Cervello e linguaggio
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Loraine K. Obler, Kris Gjerlow

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L'ORGANIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO

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Nel secondo enunciato soggiacente, la traccia tra want e to impedisce la contrazione. Grodzinski ha sostenuto che sono gli enunciati contenenti tracce che pongono particolari difficoltà di comprensione ai pazienti agrammatici. Se si può dimostrare che le "tracce" (e non la lunghezza dell'enunciato o il numero degli argomenti) costituiscono il fattore cruciale nei problemi di comprensione degli agrammatici, questo depone a favore della loro realtà psicologica. Anche la nozione di ruolo tematico - la relazione che un dato nome ha col verbo, per esempio soggetto, oggetto diretto ecc. - è rimarcata dal suo evidente venire meno nell'afasia agrammaticale, come si può osservare dal comportamento verbale di pazienti portati all'errore in enunciati con passivi reversibili. I pazienti agrammatici non colgono i segnali sintattici che in enunciati come "L'elefante fu aiutato dal topo" indicano che l'azione di aiutare è compiuta dal topo. Un modello di produzione degli enunciati che gode di un certo consenso è quello di Merrill Garrett (per esempio, 1983 ). L'idea caratteristica di questo modello consiste nel ritenere che i termini lessicali autonomi, come i nomi e i verbi, siano inseriti nell'enunciato in uno stadio indipendente da quello in cui vengono inseriti nella struttura enunciativa indicatori sintattici come i suffissi flessivi. Il modello di elaborazione sintattica produttiva di Garrett trova una certa conferma negli errori che riguardano la struttura enunciativa, ma non i termini lessicali autonomi, compiuti dai pazienti affetti da forme lievi di agrammatismo, come pure nei lapsus linguae dei soggetti normali. Che debba esistere un livello separato per la sintassi superficiale è dimostrato dalla capacità del paziente HCEM, affetto da demenza, di correggere enunciati in cui erano stati deliberatamente inseriti errori di sintassi superficiale.

Lessico e semantica Fra i linguisti c'è incertezza sul modo in cui le parole sarebbero "elencate" nel lessico interno. La forma della parola e il suo significato sono dissociabili? Quali altre informazioni sono incluse in un "elemento" lessicale? In particolare, si è ritenuto che siano elencate le caratteristiche delle parole con cui il termine deve, o può, co-occorrere. Inoltre, i neurolinguisti si sono chiesti se alle diverse modalità di espressione corrispondano diversi lessici - uno per le forme scritte, distinto in una certa misura da quello per le forme orali. Psicolinguisti e neurolinguisti si sono inoltre domandati come si "acceda" agli elementi lessicali, vale a dire come si "cerchino" i termini quando è necessario "richiamarli" per usarli in un enunciato. Che anche i soggetti afasici sappiano distinguere le parole autentiche della loro lingua da quelle che non lo sono, dimostra una certa realtà psicologica della nozione di lessico. Sembrerebbe che in effetti si possieda a livello di realizzazione cerebrale almeno un lessico, contenente tutte le parole conosciute dal soggetto.

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CAPITOLO UNDICI

Una forte prova della realtà della ricerca lessicale è l'incapacità, di cui a volte diamo prova, di trovare la parola che stiamo cercando. Negli afasici anomici questo fenomeno si manifesta in maniera ben più grave. Che a essere perduta sia la forma della parola e non il suo significato è evidente dal fatto che tali pazienti sono in grado di usare, in sostituzione, circonlocuzioni adeguate. Nella sordità verbale pura, invece, i pazienti riconoscono la forma sonora delle parole come parole della propria lingua, ma queste "parole" sono separate dal loro significato. Questa doppia dissociazione offre una prova particolarmente forte della realtà psicologica dei due sistemi di organizzazione lessicale. Della divisione categoriale fra parole vere e proprie e affissi si è trattato nel paragrafo dedicato alla morfologia. Resta poco chiaro se gli affissi siano elencati nel lessico in corrispondenza con ognuna delle parole con cui possono occorrere oppure no. I dati attuali fanno pensare che gli affissi flessivi (come la terminazione ed del passato in inglese) non siano elencati in corrispondenza delle parole cui possono essere apposti, mentre gli affissi derivativi (in inglese, prefissi come ex e pre o suffissi come tion e like) lo sarebbero. Piccole differenze nella capacità da parte di pazienti afasici di richiamare diverse categorie di termini hanno condotto ad alcune ipotesi sull'organizzazione cerebrale del lessico. Si può osservare che nozioni semantiche connesse alla gerarchizzazione dei termini più elementari, in particolare quelle di subordinazione e superordinazione, vengono colpite in maniera differenziata nei casi di demenza, come il lettore ricorderà. Sono state riscontrate gravi dissociazioni fra nomi propri e nomi comuni, fra nomi astratti e concreti, fra le categorie corrispondenti di nomi iconici e non iconici, e fra nomi collettivi e nomi numerabili (Grossman e altri, 1993). Si è riscontrato che alcuni pazienti afasici, con un'educazione superiore, mantenevano una buona capacità di discorso formale, mentre quello informale, colloquiale, era più colpito. Questo è dovuto, in parte, alle loro selezioni lessicali. Alcuni ipotizzano che responsabile di queste differenze sia il tasso di frequenza delle parole, ma altri recentemente hanno suggerito che sia invece l'età in cui le parole sono state acquisite a provocare la differenziazione. La nozione di una rete semantica che collegherebbe determinate parole è esemplificata da numerose forme di dissociazione. Goodglass ( 1993), per esempio, riferisce che i pazienti afasici spesso mostrano particolari difficoltà nella comprensione dei nomi delle parti del corpo. Hart, Berndt e Caramazza (1985) riferiscono di un paziente, cui un'encefalite aveva lasciato dei danni cerebrali, che presentava un'anomia specifica per i nomi di frutta e verdura. Un'anomia specifica per i nomi di animali viene riferita da Hart e Gordon (1992). Prove ulteriori derivano dagli errori semantici osservabili nella dislessia e nella disgrafia profonde (si ricordi il paziente che scriveva "forbici" quando avrebbe dovuto scrivere "graffetta"). Che le parole siano connesse inoltre da qualche tipo di rete basato sulla loro forma è reso evidente dal fatto che il suggerimento del primo fonema di una parola aiuta ad accedervi (o, nel caso di pazienti affetti da demenza, ad accedere ad

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altre parole che iniziano con quel fonema!). Prove ulteriori derivano dall'osservazione che le sostituzioni verbali compiute dagli afasici sono spesso fonologicamente simili alle parole originali, sia nel linguaggio orale che nella disgrafia (per esempio, eel o snake per snail).

