Arte e cervello
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Zitiervorschau

Lamberto Maffei Adriana Fiorentini Arte e cervello Seco11da edizìo11e

Lamberto Maffei Adriana Fiorentini Arte e cervello Seconda edizione

SAGGI ij;!l@:IWM

AGrm:iel/aeCecilia

Sommario

Introduzione 1. Il miracolo del vedere 2. Dall 'occhi o al cervello, dal chiaro-scuro alle fo rme 3. La finestra sul mondo e il linguaggio del segno 4. Cervello, emozioni ed esperienza estetica 5. Dipingere la di stanza 6. Il colore nell'occhio e nel cervello 7. TI colore nel quadro 8. Il cervello bambino e l'infanzia dell'arte 9. I due emisferi cerebrali e le arti visive 10. Il pittore malato 11 . Arte, fotografia, cinema e televisione 12. I sentieri della memoria visiva

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Bibliografia Ind ice anali tico Referenze iconografiche

359 365 373

V

19 45 73 101 141 169 197

Come d ue squadre di operai che attacchino il traforo di un monte dai due versanti opposti, neurologi d ell a visione e storici dell'arte stanno cercand o un punto d' incontro sulla natura e le modalità d ella reazione degli osservatori alle immagini create dagli artisti. Se statue, disegni, dipinti, cicli di affreschi ci piacciono, ci persuadono o ci emozionano, fino a che punto ciò è d ovuto a meccanismi uni versa li, pr opri della visione (cioè dell' interazione fra occh io e cervello), e in che misura è determinato invece da condizionamenti cu ltura li, e dunque differenziati di tempo in tempo e di luogo in luogo? Nonostante i tenta ti vi si vadano moltiplicando negli ultimi decenni, la strada non è facil e: il cervello umano, infatti, è infin itamente più complesso di qualsiasi montag na da traforar e; non segue per corsi lineari, eppure ogni tortuosità o cir convoluzione si risolve in un più alto grado di ef fi cacia delle sue funzio ni. Giganteschi progressi si vanno facendo sulla sua struttura, sulle funzioni delle diverse aree, sulla misurabilità delle reazioni del cervello al mondo esterno, e dunque anche sui meccanismi della visione da un lato, dall'altro sulle emozioni che essa può generare, o sulla sua relazione col linguaggio. Più lenti sono stati al confronto, in questi anni, gli sviluppi interni della storia dell'arte, e tuttavia si può azzardare che alcuni suoi recenti mutamenti d'accento hanno reso questo campo disciplinare più attento e più sensibile alle tematiche su cui si concentrano neurofisiologi e biologi nei loro laboratori. Arte e cervello di Lamberto Maffei e Adriana Fiorentini, già nella sua prima edizione (1995) e più ancora nella seconda che qui si presenta, costituisce uno snodo importante d i questo dialogo dif fici le ma necessario, che già nelle au le della Scuola Normale venne intrcciandosi VI

negli anni Novanta, grazie soprattutto allo stesso Maf fei e a stori ci dell'a rte come Paola Bar occhi, Enrico Castelnuovo, Monica Donato, io stesso fino a quando il mio luogo di lavov e di ricerca si spostò per qualche anno (1994-99) a Los Angeles. Ed è naturalmente solo dal punto di vista della storia dell'arte che posso tentar e qualche considerazione su questo processo, fatto, come è na tu rale, di convergenze e divergenze. Lo storico dell'arte che si accosta a questa tematica affascinante ma di straordinaria complessità tenderà inevitabilmente a schematizzare e semplificare quel poco che sa sulla fisiologia della visione, indirizzandolo sui problemi che ha via via messo a fu oco nel proprio campo di sciplinare; e simmetricamente anche il neurofisiologo potrà cogliere solo in parte le complessità di un appoccio storico e stilistico alle immagini, nella perpetua interazione fra le indicazioni del committente, le intenzioni dell'artista e le reazioni del pubblico degli osservatori; ma anche nel continuo mod ificarsi attraverso il tempo de\le condizioni socio-culturali della percezione e/o del gusto. Da sempre, si può dire, gli esseri umani, sotto ogni cielo e in ogni tempo, hanno prodotto immagini, spesso con fu nzioni mi ste (per esempio, magi che, religiose, estetiche, politiche). Ben poche civiltà, tuttavia, hanno sviluppato una qualche forma di «Storia dell'arte)>, e ci oè uno specifico genere letterario, o ambito del d iscorso, che d isponga in narrazione sequenziale (storica) le vite degli artisti, le lor o opere, il contesto entro cu i essi operarono e il giudizio sul loro valore. n consolidato statuto della «Storia dell'arte» come disciplina accademica nelle culture di matrice europea oscura questo dato elementare: ma è utile ricordarsi che sempre si è fatta «arte», assai più raramen te «Storia dell 'arte>). La trad izione a cui appartiene la storia dell 'arte come è oggi praticata nelle università nacque di fa tto nella scuola diAristotele, dove presero a svilupparsi «Storie disciplinari» spedalizzate (per esempio della medicina, della ma tematica, dell 'astronomia): hi in questo contesto che i primi scrittori greci di storia dell'arte (in buona parte artisti essi stessi) scrissero dal Ili secolo a.C. in poi opere ad hoc, purtroppo tu tte per noi perdu te, delle quali tuttavia si ri ntracciano frammen ti e idee nel rifl esso di autori più tardi, soprattutto scrittori come Plinio il Vecchio o Quintiliano. Queste fonti, lette e divu lgate da persona lità come Lorenzo Ghiberti, Leon BattistaAlberti e Giorgio Vasari, furo no l'ingrediente essenziale per la rinascita della storia dell'arte, che avvenne nel Rinascimento italiano. Solo assai più tatdi, e gradualmente, essa conquistò uno stah1 s accademico, prima in German ia (dove la Vll

prima ca ttedra al mondo di storia dell'arte fu fo ndata, a GOttingen, all a fine del Settecento), poi nel r esto d'Europa. Dalla storia dell'arte antica (soprattutto dalle pagine di Plinio), la tradizione euvpea trasse quelle che possiamo considerare le cinque li nee portanti d el discorso storico-artistico, e cioè: 1. l' idea di uno sviluppo storico, o «pJOgresso» del l'arte; 2. la suddivisione degli a rtisti secondo scuole iegionali; 3. la di stinzione e la definizione di personalità artistiche indi viduali, con le pratiche connesse: in primo luogo, la biogra fi a e l'attribu zione; 4. il gi udizio d'arte (o di qual ità), coi Elativi linguaggi; 5. la d escrizione (ekpltrasis) di opere d'arte, dalla quale solo in età assai recente si è sviluppata la ri cen:a iconografica. Questa pur svelta sintesi ha h 1ttavia bisogno di (almeno) due correttivi. Prima di tutto, è indispensabile ricoida rsi che il tennine «arte» secondo il suo uso oggi corrente non ha un vero corrispettivo né in greco né in latino. Per i Greci, tee/me (a cui corrisponde il latino ars) era ogni k11ow-how o «abili tà del fare » qualcosa di specifico: tee/me era perciò quella del calzolaio e del medico come quella dell'architetto o del pittore, d ell'oratore o dell 'allevator e di ca valli. Non vi fu mai nell a Grecia antica l' idea dell'artisticità come valore, del! ' «arie>) (in letteratura, o in quelle che noi chiamiamo le «arti fi gurative») come esito qualitativamente alto, opposta a qualcosa che sia «non-arie». L ' idea mode rna di «arte», quella a cui faccia mo riferimento senza accorgercene, è una creazione culturale del Settecento europeo, il frutto d i una lunga elaborazione teorica, ma anche della progressiva emancipazione deg li artisti, che per millen ni avevano operato e pr od otto escl usivamente su com missione. La «libertà dell'artista », così importante nelle teori zzazioni dell'Otto e del Novecento, per la più gran parte d el tempo (anche per artisti grandissim i, come Giotto) potè dispiegarsi solo all' inte rno di uno spazio definito dal rapporto dell'artista col suo committente. Non meno importante è il secondo corretti vo: la storia dell'arte, col suo alto grado di specializzazione, non fu mai la sola modalità con cui si venne «parlando d i arte». Si può anzi die che il discorso sull'arte è un ambito assai più vasto, che inteessa non solo le cu lture di matrice europea. Esso si è svolto e si svolge prevalentemente in forma orale, ma si è tradotto e si traduce anche in fonna scritta (per esempio nella poesia e nella letteratura), secondo fonne e linguaggi della più grande

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varietà; fra i quali tuttavia è opportuno distinguer e due grandi categorie: il discorso sull 'arte che si svolgede11fro la bottega (tipicamente, fra maestro e discepoli) e quello che ha luogo fuori della bottega (tipicamente, fra artista e pubblico; o fra due osservatori di fionte a una statua o a un dipin to). La «Storia dell'arte» come disciplina specializzata è un prodotto di questo più generale discorso sull 'a rte; ma al tempo stesso, da quando esiste, ne influenza e ne orienta le modalità e il linguaggio. Nel suo sviluppo storico novecentesco, la storia dell'arte- pur nella grande varietà degli approcci - si è dedicata soprattutto alla narrazione, interpretazione e spiegazione del cn111binme11to storico, sia in senso stilistico che iconografico, e al suo rapporto con la J1111zio11e delle immagini e la loro efficacia sull'osservatore. Semplifi cando molto (ma non troppo), si può dire che le sue pratiche disciplinari si sono a lungo incentrate sull'artista, ricostru endone il percorso biografico e il catalogo delle opere, definendo lo stile individuale e i suoi muta menti, in riferim ento alla scuola e ai maestri, ai viaggi, agli influssi, a lle sperimentazioni sue proprie. Si è pr ovato, più tardi, a riaggiustar e il tiro centrandolo sull'opera d'arte, per collocarla entro serie tipologiche (tanto stili stiche quanto iconografiche), studiando i rapporti col committente, le «fonti » letterarie e deduzioni e citazioni da ll'antico, i pr ogrammi iconografici che, pur nel mutare delle generazioni e degli stili, vennero talvolta persegui ti per decenni. ln tempi più tecenti, ed è questo il punto che ci interessa, la storia dell'arte ha preso a volgersi verso una fa se che (senza ca ncellare le precedenti) tende ad essere centrata, piuttosto, s111/'osservatore, e dunque sulle fonn e della ricezione dell'opera d'arte da parte del pubbli co ad essa contempora neo, e del modificarsi di questa ricezione, nel corso del tempo, da parte dei posteri. Una tale estetica (e storia ) della ricezione, introdotta dapprima nella ricerca sulla letteratura (specialme nte dalla «scuola di Costanza» col suo reader-respo11se criticism : cito qui per tutti Hans-Robert Jauss), si viene sempre più estendendo al dominio della storia dell'arte. La ricezione, in quanto appartiene al dominio delle pratiche socioculturali, può essere caratterizzata come un «contratt0>1 fra il produttore delle immagini e il suo pubblico. Le regole di questo (lo:on

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111111111 1 1 .,ff

Figura2.11 Camporecetti vodi unacellu lagang liaredeHaretina. A sinis/ra: rappresentazione di uno stimolo lumi no.;o di picrole dimensioni, !;ili da coprire solo lii porzione cent rale del campo !l'a!ttivo (i.rallo), uno stimolo che copre tutta l'area del campo !l'a!ttivo (al centro) e uno stimolo luminoso c~ copre solo la porzione periferica del camporecettivo(illbasso). Adt) per realizzare una figura singola o una figurazione storica o na rra ti va comp lessa. La composizione degli ideogrammi non ripr oduce fede lmente l'immagine di quella fi gura o di quella scena come sarebbe stata percepita, ma in qualche misura si riferisce ad essa e la rich iama secondo un codice convenzionale. Osserviamo che quando si proietta una figura piana da un cen tro 111

