto Eco abbandona il termine di icona che era tradizionalmente legato alla motivazione e preferisce qllo di ipoicona che sottolinea la natura parziale, limitata dalla somiglianza dei segni visivi con il referente, cioe l oggetto rappresentato. 1.14. Greimas e il “mondo naturale” Greimas ritiene che il riconoscimento avviene grazie ad una griglia d lettura, il cosiddetto “mondo naturale”, fortemente influenzata dal fattore culturale. Secondo Greimas il riconoscimento avviene quando i tratti visivi nel testo sono sufficienti a riconoscere una configurazione come il significante di un oggetto (si parla in qsti casi di formante figurativo) I punti estremi della figuratività si hanno con l’astrazione che è un diradarsi dei tratti figurativi tale che gli oggetti vengono piu intuiti o ricostruiti che effettivamente visti, e l’iconizzazione cioe l’estrema ricerca dell illusione di realtà. Bisogna fare attenzione perche gli stessi termini hanno significati diversi nella semiotica interpretativa di Eco e in qlla strutturale d Greimas. Iconico indica per Eco quello che Greimas chiama figurativo, mentre per Greimas l’iconismo è solo uno dei gradi estremi dell asse della densità figurativa.

1.2 La rappresentazione del tempo Il problema è che foto immagini in generale nn rappresentano solo oggetti fissi “in posa” ma anche e soprattutto movimenti ed azioni. Dobbiamo quindi capire come sia possibile rappresentare in un testo statico eventi che si sviluppano nel tempo. 2.1 Movimento e azioni Ruggero Eugeni identifica 3 modi di rappresentare movimento o azione.

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Movimento bloccato: forse il metodo piu semplice. L’immagine è una vera istantanea; essa rappresenta il movimento come se fosse stato bloccato in un istante preciso. Ma quale istante scegliere? 3 alternative in base al concetto semiotico di aspettualizzazione  movimento rappresentato nella sua fase iniziale (aspetto incoativo) , nella fase di svolgimento (aspetto durativo) o infine nella sua fase finale (aspetto terminativo)

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Movimento contratto: vengono rappresentate 2 o + fasi successive dello stesso movimento o della stessa azione contemporaneamente. Per es un cavallo al galoppo rappresentato con tt e 4 le zampe che si staccano da terra mentre nella realta almeno una zampa alla volta tocca terra.

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Movimento articolato: le varie fasi di un movimento o diversi movimenti vengono distribuiti su piu figure. Qste figure possono rappresentare lo stesso personaggio che viene ripetuto in pose successive. Un secondo caso è qllo in cui le figure corrispondono a personaggi differenti e quindi è come se le fasi del movimento fossero state divise tra d loro. Esempio piu celebre è qllo della Parabola dei ciechi di Bruegel il Vecchio (Fig 2 pag 18)

1.2.2 Il racconto iconico Eugeni affronta anche il problema della rappresentazione non di una singola azione ma di una serie di azioni piu o meno lontane nel tempo. Molte le soluzioni.

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Immagine rappresenta le conseguenze delle azoni precedenti (esempio pag 18)

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Diverse fasi del racconto contemporaneamente presenti. Spesso in pittura l azione principale è in primo piano mentre l evento succcessivo o precedente sta nello sfondo. In altri casi nn ce separazione tra primo piano e sfondo ma le diverse azioni vengono rappresentate in successione spesso da sinistra verso destra all interno d un unica immagine. (esempio Il Tributo di Masaccio pag 19)

Solitamente il passaggio da una fase della narraz all altra è sottolineato da una modificaz dello spazio rappresentato o da elementi architettonici dipinti che svolgono funzione di cornici. In altre occasioni le singole scene sono ospitate da lunette o spazi differenti o sono separate da cornici reali o dipinte. Qst ultimo è anche il caso dei fumetti.

CAPITOLO 2: DARE UN SIGNIFICATO ALLE IMMAGINI 2.1 Iconografia, iconologia e semiotica Ovviamente quando ci troviamo di fronte ad un immagine il processo interpretativo nn si ferma al riconoscimento d cio che vediamo o alla corretta comprensione dei movimenti e comportamenti dei personaggi. 2.1 Iconografia Nel caso della pittura una fase successiva al riconoscimento è quella dell intepretazione iconografica. Con il termine iconografia si indica una disciplina che studia e descrive il modo in cui certi temi ricorrenti sono rappresentati in pittura. Il problema non è piu cercare di comprendere come possiamo riconoscere “una donna” ma come possiamo riconoscerla in quanto “santa Caterina”. Lo studio dell iconografia inizia intorno al XVI e XVII secolo ma si afferma e diventa sistematico nel corso dell Ottocento. Alla base dell iconografia c’è l osservazione che i temi ricorrenti vengono spesso rappresentati attraverso gli stessi schemi, le stesse combinazioni di figure. I personaggi, per esempio, vengono riconosciuti in base alle caratteristiche e agli attributi.

Si parla di caratteristiche quando ci si riferisce ad alcune particolarità inseparabili del personaggio, come il suo aspetto fisico e il suo vestiario: caratteristiche d San Giovanni Battista sono ad es la barba, i capelli lunghi... gli attributi sn elementi ulteriori che vengono aggiunti ad un personaggio x renderne piu semplice l’identificazione: nel nostro caso San Giovanni Battista è quasi sempre accompagnato da un agnello. Questa ripetitività è dovuta a vari motivi. Innanzitutto qllo del pittore era soprattutto durante il Medioevo, un lavoro di bottega che richiedeva procedure standardizzate e ripetute. Ma una ragione piu importante sta nel fatto che soprattutto la pittura sacra aveva lo scopo d parlare al popolo. La maggioranza della popolaz era analfabeta, quindi modo + semplice d raccontare le vicende religiose era attraverso la pittura. Questo richiedeva però l uso d un codice conosciuto. Alla base della formaz di schemi ricorrenti (o Tipi Iconografici) c’è la tradizione, orale o scritta riguardante i diversi soggetti rappresentati. Prendiamo come esempio San Girolamo (leggi esempio pag 23) Questi e altri elementi hanno contribuito a costruire l iconografia di San Girolamo. Le sue caratteristiche sono gli abiti da eremita oppure il cappello a tese larghe e l’abito da cardinale mentre suoi attributi principali sono il leone, il sasso, il teschio. Ovviamente la ricerca iconografica non si basa solo su fonti letterarie. Gli artisti nell elaborazione dei loro modelli potevano essere influenzati anche da dipinti o affreschi precedenti. L’iconografia non serve solo a dare la corretta interpretaz del soggetto di un quadro ma puo essere anche utile x stabilire il periodo o la provenienza di un opera. Oggi la nostra conoscenza dell iconografia tradizionale è scarsa anche se alcuni tipi sono ancora facilmente riconosciuti. Ci possono essere casi complessi come quelli in cui un certo modello riemerge anche se non rappresenta piu il suo tema originario. Basti pensare a come le foto di donne sofferenti e disperate scattate durante calamità naturali si impongano al pubblico xk si ripropongono atteggiamenti e pose tipici dell iconografia cristiana. È possibile poi parlare d iconografia moderna e contemporanea. Floch ha messo in evidenza cm alcuni artisti del 900 abbiano creato nelle loro opere un collegamento tra temi e motivi: in Kandinsky lo scontro tra cavalieri rappresenta la lotta tra Bene e Male. Veri e propri modelli iconografici possono nascere anche all interno dei nuovi linguaggi della comunicazione come suggeriva Ec (1968). Pensiamo solo a Babbo Natale che ha ricevuto le sue caratteristiche e suoi attributi nel corso dell 800 x illustrare cartoline d auguri.. o pensiamo ad un cantante hip hop.

2.1.2 Iconologia L’iconografia è una disciplina descrittiva: suo scopo è costruire inventari che facciano corrispondere a un insieme di motivi (cioè oggetti,gesti,esseri umani riconosciuti in un dipinto) un certo tema della tradizione sacra o profana. Erwin Panofsky intorno agli anni 30 diffonde la distinzione tra iconografia dedicata alla corretta interpretazione dei temi pittorici, e l’iconologia. Secondo Panofsky lo scopo dell iconologia è la scoperta del significato intrinseco. Gli elementi che compongono l immagine vengono studiati in quanto valori simbolici che ci permettono di comprendere la visione del mondo che anima un certo periodo storico, un certo stile o un autore.

A livello iconografico possiamo osservare come artisti medievali e rinascimentali abbiano rappresentato i temi classici in modo diverso. Ma a livello iconologico cerchiamo d comprendere perche si è verificata qsta trasformazione e a quali mutamenti del pensiero d cultura di una civiltà corrispondano. 2.1.3 I rapporti con la semiotica Iconografia, iconologia e semiotica sn spesso accostate. Eco suggerisce che iconografia e iconologia possono essere considerate capitoli costituiti della semiotica. Molti studiosi sollevano dubbi su questa sovrapposizione. Innanzitutto l’iconografia e l iconologia sono discipline d natura storica, mentre la semiotica si interessa della descrizione e spiegazione di sistemi sincronici cioe colti in un momento della loro esistenza. In altri termini nel primo caso prevale l attenz per l evoluz d un elemento e le cause, nel secondo prevlae l attenz x il rapporto che esso instaura con altre parti del sistema d cui fa parte. Importante riflessione sul rapporto tra queste discipline è di Omar Calabrese. Egli dedica un saggio al motivo del ponte nella pittura. Analizzando un corpus di dipinti Calabrese giunge alla conclus che a un livello narrativo piu profondo il ponte ha 3 funzioni:

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Rappresenta la congiunzione o disgiunzione tra due elementi cioe puo servire a mettere in comunicazione due elementi della narrazione o congiungere x es un Soggetto con il suo Oggetto di valore; puo anche disgiungerli

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È un demarcatore cioe indica il punto di passaggio da una parte del testo visivo a un altra caratterizzate dal fatto d rappresentare i poli opposti d una stessa categoria. Qsta categoria puo essere d diversi tipi: spaziale, temporale o timica.

