Alessandro Manzoni - La Morte Di Ermengarda [PDF]

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Zitiervorschau

Ipertesti Alessandro Manzoni - Adelchi, atto IV, scena I, coro

La morte di Ermengarda Introduzione Dopo aver saputo dalla sorella Ansberga che Carlo ha contratto un altro matrimonio, Ermengarda sviene e nel delirio rivela tutta la forza della passione che ancora la tiene legata al re dei franchi. Il successivo coro, che qui presentiamo, dà una lettura dell’intera vita della giovane che, nata in un popolo di oppressori, condivide ora il destino degli oppressi. Sparsa le trecce morbide sull’affannoso petto, lenta le palme e rorida di morte il bianco aspetto, giace la pia, col tremolo

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guardo cercando il ciel. Cessa il compianto: unanime s’innalza una preghiera: calata in su la gelida fronte, una man leggiera

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sulla pupilla cerula stende l’estremo vel. Sgombra, o gentil, dall’ansia mente i terrestri ardori; leva all’Eterno un candido

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pensier d’offerta, e muori: fuor della vita è il termine del lungo tuo martir. Tal della mesta, immobile era quaggiuso il fato:

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sempre un obblìo di chiedere che le saria negato; e al Dio de’ santi ascendere, santa del suo patir. Ahi! nelle insonni tenebre,

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pei claustri solitari, tra il canto delle vergini, ai supplicati altari, sempre al pensier tornavano gl’irrevocati dì;

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quando ancor cara, improvida d’un avvenir mal fido, ebbra spirò le vivide aure del franco lido, e tra le nuore saliche

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invidiata uscì: quando da un poggio aereo, il biondo crin gemmata, vedea nel pian discorrere la caccia affaccendata,

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e sulle sciolte redini chino il chiomato sir;

e dietro a lui la furia de’ corridor fumanti; e lo sbandarsi, e il rapido

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redir dei veltri ansanti; e dai tentati triboli l’irto cinghiale uscir; e la battuta polvere rigar di sangue, colto

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dal regio stral: la tenera alle donzelle il volto volgea repente, pallida d’amabile terror.

Oh Mosa errante! oh tepidi

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lavacri d’Aquisgrano! ove, deposta l’orrida maglia, il guerrier sovrano scendea del campo a tergere il nobile sudor! Come rugiada al cespite dell’erba inaridita, fresca negli arsi calami fa rifluir la vita,

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che verdi ancor risorgono

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nel temperato albor;

tale al pensier, cui l’empia virtù d’amor fatica, discende il refrigerio d’una parola amica,

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e il cor diverte ai placidi gaudii d’un altro amor.

Ma come il sol che reduce l’erta infocata ascende, e con la vampa assidua

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l’immobil aura incende risorti appena i gracili steli riarde al suol; ratto così dal tenue obblìo torna immortale

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l’amor sopito, e l’anima impaurita assale, e le sviate immagini richiama al noto duol.

Sgombra, o gentil, dall’ansia

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mente i terrestri ardori; leva all’Eterno un candido pensier d’offerta, e muori: nel suol che dee la tenera tua spoglia ricoprir,

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altre infelici dormono, che il duol consunse; orbate spose dal brando, e vergini indarno fidanzate; madri che i nati videro

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trafitti impallidir.

Te dalla rea progenie degli oppressor discesa, cui fu prodezza il numero, cui fu ragion l’offesa, e dritto il sangue, e gloria il non aver pietà,

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te collocò la provida sventura in fra gli oppressi: muori compianta e placida;

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scendi a dormir con essi: alle incolpate ceneri nessuno insulterà.

Muori; e la faccia esanime si ricomponga in pace;

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com’era allor che improvida d’un avvenir fallace, lievi pensier virginei solo pingea. Così dalle squarciate nuvole

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si svolge il sol cadente, e, dietro il monte, imporpora il trepido occidente: al pio colono augurio di più sereno dì.

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A. Manzoni, Poesie e tragedie, a c. di V. Boggione, UTET, Torino 2002.