CapìtoloS

Fig uraS.7 Proiezione~ntr.ilecliunafigur.ipi.insto ar go111e11fo della g/obosità del Sole, come della pr ossimità delle mncc/1ie nlln solar superficie» (seconda lettera al Velseri). rl d isegno fa tto da Gali leo stesso appli cando le r egole prospettiche alle macchie solari (figu ra 5.18) spiega chiaramente la sua af fermazione che le macchie si tr ovano sull a su perfici e del Sole e indica come no n è altrettand o attendibile l'i potesi che le macchie si muovano su orbite ad una certa distanza dal Sole. In questo d isegno Galileo traccia delle r ette parallele per rappr esentare i raggi d el Sole, il che è corre tto poiché il Sole è molto lontano, e questo gli consente di applicare una pr oiezione ortogonale. Dunque Galileo può sostener e la sua visione d i un fe nomeno naturale interpretandolo co rrettamen128

Dipingere la d istanza

te med iante una d imostrazione scien ti fica che si vale d elle sue conoscenze delle regole della prospettiva. E però il contraddittorio con Apelle si conclude con ar gomento arguto che il Galileo umanista solleva per pr endersi gioco del la pretesa del suo interlocu tore che le macchie d el Sole siano stelle. È vero, dice Ga lileo, che col nome di stelle si indicano tante cose, « essendo i11 fin permesso a gli amanti ed a' poeti cl1ia111are stelle gli occl1i delle lor do1111e». E ci ta l'Ariosto:

«Quando si vide il successor d'Astolfo Sopra apparir quelle ridenti stelle» (gli occhi d i Alcina) per concluder e poi così: " con simile ragione potrm1si chiamar e stelle a11co le 111accl1ie solari" ! Ma poi continua portando mille ragioni per cu i le macchie solari in realtà stelle non sono (terza lettera al Velseri ). Dunque: un fenomeno già noto Ga lileo se lo studia e ne trae una spiegazione nuova e originale grazie in primo luogo al metodo d i osservazione fornitogli dal suo d iscepolo, come lui chiaramente riconosce, poi grazie alle sue lunghe e attente osservazioni e infi ne grazie alla sua competenza delle regole del d isegno pr ospettico, che lui utilizzava anche come pittore d ilettante. È dal confluire dell a sua curiosità, della capacità d i sperimentar e accura tamente e pazientemente, e del pensiero razionale che appli ca una logica, quella del disegno prospettico, già appresa e presente in memoria, a ciò che si è sperimentato, che nasce la nuova scoperta scien tifica . Trompe-l'reil

Gli indizi pi ttorici d i profond ità possono essere usati specifica tamente per creare effetti illusori d i profondità con particolare pregnanza. Spesso si tratta d i opere con significa to più decorativo che propriamente artistico. Nei cosid detti «tr om pe-l'ceil» dei pittori del Sei-Settecen to si tratta sem pre d i scene con piccolissima profond ità, ad esem pio d i oggetti appesi ad una tavola verticale, come lettere o altre cose di piccolo spessore che darebbero comu nq ue una trascurabile parall asse. Questi effetti ill usori erano noti anche ai pittori dell'antichi tà. Plinio narra un aned doto d i cui fu r o no protagonisti due pittori rivali. Zeusi aveva d ipin to dei grappoli d'uva così simili al vero che gli uccelli tentavano d i beccarne gli acini. Parrasio, d i rimando, in vitò il ri129

CapìtoloS

va le a vedere i suoi quadri. Qua ndo Zeusi tentò di sollevare la tenda che copriva uno dei quadri e si accorse che questa non era r eale, ma dipinta, diede la palma della vittoria a Parrasio. Anche il Vasari racconta come Giotto appr end ista ingannasse Cimabue dipingendo una mosca su l naso di una figura a cui il maestro stava lavorando. Effetti illusori d i notevole profondità possono essere ottenuti anche con oggetti o scene d i apprezzabile spessore purché i dipinti siano destinati ad essere visti da grande d istanza e da un ben determinato punto d i osservazione. Un esempio eclatante di questi tr ompe-l'ceil prospettici è quello dipinto da Pozzo sulla volta della chiesa di S. Ignazio, a Roma (figura 5.19). Sul soffitto semicilindrico della navata principale il pittore ha disegnato degli elementi an:hitettonici che simulano il proseguimento delle reali architetture delle pareti dell a ch iesa. Se si guarda il dipinto dalla posizione indicata sul pavimento da un disco di marmo si vedono archi e colonne estendersi verso l'alto, popolati da figure di angeli e d i santi che si librano nel cielo aperto ad una altezza apparente enormemente maggiore di quella d el soffitto su cu i sono dipi nti. Questa impressione di enorme profondità si modifica però gra ndemente e dà luogo a notevoli distorsioni se il punto di osservazione non è quello indicato sul pavimento.

Anamorfosi Anamorfosi è un termine che appar e nel Seicento ad indicar e delle immagini deformate tanto da essere ind ecifrabili, ma che viste da un certo punto dello spazio o riflesse da specchi curvilinei si ricompongono svelando la figura nelle sue normali proporzioni. Le immagini anamorfiche ebbero per molti secoli un significato magico o di intrattenimento. Assunsero però un valor e diverso e fur ono meg lio comprese con lo sviluppo de lla prospettiva nel Cinquecento. Leonardo fu il primo a rendersi conto delle d ifficoltà che sorgono nella prospetti va a grande angolo, quando cioè si debba rappr esen-

FiguraS.19 Andn'a rozzo, soffitto della chiesa di$. Ignazio a Roma (1691-1694). La superficie del soffitto è un semicilindro. Qui è fotografata da un punto del pavimento della chiesa segnato con un disco di marmo, che indica il punto di osservazione richiesto per ottenen' l'effetto prospettico desid era to .

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CapituloS



Figura5.20 Disegnoanamorfioo di Leonardo (Codice J\tla11tico, Milano, Bibliotl'Ca Ambrosiana) rappresentante un viso (a sinistra) e un occhio (a destra). Per ai;sumen.- un aspetto naturale idisegnidevonoessereguardatidiscorciodadestra.

tare una figura destinata ad esser e vista di scor eia su una porzione di superficie piana fortemente inclinata rispetto alla direzione d i osservazione. Ci rimangono un testo e due disegni a conferma di questa sua attenzio ne al pr oblema (figura 5.20). Leonar do descrive il meccanismo degli scorci progressivi che si hanno via via che la visione diventa più obliqua: per rendere apparentemente uguali degli intervalli di di stanza, occorr e disegnarli progressivamente più lunghi. Naturalmente queste irrunagini appaiono deformate quando non siano viste di scorcio, o quando l'osservatore sia libero di muoversi davanti alla parete del d ipinto. Infatti Leonardo nota: «E se dipingerai ciò su un muro davanti al quale potrai spostarti liberamente, ti sembr erebbe sproporzionato». I due disegni all un gati di w1 viso di un bambino e di un occhio conservati nel Codice Atlantico di Leonardo, con i segni appena per cettibili delle linee di pr oiezione gradualmente distanziate, se osservati obli quamente dalla destra, appaiono nelle normali proporzioni, come il lettore potrà constatare osservando così la figura 5.20. È questa la più antica rappr esentazione anamorfica che ci sia pervenuta. Nel XVI e XVII secolo cominciano ad apparir e dei trattati di tecnica delle anamorfosi. In particolare Jean François Niceron nel suo Thau111afurg11s Opticus (1646) dà mi' ampia trattazione delle immagini anamorfiche e dei metodi per ottenerle mediante una griglia pr ospettivamente distorta. È probabilmente questo il metodo seguito per ottenete la più famosa immagine anamorfi ca del Cinquecento, quella dipinta da 132

Oipingcrt.>ladistanza

FiguraS.21 Hans Holbein, Gli Amb11scial11ri ( 1533). Londra, National Gallcry. Per vedere il teschio anamorficooccorreguardare il quadrodiscorciodasinistrasottoforteangolo.

Hans Holbein nel 1533, negli Ambasciatori (figura 5.21). Ai piedi dei due notabili francesi si osserva una figura che è incompEnsibile se il quadro

è visto di fronte, ma che si rivela essere un teschio guardando il dipinto di scorcio dall a parte sinistra. Probabilmente questa immagine anamorfica è carica di un significato si mbolico come lo erano quelle dei secoli precedenti. L'immagine così mimetizzata del teschio potrebbe fare da contrappunto al piccolo crocifisso seminascosto dalla tenda lungo il margine sinistro del quadro. Le due immagini starebbero a richiamare l'una la morte: memento mori, e l'altra la salvezza nella vita futura. 133

CapìtoloS

Altri esempi molto no ti di dipinti anamorfici sono ritratti di sovrani: il ritratto di Carlo V (1533) conservato a New York e il ritratto di Edoardo VI (1546), alla National Portrait Gallery di Londra. Dal XVII al XIX secolo si sono moltiplicati gli esempi di immagini anamorfiche, particolarmente quelle destinate ad esser e osservate per riflessione su specchi cilindrici o conici.

La prospettiva e le leggi della visione Dopo aver parlato della rappr esen tazione prospettica e della sua possibile e ffi cacia nel simulare la d istanza, conviene ribadir e e chiari re le sue ambiguità e contraddizioni rispetto all a per cezione visiva di scene reali. lnnanzittuto ricordiamo che entro d istanze moderate come quelle di un ambiente interno la grandezza appar ente degli oggetti è indipendente d alla d ista nza. Quindi la prospettiva centrale non è applicabile in questo ambito d i distanze, perché d arebbe risultati paradossal i. È probabimente per questa ragione che già i pittori del Rinascimento hanno corretto o attenuato l'a pplicazione d elle r egole prospettiche nel dipingere personaggi o oggetti in primo piano. Ancora: è vero che per la visione da lontano va le la legge della costanza dell'angolo, che corrisponde alle leggi della rappresentazione prospettica. Tuttavia è pur e vero che talvolta anche per queste distanze la grandezza apparente può risultare va riabile a parità diangolo visivo, in relazione ad altri indizi percettivi presenti, come avviene per \'ingra ndimento apparente degli astri all'ori zzonte. Un altro caso in cui le leggi d ella prospettiva non sono in accordo con la percezione è quello della prospettiva invertila. Si parla di prospetti va invertita quando per rappresentare la profondità si usa la divergenza, anziché la convergenza d elle linee parallele, come in alcune pitture medioevali e in particolare nei mosaici bizantini . Un famoso esempio è quello della storia dell aOspitalità di Abramo in Sa n Vitale a Ravenna dove il tavolo al centro è rappresentato con il lato più vicino più corto del lato più lontano (figura 5.22). Ci si è domandati se la prospettiva invertita avesse un'origine perettiva o se fosse puramente un'invenzione pittorica. I risultati di esperimenti condotti per verificare questo punto, hanno mostrato che nella visione dall'a lto di certi solidi con facce rettangolari, simili a quello rappresentato nella figura, vi è una distorsione percettiva nel senso della prospettiva in134

Oipingcrt.>ladistanza

FiguraS.22 L'Ospila/itlt di Abramo. Ravenna, Mosaico in San Vitale. Si noti la prospettiva invertita nella rapprcsentazionedeltal'olo.