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È connettore di isotopie cioe tende ad essere un elemento che incarna contemporaneamente piu categorie spesso opposte. Qsta definiz del motivo ponte nn dipende dal suo aspetto figurativo. Conseguenza piu interessante è che per qsto puo includere anche altri oggetti che pur nn essendo ponti svolgono in un dipinto la stessa funzione: un sentiero, un albero messo di traverso o un gregge d pecore in fila.

È evidente che la semiotica puo ripensare il concetto iconografico di motivo e studiarlo in modo da aumentarne le potenzialità. La semiotica è in grado di scoprire che il motivo del ponte nasconde anche una funzione narrativa abbastanza costante che permette di riconoscerlo anche quando è presente sotto forma di altre varianti figurative. 2.2 La connotazione Dal punto di vista semiotico l’iconografia rappresenta un area chiaramente definita dell enciclopedia, un concetto introdotto da Eco x indicare l insieme d conoscenze collegate possedute da un soggetto o da una società. Ora affrontiamo alcuni fenomeni relativi alla costruz del significato delle immagini che pur basandosi su meccanismo simili mostrano differenze fondamentali. Si tratta d qlle associaz di significato che si sviluppano a partire da una certa unità culturale grazie a implicazioni successive del tipo “se A allora B ma se B allora C”.

Vediamo un esempio di Barthes (1985) x chiarire il concetto. L’esempio è quello dell annuncio pubblicitario della pasta Panzani. Dal pdv visivo Barthes identifica 2 livelli. Il primo è qllo in cui riconosciamo configurazioni visive come rappresentazioni di oggetti del mondo: una borsa di rete, un pomodoro ecc. Questo livello letterale dell immagine viene indicato con denotazione ed è influenzato da schemi culturali. Ma x Barthes il significato piu interessante dell immagine nn è qsto. Ma quello per cui a qsti significati denotati associamo all interno d una cultura un ulteriore significato. Cosi nella cultura francese il pomodoro e il peperone indicano “italianità” Qsta associazione è totalmente culturale Qsto secondo significato è detto da Barthes “connotazione”. Nella pubblicita Panzani secondo Barthes ci sono diversi messaggi connotativi (leggi se vuoi pag 31) È chiaro come alla base di questo meccanismo ci sia sempre il concetto di enciclopedia! È perchè la nostra esperienza e/o la nostra cultura hanno con il tempo creato un collegamento tra “pomodoro” e “italianità” che possiamo associare l uno all altra. Ovviamente questo discorso rende evidente anche che all interno d una stessa cultura ci sono percorsi connotativi alternativi o gruppi che organizzano le loro conoscenze e collegamenti tra esse in maniera differente. Come afferma Barthes, l’analisi dei significati connotati mette in evidenza quella che è l’ideologia cioe il modo in cui una cultura associa valori e valutazioni a oggetti, situazioni,categorie di persone ecc. 2.2.1 L’ancoraggio La connotazione rischia di dare origine a una serie illimitata di letture. Secondo Barthes questo inconveniente viene ridotto dal meccanismo dell “ancoraggio” cioe dal fatto k il testi visivo sia spesso accompagnato da testo verbale. Il testo verbale ha funzione di ancorare il significato di quello visivo cioe selezionare il senso o i sensi corretti dell immagine o meglio il senso che il creatore voleva dargli. È per qsto che Barthes parla di “diritto di sguardo” e di “controllo” da parte del creatore del testo. Ancoraggio puo intervenire a diversi livelli: innanzitutto a livello della denotazione

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Testo verbale fondamentale x interpretare il livello denotativo cioe per riconsocere cos e rappresentato nell immagine. È il caso dello scherzo visivo cm vedi a pag 33)

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Ancoraggio serve a mettere in evidenza, a richiamare l attenzione su uno dei tanti oggetti particolari.

Al livello della connotazione invece

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Ancoraggio deve dare indicazioni, selezionare quali le letture piu corrette o quelle che l autore desidera siano maggiormente considerate.

2.3 Testi visivi e meccanismi retorici La connotazione è un meccanismo semplice basato su una successione di associazion all interno d una certa enciclopedia. Esistono pero anche meccanismi piu complessidi costruzione del senso. Nel linguaggio comune la retorica viene considerata arte del bello scrivere. È una definizione parziale perche fa riferimento solo a una delle 5 parti che compongono la disciplina. La retoric è divisa in:

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Inventio: ci insegna a trovare le prove ed argomenti su cui baseremo il nostro discorso

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Dispositio: come disporre nell ordine piu efficace e parti dell argomentaz scoperte

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Elocutio: si occupa delle espressioni che verranno usate

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Actio: insegna a politici e avvocati come impostare voce gestualita ecc

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Memoria: arte d memorizzare correttamente i passaggi ecc

Ricorda l’ornatus ossia l arte d ornare il discorso con belle espressioni ed immagini.

2.3.1 La metonimia L’ornatus che si occupa quindi delle fgure retoriche. Una di qste è la metonimia che consiste nel sostituire un termine con un altro quandro fra loro ce un rapporto di reciproca dipendenza: l’autore per l’opera (ascoltare Mozart x ascoltare un opera d Mozart x es) (bere un bicchiere x bere un bicchiere di vino). Ma in che senso si puo parlare d retorica visiva? Esistono metonimie visive? Un esempio lo abbiamo visto con Panzani (pasta) .. uno dei significati dell immagine è la genuinità dei prodotti in scatola che vengono raffigurati accanto a veri pomodori e peperoni: “la scena stabilisce un collegamento tra l origine dei prodotti e lo stato finale”. Il meccanismo metonimico è usato dalla Panzani x suggerire che i suoi prodotti in scatola sn genuini come “veri” pomodori con cui sn fatti. Anzi qui abbiamo ben 2 metonimie: noi nn vediamo il profotto in scatola ma solo la scatola: un tipico caso di contenente x il contenuto. Altro caso di metonimia visiva pio essere qllo identificato da Calabrese nel dipinto “Gli ambasciatori” di Holbein il Giovane. (Pag 36 la figura + leggi cos’è pag 37) 2.3.2 La metafora La metafora consiste nella sostituzione di un termine (il metaforizzato o tenore) con un altro (metaforizzante o veicolo) quando fra d essi esiste somiglianza, analogia, insomma qlcosa in comune. Possono esistere anche metafore in presentia in cui il tenore ed il veicolo sono contemporaneamente presenti: è il caso d una frase come “Achille era un leone”. Molte metafore cmq sn nella tradizionale forma in absentia. Se x es dico d una ragazza bionda che i capelli d’oro è ovvio k nn parlo letteralmente. Ma la forza della metafora nn è solo qui. Stabilito il collegamento inizia uno scambio di proprietà tra tenore e veicolo. I capelli biondi acquisteranno connotazione di “preziosità” che è tipica dell oro. Ma saranno importanti anche caratteristiche opposte dei 2 termini: i capelli sono organici e l oro è un metallo, i capelli filiformi mentre è difficile ottenere una filigrana dorata. Metafora nn serve solo a stupire o abbellire ma fa conoscere nuovi aspetti delle cose. Dobbiamo chiederci ora... come funziona una metafora visiva? Buon esempio è analizzato da Maria Pozzato: pubblicita della marca di abbigliamento Etro (pag 39) in cui in 2 pagine d giornale s contrappongono una conchiglia e una ragazza ripresa mentre fa un passo di danza. (metafora in presentia) Ragazza e conchiglia sono accomunate da alcune caratteristiche: forma a spirale, il colore alcuni effetti di luce, la testura.Si crea quindi un accostamento tra i 2 elementi. Questa metafora non intende dire assolutamente che la ragazza è come una conchiglia. Ci sono infatti anche numerose differenze!

La spirale della conchiglia è rivolta verso l alto mentre qlla della gonna della raga è verso il basso. La conchiglia è un corpo vuoto mentre il vestito è l involucro d un pieno ossia il corpo della raga. La conchiglia è caratterizzata da chiusura e staticità mentre nella raga troviamo apertura e dinamismo. Qsta metaforza si basa quind su un complesso gioco di analogie ed opposizioni. La somiglianza fra raga e conchiglia ci sorprende xk nn ce l aspetteremmo. L’accostamento ci colpisce e c invita a riflettere e trasferire proprietà da un elemento all altro. Ma quali tra le proprieta saranno piu facilmente trasferite? È convincente che il collegamento venga fatto attraverso l’opposizione natura/cultura. Cioè si vuole suggerire che un certo abbigliamento conducere a vivere una vita in sintonia con la natura delle cose in particolare con la natura delle cose naturali. È importante sottolineare x concludere una differenza rispetto al linguaggio verbale. Spesso la presenza della metafora visiva è messa in evidenza da una somiglianza. In altre parole le caratteristiche in comune fra veicolo e tenore nn riguardano solo piano del contenuto ma anche qllo dell espressione.

CAPITOLO 3: LE STRUTTURE NARRATIVE NELLE IMMAGINI Le immagini possono raccontare storie. Ci preme capire come sia possibile analizzare il senso di queste storie, cercando di comprendere se sono la rappresentazione concreta di significati piu profondi. 3.1 Lo schema narrativo canonico Primo concetto che ci serve è quello dello schema narrativo canonico. Riprendendo le ricerche di Propp sulle fiabe di magia russe, Greimas ha ipotizzato che al di la delle variazioni superficiali che le distinguono, le storie siano in gran parte basate sulla successione ordinata di 4 fasi. -

Nella prima fase detta contratto o manipolazione, un Destinante convince un Destinatario a fare (o non fare) una determinata azione. Il Destinante puo usare vari tipi di strategia: la promessa, la minaccia,la seduzione, la provocazione.

