Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente [PDF]

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Zitiervorschau

Eric R. Kandel

Alla ricerca della memoria La storia di una nuova scienz a della Traduzione di Giuliana Oli vero

111e11te

Eric lt Kandd Allarircrrndellame111ri11 La swria di wra m1ov11 5cimza d!'lla

1umtf

Progetto gr.ifico: scudiofluo srl Impaginazione: adfonnandchircfaz imw

di essere parte de lla straordinaria comunità internazionale degli scienziati dedi ti alla biologia. Nel corso del mio lavoro ho avuto modo di conoscere numerosi scienziati di primo piano, all'avanguardia nella rivoluzione verificatasi di recente in biologia e nelle neuroscienze, e l'aver interagito con loro ha fortemente influenzato la mia stessa ricerca. In questo libro si intrecciano quindi due narrazioni. La prima è la vicenda intellettuale degli straordina1; risultati scientifi ci ottenuti negli ultimi 50 anni nello studio della mente. La seconda è la storia del la mia vita e della mia ca rri era scientifica lungo il medesimo lasso di tempo, a partire dalle mie giovanili esperienze viennesi che hanno suscitato in me il fascino per la memoria, un fascino dapprima rivolto alla storia e alla psicoanalisi, poi alla biologia del cervello , infine ai processi cellulari e molecolari della memoria. Alla ricerca della 111c1110ria ì: perciò un resoconto di come la mia ricerca personale volta a comprendere la memoria si sia intersecata con uno dei massimi sforzi compiuti dalla scienza: il tentativo di comprendere la mente in termini biologici, a livello di cdlule e di molecole.

Alla ricerca de lla m emoria

Parte

I

No11 è il passalo in q11a1110 tale clic dg011cma, cffc//o,forsc, i11 senso biologico . 50110 le i111111agi11i dcl passato, spesso Jòrte111e11te str111111ratc e sclerti11e co111e 111i1i. /111111agi11i e cos1mzio11i si11Jboliche dcl passaro sono i111presse, q11asi alfa stregua di iiifor111az io11i gc11crid1c, mlla 11oslra srnsibilirà. Og11i 1111011a era storica rispcal1ia se stessa 11ella raffig11razio11e e nella mitologia aflii:a del proprio passato.

Capitolo

1

La m em o ria personale e la bio logia dell'immagazzinamento mn em o ni co

La memoria mi ha sempre affascinato. Pensateci - tutti possiamo richiamare alla mente il primo giorno di liceo, il primo appuntamento, il primo amore. Nel farlo, non ci \imitiamo a rievocare l'evento, ma riviviamo l'atmosfera in cui si è svolto: le visioni, i suoni, gli odori, il contesto sociale, l'ora del giorno, le conversazioni, le sfumature emotive. Hicordare il passato è una fo rma di viaggio ment:i.le nel tempo, che ci svincola dalle costrizioni di spazio e tempo e ci consente di muoverci liberamente in dimensioni del tutto diverse . li viaggio mentale nel tempo mi permette di staccarmi dalb sc rittura di questa frase nel mio studio di casa, affacciato sul fiume H udson, e di proicttamli all'indietro di 67 anni e verso est, oltre l'oceano Atlantico fino ali' Austria, a Vienna, dove sono nato e dove i miei genitori possedevano un piccolo negozio di giocattoli . È il 7 novembre 1938, il giorno del mio nono compleanno. 1 miei genitori mi hanno appena dato il regalo che desideravo ardentemente: un modellino di automobile a batteria telecomandato. È una bellissima, sfolgorante macchina blu, con un lungo cavo che col lega il motore a un volante per mezzo del quale io posso controllare i movimenti della vettura, il suo destino. Per i due giorni successivi guido l'automobile in lungo e in largo nel nostro piccolo app:i.rtamento - attraverso il soggiorno, in sala da pranzo, sotto le gambe dcl tavolo, dove i miei genitori, il mio fratello maggiore e io ceniamo tutte le sere, dentro e fuori la camera da letto - sterzando con immenso divertimento e crescente sicurezza. Ma il mio piacere ha vita breve. Due giorni dopo, nelle prime ore ddla sera, un violento bussare alla porta di casa ci fa tras:i.lirc. Ricordo quei colpi ancora oggi. Mio padre non era ancora rientrato dal lavoro in negozio. Mia madre apre la porta. Entrano due uomini. Si pn:sentano come poliziotti nazisti e ci o rdinano di prendere con noi l'essenziale e di lasciare l'appartamento. Ci danno un indirizzo e ci dicono che saremo alloggiati là fino a nuovo ordine . Mia

Alla ricerca della memoria

madre e io impacchettiamo solo un cambio d'abiti e il necessario da toeletta, ma mio fratello, Ludwig, ha il buon senso di prendere con sé i due suoi averi per lui di massimo valore: la collezione di francobolli e quella di monete. Con le nostre poche cose, camminiamo per parecchi isolati fino alla casa di una coppia di anziani ebrei benestanti che non abbiamo mai visto prima. li loro appartamento spazioso e ben ammobiliato ai miei occhi sembra molto elegante, e l'uomo che vi abita fa su di me una forte impressione . Quando va a letto indossa una camicia da notte riccamente ornata, molto diversa dal pigiama di mio padre, e dorme con una berretta da notte pe r proteggere i capelli e con una reticella sul labbro superiore per mantenere in posizione i baffi. Anche se abbiamo invaso la loro privacy, i nostri ospiti designati sono premurosi e gentili. Malgrado la loro agiatezza, sono piuttosto in quieti e spaventati per gli eventi chi." ci hanno portati presso di loro. Mia madre è in imbarazzo per questa ospitalità forzata, rendendosi conto che i due sono probabilmente altrettanto a dis.1gio con tresconosciuti piombati tra di loro all'improvviso . Nei giorni c he trascorriamo ndl'appartamento di questa coppia, sistemato con tanta cura, io sono disorientato e intimorito. Ma per noi tre la più grande fonte di apprensione non è il ritrovarci in casa di estranei, quanto invece la sorte di mio padre: è scomparso e non abbiamo idea di dove sia . Dopo svariati giorni ci viene finalmente consentito di fare ritorno a casa. Ma l'appartamento che troviamo non è lo stesso che abbiamo lasciato. È stato rovistato da cima a fondo e ogni cosa di valore è stata portata via: la pellicci:.l di mia madre, i suoi gioielli, l'argenteria da tavola, le tovaglie di pizzo, alcuni degli abiti di mio padre, e tutti i miei regali di compleanno, compresa la bellissima, sfolgorante automobile blu telecomandata . Con nostro enorme sollievo, comunque, il 19 novembre, J\cuni giorni dopo il nostro ritorno nell'appartamento, vedi:nno tornare mio padre. Ci dice di essere stato arrestato insieme a centinaia di altri ebre i, e rinchiuso in una caserma dell'esercito. Ha otte nuto di venire rilasciato avendo potuto dimostrare di aver prestato servizio militare nell'esercito austroun ghcrese, combattendo a fianco della Germania durante la Prinu guerra mondia le. I ricordi di quei giorni - guidare l'automobile per tutta la casa con crescente sicurezza, sentire i colpi alla porta, ricevere dai nazisti l'ordine di andare in un appartamento dì sconosciuti, ritrovarci derubati dei nostri averi, la scomparsa e la riapparizione di mio padre - sono i

ricordi più potenti della fase iniziale della mia vita. In seguito avrei appreso che quegli eventi erano in concomitanza con la Notte dei crista!Ji, quella notte sciagurata che ha mandato in fomtumi non solo le finestre delle nostre sinagoghe e dd negozio dei miei genitori, ma anche le vite di innumerevoli ebrei in tutta l'area di lingua tedesca . Guardando in retrospettiva, la mia famiglia è stata fortunata. La nostra sofferenza è stata risibile in confronto a quella di milioni di ebrei che non hanno avuto altra scelta se non quella di rimanere nell'Europa in mano ai nazisti. Dopo un anno di umiliazioni e di timori, Ludwig, allora quattordicenne, e io riuscimmo a lasciare Vienna diretti negli Stati Uniti , per andare a vivere dai nonni a New York , dove i nostri genitori ci avrebbero raggiunti sei mesi più tardi. Anche se la mia famiglia e io abbiamo vissuto sotto il regime nazista soltanto per un anno, lo smarrimento, b miseria, l'umiliazione e la paura che ho speri men tato in quell'ultimo anno a Vienna lo hanno reso un periodo determinante della mia vita.

È diffic ile far risalire la complessità degli interessi e delle azioni della vita dì un adulto a specifiche esperienze dell'infanzia e della giovinezza . Eppure non posso fare a meno di coll ega re al mio ultimo anno a Vienna il mio successivo interesse per la mente: per il modo in cui le persone si comportano, l'imprevedibilità delle motivazioni e il persistere della memoria. Dopo l'Olocausto, uno dei moniti degli ebrei è sta to "Non dimenticare mai", un'esortazione alle generazioni future per rimanere vigili contro \'antisemitismo, il razzismo e l'odio, le disposizioni mentali che hanno reso possibile il verificarsi delle atrocità naziste. li mio lavoro scientifico indaga le basi biologiche di quel motto : i processi del cervello che ci mettono in grado di ricordare. Le mi e reminiscenze di quell'anno a Vienna hanno trovato per la prima volta espressione ancora prima che maturassi interesse verso la scienza, quando studiavo al college negli Stati Uniti. Provavo un'attrazione insaziabile per la storia contemporanea austriaca e tedesca, e mi riproponevo di diventare uno storico. Mi sforzavo per comprendere il contesto politico e culturale in cui si erano svolti questi eventi drammatici, il modo in cui un popolo amante dell'arte e delta musica potesse di punto in bianco commettere gli atti più barbarici e crudeli. Scrissi molte tesine di fine trimestre sulla storia austriaca e tedesca, compresa um tesi di ricerca sulle reazioni degli scrittori tedeschi all'ascesa del nazismo.

Alla ri cerca della memoria

Po i, all'ultimo anno di college, i! 1951-1952, mi scoprii attratto dalla psicoanalisi, una disciplina il cui fulcro sta nel sollevare a uno a uno gli strati della memoria e dell'esperienza personale per capire le radici, spesso irrazionali, delle motivazioni, dei pensieri e dei comportamenti umani. Nei primi anni Cinquanta, coloro che praticavano la professione di psicoanalisti eran o per la maggior parte anche medici. Decisi quindi di iscrivermi alla facoltà di medicina, dove fui testimone della rivoluzione in atto nella biologia, di fronte all'evenienza sempre più verosimile che i misteri fondamentali della natura delle cose viventi stessero per essere svelati. Meno di un :umo dopo l'inizio dei miei studi di medicina, nel 1952, veniva scoperta la struttura del DNA. Come conseguenza di ciò , iniziò a schiudersi all'esame del la scienza il funzionamento genetico e molecolare della cellula. Con il tempo, quelle ricerche si sarebbero estese alle cellule che costituiscono il cervello umano, l'organo più complesso dell'universo. Fu allora che presi in considerazione l'idea di esplorare il mistero dell'apprendimento e della memoria in termini biologici. In che modo il mio passato viennese aveva lasciato tracce durevoli nelle cellu le nervose dcl mio cervello? Secondo quale trama il complesso spazio tridimensionale dell'appartamento dove gu idavo la mia automobilina si era insinuato nella rappresentazione interna al mio cervello dello spazio intorno a me? In che modo il terrore ha impresso i colpi alla porta di casa come cicatrici nel tessuto molecolare e cellulare del mio cervello, con inalterabilità tale da consenti rmi di rivivere l'esperienza nei suoi più vividi dettagli visivi ed emotivi più di cinquant'anni dopo? Domande come queste, che fino a una generazione fa restavano senza risposta, stanno per dischiudersi alla nuova bi ologia della mente. La ri voluzione che catturò la mia immaginazione di studente di medicina ha trasformato la biologia, dal campo largamente descrittivo che era, in una scienza coerente con solide basi nella genetica e nella biochimica . Prima dell'avvento della biologia molecolare, erano prevaknti tre idee separa te: l'evoluzione darwiniana, l'idea cioè che gli esseri umani e gli altri animali si fossero gradualmente evoluti da progenitori animali più semplici alquanto differenti da loro; la base genetica dell'ereditarietà dell'aspetto fisico e delle caratteristic he mentali; la teoria c he la ce llula sia l'unità di base di tutte le cose viventi . La biologia molecolare ha riunito queste tre idee mettendo a fuoco le azioni di geni e proteine nelle singole cellule. H a ravvisato nel gene l'unità che determina l'eredità, la forza che guida

il cambiamento evolutivo, e ha individuato i prodotti del gene, le proteine, come gli artefici della funzionalità cellulare. Per mezzo dell'esame degli dementi fondamentali dei process i vitali, la biologia molecolare ha rivelato ciò che tutte le forme di vita hanno in comune. Ancora più della meccanica quantistica o della cosmologia, gli altri campi del.la scie nza che nel xx secolo sono stati investiti da una rivoluzione di ampia portata, la biologia molecolare si impone alla nostra attenzione in quanto influenza direttamente le nostre esistenze quotidiane. Va al cuore della nostra identità, del chi noi siamo. La nuova biologia della mente si è sviluppata per gradi nel corso dei cinque decenni della mia carriera. I primi passi risalgono agli anni Sessanta, quando la filosofia della mente, la psicologia bc haviorista (lo studi o di comportamenti semplici in animali da laboratorio) e la psicologia cognitiva (lo studio dei fenomeni mentali complessi nelle persone) si sono fuse, dando origine all a psicologia cognitiva moderna. Qut:sta nuova disciplin:i tentò di trovare elementi comuni nei processi mentali complessi di vari animali, dai topi alle scimmie, agli esseri umani. Un approccio che in segu ito fu esteso ad animali invertebrati più semplici, come lumache, api e moscerini. La psicologia cognitiva moderna era a un tempo rigorosa dal punto di vista sperimentale e dotata di ampie basi teoriche. Prendeva in esame una gamnu di comportamenti, dai riflessi semplici in animali invertebrati ai più elevati processi mentali ddle persone, come la natura dell'attenzione, della coscienza e del libero arbitrio, per tradizione appartenenti all'ambito della psicoanalisi. Negli anni Settanta la psicologia cognitiva, la scienza della mente, si fuse con la neuroscienza, la scienza dcl cervello. Il risultato furono le neuroscienze cognitive, una disciplina c he introdusse nella psicologia cognitiva moderna i metodi biologici di indagine dei processi me ntali. Negli anni Ottanta la neuroscienza cognitiva fruì di un enorme impulso grazie a!l'imaging cerebrale, una tecnologia che pennise agli studiosi del cervello di realizzare il loro sogno, scrutare c ioè all'interno del cervello umano e osservano: l'attività di svariate sue regioni mentre un individuo svolge le più sofisti cate funzioni mentali, come percepire un'immagine visiva, pensare a un percorso spazial e, o dare ini zio a un'azione volontaria. L'imaging cerebrale opera per mezzo di indici che misurano l'attività neur.'lle: la tomografia a emissione di positroni (PET) rileva il consumo di energia del cervello, e l'imaging a risonanza magnetica funzionale (fìvtm) ne rile-

Alla ricerca della memoria

va l'utilizzo di ossigeno. Nei primi anni Ottanta le neuroscienze cognitive hanno incorporato la biologia molecolare, dando esito a una nuova sc ienza ddh mente - una biologia molecobre delle attività cognitive - che ci ha consentito di esplorare a livello molecolare processi mentali quali il modo in cui pe nsiamo, proviamo sensazioni, apprendiamo e ricordiamo . Tutte le rivoluzioni hanno le proprie origini nel passato, e la rivoluzione culminata nell a nuova scienza della mente non fa eccezione. Sebbene i! ruolo centrale della biologia ndlo studio dei processi mentali fosse inedito, la capacità della biologia di influenzare il modo in cui vediamo noi stessi non lo era affàtto. A metà del XIX secolo, Charles Darwin affermò che non siamo frutto di una creazione a sé stante, bensì di una graduale evoluzione a partire da progenitori animali inferiori; sosten ne inoltre che si possono far risalire le tracce dell'intera esistenza fino a un comune antenato: tutto il percorso a ritroso fino alla creazione della vita stessa. Avanzò l'idea ancora pili audace che la forza guida dell'evoluzione non è un disegno consapevole, intdligcnte o divino, ma un processo "cieco" di selezione naturale, un processo di selezione totalmente meccanicistico di tentativi ed errori accidentali basato sulle variazioni ereditarie. Le idee di D arwin la nciarono una sfida diretta alle dottrine di quasi tutte le religioni. Dato che l'intento originario della biologia era stato quello di spiegare il disegno divino della natura, queste sue idee recisero il legame storico fra religione e biologia. In ultimo, la biologia moderna ci avrebbe richiesto di credere che gli esseri umani, in tutta la loro bellezza e infinita varietà, non sono altro che i prodotti di combinazioni sempre nuove di basi nucleotidiche, i mattoni di costruzione del codice genetico del DNA. Combinazioni che sono state selezionate nel corso di milioni di anni dalla lotta degli organismi per la sopravvivenza e il successo riproduttivo . La nuova biologia della mente ha un potenziale ulteriormente disturbante in quanto propone che non solo i! corpo, ma anche la mente e le specifiche molecole che determinano i nostri processi mentali più elevati - la cosc ienza del sé e degli altri, la consapevolezza del passato e dcl futuro - si sono evolute dai nostri progenitori animali . Per di pili, la nuova biologia presuppone c he la coscienza sia una processo biologico che alla fine potrà essere spiegato in termini di vie di segnalazione molecolare utilizzate da popo lazioni di cellule nervose in comunicazione fra loro .

