Cervello & emozioni
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Zitiervorschau

José Antonio Jauregui

CERVELLO

& EMOZIONI TRADUZIONE DI SILVIA SICHEL

PRATICHE

p

EDITRICE

www.saggiatore.it

© 1990, ]osé Antonio Jauregui © 1998, Maeva Ediciones Pratiche Editrice © il Saggiatore, Milano 2001 Traduzione della Prefazione di Stefania Cherchi Titolo originale: Cerebro y Emociones Realizzazione editoriale: Il Paragrafo s.n.c., Udine La scheda bibliografica, a cura del Servizio Biblioteche Provincia di Milano, è riportata nell'ultima pagina

CERVELLO & EMOZIONI

Ai miei figli Eduardo, Pablo, ]avier Elena, Maite

Ringrazio la Fundaci6n Ramon Areces che con il proprio sostegno economico mi ha permesso di scrivere questo libro.

Sommario

Prefazione all'edizione italiana

9

PRIMA PARTE: Il computer emozionale

17

e il sistema emozionale 1. Il sistema emozionale 2. Il computer emozionale 3. Leggi biosociali 4. La società umana

19 34 55 65

SECONDA PARTE: Controllo emozionale del corpo

79

5. Controllo emozionale dell'apparato.digerente 6. Controllo emozionale di accesso al corpo 7. Controllo emozionale della fatica e del pericolo

81 121 157

TERZA PARTE: Controllo emozionale della società·

179

8. Leggi emozionali del riso e del linguaggio 9. Leggi emozionali del pianto, della vergogna e del sorriso 10. Leggi emozionali dell'ira e della vendetta 11. Leggi emozionali del sistema etico 12. Leggi emozionali del sistema religioso Epilogo

181 208

Note Glossario Bibliografia

229 243 271 294 301 312

315

Prefazione all'edizione italiana

Considero una grande fortuna e un privilegio che il mio libro Cervello & emozioni veda la luce nella lingua di Dante e di Vivaldi. Che ne sarebbe stato della cultura europea, se l'Italia non fosse esistita? La risposta a questa domanda richiederebbe da sola un saggio in parecchi volumi. Quel che è certo è che se Roma non avesse portato in Spagna (o in Inghilterra, con il permesso di tanti odierni euroscettici, o in altri paesi europei) la democrazia, la repubblica, la ginnastica, il diritto, il teatro, la filosofia, l'università, l'accademia e il latino (padre dello spagnolo) io stesso non avrei mai potuto scrivere questo libro. Si dice che la calata dei popoli germanici e l'avvento della religione cristiana abbiano provocato il crollo dell'impero romano: ma non è andata così. Roma ha continuato a reggere germani e cristiani, e a essere mater et magistra nel mondo della cultura. Nel momento stesso in cui accettava la religione cristiana Roma ha posto la condizione che i Salmi e il Libro della Genesi fossero letti in latino, e che la capitale della cristianità fosse Roma stessa (non Gerusalemme) e che il successore di Cristo portasse il titolo di Ponti/ex Maximus, come l'imperatore. Mstislav Rostropovic, accettando di occupare la Poltrona Dante all'Accademia Europea di Yuste («figlia del mio intendimento», nelle parole di Cervantes) ha detto: «Questo è un momento molto emozionante nella mia vita, perché a paragone di Dante mi sento come un grosso zanzarone». Da Virgilio a Umberto Eco, ciò che l'Italia ha fatto per l'Europa sarà presto chiaro a tutti. Oggi si pone molta enfasi sul mercato. Un giorno una ricca signora americana chiese a Picasso: «Maestro, come pensa di intitolare questo suo quadro?», e lui: «Se guardo lei, signora, sono indeciso se intitolarlo cinquecentomila o settecentomila 9