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Nella seconda fase, la competenza l’eroe che chiameremo Soggettodeve acquisire le capacità x portare a termine il suo compito. Nella terminologia semiotica si dice che il Soggetto deve essere modalizzato cioe per svolgere il suo compito deve possedere determinate modalità. Queste modalità sono definite sulla base dei 4 principali verbi modali: dovere, volere, sapere, potere. Una volta che il Soggetto sia dotato di un dover fare e/o di un voler fare siamo già nella fase della competenza.

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La terza fase è la performanza, quella principale: l’azione decisiva viene compiuta

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L’ultima fase è la sanzione ed è quella in cui il Destinante giudica se il Destinatario ha effettivamente fatto cio che gli era stato chiesto.

3.1.1 Esempi visivi Come possiamo usare lo schema narrativo canonico quando analizziamo un testo visivo? Innanzitutto ci possono essere casi di vere narrazioni per immagini (un ciclo di affreschi, un fumetto ecc) paragonabili a

testo verbale. Potremmo quindi riconoscere distintamente le varie fasi della storia raccontata. Possiamo però avere anche casi in cui l’immagine rappresenta solo una delle tappe dello schema narrativo: ciò vuol dire che verrà dato rilievo ad un solo aspetto dell intera vicenda. 3.2 Il percorso generativo Un altro strumento fondamentale della semiotica narrativa greimasiana è il percorso generativo, uno schema che distingue i diversi livelli di contenuto di un testo. Un testo puo avere significati profondi e astratti, cioè significati generali che potrebbero essere veicolati anche da altre storie e non sono espliciti ma sono nascosti sotto la superficie del testo. Questi significati sono rappresentati, incarnati da elementi piu concreti. Il percorso generativo cerca quindi di definire i diversi livelli di significato procedendo da quelli piu profondi e astratti (il Bene ed il Male) alla loro graduale emersione verso la superficie del testo. Il percorso pero non è genetico non è cioe la descrizione delle tappe di produz di un testo. I vari livelli non vanno letti in ordine cronologico ma cm diversi livelli che agiscono contemporaneamente e che si influenzano a vicenda. 3.2.1 Le strutture semio-narrative profonde Vediamo ora quali i principali livelli del percorso generativo e come possiamo applicarli all analisi visiva. Partendo dal maggior grado di astrazione abbiamo il livello profondo delle strutture semio-narrative. È a qsto livello che incontriamo le opposizioni semantiche fondamentali, quelle attorno alle quali ruota l intero testo. Secondo Greimas un testo è sempre una messa in scena di un conflitto tra 2 poli opposti di una categoria semantica: Bene vs Male, Vita vs Morte ecc. Queste contrapposizioni vengono poi incarnate da xsonaggi concreti. Facendo un esempio... Felix Thurlemann analizza in quadro del Louvre, “Loth e le figlie” (quadro a pag 47 e analisi breve a pag 48) 3.2.2 Il quadrato semiotico Possiamo fare un ulteriore passo in avanti. La teoria semantica greimasiana nn si ferma alle opposizioni categoriali. Secondo Greimas i significati profondi di un testo non valgono tanto di per se ma perche sono inseriti in una rete di rapporti con altri significati correlati. Non è tanto importante che sia presente il significato “Vita” ma piuttosto che in quel particolare contesto “Vita” sia contrapposto ad altri significati per esempio “Morte”. Ogni testo crea la sua rete di significati che si richiamano o si oppongono in diversi modi. Altro punto della teoria greimasiana è che qsta rete d rapporti nn si ferma all opposiz fra un significato e il suo contrario ma da origine ad una struttura piu complessa, detta quadrato semiotico, in cui gli elementi coinvolti sono 4. (Vedi figura pag 49) Ogni elemento semantico S1 (x es “bianco”) chiama in causa il suo contrario S2 (Nero). Ma S1 sarà legato anche ad un altro elemento, Non S1 che è il suo contraddittorio. Non S1 è tutto cio che non è S1, nel nostro caso tutto cio k nn è bianco. È ovvio allora che ci sara un rapporto anche fra un contraddittorio (Non S1) e l altro contrario (S2): S2 infatti è presupposto da Non S1. In altre parole “nero” è il contrario di bianco ma è anche uno dei possibili aspetti di “non bianco” e vi si puo quindi arrivare solo se si è inizialmente negato “bianco”. I termini del quadrato nn sn fissati 1 volta x tutte. Ogni testo crea le sue opposizioni. Nella semiotica greimasiana spesso il quadrato viene usato x spiegare le trasformazioni che avvengono durante la narrazione. Una storia mette in scena un insieme di valori e gli eventi che conducono dall uno all altro. Se i valori corrispondono ai poli di un quadrato semiotico le trasformazioni potranno essere rappresentate da spostamenti fra questi poli che prendono il nome di affermazioni (se vanno da in contraddittorio all altro contrario) e negazioni (se vanno da un termine al suo contraddittorio).

3.2.3 Le strutture semio-narrative superficiali Un grado di maggiore concretezza rispetto al quadrato semiotico si ha con il livello superficiale delle strutture semio-narrative. I valori rappresentati dai poli del quadrato sono associati ora a Soggetti e Oggetti di valore e compaiono Destinanti, Destinatari, Aiutanti e Opponenti. Ci troviamo però ancora ad un livello astratto: lo dimostra il fatto che contrariamente a qnto pensiamo il Soggetto o il Destinante non corrispondono necessariamente ad un personaggio, che nella terminologia semiotcia si chiama attore. Essi rappresentano semplici funzioni narrative tanto che x distinguerli dai personaggi o attori vengono chiamati attanti. Ai livelli piu superficiali si possono dare diverse situazioni. Nella piu semplice ad ogni attante corrisponde un attore e viceversa: il re sarà Destinante, il cavaliere il Destinatario ecc. I racconti piu interessanti pero sono quelli in cui la struttura attanti-attori è piu complessa. Un attante puo essere incarnato da diversi attori: i 3 moschettieri sono 3 attori differenti ma corrispondono allo stesso attante. Ci sono invece casi in cui un attore incarna piu attanti. A questo livello la narrazione potra essere descritta come una serie di trasformazioni che portano i Soggetti a congiungersi o disgiungersi con il loro Oggetto di valore. Sempre a questo livello potremo studiare le modalizzazioni del Soggetto (secondo il dovere,volere,sapere,potere) che svolgono un ruolo fondamentale nel caratterizzare il tipo d narrazione. (a qsto proposito leggi es pag 52-53-54) 3.2.4 Le strutture discorsive L’ultimo livello del percorso generativo è qllo delle strutte discorsive nel quale le strutture semio-narrative si incarnano in soggetti ed oggetti concreti. Anche questo passaggio dal livello semio-narrativo superficiale a qllo discorsivo segue alcune regole. Innanzitutto gli elementi del livello discorsivo possono essere raggruppati in temi cioè in insiemi di personaggi, situazioni, oggetti che sono legati da una certa coerenza.Ogni tema poi porterà con se una serie di ruoli tematici adatti a quel tema.Avremo cosi ad es una vasta area tematica bellica, un altra amorosa ecc All interno dell area tematica “bellica” potremo x es avere il tema “seconda g mondiale” come anke il tema “contesa cavalleresca”. Due osservazioni sn necessarie

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Nn dobbiamo pensare k qsto sia lo stadio finale del percorso generativo. Ci troviamo ancora al di sotto della superficie del testo. Dobbiamo ancora compiere l ultimo passo e tradurre questi contenuti nelle espressioni di un certo linguaggio. È solo nell ultima fase, qlla della testualizzazione che avviene la manifestazione di questi contenuti in un tessuto di significanti che essendo diversi per ogni linguaggio porteranno alla distinzione tra i vari tipi di testi. Ma è proprio questo uno dei punti forti della teoria greimasiana: la possibilita di confrontare sullo stesso piano dipinti, fotografie, racconti e molti altri tipi di testi.

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Siamo tornati ad un livello paragonabile a quello in cui si collocano l’iconografia e i meccanismi retorici. In effetti potremmo considerare i tipi iconografici come veri e propri ruoli tematici: “il santo penitente” infatti è caratterizzato da un insieme limitato d comportamenti possibili e da un certo num d figure che lo caratterizzano.

3.3 Le filosofie pubblicitarie e le immagini

Concludiamo proponendo un altro strumento di analisi sviluppato da Floch x spiegare le differenze fra i diversi modi d fare pubblicità. Floch riconosce 4 filosofie pubblicitarie:

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La pubblicità referenziale è basata sull idea che la pubblicita migliore è quella che dice la verità. Il valore fondamentale è l’onestà. Dal pdv semiotico pero è importante quali caratteristiche dell annuncio diano l’impressione che esso sia sincero e soprattutto realistico. Floch elenca alcune di queste caratteristiche: è utile che ci sia una struttura narrativa chiaramente riconoscibile, che si evitino gli effetti di costruzione o montaggio e che non ci siano slogan o aggettivi. Il testo verbale dovrà quasi sembrare un testo scientifico. Appoggiare il discorso su qnto detto prima vuol dire soddisfare i requisiti della referenzializzazione interna. Anche dal pdv visivo saranno preferibili tutti gli elementi realistici.