La maggior parte di noi accetta tranquillamente gli esiti della ricerca scientifica sperimentale quando va lgono per altre parti del corpo: ad esempio, siamo del tutto a nostro agio con il fatto che il cuore non è la sede delle emozioni, ma un organo muscolare che pompa sangue attraverso il sistema circolatorio. Eppure l'idea che la mente e la spiritualità. umane si originino in un organo fisico, il cervello , per alcuni suona nuova e allarmante. Costoro trovano difficile credere che il cervello sia un organo computazionale che elabora informazioni, la cui meravigliosa potenza non deriva dal suo mistero, bensì dalla sua complessità: dall'enorme quantità, varietà e interazione delle sue cellule nervose. Per i biologi che studiano il cervello, quando si applicano metodi sperimentali al comportamento umano, la mente non perde nulla della sua bellezza o del suo potere. Analogamente, i biologi non temono che la mente possa essere resa insignificante da un'analisi riduzionista, che delinea le pani componenti e le attività del cervello. Al contrario, b magstioranza degli scienziati è convin ta che l'analisi biologica possa accrescere il nostro rispetto per b potenza e la complessi tà della mente. In effetti, ave ndo unificato b psicolo6tia cognitiva e behaviorista, la neuroscienza e la biologia molecolare, la nuova scienza della mente può affrontare questioni filosofiche con le quali i massimi pensatori hanno lottato per millenni: in che modo b mente acquisisce la conoscenza del mondo? Quanta parte del la mente è ereditata? Le funzioni mentali innate ci impongono un modo prefissato di acquisire esperienza del mondo? Quali modificazioni fisiche si verificano nd cervello quando apprendiamo e ricordiamo? In che modo un'esperienza di pochi minuti si converte in un ricordo che dura per tutta la vita? Domande di questo tipo non appartengono più al dominio delle specul azioni metafisiche, ma sono ora terreni fertili della ricerca sperimentale.

Le intuizioni fornite dalla nuova scienza della mente assumono maggiore pregnanza quando analizzate rispetto alla comprensione dei meccan ismi molecolari che il cervello impiega per immagazzinare i ricordi. La memoria - la capacità di acquisire e immagazzinare informazioni, che siano semplici come i dettagli della routine giornaliera o complesse come la conoscenza astratta della geognfìa e dell'algebra - è uno degli aspetti più notevoli del compo1tame nto umano. Ci consente di risolvere i problemi che affrontiamo nella vita di tutti i

Alla ri cerca della memoria

giorni schierando contemporaneamente numerosi fattori, un'abilità vital e per la risoluzione dei problemi. In un senso più esteso, la me~ moria garantisce la conti nuità ddh nostra vita. Ci fornisce un quadro coerente dcl pass;:ito che colloca in prospettiva le esperienze in corso, un quadro che può non essere razionale o accurato, ma che comunque penn~ine. Senza la forza agglomer.:inte della memoria, le esperienze sarebbero scisse in tanti frammenti quanti so no i momenti della vita. Senza la possibilità di compiere viaggi mentali nel tempo, conferita dalla 111emo1ia, non avremmo consapevolezza della nostra storia personale, né modo alcuno di ricordare le gioie che fungono da nette pietre mili.:iri ddla nostr.:i esistenza. Siamo quelli che siamo per via di ciò che impariamo e di ciò che ricordiamo. I nostri processi mnemonici ci sono di ulteriore giovamento per il fatto che ci pennenono di ri cordare agevolmente gli eventi felici e diluire l'impatto emotivo di fatti traumatici e dolorosi. Ma a volte, vi sono memorie di orrori c he persistono e danneggiano le vite delle persone, come accade nei disordini da stress post-traumatico, una condizione di cui soffrono molti di coloro che h.:inno sperimentato in prima persona le terribili vice nde dell'Olocausto, oppure guerre, rapimenti e disastri naturali. La memoria è essenziale non solo per la contin uità dell'identità individuale, ma anche per la trasmissione della cultura e per l'evoluzione e la continuità delle società nel corso dei secoli . Anche se da quando l'Ho1110 sapiens ha fatto la sua prima comparsa nell'Africa orientale, circa 1 50 ooo anni fa, le dim ensioni del cervello non sono cambiate, la capacità di .:ipprendimento dei singoli esseri um ani e la loro memoria storica sono cresciu te lungo i secoli per mezzo dell'apprendimento condiviso, va le a dire attraverso la trasmissione della cultura. L'evoluzione culturale, una modalità di adattamento non biologica, agisce in parallelo all'evoluzione biologica come mezzo per trasmettere la conoscenza del passato e i comportamenti adattivi attraverso le generazioni. Tutti i conseguimenti dell'umanità, dall'antichità fino a oggi, sono i prodotti di una memoria condivisa ;:iccumulata nel corso dei secoli , per il tramite sia di registrazi oni scritte sia di una tradizione orale salvaguardata con cura. Come la memoria condivisa arricch isce le nostre vite a livello individuale, così la perdita di memoria distrugge il nostro senso del sé . Recide la connessione con il passato e con le .:iltre persone, e può manifestarsi durante lo sviluppo infantile oppure colpire un adulto in età matura. La sindrome di Down, il morbo di Alzheimer e la

'l

perdita di memoria correlata all'età avanzata sono esempi ben noti d elle molte malattie che d anneggiano b memoria. Oggi sappiamo che i disturbi della memoi-ia contribuiscono anche all'insorgenza di disordini psic hiatrici : la schizofrenia, b depressione e gli stati d'ansia portano con sé l'a&,oravante di una funzionalità mnemonica difettiva. L:i nuova scienza della mente rec:i ]:i speranza che una nuggiore comprensione della biologia della memoria possa condurre a c u re più efficaci sia per la perdita di memoria sia per i ricordi dolorosi

persistenti . In effetti la nuova scienza avrà probabilmente dellt: ricad ute p ratiche su molte aree connesse alla salute, pur non limitandosi

di certo alla ricerca di soluzioni pt:r malattie devastanti: essa mira infatti a penetrare il mistero della coscienza, compreso il suo mistero u!timo, cioè il modo in cui il cervello di ogni persona crea la consapevolezza di un sé unico e ne determina la libera volontà .

Capitolo

2

Infa n zia a Vien na

All'epoca della mia nascita, Vienna era il più importante centro cultura le dell'area di lingua tedesca, con cui poteva reggere il confronto solamente Berlino, la capitale della Repubblica di Weimar. La città austriaca era rinomata per l'eccellenza della musica e dell'arte, nonché per essere il luogo in cui erano nate la medicina scientifica, la psi coam! isi e la filosofia moderna. Inoltre, la grande tradizione culturale cittadina creava l'ambiente ideale per ricerche sperimentali in letteratura, scienza, musica, architettura, filosofia e arte, ricerche da cui derivarono molte ddle moderne concezioni. Era la patria di tutta una serie di grandi menti, tra cui Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, di scrittori come Robert Musi] ed Elias Canetti, e capiscuola della filosofia moderna come Ludwig Wittgenstein e Karl Popper. Vienna annoverava una cultura straordinaria, in buona parte originata e alimentata da esponenti ebrei. La mia esistenza è stata profondamente segnata dal collasso verificatosi nel 1938 in questo clima

1 mi.:i genitori, Charlotr.: e Hcnnann Kandd, all'epoca dcl loro matrimonio, nd 1923.(Dalla colkzionc personale di Eric Kandd.)

i.-1.

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Alla ricerca della memoria

2-2. Il nc!!CJzio di ~ocanoli e di valigie dd miei ~-nitori sullJ Kutschkcrgassc. Mia madre insieme a mc. o forse mio fratello. (D alla co llezione pcr;onak di Eric Kandcl.)

culturale: sia dagli eventi che ho vissu to in quell'anno, sia da ciò che a partire da allora ho appreso sulb città e sulla sua storia. Queste co-

noscenze hanno approfondito la mia considerazione per b grandezza di Vienna e aggravato il mio senso dì perdita per la sua fine. U n senso di perdita ulteriormente acuito dal fatto che Vienna fosse il

luogo dov'ero nato, b mia patria. I miei genitori si conobbero a Vienna e si sposarono nel 1923 (fìg. 2-r}, poco dopo che mio padre ebbe aperto il suo negozio di giocattoli nel diciottesimo distretto, su lla Kutschkergasse (fìg. 2-2), una via molto animata dove vi era anche un mercato, il Kutrogiudaica [... ) Protesta ms1c111c a 11 01 ~ontro questa inascoltata vcTg:()g:na dclrA ustria• . (Cou rtl'>yWil·ncr Stadt-und l andcsbibliothek.)

una pri:sa così fort i: . T anto per comin ciare, Vi e nna è me ra vigliosa: i musei, l'opera , l' uni versità , la Rin gstrasse (il prin cipale viale vi enn ese), i parc hi e il palazzo degli Asburgo nel centro cittadino sono tutti di grande inte resse arc hitettoni co. Il rinomato Bosco viennese, intorno alla città, è di fac ile accesso , così come il Prate r, il parco di di vertim e nti quasi magico con la sua gigantesca ruota panorami ca, poi divenuta celebre con il film Il rcrzo 110 111 0 . «Do po una serata a tea tro o un primo maggio al Prater, un vienn ese pu ò sere nam ente considerare la propria città come il cardin e dell'uni verso. In quale altro luogo l'apparenza addolcisce così ingann evolm ente la realtà? », scri ve va lo stori co William Johnston. Anche se i mi ei genitori non eran o person e particol arm ente colte, si se nti va no legati ai valori intellettuali di Vi enna , soprattutto al teatro, all'ope ra e al mel odi co di aletto cittadi no, un dialetto che io parlo ancora. I mi ei genitori condividevano i va lori della maggior parte degli altri genitori vienn esi: vol evan o che i lo ro fi gli conseguissero de i ri sultati sul piano profess ionale - idealmente, sul piano intellettuale. Le loro aspirazioni riflettevano dei tipi ci valori ebrei. Sin dalla distruzio-

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Alla ricerca della memoria

ne del secondo tempio di Gerusalemme, nel 70 d.C., quando Jochnan ben Zakkai partì per la città costiera dijavneh dove fondò la prima accademia per lo studio delb Torah, gli ebrei sono stati il popolo del libro. Qualsiasi uomo, indipendentemente dalla sua posizione economica o dalla sua classe sociale, era tenuto a essere alfabetizzato per poter kggere il libro delle preghiere e la Torah. Alla fine dell'Ottocento, i genitori delle classi ebree in ascesa spingevano sia le proprie figlie sia i propri figli a conseguire una buona istruzione. Per di più, l'obiettivo dell'esistenza non era soltanto quello di ragf,riungen~ la sicurezza economica, quanto invece di usare la sicurezza economica per raggiungere un livello culturale più elevato. Più importante di ogni cosa era la Bild1111,g: il conseguimento di istruzione e cul tura. lli vestiva un grande significato, anche per una famiglia di ebrei viennesi poveri, c he almeno un figlio potesse riuscire a diventare musicista, avvocato, medico o, meglio ancora, professore universitario. Vienna era una delle poche città in Europa in cui le aspirazioni culturali della comunità ebraica coincidevano appieno con le aspirazioni della maggior parte dei cittadini non ebrei. Dopo la ripetuta sconfitta dell'esercito austriaco a opera della Prussia, dapprima nella Guerra di successione austriaca dal 1 740 al 1 748, poi nella Guerra austroprussiana del 1 866, gli Asburgo - la famiglia regnante austriaca - persero ogni speranza di predominio militare sugl i stati di lingua tedesca. Con il venir meno della loro potenza militare, sostituirono il loro desiderio di supremazia territoriale con un desiderio di supremazia culturale. L'abolizione delle restrizioni determinata dalla nuova costituzione generò, nell'ultimo quarto del xix secolo, una forte emigrazione a Vienna di ebrei e dì altre minoranze provenienti da ogni parte dell'impero. Vienna divenne la patria di persone che giungevano dalla Germania, dalla Slovenia, dalla Croazia, dalla Bosnia, dall'Ungheria, dall ' Italia dcl nord, dai Balcani e dalla Turchia. Fra il 1860 e il 1880, la sua popolazione crebbe da 500 ooo a 700 ooo abitanti. I cittadini viennesi di classe media iniziarono a considerarsi cittadini del mondo, e offrivano opportunità culturali ai loro figli fin dai primi anni di vita. Poi ché ven iva cresciuta «nei musei, nei teatri e nelle sale di concerto della nuova llingstrasse, la classe media viennese acquisiva cultura non come fosse un ornamento dell'esistenza, o un emblema di st;1tus, ma come l'aria che respirava>), scriveva Cari Schorske, storico della cu ltura di Vienna. Karl Kraus, il grande critico sociale e kttera1;0 dai toni fortemente satirici, disse della città che «le sue strade non sono pavimentate di asfalto, ma di cultura>) .

bif(llu:iaa Vimua

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In aggiunta alla sua verve culturale, Vienna era anche viva sotto l'aspetto della sensualità . I primi ricordi a cui mi sento più affezionato sono tipicamente viennesi: uno, un modesto ma solido appagamento borghese che derivava dall'essere cresciuto in una famiglia unita e protettiva che condivideva i giorni di festa secondo norme regolari e prescritte; l'altro, un momento di felicità erotica che mi giunse in modo naturale dalla nostra seducente donna di servizio, Mitzi. Quell'esperienza erotica sembrava uscita da uno dei racconti di Arthur Schnirzler, in cui un adolescente della 111iddlc-dass vit·nnese viene iniziato alla sessualità da ci11 siisses Miidcl1e11, una dolce fanciulla, che poteva essere una camerit:ra di casa o una giovane prostituta. Andrea Lee scrisse su "The New Y orker" che uno dei criteri usati d alle famiglie austroungariche borghesi per selezionare le ragazze di servizio era che fossero adatte a liberare i maschi adolescenti della loro verginità, anche per allontanarli da qu.:ilsiasi possib ile tendenza verso \'omosessualità. Trovo interessante gu.:irdare in retrospettiva e rendermi conto di come un incontro che facilmente avrebbe potuto diventare, o essere considerato da altri, qualcos:i di basato sullo sfruttamento, per mc non abbia mai avuto quella connotazione. li mio incontro con Mitzi, una giovane donna attraente e sensuale di circa venticinque anni, iniziò in un pomeriggio in cu i mi stavo riprendendo da un raffreddore, all'età di otto anni . Lei era seduta sul bordo dd mio lt:tto e ml accarezzava il viso. Alla mia reazione di piacere, sbottonò la camicetta, mi mostrò il seno abbondante e mi chiese se volessi toccarlo. Compresi a mala pena che cosa intendesse dire, !l1:.l il suo tent:.ltivo di seduzione ebbe su di me i suoi effetti, e di colpo provai qualcos.:i di diverso, di totalmente sconosc iuto. D opo un po' che, sotto la sua guida, ero intento a un'esplorazione del suo corpo, all'improvviso lei si mostrò a disagio e disse che avremmo fatto meglio .:i smettere oppure io sarei rimasto incinto. Come potevo rimanere incinto? Sapevo benissimo che soltanto le donne possono avere dei bambini. Da dove può uscir fuori un bambino in un maschio? «Dall'ombelico», rispose lei. «Il dottore ci mette su una polverim, l'ombelico si apre e viene fuori il bambino». Um parte di me sapeva che questo era impossibile, ma un'altra parte non ne era sicura - e anche se sembrava poco probabile, fui preso da una certa ansia per le possibili conseguenze di quel fatto. La mia preoccup.:izione er.:i: c he cosa avrebbe pensato mia madre se fossi rimasto incinto? Quell'apprensione e il cambiamento di umore di