Pragmatica I fenomeni pragmatici presentano disfunzioni dissociate nei pazienti con danni alla parte destra del cervello e in quelli affetti da demenza. La capacità di valutare gli aspetti non letterali del linguaggio (come l'ironia o le asserzioni che richiedono un'inferenza) può essere colpita anche quando gli aspetti letterali del linguaggio non pongono problemi ai pazienti. Il venire meno in questi pazienti della capacità, posseduta dai soggetti normali, di percepire l'ambiguità di un enunciato e di distinguere tra parole omonime fa ritenere che queste abilità linguistiche possano essere colpite separatamente. Il loro venire meno in pazienti dementi costituisce un'evidenza per molti generi di regole conversazz'onali, come quelle di autocorrezione degli errori, di topic maintenance e simili. Altre capacità invece, come quella di prendere la parola nel momento appropriato e di mantenere il contatto oculare, permangono fino a una fase relativamente tarda del decorso. L'uso improprio dei pronomi anaforici in tali pazienti è un esempio notevole della specifica menomazione della loro capacità di valutare quanto è noto all'interlocutore. Le prime tre massime conversazionali di Grice (quantità, pertinenza e modo; si veda il Capitolo 7) sono esemplificate vividamente dalla loro violazione da parte dei pazienti dementi che parlano troppo, indirettamente, e in modo disorganizzato, curandosi ben poco delle difficoltà di comprensione dell'interlocutore. Grice osservava che queste massime riflettono le aspettative degli ascoltatori. Dialogando con pazienti in uno stadio medio-avanzato del morbo di Alzheimer, gli ascoltatori rimangono storditi dalla caoticità della conversazione, nonostante i loro sforzi. Solo l'analisi da parte di un linguista (come quella di Hamilton, 1994a e b) permette di individuare le componenti specifiche del disturbo. Nei pazienti con lesioni alla parte destra del cervello, invece, l'interlocutore è colpito da un altro gruppo di disfunzioni pragmatiche, indizio per il ricercatore di fenomeni "reali". L'interazione particolare del contenuto emotivo con il discorso è reso evidente dalla sua natura problematica nei destrolesi, suggerendo l'esistenza di un altro livello paralinguistico distinto che coinvolge il linguaggio, almeno nella sua parte lessicale, la maturità e il discorso. La scelta della lingua nei bilingui può essere considerata un'abilità pragmatica che può essere colpita in maniera indipendente. Se il fenomeno si osserva di rado nei bilingui afasici, è particolarmente evidente nei pazienti affetti da demenza, che si rivolgono inappropriatamente a un interlocutore usando una lingua che l'interlocutore non può capire.

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CAPITOLO UNDICI

Strutture linguistiche inerenti ai sistemi della lingua scritta Riteniamo che tipi diversi di sistemi di scrittura siano collegati a un uso differenziato dello spazio cerebrale per la rappresentazione del linguaggio scritto. La menomazione differenziata delle capacità concernenti sistemi di scrittura diversi negli alessici bilingui è provata, per esempio, dallo studio di Hinshelwood sul paziente inglese colto che aveva conservato la capacità di leggere il greco classico. L'interfaccia tra la fonologia e questi sistemi di scrittura a essa connessi è resa evidente dal modo differenziale in cui ciascuno di essi può essere colpito. Il sistema di scrittura giapponese, misto di elementi sillabici e ideografici, rende possibile l'osservazione di casi, rappresentati da alcuni pazienti alessici, in cui solo la lettura di una di queste classi di elementi resta menomata. Questo dimostra che i due sistemi ricorrono a due diversi meccanismi di lettura. Il fatto che, nell'apprendimento della lettura, alcuni bambini trovino particolarmente difficile la decodificazione delle parole, mentre altri hanno maggiori difficoltà con la lettura a parole intere (e che difficoltà simili siano osservabili negli adulti con lesioni cerebrali) attesta l'esistenza di due canali diversi nella lettura normale. L'importanza della grafia regolare in una lingua come l'inglese (il cui sistema ortografico sembra essere utile solo per l'informazione storica che dà sulle parole e per documentare tali dissociazioni tra capacità cerebrali!) può essere inferita dai dati concernenti i dislessici superficiali, nei quali la distinzione è manifesta. Anche i pazienti affetti da demenza, nella lettura ad alta voce di cui sono ancora capaci, mostrano maggiore difficoltà, in proporzione, quando hanno a che fare con parole a grafia irregolare e compiono errori di regolarizzazione quando le scrivono.

Conclusione In questo capitolo, abbiamo messo in luce i vari paralleli tra la dissociazione di capacità connessa con disfunzioni linguistiche e la divisione in componenti, ai fini dell'analisi, dei fenomeni linguistici e psicolinguistici. Abbiamo preso in esame alcune categorie linguistiche e messo in connessione le prove usuali della loro realtà psicologica ricavabili dai soggetti normali con le nuove prove fornite dal comportamento linguistico di persone con danni cerebrali e da quello di categorie particolari di soggetti normali di cui si è trattato. La frequente "corrispondenza" della teoria linguistica con l'effettivo comportamento linguistico dei soggetti menomati farebbe pensare a un "mappaggio" ben definito del linguaggio nel cervello umano, Tuttavia, i numerosi articoli che abbiamo citato lasciano aperti molti problemi che la ricerca futura dovrà affrontare. Inoltre, occorrerà cercare esempi i cui dati dettagliati non si adattino così agevolmente alla teoria. È decisamente più facile scoprire esempi in cui le categorie linguistiche corrispondono ai dati che pretendere di avere dati configurati in modo tale da non poter essere spiegati da nessuna teoria linguistica odierna.