vertita. Se il lato più vicino e quello più lontano sono di uguale lunghezza, il lato più lontano sembra un pochino più lungo. Gli autori di questi esperimenti concludono che la prospettiva a linee divergenti è percettivamente legittima come lo è quella a linee conveigenti. i:: probabile che questo fatto percettivo abbia originato in certe epoche una convenzione di rappresentazione pittorica che veniva poi applicata passivamente anche in casi in cui non era del tutto appopriata. Un'altra considerazione che ha fatto ritenere la prospettiva lineare in disaccordo con la percezione visiva è il fatto che le immag ini visive vengono proiettate su una superficie curva, quella della r etina, e non una superficie piana. i:: bene però chiarir e che la curvatura delle immagini retiniche non ha una conseguenza diretta su lle relazioni tra 135

CapìtoloS

immagini prospettiche e visione. Ricordiamo infatti che la proiezione prospettica è la sezione della piramide visiva con una data superficie. Quando si guarda la proiezione prospettica dal vertice d ella piramide visiva, l' immagine prodotta sulla retina d a questa pr oiezione, coincide punto per pu nto con l'immagine retinica dell'oggetto. Se quindi \'immagi ne r etinica è la stessa per l'oggetto r eale e per la sua proiezione prospettica, la curvatura della r etina non giustifi ca una differenza tra le due, cioè tra il veder e l'oggetto e il vedere la sua immagine prospettica. Alcuni storici d ell 'arte hanno suggerito dei sistemi di pr ospetti va curvilinea ritenendo così di corr eggere gl i ef fetti della pr oiezione sulla superficie curva della r etina. Questo suggerimento no n appare giusti fi cato. Nella visione naturale gli indizi pittorici monocu la ri e quelli binoculari insieme alla parallasse da movimento, collaborano alla per cezione della profondità. Nella visione di un dipinto, invece, gl i effetti di profondità indotti dalla pr ospettiva e dagli altri indiz i pittorici (sovrapposizione, luci e ombre ecc.) sono in parte contraddetti dagli indizi binoculari e dalla parallasse da movimento che indi cano che il quadro è una superfi cie e che qu ind i la terza d imensione è illusoria. È solo in quei casi eccezionali, in cui è stata pr esa ogni precauzione per rendere impossibile la consapevolezza della su perficie dipinta, che il dipinto assume una vera e propria apparenza tridimensionale. Ciò accade quando si guard a un dipinto con un occhio solo attraverso uno schermo che ne limiti la porzione di superficie visibile, escludendo la cornice. O anche quando si guar da un dipin to da una d istanza così grande da rendere inefficaci gli indizi di profondità binoculari, come avviene per g li af freschi del Pozzo in S. Ignazio. E infine, quando si guarda un quadro non direttamente, ma per riflessione su uno specchio piano in maniera da ridurr e i ri fe rimenti non prospettici. Nel Museo del Prado a Madrid era un tempo pr edisposto questo tipo di osservazione per il famoso quadr o di Vel . Dunque al contrasto cromatico si aggiunge in a lcuni casi un contrasto d i luminosità: si ricordi che il nostro occhio è assai più sensibil e alle radiazioni centrali dello spettr o visibile (r egione del verde e del giallo) e assai meno a quelle della r egione viola (figura 6.3). Inoltre, poiché i colo ri complementari generalmente appartengono l' uno alle cosiddette tinte calde, l'altr o alle tinte fr edde, il contrasto tra colori complementari può carica rsi, in misura maggior e o minore, anche d i questo contrasto cald o-freddo. 174

Il colore nel quadro

Figurhiladelphia, Art Museum.

gure crea un effetto armonico di notevole bellezza e il distacco tra la figura centrale e le due laterali simmetriche viene accentuato dalla sapiente scelta dei colori, che costituiscono due coppie latgamen te separate nel disco cromatico. L'effetto ch iaroscurale che accompagna il contrasto cromatico tra i complementari giallo e viola viene spesso impiegato in pittura. Ad esempio, nel famoso quadro di Cézanne Monf Ste Vìctoire, questo contrasto viene utilizzato sapientemente per dare un senso di profondità al paesaggio, accentuando il distacco tra figura e sfondo (figura 7.6). Un altro effetto di contrasto di notevole efficacia pittorica nasce dall'accostamento di colori freddi e caldi che può suggerire anche un contrasto tra ombreggiato e soleggiato, riposante ed eccitante, lontano e vi· cino. Nella p ittura medievale e nelle vetrate delle cattedrali gotiche, il contrasto caldo-freddo tra rosso e blu simboleggia la dualità tra ciò che è materiale e ciò che è al di là della materia {figura 7.7) . Spesso la Madonna porta una veste rossa sotto il manto azzurro, a simboleggiare l' «umano coperto dal divino». 176

Il colore nel quadro

Figura7.7 VetratadellaCattedralediChartres,dettaLnBellrVerri~ri'(Xusccolo).

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Capitolo?

Figura7.8 Piero della Francesca, Natività. Londra, National Gallery.

Questo simbolismo si ritr ova anche nel Rinascimento; in taluni casi il contrasto tra azzurro e rosso può contrapporre personaggi divini e angelici a personaggi terreni, come nella Natività di Piero della Francesca (figura 7.8). È interessante notare che il simbolismo dei colori non è ristr etto alla cultura occidentale ma si estende ad altr e culture assai lontane dalla nostra. ln India, ad esempio, il color e blu è quello attribuito agli elementi primitivi della materia e del cuore di Buddha ed indica anche suprema saggezza; in altri contesti però può assumer e un valore più spirituale e riguar dare la vita ultraterr ena o come salvaguardia contro i demoni o nei riti magici addirittura come colore che può scacciare i fantasmi. 178

Il colore nel quadro

Figura7.9 Claude Monet, lwprt"SSimr, so/l'i/ /ei:>tml. Parigi, Musée Mannottan.

Il contrasto freddo-caldo assume un particolare rilievo nei quadri degli impressionisti, dove la fredda tonalità azzurra dell'atmosfera di viene ombra colorata ed entra in contrasto con la ca lda tonalità delle zone illuminate dal sole. Così, ad esempio, in lmpression, solei/ /evant, di Claude Monet, dove le calde tonalità del sole e dei suoi riflessi sull'acqua si contrappongono alle fredde ombre, dissolvendole in un magico effetto chiaroscurale (figura 7.9). Altro tipo di contrasto è quello che si crea tra aree fortemente cromatiche, di colore saturo, e aree neutre. Questo contrasto di saturazione è presente in molte opere di pittura di tutte le epoche, dai manieristi fino agli astrattisti. Per illu strarlo abbiamo scelto un famoso quadro del pittore seicentesco Georges de 179

Capitolo?

Figura7.10

Georgesdel.aTour,/lr1roiw/o.Ren11es,MuséedesBeaux·Arts.

La Tour (figura 7.10), dove il contrasto chiaro-scurale si accompagna a un forte contrasto di saturazio ne tra il r osso abito della madre e le tinte neu tre del resto del quadro. Citiamo per ultimo il co11trasto di q11a11fità, che si verifica quando su aree estese di colore relativamente uniforme è presente una piccola area di color e notevolmente diverso. Questa piccola macchia di colore viene evidenziata per contrasto. Così accade per la r ossa camicia del contadino protagonista del Paesaggio con la caduta di lcar o di Bruegel (figura 7.11). Come abbiamo detto, nella grande maggioranza dei casi il contrasto cromatico si accompagna a un contrasto di chiaro-scuro, o perché i colori stessi hanno tendenzialmente questa proprietà, come il giallo e il viola, o per ché una d ifferenza di luminosità viene intr adotta appositamente dal pittore. Solo eccezionalmente si trovano accostate in

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Il colore nel quadro

Figura7.lt Pieter Bruege l il Vecchio, Paesaggio co11I.ica.fola1/i Icaro. Bruxell es, Mu~s royaux des BeauxArts.

un dipinto due aree crom aticamente diverse ma ugualmente luminose. Se questo avviene, i mar gini della figura tendono ad apparir e meno definiti, si attenua il rapporto tra figura e sfondo, si appiattiscono le distanze. Un contras to pu ramente cr omatico, senza dif ferenza d i luminosità, è r elativarnente meno effica ce nella rappr esentazione della forma. Questo fatto ha la sua spiegazione nell'or ganizzazione delle vie visive, come abbiamo già detto p r ecedentemente (Capitolo 6). La capaci tà di distinguere piccoli dettagli che differiscono tra loro solo per colore e non per luminosità è scarsa, cir ca 3 o 4 volte inferiore a quella che consente dì distinguer e piccoli dettagli in bianco e nero. Ques ta è la ragione per cui la nitidezza dei contorni è assai ridotta ai bordi puramente cromatici. 181

Capìtolo7

Per comprendere meg lio il diverso r uolo che possono aver e in una pittura il contrasto puramente cromatico e il contrasto di chiaroscuro, osserviamo la fi gura ottenuta estraendo queste due componenti del contrasto da un particolar e del Ritratto dei coniugi Amo1fi11i di Jan van Eyck (figura d i apertura del capitolo). Un particolar e del quadro, la giovane sposa, è stato fo tografato in modo da conservar e solo il contrasto di color e presente tra le varie ar ee del dipinto, ed e li minand one le differenze di luminosità (foto in basso a sinistra). Il contrasto d i chiaro-scu ro, senza differenze di colore, è invece rappresen tato nella fotografia in basso a destra . Si noti come la fi gu ra con contrasti puramente cr ornatici risulti assai meno defi nita nella forma, e quasi irreale, rispetto a quella in chiaro-scuro.

G li effetti di profondità creati dal colore I colori caldi visti sullo sfondo di colori fr edd i tendo no a generar e un'impressione di pr ofondità: i g ia lli e i r ossi avanzano verso lo spettatore, mentre i ver di e i blu r etrocedono. Scrive Kandinskij: 7.12

Effetti di profondità per diversi colori. Sul nero il giallo si stacca dallo sfond o più del rosso edelblu.Sufondobiancol'effettosiinverte

seconde vengono maggiormente rifratte rispetto alle prime. Si cr ea un effetto prismatico per cui nei d ue occhi si formano imm agini rispettivamente rosse e blu con d isparità diverse (Capitolo 5). È quindi un vero e proprio ef fetto stereoscopico binoculare quello per cui oggetti rossi possono apparire più vici ni di una superficie blu. Questo effetto binocular e non esaurisce tuttav ia l'ef fetta di profondità, poiché questo permane in parte anche se si guar da l'immagine con un occhio solo (figura 7.13). Figura 7.13 Cellulerossevistealmicroscopiosullo sfondod\unmezzoblu.Lemacchierosse sembrano emerge,.... sullo sfondo. Questo effetto stereoscopico è dovuto a ll'aberrazione cromatica dell'occhi o.