dollari». Siamo ormai diventati tutti come il vecchio Mida, che chiese al dio Bacco di poter tramutare in oro tutto quel che toccava: e quando toccò una pietra e quella si trasformò effettivamente in oro si mise a ballare dalla gioia, ma quando toccò il pane e lo stufato di carne e quelli si trasformarono in oro, e quando baciò la figlioletta e anche quella divenne tutta d'oro, allora sì che pianse lacrime amare: «Gli dèi hanno voluto darmi una lezione». Noi, che quella lezione non abbiamo voluto apprenderla, nel cuore del XX secolo abbiamo generato la peste del pestseller. È vero, si dovrebbe scrivere best, ma anche l'ortografia o la sua assenza hanno a che fare con l'etica e con l'estetica: e per me è pest, pest-seller. Si rimpinzano i polli di ormoni per farli ingrassare di più e più in fretta; si danno farine animali a bestie più vegetariane di un induista, e le mucche impazziscono ... La grandezza dell'Italia non sta nel suo PIL: l'Italia è grande per le sue creazioni letterarie, scientifiche e artistiche, fondamenta della cultura eùropea. «Parlando di cultura europea non intenderai certo comprendervi l'Inghiltérra, vero?» mi ha chiesto l'estate scorsa a Oxford un inglese, vedendomi sotto il braccio una copia del mio libro Europa, tema y variaciones: la identidad y variedad cultura! europea. «Anche tu hai nei testicoli la cultura europea» gli ho risposto. «Cosaaa?» ha replicato lui, esterrefatto. «Va' un po' a cercare la parola "testicoli" sul tuo Oxford Dictionary (sorta di Bibbia laica in cui gli inglesi credono ciecamente) e vedrai che deriva da testis, testigo, e da testiculum, ossia piccolo testimone, piccola prova. Secondo i romani, infatti, i maschietti hanno appese lì sotto due piccole prove del fatto che sono, per l'appunto, maschi. Noi spagnoli li chiamiamo testiculos, i francesi testicules, gli italiani testicoli: variazioni linguistiche di uno stesso tema europeo. Ed eccoti dimostrato come e perché anche tu hai la cultura europea in quel posticino così intimo. Quanto al vostro famoso parliament, nemmeno questa è una parola, un concetto o un ideale inglese: parlamentum è parola, idea e valore importati da Roma.» Sono stato visiting professor presso la use (University of Southern California) di Los Angeles, città in cui ho vissuto con la mia famiglia per quasi dieci anni. Al nostro ritorno in Spagna i ragazzi si sono sentiti a disagio: che futuro li aspetta, infatti, in· questi Stati Disuniti d'Europa, di fronte a una superpotenza co10

me. quella americana? Perché· avessero occasione di riflettere su cosa fosse l'Europa, li ho portati in Italia: Verona, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Pompei li hanno colmati di meraviglia. Hanno scoperto che la telepizza che erano abituati a mangiare a Los Angeles era una bestemmia, nel tempio della pasta e della vera pizza italiana. E una sera, ali' Arena di Verona, hanno potuto godersi l'ascolto di Va' pensiero ... e di tutto il resto dell'incomparabile opera verdiana. Ho scritto questo libro durante la mia permanenza negli Stati Uniti e l'ho dato alle stampe con il titolo Cerebro y emodones. Negli anni novanta l'interesse per l'esplorazione dell'affascinante e sconosciuto mondo del cervello non ha fatto che crescere. Stati Uniti e Giappone hanno inaugurato la "Decade del cervello", mentre l'Unione europea ha dato vita al "Decennio europeo della ricerca sul cervello". Molti libri sono usciti e continuano a uscire sull'argomento: J;io e il suo cervello, di John C. Eccles e Karl Popper; J; orologiaio deco, di Richard Dawkins; La mente nuova dell'imperatore, di Roger Penrose; La fabbrica della memoria, di Steven Rose sono solo alcuni dei molti titoli. D'altra parte, la comparsa degli elaboratori elettronici e il fatto nuovo e sorprendente che un computer potesse vincere a scacchi contro un essere umano ci hanno aperto nuovi orizzonti e posto nuove domande: si può dire che un computer "pensi"? E che il cervello umano sia un computer? · Inoltre, un nuovo dialogo e nuove polemiche sono sorti attorno alla parola "sociobiologia", coniata da Edward O. Wilson. E come in ogni terreno vergine e semi-inesplorato, c'è ancora molto da scoprire. Questo del rapporto fra biologia e sociologia, fra cervello e società, fra natura e cultura, fra innato e acquisito è un tema cruciale, una chiave di volta rispetto alla quale il pensiero si trova ancora all'età della pietra. Questo libro si colloca in tale contesto, e affronta problemi del genere. La mia prima formazione è di carattere filosofico. All'Università Gregoriana di Roma, dove ho avuto la fortuna di studiare filosofia sotto la guida di grandi maestri (fra cui padre Coppleston), allora si leggevano Platone in greco e Seneca in latino. Tutte le lezioni e tutti gli esami si svolgevano in latino: Sicut Darwinius dixit... Durante un corso facoltativo mi appassionai alle tematiche dell'antropologia sociale, e fu così che approdai 11

