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Italian Pages 400 [395] Year 2008
Lamberto Maffei Adriana Fiorentini Arte e cervello Seco11da edizìo11e
Lamberto Maffei Adriana Fiorentini Arte e cervello Seconda edizione
SAGGI ij;!l@:IWM
AGrm:iel/aeCecilia
Sommario
Introduzione 1. Il miracolo del vedere 2. Dall 'occhi o al cervello, dal chiaro-scuro alle fo rme 3. La finestra sul mondo e il linguaggio del segno 4. Cervello, emozioni ed esperienza estetica 5. Dipingere la di stanza 6. Il colore nell'occhio e nel cervello 7. TI colore nel quadro 8. Il cervello bambino e l'infanzia dell'arte 9. I due emisferi cerebrali e le arti visive 10. Il pittore malato 11 . Arte, fotografia, cinema e televisione 12. I sentieri della memoria visiva
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Bibliografia Ind ice anali tico Referenze iconografiche
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Come d ue squadre di operai che attacchino il traforo di un monte dai due versanti opposti, neurologi d ell a visione e storici dell'arte stanno cercand o un punto d' incontro sulla natura e le modalità d ella reazione degli osservatori alle immagini create dagli artisti. Se statue, disegni, dipinti, cicli di affreschi ci piacciono, ci persuadono o ci emozionano, fino a che punto ciò è d ovuto a meccanismi uni versa li, pr opri della visione (cioè dell' interazione fra occh io e cervello), e in che misura è determinato invece da condizionamenti cu ltura li, e dunque differenziati di tempo in tempo e di luogo in luogo? Nonostante i tenta ti vi si vadano moltiplicando negli ultimi decenni, la strada non è facil e: il cervello umano, infatti, è infin itamente più complesso di qualsiasi montag na da traforar e; non segue per corsi lineari, eppure ogni tortuosità o cir convoluzione si risolve in un più alto grado di ef fi cacia delle sue funzio ni. Giganteschi progressi si vanno facendo sulla sua struttura, sulle funzioni delle diverse aree, sulla misurabilità delle reazioni del cervello al mondo esterno, e dunque anche sui meccanismi della visione da un lato, dall'altro sulle emozioni che essa può generare, o sulla sua relazione col linguaggio. Più lenti sono stati al confronto, in questi anni, gli sviluppi interni della storia dell'arte, e tuttavia si può azzardare che alcuni suoi recenti mutamenti d'accento hanno reso questo campo disciplinare più attento e più sensibile alle tematiche su cui si concentrano neurofisiologi e biologi nei loro laboratori. Arte e cervello di Lamberto Maffei e Adriana Fiorentini, già nella sua prima edizione (1995) e più ancora nella seconda che qui si presenta, costituisce uno snodo importante d i questo dialogo dif fici le ma necessario, che già nelle au le della Scuola Normale venne intrcciandosi VI
negli anni Novanta, grazie soprattutto allo stesso Maf fei e a stori ci dell'a rte come Paola Bar occhi, Enrico Castelnuovo, Monica Donato, io stesso fino a quando il mio luogo di lavov e di ricerca si spostò per qualche anno (1994-99) a Los Angeles. Ed è naturalmente solo dal punto di vista della storia dell'arte che posso tentar e qualche considerazione su questo processo, fatto, come è na tu rale, di convergenze e divergenze. Lo storico dell'arte che si accosta a questa tematica affascinante ma di straordinaria complessità tenderà inevitabilmente a schematizzare e semplificare quel poco che sa sulla fisiologia della visione, indirizzandolo sui problemi che ha via via messo a fu oco nel proprio campo di sciplinare; e simmetricamente anche il neurofisiologo potrà cogliere solo in parte le complessità di un appoccio storico e stilistico alle immagini, nella perpetua interazione fra le indicazioni del committente, le intenzioni dell'artista e le reazioni del pubblico degli osservatori; ma anche nel continuo mod ificarsi attraverso il tempo de\le condizioni socio-culturali della percezione e/o del gusto. Da sempre, si può dire, gli esseri umani, sotto ogni cielo e in ogni tempo, hanno prodotto immagini, spesso con fu nzioni mi ste (per esempio, magi che, religiose, estetiche, politiche). Ben poche civiltà, tuttavia, hanno sviluppato una qualche forma di «Storia dell'arte)>, e ci oè uno specifico genere letterario, o ambito del d iscorso, che d isponga in narrazione sequenziale (storica) le vite degli artisti, le lor o opere, il contesto entro cu i essi operarono e il giudizio sul loro valore. n consolidato statuto della «Storia dell'arte» come disciplina accademica nelle culture di matrice europea oscura questo dato elementare: ma è utile ricordarsi che sempre si è fatta «arte», assai più raramen te «Storia dell 'arte>). La trad izione a cui appartiene la storia dell 'arte come è oggi praticata nelle università nacque di fa tto nella scuola diAristotele, dove presero a svilupparsi «Storie disciplinari» spedalizzate (per esempio della medicina, della ma tematica, dell 'astronomia): hi in questo contesto che i primi scrittori greci di storia dell'arte (in buona parte artisti essi stessi) scrissero dal Ili secolo a.C. in poi opere ad hoc, purtroppo tu tte per noi perdu te, delle quali tuttavia si ri ntracciano frammen ti e idee nel rifl esso di autori più tardi, soprattutto scrittori come Plinio il Vecchio o Quintiliano. Queste fonti, lette e divu lgate da persona lità come Lorenzo Ghiberti, Leon BattistaAlberti e Giorgio Vasari, furo no l'ingrediente essenziale per la rinascita della storia dell'arte, che avvenne nel Rinascimento italiano. Solo assai più tatdi, e gradualmente, essa conquistò uno stah1 s accademico, prima in German ia (dove la Vll