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In parte simile a quella referenziale è la pubblicità sostanziale. La differenza è che al centro dell attenzione non sono tanto le caratteristiche pratiche del prodotto ma il prodotto stesso di per se. Si tratta di esaltarlo nella sua natura profonda e di renderlo desiderabile anche dal pdv estetico e sensibile. L’immagine sostanziale privilegia i valori tattili. Primi piani, nitidezza assoluta dei tratti e delle forme, ripresa spesso frontale.Non è un caso che la pubblicita sostanziale sia indicata x i prodotti alimentari

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Contrario della pubblicità referenziale è la pubblicità mitica che riveste il prodotto di sogni e cerca di far fantasticare il cliente. Per raggiungere qsto scopo spesso chiama in causa leggende ed eroi tanto tradizionali quanto contemporanei.. Viene usato quindi il cosiddetto testimonial.

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La pubblicità obliqua infine è alternativa, si basa sul paradosso, sulla critica ai luoghi comuni. La sua caratteristica principale è qlla d nn essere immediatamente comprensibile. È un tipo d pubblicita taregtizzata x un pubblico di nicchia. Proprio il fatto che tende a rompere convenzioni rende difficile individuarne caratteristiche stabili. Possiamo pero indicarne alcune: uso dell ironia, la citazione, il gioco metalinguistico.

CAPITOLO 4: L’ENUNCIAZIONE VISIVA 4.1 La teoria dell’enunciazione In linguistica l’enunciazione è la produzione di un enunciato: è cioe l’atto con il quale partendo da un sistema astratto e collettivo produciamo un segmento reale di discorso, unico e irripetibile. Possiamo considerare quindi l’esistenza anche di enunciati visivi. È utile subito definire i termini. Immaginiamo la situazione dove Marco incontra Paola e le dice “Francesco è andato a Roma”. Marco è l’enunciatore, Paola è l’enunciataria, Marco e Paola sono i soggetti dell enunciazione. “francesco è andato a Roma” è l enunciato e Francesco sarà il soggetto dell enunciato. 4.1.1 Debrayage enunciativo e debrayage enunciazionale Quando produciamo un enunciato parliamo di certi luoghi, di certi tempi, di certe persone. Proiettiamo nell’enunciato categorie spazio-temporali e della persona. La semiotica greimasiana ha chiamato questa proiezione débrayage.

Abbiamo due tipi di débrayage. Nell’enunciato potrebbero esserci riferimenti a luoghi tempi e persone differenti da quelle coinvolte nella situazione di enunciazione. In questi casi si parla di débrayage enunciativo. La presenza nell enunciato di riferimenti diretti alla situazione di enunciazione è detta debrayage enunciazionale. Nel linguaggio verbale il débrayage enunciazionale è spesso riconoscibile grazie ad alcune marche: i cosiddetti deittici spaziali e temporali (qui, la, ora) tempi come il presente e l imperfetto e soprattutto l uso della prima e seconda persona (sing e plur). Al contrario il débrayage enunciativo si riconoscerà per la presenza di riferimenti spaziali e temporali non definiti in base alla situazione di enunciazione (una data, il passato remoto, l uso della terza persona). È necessario sottolineare una differenza fra le situazioni di interazione reale e i tipi di enunciati di cui solitamente si occupa la semiotica (un dipinto esposto in un museo ecc). In quest ultimo caso la situazione enunciativa è definitivamente persa. Il débrayage enunciazionale quindi non è piu un riferimento alla reale situaz di enunciazione ma piuttosto una sua simulazione. In conclusione il débrayage enunciativo e quello enunciazionale sono 2 strategie discorsive differenti che tendono a costruire rispettivamente un effetto di maggiore distanza fra i sogg empirici dell enunciazione e quelli dell enunciato e un effetto di illusoria e parziale identificazione. 4.1.2 Il debrayage nei testi visivi Il meccanismo del debrayage trova un analogo nei testi visivi. In che modo? Il primo a proporre l impiego della teoria dell enunciazione al visivo è stato Meyer Schapiro. La prima proposta di Schapiro è che la presenza di personaggi rappresentati frontalmente e di profilo nello stesso dipinto possa segnalare una differenza fra le loro funzioni narrative o fra i valori che incarnano. In altre parole, la copresenza dei due tipi di rappresentazione servirebbe a sottolineare una differenza narrativa o semantica con sistema simile a quello che parlando di linguaggio plastico chiameremo semisimbolico. Ma Schapiro avanza anche una seconda ipotesi... il volto di profilo è distaccato dall osservatore e appartiene ad uno spazio condiviso con altri profili posto sulla superficie dell immagine. La presentazione di figure di profilo (débrayage enunciativo visivo) dà un effetto di obiettività: è come se guardassimo quello che sta accadendo dall esterno. Il volto e lo sguardo rivolti verso di noi creano un sistema io/tu (debrayage enunciazionale visivo) in cui lo spettatore (il “tu”) non è rappresentato ma è come se venisse chiamato in causa. In un immagine ormai leggendaria lo Zio Sam ci guarda.. a qsto primo debrayage enunciazionale visivo se ne aggiunge un secondo: il dito puntato. Inoltre la strategia del debrayage enunciazionale vien ribadita a livello verbale: la headline infatti recita “I want you”. 4.1.3 Lo sguardo e il ritratto Come fa notare Schapiro frontalità e profilo sono solo 2 posizioni estreme fra le quali ce un continuum di possibilità. Bisogna considerare infatti la posiz degli occhi, la direzione dello sguardo...

Omar Calabrese ha studiato i differenti tipi di sguardo e di posizioni che si possono avere in un ritratto sia in pittura che in fotografia. Possiamo riconoscere le diverse situazioni possibili partendo dalla considerazione che il personaggio rappresentato nel ritratto è il soggetto di un guardare sia attivo che passivo: infatti puo sia guardare l’osservatore che essere guardato da lui. Questo guardare puo essere modalizzato secondo il volere. Il dipinto puo esprimere la volonta o meno da parte del soggetto ritratto sia di guardare l osservatore sia di essere guardato. Usando il quadrato semiotico Calabrese identifica sia per il guardare attivo (guardare) che per quello passivo (esser guardato) quattro diverse situazioni: (puoi vederle graficamente pag 64) Dove per esempio la differenza tra “voler non essere guardato” e “non voler essere guardato” è quella tra un soggetto pudico che ha una volonta precisa e definita d nn essere guardato (vuole+ non essere guardato, cioe viene affermata la volonta d nn essere guardato), e un soggetto modesto a cui semplicemente non interessa essere guardato (non+vuole essere guardato, cioe viene negata la volonta ferma di essere guardato). Allo stesso modo il “non voler non essere guardato” indica un sogg che nn si imbarazza cioe che non cerca attivamente d nn essere guardato (non + vuole non essere guardato, cioe viene negata la volonta d nn essere guardato). Combinando i poli dei due quadrati otterremo sedici diverse situaz che possono essere impiegate per definire diversi tipi d ritratto. Consideriamo alcuni esempi: -

Voler essere guardato + voler guardare: soggetto ritratto è frontale; guarda lo spettatore (dandogli del tu) e si lascia guardare

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Non voler non essere guardato + non voler non guardare: il soggetto ritratto guarda verso lo spettatore ma il suo sguardo è assente (non cerca attivamente di non guardarlo ma non lo guarda neanche) e manifesta la sua indifferenza nei confronti dello spettatore.

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Voler essere guardato + non voler non guardare: è la posa piu classica quella in cui il soggetto ritratto guarda altrove (all orizzonte per esempio) ma offre chiaramente il corpo allo sguardo dello spettatore.

4.2 Il punto di vista Un concetto fondamentale è quello di punto di vista. Con questa espressione si indicano la posizione e il modo in cui l artista ha voluto cogliere la scena rappresentata e in cui quindi lo spettatore probabilmente coglierà il testo. Noi cercheremo di fissare alcuni concetti principali. 4.2.1 Posizione dello spettatore Bisogna innanzituttto considerare il rapporto esistente nello spazio reale tra testo e spettatore. Questo dipende dalla dimesione del testo e dalla sua collocazione. Una cupola affrescata per es presuppone uno spettatore che la osserva dal basso in verticale mentre se l affresco si trova su una parete comporta sempre uno sguardo dal basso ma angolato ecc.

4.2.2 Osservatore Oltre alla posiz reale dello spettatore dobbiamo considerare anche quella dell osservatore. Chiariamo la differenza tra qsti 2 concetti. Il termine spettatore indica il soggetto empirico cioe reale che fruisce del testo visivo. L’osservatore invece indica il punto di vista da cui la scena è rappresentata.

Da cio possiamo comprendere 2 cose importanti

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Importante considerare il rapporto fra posizione dello spettatore e posizione dell osservatore. Si tratta di 2 sguardi, 2 punti d vista diversi e lo spettatore non puo immedesimarsi nell osservatore. La coincidenza fra spettatore e osservatore permette invece questa immedesimazione e produce quindi un maggior coinvolgimento dello spettatore nella scena rappresentata.

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Quello di osservatore è un concetto astratto: rappresenta la posizione dell osservatore ipotetico di quella scena. L’osservatore cioè è implicito e ricostruibile solo attraverso un analisi dell immagine.

4.2.3 Astanti L’osservatore puo essere anche rappresentato esplicitatamente: in questi casi la teoria greimasiana parla di astanti. Nell immagine troviamo personaggi che guardano la scena rappresentata e quindi sono l incarnazione dell osservatore. Gli astanti possono trovarsi esattamente nella posiz dell osservatore ma spesso le 2 posizioni nn coincidono e gli astanti nn rappresentano l’osservatore ma la presenza generica di un osservatore. Gli astanti nn sono la figura dell osservatore nell immagine ma hanno la funzione d commentatori ossia personaggi che indicano i centri di attenzione della rappresentazione e i suoi effetti emotivi. Le principali caratteristiche degli astanti:

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Un astante puo innanzitutto avere due tipi d comportamento: puo guardare o indicare qualcosa (detto allora indicatore)

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Gli astanti possono avere un espressione di indifferenza nei confronti di cio che guardano/indicano. Ma possono anche essere patemizzati mostrare cioe una reazione emotiva.