all'Università di Oxford (Balliol), dove ebbi la fortuna e il privilegio di avere come tutor sir Edward Evan Evans-Pritchard. Poi sir Edward mi scelse come suo teaching assistant, e fu così che a Oxford mi guadagnai il mio primo stipendio. Quindi mi sono laureato e ho preso il dottorato di ricerca in scienze politiche e in sociologia presso l'Università Complutense. Pertanto la mia formazione, i miei limiti, i miei dogmi, i miei giudizi e pregiudizi hanno radice in queste tre discipline: filosofia, sociologia e antropologia sociale. Un giorno Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica, mi ha invitato a tenere una lezione su questo mio libro presso la sua cattedra all'Université Libre di Bruxelles. Dopo la lezione, durante un colloquio privato, Prigogine mi ha segnalato che già Epicuro, più di duemila anni fa, affermava che «non esiste il piacere, ma solo l'assenza di dolore». Così sono tornato a leggere Epicuro, ed effettivamente il filosofo greco ha enunciato una delle tesi centrali di questo libro: il piacere non è che un'illusione, un inganno della natura. In quest'opera credo di avere provato scientificamente l'affermazione di Epicuro, il quale a suo tempo non I' aveva né spiegata né motivata. Con quale successo sta al lettore giudicare. Anthony Grahame, curatore e editor dell'edizione inglese, mi ha fatto questa osservazione: «Avrebbe dovuto citare Tantalo». Grahame ha pienamente ragione. Quello di Tantalo è il mito più appropriato a questo libro. Agli inferi, il povero Tantalo è infatti condannato al tormento di una terribile sete. Proprio lì accanto, da una sorgente, zampilla un'acqua fresca e cristallina; ma non appena lui si avvicina per bere, I' acqua si allontana. Ha fame, sta morendo di fame, e poco lontano. ci sono alberi che offrono in abbondanza frutti squisiti; ma quando cerca di coglierli, quei frutti si allontanano da lui. Questo mito non ha potuto ispirare le mie teorie dato che solo molti anni dopo avere scritto il libro sono venuto a conoscenza della sua esistenza e del suo messaggio. Ma si potrebbe dire che la mia tesi è una spiegazione scientifica del supplizio di Tantalo. Fra le mie tesi, quella secondo cui "il piacere non esiste" ha spesso inquietato e irritato studenti e lettori. In una recensione molto acuta Rafael Torres ha per I'appunto definito il libro «una teoria inquietante». Uno dei miei studenti mi ha confessato di 12

