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APPUNTI DI BIOLOGIA 1. SOGGETTIVITA’, NUOVI DIRITTI, TUTELA DELL’EMBRIONE. Oggi giorno alla luce delle nuove tecnologie

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APPUNTI DI BIOLOGIA

1. SOGGETTIVITA’, NUOVI DIRITTI, TUTELA DELL’EMBRIONE. Oggi giorno alla luce delle nuove tecnologie, accanto ai diritti dell’ uomo compaiono i diritti delle generazioni, i diritti dell’umanità, i diritti della natura, i diritti della cultura e i diritti degli animali. Questi nuovi diritti hanno trovato riscontro in alcuni indici normativi in materia di biotecnologie, di sperimentazione sugli animali, tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Problema che si pone è di verificare le condizioni che consentono di attribuire a questi nuovi soggetti la qualifica di soggetti politici. Vengono considerati politici i soggetti sociali che sono sovrani, ma non esercitano la loro sovranità perché la delegano agli Stati. Nella ricostruzione giuridico-costituzionale del dopoguerra vi è l’idea che non esistono altri diritti che quelli espressi dalla legge e subordinare la legge al rispetto di alcuni diritti fondamentali dell’uomo. L’esigenza fondamentale che presiede alla realtà giuridica di tali diritti è la dignità dell’uomo che lo contraddistingue e lo esalta al di sopra di altri esseri viventi. La persona fisica è riconosciuta come soggetto di diritto con l’acquisto della capacità giuridica, al momento della nascita (art. 1 c.c.). La capacità giuridica è l’idoneità di un soggetto ad essere titolare di diritti e doveri quindi di situazioni soggettive. La soggettività è un diritto inviolabile riconosciuto e garantito all’uomo (art. 2 Cost.). Quindi secondo l’ex art. 1 c.c. prima della nascita non vi è soggettività e quindi non vi è tutela giuridica, obiezione a questa tesi è data dall’equivalenza della soggettività con la capacità giuridica che si tende ad estenderla al concepito. La gerarchia delle fonti che anche gerarchia dei valori impone di leggere l’art. 1 c.c. alla luce dell’art. 2 Cost.. L’art. 2 Cost. introduce nell’ordinamento il valore della persona e il valore della sua attuazione e della garanzia ad esso offerto nei confronti di qualsiasi comportamento che ne comporti la negazione. Il valore della personalità va oltre i confini della nascita e della morte e consente la tutela del concepito oltre a quella della vita e della salute. Anche la Corte Costituzionale ha più volte affermato che la posizione giuridica del nascituro si colloca tra quelle protette dalla Costituzione. L’art. 1 è armonizzato col dettato costituzionale attraverso la scissione tra i due concetti di soggettività e capacità giuridica, dove quest’ ultima non è più vista come fondamento della soggettività ma come semplice attributo dell’individuo. La soggettività è quindi la categoria giuridica idonea a rispecchiare l’evoluzione biologica dell’individuo mentre la capacità è una categoria che riguarda l’aspetto patrimoniale , cioè i diritti patrimoniali riservati ad un concepito sono subordinati all’evento della nascita, ma i diritti fondamentali della persona appartengono al concepito. Stesso discorso vale anche per l’ovocita fecondato in vitro o fuori dal grembo materno, in quanto non può verificarsi la situazione di conflitto tra il suo interesse alla vita e il diritto alla salute della madre che potrebbe far ricorso all’intervento abortivo. Oggi il valore della dignità umana è chiamata ad orientare nuovi bisogni di protezione conseguenti all’utilizzo di biotecnologie che minacciano l’uomo. Con riferimento alla tutela dell’embrione sono state formulate due diverse tesi, una prima tesi riconosce il pieno interesse alla vita dell’embrione fino dal primo momento del concepimento senza che si possa progettare una tutela differenziata correlata alle diverse fasi del suo sviluppo. Una seconda tesi invece, riconosce le qualità di una persona solo all’embrione che abbia raggiunto un certo sviluppo, vale a dire all’embrione in un momento collocabile verso il 14° giorno allorquando si forma la stria primitiva. La Convenzione di WARNOCK , a suo tempo accettò proprio quest’ ultima tesi

aprendo le porte a qualsiasi intervento manipolativo sul cosiddetto pre-embrione. L’embrione , dunque, deve essere collocato sul piano degli esseri appartenenti alla specie umana e in quanto tale portatore di propri valori fondamentali. A livello internazionale viene data tutela all’embrione attraverso molteplici documenti internazionali, tra cui: 

Carta Europea dei Diritti del Bambino del 1989: si considera meritevole di tutela giuridica la vita prenatale. Il bambino deve essere protetto prima e dopo la nascita. La stessa Carta impegna gli Stati al riconoscimento dei diritti dei bambini.



Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1986: si riconosce che la vita umana si sviluppa con un processo continuo e invita gli Stati membri a vietare la creazione di embrione a fini di ricerca o per finalità non terapeutiche.



Convenzioni sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina del 1997: si sancisce il rispetto dell’essere umano sia come individuo, che nella sua appartenenza alla specie umana. Le biotecnologie devono essere utilizzate per il beneficio delle generazioni future . Nell’ art. 1 si impegna a proteggere l’essere umano nella sua dignità, nell’ art. 2 si afferma il primato dell’essere umano su ogni altro interesse della società.



Protocollo sulla Clonazione Umana del 1998: si vieta di creare un essere umano geneticamente identico ad un altro essere vivente o morto perché in contrasto con la dignità umana. Questo divieto è stato ripreso dalla Carta Europea dei Diritti Fondamentali firmata a Nizza il 2000 e si afferma che la dignità umana è inviolabile., inoltre ogni individuo ha diritto alla vita, alla propria integrità fisica e psichica.

2. ONDE ELETTROMAGNETICHE. Altra problematica è l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici prodotti in particolar modo dagli impianti di telecomunicazione, potendo essi incidere negativamente sulla salute umana e sull’ambiente. Infatti, il timore di possibili effetti nocivi alla salute umana ha indotto la comunità scientifica internazionale, in particolare l’Organizzazione Mondiale Sanitaria , ad incentivare le ricerche volte ad individuare e valutare i rischi per la salute della popolazioni esposte alle radiazioni in particolare quelle non ionizzanti che sono le più pericolose. È necessario, dunque, effettuare un bilanciamento tra il valore della salute e dell’ambiente da un lato, e lo sviluppo economico dall’altro, è per questo che l’O. M. S. ha incoraggiato le autorità nazionali ad applicare tre politiche cautelative: PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, PRINCIPIO PRUDENT AVOIDANCE e PRINCIPIO ALARA. Il principio della precauzione riflette la necessità di intervenire nei confronti di un rischio potenziale senza attendere i risultati della ricerca scientifica , si pensi ad esempio alle decisioni di bandire la carne bovina proveniente dal Regno Unito al fine di limitare il rischio di trasmissione del morbo della mucca pazza. Vi è poi il principio della prudent avoidance che prescrive l’adozione di misure a basso costo per ridurre l’esposizione a campi elettromagnetici, infine vi è il principio Alara che consiste in una politica diretta ad minimizzare i rischi conosciuti mantenendo l’esposizione a livelli più bassi possibili. In particola modo il principio della precauzione è consacrato nel Trattato CE di Roma.

Inoltre va ricordata, ultima nel tempo, la legge Quadro relativa alla protezione delle esposizioni dai campi elettromagnetici, legge che prevede la possibilità di ricorrere alla tutela giudiziaria attraverso azioni di accertamento, inibitoria e ricorsi al Tar. Tale tutela trova fondamento nell’art. 32 Cost. che tutela la salute umana e nell’ art. 9 Cost. che tutela l’ambiente a sua volta funzionale alla tutela dell’uomo. In poche parole in vista di questi due articoli cost. , la tutela della salute e dell’ambiente si pongono come limiti cui deve commisurarsi anche lo sviluppo tecnologico. Così l’uso e lo sviluppo di tecnologie è consentito solo se risultano nel rispetto del principio di precauzione che si estende ai rischi non individuati, e quindi solo se realizzato nel massimo rispetto della sicurezza.