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Alla ricerca della memoria

Mitzi posero fìne alta mia prima esperienza sessuale. Ma da quella

volta in poi Mirzi continuò a parlare liberamente con me dei suoi desideri sessuali, dicendomi che avrebbe potuto realizzarli insieme a me quando io fossi cresciuto. Mitzi , risultò in seguito, non rimase nubile fino al momento in cui io raggiunsi i requisiti di età da lei richiesti. Alcune setti1mne dopo il nostro breve contatto sul mio letto, si mise insieme a un riparatore del gas che era venuto ad aggiustare la nostra stufa. Un mese

o due dopo, scappò con lui in Cecoslovacchia. Per molti anni, da al lora, pensai che scappare in Cecoslovacchia significasse dedicare la propria esistenza al beato insi:guimento della se nsualità. La nostra borghese felicità familiare era scandita dalle partite a carte settimanali a casa nostra, dalle riunioni di famiglia in occasione delle festività ebraiche e dalle vacanze estive. Alla domenica pomeriggio mia zia Minna, la sorella minore di mia madre, e suo marito, zio Srul, venivano per il tè. Mio padre e Srul passavano quasi tutto il tempo a giocare a pinnacolo, un gioco di carte nel quale mio padre vinceva sempn: mettendoci grande spirito e buon umore. La Pasqua ebraica era un'occasione di festa che riuniva la famiglia in casa dei miei nonni, H ersch e Dora Zimels . Leggevamo l' Haggadah, il racconto della fuga dt:gli ebrei dalla schiavitù in Egitto, e poi gustavamo il seder, il pasto pasquale preparato con cura da mia nonna, l'apice del quak era rappresentato dal pesce gefilre, ripieno, che per me rimane tuttora senza pari. Ricordo in particolare la Pasqua del 1936. Da pochi mesi zia Minna si era sposata con zio Srul, e io avevo fatto da paggio al loro matrimonio, aiutando mia zia con lo strascico del suo splendido abito da sposa. Srul era piuttosto benestante. Aveva avviato con successo un commercio di pelle, e le sue nozze con Minna furono di una sontuosità che non avevo mai visto prima d'allora. Ero quindi molto compiaciuto del ruolo che vi avevo svolto. La prima se ra della Pasqua, con l'intento di manifestare affetto per Minna, ricordai quanto mi ero divertito al loro matrimonio, dove tutti erano vestiti con eleganza e il cibo servito in maniera tanto raffinata. Era stato un matrimonio così bello, dissi, che speravo ne facesse presto un altro perché io potessi vivere di nuovo un momento tanto speciale. Minna, appresi in segu ito, provava sentimenti ambivalenti nei confronti di Srul: sotto l'aspetto intellettuale e sociale lo considerava inferiore a lei, e quindi prese le mie parole come se fossero riferite non all'evento in sé, ma alla sua scelta del partner. Ne

bif(llu:iaa Vimua

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dedusse che mi sarebbe piaciuto vederla risposarsi con qualcun altro - qualcuno forse più confacente alla sua cultura e alla sua educazione. Si arrabbiò e mi fece una lunga lezione sulb santità del matrimonio. Come mi permettevo di insinuare che lei avrebbe mai potuto desiderare di sposarsi nuovamente di lì a poco - sposarsi con qualcun altro? Come avrei imparato in seguito leggendo Psicopatologia della vita q1w1idia11a di Freud, un principio fondamentale della psicologia dinamica è che l'inconscio non mente mai. Tutti gli anni, nel mese di agosto, i miei genitori, Ludwig e io trascorrevamo le vacanze estive a MOnichkirchen, un piccolo vilbgt,>io di campagna a un'ottantina di chilometri a sud di Vienna. Proprio quando eravamo in partenza per MOnichkirchen, nel luglio del 1934, il cancelliere austriaco Engelben Dollfuss fu assassinato da una banda di nazisti austriaci travestiti da poliziotti: la prima perturbazione che registrai ndla coscienza politica che andava forma ndosi in me. Prendendo a modello Mussolini, Dollfuss, che era stato eletto cancelliere nel 1932, aveva convogliato il partito cristiano-sociale nel Fronte patriottico e stabilito un regime autoritario, scegliendo come simbolo una croce di forma tradizionale invece della svastica, a esp1;mere valori cristiani anziché nazisti . Per assicurarsi il controllo del governo, abolì la costituzione austri:ica e mise fuori legge tutti i partiti di opposizione, compreso quello nazista. Sebbene Dollfuss si opponesse ai tentativi del movimento n.azionalsocialista austriaco volti a formare uno stato unico di lingua tedesca - uno stato pangermanico -, l'abolizione da parte sua della vecch ia costituzione e lo scioglimento dei partiti politici avversari contribuirono a spalancare; le porte a Hitler. Dopo l'assassinio di Dollfuss, nei primi anni dd c:mcellierato del suo successore, Kurt von Schuschnigg, il partito nazista austri:ico fu ulteriormente ridotto ad agire in via sotterranea. Continu:iva nondimeno a conquistarsi nuove adesioni, specialmente fra gli insegnanti e altri impiegati statali. H itler era austriaco e aveva vissuto a Vienna. Nel 1908, all'età di 19 :i1mi, aveva lasciato la sua c:isa natale di Br:iunau :im lnn per b. capi tale, con la speranza di diventare un artista. Malgrado un discreto talento per la pittura, venne a più riprese respinto agli esami di ammissione all'Accademia d'Arte di Vienna . Nel periodo in cui soggiornò :i Vienna, subì l'influenza di Karl Lueger: fu da questi che apprese per la prima volta il potere dell'oratoria demagogica e dei vantaggi politici dell'antisemitismo .

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Alla ri cerca della memoria

Fin dalla giovinezza H itler aveva vagheggiato un'unione di Austria e Germania . Per cui, già a partire dai suoi primordi degli anni Venti, il programma del partito n.nista, costituito in parte di adere nti austriaci, prevedeva la fusione di tutti i popoli di lingua tedesca in una Grande G ermania. Hitler iniziò a mettere in atto questa sua idea nel-

l'autunno del 1936. Con il pieno controllo della Germania già dal 1933 , n el J 93 5 aveva ripristinato la coscrizion e obbligatoria, e l'anno successivo ordina va alle sue truppe di rioccupare la n. enania, una re-

gione di lingua tedesca che con il trattato di Versailles era stata demi litarizzata e posta sotto la supervisione francese . Intensificò quindi la sua retorica, minacciando di muo ve re con tro l'Austria. Schuschnigg desiderava tenere buono Hitl er e gara ntire allo stesso tempo l'indipendenza all'Austfr1, e rispose alle minacce ri chi edendo un colloquio con H itler stesso . Il 12 febbraio 1938 i due si incontr::irono a l3e rch tesg.:ide n, località appartata scelt.:i da H itler pe r ragioni sentimentali, la sua vicinanz.:i cioè con il confine .:iustriaco. In un'esibizione di potere, Hitler t,tiunse all'incontro con due dei suoi gen era li e min:icciò di invadere l'Austria , a meno che Sc hu schnigg non avesse abolito la messa al bando del partito nazista austriaco e nominato tre esponenti nazisti in altrettante posizioni min isteriali strategiche di governo . Inizialmente Schuschnigg rifiutò. M a nel corso di tutta la giornata H itler aumentò le sue pression i, finc h é il can celliere, esausto, alla fine cedette, accett.:indo di lega lizzare il partito mzist.:i, di liberare i nazisti in c.:i rccrc co m e dete n uti politici e garantire al partito nazista due posti nel governo. Ma l'accordo tra Hitler e Schuschnigg non fece che stimolare gli appetiti di potere dei nazisti austriaci. Si tr.:ittava ora di un gruppo di notevoli dimensioni, ch e aveva ottenuto visibilità pubblica e sfidava il governo di Schuschnigg con una serie di atti in surrezionali c he la polizia controllava con molta difficoltà. Stretto fra le minacce di aggressione di Hitler dall'esterno e la sedizi on e dei nazisti austria ci .:ill'interno, Schuschnigg p assò all 'offe nsiva e coraggiosamente indisse un plebiscito da tenersi il 1 3 marzo, un mese esatto dopo il suo incontro con Hitler. La domanda per i votanti era sem pli ce: l'Austria deve rimanere libera e indipendente? Questa coraggiosa mossa di Schuschnigg, ch e suscitò mo!ta ammirazione nei miei genitori, scatenò le ire di Hitl er, poiché sembrava piuttosto certo che il voto sarebbe stato a favore di un 'A ustria in dipendente. H itl er rispose m obilit.:indo le truppe e minacciando di invadere il paese a meno che Schuschnigg non rimandasse il plebi-

bif(llu:iaa Vimua

scito, desse le dimissioni da cancelliere e formasse un nuovo governo con a capo un nazista austriaco, Arthur Seyss- lnquarr . Schuschnigg chiese aiuto a Gran 13retagn:i e Italia , due nazioni che in precedenz:i avevano sostenuto l'indipendenza austriaca, le quali però, per la costernazion e dei viennesi democratici come la mia famiglia, non ri sposero in :ilcun modo. Abbandonato dai potenziali alleati e preoccupato all'idea di un inutile bagno di sangue, la stra dcli' J l marzo Schuschnigg rassegnò le dimissioni. Nonostante il presidente austriaco avesse accettato senza riserve tutte le richieste della Gennania, il giorno seguente H itler invase il paese. Ma qui si verificò un fatto inaspettato. Anziché essere accolto d:i folle di austriaci in preda alla rabbia, Hitl er fu acclamato con entusiasmo da una significati va maggioranza della popolazione . Come sottolineato da George 13erkley, questo terribile voltafaccia di persone che fino al giorno prima dichiaravano a gran voce feddt:ì a!!' Austria e pieno appoggio a Schuschnigg e l'indomani sa luta vano le truppe di Hitl er come «fratelli tedeschi» non può spiegarsi sempl icemente con la comparsa sulla pubblica scenJ di alcu ne decine di miglia ia di nazisti, cland estini fino a quel momento. C iò che accadde fu invece una delle «più rapide e massicce conversioni di massa» della storia . Scrisse Han s Hu zicka : «Questa è la gente che ha accb.mato l'Imperatore e poi l'ha maledetto, che dopo la caduta dell'Imperatore hl sa lutato con favore la democrazia e poi plaudito Jl fascismo [di Dol!fuss] quando quel sistema è salito al potere. Oggi sono i nazisti, domani sarà qualcos'altro». L.'.1 stampa austriaca non fece eccezione. Il venerdì r r marzo il "11.eichspost", uno dei maggiori quotidiani del paese, appoggiava Schuschnigg. Due giorni dopo, lo stesso giornale recava in prima pagina un ed itoriale dal titolo Verso il co111pi111c11to, in cui si affermava: «Grazie al gen io e alla detenninaziom: di AdolfHitler, è giunta l'ora dell'unità per tutti i tedeschi''· Gli attacchi agl i ebrei iniziati a metà del marzo 1938 raggiunsero il loro picco di efferatezza otto mesi più tardi, con la Notte dei cristalli . Qu;:mdo lo.::ssi in seguito di questo evento, appresi che si en in parte originato dai fatti del 28 ottobre 1938. Quel giorno 17000 ebrei tedeschi originari dell'Europa orientale vennero rastrellati dai nazisti e deportati nei pressi della citt:ì di Zbszyn, situata al confine tra Germania e Polonia. AU'epocJ l'emigrazione - volontaria o forza ta - era ancora considerata dai nazisti la soluzione alla "questione ebraica". La mattina del 7 novembre, un di ciassettenne ebreo tede-

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Alla ri cerca della memoria

scodi nome H erschel Grynszpan, sconvolto per la deportazione dei

suoi genitori dalla loro casa in Germania a Zbszyn, uccise a colpi di pistola Ernst vom Rath, terzo segretario dell'ambasciata tedesca a Parigi, scambiandolo per l'ambasciatore tedesco. Due giorni più tardi, adducendo questo gesto come pretesto per agire contro gli ebrei,

delle b.:inde teppistiche organ izzate diedero fuoco nagoghe della Germania e dell'Austria.

:i

qu::isi tutte le si-

Di tutte le città sotto il controllo nazista, nella Notte dei cristalli Vienna fu la più duramente colpita. Gli ebrei vennero scherniti e brutalmente picchiati, espulsi dalle loro attività commerciali e tem-

poraneamente evacuati dalle !oro abit::izioni. Negozi e case vennero poi saccheggiati con avidità dai vicini. La nostra bellissima sinagoga sulla Schopenhauerstrasse fu completamente distrutta . Simon Wiesenthal, il principale cacciatore di criminali nazisti dopo la Seconda guerra mondiale, avrebbe in seguito affermato che «in confron to a Vienna, la Notte dei cristalli di Berlino fu un'amena festa di Natale~ . In concomitanza alla Notte dei cristalli, quando mio padre fu arrestato, il suo negozio venne requisito e asse,gnato a un non ebreo. Si trattJva della cosiddetta arianizzazione (Arisicrrmg) della proprietà, ovvero una forma di furto legalizzata. Da quando mio padre fu rilasciato dal carcere, nella metà di novembre del 1938, fino a che lui e mia madre lasciarono Vienna, nell'agosto dd 1939, vissero nell'indigenza . Come avrei saputo molto più tardi, i miei genitori ricevevano dei viveri e qualche occasionale bvoro per mio pad re, come Jiutare nei traslochi di mobili, dalla lsraelitische Kultusgemeinde der Stadt Wien, il Consiglio della comunità ebraica di Vienna . Ben al corrente delle leggi antiebraiche emanate in Gernunia dopo l'ascesa al potere di H itler, i miei genitori compresero che quell'ondata di violenza a Vienna non si sarebbe affievolita. Sapevano che dovevamo partire, e partire il più presto possibile. 11 fratello di mia madre, 13erman Zimels, lo Jnni addietro si erJ trasferito dall'Austria a New York, dove aveva avviato un'attività di commercialista. Mia madre gli aveva già scritto il 15 marzo 1938, appena tre giorni dopo l'invasione di Hitler, e lui aveva spedito immediatamente degli affida11ir, in cui garantiva alle autorità statunitensi che una volta arrivati negli StJti Uniti avrebbe provveduto al nostro mantenimento. Però nel 1924 il Congresso aveva emanato una legge sull'immigrazione che fissava una quot:1 di ingressi negli Stati Uniti per le persone provenirnti da p/.n11/wrto::,acur.i di J . DcFclipl' e E.Joncs, O 1988, OxfordUniversity l' ress, lnc. Hiprodotto con l'autorizzazione di Oxford Univcrsity P rcs~. lnc.)

fo mundo una struttura ad albero che si spinge al di fuori del corpo cellulare diffo ndendosi su un 'ampia area. Nel cervello umano alcun i neuroni hann o anche fin o a 40 diramazioni dendritiche. N ell' ultim o decenni o dell'O ttocento, Caj al fece un a sintesi dell e sue osservazioni e fo rmul ò i quattro prin ci pi che costituiscono b dottri na del neuro ne, la teo ria de ll 'orga nizzazione neurale che sin da allo ra ha guidato b nostra compre nsio ne del cervello . li primo prin cipi o asserisce che il ne urone è l'elemento strutturale e funzional e di base del cervello: va le a di re sia l'unità costitutiva

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A. Il n euro n e Cajalchiamò

Alla ricerca della memoria Il. La sinapsi L'assone di

bccllub nervosa comumcacon

run itJdi base i dendriti di un altro pcrlatra.smissionc neu rone soltanto di segnali in regioni dd sistemancrvo;;o. spedalizzate· le sinapsi.

c.

Spccifi ci t~

della

D. Pola rizzazio ne conn ess ione din ami ca Un determinato AIJ'imcmodi ncuronccomunich('- un neurone, r.ìsoltantoçon ccliscb'llaliviaggiano lulcspccifichc c solcanroin non con altre. una direzione.

Tcnninalc dcll'aisonc diunneul'Qnc

Qut-sioprincipio comcmcdi detcnninarc il modo incui l' i11fom1azionc scorre nei circuiti neurali.