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Bisogna infine considerare il grado di coinvolgimento dello spettatore prodotto dagli astanti. Innanzitutto questi potrebbero rivolgersi direttamente a lui con un debrayage enunciazionale. Un altro meccanismo d coinvolgimento è basato sulla magg o min coincidenza tra i punti di vista dell astante e dello spettatore: una maggiore coincidenza corrisponde a un maggior coinvolgimento dello spettatore nella rappresentazione.

4.3 Il discorso sull enunciazione

L’enunciazione è un atto di produzione. Ma cerchiamo di spiegarci meglio prendendo esempi in particolare dalla pittura. 4.3.1 Trasparenza e opacità Secondo Marin le immagini possono essere considerate da 2 pdv diversi cioe possiedono 2 dimesioni che possiamo chiamare trasparenza e opacità. La prima dimensione delle immagini è la trasparenza: noi vediamo in esse l oggetto o gli oggetti rappresentati. La seconda dimensione è quella dell opacità. Se nel primo caso l immagine sostituisce qlcosa d assente (l oggetto reale) con qualcosa d presente (il suo significante figurativo) ora rappresentare significa presentarsi nell atto di presentare qualcosa. In altre parole quello su cui ci concentriamo non è piu l oggetto o la scena rappresentata ma il fatto che quello che ci troviamo davanti è un quadro, un artificio umano che riproduce l aspetto del mondo: non una finestra trasparente sul mondo reale ma una superficie opaca che lo mima piu o meno abilmente. Trasparenza e opacità nn sono inconciliabili. Anzi sn strettamente legate e lo spettatore oscilla tra di esse. Anche se convivono necesariamente c sn casi in cui il testo sottolinea la sua dimensione opaca. In questo modo l’autore rivendica la sua opera, la sua attività . è come se dicesse “tu spettatore guardi sta scena ma nn dimenticare che puoi farlo solo grazie a me e la mia maestria”. Non solo... significa richiamare l attenzione sulla pittura, sulla sua tecnica e sul suo linguaggio; diventa presupposto necessario per ogni discorso metapittorico. 4.3.2 Cornici, finestre, nicchie e porte Primo dispositivo legato all’opacità è la cornice. Ma piu che la cornice reale cui cui ormai sono dotati tutti i quadri quello che ci interessa è notare quei casi in cui la cornice stessa o sue metafore sono inserite nella rappresentazione. A partire dai secoli XV e XVI molti pittori introducono nelle loro opete finestre, nicchie o porte. La finestra è il simbolo della pittura in generale e in particolare della pittura d paesaggio cosi come la nicchia lo è della natura morta e la porta delle pitture d interni. Il massimo grado metapittorico, quello piu esplicito, lo si raggiunge quando a essere inserita nel quadro è una simulazione della cornice materiale. 4.3.3 La rappresentazione dell enunciatore Altro modo x sottolineare l attivita enunciativa è quello di inserire la figura dell enunciatore all interno dell enunciato. In casi in cui il pittore si rappresenta nella sua opera. Stoichita fa una classificaz d qsti casi riconoscendone 4 tipi principali

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Autore testualizzato: presente nelle miniature medievali dove il miniatore si rappresenta all interno di un capolettera che sta dipingendo

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Autore mascherato: che recita la parte d un personaggio della storia.

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Visitatore: l’autore è presente nella rappresentazione ma a diff del caso precedente non è uno dei suoi personaggi. È un visitatore cioe un estraneo che osserva dall esterno la rappresentazione senza essere visto dagli altri personaggi.

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Autore in autoritratto riportato: nello spazio rappresentato che l autoritratto del pittore

Non dimentichiamo insieme i veri e propri autoritratti.

CAPITOLO 5: LA PSICOLOGIA DELLA PERCEZIONE E GLI EFFETTI DI BASE DEL LINGUAGGIO PLASTICO 5.1 Il linguaggio plastico In questo cap cominceremo a parlare del secondo aspetto della semiotica visiva: il linguaggio plastico. Linee, forme, colori, organizzazioni spaziali possono avere un significato o meglio crare effetti di senso anche di per se indipendentemente da cio k rappresentano. Non bisogna poi dimenticare che esistono moltissimi esempi di immagini che nn hanno un contenuto figurativo. Tutto cio che ci fa comprendere come le immagini non significano solo perche riproducono il mondo reale. C’è un secondo aspetto dei testi visivi che è altrettanto importante che la semiotica ha chiamato linguaggio o livello plastico. Dal punto di vista operativo possiamo considerare il linguaggio plastico come completamente autonomo, indipendente dal linguaggio figurativo e dotato di un suo piano dell espressione e di un suo piano del contenuto. Infine bisogna ricordare che il concetto plastico non riguarda solamenti testi visivi planari . Ci puo essere livello plastico anche nella scultura, nell’architettura o in generale nel mondo che ci circonda. 5.1.1 Da Hogarth a Greimas Il concetto di linguaggio plastico è stato introdotto dalla semiotica della Scuola di Parigi e in particolare da Greimas e collaboratori: Floch e Thurlemann. Se vogliamo considerare solo le riflessioni esplicite bisogna risalire però a Hogarth che nel suo “Treaty Of Beauty” si poneva problemi che oggi ascriviamo all ambito plastico. Cosa interessante che fece Hogarth fu un discorso essenzialmente plastico perche si interrogò sul valore estetico delle linee curve e lo fece considerandole di per se indipendentemente dal soggetto che raffigurano. Meno di due secoli dopo un altro grande artista si interessò di problemi simili: Wassily Kandinsky. Risultato piu importante di queste riflessioni furono due libri: “Lo spirituale nell arte” in cui tenta d elaborare una teoria del colore e del suo uso e “Punto e linea nel piano” in cui si interessa del significato delle forme. 5.1.2 Due modi di considerare il plastico Il linguaggio plastico puo essere considerato e studiato da 2 punti d vista. In questo capitolo ci dedicheremo a un accezione del plastico simile a quella di Hogarth e Kandinsky. Nostro interesse sarà di capire come certe configurazioni visive possano creare effetti di senso generali ed elementari. Quando diciamo elementari intendiamo effetti che hanno origine in una fase iniziale del processo pervettivo e che quindi sono piu immediati. Nel capitolo 6 invece vedremo l approccio di Greimas e della sua scuola. In qsto caso al centro dell attenzione ce il modo in cui gli elementi plastici possono creare un sistema di rimandi o di opposizioni che rappresenta, a livello superficiale, relazioni esistenti tra significati profondi. 5.2 La psicologia della percezione e la Gestalt

A indagare meccanismi del linguaggio plasticoo dal pdv della percezione visiva c aiuta la psicologia della percezione e in particolare la psicologia della Gestalt. 5.2.1 Le leggi di unificazione figurale Primo contributo fondamentale della psicologia della Gestalt è stato quello di aver individuato le leggi di unificazione figurale. Loro scopo è di stabilire in quali condizioni tendiamo a vedere un insieme di elementi non come unità separate, ma come parti di un unica configurazione. (Gli esempi d tt qsti che seguono li vedi a pag 80-81)

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Vicinanza: primo fattore identificato da Wertheimer. Esso prevede che, a parità di condizioni, gli elementi piu vicini fra d loro tendano a essere visti come appartenenti alla stessa unità.

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Somiglianza: cosi cm gli elementi vicini anche quelli simili vengono visti come appartenenti alla stessa unità.

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Destino comune: questo fattore chiama in causa il movimento. Gli elementi che hanno movimento simile tendono a far parte della stessa unità.

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Persistenza dell organizzazione iniziale: se in una situazione percepiamo una certa organizzazione delle forme tenderemo a conservarla anche quando la situaz si modifica

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Direzione e buona continuazione: quando diversi elementi si uniscono in un punto quelli che hanno la stessa direzione tendono a essere visti come appartenenti alla stessa unità.

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Chiusura: elementi chiusi o tendenti alla chiusura vengono piu facilmente visti come costituenti un unità.

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Esperienza passata: in qsto caso l aggregazione o la segmentazione avvengono sulla base delle nostre conoscenze cioe perche riconosciamo unita d cui abbiamo gia esperienza e che quindi risultano piu familiari. Ad es nella successione di simboli 16CV avviene normalmente una segmentaz fra i due numeri che costituiscono un unità e le 2 lettere che ne costituiscono un altra.

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Direzionalità: una struttura puo essere influenzata dalla sua direzione

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Orientamento: tenderemo a riconoscere come appartenenti ad 1 stessa forma gli elementi che hanno il medesimo orientamento.

5.2.2 Figura/sfondo Secondo grande contributo della ps della Gestalt è la definizione della coppia d concetti figura/sfondo. Non tutto quello che si vede ha la stessa rilevanza. La figura assume alcune proprietà molto interessanti:

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Ha un carattere oggettuale cioe viene vista come una cosa dai bordi solidi e compatti mentre lo sfondo diventa evanescente

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La figura mostra un colore epifanico mentre lo sfondo ha un colore filmare o diafanico. Il colore epifanico è compatto e materiale, quello diafanico è meno denso e definito.

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La figura tende a essere vista come piu vicina rispetto allo sfondo. Lo sfondo pero non deve essere considerato come una sorta d residuo. Esso è uno schema di riferimento.

