Capitalismo Storico
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Zitiervorschau

-�"""l-'" uLa c0illL t:;c lbf;q Quando c'è una contraddizione, e qui ve: !l'� )rig�"ft>$0 -.·_r .· ' -''�'·' :· ', cioè, co­ stretti a strutturare se stessi in queste maniere particolari, era la « etnicizzazione » della vita comunitaria nel capitali­ smo storico . Quelli che definiamo « gruppi etnici » s ono gruppi di persone di dimensioni piuttosto grandi a cui sono state riservate certe funzioni lavorative/economiche, rispet­ to ad altri gruppi analoghi che vivevano nella stessa area geografica . La simbolizzazione esterna di tale distribuzio­ ne della forza-lavoro era costituita dalla specifica « cultu­ ra » del gruppo etnico - la sua religione, la sua lingua, i suoi « valori », il suo particolare insieme di modi quotidia­ ni di comportamento . N aturalmente, non sto sostenendo che vi sia stato nel capitalismo storico qualcosa di simile a un perfetto siste-

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.tna di caste. Ma, stabilito che adoperiamo le nostre catalo­ . gazioni professionali in modo sufficientemente largo, sto · sost enendo che vi è, e vi è s empre stata, una correlazione piutt osto alta tra etnia e ruolo economico-professionale, e che tale correlazione ha attravers ato tutte le varie aree sp a zio-temporali del capitalismo storico . Sostengo inoltre che questa distribuzione della forza-lavoro è cambiata nel temp o , e che quando si è modificata, è mutata anche l' et riia - nel senso dei confini e dei caratteri culturali del gruppo . S o stengo ancora che non vi è quasi nessuna corre­ lazione tra l' attuale distribuzione etnica della forza-lavoro ei modelli dei presunti antenati degli attuali gruppi etnici, r elativi a periodi precedenti il capitalismo storico . L' etnicizzazione della forza-lavoro mondiale ha prodot­ to tre effetti principali, che si sono rivelati di grande im­ portanza per il funzionamento dell ' economia-mondo . Pri­ ma di tutto, ha reso possibile la riproduzione della forza­ lavoro, non nel senso di fornire redditi sufficienti per la sopravvivenza dei gruppi, ma nel s enso di fornire un nu­ mero sufficiente di lavoratori per ciascuna categoria a li­ yelli appropriati di aspettative di reddito, sia in termini di guadagni totali, sia in termini di forme che il reddito del­ l' aggregato domestico avrebbe assunto . Inoltre, proprio per­ chEla forza-lavoro era divisa in etnie, la sua distribuzione era piu flessibile . La mobilità geografica e professionale su larga scala è stata resa piu facile e non piu difficile dalla partizione etnica. - Per cambiare la distribuzione della forza-lavoro , sotto la spinta. delle mutate condizioru economiche, era sufficien­ te che qualche individuo intraprendente assumesse la gui­ da della riorganizzazione geo grafica e professionale, e fos­ sericompensato per questo : immediatamente si verificava una « tendenz a » naturale perché gli altri membri del grup. po_ etnico spostassero la loro collocazione nell' economia­ mo ndo . Jn secondo luogo, la divisione etnica ha posto in essere un continuo meccanismo di addestramento della forza­ l avoro , garantendo che una larga parte della socializzazio ne delle mansioni professionali avvenisse entro la cornice c

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di aggregati domestici etnicamente definiti e non a spese dei datori di lavoro o dello stato . In terzo luogo , e forse questo è l' aspetto piu importan­ te, la divisione etnica ha rafforzato la classificazione dei ruoli economico-professionali, fornendo a ciascuno un fa­ cile codice per la distribuzione complessiva del reddito, un co 4ice rivestito della legittimazione della « tradizione » . E questa terza conseguenza che è stata elaborata i n for­ ma dettagliatissima e che ha costituito uno dei pilastri piu significativi del capitalismo storico, il razzismo istituzio­ nale . Ciò che intendiamo per razzismo ha poco a che fare con la xenofobia che esisteva in vari sistemi storici prece­ denti . La xenofobia era, letteralmente, paura dello « stra­ niero » . n razzismo interno al capitalismo storico non ha ni�nte a che fare con gli « stranieri » . Tutto al contrario . Il razzismo è stato il modo con cui vari segmenti di forza­ lavoro interni alla stessa struttura economica sono stati co­ stretti a porsi in relazione gli uni agli altri. Il razzismo è stato la giustificazione ideologica per la gerarchizzazione della forza-lavoro e per una distribuzione fortemente dise­ guale delle ricompens e . Ciò che intendiamo per razzismo è quell'insieme di affermazioni ideologiche, combinato con quell' insieme di pratiche continuative, che ha avuto la con­ seguenza di mantenere una correlazione forte e costante nel tempo tra etnia e forza-lavoro . Le affermazioni ideologiche sono state la forma assunta dalle accuse secondo le quali i tratti genetici e/o « cultura­ li » di lungo periodo dei vari gruppi erano in realtà la causa principale della differente distribuzione delle posizioni al­ l'interno delle strutture economiche . Tuttavia, la convin­ zione che certi gruppi fossero « superiori » ad altri, in certi connotati importanti al fine di avere successo in campo eco­ nomico , si è sempre concretizzata dopo che questi gruppi avevano assunto un posto all'interno della forza-lavoro, e non prima. n r azzismo è sempre venuto post hoc . Quelli che sono stati economicamente e politicamente oppressi sono stati dichiarati culturalmente « inferiori ». Se per qual­ che ragione, la collocazione nella gerarchia economica cam­ biava, la collocazione nella gerarchia sociale tendeva a se­ guire questo cambiamento (naturalmente con qualche ri-