prima ca ttedra al mondo di storia dell'arte fu fo ndata, a GOttingen, all a fine del Settecento), poi nel r esto d'Europa. Dalla storia dell'arte antica (soprattutto dalle pagine di Plinio), la tradizione euvpea trasse quelle che possiamo considerare le cinque li nee portanti d el discorso storico-artistico, e cioè: 1. l' idea di uno sviluppo storico, o «pJOgresso» del l'arte; 2. la suddivisione degli a rtisti secondo scuole iegionali; 3. la di stinzione e la definizione di personalità artistiche indi viduali, con le pratiche connesse: in primo luogo, la biogra fi a e l'attribu zione; 4. il gi udizio d'arte (o di qual ità), coi Elativi linguaggi; 5. la d escrizione (ekpltrasis) di opere d'arte, dalla quale solo in età assai recente si è sviluppata la ri cen:a iconografica. Questa pur svelta sintesi ha h 1ttavia bisogno di (almeno) due correttivi. Prima di tutto, è indispensabile ricoida rsi che il tennine «arte» secondo il suo uso oggi corrente non ha un vero corrispettivo né in greco né in latino. Per i Greci, tee/me (a cui corrisponde il latino ars) era ogni k11ow-how o «abili tà del fare » qualcosa di specifico: tee/me era perciò quella del calzolaio e del medico come quella dell'architetto o del pittore, d ell'oratore o dell 'allevator e di ca valli. Non vi fu mai nell a Grecia antica l' idea dell'artisticità come valore, del! ' «arie>) (in letteratura, o in quelle che noi chiamiamo le «arti fi gurative») come esito qualitativamente alto, opposta a qualcosa che sia «non-arie». L ' idea mode rna di «arte», quella a cui faccia mo riferimento senza accorgercene, è una creazione culturale del Settecento europeo, il frutto d i una lunga elaborazione teorica, ma anche della progressiva emancipazione deg li artisti, che per millen ni avevano operato e pr od otto escl usivamente su com missione. La «libertà dell'artista », così importante nelle teori zzazioni dell'Otto e del Novecento, per la più gran parte d el tempo (anche per artisti grandissim i, come Giotto) potè dispiegarsi solo all' inte rno di uno spazio definito dal rapporto dell'artista col suo committente. Non meno importante è il secondo corretti vo: la storia dell'arte, col suo alto grado di specializzazione, non fu mai la sola modalità con cui si venne «parlando d i arte». Si può anzi die che il discorso sull'arte è un ambito assai più vasto, che inteessa non solo le cu lture di matrice europea. Esso si è svolto e si svolge prevalentemente in forma orale, ma si è tradotto e si traduce anche in fonna scritta (per esempio nella poesia e nella letteratura), secondo fonne e linguaggi della più grande
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varietà; fra i quali tuttavia è opportuno distinguer e due grandi categorie: il discorso sull 'arte che si svolgede11fro la bottega (tipicamente, fra maestro e discepoli) e quello che ha luogo fuori della bottega (tipicamente, fra artista e pubblico; o fra due osservatori di fionte a una statua o a un dipin to). La «Storia dell'arte» come disciplina specializzata è un prodotto di questo più generale discorso sull 'a rte; ma al tempo stesso, da quando esiste, ne influenza e ne orienta le modalità e il linguaggio. Nel suo sviluppo storico novecentesco, la storia dell'arte- pur nella grande varietà degli approcci - si è dedicata soprattutto alla narrazione, interpretazione e spiegazione del cn111binme11to storico, sia in senso stilistico che iconografico, e al suo rapporto con la J1111zio11e delle immagini e la loro efficacia sull'osservatore. Semplifi cando molto (ma non troppo), si può dire che le sue pratiche disciplinari si sono a lungo incentrate sull'artista, ricostru endone il percorso biografico e il catalogo delle opere, definendo lo stile individuale e i suoi muta menti, in riferim ento alla scuola e ai maestri, ai viaggi, agli influssi, a lle sperimentazioni sue proprie. Si è pr ovato, più tardi, a riaggiustar e il tiro centrandolo sull'opera d'arte, per collocarla entro serie tipologiche (tanto stili stiche quanto iconografiche), studiando i rapporti col committente, le «fonti » letterarie e deduzioni e citazioni da ll'antico, i pr ogrammi iconografici che, pur nel mutare delle generazioni e degli stili, vennero talvolta persegui ti per decenni. ln tempi più tecenti, ed è questo il punto che ci interessa, la storia dell'arte ha preso a volgersi verso una fa se che (senza ca ncellare le precedenti) tende ad essere centrata, piuttosto, s111/'osservatore, e dunque sulle fonn e della ricezione dell'opera d'arte da parte del pubbli co ad essa contempora neo, e del modificarsi di questa ricezione, nel corso del tempo, da parte dei posteri. Una tale estetica (e storia ) della ricezione, introdotta dapprima nella ricerca sulla letteratura (specialme nte dalla «scuola di Costanza» col suo reader-respo11se criticism : cito qui per tutti Hans-Robert Jauss), si viene sempre più estendendo al dominio della storia dell'arte. La ricezione, in quanto appartiene al dominio delle pratiche socioculturali, può essere caratterizzata come un «contratt0>1 fra il produttore delle immagini e il suo pubblico. Le regole di questo (lo:on
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Figura2.11 Camporecetti vodi unacellu lagang liaredeHaretina. A sinis/ra: rappresentazione di uno stimolo lumi no.;o di picrole dimensioni, !;ili da coprire solo lii porzione cent rale del campo !l'a!ttivo (i.rallo), uno stimolo che copre tutta l'area del campo !l'a!ttivo (al centro) e uno stimolo luminoso c~ copre solo la porzione periferica del camporecettivo(illbasso). Adt) per realizzare una figura singola o una figurazione storica o na rra ti va comp lessa. La composizione degli ideogrammi non ripr oduce fede lmente l'immagine di quella fi gura o di quella scena come sarebbe stata percepita, ma in qualche misura si riferisce ad essa e la rich iama secondo un codice convenzionale. Osserviamo che quando si proietta una figura piana da un cen tro 111