1

Muscolo

4- 5. [ quattro principi di Cajal dcll'organizznionc neurale

sia quell a fo ndam en tal e pe r la trasmissione di segnali . Cajal desunse ino ltre che gl i assoni e i dendriti svolgono ruoli alquanto diffrrenti nd processo di trasmissio ne dei segnali. Un neurone usa i propri dendriti per ri cevere segnali da altre ce llule ne rvose e il proprio assone per in viare informazioni ad :i ltre cellul e. Com e secondo pri ncipio, C aj a! stab ilì che i termin ali dell 'assone di un neuron e co muni cano con i dendriti di un altro neurone sol-

U1111 cdlid1111//11 v,,/r11

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tanto in zone spec ializzate, in seguito da Sherrington chiamate sinapsi (dal greco sy11ap1ci11, che significa "legare insieme") . Ded usse inoltre che la sinapsi fra due neuro ni è caratterizzata da un piccolo spazio vuoto, ora denominato fessura sinaptica, dove i tenninali assonici di una cellula nervosa - chiamati da Cajal terminazioni presinaptiche - raggiungono, ma non toccano direttamente, i dendri ti di un'altra cellula nervosa (fig. 4-5-13). Perciò, come labbra che sussurrano molto vicino a un orecchio, la comunicazione sinaptica fra neuroni ha tre componenti di base: la terminazione presinaptica dell'assone, c he invia i segnali (e che nella nostra analogia corrisponde alle labbra); la fessura sinaptica (lo spazio fra labbra e orecchio); l'area postsinaptica del dendrite che riceve i segnai! (l'orecchio). In terzo luogo, Cajal stabilì il principio di specificità della connessione, secondo cui i neuroni non creano connessioni in modo indiscriminato, bensì ogni cellula nervosa forma sinapsi e comunica con determinate cellule nervose e non con altre (fig. 4-5-c ). Si avvalse del principio di specificità della connessione per dimostrare che le cellule nervose sono collegate fra !oro lungo vie specifiche che denominò circuiti neurali; i segnali viaggiano lungo questi circuiti secondo uno schema prevedibile . In genen', attraverso i suoi molti terminali presinaptici, un singolo neurone entra in con tatto con i dendriti di numerose cdlule destinatarie bersaglio. In questo modo, un solo neurone può disseminare in maniera estesa l'informazione che riceve verso diversi neuroni bersaglio, a volte situati in differenti regioni dell'encefalo. Per contro, i dendriti di una cellula nervosa bersaglio possono ricevere informazioni dalle tenninazioni presinaptiche di molti neuroni differenti . In questo modo un neurone può integrare le informazioni ricevute da svariati neuroni differenti, anche quelli situati su aree diverse dell'encefalo. Sulla base de!Ja sua analisi della trasmissione dei segnali, Cajal concepì il cervello come un organo costituito di circuiti specifici e prevedibili, a differenza dell'idea prevalente secondo la qu:i!e il cervello era una rete nervosa diffusa in cui interazioni di ogni genere possibile si svolgevano ovunque. Con uno stupefacente scatto di intuizione, Cajal giunse al quarto principio, la polarizzazione di namica, secondo cui in un circu ito neur:ile i segnali viaggiano solt:into in una direzione (fig. 4-5-D). Dai dendriti di una determinata cellula, l'informazione passa al corpo cellulare, lungo l' assone verso i terminali presinaptici e quindi attra-

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Alla ri cerca della memoria

verso la fessura sinaptica va ai dendriti della cellula successiva, e così via. Il principio del flusso a senso unico dei segnali era di importanza enorme, in quanto poneva tutte le componen ti della cdJub nervosa in relazione a una sola funzione : la trasmissione di segnali. I principi di specificità della connessione e del flusso a senso uni-

co dei segn::tl i diedero origine a una serie logica di regole fin da allora impiegate per tracciare la mappa del flusso di segnali fra le cellule nervose . Gli sforzi per delineare i circuiti neurali ebbero ulteriore impulso quando Cajal dimostrò che tali circ uiti nel cervello e nd midoll o spinale contengono tre classi principali di neuroni, ognuna specializzata in una funzione. I 11c11ro11i sc11soriafi, situati nella cute e in vari organi sensoriali, rispondono a uno specifico tipo di stimolo proveniente dal mondo esterno - la pressione meccanica (tatto), la luce (visio ne), le onde sonore (u dito) o determinate sostanze chimiche (olfatto e gusto) - e inviano questa informazione al cervello. I 111oto11e11ro11i mandano i loro assoni al di fuori del tronco encefalico e del midollo spinale fino alle cellule effettrici, quali le cellu le dei muscoli e dellt: ghiandole, e controllano l'attività di quelle cel lule. Gli i111emeuro11i, la classe di neuroni più numerosa del cervello, fungono da collegamento tra neuroni sensoriali e neuroni motori . Cajal fu perciò in grado di tracciare il flusso di informazioni dai neuroni sen soriali della cute al midollo spinale e da lì agli interneu roni e ai neuroni motori che segnalano ai muscoli di muoversi (fig. 4-6), intuizioni che derivò lavorando su ratti, scimmie e persone. Con il tempo, divenne c hiaro che ogni tipo di cellula è biochimicamente distinto e può essere colpito da diversi tipi di malattia. Così, ad esempio, i neu roni sensoriali della cute e delle articolazioni sono compromessi da uno stadio avanzato della sifilide; il morbo di Parkinson attacca un certo tipo di intern euroni; i neuroni motori vengono selettivamente distrutti dJlla sclerosi laterale am iotrofica e dalla poliomielite. In realtà, alcune malattie sono talmente selettive che colpiscono soltanto specifiche parti del neurone: la sclerosi multipla colpisce certe classi di assoni; la malattia di Gaucher colpisce il corpo cellulare; la sindrome da x fragile colpisce i dendriti; la tossina del botulino colpisce le sinapsi. Per le sue intuizioni rivoluzionarie, nel 1906 Cajal ricevette il premio Nobel per la medicina, insieme a Golgi, il cui metodo di impregnazione argentica aveva reso possibili le scoperte di Caj::i.1. H.imane uno dei bizzarri paradossi della storia della scienza i! fatto che Golgi, le cui tecniche innovative avevano appunto spianato la

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Sti molo

C ontrniom.' dcl m uscolo

4-6 . Lcrrcprincipalicbssidi neuroni, indi viduate dn Caj nl. Otuii dassc di ne u roni dcl cervello e dcl midollo spi nale hn u na funzione specifi ca. I nc uro ni scnso rfali rispondono agli sti m o li da l mondo este rn o. I neuroni morori co ntro ll ano k attivit:i dé·llc ccll uk dci muscoli edcllcghia n1mlimuplirirmr11pfossi

senso del tatto è rappresentato nel cervello, ma Marshall si rese subito conto che poteva spingere la sua analisi molto più avanti. Voleva sapere se aree confinanti della pelle sono rappresentate in aree confinanti della corteccia somatosensoriale oppure sparse a caso su di essa. Per poter fruire di una guida esperta nel cercare una risposta a questo interrogativo, Marsha\J eseguì il suo periodo di postdotcorato con Philip Bard, direttore del dipartime nto di fisiologia alla J ohns Hopkins Medicai School e figura eminente della biologia americana. Marshal l si affiancò agli studi condotti da Bard sulle scimmie, du rante i quali scoprirono che l'intera superficie corporea è rappresentata nelb corteccia somatosensoriale sotto forma di mappa neurale punto-a-punto. Le parti della superficie del corpo che sono adiacenti l'una all'altra, come ad esempio le dita, anche nella corteccia somatosensoriale sono rappresentate l' una accanto all'altra. Alcuni anni più tardi, un chirurgo canadese di notevole taknto, Wilder Penfield, estese questi studi dalle scimmie agli umani, rivelando che le parti della superficie corporea più sensibili al tatto sono rappresentate dalle aree più grandi della cortecc ia somatosensoriale (fig. 7-4). In seguito, Marshall scoprì che anche i recettori della luce posti sulla retina dell'occhio sono rappresentati in modo ordinato nella corteccia visiva primaria, una regione del lobo occipitale. Dimostrò, infine, che il lobo temporale ha una mappa sensoriale per le frequenze sonore, con le tonalit~ diffen:nti rappresentate in maniera sistcm :itica nel cervello. Questi studi rivoluzionarono la comprensione del modo in cui le informazioni sensoriali sono organizzate e rappresentate nel cervello. Marslull dimostrò che, sebbene portino tipi diversi di informazione e terminino in regioni diverse delb corteccia cerebrale, nella loro organizzazione i differenti sistemi sensoriali hanno una logica in comune: tutte le informazioni sensori:ili sono organizzate topograficamente nel cervello sotto forma di precise mappe dei recettori sensoriali del corpo, quali ad esempio la retina dell'occhio, la membrana basilare dell'orecchio, o la pelle sulla superficie corporea. Queste mappe sensoriali sono facilmente comprensibil i per mezzo della rappresentazione del tatto nella corteccia somatosensori:ile. Il tatto inizia con i recettori della pelle che traducono l'energi:i di uno stimolo - ad esempio, l'energia trasmessa da un pizzicotto - in segnali elettrici nei neuroni sensoriali. Questi segnali viaggiano poi lungo vie definite sino a! cervello, passando :ittraverso parecchi stadi di elaborazione, o stazioni di relè, nel tronco encefalico e nel talamo

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Alla ricerca della memoria

7-4. Una mappa scnsoriak d cl corpo, co me/, rappresentato nd cerve llo. La cortc·ccb soma!Oscnsoriak - un a striscia nel lobo parictak· ddb conccciacl'"rcbrale - riccvelcsl.'"nsazioni tattili. Ogni parte del corpo è r.ipprcsc ntata scparatamc·ntc. Le dit:i, b bocca e altre aree particobrmcnt1.· >cmibili occupano b maggior parte dello spazio. Wildn Pc nfidd ch iamò q ue sta mappa a sezion e trasversale ''omuncolo sensoria le "

La figurinadiscgnata(asinistr.i) è unarapprcscntazion:b"'rialsifone.b lumacosi abitua ollO>limolo e il i:ì sapevamo che questi intem euroni modulatori ti.lasciano serotonina, dopo alcuni esperimenti scopri1nmo che non avevamo nemmeno bisogno di crescerli in coltura . Ci bastava semplicemente iniettare della serotonina vicino alle sinapsi tra i neuroni senso1iali e i motoneuroni: cioè nel punto in cui nell 'a nimal e integro gli interne uroni modula tori tenninano su i neuroni sensoriali e rilasciano la serotonina. U no dei grandi van taggi offerti dal lavorare per un lungo arco di tempo su llo stesso sistema biolob>Ìco è constatare come le scoptrte di oggi diventino gli strum enti sperimentali di domani. I nostri anni di studio su questo circuito neurale, la nostra capacità di isolare i segnali chimici cruciali trasmessi fra le cellule e al loro interno ci pennetteva no di usa re questi stessi segnali per rn.:mipolare il sistema e indai:,r.ufo più a fondo. Scoprimmo c he una breve applicazione di serotonina rafforzava per alcuni minuti la conn ession e sinapti ca fra il neu ron e sensoriale e quello motorio, aumentando il rilascio di glutammato dalla cellu la sensorial e. Come nell 'animale inttgro, questo in cre men to a breve termin e della forza sinapti ca è una variazione funzionale: non ri chi ede la sintesi di nuove protein e. Per contro, ci nque impulsi separati di se rotonina, progettati per simulare cinqu e urti alla coda , rafforzavano la connessione sinaptica per giorni e portavano alb crescita di nuove connessi oni si napti che, una variazione anatomi ca che impli ca va la si ntesi di nuove protein e (fìg. 1 8-4) . Qu esto ci dimostrava c he potevamo inn escare la cresci ta di nu ove sin apsi nei neuroni sensoriali in co ltura di tess uto , ma ancora dovevamo capire in che modo le proteine sono importanti per la mem oria a lun go temlÌn e. La mia carriera in neu robiologia stava a quel punto per intersecarsi con una delle maggiori avventure intellettuali della moderna biologia: b comprensione del meccanismo molecolare per la regolazione dei geni, le inform azioni ereditari e codifi ca te c he sono alla base di tutte le forme di vita presenti sulla terra.

Alla ri cerca della memoria

a lunb-oknninc

V~riazionc Oll O!OHl ica: b rcspo11sc ele111c111-!Ji11di11g significa: che si lega al fattore di risposta AMP cic li co, che è un promotore. Questo ci sugge ri va che CHEB potesse essere una componente chiave del passaggio che converte la facilitazione, cioè il rafforzamento, a breve termine delle connessioni sinapti che in una facilitazione a lungo termine e nella crescita di nuove connessione. Nel 1990, insieme a due nuovi postdottorati che si erano uniti a noi , Pramod Dash e Benja1nin H ochner, scopri mmo che CHEB ì: presente nei neuroni sensoriali dell'Aplysia ed è in effetti essenzia le per il rafforzamento a lungo termine delle co nnession i sinaptiche che sottostanno alla sensibili zzazio ne. Bloccando !'azione di CREB nel nucleo di un neurone sensoriale in coltura, imp edivamo il rafforzamento a lungo rennine, ma non quello a breve termine, di queste connessioni sinaptiche. Era qualcosa di davvero straordinario: il blocco di questa singola proteina regolatrice bloccava l'intero processo di variazione sinaptica a lungo termine! In seguito Dusan 13artsch, un ricercatore postdottorato creativo e molto brillante sotto l'aspetto tecnico, scopri che la sempli ce iniezione di CHEB, che fosse stata fosforilata dalla proteinchinasi A, nel nucleo dei neuroni sensoriali era suffi cien te ad accendere i geni che producono la facilitazione a lungo termine di queste connessioni.

Alla ricerca della me moria

Perciò, bench é mi fosse sempre stato insegnato che sono i geni d el cervello a go verna re il compo rtam ento , quali padroni assoluti d el nostro destino, il nostro lavoro dimostra va che, nd ce rvello com e nei batteri , i ge ni sono an che al servizio dell 'ambie nte, o vve ro sono guidati da eventi del mondo estern o . Uno stimolo ambientale - una scossa alla coda di un :mim ale - atti va degli interne uro ni mo dulatori c he rilasciano serotonina. La serotonina agisce sul neuron e sensoria le aum entando l'AMP cicli co e induce ndo la proteinchinasi A e la MAP chinasi a spostarsi nd nucleo e ad atti vare CHEIJ. L'atti vazione di CHE13 , a sua volta, determina l'espressione dei geni, che modifica la funzion e e la struttura d ella cellula.

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19-3 . Due meccanismi di variazione a lungo termine. A tutte le sinapsi sono inviate nuov(· proti discroCP'Ell m>nticncl.smforrna 1ivante dalla risposta di un animale a uno stimolo, o della psicologia cognitiva, che si focalizzava solo su lla nozione astratta di rappresentazione interna, la fusione della psicologia cognitiva e della neurobiologia cellulare rivelò un'effettiva rappresentazione fisica - una capacità di elaborare informazioni da parte del cervel lo - che conduce a un co mportam ento . Questo lavoro dimostrò che l'inferenza inconscia descritta nel 1 860 da Helmholtz, vale a dire il processo di elaborazione inconscio che interviene fra uno stimolo e una risposta, poteva essere analizzato anche a livello cellulare. Cli studi cellulari delle rappresentazioni interne, ne lla corteccia cerebrale, del mondo sensoriale e motorio vennero estese, negli anni Ottanta, con l'introduzione delle tecniche di imaging cerebrale. Queste tecniche, come la tomografia a em issione di positroni (PET} e

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la risonanza magnetica funzionale per immagini (fMHl), consentirono di compiere un gisr.:intesco passo in avanti lungo la linea tracciata da Pierre- Paul IJroca, Cari Wernicke, Sigmund Freud, il neurologo inglese John H ughlings Jackson e Oliver Sacks, rivelando la localizzazione nel cervello di numerose funzioni comportamentali complesse. Con queste nuove tecnologie, i ricercatori furono in grado di guardare dentro al cervello e di osservare non solo le singole cellule, m a anche i circuiti neurali in azion e .

Mi convinsi che la chiave per comprendere i meccanismi molecolari della memoria spaziale stavJ. nel capire in che modo lo spazio è rappresentato nell'ippocampo. Come era plausibile aspettarsi, per via della sua importanza nella memoria esplicita, la memoria spaziale dell'ambiente ha una rappresentazione interna prominente nell'ippocampo, fatto evidente anche sotto l'aspetto anatomico. Gli uccelli per i quali la memoria spaziale è particolannente importante - quelli che immagazzinano cibo in un gran numero di posti, ad esempio - hanno un ippocampo più grande di altri uccelli. I taxisti londinesi costituiscono un altro esempio calzante. A ditferenz.t che altrove, a Londra, per ottenere la licenza, i taxisti devono passare un esame severo, nd qu;ile viene chiesto !oro di dimostrare che conoscono i nom.i di tutte le vie della citt.1 e i percorsi più convenien ti per raggiungere un luos,>"O. La rison:mza magnetica funzionale per immagin.i ha rivelato che, dopo due anni di questo rigoroso orientamento nelle vie cittadine, i t.txisti londinesi hanno un ippocampo più grande 1ispetto ad altre persone di pari eci, e le dimensioni del loro ippocampo con tinuano ad accrescersi in parallelo al tempo in cui svolgono il loro lavoro . Inoltre, alcuni studi basati sull'imaging cerebrale mostrano che l'ippocampo è attivato anche nel momento in cui il percorso viene immaginato, quando cioè a un taxista viene chiesto di ricordare com e anivare a una certa destinazione. In che modo, allora, lo spazio è rappresentato a !.ivello cellulare all'interno dell'ippocampo? Per Jffrontare questa domanda, utilizzai gli strumenti e le intuizioni della biologia molecolare in aggiunta agli studi esistenti sulla rappresentazione interna dello spazio nei topi. Avevamo iniziJto impiegando dei topi geneticamente modificati per studiare l'effetto di specifici geni sul potenziamento a lungo termine nell'ippocampo e sulla memoria esplicitl dello spazio . Ora eravamo pronti a domandarci in che modo il potenziamento a lungo termine contribuisce a stabilizzare la rappresentazione interna dello spazio e in che modo

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Alla ri cerca della memoria

\'attenzione, una caratteristica contraddistintiva dell'immagazzinamento mnemonico esplicito, modula la rappresentazione dello spa zio. Questo approccio composto - esteso dalle molecole alla mente aprì la strada a una biologia molecolare della cognizione e dell'attenzione e completò i lin eamenti di una sintesi che portò a una nuova scienza della mente.