Ma come stabilire cosa in un immagine viene visto come figura e cosa come sfondo? Tanti i fattori:

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Grandezza relativa: l’area piu piccola tende a essere vista cm figura

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Orientamento: una configurazione orientata in senso orizzontale e/o verticale avra maggior probabilita d essere vista come figura

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Inclusione: la regione inclusa è figura, quella includente sfondo

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Convessità: le configurazioni delimitate da contorni convessi sono viste come figure

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Simmetria: le configurazioni simmetriche rispetto ad un asse tendono a essere viste come figure.

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Parallelismo e costanza di larghezza.

5.2.3  un esempio di cio che è stato detto finora da pag 84 a 86

5.2.4 La pregnanza Un attenzione particolare va data alla pregnanza o buona forma. Il concetto è ambiguo infatti in esso convivono due aspetti simili ma distinti. Da un certo pdv una buona forma è una forma particolarmente semplice, regolare, simmetrica e quindi stabile. Da un altro pdv la buona forma è una singolarità, un punto di discontinuità nell insieme delle forme di quel tipo. Facciamo un es... un angolo retto è considerato buona forma xk da un pdv percettivo esercita un innegabile attrazione. Esso sara un punto d riferimento per tutti gli altri angoli per cui diremo che un angolo di 85° è quasi un angolo retto... non diremo mai che un angolo retto è quasi un angolo di 85°. Allo stesso modo percepiremo un ellisse come una circonferenza schiacciata piu che come una vera figura autonoma. Le buone forme sarebbero quindi configurazioni particolarmente stabili, punti d riferimento rispetto ai quali le altre configurazioni possono essere considerate deviazioni. Considereremo una celebre scultura di Costantin Brancusi intitolata: “Il bacio” che vedi a pag 87. Se consideriamo i rettangolo cui l asse maggiore è quello verticale è probabile che la buona forma sia piu il rettangolo in figura 24b che quello in figura 24c. Accade cosi che quando guardiamo “Il bacio” la forma complessiva si impone percettivamente rispetto alle due forme separate costituite dalle singole figure. Ecco un modo straordinario in cui l espressione plastica riesce a veicolare un contenuto con forza maggiore rispetto a quella del livello figurativo. Altra interpretaz della buona forma è quella della teoria dell informazione. In base ad essa la buona forma è quella che rispetto alle altre possibili richiede meno info x essere percepita (esempio pag 88)

5.3 L’equilibrio visivo Che cosa intendiamo quando diciamo che un immagine è equilibrata o dinamica? Si tratta di metafore: non ce nulla di equilibrato o dinamico nelle immagini ma in qualche modo guardandole proviamo sensazioni che ci ricordano quelle dell equilibrio o del movimento. Arnheim insiste sulla differenza tra aspetto fisico delle configurazioni visive (cioe come sono veramente fatte) e quelllo fenomenico (la resa percettiva cosi come la vediamo). Quando guardiamo un immagine vediamo e sentiamo cose che non esistono realmente nell oggetto percepito eppure è come se ci fossero. (leggi esempio 89-90!) È evidente che non ce nulla che indichi nelle figure la presenza dei punti d forza d cui parla Arnheim. Essi appartengono alla dimensione fenomenica perche è innegabile che influenzino il processo di visione facendoci sentire la loro presenza. Allo stesso modo nn ce nessuna forza reale che spinge il cerchio. Eppure noi percepiamo uno squilibrio e una tensione come se ci fosse una forza nell immag che stiamo osservando. Ma da cs dipendono queste forze visive? Una risp certa nn ce... negli esempi probabilmente sono dovute alla deviazione, allo scarto rispetto a quello che ci aspetteremmo. 5.3.1 I vettori Le forze visive possono dipendere anche dai cosiddetti vettori. Un vettore è un elemento visivo dotato di una direzione e un verso. Da che cosa ha origine la vettorialità degli elementi che osserviamo sulla superficie di un dipinto? Puo dipendere da diversi fattori: cosi gli alberi e in generale tt i vegetali verranno trasformati in vettori che rispettano la direzione di crescita dalle radici alla punta. Ma anche le configurazioni plastiche d un dipinto nn figurativo e alcune d quelle che in un dipinto figurativo sono tratte da elementi che nn rappresentano oggetti cui sia attribuibile una direzionalità possono avere una vettorialità. Essa dipende in qsto caso dal fatto che molte forme geometriche sembrano puntare in una certa direzione. Gli schemi a cui vengono ricondotte si sono infatti formati a partire dalle nostre interazioni con il mondo esterno. Ad es attribuiamo una certa direzione alle forme triangolari perche la nostra esperienza ci insegna che oggetti tendenzialmente triangolari hanno normalmente una direz d qsto tipo. 5.3.2 Un analisi dell equilibrio visivo Cerchiamo d applicare qnto detto all analisi della composizione ossia dell organizzazione generale dei testi visivi. La composizione è uno degli aspetti fondamentali e piu interessanti di un dipinto o d un immagine: è responsabile del primo impatto dell opera e rappresenta la cornice all interno della quale sono possibili tt gli altri effetti. Uno dei problemi centrali della composizione è proprio quello dell equilibrio visivo. Equilibrio non è sinonimo di staticità. La staticità si ha quando la stabilità dell insieme viene raggiunta attraverso una generale immobilità. L’equilibrio invece puo essere ottenuto anche attraverso una corretta composizione di forze che pur bilanciandosi reciprocamente continuano a far sentire il loro effetto. (vedi esempio pag 92-93-94) 5.4 La direzione di lettura delle immagini Molti studiosi hanno messo in evidenza il fatto che l opposizione fra alto e basso in un dipinto non è simmetrica: tutti gli elementi plastici acquistano forze e pesi visivi differenti, a seconda che si trovino nella

metà superiore o inferiore del piano. Questo fenomeno viene spesso giustificato con l esperienza fondamentale della gravità terrestre. Piu complesso e dibattuto è il caso dell altra opposizione fondamentale del piano del dipinto: quella fra sinistra e destra. Secondo Wolfflin uno dei primi ad affrontare qsto argomento. Wolfflin osservò che i dipinti cambiano aspetto e perdono di significato quando vengono ad assumere la loro immagine speculare. Esso si era reso conto che cio accade perche le pitture vengono “lette” da sinistra verso destra e ovviamente la sequenza cambia quando la pittura viene invertita. Wolfflin notò che la direzione della diagonale che va dal basso a sinistra all alto a destra è vista come ascendente; la sua opposta come discendente. Arnheim afferma poco dopo che “Qualsiasi oggetto pittorico appare piu pesante a destra del quadrato”. Al problema del peso visivo degli elementi che si trovano sulla destra e sulla sinistra se ne aggiunge un altro: quello dell effetto prodotto dalla direzione di un movimento rappresentato. La formulazione piu chiara è ancora quella di Arnheim: “Poichè un dipinto si legge da sinistra verso destra, il movimento pittorico verso destra si percepisce come piu agevole, meno faticoso. Se al contrario si vede un cavaliere traversare il dipinto da destra a sinistra sembra che debba superare una resistenza maggiore”. In altre parole esiste nei dipinti una tendenzache ci porta a favorire i movimenti verso destra mentre c fa sentire innaturali quelli verso sinistra. Analizziamo un caso interessante... L’effetto disforico del dipinto “La tempesta” di Edvard Munch è ottenuto con diversi mezzi: il titolo, i colori lividi, la deformazione espressionista delle figure. Possiamo anche notare come diversi vettori siano orientati verso l alto e verso sinistra. Di coseguenza gli altri vettori obliqui costituiti soprattutto dalle evidenti pennellate acquisiranno lo stesso verso. Abbiamo quindi una forte ed evidente vettorialità verso sinistra che creerà un effetto di tensione, di disagio visivo. È un chiaro esempio di come un effetto puramente plastico possa creare un effetto di senso coerente con il significato che emerge anche dagli altri livelli.

5.4.1 Le spiegazioni Da cosa dipende l’esistenza di una tendenza sinistra-destra nella visione delle immagini? Esistono 2 famiglie di spiegazioni. La prima + diffusa cerca d ricondurre qsti fenomeni a fattori naturali e in particolare alla lateralizzazione cerebrale. I due emisferi dell encefalo nn sono perfettamente simmetrici ma svolgono funzioni diverse.Questa differenza è stata chiamata in causa in diversi modi x giustificare la tendenza sinistra-destra. L’ipotesi culturale invece sostiene che la tendenza sinistra-destra dipenda da convenzioni sociali e per la precisione dalla direzione di lettura e scrittura. 5.4.2 Le immagini giapponesi Se la spiegazione culturale della tendenza sinistra-destra fosse corretta allora culture che hanno una direzione di lettura/scrittura opposta rispetto a quella occidentale dovrebbero manifestare una tendenza destra-sinistra.

Possiamo però prendere in considerazione il Giappone dove è vero che si scrive dall alto verso il basso ma le colonne si susseguono da destra verso sinistra. Osserviamo le stampe giapponesi dei secoli XVII e XVIII e ci accorgiamo che nella maggioranza dei casi i vettori vanno da destra verso sinistra. Consideriamo x es “Le cinquantatré stazioni del Tokaido” di Hiroshige. Circa i 2 terzi delle immagini hanno un orientamento destrasinistra mentre solo 1 su 5 mostra quello sinistra-destra. Per concludere un applicaz pratica d qnto detto finora... Com’è noto i manga, i fumetti giapponesi, vengono stampati in Occidente in 2 modi: o perfettamente identici agli originali o ribaltati in senso orizzontale. La prima è una scelta filologica che che cerca cioe di rispettare l’edizione originale. La seconda pero appare piu corretta da un pdv semiotico se è giusto quello che abbiamo detto sulla direzione di lettura delle immagini. Un giapponese leggerà le vignette da destra verso sinistra e questo influirà sul modo in cui vede le immagini: un fendente menato da destra a sinistra sarà molto piu violento e rapido del suo equivalente. Se ora vogliamo restituire agli occidentali gli stessi effetti di senso progettati per il lettore giapponese dovremo venire incontro alla loro direzione di lettura e quindi ribaltare l’immagine.