CapìtoloS
Fig uraS.7 Proiezione~ntr.ilecliunafigur.ipi.insto ar go111e11fo della g/obosità del Sole, come della pr ossimità delle mncc/1ie nlln solar superficie» (seconda lettera al Velseri). rl d isegno fa tto da Gali leo stesso appli cando le r egole prospettiche alle macchie solari (figu ra 5.18) spiega chiaramente la sua af fermazione che le macchie si tr ovano sull a su perfici e del Sole e indica come no n è altrettand o attendibile l'i potesi che le macchie si muovano su orbite ad una certa distanza dal Sole. In questo d isegno Galileo traccia delle r ette parallele per rappr esentare i raggi d el Sole, il che è corre tto poiché il Sole è molto lontano, e questo gli consente di applicare una pr oiezione ortogonale. Dunque Galileo può sostener e la sua visione d i un fe nomeno naturale interpretandolo co rrettamen128
Dipingere la d istanza
te med iante una d imostrazione scien ti fica che si vale d elle sue conoscenze delle regole della prospettiva. E però il contraddittorio con Apelle si conclude con ar gomento arguto che il Galileo umanista solleva per pr endersi gioco del la pretesa del suo interlocu tore che le macchie d el Sole siano stelle. È vero, dice Ga lileo, che col nome di stelle si indicano tante cose, « essendo i11 fin permesso a gli amanti ed a' poeti cl1ia111are stelle gli occl1i delle lor do1111e». E ci ta l'Ariosto:
«Quando si vide il successor d'Astolfo Sopra apparir quelle ridenti stelle» (gli occhi d i Alcina) per concluder e poi così: " con simile ragione potrm1si chiamar e stelle a11co le 111accl1ie solari" ! Ma poi continua portando mille ragioni per cu i le macchie solari in realtà stelle non sono (terza lettera al Velseri ). Dunque: un fenomeno già noto Ga lileo se lo studia e ne trae una spiegazione nuova e originale grazie in primo luogo al metodo d i osservazione fornitogli dal suo d iscepolo, come lui chiaramente riconosce, poi grazie alle sue lunghe e attente osservazioni e infi ne grazie alla sua competenza delle regole del d isegno pr ospettico, che lui utilizzava anche come pittore d ilettante. È dal confluire dell a sua curiosità, della capacità d i sperimentar e accura tamente e pazientemente, e del pensiero razionale che appli ca una logica, quella del disegno prospettico, già appresa e presente in memoria, a ciò che si è sperimentato, che nasce la nuova scoperta scien tifica . Trompe-l'reil
Gli indizi pi ttorici d i profond ità possono essere usati specifica tamente per creare effetti illusori d i profondità con particolare pregnanza. Spesso si tratta d i opere con significa to più decorativo che propriamente artistico. Nei cosid detti «tr om pe-l'ceil» dei pittori del Sei-Settecen to si tratta sem pre d i scene con piccolissima profond ità, ad esem pio d i oggetti appesi ad una tavola verticale, come lettere o altre cose di piccolo spessore che darebbero comu nq ue una trascurabile parall asse. Questi effetti ill usori erano noti anche ai pittori dell'antichi tà. Plinio narra un aned doto d i cui fu r o no protagonisti due pittori rivali. Zeusi aveva d ipin to dei grappoli d'uva così simili al vero che gli uccelli tentavano d i beccarne gli acini. Parrasio, d i rimando, in vitò il ri129
CapìtoloS
va le a vedere i suoi quadri. Qua ndo Zeusi tentò di sollevare la tenda che copriva uno dei quadri e si accorse che questa non era r eale, ma dipinta, diede la palma della vittoria a Parrasio. Anche il Vasari racconta come Giotto appr end ista ingannasse Cimabue dipingendo una mosca su l naso di una figura a cui il maestro stava lavorando. Effetti illusori d i notevole profondità possono essere ottenuti anche con oggetti o scene d i apprezzabile spessore purché i dipinti siano destinati ad essere visti da grande d istanza e da un ben determinato punto d i osservazione. Un esempio eclatante di questi tr ompe-l'ceil prospettici è quello dipinto da Pozzo sulla volta della chiesa di S. Ignazio, a Roma (figura 5.19). Sul soffitto semicilindrico della navata principale il pittore ha disegnato degli elementi an:hitettonici che simulano il proseguimento delle reali architetture delle pareti dell a ch iesa. Se si guarda il dipinto dalla posizione indicata sul pavimento da un disco di marmo si vedono archi e colonne estendersi verso l'alto, popolati da figure di angeli e d i santi che si librano nel cielo aperto ad una altezza apparente enormemente maggiore di quella d el soffitto su cu i sono dipi nti. Questa impressione di enorme profondità si modifica però gra ndemente e dà luogo a notevoli distorsioni se il punto di osservazione non è quello indicato sul pavimento.
Anamorfosi Anamorfosi è un termine che appar e nel Seicento ad indicar e delle immagini deformate tanto da essere ind ecifrabili, ma che viste da un certo punto dello spazio o riflesse da specchi curvilinei si ricompongono svelando la figura nelle sue normali proporzioni. Le immagini anamorfiche ebbero per molti secoli un significato magico o di intrattenimento. Assunsero però un valor e diverso e fur ono meg lio comprese con lo sviluppo de lla prospettiva nel Cinquecento. Leonardo fu il primo a rendersi conto delle d ifficoltà che sorgono nella prospetti va a grande angolo, quando cioè si debba rappr esen-
FiguraS.19 Andn'a rozzo, soffitto della chiesa di$. Ignazio a Roma (1691-1694). La superficie del soffitto è un semicilindro. Qui è fotografata da un punto del pavimento della chiesa segnato con un disco di marmo, che indica il punto di osservazione richiesto per ottenen' l'effetto prospettico desid era to .