12 IL FUTURO DELLA RICERCA NEUROLINGUISTICA

Introduzione Come abbiamo segnalato nel capitolo introduttivo, la neurolinguistica è in un momento di generale sviluppo. Si dedica a questo campo un numero crescente di ricercatori provenienti dalla linguistica, dalla patologia del linguaggio orale, dalla psicologia e dalla neurologia. Viene pubblicato su molte riviste un numero ben maggiore di articoli di quanto avvenisse anche solo cinque anni fa. Tuttavia, benché ci sia un ampliamento delle conoscenze, non è stata ancora sviluppata nessuna teoria compiuta che spieghi le relazioni tra linguaggio e fenomeni cerebrali che abbiamo illustrato. Sono stati però accettati dalla comunità scientifica alcuni concetti generali, come la distinzione fra aree linguistiche e non linguistiche dell'emisfero sinistro e la differenza effettiva dei ruoli dell'emisfero destro e di quello sinistro del cervello nelle capacità e nelle prestazioni linguistiche. Quale sarà l'ulteriore sviluppo di questa scienza?

La linguistica In seguito ai progressi della linguistica degli ultimi decenni, alcune sue tendenze emergenti sono state utilmente fatte proprie dai neurolinguisti. La concezione attuale del linguaggio richiede che si tenga conto della complessità dei sistemi di regole. I neurolinguisti hanno cominciato a cercare esili difficoltà linguistiche anche in pazienti, i cui "fondamentali" linguistici (per esempio, l'ordine delle parole) sono intatti. È ora possibile esaminare i pazienti la cui capacità di esecuzione è menomata con tecniche che rivelano l'eventuale preservazione della competenza (per esempio, i test basati su giudizi di buona formazione). Il possesso di una concezione più raffinata delle menomazioni linguistiche rende possibile sottoporre a valutazione le teorie linguistiche in base al loro grado di compatibilità con i dati.

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CAPITOLO DODICI

La ricerca riguardante la linguistica e la sociolinguistica del bilinguismo ha portato all'elaborazione di test più efficaci per le menomazioni linguistiche dei bilingui. Per esempio, qualche decennio fa, tutte le "commistioni linguistiche" erano considerate improprie. Ora, i bilingui che accusano disfunzioni linguistiche di questo genere possono essere valutati basandosi sulle norme della loro cultura per le commutazioni di codice linguistico. Anche il miglioramento della nostra capacità di misurare i tempi di elaborazione linguistica on-line ha conseguenze positive per la neurolinguistica. Siamo in grado di distinguere non solo tra la menomazione di certe capacità e la conservazione di altre, ma anche tra operazioni che vengono eseguite a velocità normale e operazioni eseguite in tempi più lunghi. Questo delinea la possibilità di individuare ambiti più sottili di dissociazione, che a loro volta offriranno nuove informazioni sul modo in cui le entità linguistiche sono distinte nella rappresentazione ed elaborazione cerebrale.

La patologia del linguaggio orale Un'area di ricerca che ha interessato alcuni scienziati è l'ideazione e la verifica di forme di terapia per pazienti cerebrolesi ispirate alle teorie attuali. Si tratta di un settore problematico, perché non è chiaro se la terapia basata sulle teorie linguistiche, psicolinguistiche o della neuropsicologia cognitiva abbia un grado di efficacia maggiore delle terapie ideate dai clinici di successo, che si basano su proprie teorie implicite della riabilitazione linguistica e sul proprio intuito di ciò che possa essere efficace. David Crystal (1981) è stato un pioniere nel campo della "linguistica clinica"; si è occupato soprattutto dei disturbi linguistici dell'infanzia, ma anche delle afasie degli adulti. Scopo della linguistica clinica è l'analisi della situazione dei pazienti menomati al fine di permettere la selezione dei mezzi e dei fini della terapia. Vengono avanzate un certo numero di ipotesi sui problemi principali del paziente. Si trattano quindi le aree ritenute interessate. Se il trattamento si dimostra efficace, l'ipotesi viene considerata corretta. Mitchum e Berndt (1991) per esempio, riferiscono il caso di un afasico che aveva grandi difficoltà nella produzione di enunciati. La loro analisi linguistica dei problemi individuava tre sintomi su cui ci si sarebbe potuti concentrare: difficoltà nel richiamare i verbi principali, problemi con i morfemi grammaticali ad essi associati e problemi di struttura superficiale con i connessi ruoli tematici degli argomenti verbali. Il primo intervento terapeutico da loro tentato mirava a restituire al paziente la disponibilità dei verbi; tuttavia, anche quando concentrarono i loro sforzi su un insieme limitato di verbi principali, la produzione da parte del paziente di enunciati che impiegassero tali verbi, non mostrò alcun miglioramento. Si applicarono allora all'incapacità del paziente di scegliere i verbi ausiliari appropriati e le flessioni corrispondenti. Ipotizzarono che il problema del paziente non fosse strettamente linguistico, ma riguardasse piutto-