CAPITOLO 6: IL LINGUAGGIO PLASTICO E L’ANALISI STRUTTURALISTA 6.1 Le categorie plastiche Secondo la semiotica greimasiana e postgreimasiana il contenuto di un testo è strutturato su piu livelli: da quello semio-narrativo profondo a quello semio-narrativo superficiale fino ad arrivare a quello discorsivo. Questo approccio è stato esteso anche al linguaggio plastico ipotizzando che elementi come linee, colori e disposizioni spaziali rappresentino sulla superficie del testo, opposizioni e trasformazioni di valori che riguardano il contenuto profondo. Il problema non è piu quello di seguire l evoluz d una singola linea ecc ma di raggruppare in categorie questi elementi dell espressione plastica e analizzare il modo in cui stabiliscono un sistema di corrispondenze con quelli del contenuto. Quello d cui necessitiamo è un insieme d categorie plastiche che ci permetta di descrivere il piano dell espressione del linguaggio plastico. Per comprendere cosa siano qste categorie plastiche possiamo fare un parallelo cn qlle usate dalla fonologia. Gli elementi piu semplici del sistema fonologico sono i cosiddetti tratti distintivi che servono a descrivere alcune caratteristiche dei suoni di una lingua: questi infatti possono essere sonori o sordi, nasali o non ecc Quando piu tratti distintivi si uniscono formano un fonema cioe l unità elementare del piano dell espressione della lingua. Nella teoria semiotica le unità elementari d un qualsiasi linguaggio vengono dette figure: i fonemi sono allora figure del piano dell espressione del linguaggio verbale. Quando un insieme di figure dell espress s uniscono e formano un unita complessa che corrisponde ad un unita del piano del contenuto si ha un formante. Per cui x es nella lingua ita i fonemi /c/a/n/e/ danno vita all unita dell espressione /cane/ che è il formante del concetto “cane”. Potremmo dire che le categorie plastiche sn i tratti distintivi dell espressione plastica. Esse servono a classificare una serie d caratteristiche che unendosi tra loro formano e definiscono una figura del piano dell espressione plastica. 6.1.1 Cateogire eidetiche Partiamo dalle categorie che impieghiamo per descrivere le forme e che la semiotica chiama eidetiche x nn creare ambiguità con il concetto di forma che ha un significato diverso. Avremo una serie di caratteristiche

che si richiamano a determinate figure geometriche o descrivono ad es la proprietà di una linea o di un contorno. È necessario prima d procedere chiarire 2 punti: Innanzitutto il modello fonologico k abbiamo visto è utile solo x comprendere la differenza di livello fra i tratti descritti dalle categorie, le figure e i formanti. Nella realtà i piani dell espressione del linguaggio verbale e di quello plastco sono profondamente differenti. Il primo infatti è costituito da un numero limitato di fonemi x descrivere i quali è sufficiente combinare fra loro poche categorie. Il numero delle figure del piano dell espressione plastica è cinvece indefinibile e conseguentemente è indefinibile anche l insieme delle categorie che potranno essere utili x la descrizione anche se alcune saranno usate piu frequentemente d altre. Un secondo punto è che è impossib capire quali categorie siano veramente utili x descrivere una certa figura dell espressione plastica senza considerare il contesto in cui si trova. X es prendendo la linea della figura 29° (pag 102) come descriverla? È una linea curva ma è importante anche dire che non è segmentata? O è piu importante affermare che ha dei contorni netti? Senza un termine di paragone non possiamo stabilire se la linea in questione è lunga, corta o media. La cosa diventa piu semplice se la accostiamo alla linea della figura 29b. Le categorie eidetiche (curvo, retto – segmentato, retta) ci aiutano quindi a cogliere quelle proprietà che ci permettono d distinguere le due linee, che sono le nostre figure dell espressione plastica.

6.1.2 Categorie cromatiche Le categorie cromatiche servono a descrivere i colori. Le categorie piu utili sono quelle dei radicali, della saturazione e del valore. I radicali cromatici rappresentano i toni principali dello spettro cromatico, quelli che comunemente chiamiamo colori: rosso, giallo, verde sono quindi radicali cromatici. Ma qsta distinzione non è suff. Due aree di colore possono essere entrambe rosse ma distinguersi perche una è piu satura dell altra, dove x saturazione si indende la percentuale di bianco presente nel colore. O potrebbero differenziarsi x luminosità ossia la quantità d luce riflessa da un area di colore.. ed è indicata dalla categoria del valore. Parliamo di piu dei radicali cromatici... in ogni lingua nn solo cambia il numero dei colori ma lo stesso spettro cromatico puo essere segmentato in modo diverso. Thurlemann riprende degli studi antropologici e fa notare come nella maggior parte delle lingue l intero sistema cromatica sia costituito attorno a undici radicali di base: nero, bianco, rosso blabla. Abbiamo una lista sufficientemente breve come riferimento. Ma possiamo fare un passo avanti: è evidente che il rapporto tra rosso e blu nn è dello stesso tipo d qllo tra rosso e rosa. C’è quindi un organizzazione interna a qsti undici radicali cromatici di base. Thurlemann propone di distinguere i termini acromatici (bianco, grigio, nero) da quelli cromatici. Tra questi insiemi ce il marrone considerato quindi semicromatico. L’insieme acromatico ha a sua volta un organizzaz interna basata sulla luminosità. Questa organizzaz interna oppone il bianco e il nero, con il grigio in posiz intermedia. Rimangono ancora 7 radicali. Alcuni d essi ha un forte rilievo percettivo e sn x qsto chiamati primari psicologici; rosso,verde, blu e giallo. Possiamo metterli in serie ponendo a fianco di ognuno i due verso i quali tende. Avremo quindi la successione: blu, rosso, giallo, verde, blu ecc. Cio significa x es che il rosso puo tendere verso il blu o verso il giallo. L’arancione puo essere considerato come il termine complesso dato dall unione fra il rosso ed il giallo mentre il viola deriverà dal rosso e dal blu. In particolare rilievo del rosso che per la sua centralita nel sistema viene considerato da Thurlemann come radicale x eccellenza.

La serie dei primati psicologici c porta infine a notare cm qsti 4 colori si oppongano a 2 a 2: ogni colore è adiacente ad altri 2 termini ma nn avra alcun contatto con il quarto. Cosi possiamo identificare due coppie di antonimi: blu/giallo e rosso/verde. 6.1.3 Categorie topologiche Terzo tipo di categorie plastiche è costituito dalle categorie topologiche. Quando guardiamo un dipinto c troviamo d fronte a 2 tipi d spazio. Innanzitutto lo spazio che viene rappresentato. Oltre allo spazio rappr ce lo spazio rappresentante: il piano su cui sono stati stesi i colori. Le categorie topologiche servono a descrivere questo spazio bidimensionale e gli elementi su di esso. Le usiamo x es x rendere conto delle posizioni (alto, basso – centrale, periferico) o dell orientamento (su, giu- destra, sinistra) degli elementi sulla tela. Parliamo di categorie topologiche rettilinee quando il riferimento grazie al quale vengono valutate le posiz è un asse. Le categorie top curvilinee sn invece costruite atttorno ad un nucleo, a un punto centrale che serve da riferimento: circoscrivente/circoscritto, centrale/periferico ne sono esempi. 6.1.4 Altre categorie plastiche Le tre grandi famiglie che abbiamo visto non esauricono il campo della descrizione dell espressione plastica.. Hanno anche rilevanza caratteristiche che riguardano x es la testura, la materia, la grana ecc. 6.2 L’analisi del contenuto del linguaggio plastico Le categorie plastiche sono gli strumenti con cui la semiotica visiva descrive il piano dell espressione plastica. Ma la semplice descrizione non basta. Per la semiotica ogni espress rinvia a un contenuto; dobbiamo quindi ricondurre forme, colori e organizzaz spaziali a determinati contenuti. 6.2.1 Il simbolismo plastico Il primo meccanismo di significazione plastica che incontriamo è quello del simbolismo. All interno di una certa cultura, un valore plastico puo essere stabilmente legato a un significato. Un esempio: nella pittura occidentale il colore oro era collegato al contenuto “sacro” tanto da essere usato x le aureole dei santi. Allo stesso modo oggi il radicale cromatico verde viene solitamente collegato al contenuto “natura”. È importante fare alcune riflessioni sul simbolismo plastico. Innanzitutto potrebbe sembrare simile al meccanismo della connotazione ma bisogna stare attenti: nella connotaz abbiamo un collegamento tra un unita del contenuto figurativo (pomodoro) e un altra unita del contenuto (italianità) ; nel simbolismo invece un elemento dell espress plastica si lega a un elemento del contenuto. Come nel caso della connotaz pero anche il simb ha una base culturale. Ultima considerazione riguarda la metodologia d analisi. Il simbolismo plastico deve essere impiegato con parsimonia e coerenza. Il rischio è quello di applicarlo indiscriminatamente cogliendo simbolismo ovunque e dando origine a interpretaz ambigue ed incontrollabili. Una buona soluzione è di cercare coerenze testuali: il significato simbolico espresso da un valore plastico dovrebbe essere confermato dall effettiva presenza nel testo di un isotopia, cioe un insieme di significati e temi coerenti. (esempio pag 107) In conclusione potremmo dire che il simbolismo plastico è un significato assegnabile a un certo valore ma per essere attivato ha bisogno di un aggancio, di un richiamo da parte d altri livelli ed elementi testuali. 6.2.2 Descrizione e primi significati