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CapituloS
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Figura5.20 Disegnoanamorfioo di Leonardo (Codice J\tla11tico, Milano, Bibliotl'Ca Ambrosiana) rappresentante un viso (a sinistra) e un occhio (a destra). Per ai;sumen.- un aspetto naturale idisegnidevonoessereguardatidiscorciodadestra.
tare una figura destinata ad esser e vista di scor eia su una porzione di superficie piana fortemente inclinata rispetto alla direzione d i osservazione. Ci rimangono un testo e due disegni a conferma di questa sua attenzio ne al pr oblema (figura 5.20). Leonar do descrive il meccanismo degli scorci progressivi che si hanno via via che la visione diventa più obliqua: per rendere apparentemente uguali degli intervalli di di stanza, occorr e disegnarli progressivamente più lunghi. Naturalmente queste irrunagini appaiono deformate quando non siano viste di scorcio, o quando l'osservatore sia libero di muoversi davanti alla parete del d ipinto. Infatti Leonardo nota: «E se dipingerai ciò su un muro davanti al quale potrai spostarti liberamente, ti sembr erebbe sproporzionato». I due disegni all un gati di w1 viso di un bambino e di un occhio conservati nel Codice Atlantico di Leonardo, con i segni appena per cettibili delle linee di pr oiezione gradualmente distanziate, se osservati obli quamente dalla destra, appaiono nelle normali proporzioni, come il lettore potrà constatare osservando così la figura 5.20. È questa la più antica rappr esentazione anamorfica che ci sia pervenuta. Nel XVI e XVII secolo cominciano ad apparir e dei trattati di tecnica delle anamorfosi. In particolare Jean François Niceron nel suo Thau111afurg11s Opticus (1646) dà mi' ampia trattazione delle immagini anamorfiche e dei metodi per ottenerle mediante una griglia pr ospettivamente distorta. È probabilmente questo il metodo seguito per ottenete la più famosa immagine anamorfi ca del Cinquecento, quella dipinta da 132
Oipingcrt.>ladistanza
FiguraS.21 Hans Holbein, Gli Amb11scial11ri ( 1533). Londra, National Gallcry. Per vedere il teschio anamorficooccorreguardare il quadrodiscorciodasinistrasottoforteangolo.
Hans Holbein nel 1533, negli Ambasciatori (figura 5.21). Ai piedi dei due notabili francesi si osserva una figura che è incompEnsibile se il quadro
è visto di fronte, ma che si rivela essere un teschio guardando il dipinto di scorcio dall a parte sinistra. Probabilmente questa immagine anamorfica è carica di un significato si mbolico come lo erano quelle dei secoli precedenti. L'immagine così mimetizzata del teschio potrebbe fare da contrappunto al piccolo crocifisso seminascosto dalla tenda lungo il margine sinistro del quadro. Le due immagini starebbero a richiamare l'una la morte: memento mori, e l'altra la salvezza nella vita futura. 133
CapìtoloS
Altri esempi molto no ti di dipinti anamorfici sono ritratti di sovrani: il ritratto di Carlo V (1533) conservato a New York e il ritratto di Edoardo VI (1546), alla National Portrait Gallery di Londra. Dal XVII al XIX secolo si sono moltiplicati gli esempi di immagini anamorfiche, particolarmente quelle destinate ad esser e osservate per riflessione su specchi cilindrici o conici.
La prospettiva e le leggi della visione Dopo aver parlato della rappr esen tazione prospettica e della sua possibile e ffi cacia nel simulare la d istanza, conviene ribadir e e chiari re le sue ambiguità e contraddizioni rispetto all a per cezione visiva di scene reali. lnnanzittuto ricordiamo che entro d istanze moderate come quelle di un ambiente interno la grandezza appar ente degli oggetti è indipendente d alla d ista nza. Quindi la prospettiva centrale non è applicabile in questo ambito d i distanze, perché d arebbe risultati paradossal i. È probabimente per questa ragione che già i pittori del Rinascimento hanno corretto o attenuato l'a pplicazione d elle r egole prospettiche nel dipingere personaggi o oggetti in primo piano. Ancora: è vero che per la visione da lontano va le la legge della costanza dell'angolo, che corrisponde alle leggi della rappresentazione prospettica. Tuttavia è pur e vero che talvolta anche per queste distanze la grandezza apparente può risultare va riabile a parità diangolo visivo, in relazione ad altri indizi percettivi presenti, come avviene per \'ingra ndimento apparente degli astri all'ori zzonte. Un altro caso in cui le leggi d ella prospettiva non sono in accordo con la percezione è quello della prospettiva invertila. Si parla di prospetti va invertita quando per rappresentare la profondità si usa la divergenza, anziché la convergenza d elle linee parallele, come in alcune pitture medioevali e in particolare nei mosaici bizantini . Un famoso esempio è quello della storia dell aOspitalità di Abramo in Sa n Vitale a Ravenna dove il tavolo al centro è rappresentato con il lato più vicino più corto del lato più lontano (figura 5.22). Ci si è domandati se la prospettiva invertita avesse un'origine perettiva o se fosse puramente un'invenzione pittorica. I risultati di esperimenti condotti per verificare questo punto, hanno mostrato che nella visione dall'a lto di certi solidi con facce rettangolari, simili a quello rappresentato nella figura, vi è una distorsione percettiva nel senso della prospettiva in134
Oipingcrt.>ladistanza
FiguraS.22 L'Ospila/itlt di Abramo. Ravenna, Mosaico in San Vitale. Si noti la prospettiva invertita nella rapprcsentazionedeltal'olo.