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sto la valutazione della natura temporale di ciò che veniva descritto. Infatti, la strategia di mostrare al paziente delle sequenze di immagini gli permise di generare enunciati più completi. . Pur ritenendo che la terapia sia un'arte quanto è una scienza, non sembra ragionevole ignorare la possibilità di usare certe elaborazioni teoriche per determinare quali aspetti del linguaggio del paziente sono lesi e come potrebbero essere reintegrati. Finora, tuttavia, anche se la terapia teoricamente orientata si è dimostrata efficace per alcuni singoli soggetti e ci ha permesso di capire quale stadio dell'elaborazione linguistica fosse leso, la sua applicazione generale non ha dato risultati migliori di quelli delle terapie abituali. Vale a dire, anche nel caso del paziente con afasia di Broca, applicarsi alla sua capacità di richiamo dei verbi non è riuscito, a livello più generale, a permettergli di esprimersi con enunciati completi (Mitchum e Bemdt, 1991). Inoltre, sarebbe utile che simili procedure potessero essere applicate a interi gruppi di pazienti e non solo a singoli. L'attrattiva di questo approccio consiste nel fatto che ogni patologo del linguaggio orale viene incoraggiato a farsi scienziato, cioè a teorizzare sulla natura dei problemi linguistici del paziente, a sviluppare ipotesi su come affrontare tali problemi assieme ai pazienti e a verificare se le ipotesi servono effettivamente ad aiutare i pazienti a superare i loro problemi. La difficoltà, secondo noi, è che le teorie cui si è fatto ricorso nella patologia del linguaggio orale sono teorie linguistiche e psicolinguistiche. Ci sembra invece che sarebbero più indicate a questo scopo teorie psicologiche dell'apprendimento (tanto l'apprendimento normale, tanto quello successivo a lesioni cerebrali). Anche se avviene che queste teorie siano usate per la riabilitazione cognitiva, campo che si dedica ai pazienti che in seguito a lesioni al capo hanno perso abilità sociali, attenzione e memoria, esse finora non sono state prese in considerazione nelle discussioni sulla teoria e la terapia delle afasie. Nel Capitolo 11 abbiamo menzionato proprietà teoriche dell'aritmetica come la commutatività; il fatto che la somma di C con la somma di A più B è uguale alla somma di A con la somma di B più C. Anche se la regola di commutatività può descrivere una nostra completa conoscenza matematica, non c'è ragione di credere che abbia a che fare con il modo con cui impariamo effettivamente ad applicare la commutatività. Allo stesso modo, se è difficile immaginare che le teorie sull' apprendimento del linguaggio, sia nei soggetti normali che nei cerebrolesi, possano includere principi che contraddicano completamente le teorie linguistiche e psicolinguistiche sulla grammatica e sul suo ruolo nell'elaborazione linguistica normale, è però concepibile che i parametri cruciali abbiano una correlazione con le componenti della teoria dell'apprendimento altrettanto forte di quella che avranno con le componenti delle descrizioni astratte del linguaggio e della sua elaborazione. Negli ultimi anni i linguisti hanno sviluppato la nozione di apprendibilità. Questa impone che le regole linguistiche siano strutturate in modo da essere apprendibili da parte di un bambino. Tuttavia, lo sviluppo della nozione è stato soprattutto teo-

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rico e non è stato ancora messo alla prova con una certa ampiezza. La collaborazione con gli psicologi dello sviluppo e, per quanto riguarda la lettura, con gli psicologi dell'educazione dovrebbe permettere ai linguisti una visione migliore non solo dell'aspetto teorico dell'apprendibilità, ma anche di quello empirico. Se tale nozione, quale è applicata ai bambini, possa esserlo anche agli adulti - si tratti di afasici o di soggetti normali che apprendono una seconda lingua - resta un problema a parte. Anche in questo caso, gli insegnati, gli psicologi e i neuropsicologi dovrebbero offrire punti di vista utili a integrare quelli dei linguisti e dei patologi del linguaggio orale, articolati su basi puramente linguistiche.

L'intelligenza artificiale Molti neurolinguisti sono entusiasti delle simulazioni informatiche di reti neurali. Abbiamo parlato nel Capitolo 1, quando abbiamo illustrato il connessionismo, degli scienziati cognitivi che coltivano approcci alla neurolinguistica basati sull"'elaborazione distribuita parallela" (PDP). In seguito alla dimostrazione, da parte di Kandel e dei suoi colleghi, delle capacità di apprendimento da parte dei singoli neuroni, questi studiosi hanno progettato programmi informatici in cui "strati" di unità intermedie tra uno stadio di input e uno di output possono "imparare" col tempo a produrre l'output adeguato a un dato input alterando il "peso" delle connessioni che intercorrono tra loro. Seidenberg e i suoi colleghi hanno dimostrato che questi modelli informatici possono presentare un apprendimento alla lettura simile a quello effettivo ·dei bambini, imparando più facilmente a leggere le parole regolari che quelle irregolari, per esempio, e commettendo gli stessi tipi di errori dei bambini. Patterson e i suoi colleghi sono riusciti a simulare le disfunzioni nella lettura tipiche della dislessia "lesionando" tali modelli, cioè rendendo del tutto incapaci di operare, o in grado di operare solo con efficacia ridotta, alcune componenti della rete. Certi scienziati sono molto ottimisti sulla possibilità di ottenere da queste architetture informatiche indicazioni su come funziona effettivamente il cervello. Hinton (1992), per esempio, conclude così il suo articolo su Sàenti/ic American sulle reti neurali capaci di apprendere: ancora non sappiamo quali rappresentazioni e quali procedure di apprendimento usi di fatto il cervello, ma presto o tardi gli studi computazionali sull'apprendimento nelle reti neurali artificiali convergeranno sui metodi scoperti dall'evoluzione. Quando questo avverrà, una moltitudine di dati empirici sul cervello del tipo più diverso acquisterà significato e molte nuove applicazioni delle reti neurali artificiali diverranno fattibili (p. 151). Altri tra noi sospettano invece che, anche se i computer possono essere effettivamente in grado di simulare il modo in cui opera il cervello, una volta che questo sia

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noto, la probabilità che il cervello operi come un computer è bassa. In primo luogo, l'architettura dei computer - anche quando sono programmati per operare secondo i principi dell'elaborazione distribuita parallela - obbedisce di regola a un principio di efficienza, mentre ai cervelli umani conviene evolutivamente avere un'architettura a sistemi ridondanti, nel caso sopravvenga un danno cerebrale di qualche tipo. Che tali sistemi ridondanti siano effettivamente presenti è testimoniato, per esempio, dai dati neurolinguistici sulla doppia via per la lettura. Secondo noi, il futuro della neurolinguistica risiedè nell'ampliamento di quattro aree principali di conoscenze, cui sono dedicate i quattro paragrafi seguenti: l'elaborazione neurofisiologica del linguaggio, le relazioni tra il linguaggio e le altre capacità cognitive, come si manifestano i disturbi linguistici in lingue strutturate in maniere diverse e le tecniche di rappresentazione cerebrale come la PET, la MRI e il potenziale evocato per studiare le risposte elettriche del cervello in connessione a determinati eventi attraverso il cuoio capelluto (ERP).