Cerchiamo di chiarire meglio l approccio della semiotica strutturale al testo visivo con un es. Prendendo spunto da un analisi di Floch dei marchi della IBM e della Apple. Partiamo dal logo IBM... ne esistono varie realizzazioni. In alcuni casi le righe sn 13 in altre 8. Alcune volte è in positivo, altre in negativo. La prima cosa da fare è individuare le invarianti plastiche cioe le caratteristiche che rimangono sempre costanti. Cio significa che non potremo basare le nostre analisi sul colore, sul num di strisce ma solo sul nucleo duro del logo. Principali caratteristiche del logo IBM saranno:

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Una struttura ternaria

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Un carattere tipografico con font molto angoloso

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Il monocromatismo

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Un sistema a bande che crea la ripetizione di tratti orizzontali alternati (pieno, vuoto pieno)

Consideriamo gli effetti di senso che alcune di queste caratteristiche possono suggerire. Il font usato è molto pesante e spigoloso. Da un idea di stabilità e solidità. Proprio le proprietà che un azienda come la IBM vuole comunicare perche sono simonimo di affidabilità e serietà. Possiamo infine notare che le strisce producendo un alternarsi di pieni e di vuoti ricordano la logica binaria (0/1 acceso/spento) su cui si basano i pc. Quello che abbiamo fatto in qsta prima fase dell analisi è trovare simbolismi plastici. Passiamo ora al marchio della Apple: una mela morsa con una fogliolina sulla sommità. Dal pdv plastico le sue invarianti sono:

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Una struttura compatta: abbiamo un solo elemento visivo; la fogliolina viene infatti inglobata nell unita maggiore.

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Le forme curvilinee

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Il policromatismo

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Un sistema di strisce contigue

Nella nostra cultura la mela morsa rinvia ad un attributo iconografico di Newton che servi a qst ultimo x scoprire la legge di gravitazione universale e dare origine alla piu importante rivoluz scientifica della storia. La mela di Apple quindi ricorda una rivoluzione cosi come i primi pc. Ma certamente la mela è anche il peccato, si riferisce ad Adamo ed Eva e il loro gesto che rappresenta voglia di novità. Apple si fa portatore di una cultura nuova. L’arcobaleno sul logo infatti è tipico dei movimenti hippy x es che si opponeva all epoca agli schemi convenzionali. La Apple si presenta quindi come antagonista... ma a chi? .. La mela fa riferimento alla Grande mela New York. I californiani della Apple hanno attaccato schemi e convenzioni della cultura tradizionale americana... e chi incarna qsti valori .. naturalmente la IBM che ha sede a New York. 6.2.3 La comparazione

Finora abbiamo collegato singole caratteristiche figurative o plastiche a singoli significati. Nn abbiamo ancora assunto un punto di vista strutturale basato sul confronto e sull analisi dei rapporti all interno di un sistema. Proviamo a fare un ulteriore passo in avanti. Un marchio è uno dei piu potenti mezzi che un azienda ha per costruirsi un identita visiva. Se l azienda X vuole competere con l azienda Y le sarà utile avere un immagine che si contrapponga a quella della sua avversaria. Il marchio Apple i contrappone a quello IBM e ci racconta prima d ogni cosa la storia di un antagonismo. È interessante notare cosa è successo 22 anni dopo qndo il logo Apple è stato modificato in quello argento di oggi. Perche? Basta vedere che nel 1998 il principale antagonista era Microsoft il cui marchio ha nel policromatismo una delle sue caratteristiche principali. Conservando la ricnoscibilita del marchio Apple ha dato un valore plastico (monocromatismo) che si oppone al piu evidente valore plastico di Microsoft (policromatismo) L’analisi comparata dei marchi ci fa vedere come il linguaggio plastico possa produrre nn solo effetti d senso legati a singoli formanti ma anche significat piu complessi e articolati basati sulle opposizioni interne a un testo o a un sistema. 6.3 I sistemi semisimbolici Un sistema semisimbolico è un collegamento fra una categoria del piano dell espressione e una categoria del piano del contenuto. Nel simbolismo avevamo collegamento fra un singolo valore dell espress plastica ed un singolo contenuto. In un sistema semisimbolico invece i due termini opposti diventano i significanti di due termini opposti del piano del contenuto. L esempio piu comune è quello del codice gestuale che esprime nell occidente il “si” e il “no”. Com’è noto x risp affermativamente muoviamo il capo in verticale mentre x risp negativamente facciamo un movimento orizzontale. Cosi una categoria del piano dell espressione gestuale corrisponde ad una categoria del contenuto. Verticale:orizzontale :: affermazione:negazione Un funzionamento molto diverso rispetto a quello a cui siamo abituati per es con il linguaggio verbale. Normalmente due significati opposti come “bene” e “male” sono indicati da significanti (i suoni bene/male) che dal pdv dell espressione nn hanno rapporti particolari: nn sono ne opposti ne in qualke modo uno dervia dall altro. Possiamo quindi dire che il sistema di espressione dell affermaz e della negazione è almeno nella cultura ita semisimbolico nel linguaggio gestuale ma nn in quello verbale. Un caso di semisimbolismo verbale si potrebbe invece avere in una poesia in cui tt i significati in qlk modo legati al tema “bene” venissero indicati da parole in cui ce prevalenza di fonemi sorsi mentre tt qlli appartenenti al tema “male” fossero indicati con significanti in cui abbondano le sonore.

6.3.1 Tipi di sistemi semisimbolici I casi precedenti in cui una sola categoria del piano dell espressione si lega a una sola categoria del piano del contenuto sono quelli elementari. Possiamo avere diversi tipi di sistemi semisimbolici. Ci puo essere una ridondanza per cui piu categorie del piano dell espressione rappresentano la stessa categoria del piano del contenuto. Ci possono poi essere sistemi semisimbolici sincretici che coinvolgono cioe piu linguaggi: è il caso di un opposizione del contenuto che puo essere contemporaneamente veicolata da categorie dell espressione visive, sonore e musicali.

Altro caso è quello di un sistema semisimbolico valido solo in un corpus limitato di testi isolati in base ad un ipotesi semiotica o extrasemiotica. 6.3.2 Il semisimbolico nell analisi di un testo Possono esistere sistemi semisimbolici che valgono all interno di un unico testo. In qsto caso entrambi i termini opposti delle categorie dell espress e del contenuto dovranno essere contemporaneamente presenti. Quando in un testo sono presenti entrambi i termini di una categoria dell espress o del contenuto, si dice che ce un contrasto. Quindi se si puo dire che ce un opposiz tra rettilineo e curvilineo nella categoria eidetica, si puo dire che in un testo visivo ce un contrasto rettilineo/curvilineo solo se al suo interno c sn sia linee rette che curve. Per cui perche vi sia un sistema semisimb locale abbiamo bis di almeno un contrasto dell espressione e di almeno un contrasto del contenuto. (esempio 116-117) 6.3.3 Aspetti teorici In un sistema semisimbolico relazioni tra caratteristiche del piano dell espressione corrispondono a relazioni presenti sul piano del contenuto. 6.3.4 Semisimbolismo e struttura mitica dei testi visivi L’antropologo Claude Levi Strauss ha mostrato cm la struttura dei miti sia basata sull opposiz fra termini che all interno d una certa cultura sn ritenuti inconciliabili. Nn solo: una caratteristica ricorrente dei miti è qlla di proporre a liv figurativo una mediazione tra qsti termini. Cio avviene grazie ad un terzo termine che rappresenta una mediazione fra gli elementi figurativi che incarnano termini inconciliabili. La funzione del mito e d tt le narraz che manifestano struttura mitica è qlla di realizzare a livello discorsivo una mediazione che a livello profondo sarebbe impossibile. Per es in alcuni miti cielo e terra rappresentano la figurativizzazione d un opposizione piu profonda quella fra estate e inverno cioe i 2 estremi inconciliabili rispetto ai quali viene organizzato l arco temporale umano. Ma la loro mediaz impossibile a liv profondo puo essere trovata fra le loro emersioni figurative: la nebbia è un elemento intermedio fra cielo e terra. Il semisimbolico puo essere usato in un testo visivo per costruire una struttura mitica. Prendiamo un es trato dall analisi di Floch d un nudo del fotogrago Boubat. Osserviamo una figura (pag 120) che si staglia su uno sfondo e rappresenta una raga nuda d spalle con un vestito d stoffa che le copre dal busto in giu. Riconosciamo 3 parti principali: capigliatura, busto e vestito. Ma quello che ci interessa è il liv plastico. Floche proponeuna categoria basata su un contrasto di tecniche dii rappresentazione: da una parte il modellato dall altra il piatto. Basandoci su questa categoria riconosciamo un area modellata coincidente con il formante figurativo del busto e una piatta che corrisponde sia alla capigliatura sia al tessuto stampato del vestito. Anche dal pdv del contenuto è possibile riconoscere 1 contrasto. Secondo Floch la capigliatura e il vestito sono la copertura figurativa d un altro concetto piu astratto ossia l’ornameno o l’ornato. A livello tematico quindi avremo l opposizione nudo/ornato che rimanda all opposiz ancora piu astratta collocabile a liv semionarrativo: natura/cultura. La fotografia di Boubat è quindi un incarnazione dell opposizione natura/cultura.

La ragazza è un vero e proprio mediatore perche è il luogo ove i contrasti plastici si ricompongono e rappresenta a livello semantico la mediaz fra natura e cultura. In qsto caso quindi il sistema semisimbolico riesce a conferire alla foto una vera struttura mitica.