vertita. Se il lato più vicino e quello più lontano sono di uguale lunghezza, il lato più lontano sembra un pochino più lungo. Gli autori di questi esperimenti concludono che la prospettiva a linee divergenti è percettivamente legittima come lo è quella a linee conveigenti. i:: probabile che questo fatto percettivo abbia originato in certe epoche una convenzione di rappresentazione pittorica che veniva poi applicata passivamente anche in casi in cui non era del tutto appopriata. Un'altra considerazione che ha fatto ritenere la prospettiva lineare in disaccordo con la percezione visiva è il fatto che le immag ini visive vengono proiettate su una superficie curva, quella della r etina, e non una superficie piana. i:: bene però chiarir e che la curvatura delle immagini retiniche non ha una conseguenza diretta su lle relazioni tra 135
CapìtoloS
immagini prospettiche e visione. Ricordiamo infatti che la proiezione prospettica è la sezione della piramide visiva con una data superficie. Quando si guarda la proiezione prospettica dal vertice d ella piramide visiva, l' immagine prodotta sulla retina d a questa pr oiezione, coincide punto per pu nto con l'immagine retinica dell'oggetto. Se quindi \'immagi ne r etinica è la stessa per l'oggetto r eale e per la sua proiezione prospettica, la curvatura della r etina non giustifi ca una differenza tra le due, cioè tra il veder e l'oggetto e il vedere la sua immagine prospettica. Alcuni storici d ell 'arte hanno suggerito dei sistemi di pr ospetti va curvilinea ritenendo così di corr eggere gl i ef fetti della pr oiezione sulla superficie curva della r etina. Questo suggerimento no n appare giusti fi cato. Nella visione naturale gli indizi pittorici monocu la ri e quelli binoculari insieme alla parallasse da movimento, collaborano alla per cezione della profondità. Nella visione di un dipinto, invece, gl i effetti di profondità indotti dalla pr ospettiva e dagli altri indiz i pittorici (sovrapposizione, luci e ombre ecc.) sono in parte contraddetti dagli indizi binoculari e dalla parallasse da movimento che indi cano che il quadro è una superfi cie e che qu ind i la terza d imensione è illusoria. È solo in quei casi eccezionali, in cui è stata pr esa ogni precauzione per rendere impossibile la consapevolezza della su perficie dipinta, che il dipinto assume una vera e propria apparenza tridimensionale. Ciò accade quando si guard a un dipinto con un occhio solo attraverso uno schermo che ne limiti la porzione di superficie visibile, escludendo la cornice. O anche quando si guar da un dipin to da una d istanza così grande da rendere inefficaci gli indizi di profondità binoculari, come avviene per g li af freschi del Pozzo in S. Ignazio. E infine, quando si guarda un quadro non direttamente, ma per riflessione su uno specchio piano in maniera da ridurr e i ri fe rimenti non prospettici. Nel Museo del Prado a Madrid era un tempo pr edisposto questo tipo di osservazione per il famoso quadr o di Vel . Dunque al contrasto cromatico si aggiunge in a lcuni casi un contrasto d i luminosità: si ricordi che il nostro occhio è assai più sensibil e alle radiazioni centrali dello spettr o visibile (r egione del verde e del giallo) e assai meno a quelle della r egione viola (figura 6.3). Inoltre, poiché i colo ri complementari generalmente appartengono l' uno alle cosiddette tinte calde, l'altr o alle tinte fr edde, il contrasto tra colori complementari può carica rsi, in misura maggior e o minore, anche d i questo contrasto cald o-freddo. 174
Il colore nel quadro
Figurhiladelphia, Art Museum.
gure crea un effetto armonico di notevole bellezza e il distacco tra la figura centrale e le due laterali simmetriche viene accentuato dalla sapiente scelta dei colori, che costituiscono due coppie latgamen te separate nel disco cromatico. L'effetto ch iaroscurale che accompagna il contrasto cromatico tra i complementari giallo e viola viene spesso impiegato in pittura. Ad esempio, nel famoso quadro di Cézanne Monf Ste Vìctoire, questo contrasto viene utilizzato sapientemente per dare un senso di profondità al paesaggio, accentuando il distacco tra figura e sfondo (figura 7.6). Un altro effetto di contrasto di notevole efficacia pittorica nasce dall'accostamento di colori freddi e caldi che può suggerire anche un contrasto tra ombreggiato e soleggiato, riposante ed eccitante, lontano e vi· cino. Nella p ittura medievale e nelle vetrate delle cattedrali gotiche, il contrasto caldo-freddo tra rosso e blu simboleggia la dualità tra ciò che è materiale e ciò che è al di là della materia {figura 7.7) . Spesso la Madonna porta una veste rossa sotto il manto azzurro, a simboleggiare l' «umano coperto dal divino». 176
Il colore nel quadro
Figura7.7 VetratadellaCattedralediChartres,dettaLnBellrVerri~ri'(Xusccolo).
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Capitolo?
Figura7.8 Piero della Francesca, Natività. Londra, National Gallery.
Questo simbolismo si ritr ova anche nel Rinascimento; in taluni casi il contrasto tra azzurro e rosso può contrapporre personaggi divini e angelici a personaggi terreni, come nella Natività di Piero della Francesca (figura 7.8). È interessante notare che il simbolismo dei colori non è ristr etto alla cultura occidentale ma si estende ad altr e culture assai lontane dalla nostra. ln India, ad esempio, il color e blu è quello attribuito agli elementi primitivi della materia e del cuore di Buddha ed indica anche suprema saggezza; in altri contesti però può assumer e un valore più spirituale e riguar dare la vita ultraterr ena o come salvaguardia contro i demoni o nei riti magici addirittura come colore che può scacciare i fantasmi. 178
Il colore nel quadro
Figura7.9 Claude Monet, lwprt"SSimr, so/l'i/ /ei:>tml. Parigi, Musée Mannottan.
Il contrasto freddo-caldo assume un particolare rilievo nei quadri degli impressionisti, dove la fredda tonalità azzurra dell'atmosfera di viene ombra colorata ed entra in contrasto con la ca lda tonalità delle zone illuminate dal sole. Così, ad esempio, in lmpression, solei/ /evant, di Claude Monet, dove le calde tonalità del sole e dei suoi riflessi sull'acqua si contrappongono alle fredde ombre, dissolvendole in un magico effetto chiaroscurale (figura 7.9). Altro tipo di contrasto è quello che si crea tra aree fortemente cromatiche, di colore saturo, e aree neutre. Questo contrasto di saturazione è presente in molte opere di pittura di tutte le epoche, dai manieristi fino agli astrattisti. Per illu strarlo abbiamo scelto un famoso quadro del pittore seicentesco Georges de 179
Capitolo?
Figura7.10
Georgesdel.aTour,/lr1roiw/o.Ren11es,MuséedesBeaux·Arts.