Capitolo 23

Bisogna fare atte nzione!

In tutte le creature viventi, dalle lumache agli esseri umani, la conoscenza dell o spazio è fondame ntale per il comportamento. Come rilevava John O'Keefe: «Lo spazio detiene un ruolo in tutti i nostri comportamenti. Ci viviamo dentro, ci muoviamo dentro, lo esp loriamo, lo difendiamo». Fra i sensi, lo spazio ri veste un 'importanza cruciale, ma non solo, è anche ricco di fascino poiché, a differenza degli al tri sensi, non è analizzato da un organo senso1;ale specializzato . In che modo, dunque, lo spazio è rappresentato nel cervello? Kant, considerabile uno dei precursori della psicologia cognitiva, suppose che la capacità di rappresentare lo spazio fosse insita nella nostra mente. Configurò gli individui come detento1; di principi innati per ordinare lo spazio e il tempo, così che nel momento in cui altre sensazioni - che siano suscitate da oggetti, melodie o esperienze tattili - vengono stimolate possano essere autonuti camente intessute in modalità specifiche nello spazio e nel tempo. O'Keefe applicò questa logica kantiana dello spazio alla memoria esplicita, ipotizzando che molte delle sue forme (ad esempio, la memoria per le persone e per gli oggetti) usino coordi nate spaziali, ovvero che si ricordino persone ed eventi in un contesto spazi al e. Non si tratta di un'idea nuova. Nel 55 a.C. Cicerone descriveva la tecnica greca (usata ancora oggi da alcuni attori) per ricordare le parok· scrivendole in sequenza sulle pareti delle sta nze di una casa, associando quindi le parole alle stanze, per poi camminare mentalmente attraverso queste ultime nell'ordine giusto . Dato che non possediamo un organo sensoriale dedicato appositamente allo spazio, la rappresentazione dello spazio è una sensibilità essenzialmente cogniti va : è il problema del legame per antonomasia. Il cervello deve combinare gli input derivanti da molte diverse modalità sensoriali e poi generare una rappresentnione interna completa che non dipende in modo esclusivo da nessuno dci singoli input. Di solito il cervello rappresenta le informazioni relative allo spazio

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Alla ri cerca della memoria

in numerose aree e maniere differenti, e le proprietà di ogni rappre-

sentazione variano a seconda dei suoi scopi . Ad esempio, per alcune rappresentazioni dello spazio i! cervello usa ddle coordinate egoce11· trid1c (centrate sul ricevente), codificando magari dove si trov;:i una luce rispetto alb fovea della retina, o da dove proviene un odore o

un contatto in riferimento al corpo . La rappresentazione egocentrica è anche usata dagli individui e dalJc scimmie per orientarsi verso un rumore improvviso compiendo un movimento dell'occhio rivolto a

una certa direzione, dalla drosofila per evitare un odore associato a qualcosa di sgradevole, o dall'Aplysia per produrre il riflesso di ritrazione della branchia . Nd caso di altri comportamenti, come la memoria spaziale nei top i o negli umani, è necessario codificare la posizione dell'organismo in rapporto al mondo esterno e alle relazioni fra loro degli oggetti che vi si trovano. Per queste finalità il cervello usa delle coordinate alfoa:11rrid1c (centrate sul mondo esterno). Alcuni studi sulle più semplici mappe sensoriali del cervello relative al tatto e alla vista, che sono stabilite su coordinate egocentriche, hanno fornito la base pa ricerche sulle più complesse rappresentazioni dello spazio allocentrico. Ma la mappa spaziale individuata nd 1 97 J da O'Keefe differisce radicalmente dalle mappe sensoriali egocentriche del tatto e della vista scoperte da Wade Marsha\I, Vernon Mountcastle, David Hubel e Tomsten Wiesel, in quanto non è dipendente da alcuna definita modalità sensoriale. In effetti, nel 1959, quando Alden Spencer e io cercammo di decifrare il modo in cui le informazioni sens01;ali giungono all'ippocampo, effettuammo delle registrazioni dt singole celluk~ nervose contestuali alla stimolazione di distinti singoli sensi, senza però riuscire a ottenere una risposta degna di nota: non ci eravamo resi conto che l'ippocampo è implicato nella percezione dell'ambiente e quindi rappresenta delle esperienze multisensoriali . John O'Keefe fu il primo a capire che l'ippocampo dei topi contiene una rappresentazione multiscnsoriale dello spazio esterno al corpo . Scoprì che quando un animale si muove in un luogo circoscritto, alcune cellule spaziali accendono dei potenziali d'azione soltanto nel momento in cui l'animale stesso si sposta in un punto particolare, mentre quando va in un altro punto si accendono altre cellule. Il cervello scompone l'ambiente circostante in molte piccole aree sovrapposte, simili a un mosaico, ognuna rappresentata dall'attività di specifiche cellule dell'ippocampo . Questa mappa interna dello spazio si sviluppa nell'arco di minuti a partire dall'ingresso del topo in un nuovo ambiente .

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vita media si è allungata. Anche in una popolazione normale e in buona salute di settantenn i, so ltanto il 40 percento circa dei soggetti ha la stessa buon:i memoria dei trentacinquenni. Il restante 60 percento subisce un leggero declino che, nelle sue prime fasi, non influisce su altri aspetti delle funzioni cognitive: ad esem pio, non pregiudica il linguaggio o la cap:icit:1 di risolvere problemi. La metà dei soggetti di quel 60 percento ha un leggero deterioramento mnemoni co, a volte chiamato smemoratezza senile benigna, che progredisce so lo lentamente, e non necessariamente, con il trascorrere del tempo. Ma la restante rnetiì (cioè il 30 percento della popolazione sopra i 70 anni) sviluppa il morbo di Alzheimer, una degenerazione progressiva del cervello. Nelle sue p1;me fasi, l'Alzheimer è caratterizzato da leggere alterazioni cogn iti ve che non si distinguono dalla smemoratezza senile be nigna. Ma nelle sue fasi avanzate la malattia causa forti e progressivi deficit nella memoi;a e in altre funzioni cognitive. In massima patte i sintomi delle fasi debilitanti della malattia sono da attribuirsi alla perdita di connessioni simptiche e alla morte di cell ule nervose. Questa degenerazione dei tessuti è causata soprattutto dall'accumulo di una sostanza anomala, nota come beta-amiloide, sotto forma di placche insolubili che si depositano negli spazi fra le cellule del cervello . Nel 1993 volsi la mia :lttenzione alla smemoratezza senile benig1u, un termine leggermente eufemistico, dato che il disordine non prende necessariamente avvio con l'età sen ile né è del tutto benigno. In alcune persone inizia a manifestarsi intorno ai 40 anni, con la caratteristica di farsi più pronunciato man mano che passa il tempo. Speravo che la comprensione sempre crescente dei meccanismi dell'immagazzinamento mnemonico nell'Aplysia e nel topo potesse permetterci di capire quali sono i difetti alla base di questo penoso aspetto dell'invecchiamento e quindi di sviluppare delle terapie per contrastare la perdita di memoria. Passando in rassegna la letteratura sulla smemoratezza sen il e benigna, mi divenne chiaro che per le sue caratteristiche, se non per la sua gravità, il disordine è simi le a un deficit di memoria associato al danno dell'ippocampo: l'inabilità a costitu ire ricordi a lungo rennine. Come H.M ., le persone affette da smemoratezza senile benigna possono condurre una normale conversazione e mantenere le idee nella memoria a breve termine, ma non possono prontamente conve rtire la memoria a breve temine di nuova creazione in memoria a

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Alla ri cerca della memoria

lungo termine . Ad esempio, una persona anziana a cui viene presentato qualcuno a cena è in grado di ricordare i! nuovo nome solo per

un breve lasso di tempo, ma il mattino seguente l'avrà completamente dime nticato . Quest'analogia mi suggerì c h e la perdita di memoria correlata all'età potesse implicare l'ippocampo. Successive analisi di soggetti umani e di animal i sperimentali rivelarono che infatti era proprio così. Un indizio ulteriore mi derivò dallo scoprire che, con l'invecchiamento, nell'ippocampo si verifica una perdita

delle sinapsi che rilasciano dopamina. In precedenza avevamo con statato che la dopamina è importante per mantenere la facil itazione a

lungo te rmine e per modulare l'attenzione nella memori:t spazi:tle. Per ottenere un:t miglior comprensione di quest:t forma di perdita di memoria, i miei coll eghi e io ne sviluppammo un suo mode llo nel topo . I topi di laboratorio vivono fino a due anni : dai tre ai sei mesi, quindi, so no giovani, a dodici mesi hanno raggiunto la mezza età e a diciotto mesi la vecchiaia . Impiegammo un labirinto simile a que ll o usato in precedenza per valutare il ruolo dei geni nella memoria sp aziale. Collocati al centro di un'ampia piattaforma circolare circondata da un bordo di 40 buchi, i topi imparano a trovare il buco che porta a una camera di fuga scoprendo la relazione spaziale esistente fra il buco e i segni sulla parete. Verificammo che i topi più giovani vagliavano rapi damente le strategie della casualità e della ricerca seriale per apprendere molto presto l'impiego della più efficiente strategia spaziale. I topi vecchi, invece, avevano delle difficoltà a imparare la strategia spaZÌ.'.l ]e (fig. 24-1). Scoprimmo inoltre che non tutti i topi vecchi sono menomati : la memoria di alcuni di loro è buona come quella degli animali giovani . Per giu nta, il deficit mnemonico nei topi che ne sono affetti si manifesta solo nella mem oria esplicita: dopo una se rie di test comportamentali verificammo che la loro memoria implicita per compiti percettivi e motori più semplici era intatta. Infine, i deficit mnemonici non sono necessariamente tipici solo della vecchiaia: alcuni iniziano a presentarsi nelle persone di mezza età. T utti questi risultati ci suggerivano che quanto accade agli esseri umani accade anche ai topi. Se un topo manifesta un difetto nella memoria spaziale, significa che c'è qualcosa che non va nell'ippocampo. Esaminammo la via collater.'.lle di Schaffer nell'ippocampo dei topi più vecchi affetti da deficit mnemonici correlati all'età e verificammo che l'ultima fase del potenziamento a lungo termine, che noi e altri ricercatori ave-

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Topi vec chi

Topi giovani 7l

Percentuale che ha appreso il compito

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3 mesi

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12nK•si 1Smcsi

Età

;q-1. I topi manifest:mo un3 perdita di memoria correbta all'et:ì in un compito spaziale.

Il labirinto di lhrncs (in alto) l· dotato di un buco da cui il topo può fu~re e di svariati indizi visivi tr.:imitc i q uali può oricnt:arsi. I topi vecchi hanno diffico ltà ncll"apprcndcrc le relazioni spaziali fra i segui e la via di fui::a (in basso). Ciò l· correlato a un funzionamento difettoso dell'ippocampo.

vam o appurato essere strett:i mente co nnessa con b m emo ria espl icita a lun go termine, era dife ttosa . Ino ltre, i topi vecc hi che ricordavano in mo d o completo presentavano un pote nziam ento a lu ngo ter-

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Alla ricerca della memoria

mine normale, uguale a quello dci topi più giovani con una memo-

ria spazi ale normale. In precedenza avevamo scoperto che l'ultima fase del potenziamento a lungo termine è mediata dall'AMP cicli co e dalla proteinchinasi A e che questa vi:i per b trasmissione di segnali è attivata dalla dopamina. Quando la dopamina si lega ai suoi recettori nelle cellule piramidali dell'ippocampo, la concentrazione di AMP ciclico aumenta. Scoprimmo che i farmaci che attivano questi recettori della dopamina, e quindi incrementano l'AMP ciclico, el iminan o il deficit nell'ultima fase del potenziamento a lungo termine, e anche il deficit

mnemonico ippocampo-dipendente. Insieme a Mark Barad, un ricercatore postdottorato, mi domandai se il deficit nella memoria spaziale a lungo termine dei topi più vecchi potesse essere miglionto anche intervenendo su lla vi:i. ddl'AMP cicl ico in un altro modo. In genere l'AMP cicbco viene interrotto da un enzima, così che la trasmissione di segnali che produ ce non duri all'infinito. Il farmaco Rolipram inibisce quell'enzima, este11dendo la durata dcli' AMP ciclico e incrementando il passaggio dci SCf,"llali. Nei topi vecc hi , appurammo Barad e io, il Rolipram aumentava in modo significativo l'apprendimento che coinvolge l'ippocampo; di fatto, gll animali vecchi a cui era stato somministrato il fannaco svolgevano i compiti mnemonici bene come i più giovani. Il Rolipram incrementava anche il potenziamento a lungo termine e la memoria ippocampo-dipendente negli animali giovani. Questi risultati suffragavano l'idea che il declino nell'apprendimento ippocampo-dipendente negli animali più vecchi sia dovuto, almeno in parte, a un deficit correlato all'età che si manifesta nell'ultima fase del potenziamento a lungo termine. Cosa forse ancora più importante, suggerivano che la smemoratezza sen ile benigna potesse essere reversibile. Se così fosse, in un futuro prossimo gli anziani potrebbero essere curati con farmaci sviluppati sulla base di questi studi sul topo. La prospettiva che la perdita di memoria senile benigna fosse trattabile portò la dirigenza della Memory Pharmaceuticals a chiedersi quali altre forme di deterioramento mnemonico potessero esse re trattate se avessimo conosciuto meglio i meccanismi molecolari alla base della formazione della memoria. Seguendo quest'idea, la Memory Pharmaceutica\s concentrò la propria attenzione sulla prima fase dcl morbo dì Alzheimer.

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Una delle caratteristiche interess..1nti del morbo di Alzheimer è la lieve insufficienza mnemonica che precede il depositarsi delle placche di beta-ami!oide nell'ippocampo. Dato che questi primi deficit cognitivi dell'Alzheimer sono così simili alla perdita di memoria correlata a!! ' età, Michael Shelanski, alla Columbia, iniziò a domandarsi se in entrambi i casi sono [ç stesse vie a essere alterate e, per verificarlo, esaminò l'ippocampo dei topi. Espose l'ippocampo del topo al componente pili tossico delle placche di beta-amiloide, chi amato peptide beta-amiloide, e scoprì che il potenziamento a lungo termine si deteriorava prima che dei neuroni morissero o si formassero ddle placche. Inoltre, i modelli animali della fase iniziale del morbo mostravano l'insorgere di deficit mnemonici prima di poter riscontr.tre un accumulo di placche o delle cellule morte. Nell'esaminare l'espressione genica nelle cellule ippocampali espostt· al peptide beta-amiloide, Shelanski scoprì che il peptide riduce l'attività dell'AMP ciclico e della proteinchinasi A. Queste osservazioni gli fecero ritenere che il peptide potesse compromettere il sistema AMI' ciclico-proteinchinasi A. In etTetti , verificò che un aumento dell'AMI' ciclico tramite la somministrazione di n olipram previene la tossicità beta-amiloide nei neuroni del topo . Nei topi, gli stessi fannaci che prevengono la perdita di memoria corre lata all'età servono anche a prevenire i deficit mnemonici che caratterizzano le prime fasi del morbo di Alzheimer. Ottavio Arancio, della Columbia University, andò oltre, mostrando come il H.olipram sia una protezione contro alcuni dei danni ai neuroni causati dall'Alzheimer, suggerendo con questo che, nel topo modello del morbo di Alzheimer, I' AMP ciclico non solo rafforza le funzioni di vie la cui efficienza è stata minata, ma contribuisce anche a prevenire i danni alle cellule nervose e forse conduce persino alla rigenerazione delle con nessioni distrutte. La M emory Pharmaccuticals e altre società che sviluppano farmaci per combattere la perdita di memoria sono ora alte prese con entrambi questi disordini. In realtà, da quando sono state fondate, molte società hanno allargato il loro campo d'azione, e ora stanno sviluppando farmaci non solo per la perdita di memoria correlata all'età e per il morbo di Alzheimer, ma anche per svariati problemi della memoria che si accompagnano ad altri disordini neurologici e psichiatrici. Uno di questi è la depressione, che nelle sue forme più gravi è associata a una perdita di memoria molto marcata. Un altro è la schizofrenia, che è caratterizzata da un difetto nella memoria ope-

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Alla ri cerca della memoria

rativa e nelle funzioni esecutive, come ordinare una sequenza di eventi o rispettare delle priorità . Attualmente b Memory Pharmaceuticals è situata a M ontvale , nd New J ersey. Nel 2004 è stata quotata in borsa . H a sviluppato quattro

nuove famiglie di farmaci contro la perdita di memoria correlata all'età che sono considerevolmente migliori dei composti disponibili alla Columbia che i miei colleghi e io avevamo usato nei nostri

esperimenti. Alcuni di quei composti incrementano per mesi la memoria di un topo per un nuovo compito!