Analisi Schema metrico: strofe di sei settenari, collegate a coppie dalla rima tronca dell’ultimo verso, secondo lo schema di rime a’’bc’’bd’’e’, f’’gh’’gi’’e’ (i due apici indicano il verso sdrucciolo, l’apice semplice quello tronco).

Aspetti formali Il canto del coro è stilisticamente studiato in modo tale da creare, nella prima strofa, un profondo senso di sospensione e attesa. A questo effetto concorrono in duplice modo gli aggettivi Sparsa e lenta in relazione con il sostantivato pia: da un lato con il forte iperbato; dall’altro con il particolare uso dell’“accusativo alla greca”, ossia una forma che ricalca un modulo sintattico presente nel greco antico, che ha la funzione di caricare di pateticità gli aggettivi, convogliando l’attenzione del lettore sulla figura di Ermengarda morente.

Aspetti tematici e formali L’aggettivo sostantivato pia riferito a Ermengarda rappresenta uno dei nodi concettuali del brano: la donna è pia sia perché esprime un radicato sentimento religioso sia perché rispetta i propri doveri di giovane sposa, anche se ripudiata da Carlo. Si noti che lo stesso termine comparirà alla conclusione del testo (riferito al colono): in questo modo Manzoni costruisce una perfetta struttura circolare e al contempo conferisce un’uniforme intonazione religiosa ed emotiva all’intero brano.

Confronti Una simile immagine è presente nella Pentecoste nella quale Manzoni descrive lo sguardo vacillante e

tremante del morente che affronta il trapasso con speranza cristiana (vv. 143-144).

Aspetti formali Il metro impiegato da Manzoni in questo coro è il medesimo del Cinque Maggio e della Pentecoste, ma l’effetto ritmico è molto diverso grazie all’uso abbondante di enjambement spesso anche molto forti (per esempio tra sostantivo e aggettivo qualificativo: gelida / fronte) e grazie all’impiego massiccio di iperbati e anastrofi che tendono ad anticipare l’aggettivo caricandolo di significato e di forza emotiva, come: unanime s’innalza una preghiera.

Aspetti tematici Dopo le prime due strofe, ancora legate alla scena precedente del delirio di Ermengarda, a partire dalla terza strofa Manzoni presenta il vero e proprio destino (il fato) della donna e desidera svelarne il significato attraverso le parole del coro. A partire da questa strofa inizia il tema del ricordo, insieme dolce e doloroso, che oppone a un passato felice un presente colmo di sopraffazione e dolore.

Aspetti lessicali Manzoni impiega questo termine con il duplice significato di “conclusione” e di “fine ultimo, scopo” della vita.

Aspetti formali Il termine insonni è attribuito tramite un’ipallage a tenebre anziché a “notti”, come invece ci si aspetterebbe.

Confronti L’immagine di Ermengarda, vittima di un amore infelice, che cerca sollievo dalle proprie sofferenze davanti a un altare richiama la figura di Didone (anch’essa innamorata e abbandonata) nell’Eneide di Virgilio che prega perché siano lenite le sue sofferenze (IV, v. 453).

Aspetti tematici e formali Queste due strofe “gemelle” sono legate sia dall’attacco in anafora quando... quando sia dal tema del ricordo del passato felice, che prosegue anche nei versi successivi. Tale rievocazione permette a Manzoni di creare un’efficace antitesi tra presente e passato che è anche manifestazione di sentimenti opposti: l’amore e la felicità del passato (quando Ermengarda era ancora cara a Carlo ed ebbra di passione) e la sofferenza del presente (dopo il ripudio del re).

Aspetti tematici e formali La scena di caccia è stata interpretata come un’immagine metaforica del destino di Ermengarda. La giovane principessa infatti distoglie lo sguardo non solo per la crudeltà della scena di uccisione del cinghiale, ma perché in quell’animale ferito e ucciso riconosce inconsapevolmente il suo destino (anch’essa sarà cacciata e morirà per il dolore del ripudio di Carlo) e del suo popolo (i longobardi saranno scacciati e sconfitti dai franchi, rappresentati dai “cani disciolti”).