La Tour (figura 7.10), dove il contrasto chiaro-scurale si accompagna a un forte contrasto di saturazio ne tra il r osso abito della madre e le tinte neu tre del resto del quadro. Citiamo per ultimo il co11trasto di q11a11fità, che si verifica quando su aree estese di colore relativamente uniforme è presente una piccola area di color e notevolmente diverso. Questa piccola macchia di colore viene evidenziata per contrasto. Così accade per la r ossa camicia del contadino protagonista del Paesaggio con la caduta di lcar o di Bruegel (figura 7.11). Come abbiamo detto, nella grande maggioranza dei casi il contrasto cromatico si accompagna a un contrasto di chiaro-scuro, o perché i colori stessi hanno tendenzialmente questa proprietà, come il giallo e il viola, o per ché una d ifferenza di luminosità viene intr adotta appositamente dal pittore. Solo eccezionalmente si trovano accostate in
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Il colore nel quadro
Figura7.lt Pieter Bruege l il Vecchio, Paesaggio co11I.ica.fola1/i Icaro. Bruxell es, Mu~s royaux des BeauxArts.
un dipinto due aree crom aticamente diverse ma ugualmente luminose. Se questo avviene, i mar gini della figura tendono ad apparir e meno definiti, si attenua il rapporto tra figura e sfondo, si appiattiscono le distanze. Un contras to pu ramente cr omatico, senza dif ferenza d i luminosità, è r elativarnente meno effica ce nella rappr esentazione della forma. Questo fatto ha la sua spiegazione nell'or ganizzazione delle vie visive, come abbiamo già detto p r ecedentemente (Capitolo 6). La capaci tà di distinguere piccoli dettagli che differiscono tra loro solo per colore e non per luminosità è scarsa, cir ca 3 o 4 volte inferiore a quella che consente dì distinguer e piccoli dettagli in bianco e nero. Ques ta è la ragione per cui la nitidezza dei contorni è assai ridotta ai bordi puramente cromatici. 181
Capìtolo7
Per comprendere meg lio il diverso r uolo che possono aver e in una pittura il contrasto puramente cromatico e il contrasto di chiaroscuro, osserviamo la fi gura ottenuta estraendo queste due componenti del contrasto da un particolar e del Ritratto dei coniugi Amo1fi11i di Jan van Eyck (figura d i apertura del capitolo). Un particolar e del quadro, la giovane sposa, è stato fo tografato in modo da conservar e solo il contrasto di color e presente tra le varie ar ee del dipinto, ed e li minand one le differenze di luminosità (foto in basso a sinistra). Il contrasto d i chiaro-scu ro, senza differenze di colore, è invece rappresen tato nella fotografia in basso a destra . Si noti come la fi gu ra con contrasti puramente cr ornatici risulti assai meno defi nita nella forma, e quasi irreale, rispetto a quella in chiaro-scuro.
G li effetti di profondità creati dal colore I colori caldi visti sullo sfondo di colori fr edd i tendo no a generar e un'impressione di pr ofondità: i g ia lli e i r ossi avanzano verso lo spettatore, mentre i ver di e i blu r etrocedono. Scrive Kandinskij: 7.12
Effetti di profondità per diversi colori. Sul nero il giallo si stacca dallo sfond o più del rosso edelblu.Sufondobiancol'effettosiinverte
seconde vengono maggiormente rifratte rispetto alle prime. Si cr ea un effetto prismatico per cui nei d ue occhi si formano imm agini rispettivamente rosse e blu con d isparità diverse (Capitolo 5). È quindi un vero e proprio ef fetto stereoscopico binoculare quello per cui oggetti rossi possono apparire più vici ni di una superficie blu. Questo effetto binocular e non esaurisce tuttav ia l'ef fetta di profondità, poiché questo permane in parte anche se si guar da l'immagine con un occhio solo (figura 7.13). Figura 7.13 Cellulerossevistealmicroscopiosullo sfondod\unmezzoblu.Lemacchierosse sembrano emerge,.... sullo sfondo. Questo effetto stereoscopico è dovuto a ll'aberrazione cromatica dell'occhi o.
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Capìtolo7
Le ombre colorate Ci serviamo delle parole di Goethe per introdurre un importante fenomeno di visione dei colori: quello delle ombr e colora te. Scrive Goethe: «ln un viaggio d'inverno nello Harz f... ] i fianchi delle montagne era no coperti di neve[ ... ) il sole scendeva all'orizzonte. Durante il giorno avevo già potuto notare che, contrastand o con il tono gia ll astro dell a neve, le ombre apparivano leggermente violette f... ] Ma quando il sole sul punto di sparire all'orizzonte ricoprl di porpora il mondo intorno, l'ombra cambiò di color e e apparve un ver de paragonabile a quello del mare[ ... )». Da questa viva descrizione emer ge un fenomeno ben noto per il quale, quando la sorgente che illumina ha una tinta fortemente dominante, le ombr e appaiono colorate del color e complementar e a quello della sorgente. Il color e dell'ombra risulta da un ef fetta di contrasto: le parti in luce spingono le parti in ombra, meno intense, verso il color e complementare. Questo fenomeno per cettivo è noto ai pittori ed è fr equentemente rappr esentato nei quadri : il color e dell'ombra contribuisce a creare contrasto. Un esempio suggestivo sono i Covoni co11 la brina di Monet, dove l'ombra del covone è vistosamente dipinta con il colore complemen tare a quello che domina nelle parti ill uminate del quadro. La luce dominante, dora ta, crea un'ombra dipin ta con il colore complementare cioè l'azzurro (figura 7.14). Altro caso in cui si producono ombre colorate è quello di una scena illum inata da due sorgenti croma ticamente diverse, ad esempio il sole e una lampad a oppure una can dela. Se un oggetto cr ea un'ombra rispetto alla rad iazione del Sole, la parte in ombra, illuminata soltanto dalla sorgente artificiale, risulta d i colore più sa turo rispetto alle parti illum inate da tutte due le sor genti. Se la sorgente artificiale è una candela, l'ombra è r ossastra. Al contrario, una zona d'ombra per la luce dell a candela, e illuminata solo dal Sole, appar e azzurrina. Hegel l'aveva notato e descritto accuratamente: «L'om bra proiettata dalla luce della candela e illuminata dalla luce natural e del mattino diviene blu; l'ombra getta ta dalla luce del giorno e rischi arata dalla luce della candela di viene rossa». All 'aperto possono apparir e leggermente azzurre le zone di o mbra proiettata da oggetti che copr a no i raggi d ir etti del Sole e che sono quindi illuminate soltanto dalla luce diffusa del cielo.