L'era delle biotecnologie appare al momento molto promettente per lo sviluppo di nuovi farmaci per la cura di persone con disturbi della mente. Nel giro di altri 1 o anni potremmo aver modo di verificare che la nostra comprensione dei meccanismi molecolari alla base della formazione della memoria ha portato ad avanzamenti terapeutici inimmaginabili solo negli anni Novanta. Le implicazioni terapeutiche di questi farmaci sono ovvie. Meno ovvi sono gli effetti che l'industria biotecnologica avrà sulla nuova scit:nza delb mente e sul mondo accademico. Non solo gli accademici si prestano come consulenti, ma alcuni dei migliori scienziati stanno lasciando eccellenti incarichi universitari per passare a quelli che ritengono posti ancora migliori nella biotecnologia. Hichard Scheller, lo straordinario biologo cellulare che durante il suo postdottorato lavorò con Richard A.'i:el e me quando iniziavamo ad applicare la biologia molecolare al sistema nervoso, ha lasciato la Stanford University e l' H oward Hughes Medicai lnstitute per divi:ntare vicepresidente per la ricerca alla Genentech. Poco dopo è stato seguito da Mare T essierLavigne, un neurobiologo dello sviluppo di primo piano a Stanford. Corey Goodnun, leader riconosciuto nello studio dello sviluppo del sistema nervoso ndb. drosofila, ha lasciato la U niversity of Cal ifornia di l3erkeky per guidare una società propria, la Rcnovis. E la lista potrebbe continuare . L'industria biotecnologica rappresenta un percorso parallelo di carriera sia pe r gli scienziati giovani sia per i pili esperti. Dato che nelle società migliori lo standard scientifico è molto alto, è verosimile che gli scienziati si sposteranno liberamente fra scienza in accademia e industria biotecnologica. Mentre il sorgere delb Memory Pharmaceuticals e di altre societii biotecnologiche ha rafforzato la speranza di porre riparo alla perdita di memoria e creato nuove vie di carriera per gli scienziati che lavo-

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rano sul cervel_lo, ha anche posto la questìone etica del potenziamento cogn itivo . E giusto migliorare la memoria delle persone normali? Sart'.bbe auspicabile che i giova ni che possono permetterselo comprino dei fannaci che rafforzano la memoria prima di sostenere gli esami di accesso al college? Esistono varie opinioni a! riguardo, ma la mia è che i giovani sc111i siano in b'Tado di studiare e di apprendere per con to loro e a scuola senza l'aiuto di potenziatoti ch imici della memoria (diverso potrebbe essere il discorso per studenti con disturbi nell'apprendimento). Senza dubbio, per ch i è in grado di apprendere, è lo studio il miglior potenziatore cogniti vo . In un senso più esteso, questi temi sollevano delle questioni etiche analoghe a quelle poste dalla clonazione geneti ca e dalla biologia de lle cellul e stam inali. La comun ità della biologia sta lavorando in aree rispetto alle quali persone ri spettabili e bene informate non concordano sulle impli cazioni etiche dei prodotti della ricerca. Come possiamo unire gli avanzamt'.n ti scie ntifi ci a un'adeguata discussion e sull e impli cazioni etich e della scienza? Su questo tema convergono due aspetti. Il primo è riferito alla ricerca scientifica. La libertà di fare ricerca è come la libertà di parola, e in quanto società democratica dovremmo, entro limiti piuttosto ampi, garantire la libertà degli scienziati di portare avanti la ricerca indipendentemente dalla direzione in cu i li conduce. Se negli Stati U niti si proibisse la ricerca in una determinata .:irea ddla scie nza, possiamo essere certi c he verrebbe fatta al trove, forse anc he in una parte del mondo in cu i la vita umana non ha lo stesso va lore o non è oggetto di tante discussioni come accade nel nostro paese . Il secondo aspetto è riferito a una valutazione dcl modo in cui una scoperta sc ientifica debba essere usata, o se addirittura lo debba essere o meno. Questa non è una valutazione da lasciare agli scienziati, dato che interessa la società in ge nerale. Gli scienziati possono contribuire alla discussione su come i prodotti della scienza debbano essere utilizzati, ma le decisioni finali richiedono la partecipazione, insieme agli scienziati stessi, di esperti di etica , avvocati, gruppi per i diritti dei pazienti, esponenti religiosi . Storicamente, l'etica, una branca della filosofia, si è occupata delle questioni morali del genere umano. Le biotecnologie hanno dato origine all'ambito specifico della bioetica, incentrata sul le impli cazioni soci:ili e morali della ricerca biologica e medica. Hiferendosi alle particolari istanze poste dalla nuova scienza della men te, William Safire, editorial ista di "The New York Times" e presidente

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Alla ri cerca della memoria

della D ana Foundation, un gruppo di interesse pubblico volto alla

divulgazione presso il grande pubblico dell'importanza della scienza dcl cervello, nel 2002 incor:iggiò b fondnione a stimolare le ricerche n d campo ddb ncuroetica . Per dare lui stesso il via, Safire sponsorizzò un convegno dal titolo Nmroethics: Mappi11g tlte field

("Neuroetica: una mappatura del campo"), che riunì scienziati, filosofi, avvocati e religiosi per riflettere su come b nuova visione della mente influenzi tutta una serie di questioni, che vanno dalla respon-

sabilità soggettiva e dal libero arbitrio all'ammissibilità di una persona affetta da disturbi mentali a subire un p rocesso e alle implicazioni per la società e per i singoli individui dei nuovi metodi di trattamento farmacologico. Allo scopo di affrontare i temi connessi ai farmaci che rafforzano i processi cognitivi, nel 2004, con Martha Farah della University of Pen nsylvania, Judy lll es dello Stanford Center for Biomedica] Ethics, Robin Cook-Dcegan del Center for Genome Ethics, Law and Policy della Duke University e molti altri studiosi, abbiamo pubblicato su "Nature l{eviews Neuroscience" una sorta di dichiarazione di intenti intitolata Nc11rows11iri1,e e11f1a11ce111e11t: M!Jiat ca11 wc do all(f 11!/1a1 sho11/d wc do? ("Potenziamento neurocognitivo: che cosa possiamo fare e che cosa dovremmo fare?") . La DANA Foundation fa proseguire la discussione sui temi connessi alla neuroetica. Come Steven H yman, il rettore della H arvard University, ha recentemente scritto in una pubblicazione dcl DANA, «Le questioni 1...J che vanno dalla brai11 priJJacy lla riservatezza rispetto agli esami medici del cervello} al rafforzamento dell'umore e della memoria dovrebbero essere oggetto di intensa discussione, e sarebbe opportuno che questa discussione maturi prima che i continui avanzamenti della scienza costringano la società a dare una sua risposta».

Capitolo 25

Topi, u omini e m alattia m entale

Proprio come i miei studi sulla memoria esplicita degli anni Nov:mt:i mi avev:ino riportato :ille motivazioni che :ill'università mi avevano attratto verso la psicoanalisi, così ora, all'inizio del nuovo millennio, la possibilità di studiare nel topo i disordini della memoria correlati all'età mi richiamava irresistibilmente i temi che mi avevano affascinato dura nte l'internato in psichiatria. Un rinnovato fasc ino verso i disordini mentali che era il risultato di parecchi fattori . Primo, la ricerca biologica sulla memoria che stavo conducendo era progredita a un punto tale che potevo iniziare ad affront:Jre problemi connessi 3 forme complesse dì memoria e al ruolo dell'attenzione selettiva nella memoria, e ciò mi indusse a cercare di sviluppare altri modelli animali di mabtti::i mentale. Ero inoltre attratto dalb scoperta che alcune forme di malattia mentale, quali i disordini da stress post-traumatico, la schizofrenia e la depressione, sono accompagnate dall'uno o dall'altro dei vari tipi di deterioramento mnemonico . Mentre la mia conoscenza della biologia molecolare della memori a and:iva approfondendosi e io scoprivo quanto potessero essere istruttivi i topi modello della perdita di memoria correlata all'età, diventava possibile pensare al ruolo delle disfunzioni mnemoniche in altre forme di malatti a mentale, e anche nella biolor:,>ia dello stato di benessere mentale. Secondo, nel corso della mia carriera la psichiatria si era avvicinata notevolmente alla biologia. Negli anni Sessanta, quando ero interno al M assachusetts Menta] H ealth Center, la maggior parte degli psic hiatri pensava che le determinanti soci:ili del comportamento fossero totalmentt'. indipt'. ndenti dalle determinanti biologiche e che le due agissero su differenti aspetti della mente. Le malattie psichiatriche erano classificate in due grandi gruppi - malattie erg.miche e mabttie funzionali - basati su presunte differenze nel le !oro origini. Quella classificazione, che datava all'Ottocento, emergeva dagli esami autoptici del cervello dei pazienti psichiatrici.

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Alla ri cerca della memoria

I metodi disponibili all'epoca per esaminare il cervello erano troppo limitati per individuare alterazioni anatomiche sottili. Ne risultava che soltanto quei disordini mentali che comportavano perdite significative di cellule nervose e di tessuto cerebrale, come il morbo di Alzheimer, la malattia di Humington e l'alcolismo cronico, venivano classificati come org:rnici, o b::isati sulla biologia. La schizofrenia, le varie forme di depressione e gli stati di ansia, non producendo una perdita di cellule nervose o altre alterazioni evidenti nell'anatomia del cervello, venivano classificate come funzionali, o non basate sulla biologia. Spesso, alle cosiddette malattie mentali funziona.li veniva impresso un particolare stigma sociale, perché si riteneva fossero "tutte nella mente del paziente". Questa concezione si univa all'idea che la malattia avesse potuto essere indotta nella mente del paziente dai genito1;. Ora non si pensa più che soltanto certe malattie influiscano sugli stati mentali tramite alterazioni biologiche del cervello. Al contrario, il principio alla base della nuova scienza della mente è che t11t1i i processi mentali sono biologici - che tutti dipendono da molecole organiche e processi cellulari che :-igiscono letterahm:nte "nella nostra testa". Perciò, qualsiasi disordine o alterazione di questi processi deve avere anche una base biologica. In ultimo, nel 2001 mi fu chiesto di scrivere per il ''journal ofthe American Medicai Association" un articolo sugli apporti biologici e molecolari alb ne urologi.'.! e alla psichiatria, insieme a Max Cowan, un amico di lunga data che era vicepresidente e dirigente scientifico presso l' H oward H ughes Medicai lnstitute. Nello scrivere t'articolo, fui colpito dal modo rJdic:-ile in cui la genetica 1110\ecobre e i modelli animali delle malattie avevano trasformato la neurologia, ma non la psichiatria . Ciò mi indusse a domandarmi perché la biologia molecolare non avesse avuto un analogo effetto di trasformazione sulla psichiatria. La ragione fondamentale è data dal fatto che le malattie neurologiche differiscono da quelle psichiatriche sotto molti aspetti significativi . Da lungo tempo la neurologia si basa sulla conoscenza del sito del ce rvel lo in cui determinate malattie sono localizzate. Le malattie che costituiscono l'oggetto centrale della neurologia (gli ictus cerebrali, i tumori del cervello e le patologie degenerative dcl cervello) producono dei danni strutturali chiaramente individuabili . Gli studi di questi disordini ci hanno insegnato che, in neurologia, !a localizzazione è l'elemento chiave. Sappiamo da quasi un secolo che la malattia di H untington è un disordine del nucleo caudato del cervello,

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che il morbo di Parkinson è un disordine della sostanza nera e che la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è un disordine dei motoneuroni. E sappiamo che ognuna di queste malattie produce i suoi specifici disturbi nel movimento perché ognuna coinvolge un diverso componente del sistema motorio . Per giunta, si i:ra scoperto che tuttl un.:i snie di comuni malattie neurologiche, come !'Huntington, la forma di ritardo me ntale associata al cromosoma X fragile, alcune forme di SLA e i primi attacchi dell'Alzheimer, erano ereditarie in una maniera abbastanza diretta, a significare che ognuno di questi disturbi è causato da un singolo gene difettoso. Identificare i geni che producono queste malattie è stato relativamente facile. Una volta che si individua una mutazione, diventa possibile esp1imere il gene mutante nei topi e nei moscerini e quindi scoprire in che modo il gene dà origine alla malattia. Poiché si conosce la localizzazione anatomica, l'identità e il meccanismo di azione di specifici geni, i medici non diagnosticano più i disordini neurologici esclusivamente sulla base dei sintomi comportamentali. Dagli anni Novanta, oltre all'esame in studio dei pazienti, i medici possono prescrivere dei test per la disfunzione di specifici geni, proteine e componenti delle cellule nervose, nonché esaminare le scansioni cerebrali per vedere in che modo determinate regioni sono state affette da un disordine . Tracciare le cause di una malattia mentale è molto pili difficile di quanto lo sia localizzare un danno strutturale al cervello. Un secolo di studi autoptici del cervello di persone con disturbi ment:i.li non è servito a svelare lesioni ch iare e localizzate come quelle riscontrate nelle malattie neurologiche. Inoltre, le malattie psichiatriche sono dei disturbi delle funzioni mentali superiori . Gli stati di ansia e le varie forme di depressione sono disordini delle emozioni, mentre la schizofrenia è un disordine dcl pensiero. Emozioni e pensiero sono complessi processi ml.:':ntali mediati da una complessa circuiteria neurale. Fino a poco tempo fa, si conosceva ben poco dei circuiti neur:i.li implicati normalmente nel pensiero e nelle emozioni . Inoltre, anche se quasi tutte le malattie mentali hanno un'importante componente genetica, non presentano modelli di ereditarietà diretta, perché non sono causate dalla mutazione di un singolo gene . Non esiste quindi il gene della schizofrenia, come non esiste il gene dei disordini da ansia, della depressione o della maggior parte delle altre malattie mentali . Al contrario, le componenti genetiche di que-

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ste malattie si originano nell'interazione di parecchi geni con l'am-

biente. Ogni gene esercita un effetto relativamente esiguo, ma insieme creano una predisposizione genetica - un potenziale - per un disordine. La maggioranza dei disordini psichiatrici è causata dalla combinazione di queste predisposizioni genetiche e di qualche fattore ambientale aggiunti vo . Ad t:sempio, due gemdli identici hanno geni identici. Se uno dci due ha la malattia di Huntin gton, ce l' avrà anche l'altro . Ma se uno dei due ha la schizofren ia , l'altro ha soltanto una probabilità del 50 percento di svil uppare la malattia. Per innescare la schizofrenia sono necessari altri fattori non genetici nella prima fase ddb vita, come un'infezione intrauterina, una nulnutrizione, uno stress o lo sperma di un padre anziano. A causa di questa complessità nel modello e reditario, non abbiamo ancora identificato la maggior parte dei geni implicati nelle principali malattie mentali. Nel passare dalla memoria implicita nell'Aplysia alla memoria esplic ita e alla rappresentazione interna d ello spazio nel topo, mi ero spostato da un ambito relativamente sempli ce a uno assai più complesso, un ambito che conteneva molte questioni di ampia portata per il comportamento umano ma poche conoscenze solide. Il tentativo di esplorare modelli animali di disordini mentali rappresentava un passo ulteriore nell'incertezza. Per di più, mentre nello studio della memoria implicita nell' Aplysia ero stato uno dei primi e mi ero avvicinato allo studi o della memoria esplicita nel topo in un'interessante fase intermedia, nell'accostare la biologia dei disordini mentali ero in ritardo: molti altri avevano già lavorato prima di me su modelli aninuli di disordini mentali. La man canza di conoscenze sull'anatomia, sulla genetica e sulla ci rcuiteria neurale implicate nei disordini mentali rendeva difficile crearne dei modelli animali. L'unica chiara eccezione, quella su c ui m i ero inizialmente focalizzato, era data dagli stati di ansia. È difficile sapere se un topo soffra di schizofrenia, se sia sotto l'effetto di un delirio o di un'allucinazione . Ed è altrettanto difficile riconoscere che un topo sia psicoticamente depresso. Ma tutti gli animali con un sistema nervoso centrale ben sviluppato - dalle lumache ai topi, alle sc immi e, alk persone - possono cadere in preda alla paura o all'ansia. Inoltre, la paura ha delle caratteristiche distintive e facilmente riconoscibili in tutti questi animali. Perciò, non solo gli anim:ili speriment:mo b paur:t, ma noi siamo in gr:tdo di st:tbilire quando sono in ansia. Possiamo, si fa per dire, leggere nei loro pensieri . Una conoscenza enunci:ita per la prima volta da Ch arl es Dar-