183

Capìtolo7

Le ombre colorate Ci serviamo delle parole di Goethe per introdurre un importante fenomeno di visione dei colori: quello delle ombr e colora te. Scrive Goethe: «ln un viaggio d'inverno nello Harz f... ] i fianchi delle montagne era no coperti di neve[ ... ) il sole scendeva all'orizzonte. Durante il giorno avevo già potuto notare che, contrastand o con il tono gia ll astro dell a neve, le ombre apparivano leggermente violette f... ] Ma quando il sole sul punto di sparire all'orizzonte ricoprl di porpora il mondo intorno, l'ombra cambiò di color e e apparve un ver de paragonabile a quello del mare[ ... )». Da questa viva descrizione emer ge un fenomeno ben noto per il quale, quando la sorgente che illumina ha una tinta fortemente dominante, le ombr e appaiono colorate del color e complementar e a quello della sorgente. Il color e dell'ombra risulta da un ef fetta di contrasto: le parti in luce spingono le parti in ombra, meno intense, verso il color e complementare. Questo fenomeno per cettivo è noto ai pittori ed è fr equentemente rappr esentato nei quadri : il color e dell'ombra contribuisce a creare contrasto. Un esempio suggestivo sono i Covoni co11 la brina di Monet, dove l'ombra del covone è vistosamente dipinta con il colore complemen tare a quello che domina nelle parti ill uminate del quadro. La luce dominante, dora ta, crea un'ombra dipin ta con il colore complementare cioè l'azzurro (figura 7.14). Altro caso in cui si producono ombre colorate è quello di una scena illum inata da due sorgenti croma ticamente diverse, ad esempio il sole e una lampad a oppure una can dela. Se un oggetto cr ea un'ombra rispetto alla rad iazione del Sole, la parte in ombra, illuminata soltanto dalla sorgente artificiale, risulta d i colore più sa turo rispetto alle parti illum inate da tutte due le sor genti. Se la sorgente artificiale è una candela, l'ombra è r ossastra. Al contrario, una zona d'ombra per la luce dell a candela, e illuminata solo dal Sole, appar e azzurrina. Hegel l'aveva notato e descritto accuratamente: «L'om bra proiettata dalla luce della candela e illuminata dalla luce natural e del mattino diviene blu; l'ombra getta ta dalla luce del giorno e rischi arata dalla luce della candela di viene rossa». All 'aperto possono apparir e leggermente azzurre le zone di o mbra proiettata da oggetti che copr a no i raggi d ir etti del Sole e che sono quindi illuminate soltanto dalla luce diffusa del cielo.

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Il colore nel quadro

Figura7.14 Cl!lobambinocl'infanz.iadcll' artc

pochi anni fa, i nati con catara tta bi laterale veni vano operati in età scolare o addirittura verso i dieci ann i. li bambino, appena eseguita l'operazione, riacquistava la traspar enza dei mezzi dell'occhio, ma ri maneva incapace d i ved ere. Possiamo domandarci cosa succeda della visione di questi bambini ciechi dalla nascita e operati di cataratta dopo alcu ni ann i. Poco dopo l'operazione i pazienti comi nciano a distinguere zone più chiare e più scur e nel cam po visivo, ma sono inca paci di identificar e g li oggetti , Dopo alcun i giorni sono in grad o di d istinguer e dei colori. Da questo punto in poi il miglioramento è molto lento e in alcuni soggetti assai scoraggiante, Altri riescono a raggiunger e la capaci tà di riconoscer e d elle semplici forme geometriche, singole letter e o numeri, e riconoscer e disegni come ad esempio q uelli che rappr esentano una fa ccia . Spesso manca per lungo tempo la ca paci tà di riconoscere l'oggetto nella sua globalità; per identifica rlo, i soggetti ricorrono all'esame d ei suoi singoli elemen ti, di fr equente con risultati e rronei. Riesen riporta il caso di una bambina d i dod ici anni a cu i alcu ni mesi dopo \'operazione fu mostrato il disegno di un an imale che essa chiamò «Ca mmello», aggiungendo «per ché ha una gobba». La gobba era in rea ltà la pinna dorsale di un pesce. Gli effetti negativi della depri vazione sensoriale sono tanto più grav i quanto più prol ungato è il periodo d i d epri vazione. Se questo è limitato a una breve d u rata, gli effetti della deprivazione sono recuperabi li compl etamente o almeno in parte. Questa è la rag ione per cui attualmente i bambini con cataratta congenita vengono operati nei prim i mesi di vita. Un caso inter essante è quello di un paziente cieco dall a nasci ta per opaci tà corneale e operato di trapianto di cornea a cinquantad ue anni. Immediatamente dopo l'operazione il paziente era capace di vedere le cose che aveva conosci uto a ttraverso il tatto quando era cieco. Per gli oggetti per cui non aveva questa esperienza tattile acqu istò la capaci tà di veder e solo molto lentamente e mai completamente. È interessante in questo caso lo studio del trasferimento di una percezione tattile all a visione. Gli esperimenti sugli animali, in particolar e quelli sug li scimpanzé allevati al buio, hanno dimostrato un deteriora mento delle capa· cità visive simile a quello dell' uomo. Inoltr e questi esperimenti hanno permesso di precisare che l'allevamento al buio, e quindi l'assenza di esperienza visiva, impedisce lo sviluppo del sistema nervoso

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Capìtolo8

visivo non tanto a livello della r etina quanto a livello cer ebrale, in pa rticolare della corteccia. Un altro caso di anormale esperienza visiva in età pr ecoce è quello che si presen ta quando i due occhi sono notevolmente diversi tra loro dal punto di vista ottico, per esempio quando uno è normale e l'a ltro è miope, oppur e quando gli assi visivi dei due occhi non convergono normalmente su ll'oggetto fissato, come nei casi di strabismo. Spesso in questi casi uno dei due occhi viene penalizzato e le sue capaci tà visive non si sviluppano normalmente. 11de fi cit più notevole è una diminuzione drastica della vista che non mi gliora neppure con gli occhiali: l'occhio, indebol ito nella sua capacità visiva, si dice ambliope. Poiché sia lo strabismo sia la diversità di difetti visivi nei due occhi sono relativamente frequenti nei bambini, il lor o studio è stato importa nte per definir e entro quali limiti di età devono esser erimosse le cause dell'ambliopia per renderne possibile il recupero. Si ritiene che il recupero sia possibile almeno parzialmente se si interviene opportunamen te nei primi anni di vita e che esso sia tanto più soddisfacente quanto più precoce è l'intervento corretti vo. Per questa rag ione i casi di strabismo vengono, se necessario, operati nel primo anno di vita. Il d isegno nel bambino Lo svi luppo del disegno nel bambino presenta una lunga fase evolutiva, ampiamente trattata da Maureen Cox nel suo volume Children's Drawings of lhe Humrm Figure, a partire da uno-due anni dr ca d i età il bambino comi ncia a tracciare i primi scarabocchi. All 'i nizio questi sono forse più il risultato di una espr essione motoria che figurativa. È il gesto che rappr esen ta, più che il suo risultato. Questa fase del disegno del bambino si può chiamar e rapprese11tazio11e gestuale. Successivamente, tra i d iciotto e i tr en ta mesi, il bambino comincia a interpreta re i segni fortuiti dei propri scarabocchi : è la fase del realismo fortuito. A questa età i bambini cominciano a contr ollare meglio i loro movimenti, così da produrre occasionalmente delle fo m1e chiuse approssimati vamente circolari. Queste vengono più faci lmente interpretate come oggetti, anim ali ecc. Per Arnheim le forme dr colari sono una delle forme primitive primarie del bambino.

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llccrvt.>!lobambinocl'infanz.iadcll' artc

Fìgura8.3 Disegn i di bambini rappl'l'Sl'nlanti la figura umana ~ a

girino~ .

Segue, verso il terzo anno di vita, una fase in cui il bambino si propone espressamente una rappr esentazione figu rativa, e ini zialmente la realizza median te forme stereotipe. A questa età il bambino si accorge della potenzialità del disegno nel rappresentare, anche se i suoi ster eotipi sono ancora molto primi tivi. Ad esempio la figura umana è la nota «figura del girino», schematizzata in un cer dliO per la testa e in due o più tratti per gli arti, generalmente per le gambe (figura 8.3). Alcuni sostengono che questo avviene per ché la testa e le gambe sono per il bambino le parti più importanti della figura umana. C'è poi una fase di transizione in cui vengono cr eati nuovi tipi con l'aggiunta intenzionale di dettagli. Nel caso della fi gura umana, questi possono essere il torso, che di solito è un altro ovale, poi le braccia, i piedi o le ma ni. n bambino annuncia in anticipo che cosa vuole rappresentare, i dettagli che aggiunge però sono spesso fuori posto o orienta ti in modo non corr etto. L'i potesi più genera le è che il d isegno del bambino sia la rappr esentazione di un modello interno d i ciò che vuole raffigurare, e non un tentativo di ripr odurre gli oggetti o le figure reali come li vede. Verso i cinque anni si passa a uno stadio cosi ddetto di realismo i11tellettua/e in cui il bambino sceglie le parti importanti di un oggetto o di un anima le per definire ciò che vuole rappresentare, per esempio i baffi per un gatto. Successivamente ogni parte diviene d1iara ed esemplare, cioè capace d i rappr esen tare la categoria dell'oggetto, e 207

Capitulo8

Fìgura8.4 Disegno di una bambina di cinque anni e mezzo, rappresentante dei personaggi che camminano sui fianchi della montagna. Si noti la m,mcanza di una rappresentazione spa zialeconve nzionale:ibambini eglialberisonoperpendicolarialfiancodcllamontagna

tuttavia non c'è ancora alcun tentativo di rappresentazione spaziale corrispondente a ciò che si vede (figura 8.4). Infine si passa al realismo visivo, quando ad esempio si rappresentano le figure umane di profilo con w1 solo ocd1io ecc. Nella figura 8.5 è riportato un disegno della stessa bambina di figura 8.4 eseguito all'età di sette anni. Si noti il corretto rapporto delle dimensioni spaziali e la rappresentazione dinamica delle figure dei due cani. Questi schemi di svilu ppo del disegno vanno intesi solo in maniera indicativa. Ovviamente vi possono essere stadi intermedi, oppure a una certà età possono manifestarsi contemporaneamente più fasi di sviluppo. Inoltre, come è da attendersi, vi sono notevoli variazioni individuali sia nella precocità dello sviluppo sia nella acquisizione di una capacità rappresentativa. I disegni di Nadia, che riporteiemo in un altro capitolo, sono esempi di uno sviluppo del disegno eccezionalmente puoce. Ciò che abbiamo detto fin qui riguar da il disegno spontaneo. Ma anche la capaci tà di copiar e forme geometriche piane o solide si svi-

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Il cervello bambino e l'infanzia dell'arte

Fì gura8.S Disegno di una bambina di sette anni (la stessa del disegno di figura 8.4) che rappresenta leistessamentregiocaconisuoicani.

luppa con l'età. Secondo Piaget, quando i bambin i cominciano a tentare di disegnare forme geometriche, tendono a suddividerle semplicemente in fanne chiuse (cerchio, quadrato ecc.) e in forme aperte (ct0ce, ferro di cavallo). Essi rappresentano tutte le fanne chiuse con una linea grossolanamente circolare. Più tardi cominciano a distinguere tra fanne chiuse curve e forme chiuse con angoli, e rappresentano le prime con un cerchio e le seconde con un quad rato, senza altE distinzioni. Infine arrivano a suddividere ulteriormente queste categorie disegnando correttamente, per esempio, dei quadrati, dei triangoli, delle fanne ovali. Copiare oggetti tridimensionali è ovviamente più difficile, anche se il modello è una fotografia o il disegno di un corpo solido. 1 tentativi di rappresentare la figura solida in prospettiva sono scarsi nell'età pr escolare e più frequenti, oltre che più corretti, verso gli otto anni. Gli stadi d i sviluppo del disegno che abbiamo descritto si riferiscono alla civiltà occidentale, e non sono direttamente esten dib ili ad altre cu lture. Ad esempio lo «stad io del girino», o comunque la rap209

Capìtolo8

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Figur.i8.6 (a) ~ Figure a testa di spillo» disegnate da bambini della tribù Bemba in Rodesia. (b) Uomo di profilo di segnato da un bambino Maori (N uova Zelanda) di cinque anni.