La neurofisiologia del linguaggio Una delle prospettive più importanti, come abbiamo accennato nell'introduzione, che dominerà la neurolinguistica nel futuro prossimo, è lo studio degli aspetti psicofisiologici dell'elaborazione cerebrale del linguaggio. Lo studio di come le cellule intervengono nell'apprendimento e nella conoscenza è ancora a livelli molto rudimentali (il livello di una lumaca con un solo o pochi grandi neuroni) e perciò non ci permette ancora di avanzare ipotesi sull'organizzazione del linguaggio. Negli scorsi decenni Kandel e i suoi colleghi hanno compiuto una serie di esperimenti sui grandi neuroni osservati in una lumaca chiamata Aplysia (mentre negli esseri umani ci sono migliaia di neuroni che presiedono al battito spontaneo del cuore, questa lumaca ne ha quattro). Hanno dimostrato che le alterazioni dell'ambiente chimico facilitanti o inibenti la trasmissione elettrica tra le cellule permettono due forme fondamentali di apprendimento. Una è l'assuefazione, per la quale la lumaca, come gli esseri umani, impara a non prestare attenzione a nuovi stimoli non importanti, l'altra è la sensibilizzazione, per la quale la lumaca, come gli esseri umani, impara a prestare un'attenzione particolare agli stimoli dolorosi o comunque importanti. Negli esseri umani, lo studio del livello cellulare della neurofisiologia cerebrale ha ancora una lunga strada da fare. Un indizio che la neurofisiologia ha a che fare, come ci si aspetta, con il linguaggio consiste nel fatto che medicinali come la bromocriptina facilitano la scorrevolezza del linguaggio in alcuni pazienti afasici (Albert, 1988; Mimura, Albert e McNamara, 1995). Un'influenza più generale di ormoni sulle capacità cognitive è stata osservata in studi come quelli di Buckwalter e altri (1993) ed Henderson e altri (1992), in cui dimostrano che donne anziane che hanno assunto degli estrogeni sostitutivi nel periodo della menopausa conser-

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vano nell'età avanzata migliori capacità di denominazione, oltre a presentare un'incidenza minore del morbo di Alzheimer. Anche Kimura ha dimostrato influenze ormonali sulle capacità cognitive. Riferisce di variazioni stagionali nelle capacità spaziali degli adulti maschi. In primavera, i livelli di testosterone sono bassi e le capacità sono migliori. Hampson ha studiato soggetti femmine in rapporto al ciclo mestruale e ha riscontrato che un alto livello di estrogeni corrisponde a buone prestazioni articolatorie, ma a prestazioni visuospaziali peggiori (Kimura e Hampson, 1994). Questi sono i primi studi nel campo della neurofisiologia della cognizione, un campo che tenderà a espandersi molto nei prossimi decenni.

La relazione tra linguaggio e cognizione Con la crescita della nostra conoscenza dei vari tipi di pazienti esaminati nel libro e, più in generale, delle conoscenze neuropsicologiche, diventa più agevole prendere in esame i modi in cui le prestazioni linguistiche sono influenzate dalle capacità cognitive non linguistiche. Si ricordi che, per esempio, per quanto riguarda i bambini che presentano SLI, la teoria di Talla! ritiene che il problema consista, almeno per un sottinsieme consistente con sorprendenti difficoltà nell'apprendimento della lettura, in un rallentamento dell'elaborazione degli stimoli uditivi. Anche disturbi più generali dell'attenzione sono stati considerati responsabili delle difficoltà nell'apprendimento alla lettura mostrate da bambini dislessici (Whyte, 1994). Una certa letteratura sulle variazioni delle capacità linguistiche in relazione con l'invecchiamento normale, come la diminuzione della capacità di trarre inferenze da testi di una certa lunghezza, ha suggerito che tali variazioni siano da ascrivere al generale rallentamento dell'elaborazione che accompagna l'invecchiamento. Anche l'aggravarsi con l'età dei problemi di memoria è stato messo in relazione con la capacità di richiamare i testi e di ricordare i nomi di oggetti o di persone (per esempio, Light e Burke, 1988). Friederici e Frazier (1992) hanno verificato se la memoria verbale ponga di per sé problemi alla comprensione nei soggetti agrammatici. Questi ricercatori hanno prospettato una spiegazione alternativa e cioè che le esigenze di elaborazione proprie della struttura sintattica rendano difficile la comprensione ai pazienti cori problemi di agrammatismo. Più in particolare, hanno preso in considerazione lassegnazione dei ruoli tematici, cioè, detto grossolanamente, la capacità di identificare se una parola è il soggetto o l'oggetto di un enunciato, e hanno appurato che non è la memoria verbale a influenzare la prestazione, ma sono piuttosto le esigenze di elaborazione connesse alla struttura. Un altro fattore cognitivo non linguistico che sembra avere importanza per I' elaborazione degli elementi lessicali è la frequenza con cui li si legge o li si ascolta. Benché la frequenza delle parole non sia considerata dalla teorizzazione linguistica, è un fattore estremamente importante per la psicolinguistica; di regola, più fre-

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quente è una parola, più facile, o più veloce, è la sua elaborazione. Negli ultimi anni alcuni ricercatori hanno sollevato la questione se sia la frequenza di per sé che produce tale effetto, o fattori strettamente connessi, quali la familiarità della parola, o la capacità di raffigurarsela, o anche l'età in cui è stata acquisita. Hirsh ed Ellis (1994), con un esame statistico, hanno dimostrato che nel soggetto da loro esaminato, colpito in maniera moderata da un'afasia apparentemente anteriore, le difficoltà di denominazione, sia che coinvolgessero la forma orale o scritta dei nomi, o la loro lettura ad alta voce, erano spiegate meglio in base all'età di acquisizione che in base alla frequenza, dato che i termini acquisiti in età più precoce erano quelli maggiormente risparmiati. In un lavoro precedente Hirsh (1992) riferiva di un altro paziente per cui valeva il contrario, vale a dire, nel suo caso la frequenza della parola era un fattore più rilevante dell'età di acquisizione. Ancora più singolari le osservazioni di Bradley (Bradley e altri, 1980) sugli afasici agrammatici, secondo cui in essi il fattore della frequenza aveva effetto non solo sui sostantivi, come awiene per i soggetti normali, ma anche sui funtori, cosa che nei soggetti normali non si verifica. Nello studio dell'agrammatismo una delle cause soggiacenti postulate è una diminuita capacità di tenere conto del significato durante l'elaborazione linguistica (Menn e Obler, 1990). Tesak (1994) ha verificato il ruolo del carico cognitivo variandolo su quattro parametri: una dimensione semantica (termini concreti/termini astratti), una morfologica (semplice/complesso), una di plausibilità (plausibile/implausibile) e una dimensione di sintassi superficiale (enunciati brevi/lunghi). Su un certo numero di test di vario tipo, i quattro pazienti affetti da afasia di Broca esaminati evidenziarono più errori in quelli dove era maggiore il parametro di carico cognitivo. Una riduzione del carico cognitivo, per esempio mediante un'evidenziazione dei termini funzionali, mostra invece nei pazienti agrammatici un miglioramento delle prestazioni di lettura ad alta voce di tali termini. Il fervore degli studi in quest'area si riflette nel diffondersi di nuove riviste quali Cognitive Neuropsychology, che dedica molta attenzione al linguaggio, e Brain and Cognition, concepito come complemento a Brain and Language.