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Il colore nel quadro
Figura7.14 Cl!lobambinocl'infanz.iadcll' artc
pochi anni fa, i nati con catara tta bi laterale veni vano operati in età scolare o addirittura verso i dieci ann i. li bambino, appena eseguita l'operazione, riacquistava la traspar enza dei mezzi dell'occhio, ma ri maneva incapace d i ved ere. Possiamo domandarci cosa succeda della visione di questi bambini ciechi dalla nascita e operati di cataratta dopo alcu ni ann i. Poco dopo l'operazione i pazienti comi nciano a distinguere zone più chiare e più scur e nel cam po visivo, ma sono inca paci di identificar e g li oggetti , Dopo alcun i giorni sono in grad o di d istinguer e dei colori. Da questo punto in poi il miglioramento è molto lento e in alcuni soggetti assai scoraggiante, Altri riescono a raggiunger e la capaci tà di riconoscer e d elle semplici forme geometriche, singole letter e o numeri, e riconoscer e disegni come ad esempio q uelli che rappr esentano una fa ccia . Spesso manca per lungo tempo la ca paci tà di riconoscere l'oggetto nella sua globalità; per identifica rlo, i soggetti ricorrono all'esame d ei suoi singoli elemen ti, di fr equente con risultati e rronei. Riesen riporta il caso di una bambina d i dod ici anni a cu i alcu ni mesi dopo \'operazione fu mostrato il disegno di un an imale che essa chiamò «Ca mmello», aggiungendo «per ché ha una gobba». La gobba era in rea ltà la pinna dorsale di un pesce. Gli effetti negativi della depri vazione sensoriale sono tanto più grav i quanto più prol ungato è il periodo d i d epri vazione. Se questo è limitato a una breve d u rata, gli effetti della deprivazione sono recuperabi li compl etamente o almeno in parte. Questa è la rag ione per cui attualmente i bambini con cataratta congenita vengono operati nei prim i mesi di vita. Un caso inter essante è quello di un paziente cieco dall a nasci ta per opaci tà corneale e operato di trapianto di cornea a cinquantad ue anni. Immediatamente dopo l'operazione il paziente era capace di vedere le cose che aveva conosci uto a ttraverso il tatto quando era cieco. Per gli oggetti per cui non aveva questa esperienza tattile acqu istò la capaci tà di veder e solo molto lentamente e mai completamente. È interessante in questo caso lo studio del trasferimento di una percezione tattile all a visione. Gli esperimenti sugli animali, in particolar e quelli sug li scimpanzé allevati al buio, hanno dimostrato un deteriora mento delle capa· cità visive simile a quello dell' uomo. Inoltr e questi esperimenti hanno permesso di precisare che l'allevamento al buio, e quindi l'assenza di esperienza visiva, impedisce lo sviluppo del sistema nervoso
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Capìtolo8
visivo non tanto a livello della r etina quanto a livello cer ebrale, in pa rticolare della corteccia. Un altro caso di anormale esperienza visiva in età pr ecoce è quello che si presen ta quando i due occhi sono notevolmente diversi tra loro dal punto di vista ottico, per esempio quando uno è normale e l'a ltro è miope, oppur e quando gli assi visivi dei due occhi non convergono normalmente su ll'oggetto fissato, come nei casi di strabismo. Spesso in questi casi uno dei due occhi viene penalizzato e le sue capaci tà visive non si sviluppano normalmente. 11de fi cit più notevole è una diminuzione drastica della vista che non mi gliora neppure con gli occhiali: l'occhio, indebol ito nella sua capacità visiva, si dice ambliope. Poiché sia lo strabismo sia la diversità di difetti visivi nei due occhi sono relativamente frequenti nei bambini, il lor o studio è stato importa nte per definir e entro quali limiti di età devono esser erimosse le cause dell'ambliopia per renderne possibile il recupero. Si ritiene che il recupero sia possibile almeno parzialmente se si interviene opportunamen te nei primi anni di vita e che esso sia tanto più soddisfacente quanto più precoce è l'intervento corretti vo. Per questa rag ione i casi di strabismo vengono, se necessario, operati nel primo anno di vita. Il d isegno nel bambino Lo svi luppo del disegno nel bambino presenta una lunga fase evolutiva, ampiamente trattata da Maureen Cox nel suo volume Children's Drawings of lhe Humrm Figure, a partire da uno-due anni dr ca d i età il bambino comi ncia a tracciare i primi scarabocchi. All 'i nizio questi sono forse più il risultato di una espr essione motoria che figurativa. È il gesto che rappr esen ta, più che il suo risultato. Questa fase del disegno del bambino si può chiamar e rapprese11tazio11e gestuale. Successivamente, tra i d iciotto e i tr en ta mesi, il bambino comincia a interpreta re i segni fortuiti dei propri scarabocchi : è la fase del realismo fortuito. A questa età i bambini cominciano a contr ollare meglio i loro movimenti, così da produrre occasionalmente delle fo m1e chiuse approssimati vamente circolari. Queste vengono più faci lmente interpretate come oggetti, anim ali ecc. Per Arnheim le forme dr colari sono una delle forme primitive primarie del bambino.
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llccrvt.>!lobambinocl'infanz.iadcll' artc
Fìgura8.3 Disegn i di bambini rappl'l'Sl'nlanti la figura umana ~ a
girino~ .