(c),(d)«Figure.-.cilteoa.. disegnatedaunabimbadiseiilnnidelCongoBeli;aedaun bambinoindianodel!as\($S.leià.

presentazione della fi gura umana con la testa appr ossimativamente circolare, non si ritrova nei disegni di bambini di alcune regioni de\1' Africa, che invece rappr esentano la testa con una macchiolina piena; sono le cosiddette «fi gure a testa di spillo» (fi gura 8.6a). In altre culture, anziché disegnare i d ettagli della testa e del corpo all ' interno di un contorno chiuso, le figur e umane vengono rappr esentate come «catene» in cui ogni parte del corpo da ll a testa ai p iedi segue ad un'altra lungo una linea verticale (fi gura 8.6c, d ). Sotto altri aspetti certe cultur e sembrano mostrar e stadi più pr ecocidi sviluppo. Per esempio, l'abilità nel disegno dei bambini cinesi sembra essere notevolmente più sviluppata rispetto ai bambini oc210

llccrvt.>!lobambinocl'infanz.iadcll'artc

cidentali. Questo può esser e dovuto alla considerazione in cui vengono tenute le arti g rafiche nella cu ltu ra cinese e nel precoce apprendimento a cominciare d alla scuola ma terna . ln altre culture si è notato che la tendenza a disegnar e di profilo le figure umane si afferma già tra i cinque e i sette anni, cioè a una età più pr ecoce che per la maggioranza dei bambini occidentali (figu ra 8.6b). Tutto ciò ind ica che c'è un' influenza dell'ambiente cu ltu rale del ba mbino sulla precocità del suo svilu ppo nel disegno, e anche negli stereotipi scelti per rappresentare la figura umana. Peraltro, insieme ai fattori ambien tali sembra che possano giocare un certo ruolo anche i fattori innati. Lo sviluppo d i cui abbiamo parlato si rife risce infatti a bambini a cui siano offerte occasioni di disegnar e fin d a piccoli. Se questa esperienza non avviene può accader e che gli adu lti nei lor o primi tentati vi di disegno producano fi gure corrispondenti agli stadi in iziali del disegno nel bambino, Uno studio su un gr uppo di ad ul ti cresciuti in ambienti rurali della Turchia, con nessuna esperienza di disegno e scarsa esposizione a figu re e immagini grafiche, ha dimostrato che molti di questi ad ul ti d isegnavano figur e con un grado di ingenuità molto maggiore che non adulti del la stessa età ciesciuti nell 'ambiente urbano, Nella rappr esentazione della fi gura umana, molti di questi adul ti producevano le fi gure schematiche tipiche dei bambini nelle prime fas i di sviluppo d el disegno (fi gura 8.7). Anche ne lla riproduzione di fig ure geometri che, adulti illetterati usano soluzioni tipiche d ell ' infanzia.

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  • !lobambinocl'infanz.iadcll' artc

    del nostro cervello, se non altr o diventando un oggetto della nostra memoria. In questo senso gli uomini primitivi vedevano molto diversamente da noi, semplicemen te per ché avevano un'altra cultu ra, altre motivazioni e pulsioni e quindi un cervello in parte diverso. La differenza non sta nel tipo delle sensazioni incamerate, ad esempio percepite con la vista, ma nel modo in cui queste informazioni vengono valutate e nel modo in cui acquistano valor e provocand o una reazione al lo stimolo. L'immagine d i una divinità primiti va non suscita in noi nessuna emozione o riverenza come invece suscitava nei popoli che adoravano questa d ivi nità. Le divinità del Buddi smo o dell' Islamismo non suscitano devozione e riverenza per i cristiani e così la figura del Cristo non è messaggio religioso per i non cristiani. L1 concl usione che si può trarr e come studiosi del cervel lo è che in realtà questi popoli, a un li vello di alta elaborazione nervosa, dif ferissero da noi. Il problema se la percezione visiva di popoli di epoca lontana dalla nostra fosse diversa da ll'a ttuale può essere affron tato anche sperimentalmente, studiando come vengono per cepiti oggetti o fi gur e di cui non si ha alcuna esperienza. ln particolar e nel contesto del nostro tema di lavor o ci si può domanda r e come vengono per cepite immagini disegnate o fotografie da parte d i gr uppi etnici che non siano mai stati a con tatto con immagini stampate. Gli antr opologi si sono assai interessa ti a questo problema con risulta ti spesso contraddittori per la dif fico\tà delle domande, degli usi e costumi delle popolazioni anali zza te, per la dif ficoltà delle comunicazioni verba li e per mille altre possibili variabili che possono rendere queste indagini particolarmente difficili. Si possono enuclear e due questioni. La prima è se una persona che non ha mai visto figure d isegnate o fotografa te sia capace di riconoscere ciò che una immagine rappr esenta qu ando per la prima volta le viene pr esentato un di segno o una fotog ra fi a. L 'altra questione si riferisce agli indizi pittorici della terza dimensione, cioè alla capaci tà di percepire in un disegno o in una fotografia le diverse distanze relative degli oggetti rappresentati. Sono numerose le storie di viaggia tori e di studiosi che raccon tano che i popoli primitivi da lor o incontrati non sono capaci di riconoscere il contenuto delle fotografie, anche quando queste sono riproduzioni di oggetti e persone a loro fam iJiari. L'esperienza descritta più comunemente è che quando si dà una foto alle persone che 223

    Capìtolo8

    mai hanno visto immagini fotografic he e si chiede lor o di dire cosa la fo to rappresenta, queste girano fra le mani la foto, senza neppur e riconoscere un possibile verso di osservazione. Se poi l'esperimentatore comincia a spiegare alcu ne parti della foto, indicando ad esempio che quello è un bove, che quelle sono le gambe e quella la coda o le corna, allora all'impr ovviso il soggetto scopre il significato della fo togra fia che d'ora in poi riconoscerà facilmente. Si raccontano anche storie curiose e divertenti. Fraser (citato in Deregowski, ll/11sio11 m1d C11/t11r e) racconta di una donna africana che, cercando di scoprire il significato di una fotografia, individuò il naso, la bocca e un occhi o. Rimase con il pr oblema dove fosse mai l'altro occhio. Fraser si mise di profilo spiegando che in quella posizione lei poteva vedergli un solo occhio. Ma la donna gli girò intorno indicando che egli aveva anche un altr o occhio dall'altra parte e che questo era assente nella persona dell a foto. Storie simili sono riportate fr equentemente, anche se altr e sembra no indicare che in a lcune situazioni l'imm agine è subito iden tificata. Presso una tribù africana è stato fatto il seguente esperimento: viene proiettata su uno schermo la diapositiva di un elefan te. Eccitazione tra la gente che si alza e fu gge. Il capo tribù si avvicina allo schermo, gua rda cosa c'è dietro e quando scopre che lo spessore dell'elefa nte è solo quello dello schermo (un lenzuolo) scoppia in un a fragorosa risata. Il secondo problema, se cioè i popoli pri mitivi percepiscano gli indizi pittorici della terza dimensione, ha va\or e per lo storico dell'arte, per l'an tropologo, ma anche per il neurofisiologo, in qua nto tende a chiarir e se questi indizi della d istanza siano innati nel nostr o cervello o siano semplicemen te un linguaggio acquisito con l'esperienza e facciano parte della cultura. Le fotografie, essendo rappr esenta zioni in due dimensioni di oggetti tridimensionali, possono presen tare ambiguità di interpretazione per chiunque, se gli oggetti fo tografati non sono familiari, e si prestano quindi a interessanti esperim enti. Quando ad alcune persone dell'Africa dell'Est fu mostrato il disegno dell a figura 8.14 e fu loro chiesto che cosa vedevano, risposer o che vedevano un gr uppo di uomini, donne e bambini, e una giovane donna che portava sulla testa una latta di benzina. Questa interpretazione è rarissima in soggetti della nostra cu ltura, che nomrnlmente vedono l'interno di una 224

    llccrvt.>!lobambinocl'infanz.iadcll'artc

    l'igura8.14 Scena familiare africana utilizzata per analizzar e la capaci tà di interpr immagini da pilrte di soggetti dell'Africa dcl! 'Eiit.

    etazione delle

    stanza e una finestra, sotto la quale c'è la testa della giovane donna. Si p uò tentare d i di ventar e «più afri cani» copr endo con un pezzo di carta l'angolo a Y dell a stanza, che dà il senso della profondità. In questa situ azio ne la per cezione della d onna con la latta su ll a tes ta diviene p iù facile. Il la voro più sis tem atico su lla per cezione della profondità nelle varie cu lture è s tato fatto da Hudson. Egli ha d isegna to tes t speciali d a mostrare ai soggetti, in cui vi è una combinazione di vari indizi 225

    Capìtolo8

    pittorici della profondità. Questi indizi sono: sovrapposizione di un oggetto su di un a ltr o, pr ospetti va, convergenza di linee parallele che suggeriscono la di stanza e, infine, dimensioni di oggetti noti. L'analisi di questi test di Hudson su molti indi vidui di di verse tribù africane ha portato alla conclusione assai chiara che questi soggetti hanno molte difficoltà a percepire i segni di profondità. Un'a ltra analisi fatta sistematicamente e con chiari ri sultati è quella che riguar da la percezione delle illusioni, in particolare l'illusione di Ponzo (fi gura 5.3) e quella di Mliller -Lyer. Gli esperi menti consistevano nel mostrare le fi gure relative a queste illusioni ottiche a un gruppo di studenti americani e a soggetti non alfabetizzati della Guyana. Veni va valutata l'entità dell'illusione. Agli abitanti dell a Guyana le fi gur e evocavano un'illusione assai meno mar cata di quanto avven iva per gli studenti americani o per altri individui della cultura occi dentale. Ritornando alla domanda iniziale, se cioè i popoli pr eistorici avessero una percezione visiva diversa dalla nostra, possiamo concludere che gli esperimen ti su popolazioni primitive a noi contemporanee dimostrano \'importanza dell'esperienza visiva legata all'ambiente culturale, almeno per quanto ri guar da la percezione visiva generata da immagini bidimensionali. Scrive Borges nel\' Alep/1 (L'immortale): «Pensai che Argo ed io facevamo parte di uni versi dif ferenti: pensai che le nostr e percezio ni e rano uguali, ma che Argo le combinava diversamente e costr ui va con esse altri oggetti». Di soli to diamo per scontato che color o che ci stanno vicino e vivono nel nostro tempo abbiano le stesse nostr e percezioni. Avendo però dimostra to che ciò può non esser e vero per popoli di cultur e lontane dalle nostre, nasce il pr oblema se ognuno di noi, og11i Argo di questo mondo, costruisca, con percezioni uguali, oggetti e concetti diversi. Questo forse è possibil e, almeno in parte, per ché ognu no di noi ha una storia diversa. L'artista è un Argo che costrui sce con le stesse nostr e percezioni gli oggetti più inaspettati e originali. Egli guarda le stesse scene visive, le stesse persone che noi guar diamo, ma con queste per cezioni costruisce realtà di verse dalle nostre, rea ltà che danno un'emozione diversa. Gli esperimenti degli antr opologi che abbiamo descritto apr ano un'interessante prospettiva su l problema di come si impari a vedere 226

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    e, per analogia, dì come si impari a pensar e. Gli organi di senso si svilu p pano in gran parte indipendentemente da ll ' info nnazione che ricevono, e quindi dall'ambiente in cui vive l'individ uo; il cervello in vece, che anal izza e interpr eta questa informazione, dipende largamente da essa per il suo sviluppo. I mattoni sono sem pr e gli stessi, ma le case costruite sono di una variabili tà infinita.