3. BIOTECNOLOGIE E LIMITI ALLA RICERCA SCIENTIFICA. Recentemente è emerso il problema del rischio alimentare, alla luce delle nuove tecniche di produzione agricole e zootecnica , si pensi a mangimi e concimi chimici, e soprattutto alla luce delle nuove possibilità di modificare geneticamente piante e animali. Si è in poche parole venuto ad aprire un nuovo scenario con l’avvento delle biotecnologie , intese queste come le tecniche che utilizzano organismi viventi per fare o modificare prodotti, per unificare piante ed animali o per sviluppare microrganismi per usi specifici ( si pensi ai c.d. organismi geneticamente modificati). Lo sviluppo delle biotecnologie torna a beneficio dei cittadini in termini di migliore qualità della vita sotto forma di cibi migliori, di ambiente più pulito e di migliori condizioni sanitarie. Tuttavia , accanto a queste prospettive di benessere si sono poste anche delle preoccupazioni collegate alla possibilità per l’uomo di incidere sui fenomeni naturali con enormi rischi per l’integrità, la salute e la dignità umana. Sicuramente il progresso scientifico, in cui si collocano le tecniche biotecnologiche, trova fondamento costituzionale nell’ art. 9, ma allo stesso tempo deve commisurarsi con valori altrettanto costituzionali ma assolutamente primari, quali la tutela della persona umana ed anche la tutela dell’ambiente funzionale alla prima. Quindi, non è possibile permettere alla scienza di fare tutto ciò che le moderne tecnologie consentono: in poche parole la libertà di ricerche scientifiche rientra nel novero delle libertà costituzionali, ma ciò non significa assolutamente che essa sia del tutto libera ed insindacabile, anzi, al contrario nel nostro sistema fondato sul valore primario della persona umana, un’ attività di controllo all’attività scientifica si pone come doverosa onde evitare possibili pregiudizi per il benessere della persona umana. Il termine biotecnologie fa riferimento alle biotecnologie innovative , derivate cioè dall’utilizzazione congiunta di nuove tecniche biologiche come la cultura di cellule in vitro, la produzione di anticorpi e l’ingegneria genetica. Vi è stata una risoluzione del Parlamento Europeo del 2001 volta a potenziare l’industria europea delle biotecnologie attraverso l’incentivazione della ricerca e degli investimenti. Per quanto attiene ai limiti dell’uso delle biotecnologie o della stessa libertà di ricerca è ricorrente il richiamo all’ art. 33 che nel prevedere l’obbligo dello stato di promozione della ricerca scientifica e tecnica, distingue tra ricerca e tecnica, tra momento speculativo e momento applicativo della ricerca, mentre la sicurezza della persona e dell’ ambiente costituiscono un limite invalicabile.

4. BREVETTAZIONE DELLA MATERIA VIVENTE.

Il continuo espandersi delle tecniche biotecnologiche , che hanno ormai conquistato il territorio della materia vivente, impone l’esigenza di stabilire un adeguata tutela giuridica per esse. Innanzitutto bisogna distinguere tra biotecnologie tradizionali e c.d. innovative. Le biotecnologie tradizionali sono quelle utilizzate da secoli per la produzione di alimenti, bevande e per lo smaltimento dei rifiuti, nel passato tali tecnologie si avvalevano dell’attività fermentativa dei microrganismi. Le tecnologie innovative, sviluppatesi negli anni ’70, derivano dall’utilizzazione di nuove tecniche biologiche applicate a settori produttivi molto diversi che avevano come prodotto finale materiale organico o organismi biologici. Per quanto riguarda la tutela giuridica delle biotecnologie è stata la direttiva 98/44 CE a stabilire l’incentivazione dell’attività inventiva, ovvero il brevetto speciale per invenzione. Quest’ ultimo è un brevetto speciale regolato da norme che non possono riguardare altri settori tecnologici. Per quanto riguarda la direttiva ci furono delle incertezze da parte della giurisprudenza perché vi erano evidenti difficoltà ad estendere il brevetto dalla materia inorganica alla materia vivente. Le incertezze furono vinte dalla Convenzione UPOV sulla protezione delle varietà vegetali, la quale con l’ art. 1 prevedeva che oggetto del brevetto industriale fossero le nuove varietà vegetali atte ad avere un’ applicazione agricola o industriale. La varietà per essere protetta dal brevetto deve essere nuova ed originale. Il problema della tutela delle invenzioni biotecnologiche riguarda i diritti di proprietà sul trovato e i diritti di esclusiva sui prodotti che riguardano un essere vivente. I diritti sui trovati vegetali fanno riferimento a due sistemi normativi diversi ma interagenti: la Convenzione UPOV ( agricoltura) e la Convenzione di Strasburgo ( industria). I due sistemi normativi condividono gli stessi postulati, in particolare la definizione di invenzione intesa come idea innovativa di soluzione di un problema tecnico che consente la configurazione come tale della creazione di trovati vegetali secondo procedimenti biologici tradizionali e che le invenzioni attinenti alla biologia possano distinguersi in invenzioni microbiologiche ( brevettabili secondo la Convenzione di Strasburgo ) ed invenzioni ottenute con procedimenti essenzialmente biologici ( brevettabili secondo la Convenzione UPOV ). Con il passar del tempo si diffuse la prassi di estendere la brevettabilità attraverso l’ampliamento dei concetti di procedimento microbiologico e microrganismo, a tale prassi si è uniformata anche la nostra giurisprudenza sottolineando l’inesistenza nel nostro ordinamento di un divieto di brevettazione del microrganismo e, più in generale, del vivente. La brevettazione può avere ad oggetto solo le invenzioni e non le scoperte che consistono nel risolvere qualcosa di reale prima ignoto, andando ad assicurare il patrimonio culturale senza modificare la realtà. Le invenzioni, considerate tali solo se suscettibili d’applicazione nel campo industriale, si distinguono in invenzioni di prodotti , consistenti nella realizzazione di un nuovo bene materiale; invenzioni di procedimento consistenti in un nuovo procedimento per la realizzazione di un prodotto già noto; invenzioni di uso che hanno ad oggetto una nuova deliberazione di un prodotto già noto. Dall’ invenzione scaturisce un diritto d’autore non trasferibile, ed un diritto patrimoniale trasferibile dietro licenza. I due diritti possono appartenere a due persone diverse, bisogna però distinguere tre diverse ipotesi:  Quando l’ invenzione è effettuata per l’adempimento di un concetto di lavoro in cui l’attività inventiva previste come oggetto del contratto e perciò retribuita, il diritto patrimoniale spetta al datore di lavoro;  Quando l’invenzione è effettuata per l’adempimento di un concetto di lavoro ma non è prevista una specifica retribuzione per l’attività inventiva, il diritto patrimoniale spetta al datore di lavoro ma il dipendente avrà diritto ad un equo premio;  Quando, infine, l’invenzione è effettuata al di fuori del rapporto di lavoro, i diritti patrimoniali spettano all’inventore, ma il datore di lavoro avrà un diritto di prelazione all’uso o all’acquisto dell’invenzione. Un trovato vivente per essere brevettato secondo la legge sulle invenzioni industriali deve avere un procedimento idoneo a realizzare un artificiosa mutazione del patrimonio genetico del materiale vivente utilizzato. I trovati biotecnologici essendo delle invenzioni, non possono ricadere nel divieto