Gli studi interlinguistici Un terzo campo di espansione della neurolinguistica che verosimilmente continuerà a svilupparsi è lo studio delle strutture specifiche, tipiche di una o più lingue, ma non di tutte, che possono essere menomate nell'agrammatismo. Una équipe di ricercatori finlandesi, guidata da Niemi e Laine (per esempio, Laine e altri, 1994) sta sistematicamente approfondendo le conoscenze sui disturbi agrammatici e paragrammatici nella loro lingua, che presenta un forte grado di sinteticità, mentre studiosi che si occupano della lingua cmese, fortemente analitica, ci informano su come si manifestano tali disturbi nelle lingue con scarsa flessione e con pochi

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funtori obbligatori (Lu, 1994; Packard, 1993). Per esempio, nelle lingue fortemente sintetiche, in cui in linea di principio una parola può avere fino a 15 affissi, la maggior parte di essi sono opzionali. Gli agrammatici di lingua finnica omettono praticamente tutti gli elementi opzionali, esprimendosi perciò con una struttura relativamente semplificata, a volte, nei casi di paragrammatismo, anche sostituendo elementi nelle posizioni paradigmatiche, ma senza incorrere in errori veri e propri (Niemi e altri, 1990). In cinese, invece, ci sono pochi casi di flessione e praticamente tutti i funtori sono parole indipendenti, morfemi non legati. Qui è più facile osservare l'omissione o la sostituzione di tali termini da parte dei pazienti agrammatici e paragrammatici. Inoltre, non tutti i funtori opzionali saranno inclusi negli enunciati. Per esempio, l'omofono zai ha due funzioni diverse: può essere un indice di luogo oppure di aspetto progressivo. In questa seconda accezione risulta, negli agrammatici, decisamente più colpito che non nella prima (Lu, 1994), probabilmente perché veicola meno significato. Un altro esempio di uso dei fenomeni specifici di una lingua per mettere alla prova una teoria viene riferito da Jarema e F riederici (1994). Grazie al fatto che il francese presenta una coppia minima costituita dalle parole la (la) e le (il, lo), che possono fungere sia da articoli che da pronomi, sono stati in grado di decidere tra la teoria secondo la quale gli agrammatici mantengono le capacità relative ai generi grammaticali, e quella antagonista secondo la quale ciò che viene risparmiato sono le componenti dell'enunciato cui è assegnato un ruolo tematico (come quello di agente o di tema, cioè di oggetto). Di fatto i cinque soggetti agrammatici di lingua francese riuscivano a indicare l'immagine appropriata, discriminandola da un'altra scelta per attirare la loro attenzione, molto meglio quando le e la svolgevano il ruolo di articoli che quando comparivano come pronomi, e questo fa supporre che la capacità di assegnare un ruolo funzionale in un enunciato ("assegnazione di theta-ruolo") non sia ciò che spiega il fatto che certi funtori non sono coinvolti nel disturbo. Un altro esempio di capacità di elaborazione morfologica non coinvolto nell' afasia è quella di composizione. Il tedesco è una lingua particolarmente adatta per osservare il fenomeno, dato che la composizione svolge un ruolo produttivo rilevante nel suo lessico. Di fatto, in un test di denominazione in cui un gruppo misto di afasici doveva indicare, nel modo più specifico possibile, il nome di una serie di oggetti di cui si presentava l'immagine, tutti i vari tipi di afasici dimostravano di ricordare le parole composte, anche quando commettevano errori. La stragrande maggioranza degli errori, per ogni gruppo, consisteva o in parafasie del composto verbale o in neologismi composti (Hittmair-Delazer, 1994). È interessante notare che, quando uno dei due morfemi componenti veniva omesso, si trattava più spesso del primo che del secondo. Benché ci si potesse aspettare che questa caratteristica morfologica fosse particolarmente colpita negli afasici di Braca (non viene segnalato se qualcuno di loro fosse agrammatico), di fatto il modo in cui si distri-