    227

    9. I due emj sferi ce rebrali e le arti visive Da quittci ittmw zi il mirJ ~der fu maggio dtr'lpurlar 111os/ra,ch'a la/ 1,is/a4:..dl',

    Dante, Pari!disoxxxrn,555.

    Il cervello umano, come in generale quello degli altri mammiferi, è fo rmato da d ue parti, due emisferi d1e a prima vista appaiono simmetrici, ma che in realtà no n lo sono del tutto d al pu nto di vista anatomico. I due e misferi pr esentano in fa tti delle di ffe renze di enti tà sufficienti ad essere visibili a occhio nudo, e che tuttavia erano passate inosserva te fin o a un'epoca mo lto r ecente; in particolare, neJla maggioranza d ei casi osserva ti, un a regio ne del lobo temporale, chiamata «planum temporale», è più grande nell'emisfero sinistro che nel destro. Le differenze tra i du e emisferi sono pr esenti anche nei fe ti, q uindi non sono ver osimilmente attribuibili all'espe rienza vissuta d al soggetto dopo la nascita. Se le di vergenze anato miche tra i due emisferi possono esseie relativa mente piccole, quelle fun zionali sono molto mar cate. Una asimmetria funzionale ben nota è quell a che si manifesta nell'u so pr eferenziale della mano destra (oppure di quella sinistra). Po iché i movimenti di ciascu na mano e degli altri muscoli di tu tta una metà del corpo sono guida ti d all'emisfero controlatera le (la mano d estra dall'emisfero sini stro e la mano sin istra dall'emisfero d estro), il fatto che una mano sia usata in pr eferenza all'altra indica che vi è una asimmetria dei due emisferi d al punto di vista del contr olio moto rio d egli arti. I mancini, che rappr esentano una minoranza nella po polazio ne, hanno una pr eferenza per la mano guid ata d all 'emisfero destro, e viceversa i d estrimani. Un'altra differenza emisferica importantissima è la lateralizzazione del linguaggio, i cui centri cerebrali sono localizzati nell'emisfero sinistro, almeno nei destri mani. Nei mancini le aree del linguaggio, invece 229

    Capìtolo9

    che nel l'emisfero sinistro, possono essere nel\' emisfero destro, anche se ciò non è ver o per tutti i casi. Una lesione dei centri del linguaggio dovuta ad esempio a ictus cer ebra le (occlusione di un vaso sanguigno), porta a una perdita del la capacità di parlare o d i comprendere il linguaggio, detta afasìa. Vi sono varie forme di afasia, sia di tipo sensoriale sia motorio. Ciò è dovuto al fatto che i centri del linguaggio si suddividono in aree separa tamente responsabili della comprensione acustica o visiva (linguaggio ascolta to o linguaggio scritto, ar ea di Wemicke) o del controllo motorio dei muscoli r esponsabili dell'articolazione della parola (area di Broca). li ruolo primario d el l'emisfero sini stro nel controllo d el linguaggio scri tto e parlato e di altre funzioni correlate con il linguaggio ha fattoritenere per molto tempo che nell'uomo questo emi sfero fosse più importante e che l'emisfero destro fosse ad esso asservito. Per questa ragione ]'emisfero sinistro fu chiamato «emi sfero dominante». Sperimen talmente si è potuto tuttavia dimostrare che nessuno dei due emisferi è dominante in senso assoluto; è risultato piuttosto che ognuno dei due è specializzato in funzioni diverse.Ad alcun i pazienti, per ragioni terapeutiche, erano stati chirurgicamente interrotti tutti i fasci d i fib re che connettono tra loro i due emisferi (tra cui il principale è il corpo calloso); d i conseguenza, i due emisferi cer ebrali funziona vano indipendemente l' uno dall'altro. Lo stu dio di questi pazienti, chi amati «pazienti con cervello diviso», osplit-bmi11, ha confermato che l'emisfero sinistro è responsabile del linguaggio e che l'em isfero destro è «muto», cioè non sa né interpretare un messaggio linguistico, né dare un nome a oggetti visti oppure percepiti mediante il tatto. Ad esempio, se si fa toccare un oggetto solido di una certa forma geometrica al paziente usa ndo la mano destra, e impedendogli di vedere l'oggetto, il paziente è in grado di dite correttamente quale forma ha l'oggetto. Se invece lo si fa toccare con la mano sinistra, il paziente è incapace di dire che forma esso ha. Ricordiamo che i sensori del tatto della mano destra proiettano all'emisfero sini stro, che è \'emisfero del linguaggio. Se però si chiede al paziente di riconoscere la forma del primo oggetto scegliendola tra aJtri oggetti, anzid1é dovendone pnnunziare il nome, allora il paziente lo fa senza difficoltà anche con la mano sinistra. Sugli stessi pazienti si è potuto d imostrare che l'emisfero destro risu lta essere prevalente rispetto al sinistro per altre funzioni non linguistiche, tra cui, ad esempio, il riconoscimento di facce umane. Anche nei soggetti normali i due emisferi hanno r uoli dominanti

    230

    l duccmisforicercbraliclcartivisivt.>

    per funzioni diverse; ciò è meno ev idente poiché i d ue emisferi possono comunicare tra lor o attraverso il corpo calloso. Quali sia no le fun zioni in cui i due emisferi sono rispetti vamen te dominanti, è fru tto anche di stud i su pazienti con lesioni localizzate o nell'emi sfero destro o in quello sinistro. Di particolare interesse per noi è il fa tto che, mentr e l'emisfero sinistro è, come abbiamo più volte sottolineato, l'emisfer o linguistico, )'emisfero d estr o risulta esser e pri nci pal mente l'emisfer o visivo. Infa tti, oltre che per il riconosci mento delle facce, l'emisfer o destro ha u n ruo lo prevalente nel riconosci mento di fi gur e e for me geometriche, nell a per cezione della Gesta/I, nell'orientamento nello spazio, nel riconoscimento di gesti ed espressioni mim iche ecc. Un esem pio inter essante d i specializzazione emisferica è quello che riguar da i di versi tipi di scrittu ra. Esistono anti che for me d i scri ttura, come quell a egizia, in cu i oggetti e persone veni vano indicate con disegni (pittogrammi) oppur e con oggett i aventi r elazione con essi (ideogra mm i). Ad esempio, il d isegno d i un piede in quanto pittogra mma ind ica proprio un piede, ma in qu anto ideogra mma indica l'atto del camminare. In Giappone si hanno due sistemi di scrittu ra: il kanji, basa to su ideogrammi, e il ka11a, basato su simboli fonetici d elle sillabe della lingua giapponese. Studi r ecen ti hanno dimostrato che questi due sistemi d i scri ttura sono anali zza ti in modo distinto dai due emisferi cerebrali : il sistema fo netico, come le scrittu re occid entali che sono pu r e fonetiche, è analizza to da ll'emisfer o sin istro, mentre il sistema ideografi co è analizzato dal\'emisfer o destro. Vi sono dei casi d i pazienti che hanno su bito lesioni cer ebrali in uno solo dei due emisferi e che hanno perso la capacità d i ri conoscer l' una o l'altra delle due fa nne di scrittura. L'emisfero d estro sembra anche esser e specia lizzato per a lcun i aspetti dell'espressione musicale, e cioè to nalità, timblO e armonia, oltre che per g li aspetti pi ù «musicali» d el linguaggio, e cioè la posodìa. Paradossalmente, a ltre qualità della mu sica, come il ritmo, sono d i maggiore pertinenza d ell'emisfero sinistro, e così pu re atti vità mentali come il calco lo aribnetico e la classificazio ne dei colori. Si potrebbe dire che l'emisfero sinistro è più analitico e lavora in maniera seriale, cioè analizza gli eventi così come si succed ono nel tempo, mentie il destro è principalmente sintetico e gestaltico, e lavora secondo un pvced imento in para llelo che analizza simultaneamente eventi dislocati spazialmente o pertinenti a modalità sensoriali di verse. 231

    Capì tolo9

    Figura9. I Facceschernatichesirn rnetriche.C uarda ndoalcentrodell'u naodell'a ltrafigura,siOSliervi ladiffe~nteei:;pre.;.sione,ridenteomesta.

    Uno dei modi per evidenziar e la pr eva lenza d ell'uno o d ell 'altro e mi sfero in compiti visivi si basa sulla pr oprietà delle con nession i anatomiche a cui abbiamo accennato nel Capitolo 2: un oggetto pr e· sentato nel semicampo visivo sinistro dà luogo a segnali nervosi che raggiungono direttamente l'emisfero destro, e vice ve rsa. Una curiosa conseguenza di questo fa tto si verifica quando si os· serva l' immagine di un volto con asimmetrie di espr essione tra la pa rte d estra e la parte sin istra (fi gur e 9.1 e9.2). L' impressione che se ne riceve (ad esempio se il viso appar e sorridente, oppur e mesto) è determinata dall 'espressione della parte sinistra dell'immag ine del volto, cioè da quella che viene r ecepita d all 'emisfero destro. Da que· sie osservazioni si deduce che l'emisfer o destro è anche preva lentemente responsabile dell e ri sposte emotive. La specializzazione d i un em isfe ro per l'espr essione fi gurati va e dell'altro per il linguaggio non è un fatto culturale. Infatti è pr ovato sperimentalmente che tale specializzazione è di natura biolog ica, in quanto è presente nelle grandi scimmie antr opomorfe, nei gatti, nei ratti e negli uccelli . Ciò è stato messo in luce particolarmente per quegli uccelli che imparano a cantare da altri uccelli: è stato dimostrato che lesioni del cervello d egli uccelli che equi valgono all'incir ca a quelle dell 'emisfero sinistro dei primati, alterano gra vemente l'emissione del 232

    lduccmisforiccrcbraliclcartivisivc

    Figura9.2 Figure o ttenuh.• combinando la p;irte des tra della foto di un volto ridente con la p;irte sinis tra dello stesso vo lto, serio e viceversa (fac~ chimeri che). Queste due figuc sono esa ttamente l'immagi ll('Spi.-'CU IJl'li' l'urlll dell 'altra. Tuttavi

    Figur.i9.13 &;empi di figure, ognu na in d ue versioni simmetriche. I soggetti d t'!;trimani preferiscono la ,.el'Sionei n cui il centrodi interesseès postatov en;o !a lo rodt'!;\ra

    zione di una scena visiva qualsiasi, sia per l'impr essione estetica che può derivare da un 'opera d' arte. Una possibile r elazione tra asimmetria cer ebrale ed esperienza esteti ca è stata messa in evidenza da alcuni psicologi sperimentali. Tra questi, ]erre Levy ha portato un importante contributo, studia ndo la p referen za di soggetti destrimani per fi gure che rappresentano scene decisamente asimmetri che, oppure per la lor o versione speculare (fi gura 9.13). La maggioranza dei soggetti destrimani mostra chiaramente di preferire fi gure in cui il centr o di interesse è sposta to a d estra . L'interpretazione più ovvia è che in questo caso l' osservatore volge lo sguardo prevalentemente verso l'estremo destro del quadro, cosicché la maggior parte del quadro si trova a sinistra della direzione dello sguardo e quindi si proietta sul l'emisfero destro. 249

    Capitulo9

    Figura9.14 Pieter Bruegel il Vecchio, La para/>vla dci dee/ii (1568). Napoli, Museo Nazionale di Capod imonte. Vers ione originall'(sol'ra); vers ione simmetrica (solfo). Si osservi come nl'lla primaiciechi sembrino trascinarsil'unl'altroestarpercaderenell'acqua.Nellaversione sirnrnetricaquestoeffetto non èevidente,anziil rnovirne ntosembraquasii ndirezione opposta. (Vangl'IO di Matteo, 15, 14. «Lasciatel i: sono ciechi che guidano dei cie'SSo».)