esserne rimasto così scosso che stava per buttarlo giù dalla finestra del settimo piano. E se non lo fece fu solo per il timore di creare uno scandalo in una via intensamente trafficata. Ognuno di noi crede· ingenuamente di godere del miele del piacere. Ma la natura è più briccona, più astuta e più sorniona. Non dice affatto a Tantalo: «Se bevi, ti ricompenserò con un piacere». Comincia a importunarlo fino alla tortura· attivandogli attraverso il cervello una voglia di bere che è un autentico castigo divino: il supplizio eterno di Tantalo, appunto. Se potesse obbedire ai comandi emotivi del cervello, questo smetterebbe all'istante di torturarlo, e in quel momento Tantalo crederebbe ingenuamente di provare piacere. Ma la realtà vera è solo che il suo cervello avrebbe smesso di tormentarlo. Avverto quindi subito il lettore che questo libro potrà risultargli inquietante, a tratti addirittura sgradevole. Nel corso di una conferenza qualcuno mi ha segnalato unariflessione di Arthur Schopenhauer: «Posso fare ciò che voglio, ma non posso sentire ciò che voglio». Pur avendo letto con passione questo grande pensatore per più di trent'anni, non sono riuscito a rintracciare la citazione. A ogni modo credo di avere mostrato e dimostrato con questo libro che la chiave che attiva e disattiva tutti i nostri sentimenti e tutti i nostri densitometri emotivi è in possesso del cervello in rigoroso monopolio genetico. Se potessi mandarne una copia a Schopenhauer lo farei su- · bito. Caro lettore, puoi verificare tu stesso che mentre è possibile resistere a una voglia "irresistibile", è invece impossibile cancellarla se non obbedendo all'ordine preciso che ci invia il nostro computer emozionale. Tu solo senti ciò che senti; ma non puoi sentire ciò che vuoi perché senti solo ciò che ti viene imposto dal cervello. In qualsiasi sistema di comunicazione è possibile distinguere tre elementi fondamentali: 1) colui che invia il messaggio; 2) il · messaggio stesso; 3) il destinatario del messaggio. Con l'aiuto del mio computer cerebrale credo di avere scoperto che chi invia i messaggi emotivi è il cervello. Comunemente si dice "ho" mal di testa, "ho" voglia di bere. Ma questo "ho" è frutto di un errore logico. La natura ci nasconde le sue carte, come già osservava Eraclito: «Alla natura piace moltissimo celarsi (o giocare a nascondino)». Attraverso i secoli l'uomo 13

è riuscito a scoprire alcune "chiavi", alcuni codici segreti della natura. Noi diciamo "ho" mal di denti come diciamo "ho" un pianoforte. Ma nel primo caso non si tratta di "avere" alcunché, non si sta parlando di un possesso. È il cervello a inviare il mal di denti ol'ispirazione di scrivere un libro; è il cervello ad "avere" l'intero repertorio dei sentimenti, ed è sempre il cervello a decidere in ogni istante quale sentimento inviare al soggetto, e con quale intensità. È questo il significato del computer emozionale. I sentimenti sono lettere, fax, e-mail che il nostro cervello ci spedisce. Il soggetto è colui che riceve i messaggi emozionali, ed è "soggetto", cioè obbligato, a riceverli. Nessuno può rifiutarsi di ricevere il messaggio emotivo della fame e della sete (sete d'acqua, sete di ricchezze, sete di essere qualcosa di più, o di non essere da meno, sete d'amore, di solidarietà ecc.). Ma perché il cervello fa pressione su tutti i Tantali del mondo perché mangino, bevano e svolgano i compiti necessari all'umana società, pur permettendo loro di resistere alle voglie "irresistibili"? In realtà la programmazione degli ingegneri genetici è ingegnosa davvero. Proviamo a immaginare un famoso leader politico intento a tenere un importante discorso sotto l'occhio vigile delle telecamere del villaggio globale; a un certo punto può accadergli di ricevere dal suo cervello questo ordine emozionale: «Devi espellere una bolla di gas». Non sarebbe affatto bello che un leader così importante emettesse squilli di tromba dalle regioni posteriori. Quindi il poveretto riceve contemporaneamente dal cervello quest'altro ordine emozionale: «Non espellerlo adesso, quel gas, o ti fustigherò con il gatto a nove code della vergogna e del ridicolo». Gli ingegneri genetici hanno previsto anche situazioni del genere, circostanze nelle quali il pilota cosciente può fare in modo di disobbedire ali' ordine emozionale di espellere una bolla di gas. E ancora, perché i sentimenti (o le idee) sono invisibili, inodori, incolori e insapori? Perché non possiamo vedere l'invidia, annusare l'amore? Anche qui c'è sotto un'astuzia di quegli stessi ingegneri genetici che già si sono dimostrati così ingegnosi. Non si potrebbe giocare a nessun gioco di carte se conoscessimo immediatamente ''la mano" dei nostri avversari, e se a loro volta gli altri giocatori potessero vedere la nostra. Nel gioco degli 14