di brevettazione del vegetale che deve intendersi riferito alla varietà vegetali e razze animali ottenuti con procedimenti naturali. Il corpo umano nei vari stadi del suo sviluppo non può costituire invenzioni brevettabili, mentre un elemento isolato dal corpo umano o diversamente prodotto può costituire un invenzione brevettabile. Per le invenzioni biotecnologiche si è posta la questione della brevettabilità del vivente, affermativa è stata la direttiva 98/44 CE che ha limiti etici giuridici nei quali contenere la ricerca biotecnologia e la tutela brevettale dei suoi risultati. Il legislatore comunitario ha assicurato agli inventori la possibilità di sfruttare economicamente, anche se per tempo determinato, il risultato inventivo per incentivare la ricerca e l’ industria biotecnologia. Al raggiungimento di tale obiettivo è apparso necessario lo strumento del brevetto. L’opposizione della brevettabilità della materia vivente è fondata sia sul contrasto della stessa con alcuni principi etici e giuridici, sia sul contrasto con la logica dello stesso strumento brevettuale. L’estensione del brevetto dai settori meccanico, chimico, farmaceutico, ove l’istituto è nato e si è sviluppato, al campo della materia organica, deve fare i conti con le evidenti differenze che intercorrono tra la materia inorganica e quella vivente. I nuovi trovati vegetali non potrebbero essere brevettati perché non soddisfano alcuni requisiti come la riproducibilità con caratteri costanti. I procedimenti biologici sono esclusi dalla brevettabilità per quanto riguarda il contrasto che c’ è tra lo strumento del brevetto e u valori etici e giuridici fondamentali, c’ è da dire che nell’ attuale momento storico i principi irrinunciabili degli ordinamenti giuridici di gran parte dei Paesi del mondo occidentale e quelli costituenti l’ Unione Europea sono il rispetto della dignità dell’essere umano e i suoi diritti fondamentali nonché la salvaguardia dell’ambiente che fungono quali parametri di valutazione della liceità della brevettazione. Tra le fonti internazionali vi è una Convenzione sulla diversità biologica delle N.U.. la convenzione è finalizzata alla conservazione e utilizzazione della biodiversità e riguarda il trasferimento internazionale delle tecnologie, dei finanziamenti dei diritti di proprietà e dell’ accessibilità al materiale generico. Essa accoglie il principio di sovranità statale sulle risorse genetiche. Lo Stato ha l’obbligo di creare le condizioni atte a facilitare l’accesso alle risorse per sani usi ambientali da parte di altri Paesi. Il diritto d’accesso da parte di altri Paesi è soggetto all’autorizzazione del Paese d’ origine delle risorse, ma questi non può arbitrariamente negarla. La bioetica ha come scopo quello di trovare la massima convergenza etica in funzione a due importanti principi: principio di tolleranza e principio di responsabilità. Il primo è fondamentale nelle società caratterizzate da un pluralismo di valori ed opera quando non c’è una prospettiva comune anche se non è sufficiente in quanto necessita di una specificazione ulteriore. Il secondo completa il principio di tolleranza ed esige la responsabilità di ogni uomo per le sue azioni.