    250

    l duccm isfcriccrcbraliclcartivisivc

    Figura9.15 Tizi:mo Vccel!io, Rilralto di E/emrora Gmrzaga, part icolare (1538). Firenze, Ga lleria degli Uffizi. Il quadro è presentato nella versione origi nale (a si11islra) e nella versione simmetrica (a

    destra).

    Queste osservazioni d ella Levy si possono estender e al campo dell'arte dove può esser e interessante raffrontare quadri aventi un certo g rado di asimmetria con le lor o immagini speculari (figur e 9.14, 9.15). Il lettore potrà notare la di versità delle impressioni suscitate dai volti o dalle composizioni spaziali d ei dipinti nella versione originale e in quella simmetrica.

    I due emisferi cerebrali e la storia dell'arte Una volta che sì hanno chiar e le di verse funzioni dei due emisferi del cervello diventa inter essante domandarsi se nel lun go ambito della storia dell'arte si possano notar e manifestazioni più riferibili a un emisfero che all'altro. Alcune considerazioni potrebbero suggerire che la risposta è positiva. 251

    Capitulo9

    Figura9.16 Arte egi:o::iana: particolare di una pittura nella tomba di Sennutem, DeiT-el-Mtodinah, Nuovo Regno, xix dinastia.

    Se andiamo indietro nel tempo, alla pittura che pr ecedette quella greca, ad esempio la pittura egiziana, osserviamo che nella scena rappresentata non dominano le relazioni visuo-spaziali né si suscitano manifestazioni emotive (figura 9.16). Si potrebbe dire che la rappresentazione vuole essere anzitutto un racconto di storie sacre o di guerra e che quindi implica prevalentemente la funzione dell'emisfero verbale sia in chi d ipinge, sia in chi Simili considerazioni si possono fare per l'arte medievale dove le immagini raccontano la storia sacra ed hanno quindi come scopo primario di parlar e all'osservatore comunicandogli un messaggio. Anche qui come nella pittura egiziana la resa dello spazio è appena accennata, del tutto schematica e spesso irr ealistica e completamente sottoposta alle esigenze della narrazione. Pensate alle ieratiche figure dei mosaici bizantini appiattite in uno spazio bidimensionale e all'assenza quasi completa di strutture architettoniche (figura 9.17) . Non 252

    l duccm isfcriccrcbraliclcartivisivc

    Figura9.17 Il bacia di Gii•da (v1 se.;:.). Ravenna,

    Bas i l i ç~

    di S. Apo!lin~re Nuovo

    éè traccia evidente di relazioni visuo-spaziali e quindi di partecipazione specifica del lobo destro del cervello. Bisognerà aspettare Duccio, Giotto e i Lor enzetti per iniziar e u na trasformazione del lingu aggio visivo. La loro pittura, pur essendo ancora narrativa mostra uno sforzo per la riconquista dello spazio ch e si accompagna anche a una maggiore espressività dei personaggi. Que-

    253

    Capitulo9

    Figura9.18 Giotto, Il bacio di Gi,.da, particolare. Padova, Cappella degli Scrovegni.

    sto è evidente se si osserva la figura 9.18, che mostra la scena del bacio di Giuda di Giotto dipinta su una delle pareti della cappella degli Scrovegni, e la si confronti con la versione della stessa scena nei mosaici ravennati (figura 9.17) . Gesù e il Giuda di Giotto si parlano con gli occhi, esprimono con l'intensità del loro sguardo il dramma che li coinvolge. È da osservare inoltre che la p ittu ra medievale si rivolgeva all'osservatore con un linguaggio altamente simbolico, il cui significato era noto a chi la guar dava, che poteva così legger e e capire il messaggio. Si tratta di un vocabolario scarsamente conosciuto all'osserva tore moderno, se non specialista . 254

    lduccmisforicercbraliclcartivisivt.>

    Se nel Medioevo il messaggio delle immagini era prevalentemente di tipo verba le, nel Rinascimento invece la rappresentazione figurati va sembra adottare un codice più visuo-spaziale e quindi più pvprio del lobo destro. Lo spazio domina : si inseriscono str utture architettoniche quasi come una necessità espressiva e i personaggi si muovono in uno spazio realistico. Si reinventa la prospetti va scientifica nel tentativo di rendere il rea le il più realistico possibile. Inoltre i personaggi cominciano a far trapelar e i loro sentimenti e l' Alberti dirà che le storie oltr e che narrar e devono com mu over e. Dunque ancora sembra giocar e un r uolo fondamentale il lobo destro, il lobo oltre che dello spazio anche dell'emozione e dell'immaginazione. Nella storia dell'arte bisognerà aspettar e gran tempo per ritrovare un'espressione fi gurativa che sembri implicar e in modo preva lente la funzione dell'emisfer o sinistr o; bisognerà forse attendere l'apparire di una pittura concettuale e intellettuale come quella del cubismo. A questo punto ci si può domandar e se le considerazion i che abbiamo fatto fin qui a proposito dell 'arte med ievale e rinascimentale va lgano anche per chi guarda oggi queste opere d'arte, se cioè anche per l'osservatore contemporaneo un quadro medievale implichi reazioni riferibili prevalentemente al lobo si nistro e un quadro rinascimentale, al lobo destro. A differenza dell 'osservatore dei tempi in cui nacque il quadr o, l'osservatore moderno difronte a un quadro medieva le è colto più da sorpresa e senso di mistero che da interesse per la vicenda narrata. Egli si può tr avare a reinventare la storia nella sua fantas ia piuttosto che a interpr etarla letteralmente. Il Medioevo è per noi «un'opera aperta», come dir ebbe Umberto Eco, in quanto dà modo allo spettatore d i partecipar e attivamente alla cr eazione dell' immagine secondo i suoi schemi cultura li. C'è l'occasione di seguir e i consigli di Leonardo al giovane pittore nel guardare le macchie sul muro o le nuvole. Per Leonardo, come per tutti gli artisti, anche la r ealtà era una grande opera aperta. L'occhio dell' uomo medievale e il suo cervello visivo erano uguali a quelli dell'uomo moderno, ma per l' uomo di allora l'interpretazione della percezione visiva di un quadro era senza dubbio diversa da quella di un uomo di oggi. Infatti le reazioni delle sue cellule nervose erano senz'altro uguali alle nostre, sia a li vello della r etina, sia di altre stazioni del sistema nervoso. Ma in quella parte della corteccia dove la

    255

    Capìtolo9

    percezione visiva acquista senso e diventa reazione dell'organismo, il lavorio del cervello era diverso. Allora la visione del quadro generava sentimenti di fede attraverso la conoscenza delle storie saoe. Adesso il quadro è pura immagine di cu i si ammira la qua lità del colo-e, il tratto netto, la risoluzione origi na le di problemi spaziali. Se vedere è comprendere e interpretare allora non éè dubbio alcuno che noi oggi vediamo in una maniera d iversa. Alla luce di quan to detto la pittura medievale diventa crea tiva per l'osservatore e probabilmente fonte di gioie estetiche diverse nei diversi ind ividui. Certamente richiama l'analisi storico culturale affidata al lobo sini stro, ma risveglia soprattutto l' immaginazione e la creatività sintetica dell'emisfero destro. Davanti a un quadro rinascimentale \'osservatore occiden tale è meno sorpreso, la sua possibilità d i reinterpretare l'immagine qui è molto limitata. Nell a sua perfezione realisti ca la prospettiva div iene una grande prigione. Cattura la realtà di un solo istante, di un singolo colpo d'occhio. L'artista è di ventato un d ittatore che vuole insegnare a vedere nella convinzione di avere scoperto le vere regole della visione e/ o della realtà esterna. Qui il lavorio cer ebrale dell'osservatore è principalmente analitico e quindi proprio del lobo sinistro. Quali sono le proprietà della pittu ra del Rinascimento che la r endono così attraente, se esclud iamo la partecipazione creativa dell'osservatore? Si potrebbe dire che la pittura del Rinascimento piace per la sua perfezione e che la gioia che essa susci ta è simile a q uella che si prova nella risolu zione d i un problema scienti fi co. La pittura del Rinascimento coinvolge più in senso intellettuale che emotivo. Sarebbe interessante doman d arci a questo punto quali pr oprietà del cervello usiamo maggiorme nte oggi, se quelle visuo-spaziali o quelle più analitiche del lobo del linguaggio. Certamente viviamo in un mondo dove lo stimolo visivo domina: g ran parte delle in formazioni necessarie per lavorare e convivere ci raggiunge attraverso il canale visivo. Si tratta però largamente di un processo passivo nel quale il vedere genera risposte quasi automatiche, prive di emozioni e che non richiedono interpretazione. La partecipazione creativa alle immagini che ci piovono da ogni pa rte è minima, come se le proprietà più caratteristiche del lobo cerebrale visivo non fossero necessarie. li trait d'union tra imm agine e verbalizzazio ne è dir etto, semplice. Certamente il lobo sinistro ha una gran parte nella nostra vita qlmtidiana.

    256

    lduccmisforicercbraliclcartivisivt.>

    li linguaggio visivo che ci viene offerto ha una grammatica che si muove in una logica verbale e non ha le pr oprietà crea ti ve ed emo· zionali caratteristiche dell'emisfero destro. La televisione, per far e un esempio, ha chiaramente un linguaggio verbale: i personaggi sono soprattu tto veicoli di parola. La televisione lascia pochi spazi a un linguaggio puramente visivo. Forse bisogna fare eccezione per la fantasia di alcuni cartoni animati o per il linguaggio senza par ole di alcuni film , dove le espr essionì degl i attori, la inquadratura dello spazio, i colori e le luci sono parti essenziali del racconto. Tutto ciò fa pensare alla necessità di metodi pedagogici che faci litino uno sviluppo o un eser cizio armoni co dei due emi sferi. Questo potrebbe compensa r e la tendenza storica della cultura occidenta le che ha predi letto e predilige le fom1e di insegna mento basate sull'espressione analitica e linguistica del pensiero, prerogati va preva lente dell'emisfero sinistro.

    257

    Vincent van Gogh, AulClri/rQ//O ccm orecchio /JCtrrlato (1889). Londra, Courtauld lnstìtute Galleries.