IL FUTURO DELLA RICERCA NEUROLINGUISTICA

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buiscono i risultati è molto simile sia per gli afasici di Braca che per quelli anomici, per quelli di Wernicke e anche per gli afasici transcorticali. Bates e i suoi colleghi hanno impostato ricerche che permettono di affrontare i problemi dei comportamenti specifici a lingue scelte in base alla differenza delle strutture che ciascuna di esse permette. Per esempio, in un gruppo di studi, hanno previsto che i parlanti di lingue i cui sistemi inflessivi veicolano una considerevole quantità di significato (come il tedesco, i cui articoli veicolano informazioni sul numero, il genere, il caso e la definitezza dei nomi che li seguono), in caso di lesioni cerebrali avranno più possibilità di conservare la capacità di usare tali funtori o affissi "semanticamente pesanti". I loro studi interlinguistici hanno in effetti confermato l'ipotesi (Bates e altri, 1987). Questi studi interlinguistici sono motivati dall'esigenza di stabilire un equilibrio tra i principi universali dell'organizzazione del linguaggio e le strutture o i sistemi costituiti per l'elaborazione dei fenomeni particolari di una lingua. Le descrizioni linguistiche accurate sono essenziali per lo studio di tali fenomeni, come lo sono le tecniche per ricavare i dati necessari dagli afasici che, da parte loro, tendono a dissimulare i problemi che possono avere con la produzione linguistica. Goodglass e i suoi allievi hanno permesso dei progressi metodologici nell'individuazione di questi comportamenti linguistici, progressi che hanno influenzato l'intero progetto interlinguistico sull'agrammatismo. Per esempio, Berko Gleason e Goodglass sono all'avanguardia nello sviluppo di sistemi per verificare il possesso di certe strutture linguistiche da parte di pazienti che non possono essere sottoposti a un carico di memoria troppo alto e per appurare che tali pazienti sanno qual è l'elemento lessicale richiesto, anche se non sono in grado di produrre direttamente le strutture richieste. Un modo per capire se il paziente riconosce i vari termini lessicali che dovrebbe usare in un test di completamento di enunciati è quello di chiedergli di indicare le immagini corrispondenti. Il test di completamento, a questo punto, è destinato a vincolare verbalmente le risposte possibili alla parola richiesta e vi viene inclusa anche una raffigurazione dell'evento descritto dall'enunciato.

L'osservazione del cervello Come abbiamo detto nel Capitolo 3, le tecnologie per studiare l'organizzazione neurolinguistica nei soggetti cerebrolesi hanno visto uno sviluppo nel corso degli anni, così come quelle per studiare l'elaborazione linguistica nei soggetti sani (che sono di più, naturalmente). I locazionisti utilizzano particolarmente strumenti sempre più raffinati per osservare le aree cerebrali che si attivano durante le varie operazioni linguistiche. I ricercatori che hanno accesso ai centri medici sono entusiasti della tomografia a emissione di positroni (PET) e della possibilità di ottenere immagini, tramite risonanza magnetica (MRI), con una rapidità tale da poter segui-

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CAPITOLO DODICI

re l'elaborazione on-line del linguaggio. Molte generazioni di queste tecnologie - e altre che non si sono ancora affermate - sono in competizione per farci conoscere come viene elaborato il linguaggio nei cervelli dei soggetti normali e di quelli cerebrolesi, che abbiamo esaminato nel nostro libro. Purtroppo si tratta di tecniche ancora troppo costose per essere utilizzate comunemente. Come abbiamo detto, recentemente gli psicolinguisti hanno incominciato a usare nei loro laboratori i potenziali di risposta evocati (ERP), un raffinamento dell'EEG (elettroencefalogramma). I vari sensori che posso essere applicati al cuoio capelluto permettono una certa localizzazione dei comportamenti linguistici presi in esame e, potendo eseguire tali osservazioni nei laboratori psicolinguistici, la sofisticazione degli stimoli e dei test può essere molto alta. Come si ricorderà, Genie era stata esaminata mediante i potenziali evocati; nel suo caso vennero campionati solo due punti in ciascuno degli emisferi. Più di recente, Neville e i suoi colleghi hanno collocato almeno 14 sensori sul cuoio capelluto dei soggetti e preso in esame fenomeni linguistici più specifici. Per esempio in Neville e altri (1991) gli autori sfruttano il fatto che i potenziali di risposta evocati sono particolarmente utili per osservare quando qualcosa di inconsueto avviene in un soggetto. I soggetti ascoltavano degli enunciati e dovevano giudicare se erano enunciati inglesi ammissibili. Circa la metà degli enunciati erano anomali, sintatticamente ("The man admired Don's of sketch the landscape") o semanticamente ("The boys heard Joe's orange about Africa"). Negli enunciati anomali dal punto di vista sintattico, c'erano violazioni di struttura sintagmatica (per esempio, ... about films America) e due casi avevano a che fare con le regole di estrazione dei termini interrogativi dai sintagmi nominali: specificità ("What did the scientist criticize Max's proof of?") e soggiacenza ("What was picture of printed by the newspaper?"). I ricercatori presentavano ogni enunciato una parola per volta, per determinare quale parola lo rendeva anomalo (per esempio, nell'ultimo enunciato citato, la parola "picture" sarebbe il punto anomalo; in quello precedente, dovrebbe probabilmente essere "Max's"). Gli enunciati anomali dal punto di vista semantico producevano quella che gli esperti considerano una classica "risposta sorpresa" circa 400 millisecondi dopo l'esposizione allo stimolo. Inoltre, la risposta era osservabile in entrambi gli emisferi del cervello e con intensità maggiore nella aree posteriori. È interessante notare che mentre due dei tipi di violazione sintattica mostravano la risposta sorpresa maggiore nelle aree dell'emisfero sinistro in cui la si attendeva (per le violazioni di struttura sintagmatica, il lobo parietale e quello temporale; per le violazioni della specificità le regioni anteriori), le violazioni alla condizione di soggiacenza si manifestavano molto presto (200 millisecondi dopo la parola scatenante) e, in maniera diffusa, in entrambi gli emisferi. Dato· che i tipi diversi di violazione sintattica avevano per effetto risposte elettrofisiologiche diverse, possiamo· concluderne che alle rispettive strutture sintattiche corrisponde un'elaborazione cerebrale in tempo reale.

IL FUTURO DELLA RICERCA NEUROLINGUISTICA

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In un secondo studio (Neville, Mills e Lawson, 1992), gli autori cambiavano solo la parola finale di alcuni enunciati, per renderli anomali. La metà degli enunciati anomali terminava con un termine dotato di contenuto semantico e l'altra metà con funtori. Le risposte di sorpresa erano diverse a seconda del tipo di termine; nel caso dei funtori erano localizzate nelle regioni anteriori dell'emisfero sinistro, mentre per i termini con un contenuto, erano localizzate nelle regioni posteriori di entrambi gli emisferi. (Si veda la Figura 6, p. 250, in Neville e altri, 1992). È interessante che un secondo esperimento, basato sugli stessi materiali sottoposti a parlanti non madrelingua (nel caso specifico persone con genitori sordi, per le quali il linguaggio familiare è l'ASL e che non avevano appreso l'inglese prima della scuola) mostrava risposte molto simili a quelle dei parlanti madrelingua quando si trattava di termini inglesi scritti dotati di contenuto, ma risposte significativamente diverse nel caso dei funtori inglesi in forma scritta.