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tar do, perché ci voleva sempre una generazione o due per er e ditare gli effetti della precedente socializzazio ne) . ' Il razzismo è servito da ideologia generale a giustifica­ zione della diseguaglianza. Ma è stato molto di piu. È ser­ vito a socializzare i gruppi nel proprio ruolo nell' economia. Gli atteggiamenti inculcati (i pregiudizi, il comportamen­ to esplicitamente discriminatorio nella vita quotidiana) sono serviti a definire la cornice di un comportamento· appro� priato e legittimo, per sé e per gli altri, sia all'interno del proprio aggregato domestico, sia all'interno del proprio gruppo etnico . Il razzismo, proprio come il sessismo, ha funzionato come una ideologia autorepressiva, modellan­ do le aspettative e limitandole . N aturalmente, il razzismo non è stato solo autorepres­ sivo; è stato anche oppressivo . Esso è servito a tenere a bada gli strati bassi, e a utilizzare gli strati medi come mi­ lizie volontarie del sistema mondiale di polizia. In tal modo non solo si sono ridotti in maniera significativa i costi fi­ nanziari delle strutture politiche, ma si è resa ·piu difficile la capacità da-parte dei gruppi antisistemici di mobilitare ampi settori di,....popolazione, dato che il razzismo pone strut­ "J turalmente_le sue vittime le une contro le altre . . Il razzismo non è stato un fenomeno semplice. In un cer­ to senso vi è ·stata una linea di demarcazione fondamenta­ le su scala mondiale, che ha segnat� lo status relativo nel sistema-mondo nel suo complesso . E stata la linea di: de� marcazione del « colore » . Ciò che è stato « bianco » o stra­ to superiore, lo è stato naturalmente in senso sociale- é non fisiologico , come dovrebbe risultare evidente dalla posizione storicamente mutevole, nelle linee di demarcazione di co­ lore, su sèala mondiale (e nazionale)., di certi gruppi, come i sud-europei, gli arabi, i meticci latino-americani, - e gli est�asiatici. n colore (o la struttura fisica) è stato un luogo comune facile da utilizzare, perché è intrinsecamente difficile da nascondere, e nella misura in- cui è stato storicamente con­ veniente, dato che il capitalismo storico ha avuto origine in Europa, è stato �utilizz ato nella forma della supremàzia del « bianco » .: Ma tuttele volte che non era conveniente, è stato messo da parte, o modificato afavore di altre ca:.

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gior parte degli stati e per la maggior parte degli usi essi sono illegali. La nostra educazione collettiva ci ha insegnato che la ricerca della verità è una virtu disinteress ata, mentre inve � ce essa è una forma autointeressata di razionalizzazione . La ricerca della verità, proclamata come pietra angolare del progresso, e perciò del benessere, è stata quanto meno con­ sona al mantenimento di una struttura sociale diseguale, sotto una serie di aspetti p articolari. processi attivati dall' espansione dell'economia-mondo capitalistica - la periferizzazione delle strutture economiche, la crea­ zione di strutture statali deboli forzatamente inserite in un sistema interstatale - hanno comportato una quantità di pressioni al livello della cultura: l' evangelizzazione cristia­ na, l'imposizione delle lingue europee, l' acquisizione di par­ ticolari tecnologie e modi di vita, il cambiamento nei codi­ ci legislativi. Molti di questi cambiamenti furono realizza­ ti manu militari. Altri furono ottenuti tramite l' opera di persuasione di « educatori », la cui autorità era sostenuta in ultima istanza dalla forza militare . Si tratta di quel com­ plesso di processi che talvolta definiamo « occidentalizza­ zione », o in modo perfino piu arrogante « modernizzazio­ ne », e che furono legittimati dal desiderio di spartirsi la fede nell' ideologia dell'universalismo insieme con i suoi frutti. C ' erano due principali motivi dietro l'imposizione di que­ sti cambiamenti culturali. Uno era l' efficienza economica . Se s i voleva che certe persone s i comportassero in certi modi negli ambiti economici, era funzionale allo scopo insegna­ re loro le norme culturali richieste, e contemporaneamen­ te privarli delle norme culturali antagonistiche . Il secondo motivo era la sicurezza politica. Si credeva che, una volta « occidentalizzate » le cosiddette élites delle aree periferi­ che, esse si s arebbero separate dalle loro « masse », e sareb­ bero perciò state meno disponibili a rivoltarsi, e sicuramente meno capaci di dare un seguito organizzato a eventuali ri­ volte. Quest'ultimo si è rivelato un monumentale errore di calcolo , ma è sembrato invece un calcolo plausibile, e ha in effetti funzionato per un certo periodo . (Un terzo motivo è stato costituito dalla hybris rappresentata dai con-