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win nel suo studio classico del 1 872, L 'espressio11e delle e111ozio11i 11cl!'1101110 e 11egli a11i111ali. Il fatto biologico essenziale riconosciuto da Darwin, e che ha facilitato lo sviluppo di modelli animali degli stati di ansia, è che l'ansia - la paura stessa - è una risposta universale e istintiva a una minaccia portata al corpo o .:ilio status sociale di un soggetto ed è quindi cruciale per la sopravvivenza. L'ansietà segnala una minaccia potenziale, che richiede una risposta adattiva. Come Freud aveva ravvisato, una normale ansia contribuisce a padroneggiare situazioni difficil i e di co nsegue nza alla crescita personale . L'ansia normale esiste in due forme principali: l'ansia istintiva (la p.:iura istintiva o innata), che è costitutiva dell'organismo e posta sotto un più rigido controllo genetico, e l'ansia appresa (la paura appresa), a cui un organismo può essere geneticamente predisposto nu che è essenzialmente appresa attraverso l'esperienza. Come abbiamo visto, attraverso l'apprendimento l'ansia istintiva può facilmente essere associata a uno stimolo ne utro. Poiché tutte le facoltà che rafforzano la sopravvivenza tendono a conservarsi lungo il corso dell'evoluzione, sia la paura istintiva sia quella appresa si sono mantenute in tutto il regno animale (fìg. 25-1). Entrambe le forme di paura possono essere perturbate. L'ansia istintiva è patologica quando è eccessiva e persistente al punto di paralizzare l'azione. L'ansia appresa è patologica quando viene provocata da eventi che non rappresentano una vera minaccia, come quando uno stimolo neutro si associa nel cervello a un'ansia istintiva . Gli stati di ansia mi interessavano in modo particolare in quanto sono di gran lunga il disturbo mentale più comune: nella popolazione generale, dal 10 al 30 percento dei soggetti soffre in un certo momento della vita di questi disordini di ansietà. llispostcindoucdJlb1m•r:i Componamcntodifrnsivo(ritr:1zioiw. im1nobiliZZJZÌO!ltimolo11eutroè•bbi11ato ~unonocivo(scoss;i),iltoposi

immobilizz.>: una dd!c possibili risppaur.iiposccdipwn.

.i5-3 . Le vie neurali ddlapauraapp n.'sa

mento di neuroni nel talamo, che è implicato nell'udito. I neuroni del t:ilamo formano due vie: una diretta che va al nucleo b ten\e dell'amigdala senza mai entrare in contatto con la corteccia, e una indi-

retta che va prima alla corteccia uditiva e poi al nucleo laterale (fig. 25-3). E ntrambe le vie che portano le informazioni sul suono tenninano nei neuroni piramidali, il principale tipo di cellule nervose prese nti nel nucleo laterale, con i quali form:mo connessioni sinaptiche. L' informazione su l dolore derivante dallo stimolo in condizionato, la scossa alla zampa, atti va delle vie che tenninano in un diverso raggruppam ento di neuroni del talamo, atto a elaborare gli stimoli dolorosi. Anche questi neuro ni del talamo formano ddle vie dirette e indirette che si dirigono alle cellule piramidali del nucleo laterale. In questo caso, la via indiretta passa attraverso la corteccia somatosensoriale. L'esistenza di vie separate - una che passa attraverso la corteccia e una che la evita del tutto - fornì la prova ev id ente che la valutazione in co nscia di uno stimolo minaccioso precede la valutazione cortica le conscia della paura, come la teoria di Jam es- Lange aveva previsto . Con l'attiv:izione della vi a diretta , veloce, che evita la corteccia, uno stimolo che in cute paura può far battere più rapidamente il cuo re e su dare le mani prima che ci rendiamo consapevolm en-

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te conto, attraverso la via più lenta, che qu alcuno vicino a noi ha estratto un'arma . Oltre a servire da punto di convergenza delle informazioni provenienti dallo stimolo condizionato (il suono) e da quello incondizionato (la scossa), il nucleo laterale dell'amigda la mobilita delle risposte adattive tramite le connessioni che forma con \'ipotalamo e con la corteccia cingolata. L'ipotalamo è c ruciale per l'espressione corporea della paura, innescando la risposta "combatti o fuggi" (incremento dd battito cardiaco, sudorazione, secchezza delle fauci e tensione muscolare) . La corteccia cingolata è invece implicata nella valutazione conscia della paura . Come funziona, dunque, la paura appresa nel topo? Produce modificazioni della forza sinaptica nelle vie interessate dallo stimolo condizionato, come nel caso dell'Aplysia? Per affrontare queste domande, molti scienziati, co mpn:si i miei colleghi e io stesso, hanno analizzato fettine di amigdala del topo. I primi studi mostrarono che sia la via diretta sia quella indiretta, se stimolate elettricamente a un grado simile a quel lo impiegato cb 13 liss e Lomo nell'ippocampo, si rafforzano tramite una variante dcl potenziamento a lungo termine. Abbiamo quindi studiato biochimicamente questa variante dcl potenzi amento a lungo termine e scoperto c he, malgrado differisca leggermente dal suo corrispettivo dell'ippocampo, è quasi identica rispetto alla facilitazione a !ungo termine che contribuisce alla sensibilizzazione e al condizionamento classico (due forme di paura appresa) nell' Aplysia. Entrambe hanno una via molecolare di trasmissione dei segnali che comprende i'AMi' ciclico, la proteinchin asi A e il gene regolatore CllEB. Queste scoperte indicano ancora una volta che la facilitazione a lungo termine e le varie forme di potenziamento a lungo termine fanno parte di una famiglia di processi mokcolari in grado di rafforzare le connessioni sinapticht: per lunghi periodi di tempo. Nel 2002 Michad H.ogan, che in precedenza aveva lavorato con LeDoux, iniziò a collaborare con me, e insieme passammo dall'esame di fettine di cervello di topo allo studio di animali integri, analizzando la risposta dei neuroni dell'amigdala a un suono, e abbiamo scoperto, come prima di noi Rogan e Le Doux nel ratto, che la paura appresa incrementa quella risposta (fìg. 25-4). Questo fenomeno assomiglia al potenziamento a lungo termine che :avevamo osservato in fot tine di amigdala. In seguito, il nostro collaboratore Vadim Bolshakov, di Harvard, rifletté sul fatto che se la paura appresa rafforza

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JP

Compori:unh>r""'

L'inpulprovcni:imento familiare durante la Seconda guerra mondiale, fornendo la prima evidenza convincente dell'importanza di forti relazioni affettive tra gen itori e figli durante i periodi di stress. Gli effetti del disgregamento familiare furono in seguito studiati dallo psicoanalista newyorchese René Spitz, che mise a confronto due gruppi di bambini separati dalle loro madri. Uno dei due era composto di bambini cresciuti in orfanotrofio accuditi da infermiere, ognuna delle quali ne seguiva sette; l'altro dei bambini di un asilo connesso a un carcere femminile, i quali ogni giorno passavano brevi periodi di tempo con le madri. Al compim ento del primo anno, le competenze motorie e intellettive dei bambini dell'orfanotrofio risultavano di gran lunga inferiori rispetto a quelle dei bambini dell'asilo della prigione: i primi erano introversi e denotavano scarsa curiosità e gaiezza. Questi studi classici furono pubblicati in Tlie psychoa11alytic stt1d)' oj rhe d1ild, una serie di volumi curati da tre

Ln bir1/ogia e/,, rirmsd1ai/rlprusieropsiwaua/iri(o

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degli iniziatori degli studi osservativi sull'infanzia: Anna Freud, Heinz Hartm:mn ed Ernst Kris. Nell'ambito di un paradigma di come il riduzionismo possa potenziare la nostra comprensione dei processi psicologici, Harry H arlow della University of Wisconsin estese il suo lavoro con lo sviluppo di un modello animale di privazione nrn.terna. Riscontrò che, se le scimmie neonate venivano isolate per un periodo da sei mesi a un anno e poi tornavano insieme ad altre scimmie, erano fisicamente in buona salute ma devastate sotto il profilo comportamentale. Stavano acquattate in un angolo della gabbia e si dondolavano avanti e indietro, come i bambini autistici o con altri gravi disturbi. Non interagivano con le altre scimmie, né lottavano, giocavano o mostravano alcuna pulsione sessuale. L'isolamento di un animale più vecc hio per un tempo analogo era invece senza effetti. Quindi, nelle scimmi e come negli umani, esiste un periodo critico per lo sviluppo della socia lità. In seguito Harlow scoprì che la sindrome poteva essere parzialmente fatta rientrare dando alla scimmia in isolamento una madre surrogata, un fantoccio di legno foderato di stoffa. Questo sun·ogato stimolava nella scimmia isolata un comportamento di attaccamento ma era insufficiente per lo svil uppo di un comportamento sociale pienamente normale. Quest'ultimo si poteva ristabilire soltanto se, oltre alla madre surrogata, l'anima le in isolamento aveva per alcune ore tutti i giorni un con tatto con un cucciolo di scimmia normale che trascorreva il resto del tempo nella colonia . I bvori di Anna Fn:ud, Spitz e Harlow furono ripresi e ampliati da J ohn Bowlby, il quale fonnu!ò l'idea che il bambino inerme mantiene una vicinanza con la persona che lo assiste per mezzo di un sistema di schemi di risposte emotive e comportamenta li che chiamò sistema dell'attaccamento, concepito da Bowlby come sistema innato istintivo o motivazionale, simile alla fame o alla sete, che organizza i processi mnemonici del bambino e lo induce a cercare una prossimità e una comun icazion e con la madre. Da un punto di vista evoluti vo, ch iaramente il sistema dell'attaccamento rafforza le probabilità di sopravvivenza del bambino consentendo al suo cervd!o immaturo di usare !e funzioni compiute della madre per organizzare i propri processi vitali. Il meccanismo di attaccamento del bambino si rispecchia ndle risposte emotivamente sensibili della madre ai suoi segnali. Le risposte parentali servono sia ad amplificare e rinforzare gli sta ti emotivi positivi del bambino sia ad attenuarne quelli negativi. Queste espe-

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rienze ripetute vanno a codificarsi nella memoria procedurale come aspettative che aiutano il bambino a sentirsi sicuro . Questi numerosi approcci allo studio dello sviluppo infa ntile vengono ora indagati in topi geneticamente modificati per ottenere conoscenze più definite sulla natura dell'interazione bambino-genitore. Oggi sono disponibili anche altri mezzi speriment::ili per verificare le teorie analitiche sul funzionamento della mente. Vi sono, ad esempio, dei modi per distinguere i processi mentali procedurali (impliciti) fissati nella nostra memoria per le competenze percettive e motorie da altri due tipi di processi mentali inconsci: l'inconscio dinamico, che rappresenta i nostri conflitti, le pulsioni si:ssuali, i pensieri e le azioni represse, e !'inconscio preconscio, che è coinvolto nell'organizzazione e nella pianificazione e ha pronto accesso alla coscienza. Gli approcci biologici alla teoria psicoanalitica potrebbero, in linea di p1-incipio, indagare tutti e tre questi tipi di processi inco nsci. Uno dei modi per farlo - che illustrerò nel prossimo capitolo - è quello di comparare le immagini dell'attività generata da stati percettivi inconsci e consci e individuare le regioni del ci: rvello reclutate per ognuno di essi. Quasi tutti gli aspetti dci nostri processi cognitivi si basano su inferenze inconsce, su processi che hanno luogo senza che ne SÌ.'.lll10 consapevoli . Senza sforzo vediamo il mondo come un tutto unificato - il primo piano di un paesaggio e l'orizzonte alle sue spalle - perché la percezione visiva, il collegamento fra loro dei vari clementi dell'immagine visiva, avviene senza che ce ne rendiamo conto. Di conseguenza, molti studiosi del cervello ritengono, come già Fre ud, che non siamo consci del la maggior parte dei nostri processi cognitivi, ma solamenti: dcl loro risultato finale. Un principio analogo pare applicabile anche .'.li nostro senso conscio del libero arbitrio . Portare la biologia a sostegno delle teorie psicoanalitiche verosimilmente equivale a irrobustire il ruolo della psichiatria nella moderna medicina, nonché a indurre un pensiero psicoanalitico empiricamente bas.'.lto a entrare a far p.1rte delle discipline che stanno oggi dando forma alla scienza della mente. La finalità di questa unione è quella di combinare il riduzionismo radicale, c he indirizza la biologia di base, con l'intento umanistico di comprendere la mente umana, che indirizza la psichiatria e la psicoanalisi. È questo, dopotutto, l'obiettivo ultimo della scienza del cervello: connettere gli studi fisici e biologici del mondo naturale e dei suoi abitanti a una comprensione delle trame più profonde della mente e del!' esperienza umane .

Capitolo 28

La coscien za

La psicoanalisi ci ha fatto conoscere l'inconscio nelle sue svariate forme. Come molti degli scienziati che attualmente studiano i! cervello, sono da lungo tempo attratto dalla massima questione connessa al tema: la natura della coscienza e in quale modo i vari processi psicologici inconsci sono correlati al pensiero conscio . Quando parlai per la prima volta con Harry Grundfest della teoria strutturale della mente di Freud - io, es e super-io - il nodo centrale del mio ragionamento era: in che modo i processi consci e inconsci differiscono rispetto alla loro rappresentazione nel cervello? Ma solo di recente la nuova scienza dclb mente ha reso disponibili gli strumenti per indagare tale questione in modo sperimentale. Allo scopo di sviluppare delle conoscenze produttivi;: sulla coscienza, la nuova scienza della mente ha prima dovuto stabilire una definizione operativa di coscienza come stato di consapevolt:zza percettiva, o di attenzione selettiva. Sostanzialmente, nelle persone la coscienza è una consapevolezza di sé, la consapevolezza di essere cons:ipevoli. Si riferisce quindi alla nostra capacità non solo di esperin: il piacere o il dolore, ma di prestare attenzione e di riflettere su queste esperienze, e di farlo nel contesto del vissuto corre nte e della nostra storia di vita. L'attenzione consapevole ci consente di tagliare fuori le esperienze estranee e di focalizzare l'evento cruciale che ci troviamo di fronte, sia esso piacere o dolore, l'azzurro del cielo, la fredda luce nordica di un dipinto di Vermeer o la bellezza e la pace che possiamo godere in riva al mare. Quella di comprendere la coscienza ì: certamente la massima sfida della scienza. La verità di questa affermazione trova una delle migliori conferme nel percorso lavorativo di Francis Crick, forse il biologo più creativo e influente della seconda metà dd Novecento. Quando Crick iniziò a dedicarsi alb biologia, dopo la Seconda guerra mondiale, erano in sospeso due grandi domande le cui rispo-