Conclusione L'elegante raffinatezza delle strutture linguistiche e delle operazioni cerebrali che le rendono possibili è entusiasmante. Sicuramente la nostra "mappa" linguistica del cervello è più corretta di quella frenologica di Gall, ma i suoi confini sono ancora provvisori e le singole parti non ancora definite. Inoltre, la nozione bidimensionale di mappa non sarà più in futuro un'analogia utile, perché la topografia corticale non è che una componente superficiale dell'insieme multidimensionale di sistemi, tanto corticali quanto subcorticali, che ci permettono di usare il linguaggio. Chi sceglie il campo di studio neurolinguistico lo fa sapendo che è possibile che non si arrivi nel corso della sua vita alla verità complessiva, ma che le aree in cui si lavora per estendere le frontiere del sapere contribuiranno alla possibile conoscenza dei mezzi con cui il cervello umano permette che avvenga la comunicazione tra gli uomini.

GLOSSARIO

tipo di disturbo al linguaggio conseguente a lesione cerebrale caratterizzato da un eloquio relativamente fluente e da buona comprensione, ma con difficoltà specifiche nella ripetizione di espressioni ed enunciati emessi da altri (vedi Tavola 4.1).

AFASIA DI CONDUZIONE:

afasia in soggetto con manualità destra derivante da lesione all'emisfero destro.

AFASIA INCROCIATA:

la più grave sindrome afasica, in cui sono estremamente danneggiate sia la produzione che la comprensione del linguaggio.

AFASIA GLOBALE:

AFASIA:

disturbo del linguaggio derivante da lesione cerebrale.

processo di unire un elemento morfologico (di solito un prefisso o un suffisso) a una radice, in genere per indicare una flessione o una derivazione (vedi).

AFFISSAZIONE:

AFFISSO:

morfema (vedi) che viene "legato" a una radice (vedi) per creare una parola.

sintomo di afasia consistente nell'omissione di morfemi (vedi) vincolati o liberi nella produzione orale o scritta.

AGRAMMATISMO:

difficoltà di lettura derivanti da lesioni cerebrali in una persona alfabetizzata.

ALESSIA:

inferenza di similarità sulla base di una relazione osservata. Per esempio, un bambino può creare il verbo "magnetare" a partire dal sostantivo "magnete" per analogia rispetto alla coppia "progetto" /"progettare".

ANALOGIA:

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GLOSSARIO

relativo alla parte frontale del cervello. L'espressione afasia anteriore indica le afasie non fluenti associate alle lesioni del lobo frontale.

ANTERIORE:

area della superficie (corticale) del cervello ritenuta responsabile del linguaggio, dato che quando viene lesa (o stimolata elettricamente) si manifestano disturbi linguistici. Lesioni cerebrali esterne all'area non causano disturbi linguistici (vedi Figura 1.1).

AREA DEL LINGUAGGIO:

sotto-aree della corteccia cerebrale con diversa tessitura cellulare, individuate da Brodmann nell'Ottocento (vedi Figura 2.5).

AREE DI BRODMANN:

l'area della corteccia, propria davanti al solco rolandico responsabile dei movimenti di tutte le parti del corpo.

AREA MOTORIA:

aree del cervello immediatamente al di là del solco rolandico responsabili dell'elaborazione della sensazione proveniente dalle altre aree corporee.

AREE SOMATOSENSORIE:

Diconco: tecnica di esame della dominanza cerebrale nella ricezione dei materiali sonori, in cui vengono presentate contemporaneamente informazioni diverse all'orecchio destro e a quello sinistro.

ASCOLTO

processo morfofonologico per cui un fonema (suono) viene alterato per renderlo più simile a quello adiacente. La stessa parola "assimilazione" ne è un esempio, essendo composta dal prefisso latino "ad" ("verso") e la radice "simil" ("simile"). La "d" del prefisso viene assimilata alla "s", in modo che ne risulta il composto "assimilare" invece di "adsimilare".

ASSIMILAZIONE:

prolungamento della cellula nervosa che veicola gli impulsi in uscita dal corpo cellulare.

ASSONE:

in una sillaba la consonante o il gruppo di consonanti iniziale (vedi Nell'afasia il momento in cui si verifica la contusione o qualche altro danno cerebrale.

ATTACCO:

RIMA).

nozione di Goldman che esprime la capacità di prendere un'iniziativa, compiere scelte, collegare concetti, inferire l'essenza di qualcosa, concettualizzare ecc., che certi pazienti afasici perdono.

ATTITUDINE ALL'ASTRAZIONE:

disturbo infantile dovuto a danni cerebrali non identificati, caratterizzato da grave incapacità di correlarsi e comunicare con gli altri.

AUTISMO:

GLOSSARIO

BIDIALETIISMO:

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capacità di parlare due dialetti, in genere uno standard e uno non

standard. BILINGUISMO: CAMPO

capacità di parlare due lingue con una certa competenza.

v1s1vo: l'area spaziale percepita nella visione.

la più piccola distinzione rilevante possibile; per esempio, in inglese (e in molte altre lingue, tra cui l'italiano) la sonorizzazione della consonante è una caratteristica distintiva; le parole "bin"(cassone) e "pin"(spillo) sono distinte solo da questa caratteristica (in italiano, un esempio può essere la coppia "dato" e "dado").

CARATIERISTICA DISTINTIVA:

il ricorso a più parole per descrivere un singolo concetto, strategia cui ricorrono i pazienti cerebrolesi che non riescono a ricordare la parola specifica esprimente il concetto da loro inteso, per esempio "quella cosa che serve per scrivere" in luogo di "penna".

CIRCONLOCUZIONI:

operazione chirurgica consistente nella resezione parziale o totale delle fibre del corpo calloso che connette i due emisferi cerebrali. Si ricorre a tale operazione per impedire l'insorgere di gravi fenomeni epilettici quando nessun altro trattamento si dimostra efficace.

COMMISSUROTOMIA:

nozione linguistica rif