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Non è un elemento che sottovaluto; ma non è ssario invocarlo per spiegare le pressioni culturali, che nece s arebbero state grandi allo stesso modo, anche in sua as­ s enz a) . . Mentre il razzismo è servito come meccanismo di con­ tr ollo su scala mondiale dei produttori diretti, l'universali­ smo è servito a dirigere le attività della borghesia di altri stati, nonché i vari str ati intermedi su scala mondiale, ver­ so canali che massimizzassero la stretta integrazione dei pro� cessi produttivi e il tranquillo funzionamento del sistema interstatale, cosi da facilitare l' accumulazione di capitale . Questo fatto esigeva la creazione di una cornice culturale borghese mondiale, su cui potessero poi innestarsi varian­ ti « nazionali » . Ciò è stato particolarmente importante nei campi della scienza e della tecnologia, ma è stato anche as­ sai importante nel settore delle idee politiche e delle scien­ ze sociali. Il concetto di una cultura neutra « universale », a cui i · quadri della divisione mondiale del lavoro fossero « as si­ milati » (la forma passiva è importante, in questo caso) ha cominciato perciò a funzionare come uno dei pilastri del sistema-mondo, cosi come si è storicamente sviluppato . L'e­ saltazione del progresso, e piu tardi della « modernizzazio­ ne », ha riassunto questo insieme di idee, che non è servito tanto come effettivo sistema di norme per l' azione sociale, quarito come status-symbol di obbedienza e di partecipa­ zione tra gli strati superiori a livello mondiale. Il pass aggio brusco dalle basi religiose considerate culturalmente anguste, alle basi scientifiche, considerate metaculturali, della conoscenza, è servito da autogiustificazione ad una forma particolarmente pernicios a di imperialismo .culturale, che ha dominato in nome della liberazione intellettuale, e si è imposta in nome dello scetticismo . Il processo di razionalizzazione, essenziale per il capita,- · lismo, ha richiesto la creazione di uno strato intermedio di specialisti, di amminis tratori, di tecnici, di scienziati, di educatori. La grande complessità non solo della tecno­ logia ma del sistema sociale ha reso necessario che questo strato fosse vasto, e che si espandesse costantemente. I fon­ di usati per sostenerlo sono stati tratti dal surplus globale

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ricavato dagli imprenditori e dagli stati . In questo senso, elementare ma essenziale, questi quadri hanno quindi fat­ to parte della borghesia, e alla loro richiesta di partecipare alla ripartizione del surplus è stata data una forma ideolo­ gica precisa nel concetto di capitale umano, elaborato nel xx secolo . Poiché disponevano di un capitale reale relati­ vamente piccolo da trasmettere in eredità all' aggregato do­ mestico, questi quadri hanno cercato di garantirsi la suc­ cessione assicurando ai loro figli un accesso preferenziale ai canali che assicuravano una posizione. Questo accesso preferenziale è stato debitamente presentato come una con­ quista, la cui presunta legittimità era garantita da una « eguaglianza di opportunità » strettamente definita. La cultura scientifica è divenuta cosf il codice di ricono­ scimento su scala mondiale degli accumulatori di capitale. Essa è servita innanzitutto a giustificare le loro attività, ma anche a giustificare le diverse ricompense di cui gode­ vano . Ha promosso l'innovazione tecnologica. Ha legitti­ mato l' impietosa eliminazione di ogni barriera all' espan­ sione delle efficienze produttive . Ha dato vita a una for­ ma di progresso, che sarebbe di beneficio, si vorr èbbe far credere, per tutti - se non nell'immediato, sul lungo pe­ riodo . Tuttavia la cultura scientif!ca è stata qualcosa di piu che una mera razionalizzazione . E stata una forma di socializ­ zazione dei diversi elementi che costituivano i quadri del­ le strutture istituzionali di cui c'era bisogno. Come linguag­ gio comune ai quadri, ma non direttamente accessibile da parte della forza-lavoro, ha assunto anche un significato di coesione di class e per lo strato superiore, e ha costituito cosi un limite posto ai progetti o alle pratiche di ribellione . da parte dei quadri che potevano avere simili tentazioni. Inoltre è stato un meccanismo flessibile per la riprodu­ zione di questi quadri . Ha favorito il so rgere del concetto che oggi chiamiamo « meritocrazia >>, e che prima si defini­ va