Aspetti formali La lunga similitudine impiegata da Manzoni si estende per ben cinque strofe e si scinde in due momenti introdotti dalle congiunzioni come... tale e come... così. Ermengarda è paragonata a un delicato stelo d’erba che viene letteralmente bruciato dal sole del meriggio. Il sole infuocato è immagine dell’amore passionale che non si addice alla delicatezza di Ermengarda.

Aspetti tematici e formali

Attraverso la similitudine impostata nella strofa precedente Manzoni rivela che per Ermengarda l’amore passionale è nocivo e per la sua sensibilità le è più adeguato un amore diverso (altro), cioè quello di Dio e per Dio che la ristora con i suoi placidi gaudii. Manzoni presenta dunque un’antitesi tra amore passionale e amore divino: il primo brucia, il secondo risana.

Aspetti tematici Anche se l’anima di Ermengarda cerca ristoro nell’amore divino, continuano a presentarsi con forza alla sua mente le immagini della vita coniugale trascorsa con Carlo: l’amor passionale che per un attimo si è sopito, torna con forza e resiste nel suo cuore tanto da essere immortale. Per Ermengarda – che desiderava la santificazione attraverso il matrimonio della passione amorosa – l’amore passionale e l’amore divino non possono essere scissi. La donna vive nel suo cuore l’ossimoro della loro coesistenza senza la loro reciproca soddisfazione, con la conseguenza che non può altro che soffrire e offrire a Dio le proprie sofferenze, fino alla morte.

Aspetti tematici e formali La prima delle due strofe è parallela alla strofa 3 di cui ripetono anche i primi quattro versi. Il coro presenta così una riflessione che ha la funzione di inserire la figura di Ermengarda nel corteo infinito delle donne che nel corso della storia sono state infelici e oppresse: chi dalla guerra, chi dalla cattiva sorte, chi dalla malattia. Tutte sono accomunate da un destino di sofferenza e dolore.

Aspetti tematici e formali Manzoni inserisce un’antitesi importante per chiarire la figura e il destino di Ermengarda: ella fa parte della stirpe degli oppressor (i longobardi), di coloro cioè che hanno portato dolore e guerra causando la morte e la sofferenza di altri esseri umani. Ella è tuttavia un’“oppressa”: la sventura è definita con un forte ossimoro provida perché con il suo dolore Ermengarda può purificare le colpe della sua gente, e può sanare il destino d’odio al quale è condannata in quanto donna longobarda. Ermengarda partecipa quindi delle due nature (degli oppressori e degli oppressi).

Aspetti tematici La coppia di aggettivi indica che Ermengarda sarà pianta da tutti (com-pianta: sia dai franchi sia dai longobardi) e pacificata. È compianta da tutti perché partecipa insieme del destino dei franchi e dei longobardi. L’aggettivo placida ha poi un duplice significato: fisiognomico, in quanto indica i lineamenti del volto; e morale, in quanto si è pacificata con tutti.

Aspetti tematici Ermengarda esprime nel suo dolore un’immagine di Cristo: è vittima innocente, perdona i suoi persecutori e accetta pienamente le proprie sofferenze. La donna condivide la sorte del suo popolo, da oppressore divenuto oppresso, e in più è portavoce del valore della sofferenza redentrice: il dolore che porta alla salvezza dell’anima, per sé e per gli altri, proprio come Cristo.

Aspetti tematici e formali Il coro ultima il suo canto con una similitudine, che come quella precedente (strofe 11-14), è legata all’immagine del sole. In questo caso però non è più il sole ardente del meriggio che brucia l’erba, ma quello del tramonto, capace di squarciare le nuvole e invitare alla speranza di serenità, che è insieme atmosferica (per il pio colono) e spirituale, per Ermengarda, al cui volto è dunque paragonato il cielo, meta ultima del suo destino di redenzione.