Segue, verso il terzo anno di vita, una fase in cui il bambino si propone espressamente una rappr esentazione figu rativa, e ini zialmente la realizza median te forme stereotipe. A questa età il bambino si accorge della potenzialità del disegno nel rappresentare, anche se i suoi ster eotipi sono ancora molto primi tivi. Ad esempio la figura umana è la nota «figura del girino», schematizzata in un cer dliO per la testa e in due o più tratti per gli arti, generalmente per le gambe (figura 8.3). Alcuni sostengono che questo avviene per ché la testa e le gambe sono per il bambino le parti più importanti della figura umana. C'è poi una fase di transizione in cui vengono cr eati nuovi tipi con l'aggiunta intenzionale di dettagli. Nel caso della fi gura umana, questi possono essere il torso, che di solito è un altro ovale, poi le braccia, i piedi o le ma ni. n bambino annuncia in anticipo che cosa vuole rappresentare, i dettagli che aggiunge però sono spesso fuori posto o orienta ti in modo non corr etto. L'i potesi più genera le è che il d isegno del bambino sia la rappr esentazione di un modello interno d i ciò che vuole raffigurare, e non un tentativo di ripr odurre gli oggetti o le figure reali come li vede. Verso i cinque anni si passa a uno stadio cosi ddetto di realismo i11tellettua/e in cui il bambino sceglie le parti importanti di un oggetto o di un anima le per definire ciò che vuole rappresentare, per esempio i baffi per un gatto. Successivamente ogni parte diviene d1iara ed esemplare, cioè capace d i rappr esen tare la categoria dell'oggetto, e 207
Capitulo8
Fìgura8.4 Disegno di una bambina di cinque anni e mezzo, rappresentante dei personaggi che camminano sui fianchi della montagna. Si noti la m,mcanza di una rappresentazione spa zialeconve nzionale:ibambini eglialberisonoperpendicolarialfiancodcllamontagna
tuttavia non c'è ancora alcun tentativo di rappresentazione spaziale corrispondente a ciò che si vede (figura 8.4). Infine si passa al realismo visivo, quando ad esempio si rappresentano le figure umane di profilo con w1 solo ocd1io ecc. Nella figura 8.5 è riportato un disegno della stessa bambina di figura 8.4 eseguito all'età di sette anni. Si noti il corretto rapporto delle dimensioni spaziali e la rappresentazione dinamica delle figure dei due cani. Questi schemi di svilu ppo del disegno vanno intesi solo in maniera indicativa. Ovviamente vi possono essere stadi intermedi, oppure a una certà età possono manifestarsi contemporaneamente più fasi di sviluppo. Inoltre, come è da attendersi, vi sono notevoli variazioni individuali sia nella precocità dello sviluppo sia nella acquisizione di una capacità rappresentativa. I disegni di Nadia, che riporteiemo in un altro capitolo, sono esempi di uno sviluppo del disegno eccezionalmente puoce. Ciò che abbiamo detto fin qui riguar da il disegno spontaneo. Ma anche la capaci tà di copiar e forme geometriche piane o solide si svi-
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Il cervello bambino e l'infanzia dell'arte
Fì gura8.S Disegno di una bambina di sette anni (la stessa del disegno di figura 8.4) che rappresenta leistessamentregiocaconisuoicani.
luppa con l'età. Secondo Piaget, quando i bambin i cominciano a tentare di disegnare forme geometriche, tendono a suddividerle semplicemente in fanne chiuse (cerchio, quadrato ecc.) e in forme aperte (ct0ce, ferro di cavallo). Essi rappresentano tutte le fanne chiuse con una linea grossolanamente circolare. Più tardi cominciano a distinguere tra fanne chiuse curve e forme chiuse con angoli, e rappresentano le prime con un cerchio e le seconde con un quad rato, senza altE distinzioni. Infine arrivano a suddividere ulteriormente queste categorie disegnando correttamente, per esempio, dei quadrati, dei triangoli, delle fanne ovali. Copiare oggetti tridimensionali è ovviamente più difficile, anche se il modello è una fotografia o il disegno di un corpo solido. 1 tentativi di rappresentare la figura solida in prospettiva sono scarsi nell'età pr escolare e più frequenti, oltre che più corretti, verso gli otto anni. Gli stadi d i sviluppo del disegno che abbiamo descritto si riferiscono alla civiltà occidentale, e non sono direttamente esten dib ili ad altre cu lture. Ad esempio lo «stad io del girino», o comunque la rap209
Capìtolo8
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Figur.i8.6 (a) ~ Figure a testa di spillo» disegnate da bambini della tribù Bemba in Rodesia. (b) Uomo di profilo di segnato da un bambino Maori (N uova Zelanda) di cinque anni.
(c),(d)«Figure.-.cilteoa.. disegnatedaunabimbadiseiilnnidelCongoBeli;aedaun bambinoindianodel!as\($S.leià.
presentazione della fi gura umana con la testa appr ossimativamente circolare, non si ritrova nei disegni di bambini di alcune regioni de\1' Africa, che invece rappr esentano la testa con una macchiolina piena; sono le cosiddette «fi gure a testa di spillo» (fi gura 8.6a). In altre culture, anziché disegnare i d ettagli della testa e del corpo all ' interno di un contorno chiuso, le figur e umane vengono rappr esentate come «catene» in cui ogni parte del corpo da ll a testa ai p iedi segue ad un'altra lungo una linea verticale (fi gura 8.6c, d ). Sotto altri aspetti certe cultur e sembrano mostrar e stadi più pr ecocidi sviluppo. Per esempio, l'abilità nel disegno dei bambini cinesi sembra essere notevolmente più sviluppata rispetto ai bambini oc210
llccrvt.>!lobambinocl'infanz.iadcll'artc
cidentali. Questo può esser e dovuto alla considerazione in cui vengono tenute le arti g rafiche nella cu ltu ra cinese e nel precoce apprendimento a cominciare d alla scuola ma terna . ln altre culture si è notato che la tendenza a disegnar e di profilo le figure umane si afferma già tra i cinque e i sette anni, cioè a una età più pr ecoce che per la maggioranza dei bambini occidentali (figu ra 8.6b). Tutto ciò ind ica che c'è un' influenza dell'ambiente cu ltu rale del ba mbino sulla precocità del suo svilu ppo nel disegno, e anche negli stereotipi scelti per rappresentare la figura umana. Peraltro, insieme ai fattori ambien tali sembra che possano giocare un certo ruolo anche i fattori innati. Lo sviluppo d i cui abbiamo parlato si rife risce infatti a bambini a cui siano offerte occasioni di disegnar e fin d a piccoli. Se questa esperienza non avviene può accader e che gli adu lti nei lor o primi tentati vi di disegno producano fi gure corrispondenti agli stadi in iziali del disegno nel bambino, Uno studio su un gr uppo di ad ul ti cresciuti in ambienti rurali della Turchia, con nessuna esperienza di disegno e scarsa esposizione a figu re e immagini grafiche, ha dimostrato che molti di questi ad ul ti d isegnavano figur e con un grado di ingenuità molto maggiore che non adulti del la stessa età ciesciuti nell 'ambiente urbano, Nella rappr esentazione della fi gura umana, molti di questi adul ti producevano le fi gure schematiche tipiche dei bambini nelle prime fas i di sviluppo d el disegno (fi gura 8.7). Anche ne lla riproduzione di fig ure geometri che, adulti illetterati usano soluzioni tipiche d ell ' infanzia.
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