    10. Il pittore malato Q11eslipdi1,,.1111li11n'asSN5W11e. È 11/ di M d4'11f' mit'•sm1111111zimw ..• Non dormo l'ilÌ 111·r colpa loro•••

    Mi alzo la "1111/ina rollo di futica ... Dipì11g1Tt ~rosi difficile e lor/1mml4'. Ce,,·~

    abbaslan::n 1f11 far pt'•d••re 111 SJ1"r111rui. CW 11m1ast1111te no11rnrrelmorireprimadia1wdt•lloq1ie//oclre11u.'t'Odadln•;

    o a/mwG mier lrntato di dirlo. I miei gùmrl sono ro111111L Dom1111i fa™'··· ClaudeMonet, letter.1 del I' Il agosto \908a G.Geffroy.

    l'. opera dell'artista nasce da lla combinazione della sua esperienza visiva e della sua interpretazione d i quanto gli viene comunica to dal mondo esterno. Sia l'acquisiz ione dell ' info rmazione visiva, sia la sua elaborazione interiore possono essere alterate da cause patologiche. Mentre la prima coinvolge selettivamente l'apparato dell a visione, e quindi può essere a ltera ta d a difetti o malattie dell'occhio e d el sistema visivo, la seconda può coinvolger e la persona in modo più gene rale, per processi patologici del cervello o d i altri organi. Abbiamo già parlato della catara tta di Monete delle alterazio ni dei quadri senil i di Tiziano e Rembrandt, che chiaramente si riferi scono ad alterazioni dell 'organo visivo. Ci proponiamo ora di descri vere le storie di altri artisti la cui espr essione pittorica è sta ta alterata in una certa fase della loro vita dall'insorgenza di stati patologici di varia natura. In qu esti casi sarebbe qu asi impossibile ca pir e il cambiamento della pittura, se non si conoscesse la stori a d ell'artista. Nell a maggio ranza dei casi, uno stato patologico d i u na certa gravità può determina re, oltre ad alterazioni dir ette come, ad esempio, quelle del sistema motorio, altr e alterazioni di natu ra psich ica che si ri velano con una pr ofonda depressione e un a visione pessimistica della rea ltà. Uno dei pittori più originali del nostr o tempo è sta to Paul Klee, che ci trasmette con la sua pittura allegri o tonnentati movimenti musicali d i linee e che, come diceva lui stesso, . I confini tra la mala ttia e la fu nzione normale sono sfumati e bisogna aver chiaro che anche l'irraziona le può esser e il pr odotto di un cervello altrimenti ben funzionante e che spesso la malattia mentale è giudicata con la lente della paura del di verso, e del disturbo, oltr e che del pericolo, di un comportamento non uguale al nostr o. Nel film «Qualcuno volò sul nido del cuculo» del 1975 era drammaticamente descri tta la paura associata a sadismo, il tutto travestito da terapia, verso i malati di mente. L 'eccezionale interpretazione di Jack Nicholson metteva in luce la tragedia e il mister o del folle. Il titolo inglese: t'llo, Later~a, Bari 1998. OLIVEKIO A., L'arledi ricordare, Ri z.zo li , Milano 1998. RlZZOLATil G., S!NlCAGLIA C., So q11d clic fai ... Il cervello clic agi sa e i uc11roni 5/1'Xc11io, Raffoc!!oCortina Milano, 2006 Rossi P., Il passato, la memoria, l'oblio, li M ulino, Bologna 2(XJ'I. TAYLOR R.I'., Ordine nel caos di Pollock, in: "Le Scienze», 4 13 (2003), pp. 88-93

    363

    Indice analitico

    A

    astraltisti,179,193,341 autisliro,romportamen\o,354

    acromodazionc,23,203 acromatopsiarortical.,,164,195,TT7 ActionPainting.345

    B

    acuit~

    Bacon,Francis,220,308,31 4,315 B.:illa,Giaromu,312,313,316 ba mbino,333,334 -ref\'ellodcl, 197,199,201,203,204 -ciero,2 16-219 -d iscgnodct65.206,20'7,209-211,217 -pinore,212,.213,215,216 bastonrelli,24,25,142,149, 150 B;iudc!aire,Charlesf>ierre,264,299 lleatGmcration,347 Bcl!ini,Giovanni,193 Benton,Hart,349 llerlin,Brent,189 Bcrlinghicri,Bcrlinghiero,J.:10 lkmini,Lorenzo,88,89 binoculare,visione,l().l, 18J,2Q2-21)1 -d isparit.ì,l05,106,138 Blake,William,270 lloccioni,Umberto,28,312,313 Borges,Jorge Louis,2,.226 Botticelli,Sa ndro,96,97 Braque,Gcorges, 139,270 Braun,AdolpllC,303 Brcton,Andrt\342-344 Broca,areadi,76,230 BruegclilVl..;chio, Pictcr. 180,181,250 Brunelleschi, Filippo, 119, 120

    - ]X'ri!rolore, 161 -visiva,28,29,46,47,Wl,319 adrenalina,286 afasia,230 albo:rodci rolori,170,171,173 alle1=.24,46, 106 am bigue,flgure,37 ambl iopia,277-m Ames,cameradi,9, lO amigda!a,74 ,82,SJ,236,333 auamorlosi,\JO,l32 angolo - limi!e,46 -viSi\'0,24,26,30,46,ll\,L32-134,\37, 138, 161.166 ant ropologica, t~'Oria, 15 " "-"'dellarortecciaC'l'rebrale,3,4,19-21,29, 73-75,77,78,80,82,.85,88,164,167,195,199, 234,236,327,334,336,338,339 - fronlali,199, 353,354 -se nsoriali ,26, 41 ,60, 64 armor1ici,rolori,l72 Amheìm,Rudol(,1 4, 15,206 Amold, Wilfred Nids, 267-269, 2f57 arousa l,90 3 S5"rtZÌ(), 269-274 assimilaziorlCcromatka, 160 assone,21,25 astigmatismo,49

    e

    Calvioo, Italo, I

    365

    Ind ice anal itico campo - ....>br;ile,3,4,19"21,26,29,4\,64, 7J..75.77,78,80,82.85,88, l64,167,195,199, 234,236,327,336,338,339 - motoria,334 -visiva,60,164,236

    Carr~,Carlo,3 1 2

    Carroll,Lewis,45 CartcsioR.mll, 4 catMatta,49-51,204,205,259,277-279 catogrammi,lll,231, 326 illusione -d i Comswect,33 -d i Miiller-Lyer,226 - di l'onzo, 107 illusor~ effeui. 129, 130 immagine,7,8, 15,24,26,28,39-41,61,106, 133, 136,223,235,236,255,256,293,3!9,346 - retinica, 46,102,137 impossibili,figure,lO impn.'SSionisti,10,49,7 1, 179,188,JOO impulsillCNOSi,19,2 1-23,J0..32,61,6.3,75, 353

    indizi - binoculari, 136,137 - monoculari,202-204 -nonpittorici, 104-106 - pìttorici, \06-ll}J,\17, 118,122,129,1 36, 202.203,223,224 integrazio1"K'cmmatic:a,l62 intensità,\44,!46,147,14\1,150,153,185 ìpernietropìa, 49

    lumir10si1à, 31. 3J.37, 44,l50, l54,16 1,162, 170,172,!74, 180-182.188, 193,202,317 luna,35, 41-4J, 45, 1!0,lll,!24,125 lungru:,zzad'onda,L08,l42-\44,l49,l5J, l66,

    182

    368

    Ind ice anal itico

    M

    Munsl'll,atlantc•deiooloridi,171 musica,84, !72,231,245 Muybridge, Eeguimcnto,295 -pa,.., llaso;eda,I0-1-106,136 - percezionedel ,294,295.318,319 -s.accadiro,28'J,29-I Miillcr-Lyer,illusionedi,226 Munch,Edvard,82,263,272,273,286,289,316

    p palcocervello,78 Panofsky, Erwin,42 p...,10Ucrello, 122 Papcz.Jam~'!I,

    77

    para!lasscdamovimcnto, 104-106, !36 parrasio,130 Pcnficld,\\"ildcr.80,88,274,332.333 peptidi,87 piarere,centridel84,85,87,88,90 Piag~>t. Jc~n, 209 PicaS110, l'ab!oRuiz, 100, l39, l93,2 12,214216,220,2n.273,286,287,3l4,33\,342 PicrodcllaFrancesca,120-122.175, 178, 192.

    "''

    pigrncntidciooni,148,152.162 piramidevisiva,120-122.136 Piranesi,GiovanniU;it!ista,322,325 pittogrammi,231 pl.:mumlmporali!,229

    369

    Ind ice anal itico Plalorl,197·199 - dcllavisionl',200-21'.»,277 -edesl"'rieru:aseru;orialricadelpmsiem,Catalogo deUamostra.Firenzcl989 fig.4.S(a)AraldoDc l uca fig. 4.6dal/1Hsio11rn,C.J.Budll'rVcrlag. Fra nkfurtl973 fig. 4.9da Rcntschle~ Hcrzbcrgere Epstein,

    '""

    fig.4.JO(b)Lauros/Giraudon/ Alinari fig.4.Jlda Morris, 1962

    Capitol o ? lig.2.4a,b,cda Hubd, 1988 fig.2.6daKandd,Schwartze Jl~1,1991

    Ca pitolo S fig.5.4 (a)e(b) 0 LeScienze•,71,\974 fig.5.7da l'ireone, 1970 fig .5.9(a)c(b)daGioseffì,1971 fig . 5.IOScala fig.5.12daWhitc, l972 fig.5.J4dal'ircnne, !970 fig. 5.15 (b) da 5. Bersi, I~ Bersi, C. Ricci. L'cd1m1zio11farlislira.Zanidll'Ui,Bologna fig.5.lJdal'ircnnc,1970

    fig.2.8daD.H.Kclley.Huma11\lisio11aud Eileclro"i"l"'aging:Modds,Mtlhodsa11d

    Ap/!/icalim1s,SPJEvol. \249,Bdlingham

    ""

    fìg.2.9da Maffei.Sandini,l993 fig.2.l ! daHub.-1, 1988 fig.2.l4Bridgcman /Alinari fig.2.15da . LeScienzc•, 49,1972 fig.2.l7daRamachandran,l988 fi g.2.18daCavangh,Lcdcrc,1989 fig.2.20daSchob.-rcRcntschlcr.1972

    Ca pito lo 6 fig.6.2Gines ValeraMarin /Shutterstod: fig.6.J3daZcld,l993 fig.6.14daA . Roorda.D.R.Williams

    Capitolo ) AJl'l'rtura, modificata da Harmon LO ., ~ Le Scienzc•,66, 1974 fig.3.7(b)Bridgcman /A linari

    C• pitolo 7 fig . 7.2daltten,l%l fig.7.3dal tten,\96l fig.7.7Bridgcman /A linari fig.7.8Bridgeman / A!inari

    fig. 3.8 da Rcntschk•r.HcnbergcrcEpstl~ll.

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    fig. 3. lOdaRcntschlcr, HcrzbcrgcrcEpstcin,

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    373

    Rl'fcrcnzciconografichc fig.7.IOBridgeman / Alinari fig. 7.11 Thc Lorn:lon Ari Archive / Alamy lig.7.l3daSchober,Rcntschlcr.1972 fig.7.17Bridgcman / AlinJri fig. 7.18 CNAC{MNAM. Oi5\. RMN / Adam R:r.1.'Pkii / Alinari

    Capitolo IO Apertura, Kwong Y~'\' Cheng fig. I0.9da « leSck~•ze~. 252, 1989 fig. 10.lOda ~ Le Scienze~. 252, 1989 fig.I0.1l(d)l'ho4oscrvireE1ecta fig. 10.l2Bridgcman / Alinari fig.I0.13daZel:i,1993 fig. !0.14pergentileoonccssionedell'rof.

    C•pih>lo8 Apcrtura,RMN {Mcrvélewandowski { Alinari fig.8.ldaPUr\'CS,Lichtman,1985 fig.8.3 da C.Ricri,L 'Arlrdeibambilli, Z...nichelli,Bologna,1887 fig.8.6daCo~. 1993 fig.8.7daCo~. 1993 fig. 8.10da Loew;.~,fuld, Brittain, 1964 fig.8.lldaMillar,197S fig.8.12daLoew;..,,fcld,Brittain,1964;da Pircnne,1970 fig.8.l3da0ark,1964 fig.8.l4daOcregowski,inCregoryc Gornbrkh, 1973

    Haa~

    fig.!0.\5daJ. Grti~r.T. Landis,Vrsio11011d

    Vrsuo/Oysfu11rti;"',vol.l2,Ma