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Alla ri cerca della memoria

ste si ritenevano al di là delle possibilità della scienza: che cosa distingue il mondo vivente da quello non vivente? E qual~ b natura biologica della coscienza? Crick affrontò per primo il problema più facile, la distinzione fra materia animata e materia inanimata, e indagò b natura del gene. Nel 1953, dopo due anni di lavoro insieme, lui e J im Watson avevano risolto quel miste ro. Come più tardi quest'ultimo sc risse in La doppia elirn, «a pranzo Francis piombò all'Eagle lPubJ per dire a tutti quelli che si trovavano a portata d'udito che avevamo scoperto il segreto della vita». Nei successivi 20 anni, Crick riuscì a decifrare il codice genetico: il modo in cui il DNA produce l'RNA e ]'RNA produce le proteine. Nel 1976, a 60 anni, Crìck si dedicò a! mistero ddla scienza ancora irrisolto: la natura biologica della coscienza, studiandola per il resto della sua vita insieme a Christof Koch, un giovane neuroscien ziato computazionale. Crick apportò alla ricerca l'intelligenza e l'ottimismo che lo contraddistinguevano; inoltre, fece della coscienza il focus della comunità scientifica, che in precedenza se ne era disinteressata. Malgrado però quasi un trentennio di impegno continuativo, Crìck riuscì appena a scalzare il problema. In effetti, alcuni scienziati e filosofi della mente contin uano a ritenere la coscienza talmente imperscrntabile da temere che non si sarà mai in grado di spiegarla in termini fisici . Come può un sistema biologico, una macchina biologica, si chiedono costoro, provare qualche cosa? E, aspetto ;;incora più oscu ro, come può pensare a se stesso? Non si tratta di domande nuove. In Occidente i primi a porsele, nel v secolo a.C., furono Ippocrate e Platone, il fondatore ddl' Accademia di Atene. Ippocrate fu il primo medico a staccarsi dalle superstizioni per basare il proprio pensiero su osservazioni cliniche, giungendo a supporre che tutti i processi mentali derivano dal cervello. Platone, che rifiutava osservazioni ed esperimenti, credeva che l'unica ragione per cui noi pensiamo noi stessi e il nostro corpo mortale sia data dal fatto di avere un'anima che è immateriale e immortale. L'idea di un'anima immortale fu in seguito fatta propria dal pensiero cristiano e rielaborata d::t san Tommaso d'Aquino nd Xlii secolo, il quale, così come poi i successivi pensatori religiosi, riteneva l'anima - ciò che genera la coscienza - non solo distinta dal corpo, ma anche di origine divina . Nel Seicento René Descartes sviluppò b nozione che gli esseri umani avessero una natura dualistica: posseggono un corpo, fatto di sostanza materiale, e una mente, che deriva dalla natura spirituale

Lnr1 (" Non posso credere a quel che mi sta dicendo: lei , un'accademica, sta facendo delb sconsi derata propaganda nazista antisemitica!"). Ormai si erano girati tutti a guardarci sbalorditi, mentre io continuavo a esprimerle tutto il mio biasimo. Alla fine, vedendo c he non sortivo su di lei alcun dfetto, le voltai le spalle e mi misi a fare conversazione con la persona seduta accanto a me dall'altra parte. Il mio scontro con Elisabeth Lichtenberger fu il primo di tre illuminanti incontri che feci con austriaci di diverse età nel corso di quella visita nel settembre 2004. Il secondo fu con una donna di cirG l 50 anni, nata a Vienna, segretaria di un collega austriaco dell'Orden, il fisico quantistico Anton Zeilinger, la quale mi disse: «Sono stata così contenta di leggere il suo intervento al convegno dello scorso anno. Fino ad allora non sapevo nulla della Notte dei cristalli!». Infine, un giovane uomo d'affari austriaco che mi aveva riconosciuto nella hall dell'albergo mi disse: «È meraviglioso che lei sia tornato a Vienna. D ev'essere così difficile, per lei, farlo» . Queste opinioni probabilmente ri fl ettono con esattezza lo spettro degli atteggiamenti degli austriaci riguardo agl i ebrei, uno spettro in larga misura dipendente dall'età . La mia spera nza ~che la differenza fra le tre generazioni possa indicare una diminuzione dell'antist'.mitismo in Austria. La pensano così anche alcuni degli ebrei di Vienna. Altri dut'. fatti furono persino più incoraggianti . Il primo si verificò alla conferenza per il volume degli atti, quando Georg Winkler, preside di facoltà all'Università di Vienna, mi presentò . Nella sua introduzione, Winkler si spi nse o ltre, riconoscendo che l'università aveva collaborato con i nazisti e scusandosi per questo. «L'Università di Vienna ha atteso troppo a lungo per fare un'autoanalisi e rendere traspart'.nte il suo coinvolgimento con il nazionalsocialismo», dichiarò. Il secondo fu nel corso di un evento sociale a cui presi parte con \'Orden all' H ofburg, il palazzo reale già residenza degli Asburgo . A

,,, Vienna avevo appreso che il presidente Klestil, che quattro anni prima mi aveva invi tato a organizzare i! conve,s1110, era morto da poco .

In quella circostanz:i incontrai il presidt:nte neoeletto, Heinz Fischer. Hiconobbe immediatamente il mio nome e invitò me e Denise a una cena privata con lui e sua moglie all' H otel Sacher. Ci disse

poi che nel 1938 il padre di sua moglie era stato ri nchiuso in un campo di concentramento nazista e rilasciato soltanto perché avcv:i ottenuto un visto per b. Svezia. Tanto il presidente Fischer quanto la moglie avevano fatto di tutto per indurre Karl Popper e altri é111igrés ebrei a ritornare e a stabili rsi a Vienna. I I nuovo presidente è ancora più coinvolto nella vita degli ebrei di Vienna di quanto lo fosse il suo predecessore. Per di più, era incredibile pen sare che 65 anni dopo essere stato costretto a lasciare Vienna, avrei ricevuto un invito a cena dal presidente austriaco e conversato con franchezza insieme a lui della vita ebraica a Vienna, fra un bicchiere di vino e una fetta di Sachertorte. 11 4 ottobre, il nostro ultimo giorno a Vie nna, sulla strada per l'aeroporto D enise e io ci siamo fcnnati davanti al numero 8 di Severingasse . Non abbiamo cercato di entrare nell'appartamento e di vedere le stanzette che avevo lasciato 65 anni prima . Ci siamo se mplicemente fermati all'esterno e abbiamo guardato i raggi del sole sfiorare la porta di legno scrostata . Mi sentivo stranamente in pace: felice di essere sopravvissuto, e di essere venuto fuori da quell'edificio e dall'Olocausto relativamente indenne.

Capitolo 30

Imparare dalla m emoria: prospetti ve

Dopo 50 anni di insegnamento e di ricerca, continuo a pensare che fare scienza in un 'università - nd mio caso, la Co lumbia University - non finisce mai di essere interessante. Derivo un grande piacere dal rifl ettere su come funziona la memoria, dallo svi luppare specifiche idee sul modo in cui si mantiene, dal dare forma a queste idee di scutendo ne co n studenti e colleghi e poi dal verificare se sono corrette o meno tramite gli esperimenti . Continuo a esplorare la scienza quasi come un bambino, con una gioia un po' naif, con curiosità e divntimento. Mi sento particobrmente privilegiato per il fatto di lavorare alla biologia della mente, un'arca che - a differenza del mio primo amore, la psicoanalisi - negli ultimi 50 anni è cresciuta enormemente. Nel ripensare a tutti questi anni, sono co lpito da quanto poco ci fosse inizialmente a suggerire che la biologia sarebbe diventata la passion e della mia vita professionale. Se nel laboratorio di Harry Grundfest non mi fossi trovato a provare il brivido di fare ricerca sul serio, di effettuare esperim enti per scoprire qualcosa di nuovo, avrei finito con l'intraprendere una ca1Tiera molto diversa, suppongo, e quindi una vita molto diversa. Nei primi due anni al la facoltà di medicina ho frequentato i corsi scientifici di base richiesti, ma finché non ho davvero provato a fare ricerca, vedevo la mia formazione scientifica come un prerequisito necessario per quel che veramente m i interessava, cioè la pratica della medicina, il prendermi cura dei pazienti, capire le loro malattie e intanto prepararmi a diventare psicoanalista. Fui sbalordito dallo scopri re che il lavoro in laboratorio - il fare scienza collaborando con persone interessanti e creative - sia tutta un'altra cosa rispetto al frequentare corsi e leggere libri di scienza . In effetti ritengo che il processo della ricerca scientifica, quell'esplorazione giorno per giorno dei misteri della biologia, sia molto gratificante, non solo sul piano intellettivo, ma anche emoti vo e sociale. Il compiere esperimenti mi dà il brivido di scoprire le mer.ivi-

Alla ricerca della memoria

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glie del mondo, ma, in più, la scienza è portata avanti in un contesto

sociale intenso che diventa sempre più coinvolgente. Negli Stati Uniti la vita di uno scienziato in biologia è una vita di discussioni e di dibattiti - è b tradizione talmudica estesa al suo massimo. Solo che, invece di commentare un testo religioso, noi commentiamo dei

testi scritti da processi evolutivi che operano d;i centinaia di milioni di anni. Poche al tre attività umane generano un tale cameratismo fra colleghi giovani e anziani, studenti o mentori, come quella di giun-

gere insieme a una scoperta interessante. La struttura sociale egualitaria della scienza americana stimola

questa solidarietà. In un moderno laboratorio b collaborazione è dinatnica, si estende non solo dall'alto verso il basso, ma anche, aspetto molto importante, dal basso verso l'alto. La vita in un'università americana colma sia i gap gener:i.zionali sia quelli di status sociale in maniere che ho sempre trovato stimolanti. François J acob, il genetista molecolare francese il cui lavoro tanta influenza ha avuto sul mio pensiero, mi disse che la cosa che più lo impressionò la prima volta che venne negli Stati Uniti fu che i dottorandi chiamassero Arthur Kornberg, un biochim ico del DNA di fama mondiale, pe r nome di battesimo. Per me era normale . Gnmdfest, Purpura o Kuffier hanno sempre trattato me e gli altri loro studenti come pari . M a questo era impossibile che accadesse nell'Austria, nella Germania, nella Francia e forse persino ndl'lnghilti:rra del 1955. Negli Stati Uniti, se hanno qualcosa di interessante da dire, i giovani parlano e vengono ascoltati . Perciò io ho imparato non solo dai miei insegnanti, ma anche dalla mia interazione quotidiana con un gruppo straordinario di dottorandi e postdottorati. Nel pensare agli studenti e ai ricercatori di postdottorJto con cui ho collaborato nel mio laboratorio, mi viene in mente la bottega dell'artista rinascimentale Andrea del Verrocchio, che da l 1470 al 1475 fu frequentata d;:i um serie di giovani artisti di talento, compreso Leonardo da Vinci, i quali ci andavano per imparare e, nel farlo, apportavano contributi significativi alle tele che Verrocchio dipingeva . Oggi, guardando il Bartcsi1110 di Cristo del Verrocch io, esposto agli Uffizi di Firenze, la gente può dire: "Quel mer;:iviglioso angelo inginocchiato sulla sinistra fu dipinto nel 1472 da Leonardo". Analog.imente, quando tengo una conferenza e proietto disegni ingranditi dei neuroni del]' A plysia e delle loro sin:ipsi sullo schermo di un auditorio, dico a! mio pubblico: «Questo nuovo sistema di coltura è stato sviluppato da Kelsey Martin, queste Cl~El3 attivatrici e represso-

fmp11mrrd111/1111wumri11 :1>ros11ros11ros11ros11ros11io (afasia di Wcmickc), nclrcspn·ssione dcl linb'lla&b>io (afosia di 13roca), o in entrambe Agnos ia: perdita di conoscenza: l'incapacità di riconoscere co1m:iamcntc degli oggetti tramite vie se nsoriali che d iversamente funzionano in modo nom1ale. ad esempio agnosia della profondit:i, agnosia dcl movimento, agnosia dcl colori:, prosopagnosia (disabilit!i nel riconoscer(· i volti). Amigdala: la ri:gione dcl cervello pili specificamente corrdata alle emozioni. come la paura. Coordina le risposte autonome cd endocrine congiunte agli stati emotivi cd è alla base delÌa mem~ria delle emozioni. L'amigdab i.· costituita da un raggruppamento di parecchi nuclei situati in profondit . Cambridgr'sjeritti un numero quasi pari di rag.1zzcc ragazzi. In seguito, n1oltc altre scuole diurne hanno segui to le onne della Ycshivah di Flatbush. Per un a storia di qucsta istituzioncsi vcda Jodi 13odncr DuUow (a cura di). Tlir Ycs/1i1111h of Flatb11sli : Tl1cfirs1 scvr11tyji11c ye11rs (Yeshivah of Flatbush. 13rooklyn 2002). La Erasmus Hall High School fu fond11::1 11cl 1787. Con l'iscrizionc iniziale di 26 ragazzi, fu la prima scuola secondaria a essere accreditata da l consiglio di amministrazione della University of tlw State of New York. Spesso c hiamat:1 la "madre delle scuole superiori"', indusse lo sviluppo dcl sistl,tna scolastico secondario dello stato di New York. L'edificio orip;inario, ancora in piedi nel ce ntro dd campus, fu costruito ncll"anno della fondazione co n denaro otTcrto daJohnJay. Aaron 13urr e Alcxandcr H amihon. Per una storia della Erasmus si vccb nita Hush (a cura di) . "/71r dmm1r/c5 111a/lobrs.in ··rsychoanalytic Quarterly", 23, 19)4, pp 317-338: M. Ostow. A J1S)'i:lh>a11alytirra111ri· /mtiou1'ic e J. Cano, e apparvero in "Am Philos. Soc. Mcm.", 8; in questo testo, Cajal paragona lcccllulcauna•forcstapicnamentC'sviluppat:l• alle pp. 314-315 e se stesso e Golgi a «g(·mclli siamesi• a p. 5:53· Il discorso dcl Nobel di Golgi è stato ristampato nella sua Opera 1111Jia, a cura di L Sah. E. Veratri e G. Sala. voi. 4 (H oepli, Milano 19::9): citazione da p. 1259; è st:lto tradotto in inglese rnpeaif'nìu 11eurobiofo,~y.acuradiM . S;1ntini. lt1vcn Prcss. New York. pp. 39-50.

449 Freud, S. (1933), Neu,immdurl""J'lfflurcs "" psrrlmmoal)'sis, traduzione diJ. Strachcy; ristampa . W.W. Nonon. New York 1965 Kandcl. E.ll ., j .H . Schwmz eT.M.jesscll (21XlO), Priuciphs 1c111inls rrr"rtfrdjr111iusiden11en-efibre.in " Naturc". 144.pp.7rn-711. Young, J . Z. (1938), "n1efimrtim1i1(\!•ift!ir ,t,;inm ucnirfibcrs •ift/1csqr1iil. in "J . Exp. Biol." , 15,pp. 170- 185.

6 La convcr;aziopc fra k cdlu!r rwrvosc Gnmdfcst rimJsç un sostenitorl' ddb scintilla per lungu tempo, anche dopo che Ec'-'ks e quJsi tutti i neurofisiologi si erano convinti della natura chimicJ della trasmissione sinaptica. Fu solamcmc nel settembre dcl 1954. un mno dopo il mio arrivo nel suo laboratorio, che, in un imporun tc convegno sugli impulsi nervosi, modificò il suo modo di vedere. &risse: •Ecdc,; ha recentemente- fatto sua b posizione che questa

trasmissione [da cellula nervosa a cellllla nervosa] siJ mcdiatJ chimicamente. Alcuni Ji noi si erano opposti a questa visione [... J Possiamo essere st:i ti in errore• (D . Nachnunsohn e H.H . Meni t (a cura di]. Nm•r i111p11/sc); 1m11sar1fous, Josiah Macy Jr Foundation, New York 1956, p. 184) Per una storia della msmissioncsin~tptica si veda W.M. Cowan e E. Il. KJndc!. A liriej /1istnryfsy•"'f'Si'Samfsr11aptic11a11s111issiou,in Spmpscs, J cura di W.M. Cowan, T.C. Si..idhof e CF. Sievcus Qoh11s Hopkins Uniwrsicy Prl'SS. Baltimorc 2000. pp. 1-87). lkrnard Katz fa Ull Tl'SOCO!ltO dcl suo Jrrivo in Gran Bretagna in T" tdl yo11 1/1e 1n11h, sir, Wt' do it bcrausc it's mm1si11.t,;!. in "n1cllistryf11e1ffOS.~i11ui11.J!S n11d 1/1e prosperts ".f '1e11rolum111crics (Univcrsity of Kansas Prcss. Lawrencc 1953). PJu l Fatt hJ ripreso b tr.1smissionc sinaptica in Biophysirsofjrmaimmltmusmissiou. in "Physio!. lkv .... J4, 1954, pp.674710,citazioncdap. 704. Altn· informazioni per questo c:ipitolo sono state tratte dai scguenti t~'Sti: Brown, G.L.. H .H . Dalc l' W. Fcldberg (1936). Reartim1splir mul rpliaptir rrmwuissfou, in Hm1dbook j!y, pp. 147-197. American Physiological Sociecy, Washinb'1:011 Kandcl. E.lt.J.H. Schwartz e T.M.Jcsscll (2000). Priurip/rs 5timzr, CE.A . Milano 20031). Karz, 13. (1939) , Elerrric c.wirario" of1Kn•c. Oxford Univcrsit)• Prc·ss, Oxford. Katz,l3. (19(J1J), 11ierelrasco{11mraltrn11swil· rrr wbs1t111tcs, Unh·crsicy l;rcss. Liverpool. Katz, 13. (ly