scacchi, è vero, i pezzi sono tutti in vista: ma nemmeno a scacchi si potrebbe giocare se le mosse pianificate dalla testa dell' avversario fossero lì in bella mostra. Idee e sentimenti sono le carte coperte che la natura distribuisce fra gli individui perché possano giocare a scacchi e al gioco della vita (ivi compresi il gioco dell'amore, degli affari, della politica e della guerra). Se potessimo vedere le idee e i sentimenti degli altri, il gioco della vita s~rebbe impossibile. La vita stessa sarebbe impossibile. Non sappiamo mai cosa pensa o cose sente nemmeno lessere che abbiamo più caro al mondo. È un nostro privilegio e un nostro limite. Ma allora, come possiamo comunicare agli altri le nostre idee e i nostri sentimenti? I soliti ingegneri genetici hanno previsto proprio tutto. Per questa evenienza hanno progettato e costruito meccanismi per la traduzione simultanea: da idee/emozioni a immagini, suoni, sensazioni tattili, e viceversa, da immagini, suoni e sensazioni tattili a idee/sentimenti. Un bacio è una sensazione tattile fra le labbra di due persone, cui corrisponde per traduzione simultanea geneticamete determinata uno scambio di sentimenti erotici. Eppure il soggetto in questione ha inserito nella sua pianificazione genetica anche la capacità di tradurre male, di mentire, di stravolgere il messaggio: «Con un bacio consegni il Figlio dell'uomo?». Lettore: se il tuo desiderio è quello di capire e conoscere un po' di più e un po' meglio te stesso, a rischio di trovare "inquietante" il fatto di scoprirti simile a un robot informatizzato e manipolato dal cervello (perlomeno in alcune cose) allora ti invito a esplorare una selva strana e piena di meraviglie: quella del tuo stesso cervello, dei "tuoi" sentimenti e delle "tue" idee, quel qualcosa che sei abituato a chiamare "io". Antonio Lépez-Abad, mio brillante studente all'Università Complutense, mi ha segnalato una massima di Ramén y Cajal scolpita sulla facciata di un ospedale di Madrid: «Ogni uomo, se vuole, può essere scultore del suo cervello». Ed è vero che tu, mio lettore, pur essendo soggetto a un potente computer emozionale puoi utilizzare il tuo cervello come strumento per creare grandi meraviglie. Bach se n'è servito per comporre i Concerti Brandeburghesi, e san Giovanni della Croce per scrivere le sue liriche. Mio figlio Pablo mi ha segnalato invece una massima di 15

Charlie Chaplin: «È questo .il giocattolo più divertente» (indicandosi con l'indice destro la scatola cranica). Se alla fine della lettura di questo libro ti avrò aiutato a scoprire un po' di più o un po' meglio il funzionamento di questo giocattolo, potrò dirmi soddisfatto.

]osé Antonio Jduregui

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PRIMA PARTE

Il computer emozionale e il sistema emozionale

1. Il sistema emozionale

Il sistema emozionale come sistema informativo Mentre comincia a leggere queste pagine, il lettore non sa cosa succede al suo apparato digerente. Il suo computer emozionale, invece, possiede dettagliate informazioni sull'attuale stato digestivo; forse proprio in questo momento le terminazioni nervose del1'apparato digerente l'hanno informato che un gas con una determinata composizione chimica sta premendo contro la parete di una data sezione dell'intestino. Il cervello ha consultato automaticamente il programma dell'apparato digerente e ha scoperto che un gas con le suddette caratteristiche situato in una certa sezione deve essere espulso all'istante. Inoltre ha appreso che il programma ordinava di comunicare all'individuo questo stato di cose. Il lettore sente un improvviso desiderio di espellere il gas, perché il cervello, informandolo puntualmente di qualcosa che ignorava, gli ha inviato il seguente messaggio: