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Italian Pages 192 Year 2005
ANGELO BARACCA
A VOLTE
RITORNANO.
IL NUCLEARE LA PROLIFERAZIONE NUCLEARE, IERI, OGGI E SOPRATTUTTO DOMANI
Fondazion,
Alec Nero
Jaca Book
Angelo Baracca
A VOLTE RITORNANO: IL NUCLEARE LA PROLIFERAZIONE NUCLEARE IERI, OGGI E SOPRATTUTTO DOMANI
Fondazione
Alec Nero
Jaca Book
© 2005 Editoriale Jaca Book SpA, Milano tutti i diritti riservati
INDICE
Prima edizione italiana giugno 2005 In copertina Da una foto di Yves Forestier Realizzazione Ufficio grafico Jaca Book
Introduzione: Per entrare in argomento
Parte prima L'INFANZIA DELLA PROLIFERAZIONE NUCLEARE
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Capitolo primo LA NASCITA DELLA PROLIFERAZIONE: DA HIROSHIMA ALL'IMMEDIATO DOPOGUERRA 27 Redazione e impaginazione Gioanola Elisabetta, San Salvatore Monferrato (AL) Stampa e confezione Ingraf s.r.l., Milano maggio 2005
ISBN 88-16-40710-7 Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale Jaca Book SpA - Servizio Lettori via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520-29, fax 02/48193361 e-mail: [email protected]; internet: www.jacabook.it
1.1 — I primi passi della fisica del nucleo: fin dall'inizio l'interesse per l'energia 1.2 — L'interesse per l'energia nucleare... «esplode» 1.3 — Le incertezze dell'immediato dopoguerra, la strategia nucleare, la fine delle prospettive di controllo internazionale sulle armi nucleari e l'inizio de lla Guerra Fredda 1.4 — La proliferazione «originaria»: dal monopolio al duopolio nucleare. La bomba sovietica 1.5 — La «bomba H»
50 53
Appendice 1.1 — Struttura e proprietà dei nuclei: introduzione elementare alla fisica nucleare
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Scheda 1.1 — Unità di misura dell'energia
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Indice
Indice
Capitolo secondo I PRIMI PASSI DELLA PROLIFERAZIONE: DAL DUOPOLIO ALL'OLIGOPOLIO NUCLEARE
Capitolo quarto IL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE NUCLEARE (1970)
2.1 - La tortuosa via alla nuclearizzazione della Gran Bretagna 2.2 - La bomba a Israele e alla Francia 2.3 - La lunga marcia della Cina alla bomba 2.4 - La deterrenza nucleare negli anni Cinquanta, l'atmosfera laboratorio nucleare 2.5 - Istituzionalizzazione della fisica del nucleo come disciplina scientifica e sue filiazioni Scheda 2.1 - Laboratori e strutture di ricerca e produzione di armi nucleari negli USA
Parte seconda LA PROLIFERAZIONE DIVENTA ADULTA: L'«ATOMO PER LA PACE» E IL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE Capitolo terzo IL LANCIO DELLA PROLIFERAZIONE NUCLEARE: L'«ATOMO PER LA PACE» 3.1 - La svolta degli anni '50 3.2 - L'intreccio di interessi attorno all'energia nucleare a cavallo degli anni Cinquanta 3.3 - Il programma dell'«Atomo per la Pace» 3.4 - L'«Atomo per la Pace» e la proliferazione nucleare 3.5 - Il supermercato della proliferazione nucleare 3.6 - Test nucleari, incidenti e cavie umane: dopo il Dott. Stranamore ritorna il Dott. Menghele? 3.7 - I rapporti del Pentagono con la comunità scientifica 3.8 - Lo statuto internazionale de ll e ricerche nella fisica del nucleo e delle alte energie Appendice 3.1 - Dove ha portato l'«Atomo per la Pace»? Stato, prospettive e problemi dell'energia elettronucleare oggi nel mondo. E in Italia
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4.1 - Lo shock del lancio sovietico dello «Sputnik» 4.2 - Evoluzione degli arsenali nucleari, dei vettori e delle dottrine nucleari 4.3 - 1961-62, il mondo sull'orlo dell'olocausto: la gara dei missili, le crisi di Berlino e dei missili a Cuba, la guerra del Kippur 4.4 - Coesistenza pacifica e armi nucleari 4.5 - Verso il Trattato di Non-Proliferazione 4.6 - Il contenuto del Trattato di Non-Proliferazione 4.7 - Un primo bilancio del TNP 4.8 - Le conferenze di revisione durante la Guerra Fredda
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Appendice 4.1 - Il testo del Trattato di Non- Pro liferazione
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Capitolo quinto EVOLUZIONE E RUOLO DEGLI ARSENALI E DELLE STRATEGIE NUCLEARI NEL CONFRONTO TRA I BLOCCHI NEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA
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5.1 - Evoluzione dei vettori strategici, i missili balistici intercontinentali: la «triade». I missili da crociera (cruise)
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Scheda 5.1 - I sommergibili nucleari Scheda 5.2 - I missili da crociera (cruise)
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5.2 - La deterrenza, missili in stato di allerta, launch on warning, dottrine nucleari 5.3 - Armi nucleari strategiche e tattiche 5.4 - Gli Accordi SALT (Strategic Arms Limitation Talks) e il trattato ABM 5.5 - La crisi degli «Euromissili»: di nuovo sull'orlo del baratro? 5.6 - Un cowboy all'assalto dello spazio: le «Guerre Stellari» di Ronald Reagan 5.7 - Gli anni di Gorbacëv: i trattati INF e CFE
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Indice
Indice Parte terza DOPO IL CROLLO DELL'URSS: MORTE O RESURREZIONE (TRASFIGURAZIONE) DELLA PROLIFERAZIONE? 219 Capitolo sesto CROLLO DEL BLOCCO SOVIETICO: VERSO IL DISARMO NUCLEARE?
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6.1 - I trattati START-I e START-II di riduzione delle armi strategiche 6.2 - La conferenza di revisione del TNP del 1995 e l'estensione indefinita del trattato
221
Scheda 6.1 - Le zone denuclearizzate (Nuclear Weapon-Free Zones)
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6.3 - I test francesi del 1995 nel Pacifico 6.4 - 1996: Il CTBT 6.5 - Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sulla illegittimità de ll e armi nucleari (1996) 6.6 - Persistenza delle strategie e delle logiche nucleari de ll a Guerra Fredda 6.7 - Il crimine dell'«Uranio Depleto» (DU): perché? Un ballon d'essai per... prepararci al peggio? 6.8 - La conferenza di revisione del TNP del 2000: solenni impegni di disarmo nucleare
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Appendice 6.1 - Tredici passi pratici per adempiere agli impegni dell'Articolo VI del TNP: adottati dagli Stati membri nel documento finale della Conferenza di Revisione del 2000
Capitolo settimo IL VENTO CAMBIA (ARMI NUCLEARI PER SEMPRE) 7.1 - La nuova corsa agli armamenti degli Stati Uniti e la ricerca di armi nucleari nuove 7.2 - Le guerre della NATO nei Balcani e la mutazione genetica dell'Alleanza 7.3 - Si aggravano l'ambiguità e la complicità nucleari della NATO 7.4 - In caso di «decisione» di guerra, via libera alle armi nucleari? 7.5 - 1998: il nuovo incubo nucleare sul tetto del mondo 10
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7.6 - Proliferazione latente (o virtuale, o stand-by)
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Scheda 7.1 - Scorte, accumulo ed eccesso di materiali fissili
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7.7 - Nuove dottrine nucleari statunitensi: integrazione delle armi nucleari in un sistema militare che ne consenta l'uso selettivo 266 7.8 - Sulle orme di Washington: la nuova dottrina militare e nucleare della Russia 269 7.9 - Le testate nucleari tattiche 270 7.10 - La revoca unilaterale degli USA del trattato ABM, la sospensione dello START-2 e il Trattato di Mosca del 2002 tra Bush e Putin 273 7.11 - La decisione di Bush di procedere alla costruzione dello «scudo antimissile» 275 7.12 - Ricerca di armi nucleari nuove: le «mini-nukes», verso il superamento della distinzione tra guerra nucleare e convenzionale 276 7.13 - Un'inversione gravissima: gli Stati Uniti dall a non-prolzferazione all a controproliferazione 279 7.14 - Perché gli Stati nucleari hanno promosso e firmato i trattati degli anni '90? 280 7.15 - I test nucleari: a chi servono? Perché i paesi nucleari hanno firmato il CTBT? 282 7.16 - Minaccia nucleare dai terroristi? 285 7.17 - La conferenza di revisione del 2005, una scadenza cruciale: rilancio o naufragio del TNP? 287 Appendice 7.1 - Struttura ed evoluzione delle armi nucleari Appendice 7.2 - La strategia nucleare nel «Nuovo Concetto Strategico» della NATO (aprile 1999) Appendice 7.3 - Brani estratti dalla Nuclear Posture Review (8 gennaio 2002) Appendice 7.4 - Testo dello Strategic Offensive Reduction Treaty (accordo di Mosca tra Bush e Putin, 24 maggio 2002) Appendice 7.5 - Le testate nucleari in Italia, e in Europa
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Capitolo ottavo ALLA FIERA DELLA PROLIFERAZIONE VERTICALE: LA «GALLERIA DEGLI ORRORI» DEI PROGRAMMI NUCLEARI, MISSILISTICI E SPAZIALI 8.1 - Stati Uniti 8.2 - Francia
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Indice 8.3 — 8.4 — 8.5 — 8.6 — 8.7 — 8.8 — 8.9 —
Gran Bretagna Russia Cina Israele India Pakistan L'Europa va alla guerra?
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Capitolo nono LE NUOVE FRONTIERE DELLA PROLIFERAZIONE NUCLEARE: ARMI NUCLEARI DI «QUARTA GENERAZIONE» 325 9.1 — A che punto siamo? Dove stiamo andando? 9.2 — Le nuove frontiere della proliferazione nucleare 9.3 — Le ricerche sulla fusione nucleare controllata per confinamento inerziale 9.4 — Qual è il vero obiettivo delle ricerche sulla fusione nucleare controllata? 9.5 — Verso una nuova micro-bomba nucleare a pura fusione? 9.6 — Superlaser 9.7 — Acceleratori di particelle: dalla ricerca pura all e applicazioni mi li tari 9.8 — Isomeri nucleari: una nuova arma nucleare a radiazione elettromagnetica? 9.9 — Elementi transuranici superpesanti: nuove mini-bombe a fissione? 9.10 — Microesplosivi a fissione 9.11 — Antimateria 9.12 — Super-esplosivi e idrogeno metallico 9.13 — La rivoluzione de ll a nanotecnologia 9.14 — La «fusione fredda» 9.15 — Ancora sulle ambiguità del CTBT e degli altri trattati internazionali. Verso il fallimento del regime di non-proliferazione?
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Appendice 9.1 — Note tecniche su alcune nuove tecnologie
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Conclusioni: Disarmo o Far West nucleare
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«La più distruttiva arma di distruzione di massa oggi è la povertà»
(Ignacio Lula da Silva, Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 20 settembre 2004) [Circa 25.000 persone muoiono ogni giorno nel mondo, in gran parte bambini. Le spese militari nel mondo si aggirano sui 950 miliardi di dollari: poco meno del Pil dell'Italia]
Introduzione PER ENTRARE IN ARGOMENTO
Se c'è qualcuno che è convinto che le armi nucleari sono ormai un residuo della Guerra Fredda in via di graduale eliminazione e i rischi di una guerra nucleare sono solo un ricordo del passato, e vuole continuare a cullarsi in questa illusione, è bene che chiuda subito questo libro. Le tesi di fondo che si vogliono discutere e documentare sono che: —i rischi di guerra nucleare sono oggi molto più concreti e gravi che in tutti gli anni della Guerra Fredda, retti dall'«equilibrio del terrore»; —i paesi dotati di armi nucleari hanno deciso in modo inequivocabile, in barba ai solenni impegni di effettuare il disarmo nucleare completo, di non rinunciare mai a queste armi; —è in corso una ricerca febbrile per realizzare armi nucleari di tipo radicalmente nuovo e per cancellare la fondamentale distinzione tra armi nucleari e armi convenzionali: la proliferazione nucleare ha imboccato strade completamente nuove (anche se preparate nei decenni passati), molto più subdole e incontrollabili; —il regime di non proliferazione nucleare istituito negli anni '70, integrato dalla messa al bando dei test nucleari del 1996, è oggi in crisi, ed è assolutamente inadeguato per controllare questi sviluppi.
Su questi problemi vi è da parte dei governi e dei mi litari o il segreto, oppure una cortina fumogena; e da parte degli organi di (dis)informazione vi è un vergognoso silenzio, dovuto in parte 15
A volte ritornano: il nucleare
Introduzione
(almeno in Italia) all'ignoranza e al dilettantismo disarmanti (questo si!) dei nostri pennivendoli, in parte a effettivi complicità e servilismo verso il potere. Questo libro vorrebbe portare un modesto contributo a rompere questo muro di silenzio su un problema che incombe sul futuro dell'intera umanità. A mio parere anche i movimenti ecopacifisti recenti non hanno dato al problema e ai rischi delle armi nucleari la rilevanza che dovrebbero avere: da questo punto di vista mi pare che i movimenti dei primi anni '80 avessero posto con maggiore chiarezza e determinazione l'obiettivo del disarmo nucleare, forse perché essi erano sorti proprio in risposta allo schieramento degli «Euromissili». Mi auguro che questo libro possa costituire un concreto strumento di lavoro in primo luogo per i militanti di questi movimenti. Questo libro ha in realtà anche altre finalità. L'idea che mi ha guidato è che per cogliere pienamente la sfida a cui siamo di fronte era necessario ripercorrere tutta la storia della proliferazione nucleare: o meglio, ripercorrere la storia degli ultimi 60 anni seguendo il filo conduttore de ll a proliferazione nucleare. Il progetto iniziale era di scrivere un libro molto agile e sintetico, per fissare le idee di base su una tematica di vitale importanza per tutta l'umanità, ma fondamentalmente ignorata dal pubblico e marginale anche negli studi specialistici. Ma quando ho iniziato a scrivere mi sono reso conto che per rendere il senso pieno di tutta la questione era necessario collocare il problema della proliferazione, dei suoi sviluppi e, soprattutto, delle sue prospettive in un contesto più preciso e analitico. Oggi siamo bombardati da una letteratura «usa e getta»: questo saggio vorrebbe essere un libro «usa e conserva». È comunque rimasto un saggio di dimensioni contenute che, a parte le Appendici, si può leggere in un tempo piuttosto breve. Credo che gli storici, con poche lodevoli eccezioni, abbiamo sostanzialmente sottovalutato il ruolo de ll a tecnologia nucleare nella storia mondiale, riducendola a uno dei fattori che l'hanno sottesa. Sono convinto invece che la proliferazione nucleare sia uno dei veri assi portanti della storia mondiale degli ultimi 60 anni: questo saggio propone anche una prima rilettura di questa storia in questi termini. La proliferazione (verticale e orizzontale) delle armi nucleari non è stato un inconveniente (oggi si potrebbe dire un «effetto collate-
rale») dello sviluppo della tecnologia nucleare, ma il suo cardine in tutti i sei decenni passati. La tecnologia nucleare è nata come tecnologia volta alla realizzazione di una super-arma, e si è sviluppata con lo scopo precipuo di realizzare arsenali nucleari offensivi capaci di dissuadere qualsiasi attacco nemico (proliferazione verticale) e di condizionare in modo decisivo le relazioni internazionali. Rotto il monopolio iniziale degli Stati Uniti, non tardava a partire anche la proliferazione orizzontale, anch'essa come strumento di politica internazionale, con il programma di fornire l'arma nucleare a Israele e alla Francia (anche alla Germania, come deterrente diretto verso il Blocco dell'Est, anche se poi vi si dovette rinunciare: ma vedremo meglio l'«ambiguità nucleare» della Germania e di altri paesi). La c ommercializzazione di reattori nucleari «civili» per la produzione di energia ha costituito un programma politico successivo (a partire dall'«Atomo per la Pace» degli anni '50) dietro il quale, oltre all'intenzione di fare lauti affari, si sono sempre celate manovre oscure, più o meno esplicite o latenti, più o meno dirette o mediate, per attirare nell'orbita delle grandi potenze altri paesi, allettandoli con l'illusione di dotarli di armi nucleari (un po' come oggi Washington dichiara di volere portare la democrazia). Che poi queste manovre non abbiano portato di fatto (fortunatamente) a un vero e proprio dilagare delle armi nucleari (ma ci si è scordati troppo presto dell'India e del Pakistan, e forse non è un caso), ciò è stato dovuto a molteplici fattori, soprattutto di politica e di rapporti internazionali (d'altra parte, a quanti paesi Washington ha portato la democrazia? Al Cile, al Nicaragua, all'Honduras, all'Iraq?). Oggi è vergognoso il clamore che gli USA lanciano sui programmi nucleari de ll a Libia, dell'Iraq, dell'Iran e de ll a Corea del Nord (quando nella maggior parte dei casi essi stessi allettarono questi paesi con la prospettiva de ll a bomba, o addirittura promossero i loro programmi nucleari: e mentre coprono vergognosamente l'arsenale di Israele, di cui pure sono stati artefici, e sviluppano forsennatamente nuove armi nucleari). È un fatto incontrovertibile che tutti i paesi che in questi decenni hanno avviato programmi nucleari «civili» hanno avuto e hanno lo scopo esplicito di realizzare armi nucleari: affermare il contrario è pura ipocrisia. Ai governanti e ai politici non interessa un bel nulla produrre energia elettronucleare: interessa fare affari (e forse, per ora, ne fanno di più, o in modo più facile,
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A volte ritornano: il nucleare
Introduzione
con il petrolio o magari il carbone) e acquisire il potere che deriva dall'acquisizione di armi nucleari. In sintesi, la proliferazione nucleare diviene una chiave di lettura
con il potere politico, economico e militare costituisce un fattore determinante dello sviluppo di strumenti di distruzione e di morte: è fondamentale cercare di trasformare l'atteggiamento degli scienziati e dei tecnici. Spesso si disquisisce sulla struttura, il metodo, la natura stessa della scienza: quando avverrà che gli epistemologi prenderanno in considerazione le implicazioni militari? Molte delle loro elucubrazioni astratte (il valore conoscitivo, l'oggettività, il rispecchiamento della natura, ecc.) ne uscirebbero radicalmente modificate!
della storia dei rapporti internazionali di tutta l'era nucleare, fin dal suo criminale e ingiustificato uso iniziale sul Giappone in chiave antisovietica, attraverso tutta la Guerra Fredda, passando per la crisi e il crollo dell'uRss, alimentando l'illusione che questo evento epocale potesse aprire la strada a un disarmo nucleare. Ed è destinata a costituire, insieme alle altre armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche, ambientali, ecc.), uno dei cardini dello sviluppo delle relazioni internazionali nel xxi secolo, che sembrano basarsi sugli interventi militari preventivi' .
I lettori che siano interessati solo alle nuove tendenze e prospettive della proliferazione possono saltare la lettura delle prime due parti di questo libro e passare direttamente agli ultimi tre capitoli. Sono però convinto che sia importante un esame di tutta la parabola seguita dalle armi nucleari per valutare appieno il punto a cui si sta approdando, le tendenze in atto e l'intreccio tra ricerche civili e mi li tari che le contraddistinguono. Vi sono poi i giovani che sono nati in piena era nucleare e non ne hanno vissuto direttamente la nascita e lo sviluppo: per loro può trattarsi quasi di qualcosa di «naturale» (aiutati in questo dal silenzio e da ll a disinformazione ufficiali): soprattutto per loro la lettura del libro può risultare utile, e spero salutare. Ma credo che anche per gli storici di professione, per i filosofi, per i politici possa essere utile una riflessione che metta gli armamenti nucleari al centro della storia e de ll a società contemporanee. Fa parte di questa ricostruzione e dell'analisi delle tendenze in atto una dura polemica con la comunità scientifica: non mi soffermo su di essa in questa introduzione, poiché emergerà in termini concreti sui punti determinanti. Ritengo che questo sia un tema di grande importanza per l'opinione pubblica, poiché il ruolo de ll a comunità (o meglio «corporazione») scientifica, la sua complicità
Rimandiamo per una discussione circostanziata dei vari aspetti de ll a guerra preventiva, dei sistemi d'arma e dei loro effetti distruttivi al volume curato da Massimo Zucchetti, Guerra Infinita Guerra Ecologica: i Danni delle Nuove Guerre all'Uomo e all'Ambiente, Jaca Book, Milano 2003. 18
È necessaria qualche premessa sulle armi nucleari e sulla proliferazione nucleare. In primo luogo, per comprendere gli sviluppi degli arsenali e de ll e strategie nucleari, è opportuna una distinzione. Il termine armi nucleari indica le bombe vere e proprie, è in certo senso equivalente a testate. Il termine armamenti nucleari ha di solito un'accezione più ampia, indica l'insieme dei sistemi d'arma che compongono gli arsenali nucleari. Ogni testata nucleare, o sistema di testate, fa infatti parte di una grande e complessa infrastruttura che include innumerevoli aspetti e componenti: dall'addestramento dei soldati, al suo uso, alla struttura dell'arsenale e dei sistemi di lancio (missili, silo, sommergibili, ecc.), al sistema di comando e controllo e di sicurezza, fino al sistema che collega le testate alla Casa Bianca o al Cremlino. Questa infrastruttura ha un costo molto superiore, di due o tre ordini di grandezza, a quello delle testate nucleari vere e proprie. Per esempio, le decine di testate su un sommergibile nucleare, anche tenendo conto dei missili per lanciarle, hanno un costo molto inferiore a quello del sommergibile. Nel seguito di questo saggio non insisteremo su questa distinzione. Per indicare paesi che possiedono armi nucleari e paesi che non le possiedono useremo la terminologia sintetica rispettivamente di «paesi nucleari» e «paesi non nucleari». Occorre poi specificare meglio che cosa si deve intendere con il termine proliferazione nucleare: essa è infatti un'idra dalle molte teste. Si può dire schematicamente che essa comprende: —l'accesso di nuovi paesi agli armamenti nucleari (proliferazione orizzontale);
—lo sviluppo quantitativo e/o qualitativo non solo di testate nucleari, ma di armamenti nucleari nel loro complesso (vetto19
A volte ritornano: il nucleare
ri, lanciatori, infrastrutture, sommergibili, ecc.) da parte dei paesi nucleari (proliferazione verticale); lo sviluppo delle competenze e delle capacità tecniche (know how), delle strutture e dei materiali necessari per realizzare armi nucleari (proliferazione virtuale, o stand-by); — trasferimento di armamenti nucleari di paesi nucleari a paesi non-nucleari (nuclear-sharing); anche il solo dislocamento da parte di paesi nucleari di armamenti nucleari in paesi non-nucleari, sia perché viola precise disposizioni del Trattato di Non-Proliferazione, sia perché di fatto comporta anche un rafforzamento e sviluppo delle capacità nucleari del paese d'origine.
Introduzione
Per facilitare non solo la lettura, ma l'effettiva comprensione dei temi trattati, ho inserito alcune Appendici di natura tecnica. Molti temi sono complessi, ma sono convinto che con un po' di impegno e una guida adeguata non sia poi così difficile capire i processi nucleari fondamentali e i loro principali aspetti tecnici: l'abitudine corrente è quella di inserire delle Schede relativamente succinte, la cui lettura a mio avviso fornisce qualche nozione al momento ma viene presto dimenticata. Al loro posto ho inserito invece un'Appendice piuttosto dettagliata al Cap. 1, che costituisce un vero e proprio «manualetto» completo di fisica e tecnologia nucleari, che partendo praticamente da zero fornisce con gradualità e rigore, ma in modo sempre comprensibile, tutte le nozioni di base che sono necessarie, e in certa misura sufficienti. Personalmente ho sempre odiato l'idea del ruolo dello scienziato che «sa», e spezza il pane della scienza per i paria che «non sanno», e spesso «non possono capire»: spero con questa Appendice di avere dato un modesto contributo affinché anche gli altri abbiano effettivamente gli strumenti per valutare. A questa Appendice fa da contrappeso un'altra nel Cap. 7, che discute succintamente gli aspetti tecnici più rilevanti dell e testate nucleari moderne e avanzate, della loro evoluzione e del loro perfezionamento: credo che la sua lettura possa risultare utile anche a molti miei colleghi, giacché le lauree scientifiche, anche specialistiche, limitano solitamente i riferimenti a ll e armi nucleari a pochi succinti riferimenti: la reazione a catena, la massa critica, la temperatura d'innesco de ll a fusione nucleare.
Ho invece riservato le Schede più sintetiche ad argomenti più specifici, per fornire ulteriori informazioni che ritengo rilevanti e a volte poco note, ma che sarebbero risultate prolisse e forse fuorvianti nel corso dei paragrafi del libro. Un secondo tipo di Appendici è dedicata alla traduzione di documenti fondamentali per il problema della proliferazione e delle strategie nucleari (dove possibile integrale, altrimenti dei punti pertinenti e importanti, anche se si tratta inevitabilmente di una scelta personale). Quando si esamina l'evoluzione storica di un problema è sempre un atteggiamento corretto disporre il più possibile dei documenti originali. Si parla del Trattato di Non-Proliferazione, o della Nuclear Posture Review, ma quanti li hanno realmente letti? È vero che essi ormai si trovano su Internet: ma anche il web è un mare sconfinato, la maggior parte dei documenti è in inglese, e il fatto di doverli comunque ricercare introduce un elemento di pigrizia. La disponibilità dei documenti più rilevanti tradotti può risultare utile anche in un eventuale uso del libro o di sue parti nelle scuole. Su una tematica così ampia e complessa sono possibili omissioni o imprecisioni: me ne scuso in anticipo e sarò grato a tutti coloro che vorranno segnalarmele, unitamente alle loro osservazioni o critiche. Un paio di precisazioni anche sulla Bibliografia. Non vi è dubbio che gli studi che non sono citati in questo libro, o che non conosco, siano moltissimi: mi scuso per le mie omissioni o la mia ignoranza, e ripeto l'invito fatto a proposito de ll e imprecisioni. Questo è un primo sforzo per socializzare le conoscenze su questo tema complesso e trascurato, ma in futuro deve trattarsi di un cammino collettivo. Sono consapevole in particolare di avere trascurato la bibliografia russa, che senza dubbio è molto ampia e importante: su questo vi è anche un problema di lingua, e l'invito precedente vale a maggiore ragione. Ancora un paio di osservazioni che possono apparire marginali. Farò il possibile per usare acronimi italiani, a meno che non si crei confusione: molti acronimi usati in Italia sono quelli statunitensi, che nella lingua italiana non hanno nessun senso. Credo che usare gli acronimi sapendone il significato contribuisca anche a ll a comprensione degli argomenti che si trattano. Allo stesso modo, cerche-
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A volte ritornano: il nucleare
Introduzione
rò anche di usare il meno possibile i termini «americano», o «America», riferiti agli Stati Uniti: in tutta l'America Latina non sarebbero affatto d'accordo con questa identificazione! Del resto, essa deriva dalla «Dottrina Monroe», un fondamento dell'imperialismo statunitense: «L'America agli Americani» era un inganno linguistico (le parole contano!) con il quale si intendeva con «America» l'intero Continente, ma con «Americani» i cittadini degli Stati Uniti (e in realtà solo quella minoranza tra di essi che conta).
piuto con Hurni, ma anche a citare messaggi di posta elettronica che egli ha fatto circolare, o che ha inviato in risposta a quesiti che gli
Ringraziamenti Il materiale di questo libro deriva da molti anni durante i quali, anche se in modo intermittente, mi sono occupato dei problemi del nucleare, civile e militare: sarebbe impossibile ricordare tutti gli amici e i compagni che hanno contribuito a formare le mie conoscenze. Molti stimoli e molte notizie aggiornate mi sono giunte dal Comitato «Scienziate e Scienziati Contro la Guerra», costituitosi nel 1999 ai tempi della guerra del Kosovo, del quale mi onoro di fare parte: a tutti i membri va un mio caloroso ringraziamento, mi auguro che questo libro sia uno stimolo a continuare. Per quanto riguarda la stesura vera e propria del libro, un primo ringraziamento particolare va ad André Gsponer. Egli è un fisico delle alte energie che nel 1980 abbandonò il CERN quando si accorse accidentalmente dell'esistenza di importanti applicazioni militari degli acceleratori di particelle (ne tratterò nel Cap. 9, ma le mie informazioni derivano da lui), ed è divenuto direttore di un centro a Ginevra che si occupa di ricerche per la pace (Independent Scientific Research Institute, ism). Nel silenzio assordante che su questi problemi tengono gli organi di (dis)informazione e nell'assoluto disinteresse degli ambienti accademici, in tutt'altre faccende affaccendati, André Gsponer a Jean-Pierre Hurni hanno scritto alcuni Rapporti di ricerca approfonditi e documentati, i soli che conosco che gettano veramente luce su una tematica così complessa. Essi si affiancano all'INEsAP (International Network of Engineers and Scientists Against Proliferation), di Darmstad, il cui Bollettino svolge un'azione molto importante in questo campo (www.inesap. org). Devo ringraziare André Gsponer per avermi gentilmente autorizzato non solo a utilizzare a piene mani gli studi che egli ha com22
ho posto: naturalmente, ove l'interpretazione o la collocazione che ho dato alle sue informazioni non corrispondessero al suo pensiero, la responsabilità è unicamente mia. Un secondo ringraziamento va al collega Massimo Zucchetti, del Politecnico di Torino, con il quale collaboro nel Comitato «Scienziate e Scienziati Contro la Guerra»: egli mi ha fornito importanti informazioni e mi ha consentito di citare lavori e Rapporti suoi. Infine, sono grato all'amico Avv. Joachim Lau, de ll a IALANA (International Association of Lawyers Against Nuclear Armaments),
per molte discussioni sugli armamenti nucleari e in particolare sugli aspetti giuridici. Firenze, gennaio 2005
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Parte prima
L'INFANZIA DELLA
PROLIFERAZIONE NUCLEARE
Capitolo primo LA NASCITA DELLA PROLIFERAZIONE: DA HIROSHIMA ALL'IMMEDIATO DOPOGUERRA
Il «fungo» che il mattino del agosto del 1945 si sollevò sulla città giapponese di Hiroshima aprì un'era completamente nuova per l'umanità. Fatichiamo a rendercene conto, a percepirlo concretamente nella nostra vita quotidiana, perché avere vissuto per alcuni decenni sotto l'incubo continuo dell'«equilibrio del terrore» e del possibile olocausto globale, che poteva scatenarsi senza che neppure potessimo sapere come e perché, ha sicuramente portato il freudiano «disagio della civiltà» a un limite intollerabile, che doveva necessariamente essere rimosso per consentire di sopravvivere. Credo che, anche se vi sono stati tentativi interessanti, nessuno abbia ancora cercato di valutare appieno e ricostruire in tutta la sua portata il peso che l'era nucleare ha avuto negli incubi collettivi, nel malessere, nei disagi sociali e individuali dell'umanità nella seconda metà del secolo xx: e come essa si ripercuote in parte anche sul disorientamento delle nuove generazioni, ora che l'incubo nucleare è stato addirittura occultato, ma grava più che mai. Né questo è il nostro scopo nel presente saggio: mentre contiamo di contribuire per lo meno a... scoperchiare la pentola! Come per tutto il resto di questo lavoro, non ci proponiamo di ricostruire puntualmente le tappe della nascita e dello sviluppo dell'era nucleare: ci limiteremo a riassumere, senza ambizioni di completezza, quegli aspetti che possono servire a fornire un quadro sufficiente per comprendere la sostanza degli sviluppi successivi e attuali della proliferazione delle armi nucleari. 27
L'infanzia della proliferazione nucleare 1.1
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I primi passi della fisica del nucleo: fin dall'inizio l'interesse per l'energia
Credo si possa affermare senza tema di smentita che il «peccato originale» che ha segnato la comparsa dell'energia nucleare agli occhi dell'opinione pubblica mondiale abbia pesato, e pesi fortemente, su tutta la fisica, fondamentale e applicata, e la tecnologia legate a questo settore, e ne abbia segnato in modo sostanziale il destino. Vale forse la pena spendere due parole per sottolineare il fatto singolare che questa polarizzazione ha addirittura preceduto le ricerche che durante la seconda guerra mondiale condussero alla bomba atomica, anche se questa realizzazione, e il suo uso, l'hanno irrimediabilmente sancita. Anche se questa «divagazione» ci prenderà un po' di tempo, pensiamo che sia importante per collocare pienamente, in tutta la sua importanza, il comparto nucleare nella storia del passato mezzo secolo e nel mondo in cui viviamo. Fin dai primi studi sulle proprietà dei nuclei atomici e delle particelle che li compongono, i maggiori fisici insistettero soprattutto sulle enormi quantità di energia che era possibile ottenere dai nuclei. Era infatti chiaro, anche prima di ottenere un'interpretazione fisica della struttura e delle proprietà dei nuclei, che per tenere legati al loro interno i protoni carichi positivamente, doveva agire una forza nucleare capace di vincere la repulsione elettrica, quindi molto più intensa di questa: per questo motivo un nucleo deve racchiudere un'energia molto più grande di quella racchiusa negli elettroni dell'atomo esterni al nucleo (v. Appendice 1.1). Questo argomento venne utilizzato dai fisici come argomento propagandistico sugli organi di informazione e verso l'opinione pubblica. Nel 1930 Eddington scrisse che l'energia sub-atomica contenuta in una tazza d'acqua avrebbe potuto fornire l'energia per una centrale per un anno. È opportuno situare storicamente questi fatti. Si era all'inizio degli anni '30 del secolo scorso, e sul mondo gravava ancora la terribile recessione economica causata dal Grande Crollo del 1929. Negli Stati Uniti questa situazione pesava enormemente anche sul mondo della ricerca scientifica e dell'educazione: vi erano stati tagli drastici ai fondi per le Università. Ebbene, è singolare che proprio in questo contesto Ernest O. Lawrence, all'Università di Berkeley in California, riuscì a raccogliere somme considerevoli per il suo progetto di un nuovo acceleratore di particelle cariche, il ciclotrone. Lawrence fu 28
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una figura singolare di scienziato, e anticipò un atteggiamento nuovo: fu forse più un manager che un fisico (e certamente un fisico applicato, un costruttore di macchine, anche se lavorò in campi fondamentali), riuscì a «spillare» quattrini a destra e a manca, «fiutando» dove tirava il vento e «vendendo» spregiudicatamente le sue idee nuove e le sue macchine. Bisogna tenere conto che, se pure la crisi imperversava e mieteva vittime tra le imprese e le forze economiche tradizionali (era pur sempre una crisi di sovrapproduzione), cominciavano a delinearsi sia pure confusamente le linee e le strategie per una ripresa e una ristrutturazione profonda del capitalismo: pochi anni dopo vi sarebbe stata la prima proposta esplicita e organica di ristrutturazione dell'economia con il «Nuovo Corso» (New Deal) lanciato da Roosevelt, anche se ci volle la seconda guerra mondiale per catalizzarla (le guerre sono anche scelte per superare delle crisi, come si conferma drammaticamente anche ai nostri giorni, e la seconda guerra mondiale lo fu per gli USA in modo particolare) 1 e solo nel dopoguerra si sviluppò realmente con il neocapitalismo e la società dei consumi. Il ritmo incessante dell'innovazione tecnicoscientifica sarebbe diventato il motore per promuove un continuo rinnovamento delle merci, dei prodotti e dei settori, per evitare, o ammortizzare, la vocazione mortale del capitalismo con le crisi di sovrapproduzione. Agli inizi degli anni '30, in piena recessione, vi erano settori imprenditoriali che erano alla ricerca di campi nuovi, sui quali si potesse puntare per una ripresa e un'uscita dalla crisi, ed erano disposti a investire in quelle direzioni. Da un lato l'industria elettrica cercava di realizzare alti voltaggi; dall'altra il nucleo dell'atomo come tale si presentava come un settore assolutamente nuovo, forse capace di aprire nuove strade e prospettive. Fu proprio dalle industrie elettriche della California che Lawrence riuscì ad ottenere i finanziamenti necessari per costruire i suoi ciclotroni2 . Altri finanziamenti egli ottenne dalle «Fondazioni Si può vedere ad esempio il bel libro recente di Jacques R. Pauwels, Il Mito della Guerra Buona, Datanews, 2003: sulla base di un'amplissima documentazione e con uno stile agile e coinvolgente, l'autore rivede il ruolo degli Stati Uniti sulla scena internazionale a cavallo della seconda guerra mondiale, riferendolo alla necessità di uscire da ll a recessione con gli investimenti militari, e agli interessi economici de ll a grandi corporations, le quali fecero spudoratamente e cinicamente affari tanto con Hitler, come con Churchill e con Stalin. 2 Per una ricostruzione dettagliata si può vedere: A. Baracca, R. Livi, E. Pian-
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Filantropiche» che i magnati dell'industria statunitensi avevano fondato3 (in particolare la Carnegie Institution, o la Rockefeller Foundation), per il motivo che gli investimenti fatti per questi fini non cadevano sotto le grinfie del fisco, dando così il doppio vantaggio di finanziamenti tax-free che potevano aprire prospettive allettanti nel medio-lungo periodo: basti pensare che i colleghi di Lawrence al Caltech (California Institute of Technology) a Pasadena riuscirono a fondare il Kellog Radiation Laboratory, grazie appunto ai generosi finanziamenti di quel magnate, il «re dei cornflakes», il cui nome spesso ci dà il buon giorno a colazione; mentre un fisico che diede contributi fondamentali allo studio del nuclei, Merle Tuve, lavorava direttamente nella Carnegie Institution4 . Ulteriori finanziamenti Lawrence riuscì ad ottenere «vendendo» il ciclotrone come strumento per la cura del cancro mediante le particelle cariche accelerate, alle quali sottopose anche sua madre (del resto, nei primi anni della radioattività questa veniva propagandata come un benefico stimolante): egli brevettò sia il ciclotrone sia gli isotopi artificiali che produsse. In ogni caso, Lawrence fu soprattutto un costruttore di ciclotroni, costantemente proteso a realizzare macchine sempre più grandi e di maggiore energia: ma quando si metteva a fare ricerca fisica fondamentale con le particelle accelerate, egli combinava dei veri pasticci, mettendo in imbarazzo i suoi stessi amici e colleghi 5 ; e
s oprattutto mancò alcune scoperte fondamentali (le trasmutazioni
castelli e S. Ruffo, «La fisica del nucleo negli anni '30 e le premesse della `Big Science' negli Stati Uniti», in G. Battimelli, M. De Maria, A. Rossi, La Ristrutturazione delle Scienze tra le Due Guerre Mondiali, Editrice Universitaria di Roma — La Goliardica, 1985, Vol. 2, pp. 367-421. 3 Per una ricostruzione storica si può vedere R. Seidel, «L'evoluzione della politica scientifica delle fondazioni filantropiche negli USA tra le due guerre mondiali: il caso delle scienze fisiche», nel volume citato nella nota precedente, pp. 55-78. 4 Rimandiamo per dettagli al lavoro citato nella nota 2. Fu quanto avvenne con il citato Merle Tuve, che invece condusse alcune delle più accurate e fondamentali misure sperimentali sulle proprietà delle particelle nucleari (v. Appendice 1.1.d), avvalendosi di un acceleratore meno potente. Si dà il caso che Lawrence e Tuve, due figure tanto diverse, erano nati nello stesso paese nel 1901 e furono amici e compagni di scuola. Nel 1932 Tuve mise in guardia personalmente Lawrence per i risultati errati che sosteneva di avere trovato e che stava pubblicando, e si trovò infine a dover prendere posizione pubblicamente per smentirlo (si può vedere l'articolo citato in nota 2, e A. Baracca, «`Big Science' vs. `little science': laboratories and leading ideas in conflict. Nuclear physics in the thirties and forties», Physis, Vol. 30, 1993 (Nuova Serie), fasc. 1-2, pp. 373-390, e Organon, n. 25, 1989/1993, pp. 39-54). Quando il fisico britannico Inglis visitò il laboratorio di Lawrence annotò: «Vidi lo spirito del Radiation Laboratory quando parlai della
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artificiali dei nuclei e la radioattività artificiale) che vennero fatte dai fisici inglesi Cockroft e Walton con un acceleratore di particelle di energia minore. Si può ancora ricordare per inciso che a Berkeley nel 1932 Urey scoprì il deuterio e il chimico Lewis preparò i primi campioni dell'isotopo (Appendice 1.1.e), che Lawrence utilizzò nei suoi esperimenti con il ciclotrone. Non vogliamo dilungarci oltre su questa storia, limitandoci a ricordare l'uso spregiudicato che Lawrence fece degli organi d'informazione, soprattutto approfittando dell'occasione dell'Esposizione Universale di Chicago del 1933, in occasione della quale aveva messo sotto pressione tutto lo staff di Berkeley. L'Esposizione risultò una grande cassa di risonanza per Lawrence, il cui battage pubblicitario non trascurò di sottolineare che il bombardamento con deuterio era riuscito a liberare «circa mille per cento dell'energia immessa» negli esperimenti. Le speculazioni sull'uso futuro dell'energia immagazzinata nel nucleo dell'atomo fiorirono sulla stampa. Del resto, è forse naturale che, nella logica dello sviluppo capitalistico in cui si inserisce la ricerca scientifica pura e applicata, le prospettive dell'enorme energia che il nucleo atomico poteva dischiudere costituissero l'aspetto più stimolante e promettente. Sono convinto che la polarizzazione su questo aspetto abbia influito considerevolmente non solo sulle linee di ricerca e le applicazioni, ma anche sul tipo di sviluppo che le conoscenze sul nucleo atomico hanno avuto successivamente. 1.2 — L'interesse per l'energia nucleare... «esplode»
Comunque sia, non vi è dubbio che alla fine degli anni '30 l'interesse per le applicazioni militari, la realizzazione di una super-arma, polarizzò totalmente l'attività dei fisici, i loro legami sempre più stretti e diretti con il potere politico, e i finanziamenti nel settore. struttura del nucleo ai loro seminari; tutti erano così concentrati nella produzione di energie sempre più alte che ebbi l'impressione che il mio argomento fosse molto lontano dai loro interessi». 6 Il già ricordato Merle Tuve dopo la guerra abbandonò completamente la fisica nucleare «perché si era trasformata da uno sport in un business», e si oppose attivamente alle nuove forme della Big Science: queste sue scelte sollevarono polemiche,
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Esiste ormai una letteratura vastissima su queste vicende, soprattutto dopo che molto materiale segreto è stato declassificato, per cui qui ci limiteremo a pochi cenni sommari, senza alcuna pretesa di sistematicità e completezza 7 .
fuori dal paese: Kure'atov, Khlopin, Zel'dovich, Khariton e altri seguirono gli sviluppi delle ricerche occidentali e incominciarono a studiare la fissione, il problema degli isotopi dell'uranio, la possibilità di una reazione a catena 10 , anche se molti fisici sovietici rimasero inizialmente scettici sulla possibilità di utilizzare l'energia nucleare. Intanto l'allarme che i nazisti potessero realizzare per primi una bomba nucleare venne fatto proprio da Szilard e comunicato a Roosevelt nella famosa lettera che Szilard convinse Einstein a scrivere il 2 agosto del 1939 (il testo completo è riportato nel saggio citato di Pietro Greco, pp. 87 88). Dopo varie titubanze venne istituito un «Comitato per l'Uranio» e infine — poco prima che Roosevelt cogliesse l'attesa palla al balzo dell'attacco giapponese a Pearl Harbour per entrare nel conflitto" — venne avviato il «Progetto Manhattan», la più grande impresa tecnico-scientifico-militare che fosse mai stata
La realizzazione della bomba: il «Progetto Manhattan» Fermi aveva realizzato nel 1934 la fissione dell'uranio e aveva poi scoperto le proprietà dei neutroni «lenti» (o «termici», Appendice 1.1.q), ma non aveva interpretato correttamente l'eccezionale risultato ottenuto. L'interpretazione corretta della fissione dell'uranio bombardato con neutroni lenti venne fornita nel 1938 dall'esperimento dei tedeschi Hahn e Strassmann, interpretato da Lise Meitner e dal nipote Otto Frisch, rifugiati in Svezia dalle persecuzioni naziste 8 . Verso il 1939 ci si rese conto della possibilità di realizzare una reazione a catena nell'uranio. Può essere interessante osservare che in quel momento la Francia era all'avanguardia nelle ricerche sulla fissione dell'uranio, con i coniugi Frédéric Joliot e Irène Curie (Premi Nobel 1934 per la scoperta della radioattività artificiale: la madre di Irène, Maria, era stata anch'essa Premio Nobel) 9, che avevano un diretto impegno politico nella sinistra: con la fulminea invasione nazista Joliot passò a dirigere la resistenza e le ricerche si trasferirono in Gran Bretagna, che acquistò temporaneamente la leadership, ma la perse nel corso del 1940 (su queste vicende ritorneremo nel prossimo capitolo). È opportuno ricordare che anche in Unione Sovietica, dopo la notizia de lla scoperta della fissione, si avviarono nel 1939 ricerche parallele rilevanti, anche se ebbero scarso impatto
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Io David Holloway, Stalin and the Bomb: the Soviet Union and Atomic Energy, 1939-1956, Yale University Press, New Haven and London 1994, pp. 50 e sgg.
oggi completamente dimenticate, anche se potrebbero avere una certa attualità. Forse è per questo che Tuve è oggi completamente ignorato nei manuali di fisica nucleare, malgrado i contributi fondamentali che fornì. 7 Tra i tanti possibili riferimenti, ci limitiamo a segnalare il seguente studio, non per un particolare rigore storico, ma perché è centrato proprio sugli aspetti sociali, politici e morali, e inquadra in maniera viva, efficace e in termini facilmente accessibili le principali fi gure scientifiche e molti aspetti interessanti delle ricerche e della realizzazione della bomba: Pietro Greco, Hiroshima, la Fisica Conosce il Peccato, Editori Riuniti, Roma 1955. 8 Interessanti notizie su Lise Meitner, una delle rarissime donne impegnate all'epoca con non poche difficoltà nella ricerca scientifica, si trovano, oltre che nel saggio citato di Pietro Greco, in Margareth Wertheim, I Pantaloni di Pitagora: Dio, le Donne e la Matematica, Instar Libri, Torino 1996, pp. 250-256. 9 Ivi, pp. 218-227.
È ormai provato storicamente in modo inequivocabile che Roosevelt fece di tutto per provocare un attacco giapponese a Pearl Harbour, fino al punto di destituire un ammiraglio e di indebolire la flotta, per avere il pretesto per rovesciare il sentimento dominante nell'opinione pubblica contrario all'entrata in guerra: si veda il ponderoso studio di Robert B. Stinness, Il Giorno dell'Inganno, Il Saggiatore, Milano 2001. A proposito dell'intervento e del ruolo degli USA è opportuno raccomandare il saggio citato di Jacques R. Pauwels, che smaschera il mito secondo cui gli USA sarebbero scesi in guerra per uno spirito antinazista e dimostra in modo irrefutabile che gran parte degli imprenditori nutrivano grandi simpatie per Hitler, le maggiori imprese statunitensi (Du Pont, Union Carbide, Westinghouse, General Electric, Singer, Kodak, ITT, ecc.) collaborarono attivamente con la Germania nazista anche a guerra iniziata (Ford fornì camion, ed ESSO benzina, senza la quale non sarebbero stati possibili né il blitzkrieg, p. 31, né l'invasione de ll'URSS, p. 58). Washington avrebbe voluto che il confronto in URSS durasse il più possibile, causando il logoramento di entrambi i contendenti (p. 57), tanto che nel 1942 non volle aprire un secondo fronte, quando invece sarebbe stato il momento più opportuno per lo sbarco in Francia (pp. 71 e sgg.: e per dimostrarne l'impossibilità vennero mandati al massacro alcune migliaia di canadesi in uno sbarco a Dieppe, che era uno dei porti più difesi dei nazisti, p. 74). In questo quadro, anche la guerra al Giappone aveva per gli USA lo scopo di sloggiarlo dall'Estremo Oriente asiatico, per stabili rvi il proprio controllo (pp. 59-60). Stanno emergendo anche i legami diretti della famiglia Bush con i nazisti e con l'olocausto (Toby Rogers, «How the Bush family wealth is linked to the Jewish holocaust», http://globalresearh.ca/articles/RoG309A.html; Ben Anis e Duncan Campbell, «How Bush's grandfather helped Hitler's rise to power», The Guardian, 25 settembre 2004), e nel dopoguerra della CIA con i nazisti (F. Ferri, «L'eredità nazista», Guerre&Pace, n. 25, p. 43, e «La CIA uncinata», Guerre&Pace, n. 30, p. 45; Jaques R. Pauwels, cit., p. 126; Jerry Meldon, «How the CIA opened the door to ex-nazis», http://globalresearch.ca/articles/ME1305A.html).
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tentata, che raccolse migliaia di scienziati e tecnici delle varie discipline a lavorare su un unico progetto, la realizzazione della bomba atomica. Le residue lentezze nell'avviare il progetto vennero vinte dall'energica azione di due tecnici messi a capo di due sezioni per la ricerca scientifica e la sicurezza nazionale, Vannevar Bush e James Conant. Il Manhattan District venne posto per la prima volta sotto la direzione di un militare, il Gen. Leslie Groves, il che creò non pochi problemi per gli scienziati, abituati a ll a «libertà della ricerca». Bisogna riconoscere, purtroppo, che la contraddizione durò poco, e la professione della «scienziato militare» si è ormai affermata: il «Progetto Manhattan» e i successivi sviluppi delle armi nucleari hanno svolto un ruolo fondamentale in questo cambiamento 12 . Tutto il progetto fu coperto dal più assoluto segreto, un'altra condizione che non si accordava molto con la mentalità e le tradizioni degli scienziati: ma da allora anche questa ulteriore contraddizione è stata digerita. Può essere interessante ricordare come la proposta di non pubblicare i risultati delle ricerche sull'uranio fosse stata avanzata nel 1939 proprio da alcuni scienziati preoccupati della possibilità che i nazisti potessero esserne favoriti (con Szilard ancora in prima fila), ma non era stata facilmente accettata: per esempio, Joliot pubblicò i suoi risultati, e così continuarono a fare i fisici sovietici. Vale la pena sottolineare il ruolo determinante che giocò in questa impresa uno stuolo di scienziati e tecnici tedeschi, italiani e dell'Europa orientale, molti dei quali ebrei, fuggiti negli USA dai regimi totalitari del Vecchio Continente: dagli italiani Enrico Fermi 13 (il vero cervello di tutta l'impresa) ed Emilio Segrè a Leo Szilard, Edward Teller, Eugene Wigner, Hans Bethe, Victor Weisskopf e tanti altri. I soli fisici di prestigio che non accettarono di lavorare nel progetto furono Max Born, Isidor Rabi e Franco Rasetti, uno dei «ragaz-
zi di Via Panisperna», rifugiato in Canada, il quale dopo la guerra a bbandonò la fisica e cambiò radicalmente il proprio campo di attività. L'impresa si prospettava assai ardua, e occorreva sperimentare tutte le strade. Era chiaro che per realizzare una bomba nucleare a fissione con l'uranio era necessario «arricchirlo» nel contenuto dell'isotopo fissile U-235, che costituisce appena lo 0,7% dell'uranio naturale 14 (v. Appendice 1.1.n): iniziò la costruzione di un gigantesco impianto per l'arricchimento dell'uranio a Oak Ridge, sfruttando la piccolissima differenza nella velocità di diffusione di un composto gassoso, l'esafluoruro di uranio, UF F , nel caso che sia costituito dall'isotopo 235 o 238 (nel secondo caso le molecole gassose sono un po' più pesanti, e quindi attraversano un setto poroso con velocità leggermente minore). Ma non vi era nessuna sicurezza di un esito positivo e nei tempi brevi necessari, per cui si cercarono tutte le strade possibili. Fu così che Enrico Fermi realizzò il 12 dicembre 1942 nei sotterranei dell'Università di Chicago la «Pila Atomica», cioè il primo reattore nucleare, nel quale la reazione a catena nell'U-235 avveniva in forma controllata: cosa che Fermi ottenne inserendo le barre di uranio in un moderatore di grafite, che in proporzione opportuna assorbiva i neutroni in eccesso, regolando così l'andamento della reazione (Appendice 1.1.q). La prima realizzazione concreta dell'era nucleare fu dunque un reattore per produrre energia in forma controllata? Neanche per sogno! La «Pila di Fermi» non riscatta il «peccato originale» dell'energia nucleare, poiché non era affatto progettata per produrre energia, ma per produrre un elemento che non esiste in natura, il plutonio (Pu, prodotto e individuato da Lawrence nel 1940), che si presentava come il candidato più idoneo per realizzare una bomba nucleare, poiché subisce la fissione ad opera di neutroni e può generare una reazione a catena senza bisogno di un processo di arricchimento come per l'uranio: infatti il plutonio si forma quando l'isotopo 238 dell'uranio assorbe un neutrone e subisce una successione di trasmutazioni, cosicché nel reattore,
12 Anche se bisogna ricordare precedenti «illustri», in particolare il ruolo diretto del Premio Nobel per la chimica Fritz Haber, che promosse e diresse la costituzione dell'arsenale tedesco di aggressivi chimici ed il loro uso effettivo nella prima guerra mondiale: si veda ad esempio il saggio citato di Pietro Greco. 13 Si possono vedere: Michelangelo De Maria, Fermi: un fisico da Via Panisperna all'America, n. 8 della serie «I grandi della scienza», Le Scienze, Milano 1999; Giulio Maltese, Enrico Fermi in America, Zanichelli, Bologna 2003; Giovanni Battimeli e Michelangelo De Maria (a cura di), Edoardo Amaldi, da via Panisperna all'America, Editori Riuniti, Roma 1997. Interessante il libro fotografico di Giovanni Battimelli,
L'eredità di Fermi. Storia fotografica dal 1927 al 1959 dagli archivi di Edoardo Amaldi, Editori Riuniti, Roma 2003.
14 È interessante osservare che gli USA, mentre fornivano gli aiuti bellici alla Gran Bretagna, in grave crisi di liquidità, su una base di «Prestito-Affitto» (Lend-Lease), cioè un credito praticamente illimitato e soprattutto dietro l'impegno a smantellare nel dopoguerra il sistema protezionista di tariffe del Commonwealth, il Belgio « pagò» invece le forniture americane con l'uranio e altri minerali della propria colonia congolese: Jacques R. Pauwels, cit., p. 50.
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mentre l'U 235 sostiene la reazione a catena, l'intenso flusso neutronico produce Pu dall'U-238 (Appendice 1.1.o). È opportuno ricordare che nel frattempo anche i fisici sovietici erano giunti alla conclusione che l'uranio-235 è l'isotopo fissile, avevano studiato le condizioni per innescare la reazione a catena, avevano affrontato il problema della massa critica, avevano capito l'importanza della compressione del materiale fissile per mezzo di un'esplosione convenzionale per innescare la reazione, avevano stabilito la necessità dell'arricchimento dell'uranio e avevano incominciato a studiare varie possibilità, orientandosi verso un netta preferenza per il processo di centrifugazione 15 ; nel 1940 era stata costituita una Commissione sul Problema dell'Uranio 16 . Dal 1941 avevano ricevuto informazioni di intelligence da Londra sui progressi del progetto britannico e sulla possibilità di realizzare una bomba", ma queste notizie giunsero a Mosca nella fase cruciale dell'invasione nazista. La decisione di avviare un progetto nucleare venne presa alla fine del 1942 proprio mentre infuriava la battaglia decisiva di Stalingrado 18
Avvenne così il primo test nel deserto di Alamogordo, il 16 luglio 1945, che costituì materialmente l'oggetto (la «mela») del «peccato originale» (Oppenheimer, che era il direttore del progetto, esclamò testualmente: «La fisica ha conosciuto il peccato»), che venne consumato con spaventoso cinismo il 6 agosto del 1945 sulla città di Hiroshima, e tre giorni dopo su Nagasaki: i due ordigni, trasportati da bombardieri, erano costituiti l'uno di uranio arricchito e l'altro di plutonio. Da almeno un anno era divenuto chiaro che i nazisti non avrebbero realizzato la bomba, e nel maggio del 1945 vi era stata la resa della Germania' 9. Tra gli scienziati del «Progetto M anhattan» si era sviluppata una forte corrente favorevole a interrompere la realizzazione della bomba, che per molti aveva avuto come unica motivazione la minaccia nazista. Ma ormai il «nemico» per Washington era cambiato, ed era costituito dall'Unione Sovietica 20 . La costruzione della bomba proseguì: non si può purtroppo registrare che un solo caso di un fisico che abbandonò il Progetto per motivi di coscienza, Joseph Rotblatt, insignito del Premio Nobel per la Pace nel cinquantenario di Hiroshima (mentre è il caso di ricordare la prima vittima diretta della fissione nucleare, a parte cioè i ricercatori deceduti per tumori contratti soprattutto nella fase iniziale, in cui non erano ben noti gli effetti delle radiazioni: il 21 maggio 1945 Louis Slotin, sperimentando il meccanismo di unione di due emisferi di plutonio per raggiungere la massa critica, innescò inavvertitamente la reazione a catena e assorbì una dose letale di radiazione, che lo portò alla morte nove giorni dopo tra atroci sofferenze) 21 .
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(ripendmolchsvietnPar.14) Negli Stati Uniti entrambe le strade, l'arricchimento dell'uranio e la produzione di plutonio, arrivarono a compimento. Per l'estate del 1945 si era ottenuto uranio arricchito sufficiente per una bomba, e plutonio per due bombe: almeno una andava testata, sia perché il congegno di innesco del plutonio era più delicato, sia per verificarne gli effetti, su alcuni dei quali gravavano preoccupanti interrogativi. L'isotopo 240 del plutonio, che si forma nel reattore insieme all'isotopo fissile 239, possiede una piccola probabilità di subire la fissione «spontanea», che rischia di innescare troppo presto la bomba durante l'implosione, diminuendo drasticamente l'efficienza dell'esplosione: il meccanismo «a cannone», adottato per l'uranio, non era adatto, occorreva che le masse subcritiche venissero unite molto più velocemente, e venne così sviluppato il meccanismo «a implosione» (v. Appendice 1.1.p). Quanto ai possibili effetti dell'esplosione nucleare, alcuni calcoli avevano prospettato il rischio che essa potesse «ignire» tutta l'atmosfera terrestre: il dubbio terribile, per quanto remoto, non arrestò il test. 15
David Holloway, Stalin and the Bomb, cit., pp. 52-56. Ivi, pp. 62, 68. 17 Ivi, p. 82. is Ivi, p. 89. 16
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19 0 meglio, le molte rese de ll a Germania, un aspetto interessante della doppiezza statunitense discusso dal citato Jacques R. Pauwels (Cap. 15): per cui la data riportata nei libri di testo non ha in realtà molto senso. 20 Pauwels, cit., discute in modo efficace il progetto degli alleati di un armistizio separato con la Germania, per sferrare poi un attacco comune contro l'uass, per scacciarla dall'Europa orientale, e possibilmente cancellare an che l'esperienza sovietica (Cap. 14). Il progetto, per quanto appaia allucinante, fu molto concreto: non fu possibile realizzarlo solo perché l'Armata Rossa godeva delle simpatie delle truppe americane in Europa, anche per la propag anda sviluppata opportunisticamente poco prima dagli stessi Stati Uniti per giustificare il rovesciamento dell'alleanza con i nazisti. 21 Per una ricostruzione dettagliata si può vedere un articolo scritto nel 1961 da Barbara Moon, riprodotto nel volume di John May, Il Libro Greenpeace sull'Era Nucleare, Frassinelli, Milano 1991, pp. 73-85. 37
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Le bombe sul Giappone
tutte attraenti. [...1 Truman e i suoi consiglieri, tuttavia, non scelsero nessuna di queste possibilità: decisero, invece, di metter fuori co mbattimento il Giappone con l'atomica. Questa fatale decisione... o ffriva agli americani notevoli vantaggi. [... ] L'esperienza fatta a Potsdam [dove Truman aveva ricevuto la notizia del Trinity test di Alamogordo, con il quale aveva cercato di intimidire Stalin] aveva convinto Truman che solo una vera dimostrazione del potere di questa nuova arma avrebbe reso docile Stalin» 23 . Ma il Giappone non si arrese, e l'8 agosto l'Armata Rossa attaccò le truppe giapponesi in Manciuria. «Questo rese Washington estremamente impaziente; già il giorno successivo a ll a dichiarazione di guerra sovietica, il 9 agosto 1945, una seconda bomba fu sganciata, questa volta sulla città di Nagasaki» 24 . Come vedremo nel paragrafo seguente, Truman inaugurò la strategia nucleare che innescò la logica della Guerra Fredda. Prima di concludere vale la pena di commentare brevemente la posizione piuttosto anomala di Niels Bohr sulla bomba atomica e l'azione, forse troppo prematura, che egli tentò di svolgere nel 1944. Quando i nazisti nel 1943 invasero la Danimarca Bohr, ebreo per parte di madre, con l'aiuto della resistenza riuscì a passare nella neutrale Svezia, e di qui i servizi segreti inglesi riuscirono a trasportarlo rocambolescamente in Gran Bretagna nel vano bombe di un piccolo aereo, in cui rischiò di morire soffocato. Qui egli venne informato dei progressi nella fabbricazione della bomba, che egli riteneva ancora irrealizzabile. Bohr intuì le gravissime implicazioni di un'arma così spaventosa nel dopoguerra, comunicò le sue profonde preoccupazioni ai colleghi di Los Alamos quando vi fu inviato nel novembre 1943 come consulente della direzione britannica, ed elaborò l'idea di
Molti scienziati chiedevano comunque che la bomba non venisse usata: Szilard fu di nuovo il più attivo, raccogliendo anche firme ad una petizione in tal senso, e cercando di incontrare Roosevelt. Ma questi morì il 12 aprile 1945: il Manhattan Project era così segreto che il vicepresidente e successore, Harry Truman, non ne conosceva neppure l'esistenza. Il fisico James Frank stilò un rapporto, firmato da Szilard e da altri 5 fisici, in cui chiedeva che non si usasse la bomba e proponeva un controllo internazionale su queste armi. Intanto il Segretario alla Guerra nominò un Interim Committee, di cui facevano parte Vannevar Bush e James Conant, con il compito di elaborare una linea di condotta, che a sua volta nominò un sotto-comitato scientifico composto da Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Ernest Lawrence e Arthur Compton: è da sottolineare il ruolo e il peso politico che da questo momento in poi assunsero gli scienziati, ma non sembra sia stato propriamente un ruolo di pace! Infatti i quattro «saggi» si pronunciarono il 15-16 giugno in maniera abbastanza pilatesca: pur rivendicando di «non avere nessuna particolare competenza nella soluzione di problemi politici, sociali e militari, che sorgono con la scoperta dell'energia atomica» (come se la decisione di spingere il progetto e di aderirvi non fosse stata una decisione politica, sociale e militare assunta proprio in base ad una particolare competenza scientifica), essi riconoscevano l'obbligo di «salvare vite americane» e concludevano: «non vediamo nessuna alternativa accettabile all'impiego militare diretto»! Ma perché furono realmente sganciate le bombe su Hiroshima e Nagasaki? È ormai assodato storicamente che l'obiettivo di queste stragi non era il Giappone, ma l'Unione Sovietica 22 . Per gli USA, date le simpatie per il nazismo, lo scopo principale dell'entrata in guerra era stata la sconfitta del Giappone: Roosevelt aveva chiesto ripetutamente a Stalin (ovviamente senza risultato, visto lo stato dell'URSS) di aprire un secondo fronte col Giappone, ma nel 1945 si augurava invece che ciò non avvenisse, per escludere l'URSS da qualsiasi trattativa di pace in Asia. Così Truman cercò di indurre al più presto il Giappone alla resa: «Per mettere fine alla guerra col Giappone senza dover fare troppi sacrifici, Truman aveva un certo numero di opzio22
Jacques R. Pauwels, cit., Cap. 17. 38
ni
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Ivi , pp. 151-52 (per maggiori dettagli v. il saggio specifico di Gar Alperovitz,
Atomic Diplomacy. Hiroshima and Potsdam. The Use of the Atomic Bomb and the American Confrontation with Soviet Power, 1965; nuova edizione Harmondsworth,
Middlesex 1985). Del resto vi era stato un tragico e non meno cinico precedente, quando Dresda era stata investita da una tempesta di fuoco, provocata da 750.000 bombe che avevano causato un numero imprecisato di vittime superiore comunque ad Hiroshima, solo per mandare un avvertimento a Stalin e frenare l'avanzata dell'Armata Rossa in Europa; ivi, Cap. 12. Anche il bombardamento di Tokyo, il 9 e 10 marzo 1945, aveva causato più vittime che Hiroshima (Jacques R. Pauwels, cit., p. 154). 24 J acques R. Pauwels, cit., p. 154. Raccomandiamo l'accurata discussione delle scelte politiche di Truman nel classico Luigi Cortesi, Storia e Catastrofe, 1984, nuova edizione Manifestolibri, Roma 2004, Cap. Iv, «L'Asso nella Manica».
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L'infanzia della proliferazione nucleare
La nascita della proliferazione
una collaborazione attiva con i sovietici, che riuscì a fare arrivare al Presidente Roosevelt, il quale recepì le sue preoccupazioni e gli fece sapere che ne avrebbe discusso con Churchill. Bohr fece comunque di tutto per incontrare anche Churchill direttamente, riuscendoci solo nel maggio 1944: ma l'incontro fu un tragico insuccesso! Riuscì a incontrare anche Roosevelt in agosto, prima che questi incontrasse Churchill in settembre. I due statisti, però, non solo ribadirono che il progetto nucleare doveva rimanere segreto, ma manifestarono sospetti che Bohr potesse diventare responsabile di fughe di notizie verso Mosca: Churchill andò oltre, suggerendo ai suoi collaboratori che Bohr era una persona pericolosa e «dovrebbe essere messo sotto controllo, o almeno bisogna fargli capire che sta rasentando crimini gravissimi». Dopo la fine della guerra Bohr non si arrese, e nel 1950 inviò anche una lettera aperta alle Nazioni Unite, senza però nessun risultato. Anche Robert Oppenheimer, il direttore scientifico del «Progetto Manhattan», cercò di convincere gli USA e la Gran Bretagna del grave pericolo di una corsa agli armamenti nel dopoguerra e dell'occasione storica che la bomba forniva per una politica globale di cooperazione. Vediamo come andarono le cose.
s pregiudicato per intimidire Stalin, ottenendo però risultati molto
1.3 — Le incertezze dell'immediato dopoguerra, la strategia nucleare, la fine delle prospettive di controllo internazionale sulle armi nucleari e l'inizio della Guerra Fredda
La diplomazia nucleare americana e l'esordio della Guerra Fredda
discutibili: l'atteggiamento di Truman fu paradigmatico proprio del ruolo delle armi nucleari nell'innescare l'irrigidimento e la contrapposizione tra i due blocchi ed i meccanismi della Guerra Fredda. Dopo la parentesi della forzata alleanza con l'URSS, la contrapposizione aveva ben presto ripreso il sopravvento. In aperta violazione degli accordi presi negli incontri fra i tre grandi sugli assetti politici dell'Europa, Washnigton e Londra avevano proceduto a una politica dei fatti compiuti. Il primo avvenne con la liberazione dell'Italia, dove partigiani vennero unilateralmente disarmati e neutralizzati politicamente (negoziandone anche l'eliminazione con i nazisti) 25, consentendo che il primo capo del governo fosse Badoglio, vecchio collaboratore di Mussolini, ed «estromettendo i russi da ogni ruolo significativo nella riorganizzazione dell'Italia» 26 (ma anche i canadesi, che avevano avuto un ruolo importante nella campagna d'Italia). Non diversamente andarono le cose in Francia e più tardi in Grecia. Dopo l'allucinante progetto di un armistizio e un'alleanza con i nazisti contro l'Armata Rossa dopo il suicidio di Hitler, e dopo la resa della Germania, Truman rinviò la conferenza di Potsdam a quando il test della bomba atomica fosse stato pronto, contando che l'atomica avrebbe consentito di dettare le condizioni all'URSS. Anche dopo Hiroshima «Stalin aveva un'indubbia volontà d'intavolare... un dialogo tra uguali... e ciò si evidenzia dal ragionevole approccio che fu tenuto nei confronti delle sistemazioni postbelliche di Austria e Finlandia. L'Armata Rossa si sarebbe ritirata da questi paesi senza lasciarsi dietro dei regimi comunisti. Non fu Sta lin, ma Truman che, nel 1945 (e in seguito), mancò nel dimostrare il suo interesse per un dialogo tra uguali. Con la pistola nucleare alla cintura, il presidente americano non pensava di dover trattare quei ragazzi del Cremino, che non avevano quest'arma, come uguali. [...] Vista dalla parte sovietica, la diplomazia nucleare americana non sembrava altro che un ricatto. Sebbene inizialmente intimidito, in seguito Stalin rifiutò di sottostarvi e Truman non fu più in grado di raccogliere i frutti della sua politica nucleare. [...] Contrariamente a questa condotta da
La guerra si chiudeva con l'assoluto monopolio nucleare degli USA, anche se in quel momento tutte le bombe che erano state costruite erano state esplose. Si aprì un breve periodo cruciale per tutta la storia successiva, tanto per l'assetto del mondo come per quello degli armamenti nucleari, strettamente legati tra loro. È importante tenere conto del fatto che allora era radicata negli Stati Uniti la convinzione che il vantaggio accumulato in questo campo non fosse facilmente colmabile, e che l'Unione Sovietica non avrebbe potuto realizzare la bomba con tanta facilità e in tempi brevi. Truman cercò di utilizzare questa supremazia in modo energico e
25 Jacques R. Pauwels, cit., p. 129. 26 Warren E Kimball, FDR and Allied Grand Strategy, 1944 1945, in Charles E. Brower (Ed.), World War v in Europe: The Final Years, New York, 1998, p. 20; Jacques R. Pauwels, cit., Cap. 9.
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Guerra Fredda sarebbe stato molto più accettabile per Sta li n un ritiro negoziato dell'Armata Rossa dai paesi occupati, ritiro che avrebbe lasciato le strutture capitalistiche del paese pressoché intatte, come mostrava il caso finlandese. [...] Stalin concluse che la miglior difesa contro la minaccia nucleare sarebbe stata quella di disporre l'Armata Rossa il più vicino possibile alle linee americane nei paesi liberati e/o occupati dell'Europa orientale e centrale. [...] Nel 1944 e 1945 Stalin non aveva dato avvio ad alcun cambiamento sociale e politico nei paesi che erano stati liberati o occupati... e vi aveva perfino consentito certe attività antisovietiche ed anticomuniste. [...] Tutto questo cambiò rapidamente sotto la pressione della diplomazia nucleare americana. Regimi comunisti ed incondizionatamente prosovietici furono installati dovunque e l'opposizione non fu più tollerata. [...] Senza la diplomazia nucleare di Truman, l'Europa forse non sarebbe mai stata divisa da una cortina di ferro» 27 .
Il Segretario alla Guerra, Henry Stimson, era convinto che lo sviluppo delle relazioni con l'URSS sarebbe dipeso in larga misura da come gli USA avessero gestito il problema delle armi nucleari e, supponendo che le conoscenze di base per realizzare la bomba non sarebbero rimaste segrete molto a lungo, propose di condividere le conoscenze sugli usi pacifici dell'energia nucleare con i sovietici. Su questa proposta si manifestarono pareri opposti. Favorevole era il Sottosegretario di Stato, Dean Acheson, che in un memorando al Presidente Truman argomentò che lo sviluppo congiunto della bomba tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada (nel 1943 vi era stato l'accordo segreto di Quebec per non comunicare informazioni ad altri paesi, v. Cap. 2) sarebbe apparsa ai sovietici come un'alleanza anglo-americana contro di essi, e che Mosca avrebbe reagito vigorosamente per ristabilire un equilibrio se Washington avesse mantenuto «una politica di esclusione». D'altra parte, nel settembre il Senatore McMahon avanzò la proposta di mantenere il monopolio statunitense in tutto il settore nucleare, e in ottobre il Dipartimento della Guerra presentò una proposta di legge per mettere questo settore sotto il controllo dei militari. Questo dibattito si rifletté nel Messaggio di Truman al Congresso del 3 ottobre 1945, la prima presa di posizione ufficiale di un Presidente sugli usi pacifici dell'energia nucleare e il suo controllo. Diceva Truman: «La speranza della civilizzazione risiede in accordi internazionali che mirino, se possibile, a ll a rinuncia all'uso ed allo sviluppo della bomba atomica, e dirigano ed incoraggino l'uso dell'energia atomica e di tutta l'informazione scientifica futura verso fini pacifici e umanitari», e proponeva di avviare «discussioni con la Gran Bretagna e il Canada, e poi con altre nazioni [includendo presumibilmente l'URSS, nda], in uno sforzo per giungere ad accordi sulle condizioni perché la cooperazione possa sostituire la rivalità nel campo dell'energia Atomica». Egli sottolineava però che le discussioni non dovevano riguardare le informazioni sulla fabbricazione delle bombe, ma piuttosto «i termini in cui la collaborazione internazionale e lo scambio di informazione scientifica potrebbe proce-
Il dibattito interno agli
USA
sulle armi nucleari
Intanto negli Stati Uniti si sviluppò un dibattito non solo sul futuro e lo statuto internazionale de ll e armi nucleari, ma in generale sulla struttura e il tipo di controllo sull'intero comparto della ricerca in fisica nucleare, in cui rientravano molti aspetti assai delicati, dal ruolo dei mi li tari a ll a cooperazione con gli alleati in questo settore. La collaborazione con la Gran Bretagna aveva zoppicato durante la guerra e anche ora stentava a decollare, per responsabilità di entrambe le parti (vi ritorneremo brevemente nel prossimo capitolo). Siamo negli ultimi mesi del 1945. Per valutare i termini del dibattito e il suo sviluppo è importante tenere presente appunto che si intrecciavano aspetti diversi, che non erano stati in alcun modo distinti durante la guerra, e che forse non erano ancora del tutto chiari, ma che avrebbero poi segnato tutto lo sviluppo successivo dell'energia nucleare e il suo statuto internazionale: da un lato le armi nucleari, e dall'altro sia la ricerca fondamentale nel settore, sia le applicazioni «civili» (che allora erano di là da venire!) 28. 27
Jacques R. Pauwels, cit., pp. 155-157. Molte delle notizie che seguono sono tratte soprattutto da due articoli: Leonard Weiss, «Atoms for Peace», Bulletin of the Atomic Scientists, n. 59-6 (novembre dicembre 2003); Peter L. Lavoy, «The enduring effects of Atoms for Peace», Arms 28
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Control Today, dicembre 2003. Un'agile cronologia delle tappe della proliferazione Roberto Fieschi, Giovanni Rampini e Armando Sternieri, Alle Radici della Proliferazione Nucleare: una Cronologia,«Quaderni» del Forum per i Problemi
e fornita da:
della Pace e de ll a Guerra, Anno viii, n. 4, Firenze, 1995. 43
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La nascita della proliferazione
dere con sicurezza» (egli chiarì poi che non aveva mai pensato a una collaborazione con la Gran Bretagna che consentisse a questa l'installazione del complesso industriale necessario per costruire la bomba, e che la collaborazione era da intendersi solo per i dati puramente scientifici). Truman proponeva anche la creazione di una Commissione per l'Energia Atomica statunitense (AEc) per dirigere la ricerca nucleare e mantenere il controllo sui materiali fondamentali per lo sviluppo dell'energia nucleare, sia pacifica sia militare: l'AEC avrebbe dovuto «interferire il meno possibile con la ricerca e le imprese private». Il successivo incontro di Truman con i primi ministri britannico e canadese sfociò nella Dichiarazione Congiunta del 15 novembre 1945, che auspicava un controllo internazionale dell'energia nucleare, sostenendo che né le contromisure né il segreto fornivano una difesa adeguata dal potere distruttivo della bomba. Truman era disposto a negoziare direttamente anche con l'uRss, ma il Segretario di Stato, James Byrnes, favorì la proposta di Vannevar Bush di spostare il dibattito alle Nazioni Unite. In un incontro a Mosca i sovietici concordarono sulla creazione di una Commissione dell'oNu sull'energia atomica. Per quanto riguarda gli scienziati, è interessante segnalare che nel novembre del 1945 venne fondato dal gruppo più vivace di Chicago il Bulletin of the Atomic Scientists, che rimane ancora oggi una sede di informazione, discussione e intervento sui pericoli delle armi nucleari, il loro controllo e la loro eliminazione.
posizione di Acheson per una maggiore gradualità nell'abbandono dell'autorità degli Stati Uniti. Il rapporto considerava che lo sviluppo dell'energia atomica e delle bombe era in larga misura interdipendente, che non ci si doveva quindi fidare dello sviluppo di un programma nucleare in nessun paese dato che un programma pacifico può fornire materiale fissile per realizzare bombe, e tuttavia un regime di ispezioni internazionali basate sulla buona fede era destinato a fallire a causa delle rivalità globali:
Il «Piano Baruch» Alla fine del 1945 la prima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione in favore del controllo internazionale dell'energia nucleare e dell'eliminazione delle armi nucleari. Arriviamo così al 1946. Per elaborare una proposta politica statunitense da presentare all'oNu, Byrnes chiese ad Acheson di dirigere un Comitato, composto da Bush, Conant, McCloy e il Gen. Leslie Groves, che si avvalse di un Board di consiglieri diretto da David Lilienthal e che includeva Oppenheimer. Il 16 marzo 1946 il Board presentò un rapporto, da cui venne il «rapporto AchesonLilienthal», che fu un compromesso tra il parere del Board per un controllo internazionale immediato su tutte le attività atomiche e la 44
Abbiamo concluso unanimamente che non vi è nessuna prospettiva di sicurezza contro la guerra nucleare in un sistema di accordi internazionali per bandire queste armi controllato solo da in sistema basato su ispezioni e simili metodi polizieschi. Il nocciolo della difficoltà è dato da ll e rivalità nazionali nello sviluppo dell'energia atomica facilmente convertibile a scopi distruttivi. E...] Un sistema di ispezioni sovrapposto ad uno sfruttamento per altri versi incontrollato dell'energia atomica da parte dei governi nazionali non costituirà una garanzia adeguata29.
Per diffondere il rapporto al resto del mondo, Truman incaricò un uomo d'affari di Wall Street, Bernard Baruch. Questi era un uomo dotato di forte personalità e presunzione, apportò modifiche significative al rapporto e decise di promuoverlo come suo: eliminò la nozione di una proprietà internazionale dei mezzi per produrre i materiali nucleari, poiché non era in sintonia con gli ambienti impresariali, aggiunse il concetto di sanzioni immediate per le violazioni, e stabilì che gli USA non avrebbero rinunciato alle proprie bombe (che nel giugno 1946 ammontavano a nove) e avrebbero continuato a fabbricarne finché non fossero state stabilite e rese effettive garanzie che nessun altro paese poteva dotarsi di tali armi. Truman esitò ad accettare queste modifiche, e lo fece perché Baruch minacciò di abbandonare. Così il 14 giugno 1946 quest'ultimo presentò alla Commissione dell'Energia Atomica delle Nazioni Unite la sua versione del piano, noto da allora come «Piano Baruch», che proponeva di sottomettere le armi nucleari al controllo di un'Autorità Internazionale e la loro successiva eliminazione, e anche di elimina29
«A report on the international control of atomic energy», Government Printing Office, Washington DC, 16 marzo 1946. 45
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La nascita della proliferazione
re il diritto di veto degli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Vale la pena di riportare i passi salienti:
per controllare il mondo: molti dei protagonisti americani erano
Gli Stati Uniti propongono la creazione di un'Autorità Internazionale per lo Sviluppo Atomico, alla quale dovrebbero essere affidate tutte le fasi dello sviluppo e dell'uso dell'energia atomica L..]. Una volta che ci si sia accordati su un sistema adeguato di controllo dell'energia atomica, che includa la rinuncia alla bomba come arma, e lo si sia reso operativo, e si siano stabilite giuste punizioni per le violazioni delle regole di controllo che devono essere stigmatizzate come crimini internazionali, proponiamo che: 1.la fabbricazione di bombe atomiche si arresti; 2. le bombe esistenti siano eliminate secondo i termini del trattato; e 3. l'Autorità sia in possesso di tutta l'informazione sul know-how per la produzione dell'energia atomica 30 .
e brei) e, rifiutando anche il concetto di ispezioni invasive come una
minaccia alla propria sovranità, avanzò una sua proposta che capovolgeva l'ordine delle fasi del progetto statunitense, prevedendo la messa al bando della produzione e dell'uso di armi nucleari e la distruzione di tutte le bombe esistenti. Il 24 settembre 1946 vi fu una risposta diretta di Stalin 32 . Baruch comunque rifiutò di negoziare il suo piano e pretese un voto entro la fine dell'anno (più tardi Truman confessò ad Acheson che la scelta di Baruch era stata «il peggiore errore che abbia mai fatto»): il piano fu approvato dalla Commissione per l'Energia Atomica dell'oNU, con l'astensione de lla Polonia e dell'Unione Sovietica, ma fu poi bloccato dal veto di quest'ultima nel Consiglio di Sicurezza. La prospettiva di un controllo internazionale de ll e armi nucleari tramontava definitivamente, e la storia dell'era nucleare ne rimaneva segnata profondamente per sempre!
Un'analisi circostanziata si trova nel saggio Storia e catastrofe di Luigi Cortesi31 : Ciascuno dei punti proposti si prestava, e si presta, a drastiche obiezioni. I poteri di controllo e di ispezione dell'Autorità internazionale avrebbero leso la sovranità degli Stati; la loro applicazione all'Unione Sovietica avrebbe in ultima analisi vietato a questa ogni genere di ricerca anche a fini non bellici, mentre gli Stati Uniti sarebbero rimasti i soli a detenere le bombe E...]; la richiesta di abolizione del veto contraddiceva gli accordi già presi [...]. Gli Stati Uniti non presentarono né allora né mai un progetto preciso circa le «fasi di transizione» che avrebbero portato al loro disarmo atomico. [...] la lunga preparazione del «piano Baruch» non era mai stata accompagnata da informazioni e consultazioni con i russi [...].
L'Unione Sovietica, che stava procedendo nella realizzazione della bomba, vide il piano Baruch come un tentativo di congelare la situazione e legittimare l'egemonia nucleare statunitense (Stalin poi aveva una vera paranoia contro una cospirazione internazionale giudaica 30 Il testo completo si trova in: http://cnsdl.miis.edu/npt/npt_3/baruch/baruch . htm. 31 Luigi Cortesi, Storia e Catastrofe, 2004, cit., pp. 152-161. Segnaliamo anche un recente articolo del direttore di Los Alamos, Raul Robinson, «Revisiting the Baruch Plan», Nature, n. 432, 2004, pp. 441-442.
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Il «McMahon Act» Non bisogna però trascurare il fatto che nel frattempo, un mese dopo la presentazione del Piano Baruch, nel luglio 1946 era stata approvata negli Stati Uniti la legge che aveva proposto McMahon, che istituiva una rigida politica del segreto sull'intero settore nucleare, militare e civile, per proteggere il monopolio americano e negare a chiunque altro il trasferimento della tecnologia nucleare. Per dirigere la politica nucleare del paese veniva istituito un Comitato misto del Congresso, il Joint Committee on Atomic Energy, e veniva vietato ogni scambio di informazioni relative all'utilizzazione industriale dell'energia nucleare (rimase ancora preclusa a lungo la collaborazione con Londra, anche per il timore di Washington di un'invasione sovietica, e ancor più dopo che emerse il caso di spionaggio di Fuchs nel 1950, v. Par. 1.4 e 2.1), prevedendo la pena di morte per la comunicazione di dati a un paese straniero. I sostenitori dello sviluppo di un settore privato nello sviluppo nucleare 33 non furono soddisfatti del Ivi, p. 156. 33 Può essere interessante ricordare che ne faceva parte la senatrice repubblicana Clare Booth Luce, che fu poi ambasciatore in Italia, in un'epoca in cui gli USA svilupparono nel nostro paese una politica di ingerenza pesante e gravata ancora da molti interrogativi inquietanti. 32
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La nascita della proliferazione
McMahon Act, che comunque rimase il cardine della politica di
Pa perclip», e raccolse veri e propri criminali di guerra, salvandoli dai (pur e dulcorati) processi ai dirigenti nazisti. Von Braun era uno dei più brillanti ingegneri dell'epoca, di appena 32 anni, che nel centro di Peenemünde alle dipendenze delle ss aveva realizzato il razzo V2: egli venne internato temporaneamente, con l'idea di rilanciare il programma missilistico nella base statunitense di Fort Bliss 37 (vi ritorneremo nel Par. 4.2). Tra il1948 e il 1949 la tensione tra i due blocchi salì alle stelle con il «blocco di Berlino», imposto dai sovietici per forzare gli USA sulla Germania, che però si risolse per loro in una sconfitta. Con l'aiuto di Washington, dopo una guerra civile sanguinosa la monarchia greca nel 1948 sconfisse l'opposizione comunista (che in realtà non ebbe aiuti da Mosca, ma dalla Jugoslavia). Intanto negli Stati Uniti si scatenava un clima di paranoia anticomunista, con indagini e interrogatori di scrittori, artisti e dirigenti statali; e in Unione Sovietica le grandi epurazioni del 1948-49. Era «scoppiata» la Guerra Fredda: e le armi nucleari avevano giocato un ruolo importante e ne sarebbero divenute uno dei meccanismi e degli strumenti principali. D'altra parte, la Guerra Fredda non fu una necessità: «per un lungo periodo di tempo, anche dopo che gli americani ebbero chiarito che non avrebbero permesso all'URSS di raccogliere i frutti dello sforzo bellico, i leader sovietici rimasero pronti a collaborare. Questo atteggiamento produsse risultati positivi sia riguardo alla Finlandia che all'Austria» 38. La Guerra Fredda fu voluta dal capitale statunitense: «con la sconfitta de ll a Germania e del Giappone, un nuovo conflitto — una qualsiasi nuova guerra nei confronti di chicchessia — sarebbe stato una benedizione, in quanto avrebbe reso possibile mantenere alto il livello delle spese per forniture militari e sostenere il boom indotto dalla precedente guerra. Grazie al nuovo conflitto, il riarmo sarebbe continuato, dopo il 1945, a funzionare come una dinamo keynesiana nei confronti dell'economia americana»39. Senza queste premesse è difficile capire il ruolo che la proliferazione nucleare ha giocato nei decenni successivi.
Washington fino al 1953 (quando venne lanciato il programma dell'«Atomo per la Pace», v. Cap. 3: la legge verrà infatti modificata nel 1954). D'altra parte, queste vicende si inserivano nell'ulteriore deterioramento dei rapporti tra i due blocchi. Nell'autunno del 1946 riprese la guerra civile in Grecia. Il 12 maggio 1947 il presidente esponeva davanti al Congresso la «dottrina Truman», che enunciava la netta contrapposizione tra due «modi di vita alternativi», uno fondato su libere istituzioni e garanzie de ll e libertà umane e l'altro fondato sul totalitarismo e l'oppressione. Nel 1947 fu varato il «Piano Marsha ll » che, «mentre serviva a mantenere a pieno regime la macchina dell'industria americana, contribuiva a rendere la parte occidentale della Germania e dell'Europa in generale più dipendenti dagli Stati Uniti e a integrare più strettamente questa parte del mondo nel nuovo sistema economico» 34 , arginando anche la forza dei partiti comunisti occidentali che radicava nelle condizioni di povertà lasciate da ll a guerra; «i crediti del Piano Marsha ll furono offerti anche all'Unione Sovietica, ma a condizioni che, come gli americani ben sapevano, erano totalmente inaccettabili in quanto richiedevano ai sovietici di abiurare l'eresia comunista e di tornare nel seno de ll a vera fede capitalista»35 . Non furono i sovietici, ma gli americani a volere la Germania divisa: Mosca puntava su una Germania unita e forte, che pagasse i colossali danni di guerra, cosa che Washington impedì perché questo pagamento (più che legittimo e meritato) avrebbe indebolito le potenzialità del mercato tedesco e rafforzato l'uRss. Ma intanto gli USA fecero razzia di tutto quello che potevano confiscare nella zona orientale prima di lasciarla ai sovietici, tra cui «tutto quello che era possibile saccheggiare da ll a fabbrica dei razzi V2 a Nordhausen: non solo razzi, ma anche documenti tecnici con un valore stimato tra i 400 e i 500 milioni di dollari, come pure 1.200 tedeschi esperti in tecnologia dei razzi, uno dei quali fu il noto [uomo de ll e ss] Wernher von Braun» 36. Il rastrellamento degli scienziati nazisti faceva parte di un piano preciso, chiamato «Operazione 34
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36
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Jacques R. Pauwels, cit., p. 205. Ibidem.
Ivi, pp. 197, 170. Vedi anche: Linda Hunt, «us coverup of Nazi scientists»,
Bulletin of the Atomic Scientists, aprile 1985, p. 24.
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L'alliance du Pentagone avec les nazis. «Operation Paperclip»: des V2 a la Lune,
Reseau Voltaire, 5 gennaio 2005: http://www.reseauvoltaire.net/artic1e14657.html. 38 Ivi, p. 217. 39 Ivi, p. 215.
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La nascita della proliferazione
L'infanzia della proliferazione nucleare
1.4
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La proliferazione «originaria»: dal monopolio al duopolio nucleare. La bomba sovietica
Negli Stati Uniti si costruirono altri reattori nucleari, sempre però mi li tari, ossia con l'esclusivo scopo di produrre plutonio. Il compito prioritario dell'AEC era la fabbricazione di bombe, ma il suo primo direttore, Lilienthal, nominò un Gruppo Consultivo Industriale e avviò un programma di ricerca sui reattori di potenza. I grandi laboratori di Los Alamos, Oak Ridge e Argonne incominciarono a lavorare su reattori sperimentali, occupandosi sia di armi sia di energia nucleare. Nel luglio del 1946 ripresero i test nucleari, che proseguiranno quasi ininterrottamente nell'atmosfera fino al 1963 (v. Par. 4.1) e sotterranei fino al 1991 (Cap. 5), per un totale complessivo di circa 940. Nel 1947 (quando il numero di testate statunitensi superò le trenta) il Congresso autorizzò le ricerche per realizzare un sommergibile nucleare e un aereo azionato da energia nucleare. Quest'ultimo si dimostrò irrealizzabile per il peso della schermatura del reattore, mentre il primo sommergibile nucleare, il Nautilus (varato nel 1954 e rimasto famoso per avere attraversato il Polo Nord sotto la banchisa polare), fu azionato da un reattore ad acqua pressurizzata (PwR), che usava acqua ordinaria sia come moderatore sia come refrigeratore, progettato da Alvin Weinberg ed Eugene Wigner e realizzato a Oak Ridge. Quel tipo di reattore, insieme al reattore ad acqua bollente (BwR), realizzato più tardi, conteneva le basi ingegneristiche su cui si sarebbe sviluppata l'industria nucleare statunitense: ma per questo si rese necessario un profondo cambiamento della struttura e dell'organizzazione che erano state date al settore, come vedremo nel Cap. 3 (mentre sui sommergibili nucleari ritorneremo nella Scheda 5.1). Ma il monopolio nucleare degli Stati Uniti durò meno di quanto essi pensavano: si innescò immediatamente, insomma, parallelamente a ll a proliferazione verticale, ossia la realizzazione di nuovi ordigni all'interno degli USA, anche la proliferazione orizzontale, ossia l'acquisizione di armi nucleari da parte di altri paesi, in primo luogo l'URSS. La prima bomba a fissione sovietica esplose infatti il 29 agosto del 1949 (gli Stati Uniti potevano già contare su 235 testate!). Era una testata di plutonio, ed era una copia de ll a prima bomba americana del 1945. Nel 1944 era giunto a Los Alamos con la missione britan50
nica il fisico Klaus Fuchs, e fu messo a lavorare sul meccanismo di implosione: egli passò sistematicamente informazioni ai servizi segreti s ovietici, e nel giugno 1945 fornì le informazioni cruciali su questo m eccanismo. Questo naturalmente mise i sovietici sulla strada e abbreviò i tempi: ma non alleggerì in modo sostanziale la mole di lavoro teorico e sperimentale. Anche per l'U RSS la realizzazione della bomba atomica costituì un'enorme impresa 40 , resa più difficile dallo stato disastroso del paese dopo la guerra. Essa coinvolse qualche centinaio di migliaia di persone, dall'estrazione e lavorazione dell'uranio, fino alla fase della ricerca e della fabbricazione, in cui fu impegnato qualche migliaio di tecnici e scienziati: si dovette costruire l'intero sistema industriale di questo settore. L'impresa fu centralizzata e segreta per la struttura stessa del regime sovietico. Il padre del programma nucleare sovietico, Kurcatov, nel 1943 avviò la realizzazione del reattore e creò un gruppo per studiare la bomba. La ricerca di giacimenti di uranio iniziò in Asia e fu lenta: si avvalse poi delle miniere tedesche e cecoslovacche quando l'Armata Rossa occupò questi paesi. Anche la fase dell'estrazione e purificazione del metallo causò ritardi. Vi furono anche dei dissidi: Kapitsa non era d'accordo sull'impostazione del progetto e propose che i sovietici seguissero un progetto autonomo, quindi abbandonò l'impresa41 Nel 1944 divenne operativo un ciclotrone per produrre plutonio. Per l'arricchimento dell'uranio le informazioni di Fuchs fecero scegliere il processo di diffusione gassosa, abbandonando una prima idea dei sovietici di sviluppare la centrifugazione: questo fu probabilmente un errore, dato che la centrifugazione si è rivelata successivamente una tecnica più efficace (oggi seguita da tutti i paesi che vogliono arricchire l'uranio: Iraq, Iran, Pakistan). Fino all'estate del 1945 i progressi furono lenti. Per sperimentare e mettere a punto in dettaglio le tecniche rivelate da Fuchs per realizzare la bomba, ripetendo tutti i calcoli (l'URSS non disponeva ancora di calcolatori elettronici e i calcoli venivano eseguiti da grandi gruppi di donne con calcolatrici elettriche), le misure e gli esperimenti, era stato allestito nel 1946 negli Urali il laboratorio chiamato Arzamas. Il 25 dicembre 40
L e informazioni che seguono sono tratte in gran parte da David Holloway,
Stalin and the Bomb, cit., in particolare i Capitoli 5, 7, 9 e 10. 41 Ivi, pp. 138 e sgg. 51
L'infanzia della proliferazione nucleare
La nascita della proliferazione
1946 il reattore sperimentale di Kurcatov divenne critico: le sue dimensioni erano simili alla «Pila di Fermi». Nel 1947 venne messa a punto la tecnica di separazione del plutonio dall'uranio. Nel giugno 1948 venne realizzato a Cheliabinsk il primo reattore di produzione del plutonio (era un reattore a gas grafite: l'industria sovietica non poteva produrre acqua pesante): nel giugno 1949 vi era sufficiente plutonio per la prima bomba e vennero fabbricati i due emisferi. Durante queste ricerche non si prestò molta attenzione ai danni delle radiazioni sulla salute, né ai danni sull'ambiente: tra il 1948 e il 1951 furono esposte alle radiazioni 124.000 persone senza avvertirle, e vennero scaricati nei fiumi 76 milioni di metri cubi di scorie radioattive ad alta e media attività 42 . Gli scienziati di Arzamas avevano ricevuto un trattamento privilegiato rispetto alle disastrose condizioni del paese. Anche se erano consapevoli che, sotto il regime di Stalin e il controllo diretto di Beria sul progetto, rischiavano molto in caso di insuccesso, essi erano convinti che l'Unione Sovietica aveva bisogno della bomba per difendersi: malgrado gli stretti controlli, si stabilì ad Arzamas uno spirito di amicizia e collaborazione43 . Mentre si realizzava la bomba al plutonio aveva proceduto la messa a punto della tecnica di arricchimento dell'uranio, che nel 1951 incominciò a produrre uranio arricchito oltre il 90%. Ancor prima del test del 1949 i fisici sovietici si erano resi conto che lo schema della bomba al plutonio poteva venire notevolmente migliorato, e dal 1948 avevano incominciato a lavorare anche su una testata di peso metà e potenza doppia, di uranio e plutonio con la tecnica «a cannone», che fu testata nel 1951: se anche Fuchs non avesse fornito le informazioni, i sovietici sarebbero quindi giunti comunque alla bomba, solo un paio di anni più tardi. Si pensi che i britannici vi riuscirono solo nel 1952, malgrado avessero avuto novanta fisici a Los Alamos durante la guerra (Par. 2.1). I paesi che l'hanno realizzata successivamente hanno usufruito di concreti aiuti delle due potenze nucleari, per cui si è trattato realmente di casi di proliferazione orizzontale indotta, o almeno assistita.
1.5 — La «bomba H»
La bomba H statunitense L'idea di un ordigno nucleare che utilizzasse la reazione di fusione nucleare risaliva ai primi anni de lla guerra, ma la realizzazione della «bomba H» negli USA procedette dapprima lentamente e incontrò poi alcune difficoltà. Nel 1948 ebbe la priorità la realizzazione di una bomba boosted («spinta»), che utilizzava la fusione nucleare ma si basava ancora su un'esplosione a fissione: l'implosione del plutonio per innescare la fissione accende la fusione di una piccolissima quantità di deuterio e trizio (appena un paio di grammi), la quale emette un flusso di neutroni che aumentano l'efficienza de lla reazione di fissione principale. Una bomba boosted fu testata il 24 maggio 1951. Nell'Appendice 7.1 forniremo maggiori dettagli su queste testate, le quali presentano grandi vantaggi, consentendo di realizzare bombe più compatte e leggere, e sono risultate fondamentali per lo sviluppo degli arsenali nucleari e dei sistemi di lancio. Ma il test sovietico del 1949 rilanciò negli Stati Uniti il progetto della bomba H44 : l'uso della reazione di fusione nucleare apriva la possibilità di realizzare testate praticamente senza limiti di potenza (allora veniva chiamata la «Super»), e questo era importante in una fase in cui le bombe venivano trasportate da bombardieri. È però degno di nota il fatto che il GeneralAdvisory Committee dell'AEC (di cui facevano parte Oppenheimer, Fermi e Rabi) espresse un parere contrario45 , sostenendo che un impegno degli Stati Uniti a non realizzare la «Super» avrebbe potuto indurre una simile rinuncia da parte dell'URSS. Ma Truman, con i suoi consiglieri, decise altrimenti. Teller, che può esserne considerato il padre, seguiva inizialmente uno schema di «Super» piuttosto semplice: l'esplosione di una bomba a fissione doveva generare la temperatura sufficiente per innescare la fusione di una massa di idrogeno. Tuttavia Ulam eseguì dei calcoli che dimostrarono che questa Super non avrebbe funzio44
Ivi, pp. 194-195. 43 Ivi, pp. 201-205.
Una ricostruzione dettagliata si trova nello studio di Richard Rhodes, Dark Sun:
the Making of the Hydrogen Bomb, Simon & Schuster, New York 1995.
42
4s
52
David Holloway, cit., pp. 300-301.
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nato46 : ci si rese conto che se la massa di idrogeno non veniva pre-
di Tamm all'Università di Mosca: fu Andréi Sacharov che nel 1948 pro pose una struttura a Layer Cake (torta a strati), ponendo strati alterni di deuterio e trizio (Ginzburg poi propose deuterio e lido) e di uranio-238 in una bomba a fissione: si trattava di un meccanismo in qualche modo intermedio tra le testate boosted e la bomba all'idrogeno, poiché la fusione innescata dalla fissione provoca a sua volta la fissione dell'U-238. I servizi segreti statunitensi non riuscirono mai ad avere informazioni attendibili su queste ricerche, cosicché fu una grande sorpresa l'esplosione della prima bomba termonucleare sovietica il 12 agosto del 1953, appena nove mesi dopo quella statunitense (lo stesso anno morì Stalin): la bomba H sovietica era già compatta e in linea di principio trasportabile. È da segnalare che negli USA nell'autunno del 1952 una commissione aveva proposto di posporre il test della bomba H, perché i sovietici avrebbero potuto dedurre il meccanismo di Teller-Ulam de lla compressione dall'analisi dei detriti radioattivi: ma i fisici sovietici avevano compreso l'importanza dell a compressione prima del test americano 49. Il meccanismo di Sacharov presentava molti limiti, e i sovietici passarono in modo autonomo a uno schema che era una vera bomba termonucleare a due stadi, che fu testata con successo il 22 novembre 1955. Dal 1953 avevano a disposizione anche calcolatori elettronici. Sembra ormai chiaro che, se anche gli Stati Uniti avessero sospeso la realizzazione della bomba H, Stalin e Beria non si sarebbero fermati, convinti ormai della potenza dei nuovi ordigni. Intanto, il 3 ottobre 1952 era esplosa anche la prima bomba nucleare a fissione britannica (Cap. 2). La corsa agli armamenti nucleari era incominciata. E la politica seguita fino allora dagli Stati Uniti del segreto atomico aveva ricevuto il colpo finale: il Presidente Eisenhower, eletto nel 1952, incaricò i propri collaboratori di studiare una nuova strategia. Vedremo questi sviluppi nel Cap. 3.
ventivamente compressa in modo notevole, la fusione non si sarebbe propagata con sufficiente velocità e in tutta la massa, e l'esplosione sarebbe stata un «flop». Da questa idea nacque il «meccanismo di Teller-Ulam» che consisteva schematicamente nell'utilizzare con un'apposita geometria i raggi X emessi dall'esplosione a fissione per provocare la compressione della massa di idrogeno prima che si inneschi in essa la fusione nucleare (bomba termonucleare a due stadi: ne discuteremo in maggiore dettaglio il funzionamento nell'Appendice 7.1).
La «bomba H» venne sperimentata con successo negli Stati Uniti il 1° novembre del 1952: aveva una potenza di 10,4 mt (megatoni, un milione di tonnellate di esplosivo convenzionale equivalente), circa 700 volte la potenza della bomba di Hiroshima, e vaporizzò l'isola Elugelab nel Pacifico, di un miglio di diametro. In quel momento gli USA avevano mille testate nucleari a fissione, l'URSS 50 47 . È interessante osservare che la prima bomba H non era una testata trasportabile, ma un oggetto che pesava 60 tonnellate e doveva solo confermare il funzionamento del dispositivo. Nel 1954 furono testate sei varianti della bomba all'idrogeno. La bomba H sovietica In Unione Sovietica la realizzazione della bomba H procedette in modo del tutto diverso 48 : se la prima bomba a fissione era stata una copia di quella americana, la bomba a fusione fu invece un progetto originale; le informazioni fornite da Fuchs, che non lavorò su questo progetto, furono inutili. I sovietici incominciarono a lavorare sulla bomba all'idrogeno nel 1946. Kurcatov incaricò dei calcoli il gruppo Ivi, p. 302; si può vedere anche lo studio di German A. Goncharov eseguito dopo l'apertura degli archivi in Russia: «Thermonuclear milestones», Physics Today, novembre 1996, pp. 44-61. Daniel Hirsch e Wi ll iam G. Mathews, «The H-bomb: who really gave away the secret», Bulletin of the Atomic Scientists, Vol. 46, n. 1 (January/February), 1990, basandosi su un documento di Bethe del 1952 desecretato, avevano sostenuto che i sovietici avrebbero scoperto il meccanismo de ll a compressione dall'analisi de ll a ricaduta radioattiva del test americano, ma questa tesi è contestata in modo convincente nel volume di David Holloway (v. oltre). 47 Manlio Dinucci, cit., p. 43. 48 David Holloway, cit., Cap. 14. 46
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Ivi, p. 312 (in cui si contesta la tesi di Daniel Hirsch e Wi ll iam G. Mathews, cit.).
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Appendice 1.1 STRUTTURA E PROPRIETÀ DEI NUCLEI: INTRODUZIONE ELEMENTARE ALLA FISICA NUCLEARE
s tente di elettroni esterni; da 1 per l'atomo più semplice, l'idrogeno (H), a 92 per l'atomo più complesso, l'uranio (U): il numero di elettroni di un atomo (quindi di un dato elemento chimico) si chiama il suo numero atomiZ co, e si indica con Z (vedremo che si sono scoperti elementi artificiali con che però sono instabili). > 92, chiamati transuranici, Per capire la specificità delle proprietà del nucleo è necessario precisare s ubito un aspetto fondamentale: tutte le proprietà chimiche di un elemento (formazione di molecole, reazioni chimiche, processi metabolici negli organismi vivent ) dipendono unicamente dagli elettroni esterni dei suoi atomi. Questo fatto riveste un'importanza fondamentale per quanto riguarda l'energia nucleare e i suoi effetti: si pensi che, se gli atomi di uno stesso elemento chimico possono avere nuclei diversi, con diverse proprietà (e vedremo che è così), l'organismo vivente non è in grado di distinguerli e selezionarli, poiché i processi metabolici e vitali sono di natura chimica, e pertanto dipendono solo dagli elettroni esterni degli atomi, che per un dato elemento sono un numero determinato. Aggiungiamo, per inciso e per completezza, che le proprietà chimiche dei 92 elementi presentano delle regolarità e delle periodicità che si rappresentano nella classificazione in periodi nella Tavola di Mendeleev degli elementi, e si spiegano in base alla disposizione degli elettroni, al crescere del loro numero Z, in strati successivi, secondo regole che si interpretano mediante le leggi della Meccanica Quantistica (v. la nota 55).
Per fornire una base di comprensione per qualsiasi lettore, tratteremo in questa Appendice tutte le proprietà del nucleo atomico e le loro applicazioni che è necessario conoscere per comprendere gli argomenti trattati in questo saggio. Partiremo dalle nozioni più elementari: chi le possieda già può naturalmente saltare i paragrafi che risultino superflui. a — Scoperta del nucleo e scoperta del neutrone
L'esistenza del nucleo all'interno degli atomi venne stabilita dagli esperimenti di Rutherford 50 del 1911-14, che stabilirono la «struttura planetaria» dell'atomo: un nucleo centrale carico positivamente, in cui è concentrata quasi tutta la massa dell'atomo, circondato da elettroni esterni, carichi negativamente (l'atomo nel suo complesso è elettricamente neutro) e molto più leggeri. Il nucleo dell'atomo più leggero, l'idrogeno (H), è costituito quindi dalla particella che porta la carica positiva elementare, il protone: la sua massa è 1846 volte più grande di quella dell'elettrone. Le dimensioni del nucleo sono molto piccole rispetto ai raggi delle orbite degli elettroni esterni, cioè alle «dimensioni» dell'atomo: gli atomi sono praticamente... «vuoti». Per una quindicina d'anni non fu possibile spiegare dal punto di vista fisico la struttura e la stabilità dei nuclei in termini de lle particelle allora note, l'elettrone e il protone. Il passo avanti fondamentale fu la scoperta di Chadwick nel 1932 del neutrone, una particella elettricamente neutra, di massa praticamente uguale a quella del protone. Da allora il nucleo si suppone costituito di protoni e di neutroni: vediamo come.
)
c — Forza nucleare ed energia nucleare
ché la scoperta dell'elettrone nel 1897 aveva stabilito la natura corpuscolare della carica elettrica negativa, mentre non vi era una simile evidenza per la carica positiva, Thomson propose che gli atomi fossero costituiti da una carica positiva di ffusa, entro la quale sarebbero inseriti gli elettroni, come l'uvetta nel panettone. Rutherford bombardò una sottile foglia metallica con le particelle alfa, scoperte con la radioattività (v. oltre), e si avvide che queste urtando gli atomi subiscono deviazioni che possono essere molto grandi (a volte rimbalzano all'indietro) e che non si possono spiegare sulla base della carica positiva diffusa, ma richiedono che essa sia concentrata nel centro dell'atomo, in un nucleo molto piccolo, che contiene quasi tutta la massa dell'atomo (tra le 2.000 e le 5.000 volte la massa complessiva degli elettroni esterni).
Ritorniamo al nucleo, per comprenderne alcune proprietà fondamentali. Poiché gli atomi sono elettricamente neutri, tutti i nuclei degli atomi di un dato elemento chimico, di numero atomico Z (contenenti cioè Z elettroni esterni) devono contenere lo stesso numero Z di protoni. A che servono allora, e quanti devono (o possono) essere i neutroni? Per capirlo evidenziamo subito un punto fondamentale. I protoni sono carichi elettricamente dello stesso segno, quindi si respingono tra loro: come può allora il nucleo risultare stabile? In altre parole, che cosa tiene legati tra loro i Z protoni all'interno del nucleo, superando la loro forza repulsiva? Non si sfugge alla conclusione che all'interno dei nuclei devono agire forze attrattive, e molto più intense delle forze elettriche: esse si chiamano appunto forze nucleari. Ne segue subito un'altra conseguenza fondamentale: se le forze nucleari sono molto più intense delle forze elettriche, anche le energie in gioco nei processi che avvengono all'interno dei nuclei devono essere molto più grandi delle energie in gioco nei processi (elettrici) che coinvolgono gli elettroni esterni. In altre parole, l'energia in gioco in ogni singolo processo nucleare è molto maggiore (circa un milione di volte) dell'energia chimica in gioco in ogni singolo processo elettronico (raccogliamo nella Scheda 1.1 le principali nozioni sulle
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b — Elementi chimici: proprietà chimiche e proprietà nucleari In natura esistono 92 elementi chimici, ossia sostanze pure costituite da 92 specie diverse di atomi. Questi 92 tipi di atomi hanno un numero cre-
5° Ai primi del '900 era stato proposto un modello dell'atomo «a panettone»: poi-
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unità di misura dell'energia). Ecco una de ll e caratteristiche principali dell'energia nucleare, che fin dall'inizio l'ha resa tanto attraente dal punto di vista energetico e militare, ha impresso un percorso specifico al suo studio e al suo sfruttamento, e ha catalizzato su di essa tutto l'insieme di interessi economici, politici e militari: questo ha contribuito, per scelte che via via sono state compiute e cercheremo di chiarire, al particolare statuto internazionale che tutto il comparto nucleare (scientifico, tecnico e militare) ha ricevuto, e che lo rende oggi un settore così delicato, ambiguo e cruciale per l'umanità e il suo futuro (si vedano in particolare i Parr. 2.5 e 3.8).
nergia e quivalente alla combustione rispettivamente di una tonnellata, o di un milione di tonnellate di petrolio). Multipli e sottomultipli. Prima di discutere quelle più utili per noi, facciamo anche una parentesi per definire i simboli che si usano per i multipli (mi ll e, un milione, un miliardo, ecc.) e i sottomultipli (un millesimo, un milionesimo, ecc.) de ll e unità. Questi simboli sono i seguenti:
Scheda 1.1 Unità di misura dell'energia
Multipli
Sottomultipli m (mi ll i) N, (micro) n (nano) p (pico)
1/mi lle (10-3) 1/un milione (10 -6) 1/un miliardo (10 -9) 1/mille miliardi (10 - L2)
k (chilo) M (mega) G (giga) T (tera) P (peta)
mille (103 ) un milione (106) un mili ardo (109) mille miliardi (1012) 10 15
L'energia. Qui e in vari punti di questo saggio può essere importante conoscere le unità di misura che si usano per l'energia. L'unità di misura che forse ha il significato più intuitivo è la caloria (cal), cioè la quantità di calore che si deve fornire a 1 grammo di acqua per aumentare la sua temperatura di 1 °C (o la kilo-caloria, uguale a mi ll e calorie, necessarie per riscaldare di 1 °C un chilogrammo di acqua). Quando venne stabilita, verso la metà dell'Ottocento, l'equivalenza tra calore ed energia, si dovettero unificarne le unità di misura. L'unità di misura dell'energia nel Sistema Internazionale (si) di unità di misura è il joule (J): in termini concreti e intuitivi, occorre ad esempio l'energia di 1 J per sollevare di 1 metro una massa di 100 grammi (E = m•g•h, dove g= 9,8 m/ s 2 è l'accelerazione di gravità sulla superficie terrestre: per m = 100 g = 0,1 kg e h = 1 m, approssimando g--- 10 m/s 2, si ottiene E (0,1 kg)•(10 m/s 2)•(1 m) = 1 kg•m/s 2 = 1 J). Si determina sperimentalmente che 1 cal = 4,186J (si potrebbe dire, ad esempio, che una massa di 100 grammi che cada da un'altezza di 4.186 metri sarebbe in grado di riscaldare di 1° C 1 kg d'acqua). La potenza. Quando si considera una qualsiasi macchina, non interessa tanto l'energia che essa sviluppa o consuma, quanto piuttosto l'energia al secondo: un'utilitaria che percorra 1.000 km richiede più energia di un bolide di formula 1 che percorra 1 km, ma è evidente che il secondo consuma molta più energia della prima per ogni secondo. L'energia per ogni secondo si chiama potenza, e si esprime nell'unità di misura chiamata watt (W): 1W = 1J/ 1 s, cioè 1J al secondo. Unità pratiche dell'energia. Oltre alle unità di misura dell'energia che abbiamo discusso, per trattare certi processi in cui sono in gioco energie molto grandi o energie molto piccole è risultato comodo introdurre delle unità di misura pratiche, in termini de ll e quali i valori numerici risultino più maneggevoli. Ci sono moltissime unità pratiche (come ad esempio i Tep, o i Mtep usati quando si trattano i fabbisogni energetici di un paese, cioè l'e-
l'energia liberata dall'esplosione rispettivamente di mi ll e tonnellate, o di un milione di tonnellate di esplosivo convenzionale (chimico) equivalente. Per avere un'idea, l'ipotetica fissione completa di 1 kg di uranio-235 libererebbe un'energia di 8.10 13 J, equivalente all'esplosione di circa 20.000 tonnellate di tritolo. Elettronvolt e mega-elettronvolt. Invece, in ogni singolo processo che avviene al livello degli atomi, dei nuclei e delle molecole l'energia in gioco è estremamente piccola rispetto alle energie tipiche dei processi macroscopici: questi infatti coinvolgono numeri enormi di atomi o di molecole, per fissare le idee dell'ordine di grandezza del numero di Avogadro, che è il numero di molecole contenute in 2 grammi di idrogeno molecolare (H2), o in 18 grammi d'acqua (H2O), ed è un numero enorme, con 23 zeri (6.1023, seicentomila miliardi di miliardi). Nei singoli processi atomici o molecolari sono in gioco energie dell'ordine di 10-19 J (numero decimale del tipo 0,... seguito da 19 zeri prima della prima cifra diversa da zero: un decimo di un miliardesimo di un miliardesimo). Per definire un'unità di misura pratica di queste energie, poiché nei processi atomici e molecolari sono in gioco elettroni, è risultato utile riferirsi all'energia acquistata da un elettrone che venga accelerato attraverso la differenza di potenziale di 1 Volt: questa unità viene chiama volt elettrone (ma ormai si usa il termine americano elettronvolt, eV). Poiché una carica elettrica q accelerata attraverso la differenza di potenziale AV acquista un'energia E = q• 1V, l'elettronvolt equivale in J (la carica elettrica dell'elettrone vale e = 1,6.10 19 Coulomb) IeV=e•1V=(1,6.1019C)•(1V)=1,6.1019)
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Torniamo alle unità pratiche dell'energia più importanti per noi.
Kilotoni e megatoni. Nel campo delle armi nucleari, la potenza liberata dalle esplosioni si esprime in kilotoni (kt) o in megatoni (Mt), definiti come
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Le energie in gioco nei singoli processi atomici o molecolari sono di solito dell'ordine dell'eV, o delle decine di eV.
Abbiamo visto che invece nei singoli processi nucleari sono in gioco energie dell'ordine di un milione di volte più grandi di quelle in dei processi atomici: per questi si usa un multiplo dell'eV, il mega-elettronvolt (MeV), `s che vale un milione di eV 1MeV = 10 6 eV = 1,6-10-13 j. Le energie in gioco nei singoli processi nucleari sono di solito dell'ordine . del MeV, o delle decine o centinaia di MeV. Raccogliamo in una tabella le principali unità di misura dell'energia che ' qui ci interessano e i fattori di conversione dall'una all'altra.
^
Tab. Fattori di conversione tra varie unità di misura dell'energia
joule (J) caloria (cal) kilowattora (kwh) elettronvolt (eV) MeV kilotone (kt) megatone (mt)
joule
cal
kwh
eV
MeV
1
0,239
6,2.10 18
6.2.10 12
2,6 . 10 19
2,5 . 1013
4,186
1
2.8.107 1,6.10 -6
3,6.106 1,6.10 -19
8,6.105
1
2,25.1025
2,25.10 19
3,8.10 20 3,8.10 - 14
4,5.10-26
1
10-6
4,5 . 10-19
106
1
1,6.10- 13 4,1.10 12
1012
4,1.10 18
d — Neutroni e stabilità dei nuclei Passiamo ora a esaminare la natura e le proprietà di questa forza nucleare attrattiva e la stabilità dei nuclei. Qui entrano in gioco i neutroni. Vi è un concetto fisico che può risultare un poco ostico: se si prescinde dalla carica elettrica, protone e neutrone sarebbero una stessa particella, che viene chiamata nucleone, la quale genera su un altro nucleone una forza nucleare sempre attrattiva. L'interazione elettrica e l'interazione nucleare sono quindi molto diverse, sia per l'intensità, sia per le forze che generano: l'interazione elettrica genera una repulsione tra due protoni, mentre non genera nessuna forza tra due neutroni, o tra un protone e un neutrone; per l'interazione nucleare, invece, due protoni, o due neutroni, o un protone e un neutrone si attirano sempre con la stessa forza , molto più intensa della repulsione elettrica. Vediamo allora perché i neutroni sono necessari a garantire la stabilità dei nuclei, e in che modo. "
e — Numero dei neutroni, isotopi di un elemento La forza nucleare possiede ulteriori proprietà importanti, alle quali accenniamo brevemente. Mentre la forza elettrica ha raggio d'azione praticamente infinito (cioè agisce tra due cariche anche quando esse sono molto lontane tra loro, anche se la sua intensità diminuisce con la distanza), la forza nucleare ha un raggio d'azione molto piccolo, cioè agisce solo quando le particelle nucleari si trovano a distanze molto piccole: un protone o un neutrone esercitano l'attrazione nucleare solo sui protoni e i neutroni che si trovano dentro il nucleo, e nelle loro immediate vicinanze. Questa proprietà ha alcune conseguenze di importanza fondamentale. In primo luogo, i soli protoni non sarebbero in grado di legarsi vincendo la repulsione elettrica: i neutroni sono dunque essenziali per fornire la «colla» nucleare mancante. Ma, in secondo luogo, le proprietà delle forze nucleari sono ta li che i neutroni non riescono comunque a tenere insieme un numero di protoni maggiore di 92. In altre parole, le proprietà chimiche degli elementi dipendono dall'interazione elettrica tra gli elettroni esterni al nucleo, ma il fatto che esistono solo 92 elementi chimici (atomi, o meglio nuclei, stabili) dipende dalle proprietà delle forze nucleari, che non consentono nuclei stabili con più di 92 protoni. Ma vi è un'altra proprietà di fondamentale importanza. Se per un dato elemento chimico il numero di protoni nel nucleo è fissato ed uguale al numero atomico Z (numero di elettroni), il numero dei neutroni non è invece fissato in modo rigido. Risulta anzi, per le proprietà delle forze nucleari, che per ogni elemento chimico Z possono esistere un certo numero di nuclei diversi, che differiscono tra di loro per il numero dei neutroni: essi si dicono isotopi di quell'elemento. Il numero totale dei Z protoni e degli N neutroni di un isotopo determinato si chiama la sua massa atomica52, o numero di massa A = Z+N (abbiamo visto che la massa dell'atomo è praticamente concentrata nel suo nucleo). Per un generico elemento chimico, che indichiamo col simbolo X, di numero atomico Z, l'isotopo con numero di massa A viene indicato con il simbolo "X Noi comunque useremo spesso per semplicità il simbolo dell'elemento chimico seguito dal numero di massa dell'isotopo (X-A), come specificheremo meglio tra breve. Per ciascun elemento chimico Z esiste un numero relativamente limitato 52
A volte chiamata peso atomico: il termine è improprio, poiché il peso è la forza
P = mg che una massa m subisce per effetto della gravità, e quindi dipende dal par-
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Questa proprietà fu verificata dagli esperimenti molto accurati eseguiti nel 1935 da Merle Tuve, il cui ruolo controcorrente abbiamo ricordato nel Par. 1.1.
ticolare campo gravitazionale in cui la massa m è immersa (g = 9,8 m/s2 è l'accelerazione gravitazionale nel campo gravitazionale della Terra, sulla Luna è più piccola).
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di isotopi, per i quali il numero dei neutroni può variare di alcune unita.. Prima di procedere facciamo alcuni esempi per spiegarci meglio. L'elemento chimico più semplice è l'idrogeno (H), che ha un solo elettrone esterno (Z = 1), e il cui nucleo è costituito solo da un protone (N = 0, A = 1). L'idrogeno si presenta in natura con due isotopi stabili: quello testé, specificato, iH , che costituisce la quasi totalità dell'idrogeno presente ila: natura, e il deuterio (0,015% dell'idrogeno naturale), che si indica con il ` simbolo D, il cui nucleo è composto da un protone e un neutrone (N = 1, A'. = 2), e corrisponde a H. Un terzo isotopo, il trizio, è prodotto artificialmente ed è instabile: si indica con il simbolo T, il suo nucleo è composto da un protone e due neutroni (N = 2, A = 3), e corrisponde a ,H; come vedremo, il trizio ha una grande importanza per le armi nucleari (Appendice 7.1). L'elemento successivo è l'elio (He), con Z = 2 (due protoni): esso si presenta come He-4, il cui nucleo è composto da due protoni e due neutroni ! (N = 2, A = 4), iHe, ma presenta anche il rarissimo isotopo He-3, con due protoni e un neutrone (N = 1, A = 3), ;He (si noti che esso possiede, con buona approssimazione, la stessa massa atomica A del trizio, ma il nucleo di è composto di un neutrone e due protoni). Come ultimo esempio passiamo all'elemento naturale più pesante, l'uranio (U), con Z = 92, che riveste una grande importanza nell'energia nucleare, civile e militare: l'uranio presente in natura è composto per il 99,3 % dall'isotopo U-238, con A = 238, 298U, il cui nucleo contiene 92 protoni e 146 neutroni; e per lo 0,7% dall'isotopo U-235, con A = 235, 292 U, con 92 protoni e 143 neutroni, che è l'isotopo importante per gli usi militari ed energetici.
configurazione di energia più bassa possibile, e quindi definitivamente stabile, a ttraverso una catena di diseccitazioni successive (cioè di isotopi intermedi di elementi diversi). Gli isotopi instabili sono chiamati radioisotopi, e che li portano verso stati più stabili si chiamano decadimenti i processi radioattim53, poiché avvengono mediante l'emissione di particelle ed energia (a volte, come si è detto, solo di energia). Gli isotopi naturali (cioè quelli esistenti in natura: vedremo che le cose possono essere molto diverse per gli isotopi creati artificialmente) presentano tre tipi di decadimenti radioattivi, che hanno ricevuto storicamente i nomi di decadimenti alfa, beta e gamma. Analizziamoli separatamente. 1) Decadimento alfa. Il radioisotopo decade (si disintegra) emettendo quella che storicamente era stata chiamata una particella alfa, composta di due protoni e due neutroni (corrispondente quindi a un nucleo di elio, He4), la quale ovviamente si porta via anche una determinata quantità di energia. Quello che rimane è chiaramente un nucleo di un elemento diverso da quello iniziale: poiché escono due protoni, il nucleo si trasforma nel nucleo di un elemento di numero atomico Z 2; l'isotopo corrispondente è quello con due neutroni in meno di quello iniziale (N 2), quindi in totale di numero di massa A 4. Facciamo un esempio: il decadimento alfa interessa per lo più nuclei di elementi pesanti. L'U-238, isotopo dell'uranio che abbiamo citato, decade alfa trasformandosi in tono z U 4 Tb +2 He. 2) Decadimento beta. In questo processo il radioisotopo si diseccita emettendo un elettrone. Ma i nuclei atomici non contengono elettroni: com'è dunque possibile che possano emetterne? Il problema fu risolto da Enrico Fermi, il quale stabilì anche che questo processo radioattivo non è dovuto né alle forze elettriche né a quelle nucleari, ma a un nuovo tipo di interazione, che è stata chiamata interazione debole, essendo di intensità inferiore a entrambe le precedenti 54. Questa interazione è responsabile della
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f Isotopi instabili (radioasotopi), decadimenti radioattivi naturali eartifi -
ciali
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98 ^ ^o
Per ogni elemento chimico (cioè numero di protoni Z determinato) solo pochi numeri diversi di neutroni (in genere uno o due isotopi) possono dare configurazioni nucleari stabili (ad esempio, per l'idrogeno solo l'isotopo fondamentale e il deuterio). Gli altri numeri possibili di neutroni (gli altri isotopi) non garantiscono di solito la stabilità della struttura nucleare, cioè danno luogo a configurazioni instabili (nel caso dell'idrogeno, il trizio). Questi isotopi instabili tendono a portarsi in una configurazione di energia minore più stabile, cioè a diseccitarsi, o a disintegrarsi: quando questa configurazione stabile viene raggiunta attraverso l'espulsione di particelle dal nucleo (disintegrazione), essa corrisponde a un isotopo di un elemento chimico diverso da quello di partenza (Z diverso); altre volte, come vedremo, essa corrisponde solo a una semplice diseccitazione, una redistribuzione interna dei protoni e dei neutroni in una configurazione più stabile, con emissione della sola energia di eccitazione. Accade a volte che si arrivi alla
Questo termine deriva dal fatto che questi fenomeni furono scoperti alla fine dell"800 da Becquerel per il radio: egli si awide, quasi casualmente, che il radio emette delle radiazioni, a quel tempo misteriose, che impressionano una lastra fotografica, da cui appunto il nome radioattività. sa Con questa, i fisici attualmente riconoscono la presenza in natura di quattro interazioni fondamentali: l'interazione gravitazionale, l'interazione debole, l'interazione elettromagnetica e l'interazione nucleare (che viene anche chiamata interazione forte, perché è la più intensa di tutte). Uno dei sogni dei fisici è di elaborare una teoria nella quale tutte le interazioni fondamentali siano unificate, cioè siano ricondotte a manifestazioni di un'unica interazione fondamentale. La prima unificazione venne realizzata alla fine del xix secolo dalla teoria elettromagnetica di Maxwell, che unificava appunto i processi elettrici e magnetici. Einstein, dopo la formulazione della teoria della relatività generale che riconduceva l'interazione gravitazionale
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disintegrazione del neutrone, che è una particella instabile che decade in un tempo medio di 15 minuti in un protone e un elettrone (le masse de ll e particelle sono compatibili con questo processo): n —4 p + e. Si deve osservare che quando sono all'interno dei nuclei stabili i neutroni non possono decadere: questo è dovuto a una proprietà fondamentale di queste particelle, i1, principio di esclusione di Pauli, che vieta a due particelle identiche (due elettroni, o due neutroni, o due protoni) di trovarsi in un medesimo stato. Secondo la meccanica quantistica le particelle in un sistema fisico legato (come un atomo, un nucleo, o una molecola) hanno a disposizione livelli energetici discreti: due particelle identiche non possono dunque trovarsi sul medesimo livelloS5 . In un nucleo stabile i neutroni non possono disintegrarsi perché i protoni che risulterebbero dal decadimento trovano tutti i livelli . di energia inferiore per i protoni già occupati. Un nucleo eccitato può disintegrarsi secondo il decadimento beta perché il protone che risulta trova un livello libero in cui andare, mentre l'elettrone viene espulso. In un decadimento beta il numero di neutroni del nucleo diminuisce di
un'unit à (N — 1), mentre il numero dei protoni aumenta di un'unità (un neuZ+ trone s i trasforma in protone): per cui il nucleo risultante è l'elemento A del nucleo di parprecisamente il suo isotopo con lo stesso valore di 1 e tenza. Facciamo un esempio. Il carbonio-14 (Z = 6, A = 14) decade beta, tra i azoto sformandosi 14 14
alle proprietà geometriche dello spazio quadri-dimensionale, si sforzò di formulare una teoria unificata dei processi gravitazionali ed elettromagnetici, ma non vi riuscì: ancora oggi l'interazione gravitazionale è quella che presenta le più grosse difficoltà in questa direzione. Negli anni '80 si giunse invece a una teoria unificata delle interazioni elettromagnetiche e deboli (teoria elettrodebole di Weinberg, Glashow e Salam, Premi Nobel 1979). ss Il principio di esclusione applicato agli elettroni esterni dell'atomo spiega le proprietà chimiche degli elementi. Infatti, anche gli elettroni possono trovarsi solo in determinati livelli energetici discreti. Poiché essi ubbidiscono al principio di esclusione, due elettroni non possono occupare lo stesso stato quantico (in realtà la cosa è un po' più complessa, per il fatto che l'elettrone si comporta come una minuscola trottola, cioè possiede un momento angolare intrinseco, o spin, che può avere solo due valori, cioè l'elettrone può ruotare solo in uno dei due sensi con momento angolare di valore definito: su ogni livello, o stato, quantico si possono trovare al massimo due elettroni con valori opposti dello spin). Ne segue che all'aumentare del numero Z di elettroni degli atomi, essi devono andare a occupare livelli di energia via via crescente: essi riempiono così via via strati successivi, ciascuno dei quali può contenere un numero massimo determinato di elettroni, e questo spiega la periodicità delle proprietà chimiche dei 92 elementi (Tavola Periodica di Mendeleev). L'elemento chimico per il quale uno strato elettronico viene completato corrisponde al riempimento di un periodo della tavola di Mendeleev. L'elettrone aggiuntivo che fa passare all'elemento chimico successivo deve disporsi su un nuovo strato, aprendo così un nuovo periodo della tavola di Mendeleev: le proprietà chimiche di questo elemento risultano analoghe a quelle degli elementi che aprono il periodo precedente e quello successivo della tavola, poiché anche questi hanno un elettrone singolo in un nuovo strato e gli strati inferiori pieni. Allo stesso modo, anche gli elementi chimici successivi presentano proprietà analoghe a quelli corrispondenti dei periodi precedente e seguente, poiché acquistano via via 2, 3, 4, ecc. elettroni in un nuovo strato, mentre gli strati inferiori sono completi.
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. — ,N+e6c
è alla base del metodo di datazione di un reperto orgaQuesto p nico, utilizzato ad esempio in archeologia e in geologia. Vi sono alcuni aspetti ulteriori importanti del decadimento beta. In primo luogo, quello discusso si chiama propriamente decadimento betameno ((3 -). Ma esiste anche il decadimento beta-più ( (3+), nel quale viene invece emesso un elettrone positivo, o positrone, cioè una particella che ha la stessa massa dell'elettrone, ma la stessa carica di segno opposto, cioè positiva. In questo decadimento è un protone a disintegrarsi in un neutrone più un positrone, per cui il nucleo di partenza si trasforma nell'elemento Z — 1, nell'isotopo con lo stesso valore di A. Un secondo aspetto importante è che quando si studiò il bilancio energetico di questi processi ci si avvide che gli elettroni (o i positroni) emessi non hanno la stessa energia: sembrava cioè che l'energia non fosse conservata nel decadimento. La questione fu invece risolta ipotizzando l'esistenza e l'emissione di una nuova particella, di massa zero, che porta con sé parte dell'energia liberata nel decadimento: questa particella venne chiamata neutrino, e la sua esistenza venne di fatto verificata sperimentalmente più tardi (oggi si conoscono addirittura vari tipi diversi di neutrini, e a essi si attribuisce un ruolo molto importante nelle teorie astrofisiche e cosmologiche). In particolare, per motivi sui quali non ci addentriamo, nel decadimento (Svengono emessi un elettrone e un anti-neutrino, e nel decadimento ß' vengono emessi un positrone e un neutrino. 3) Decadimento gamma. Vi sono degli isotopi che corrispondono semplicemente a una configurazione interna eccitata, i quali decadono in una configurazione energetica stabile emettendo l'energia di eccitazione sotto forma di sola radiazione elettromagnetica (un fotone, in questo caso un raggio gamma). Poiché, come abbiamo visto, le energie in gioco nei processi nucleari sono molto più grandi di quelle nei processi atomici, i fotoni emessi nei decadimenti gamma dei nuclei hanno energie molto grandi: per la relazione di Einstein tra l'energia E e la frequenzaf (numero di vibrazioni al secondo) di un fotone — E = h f, dove h = 6.1034 J•s è la costante di Planck — questo comporta che i raggi gamma hanno frequenza molto alta 56 56
La radiazione elettromagnetica copre tutti i valori possibili delle frequenze. Al
crescere della frequenza la radiazione elettromagnetica si classifica grosso modo
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4) Radioattività artificiale. Come abbiamo detto, i tre modi di decadimento precedenti sono quelli dei radioisotopi naturali. Ma dalla nascita dell'era nucleare si sono prodotti un gran numero di radioisotopi artificiali, i quali cioè non esistono in natura. Questi radioisotopi hanno composizioonfigurazioni interne molto anomale, e decadono spesso secondo altri ni e c processi: uno comune, e particolarmente pericoloso, è l'emissione di neu-
n enziale. La maggiore o minore rapiditâ con cui si disintegra un determinato ra dioisotopo si esprime definendo, da questa legge di decadimento, il tempo (o periodo) di dimezzamento z che è il tempo necessario perché si disintegrino la metà dei nuclei contenuti inizialmente in un determinato campione radioattivo 57 . Per esempio, il trizio ha un tempo di dimezzamento di circa 12 anni: se a un certo istante si ha un campione di 1 g di trizio, dopo 12 anni la metà dei nuclei si è disintegrata, e ne resta quindi mezzo grammo. Vi sono radioisotopi con un tempo di dimezzamento brevissimo, dell'ordine di minuti o di secondi, quindi molto instabili, e radioisotopi con tempo di dimezzamento estremamente lungo (anche superiore all'età dell'universo): ad esempio, il plutonio si dimezza in un tempo di ben 24.000 anni, l'U 238 in ben 4,5 miliardi di anni. ,
troni. g— Tempo di dimezzamento di un campione radioattivo
La disintegrazione di un nucleo instabile è, secondo la meccanica quanti tistica, un processo per il quale non si può prevedere il momento esatto in cui avverrà, ma si può solo assegnare la probabilità che esso avvenga: per cui dopo un certo periodo di tempo si può dire solo quai è la probabilità P che il nucleo si sia disintegrato (e allora la probabilità che sia ancora intatto è 1. _ p). Può succedere insomma che un isotopo molto instabile (con alta pro babilità di disintegrarsi) dopo un certo tempo non si sia ancora disintegrato, mentre un altro isotopo molto meno instabile (con una probabilità più' piccola di disintegrarsi) si sia già disintegrato. È un po' la storia dei numeri del lotto. Quando si parla di probabilità bisogna riferirsi a grandi numeri. Se si considera un campione di dimensioni macroscopiche composto di un dato radioisotopo, si può pensare che esso contenga un numero di nuclei dell'isotopo dell'ordine di grandezza del numero di Avogadro, cioè un numero estremamente grande: le leggi della probabilità ci dicono allora con sufficiente certezza (a meno di fluttuazioni, che sono però relativamente molto piccole quando i numeri in gioco sono molto grandi) la frazione dei nuclei originari che si sono disintegrati dopo un dato tempo. Si ottiene così sulla quale non entriamo in dettagli: una legge di decadimento esponenziale, il numero di nuclei instabili non decaduti nel campione (riferiti al loro numero totale iniziale) diminuisce con il tempo secondo una legge espo-
nelle seguenti porzioni: onde radio, microonde, raggi infrarossi, radiazione visibile (luce), raggi ultravioletti, raggi X e raggi gamma. La relazione di Einstein comporta che i quanti del campo elettromagnetico possiedono un'energia che aumenta proa frequenza: questo determina gli effetti fisici, o biologici, della po rzionalmente a ll radiazione elettromagnetica. I raggi infrarossi riescono ad aumentare solo il moto di agitazione termica de ll e molecole, per cui hanno un effetto termico. I raggi ultravioletti raggiungono u n'energia sufficiente a eccitare i livelli elettronici delle molecole, e possiedono anche un'azione sterilizzante: come esempio, quando siamo al sole sentiamo caldo per effetto della componente infrarossa de ll a radiazione solare, mentre la «tintarella» ci è data dai raggi ultravioletti, i quali attivano le molecole possono anche avere effetti cancerogeni limitati agli strati cutade ll a melanina (ma nei). I raggi X e gamma rientrano nelle radiazioni ionizzanti, perché possiedono energie sufficienti a strappare elettroni dagli atomi: v. Par. h.
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h — Radiazioni ionizzanti e loro effetti biologici Abbiamo detto che la pericolosità biologica dei processi nucleari è dovuta al fatto che il funzionamento dell'organismo si basa su processi chimici e non è quindi in grado di distinguere e selezionare i diversi isotopi degli elementi chimici: esso quindi assorbe indifferentemente isotopi naturali e stabili, o radioisotopi eventualmente presenta: Ma la disintegrazione di questi ultimi libera energie dell'ordine di un milione di volte maggiore delle energie in gioco nei processi chimici, e quindi nei processi metabolici. Tale energia viene emessa o sotto forma di radiazione elettromagnetica, o come energia delle particelle espulse nei decadimenti radioattivi: quando tali radiazioni (raggi X e gamma) e particelle (elettroni, particelle alfa, neutroni) interagiscono con i tessuti di un organismo vivente, sono in grado di spezzare legami chimici e molecole e di ionizzare gli atomi (per questo si chiamano radiazioni ionizzanti). Le cellule viventi colpite possono venire uccise, oppure possono subire modifiche dei meccanismi di divisione e replicazione cellulare, dando luogo a mutazioni genetiche e/o all'insorgenza di tumori o leucemie; se vengono lesionate le cellule riproduttive, delle ovaie o dei testicoli, la prole può ereditare anormalità. Se viene colpito il materiale genetico vengono indotte mutazioni: Dal punto di vista biologico e sanitario le radiazioni ionizzati hanno quindi effetti cancerogeni, mutageni o teratogeni (procreazione di esseri affetti da deformazioni e mostruosità).
Se all'istante t = 0 un campione contiene un numero N o di nuclei radioattivi il cui tempo di dimezzamento sia z, il numero N(t) di essi non ancora decaduti dopo un intervallo di tempo t diminuisce con la legge esponenziale: 57
NO) = N o . e-0, 6J3 r/i
Quanto più lungo è il tempo di dimezzamento z, tanto più lento è il decadimento, e tanto più lento il ritmo a cui N diminuisce.
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L'infanzia della proliferazione nucleare L'intensità delle radiazioni a cui è sottoposto un determinato soggetto, o presenti in un ambiente, dipende dall'attività della sorgente radioattiva, cioè dal numero di radiazioni che essa emette al secondo. Questa si esprime in un'unità molto semplice chiamata Becquerel (Bq): l'attività di I Bq corrisponde a un decadimento al secondo dei nuclei del campione, cioè a una radiazione emessa al secondo 58 (per le considerazioni probabilistiche fatte al paragrafo precedente si tratta naturalmente di un numero medio). L'attività di una data sorgente radioattiva dipende da un lato dalla sua consistenza, cioè dal numero totale di radioisotopi che essa contiene, e dall'altro dalla rapidità (la probabilità) con cui questi si disintegrano: essa è cioè inversamente proporzionale al tempo di dimezzamento del radioisotopo. Le diverse radiazioni e particelle ionizzanti possiedono proprietà molto diverse e provocano, quindi, effetti diversi. Le particelle alfa (nuclei di elio) sono molto pesanti e vengono arrestate da un foglio di carta o dagli strati cutanei superficiali. Gli elettroni (raggi beta) sono invece molto leggeri, dotati di carica elettrica, e penetrano più in profondità, interagendo con gli elettroni esterni degli atomi e delle molecole. I fotoni (raggi X e gamma) sono invece pura radiazione elettromagnetica, priva di massa, e sono in grado di eccitare fortemente i livelli elettronici e quelli nucleari. I neutroni sono molto pericolosi, perché non hanno interazioni con le cariche elettriche, possono penetrare direttamente nei nuclei, provocando disintegrazioni e trasmutazioni. Per valutare gli effetti biologici e sanitari è fondamentale distinguere l'esposizione esterna, quando il soggetto o l'organo si trova in presenza di sorgenti radioattive o a radiazioni che lo colpiscono dall'eterno, dall'esposizione interna, consistente invece nell'inalazione di sostanze radioattive disperse nell'ambiente, o nella loro ingestione quando entrano nella catena alimentare attraverso il terreno, le acque, le piante e gli animali. Nei due cas gli effetti delle diverse radiazioni ionizzanti sono molto differenti, e in cert casi opporti. Nel caso di esposizione esterna le particelle alfa possono generare tumori cutanei, mentre le altre radiazioni possono modificare molecole biologiche o cellule interne all'organismo, generando diversi tipi di tumori e leucemie. Nel caso di esposizione interna, invece, le particelle alfa diventano estremamente pericolose, poiché vengono assorbite completamente dai tessuti interni (ad esempio, gli alveo li polmonari), provocando tumori in organi vitali (v. Tabella alla pagina seguente).
La nascita della proliferazione Radiazione
Rischio interno
Rischio esterno
Alfa (elettroni) Beta Gamma Neutroni
Elevato Moderato Basso Basso
Basso Moderato Elevato Elevato
I diversi organi interni presentano sensibilità diversa alle radiazioni. Vi sono radioisotopi di elementi che per i meccanismi metabolici si concentrano in determinati organi e sviluppano lì i loro effetti. Alcuni esempi partic olarmente importanti sono i seguenti. La tiroide assorbe lo iodio, per cui se è presente l'isotopo I-131, radioattivo con un tempo di dimezzamento di circa una settimana, esso si concentra in quest'organo e provoca tumori alla tiroide: si tratta, ad esempio, di una delle conseguenze sanitarie più gravi dell'incidente di Cernobyl. Lo stronzio si concentra invece nelle ossa, e se è presente l'isotopo radioattivo Sr-90, questo provoca tumori e leucemie (il midollo osseo produce i globuli rossi del sangue). Aggiungiamo un esempio che esamineremo in maggiore dettaglio nel Cap. 6, il problema così attuale e drammatico del cosiddetto uranio depleto, DU (o uranio impoverito), cioè quello che rimane dopo il processo di arricchimento dell'uranio naturale, o il ritrattamento del combustibile esaurito delle centrali nucleari. Esso è dotato di radioattività alfa, per cui la sua presenza nell'ambiente circostante, e anche la sua manipolazione con determinate precauzioni e protezioni, possono risultare relativamente innocue. Il problema è invece completamente diverso quando l'esplosione di un proiettile a DU produce particelle microscopiche radioattive: la loro inalazione, o la dispersione in matrici ambientali o biologiche legate alla catena alimentare o ai cicli delle acque, provoca invece il deposito del DU nei tessuti interni, dove si sommano sinergicamente la radiotossicità e la fortissima tossicità chimica dell'uranio. i — Dose di radiazione assorbita e equivalente di dose La protezionistica è la disciplina che si occupa di stabilire e misurare le
può sembrare strano, ma fu scelto perché corrisponde all'attività di un grammo di radio). Poiché si tratta di un'unità piuttosto grande, si usano spesso i sottomultipli, come il milli-Curie (1 mCi = 10-3 Ci), il micro-Curie (1 µCi = 10-6 Ci), ecc.
quantità di radiazioni assorbite da un organismo, o da un organo interno, per cercare di determinarne le conseguenze sanitarie. La quantità che abbiamo definito poco sopra, l'attività , è riferita alla sorgente radioattiva, .cioè misura il flusso di radiazioni che essa emette: è un primo dato molto importante per stabilire la pericolosità di una sorgente o di un ambiente radioattivo (per esempio, ai tempi dell'incidente di Cernobyl, e in caso di incidente a un reattore nucleare con fuoriuscita di radioattività, o nel caso del fallout radioattivo dei test nucleari, è importante sapere il flusso di radiazioni presenti in un ambiente). Per quanto riguarda invece il soggetto che è esposto a radiazioni ionizzanti, bisogna determinare in primo luogo la quantità
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Viene ancora usata spesso una vecchia unità di misura dell'attività, il Curie (Ci): I Ci = 3,7.1010 Bq, cioè 37 miliardi di disintegrazioni al secondo (un numero che
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L'infanzia della proliferazione nucleare
La nascita della proliferazione
di esse che viene effettivamente arrestata, e quindi assorbita, all'interno dell'organismo, e soprattutto l'effetto fisico che queste radiazioni assorbite generano. Si definisce così in primo luogo la dose di radiazioni assorbita, cioè l'energia che le radiazioni cedono effettivamente all'organismo, o all'organ o esposto: la dose assorbita si esprime un un'unità di misura detta gray (Gy), corrisponde all'energia di 1 J assorbita da I kg di materia59. E il caso di' fare un'osservazione che aiuta a capire meglio i meccanismi con cui agiscono le radiazioni. Di solito l'energia ceduta a un organo da un flusso di radiazioni è estremamente piccola dal punto di vista macroscopico: per esempio, l'innalzamento di temperatura dell'organo è di solito assolutamente trascurabile. Il problema, però, è che questa energia viene ceduta in singole interazioni con atomi, molecole o nuclei, in quantità che, come abbiamo visto, sono molto grandi rispetto alle energie in gioco nei comuni processi chimici. Il concetto di dose non tiene però conto né dei diversi effetti dei vari tipi di radiazione, né della diversa sensibilità dei vari organi. Questi effetti ferenziati si introducono attraverso appositi fattori, sui quali non ci dilunghiamo, portando all'equivalente di dose, che si misura in sievert (Sv), che è sempre un'energia per unità di materia, corretto però quantitativamente nel modo suddetto 6o All'aumentare della dose assorbita gli effetti su un organismo diventano sempre più rapidi e devastanti, e al di sopra di certi limiti si verifica la morte sicura in un tempo molto breve (abbiamo accennato alla morte di Louis Slotin durante il «progetto Manhattan»). La protezionistica cerca di stabilire dei limiti di dose, secondo il concet- i to che se l'equivalente di dose assorbito è al di sotto di certi limiti, gli effetti biologici sarebbero limitati o trascurabili (oggi si è diffusa la logica del «rischio accettabile»); si distinguono in particolare limiti di dose per la popolazione in generale, o per i lavoratori addetti, per quali i limiti consentiti sono più elevati. Secondo il parere di chi scrive, si tratta di una procedura, forse, necessaria per la diffusione dei processi nucleari (in particolare per accertamenti medici), ma discutibile. Nel caso di sostanze cancerogene non esiste infatti una soglia: abbassando la dose di solito diminuisce la probabilità di contrarre un tumore, ma essa rimane comunque diversa da zero. Oggi si sta diffondendo quello che viene chiamato il «principio di precauzione», che ha un grande valore visto il crescente bombardamento di sostanze nocive a cui sono soggetti gli organismi viventi e l'ambiente naturale. Nel caso de ll e radiazioni ionizzanti, in particolare, non è ancora ben
stabilito l'effetto delle piccole dosi di radiazioni. Si tenga presente che i limivengono stabiliti riferendosi soprattutto ai due grandi «esperiti di dose enti» fatti sugli esseri umani, ossia le bombe di Hiroshima e Nagasaki, e la m continua revisione dell'analisi delle conseguenze di queste esplosioni ha c ondotto nel corso degli anni a periodiche correzioni dei limiti di dose, sempre verso il basso!
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Precedentemente si usava l'unità detta rad: I rad = 100 Gy. Precedentemente si usava l'unità detta rem: 1 rem = 100 Sv.
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l — L'energia di legame dei nuclei: fissione di nuclei pesanti e fusione dei nuclei leggeri Con questo chiudiamo l'argomento della radioattività e ritorniamo alle proprietà dei nuclei e a ll e loro applicazioni, per introdurre ulteriori aspetti, e discutere processi di importanza fondamentale per il presente saggio, cioè la fissione e la fusione dei nuclei. Finora non ci siamo interrogati sulla natura e le proprietà dell'energia di legame dei nuclei, ma ora è necessario dire qualcosa di più. I nucleoni sono trattenuti all'interno del nucleo da un'energia di legame, che corrisponde all'energia che occorrerebbe fornire al nucleo per separare tra loro tutti i protoni e i neutroni (essa non si definisce solo per i nuclei: vi è ad esempio l'energia di legame degli elettroni esterni negli atomi, o l'energia necessaria per estrarre un elettrone da un metallo, o semplicemente per fare uscire una palla da una buca nel terreno). Vediamo intanto il modo peculiare in cui si manifesta, e si misura, l'energia di legame di un nucleo. Da quanto abbiamo detto in precedenza, risulta chiaro che l'energia di legame nei nuclei è molto più grande di quella degli elettroni nell'atomo. La relazione di Einstein tra massa ed energia citata nella Scheda 1.1 comporta allora che un'energia di legame così grande si manifesti in un difetto di massa Am = E/ca tutt'altro che indifferente: esso si misura come differenza tra la somma de ll e masse di tutti i protoni e i neutroni liberi e la massa del nucleo, in cui una piccola frazione della massa si è trasformata in energia di legame (quando l'energia di legame è più piccola, come nella struttura degli atomi e delle molecole, il corrispondente difetto di massa è così piccolo che non può essere misurato). L'energia di legame (o il corrispondente difetto di massa) varia da un nucleo all'altro, con un andamento generale che ha grandi conseguenze pratiche. Per comprenderle è necessario fare un'ulteriore distinzione. L'energia di legame dei nuclei aumenta al crescere del numero totale dei nucleoni (cioè al crescere di A): è abbastanza intuitivo infatti che per tenere «incollati» un numero maggiore di nucleoni occorra più energia. Si va dal valore zero per il nucleo dell'idrogeno, costituito da un solo protone, a circa 2.000 MeV per il nucleo più pesante, l'U-238. Questo vale per l'energia di legame totale dei nuclei. Ma la stabilità di un nucleo non è in realtà determinata da questa: non tutti i nucleoni di un nucleo infatti sono legati con la stessa energia, i nucleoni più esterni sono meno legati di quelli interni (che risentono 71
L'infanzia della proliferazione nucleare
La nascita della proliferazione
della forza nucleare attrattiva da tutte le parti), e sono quindi i più soggetti' a sfuggire dal nucleo (si può fare un paragone con l'evaporazione delle: molecole dalla superficie dell'acqua, poiché le molecole superficiali sono: meno legate di quelle all'interno 61 ; analogamente, gli elettroni esterni in un' atomo hanno energie di legame diverse, quelli negli strati interni sono più' : legati di quelli negli strati esterni). Bisogna allora definire l'energia di lega me per nucleone, cioè l'energia necessaria per strappare un nucleone da un ? nucleo. Un nucleo instabile (radioattivo) presenta una piccola energia di legame per nucleone, il che significa che un nucleone può sfuggire abbastanza facilmente: quando il nucleo si disintegra, dà luogo a un nucleo più: stabile perché dotato di una maggiore energia di legame per nucleone (cioè: , i suoi nucleoni sono più legati). Il fatto che a volte escano gruppi di nucleoni, come nel decadimento alfa, è dovuto al fatto che questi gruppi sono struepaicolmnstb'erodiucl.
umero di fissioni si moltiplica vertiginosamente, cioè la reazione a cateil n fattore di moltiplicazione dei neutroni è maggiore di na diverge (si dice che il uno). Una condizione fondamentale perché la maggior parte dei neutroni p rodotti provochi altre fissioni, anziché sfuggire dal materiale fissile, è che la massa di questo sia superiore a una determinata massa critica. Il processo di reazione a catena non controllata (fattore di moltiplicazione dei neutroni molto maggiore di uno) viene realizzato e utilizzato nelle bombe nucleari a fissione. La massa critica di uranio o di plutonio dipende dal grado di arricchimento e da varie caratteristiche fisiche e geometriche della testata: i valori delle masse critiche sono segreti, ma si aggirano su qualche kg; essi dipendono anche dalla densità del materiale, ossia da un'eventuale compressione a cui venga sottoposto. Per capire l'enorme potere esplosivo di una bomba nucleare si può eseguire un semplice calcolo dell'energia liberata dall'ipotetica fissione completa di 1 kg di uranio (supposto puro, cioè solo U-235: v. sottoparagrafo n). In 1 kg di uranio vi sono all'incirca 2,5.10 24 atomi; se ogni fissione libera 200 MeV, si ottiene un'energia totale (1 MeV = 1.6.10 -1s J, v. la Tabella nella Scheda 1.1) E = (200 MeV).( 2,5.1024 ) = 5.1026 MeV = = (5.1026 McV)•(1.6.10 13 J/MeV) = 8.1013 J = 20 kt. Questa energia sarebbe sufficiente a portare ad ebollizione circa 200 milioni di litri d'acqua inizialmente alla temperatura ambiente (il calcolo si esegue in modo semplice, ricordando che per innalzare di 1 °C la temperatura di 1 kg d'acqua, cioè 1 litro d'acqua, occorre 1 kcal = 4.186 J).
L'energia di legame per nucleone ha un andamento caratteristico con la' massa A dei nuclei: essa infatti risulta massima per i nuclei degli elementi di; numero di massa intermedio (attorno ad A = 60, nella regione del ferro, Z 26), che sono quindi i nuclei più stabili. Mentre diminuisce sia al diminuire sia al crescere di A. Da questo deriva una conseguenza di enorme importanza. Si libera energia in due processi: o quando due nuclei leggeri si fondono insieme formando ,; un nucleo più pesante, oppure quando un nucleo pesante si spezza generando due nuclei di massa intermedia. Il primo processo si chiama fusione nucleare, il secondo fissione nucleare. m — Fissione dell'uranio, reazione a catena
Se un nucleo pesante si spezza in due nuclei più leggeri, l'energia di legame per nucleone nei nuclei finali è maggiore che nel nucleo iniziale: il processo, chiamato fissione, libera quindi energia. Esso si verifica quando un nucleo di U-235, o di Pu-239 assorbe un neutrone: la fissione di un nucleo libera un'energia di circa 200 MeV. Questi isotopi si dicono fissi/i. Poiché la divisione del nucleo avviene in modo più o meno casuale, i due isotopi finali non hanno in generale una struttura stabile, ma sono isotopi altamente radioattivi, che spesso non esistono in natura. La fissione presenta un'altra proprietà fondamentale. Ogni nucleo che si spezza, oltre a generare i due nuclei più leggeri, emette un numero di neutroni tra 2 e 3 (a seconda, ovviamente, di come il processo avviene, cioè di quali nuclei finali esso genera). Questo fatto ha reso possibile la reazione a catena: se più di uno, in media, dei neutroni emessi va a spezzare altri nuclei,
n — Uranio naturale e uranio arricchito
Il ragionamento precedente è estremamente semplificato, perché si riferisce al solo isotopo U 235, che costituisce appena lo 0,7% dell'uranio naturale. L'isotopo U-238, che costituisce il 99,3% dell'isotopo naturale, invece non è fissile, quando assorbe un neutrone non si spezza 62 , ma subisce un processo diverso (v. sottoparagrafo seguente). La presenza dell'U-238 sottrae quindi neutroni alla reazione a catena. Perché questa si realizzi è quindi necessario arricchire l'uranio nel suo contenuto di U-235. Questo arricchimento venne realizzato durante il «Progetto Manhattan» mediante il processo di «diffusione gassosa» del composto UF F nell'impianto di Oak Ridge (Par. 1.2); oggi è più efficiente un processo di «centrifugazione», con una serie molto grande di ultracentrifughe: è così che il Pakistan ha arricchito l'uranio, e che forse lo sta facendo l'Iran; Saddam Hussein aveva cercato negli anni '80 di acquisire questa tecnologia. Il grado di arricchimento richiesto è diverso a seconda degli usi dell'u-
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In effetti questo paragone non è affatto peregrino, poiché esiste un «modello a goccia» dei nuclei.
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In realtà l'U-238 subisce la fissione a opera di neutroni di energia molto alta.
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ranio. Per le bombe è necessario uranio altamente arricchito (weapo n mentre per i reattori nucleari, in cui la reazione a catena deve sem- grade), plicemente autosostenersi ma non divergere (fattore di moltiplicazione dei neutroni uguale a uno), il grado di arricchimento necessario è molto più basso (vi sono anche reattori ad uranio naturale, v. sottoparagrafo q).
cui si raggiunge la massa critica. Le vere strutture delle testate nucleari sono
o — Il plutonio Prima di analizzare le applicazioni militari e civili della reazione a catena è importante specificare che cosa accade all'isotopo U-238 quando assorbe un neutrone. Essi si trasforma infatti nell'isotopo U-239, che è anch'esso instabile, e attraverso due decadimenti beta si trasforma in un nuovo elemento che non esiste in natura («transuranico»), l'isotopo 239 del plutonio: 94Pu. Questo isotopo Pu-239 è estremamente importante, perché è fi ssile e può quindi dar luogo alla reazione a catena. L'altro aspetto importante è che, trattandosi di un diverso elemento chimico, risulta relativamente molto più semplice separare il plutonio che si forma dall'U-238 in una massa di uranio (è semplice dal punto di vista chimico, ma estremamente complesso dal punto di vista tecnico, anche per la presenza di altissimi livelli di radioattività dei prodotti di fissione, e per la grandissima tossicità del plutonio!). Inoltre il plutonio fornisce un miglior rapporto resa/peso rispetto all'uranio e richiede una massa critica minore (anche se presenta altre difficoltà, v. oltre). Questo spiega perché già nel «Progetto Manhattan» si seguirono entrambe le strade, l'arricchimento dell'uranio e la produzione di plutonio. Questa si ottiene infatti nei reattori nucleari (v. oltre), dove si realizza la reazione a catena nell'isotopo U-235, mentre l'altissimo flusso di neutroni trasforma l'U-238 in plutonio. Occorre dire che tutta la questione è in realtà un po' più complessa, poiché si ha anche formazione dell'isotopo Pu-240, che non è fissile (v. sottoparagrafo p). Si parla allora anche di plutonio weapon grade, cioè per uso nelle bombe. I reattori nucleari militari sono realizzati a questo scopo. Di fatto, tutti i paesi che hanno realizzato armi nucleari sono passati attraverso reattori nucleari. Non ci dilungheremo su questi aspetti. Vedremo comunque nell'Appendice 7.1 che con le tecniche attuali di realizzazione delle bombe in realtà qualsiasi tipo di plutonio può venire utilizzato.
segrete, ma si conoscono i criteri fondamentali. Discutiamo per ora solo lo schema molto generale di una testata a fissione: ritorneremo su ulteriori dettagli e sviluppi più recenti nell'Appendice 7.1. Vi sono due schemi di base, sviluppati fin dall e prime bombe. a) Nel meccanismo detto a cannone due masse subcritiche di materiale fissile poste agli estremi di un cilindro vengono «sparate» l'una contro l'altra da un'esplosione di esplosivo convenzionale, generando così una massa totale critica (Fig. 1.1): questa tecnica fu utilizzata per Little Boy, la testata all'uranio che distrusse Hiroshima.
Involucro Uranio Esplosivo
Fig. 1.1 — Bomba nucleare a fissione: schema del meccanismo «a cannone».
Il problema di base per realizzare una bomba a fissione è di avere una massa di uranio altamente arricchito o di plutonio che non sia critica (altrimenti la bomba potrebbe esplodere spontaneamente), ma di farla divenire critica al momento dell'innesco: questo richiede un iniziatore, cioè una sorgente di neutroni che inneschi la reazione a catena nel momento preciso in
b) La tecnica a implosione è più sofisticata e complessa, ma anche più sicura: essa si rese necessaria fin dall'inizio nelle testate al plutonio, per la probabilità, sia pur piccolissima, del suo isotopo Pu-240 di subire la fissione spontanea (cioè di spezzarsi spontaneamente), la quale può causare l'innesco precoce della reazione a catena, cosa che comprometterebbe l'efficienza e la potenza dell'esplosione. Così questa tecnica fu sperimentata nel primo Trinity test del 16 luglio 1945, e usata per Fat Man, la bomba sganciata su Nagasaki. La testata ha una simmetria sferica: al centro è posta una massa subcritica di plutonio o di uranio (chiamata pit), circondata da uno strato di esplosivo chimico (Fig. 1.2). Questo viene fatto esplodere uniformemente, generando un'onda d'urto sferica verso l'interno, che comprime la massa di materiale fissile (implosione), portandolo alla criticità (aumentando la densità, aumenta la frazione dei neutroni assorbiti al suo interno).
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p — Reazione a catena incontrollata: schema di una bomba nucleare a fissione
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Anche se le tecniche di base sono relativamente semplici, una testata nucleare è un sistema estremamente complesso, composto da migliaia di componenti. Vi sono stati grandi trasformazioni nelle tecniche delle prime testate nucleari, che discuteremo nell'Appendice 7.1.
vengono abbassate, avviene il fenomeno opposto (Fig. 1.3). Per fare avvenire la fissione nell'U-235 è però necessario anche «rallentare» i neutroni: q uesto si ottiene usando una sostanza chiamata «moderatore» (acqua, acqua pesante, grafite, berillio). I neutroni urtano contro le molecole del moderatore, s cambiando con esse l'alta energia che possiedono e divenendo neutroni «termici» (in equilibrio termico con la materia circostante): per questo m otivo questi tipi di reattori nucleari si chiamano reattori termici. Per «accendere» un reattore si fornisce un piccola fonte di neutroni che avviano le reazioni di fissione, e si regolano gradualmente le sbarre di controllo finché il reattore diviene «critico». L'energia liberata nella reazione a catena viene raccolta come energia termica in un liquido refrigerante (di solito acqua) che, circolando in un circuito idraulico, trasferisce questo calore all'esterno, dove esso viene utilizzato per fare ruotare una turbina, collegata a un alternatore che genera energia elettrica. Sui reattori elettronucleari ritorneremo nell'Appendice 3.1.
Detonatore Fonte di neutroni Esplosivo Involucro
7 turbina 8 alternatore 9 trasformatore 10 uscita corrente alta tensione 11 condensatore 12 entrata acqua di raffreddamento 13 uscita acqua di raffreddamento
1 nocciolo fluido refrigerante 3 pompa 4 scambiatore 5 recipiente (vessel) del reattore 6 contenitore primario 2
Sfera di uranio o plutonio
Fig. 1.2 — Bomba nucleare a fissione: schema del meccanismo «a implosione». 10 q — Reazione a catena controllata: reattori nucleari («termici»)
I reattori nucleari «di potenza» sfruttano invece la reazione a catena
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controllata nell'uranio, facendo in modo che ogni fissione produca esattamente un'altra fissione (quando questo avviene il reattore si dice «critico»,
il fattore di moltiplicazione dei neutroni è uno) in modo che l'energia venga liberata gradualmente: essa viene assorbita come energia termica in un fluido e utilizzata per muovere una turbina e un alternatore, e generare energia elettrica. Questo equilibrio viene creato e mantenuto mediante «barre di controllo», costituite da materiali (come cadmio, o boro) che possiedono un'elevata capacità di assorbire i neutroni prodotti nella fissione: si fanno uscire lentamente le barre di controllo dal «nocciolo» del reattore che contiene l'uranio, aumentando così la potenza prodotta e il flusso di neutroni, finché si raggiunge la situazione di criticità; se invece le sbarre 76
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Fig. 1.3 — Schema di un reattore nucleare per la generazione di energia
elettrica. 77
La nascita della proliferazione
L'infanzia della proliferazione nucleare Vi sono in commercio attualmente diversi tipi di reattori. I più diffusi sono i reattori ad acqua leggera, sviluppati negli USA, che utilizzano uranio leggermente arricchito. L'acqua funzione da liquido refrigerante, cioè trasferisce il calore prodotto nel reattore all'esterno, per azionare la turbina. Si • distinguono quelli ad acqua bollente (Bwx, Boiling Water Reactor) e ad acqua pressurizzata (PwR, Pressurized Water Reactor), nei quali l'acqua è '' mantenuta a una pressione sufficientemente alta da non raggiungere l'ebollizione. I canadesi hanno sviluppato un reattore (CANDU, Canadian Deuterium Uranium) che usa l'acqua pesante (D 20, cioè di deuterio anziché di idrogeno normale) sia come moderatore sia come refrigerante: poiché questa ha, rispetto all'acqua normale, maggiore capacità di rallentare i neutroni e minore tendenza ad assorbirli, in questi reattori vi è un flusso più alto di neutroni, per cui essi possono utilizzare l'uranio naturale. La maggiore presenza di U-238 li rende adatti a produrre Pu-239: l'India e il Pakistan hanno , ' utilizzato reattori di questo tipo (anche per produrre il trizio per le bombe). I sovietici hanno sviluppato i reattori RBMK (tristemente famosi dopo l'incidente di Cernobyl) a uranio leggermente arricchito, moderati a grafite e raffreddati ad acqua leggera. La Francia e la Gran Bretagna avevano sviluppato filiere di reattori raffreddati a gas e moderati a grafite. Dopo l'incidente di Cernobyl si sono avviati molti progetti di reattori di nuova generazione, più sicuri. Sono entrati in funzione e sono in fase di realizzazione reattori perfezionati, mentre modelli realmente nuovi sono previ-'z ; sti tra un decennio o due. r — Reattori nucleari «veloci» (autofertilizzanti: «breeders») La fissione del Pu-239 avviene senza bisogno di rallentare i neutroni (neutroni veloci), ed emette un numero di neutroni in media maggiore dell'U-235. Nacque così l'idea di costruire reattori veloci al plutonio i quali, oltre a essere più compatti per l'assenza del moderatore, offrivano un'ulteriore prospettiva allettante. Se infatti si circonda il nocciolo di plutonio con un mantello di uranio naturale, ricco di U-238, il flusso neutronico oltre a sostenere la reazione a catena nel plutonio genera plutonio nel mantello: nasceva così l'idea allettante di produrre più plutonio di quanto ne bruci la reazione a catena, per cui tali reattori sono stati battezzati autofertilizzanti, o surgeneratori (breeders). Questi progetti hanno implicazioni militari, dato che il plutonio è il materiale ideale per fabbricare le bombe. Inoltre questi reattori risultano complessi e costosi: è necessario un refrigerante che abbia una notevole capacità termica e presenti un basso assorbimento di neutroni, e si è scelto il sodio liquido, che però si infiamma violentemente se entra in contatto con l'aria. La Francia è il paese che con più decisione si era lan78
ciata nella realizzazione di reattori veloci, con un chiaro collegamento con Phoenix (dal nome lo sviluppo della force de frappe: costruì un prototipo, del leggendario uccello che rinasceva, appunto, dalle proprie ceneri), e il che è però stato chiuso per i gravi incidenti. Il falligrande Superphoenix, mento ha sbarrato notevolmente la strada ai reattori veloci (v. Cap. 8).
s — Ciclo del combustibile nucleare, scorie radioattive e plutonio Tutto il programma, militare e civile, che riguarda l'energia nucleare si fonda sul cosiddetto «ciclo del combustibile nucleare», al quale dedichiamo solo un breve cenno. Dal minerale uranifero si estrae uranio naturale allo stato puro. Questo viene sottoposto al processo di arricchimento. Abbiamo visto che il grado di arricchimento è molto diverso per gli usi civili e militari: tuttavia lo sviluppo di questa tecnica per scopi civili presenta una intrinseca a mbiguità, poiché apre la strada a ulteriori arricchimenti per scopi militari (è quello che attualmente viene contestato all'Iran, e costituisce anche lo scandalo che è esploso per la Corea del Sud). L'uranio utilizzato nei reattori «si esaurisce», nel senso che diminuisce il suo contenuto di U-235: esso deve quindi venire sostituito periodicamente. Ma il combustibile spento presenta un'altissima radioattività, e contiene, oltre ai prodotti di fissione, plutonio generato dall'U-238. Il ritrattamento del combustibile esaurito consiste nella separazione dell'U-235 residuo e del plutonio dai rifiuti veri e propri, altamente radioattivi: esso può venire eseguito dopo un tempo sufficiente perché la sua attività si abbassi, ma è comunque un processo estremamente pericoloso (oggi solo la Francia e la Gran Bretagna gestiscono impianti di ritrattamento: a parte ovviamente quelli sviluppati da paesi come l'India per realizzare la bomba), che produce scorie radioattive e plutonio. Paesi come il Giappone e la Germania hanno accumulato notevoli quantitativi di plutonio dal ritrattamento del combustibile delle loro centrali in Francia e Gran Bretagna (Par. 7.6: l'associazione ambientalista Greenpeace ha organizzato spettacolari manifestazioni per contestare il trasporto del combustibile esaurito in Germania e del plutonio in Giappone). Dovremo riprendere questo problema, che ha risvolti preoccupanti. E necessario ricordare ancora che le scorie radioattive non provengono solo dalla «coda» del ciclo del combustibile, ma da tutto il ciclo di funzionamento delle centrali nucleari e dal loro smantellamento (v. Appendice 3.1). t — Bombe termonucleari (a fusione) Accenniamo infine alle applicazioni della fusione nucleare. Questo processo, a differenza da lla fissione63 , avviene in natura e ha anzi una funzione Recentemente però si sono trovate in Africa tracce di qualcosa che potrebbe avere funzionato come un «reattore a fissione naturale».
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fondamentale nell'universo, poiché ha luogo all'interno delle stelle e fornisce loro l'energia che irradiano. Il motivo è relativamente semplice. Abbiamo visto che le forze nucleari, che sono responsabili del processo di fusione di nuclei leggeri, agiscono su distanze molto piccole, per cui l'innesco della fusione richiede che i due nuclei si avvicinino a distanze piccolissime :
h) Confinamento inerziale. Questa tecnica fa uso dell'energia direzionapellet (sferetle e messa da potenti laser, o fasci di particelle accelerate. Un ta) di deuterio e trizio delle dimensioni di un grano di pepe viene colpito metricamente dagli impulsi di molti laser di altissima potenza, o dai fasci s im di particelle: la superficie del pellet si trasforma in un plasma, che si espande all'interno, facendo implodere (per cui si parla di «inerzia») il deuterio trizio rimanente fino alla temperatura in cui si innesca la fusione. Un reattore a fusione dovrebbe funzionare con una successione di un gran numero di pellets. È necessario fornire al pellet un'energia di due milioni di joule in 4 n anosecondi. La tecnica dei laser ha fatto negli anni recenti passi da gigante, con la realizzazione di superlaser (v. Appendice 9.1); gli USA e la Francia stanno realizzando enormi impianti per il confinamento inerziale che usano rispettivamente 192 e 240 laser (v. Parr. 7.1 e 9.2).
maperflosidvnuareplsiotcraehpositive dei nuclei, e questo richiede che acquistino velocità (energie cinetiche) molto grandi. L'energia media delle particelle dovuta al moto di agitazione termica aumenta con la temperatura: per raggiungere energie sufficienti a superare la repulsione elettrica occorrono temperature di decine di milioni di gradi, quali esistono appunto nei nuclei delle stelle. Di qui l'idea (che abbiamo illustrato nel Par. 1.5) di usare un'esplosione nucleare a fissione per innescare la fusione di una massa di nuclei leggeri: discuteremo in mag giore dettaglio le testate a fusione a due stadi nell'Appendice 7.1.
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u — Il sogno della fusione nucleare controllata
Quasi parallelamente alla realizzazione della bomba a fusione nacque anche l'idea di realizzare la reazione di fusione nucleare controllata, per costruire reattori a fusione che promettevano di fornire energia in quantità praticamente illimitata, poiché il deuterio è contenuto in piccole frazioni ma in enormi quantità nell'acqua dei mari. Il problema fondamentale da risolvere consiste nella generazione della temperatura sufficiente a innescare la fusione di nuclei leggeri in uno spazio contenuto (vi sono in realtà moltissimi problemi fisici e tecnici estremamente complessi da studiare e risolvere: alcuni di essi presentano implicazioni militari, come analizzeremo in dettaglio nel Cap. 9). Nessun materiale può ovviamente resistere a queste temperature, per cui si sono cercati meccanismi di confinamento senza bisogno di pareti materiali. D'altra parte gli atomi acquistano energie tali che negli urti essi vengono spogliati di tutti gli elettroni, per cui il materiale in cui si vuole innescare la fusione assume lo stato di un plasma, un quarto stato della materia (dopo quelli solido, liquido e gassoso) costituito da nuclei nudi e da elettroni liberi. Bisogna dire che mezzo secolo di ricerche e di investimenti non sono riusciti a realizzare la fusione controllata, né la sua realizzazione sembra realmente alle porte. Le ricerche hanno seguito essenzialmente due strade: a) Confinamento magnetico. Un potente campo magnetico di forma toroidale intrappola il plasma di deuterio e trizio al suo interno (per cui non occorrono pareti) mentre si cerca di raggiungere la temperatura di innesco della fusione. I sovietici furono i primi a seguire questa strada, per cui il nome generale di queste macchine ha un acronimo russo, Tokamak. Nel 1997 il Joint European Torus generò una reazione di fusione che produsse il 65% dell'energia immessa. 80
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Capitolo secondo I PRIMI PASSI DELLA PROLIFERAZIONE: DAL DUOPOLIO ALL'OLIGOPOLIO NUCLEARE
Il passaggio dal duopolio all'oligopolio nucleare fu solo un po' più lento, ma fu un passaggio inevitabile, con la formazione de lle 6 potenze nucleari: 5 ufficiali — Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia e Cina — più una che è sempre stata il «segreto di Pulcinella», Israele, la cui nuclearizzazione risale proprio ai primi passi della proliferazione. Non ci dilungheremo molto su questi processi: cercheremo di soffermarci sui punti che ci sembrano più rilevanti per l'aspetto specifico dei meccanismi della proliferazione', riprendendo brevemente anche alcuni snodi delle ricerche durante la seconda guerra mondiale, soprattutto per ricostruire il cammino della Gran Bretagna alla bomba. Questi sviluppi si inserivano in un quadro internazionale che, come abbiamo ricordato, registrò un forte inasprimento alla fine degli anni '40 (1948 49, blocco di Berlino; 1949 istituzione della NATO; 1950-53, guerra di Corea; 1955, istituzione del patto di Varsavia), anche se la Guerra Fredda evitò uno scontro militare diretto tra i due blocchi. La crescita degli arsenali nucleari de lle due super-potenze giocò un ruolo fondamentale. Nel 1950 gli Stati Uniti avevano all'incirca 370 testate nucleari, i sovietici 5. -
Continueremo a riferirci al citato Roberto Fieschi, Giovanni Rampini e Armando Sternieri, Alla Radice della Proliferazione Nucleare: una Cronologia. Si veda anche Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare, Fazi Editore, Roma 2003. 83
L'infanzia della proliferazione nucleare
I primi passi della proliferazione
Washington voleva mantenere e sfruttare la superiorità nel camp o (proliferazione verticale) per controllare e condizionar enuclear l'UnioeSvtcaBdl'Es.Perqutoiavòmlpesto il programma di dotare di armi nucleari quei paesi ritenuti fondamentali per mantenere e rafforzare la superiorità e il dominio dell'Occidente (proliferazione orizzontale). I primi paesi a cui pensò la Casa Bianca furono per motivi geostrategici Israele e la Germania Federale, quest'ultima per creare un deterrente diretto contro u n possibile attacco sovietico in Europa. Abbiamo visto che le simpatie. degli USA verso la Germania nazista venivano da lontano, e che giàverso la fine della guerra essi avevano pensato a un rovesciamento dialleanze per ricacciare l'Armata Rossa dai paesi dell'Europa orientale: con l'usuale spregiudicatezza, nel dopoguerra Washington non ll a Germania, e fu solo tenvaigrcoldznimpstea per motivi di politica e rapporti internazionali (in primo luogo le forti e motivate resistenze della Francia) se questa non divenne materialmente una potenza nucleare (anche se lo è comunque divenuta in modo latente, come vedremo meglio).
a]l'illuminismo, mentre proclamavano la superiorità e il compito sto-
Che la seconda guerra mondiale abbia segnato l'inizio del declino delle vecchie potenze europee è abbastanza chiaro: i regimi totalitari, che erano la negazione di tutta la tradizione europea che risaliva
rico di una razza, trascinarono l'Europa in uno scontro che fu in primo luogo autodistruttivo, e che diede agli Stati Uniti l'occasione per imporre e affermare la propria egemonia. Questo processo appare evidente anche nello sviluppo della bomba atomica britannica: il cammino della Gran Bretagna alla bomba e l'evoluzione dei suoi rapporti con Washington in questo campo furono piuttosto tortuosi. Da un lato Londra tendeva a comportarsi con l'orgoglio della grande potenza, e come depositaria di una tradizione s cientifica di leader nel nuovo settore della fisica del nucleo: e in effetti si trovava inizialmente a uno stato più avanzato degli Stati Uniti. Ma dovette ripetutamente piegarsi all'evidenza e sottostare alla supremazia statunitense, e in molti casi richiederne espressamente la collaborazione, che non sempre ottenne facilmente. Nel 1940, alla vigilia dell'occupazione nazista della Francia, Joliot, che era all'avanguardia nelle ricerche sulla fissione dell'uranio, inviò in Gran Bretagna i suoi collaboratori Halban e Kowarski, con il carico di acqua pesante di cui si era dotato (mentre egli scelse di rimanere in Francia, divenendo un dirigente della resistenza). Gli inglesi si trovarono così ad essere senza dubbio i più avanzati nel settore ma, troppo sicuri dei propri mezzi, non seppero cogliere l'occasione per divenire partner paritari nel progetto statunitense. Nella prima fase in effetti gli Stati Uniti dipesero da lle informazioni che vennero loro fornite dai britannici. Nell'ottobre 1940 Cockroft (il premio Nobel inglese che aveva scoperto il neutrone) partecipò a una riunione ad alto livello negli Stati Uniti con il Comitato Consultivo dell'Uranio creato da Roosevelt nel 1939, aggiornandolo sullo stato delle ricerche in Gran Bretagna, sui progetti per la separazione dell'uranio-235 e sulla possibilità di realizzare una bomba: nel corso della visita egli creò a Washington il British Central Scientific Office, che doveva servire come legame con il Comitato dell'Uranio. Il 1941 vide ancora la supremazia britannica nelle conoscenze e nel progetto. In Gran Bretagna era stato creato per l'uranio il Maud Committee, che nel luglio presentò un rapporto, reso disponibile in breve tempo anche agli americani, sulla realizzazione di una bomba e di una macchina per produrre energia. Halban firmò due accordi con la principale industria chimica inglese, l'ICI e con il Ministry of Aircraft Production per lo sfruttamento industriale dei brevetti depositati (la questione dei brevetti diverrà oggetto di una lunga contro-
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Tab. — Cronologia delle potenze nucleari 1945 1949 1952 (3 ottobre) 1952 (1 novembre) 1953 1957 1960 1964 1967 1968 1974 1975-79 1998
prima bomba a fissione degli USA prima bomba a fissione dell'uRss prima bomba a fissione della Gran Bretagna prima bomba a fusione degli USA prima bomba a fusione dell'uRss prima bomba a fusione della Gran Bretagna prima bomba a fissione della Francia (e Israele ?) prima bomba a fissione della Cina prima bomba a fusione della Cina prima bomba a fusione della Francia (e Israele?) prima esplosione e fissione dell'India bombe del Sudafrica (Germania ?) test nucleari dell'India e del Pakistan
2.1 — La tortuosa via alla nuclearizzazione della Gran Bretagna
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I primi passi della proliferazione
versia tra governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, e Washingtoerc àlavidtsoqucheni tardi). Il Dipartimento per la Ricerca Scientifica britannico, recente- ,` mente creato, giudicò la bomba il progetto con la più alta priorità ex raccomandò che il primo impianto sperimentale per la separazion e .del'uranio-235vsctnGraBegchl'impnto definitivo venisse realizzato in futuro in Canada, considerando op..; portuna la collaborazione con Stati Uniti e Canada. Impressionati dal Rapporto Maud, i responsabili civili del progetto statunitense, Bush 'i: e Conant, chiesero che il lavoro sull'uranio procedesse come un pro-'t ,. getto comune. Nell'ottobre Roosevelt chiese a Churchill che tutte l e iniziative venissero non solo coordinate, ma realizzate insieme: ma Londra — sicura del proprio vantaggio, non credendo che la bomba ;: potesse venire realizzata prima della fine della guerra, mentre l'impianto per la separazione dell'uranio avrebbe consentito di condizionare il mondo — accettò solo scambi scientifici. Così una missione di .. fisici statunitensi visitò la Gran Bretagna, realizzando un libero e molto proficuo scambio di idee e cognizioni. Il 7 dicembre 1941 gli :., Stati Uniti entravano in guerra. Nel 1942 i rapporti di forza tra i due paesi si ribaltarono. Gli Stati Uniti si resero conto del vantaggio che avevano acquisito e intrapresero la via del segreto, procedendo da soli alla realizzazione della bomba. I britannici incominciarono a rendersi conto della necessità di agire congiuntamente con gli USA e tentarono tardivamente di rial- " lacciare i rapporti. Nei primi mesi dell'anno lo scambio era ancora libero: Halban e altri scienziati britannici visitarono gli Stati Uniti, ma si resero conto del grande progresso delle ricerche americane. Nella primavera le autorità statunitensi accantonarono, per motivi di segretezza, il trasferimento dell'équipe di Cambridge a Chicago; d'altra parte, Halban rifiutò un posto nella direzione delle ricerche a poco Chicago.Permtvdsuzagliercnodvuti ad accettare scienziati stranieri nel proprio progetto, e Bush rifiutò esplicitamente la proposta britannica di inserire un'équipe britannica indipendente. Halban optò per la creazione in Canada di un gruppo anglo-canadese, vedendo in ciò il doppio vantaggio dell'indipendenza e de ll a possibilità di utilizzare le risorse statunitensi. Il 20 giugno del 1942 Roosevelt incontrò Churchi ll , e questi insistette energicamente per un più stretto scambio tra i due paesi sul progetto. Nell'autunno, mentre Vannevar Bush rifiutò la 86
costruzione dell'impianto britannico di separazione dell'uranio perché non necessario al progetto statunitense, Roosevelt, ormai sicuro di avere risolto il problema de ll a separazione isotopica, approvò la riduzione al minimo degli scambi con Londra. Il 2 dicembre del 1942 e ntrava in funzione a Chicago la «pila di Fermi» (Par. 1.2). Alla fine dell'anno Roosevelt, sulla base di proposte presentategli da Conant e Bush, avallò esplicitamente la scelta della politica del segreto, accettando solo scambi ristretti che risultassero utili per il raggiungimento di obiettivi militari immediati. Anche i francesi chiesero a Washington di essere messi al corrente, dopo la guerra, di tutti i dati scientifici, ma ricevettero solo l'assicurazione che si sarebbe tenuto conto di questa richiesta. Alla fine del 1942 il Canada concesse segretamente agli Stati Uniti fino al 1946 lo sfruttamento del secondo giacimento di uranio del mondo, sul quale Londra ancora contava: quando Churchill se ne rese conto, nel marzo del 1943, accusò il Canada di avere pugnalato alle spalle la Gran Bretagna. Intanto l'équipe di Montreal fu praticamente costretta all'inattività per mancanza di materiale. All'inizio del 1943 i governi canadese e britannico ricevettero da Washington un memorandum ufficiale che precisava le condizioni per i futuri scambi di informazioni: la maggior parte dei campi di ricerca erano interdetti, tranne quelli in cui gli americani speravano ancora di ricevere informazioni. Si arrivò così alla rottura. L'insistenza dei britannici per riallacciare i rapporti ottenne un temporaneo successo con il già citato accordo segreto di Quebec del 9 agosto 1943 tra USA, Canada e Gran Bretagna, con il quale i britannici vennero reintrodotti nella fase finale del progetto della bomba (20 scienziati britannici vennero inseriti a Los Alamos), si ristabiliva il libero scambio di informazioni e si introduceva il diritto di veto per l'utilizzazione della bomba contro terzi e per la comunicazione di dati ad altri paesi. La ripresa della collaborazione non fu comunque fluida e fu segnata da vari intoppi, incidenti, rigidità, sui cui dettagli non ci soffermiamo. Con lo sbarco in Normandia nell'agosto 1944, la Francia veniva liberata, ma gli Stati Uniti ribadirono, secondo l'accordo di Quebec, l'assoluta chiusura verso i francesi in campo nucleare: questo creò alcuni inconvenienti, poiché ad esempio Halban e altri scienziati lavoravano nell'équipe britannica provenendo dal gruppo francese. Gli scienziati francesi nel gruppo di Montreal ruppero il segreto, comunicando a De Gaulle la realizzazione della bomba e la necessità 87
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Personalmente trovo orribile e inaccettabile questo acronimo, come tanti altri mutuati direttamente dall'inglese (come Aids), che in italiano non significano nulla (NATO, North Atlantic Treaty Organization): tutti i paesi di lingua latina — Francia, Spagna, Portogallo, America Latina — mostrano una minore dipendenza (per lo meno linguistica) dagli USA, e dicono correttamente OTAN (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord), e Sida (Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita). Anche la lingua ha la sua importanza e gli acronimi non dovrebbero occultare il loro significato.
rimento alle armi nucleari e al loro uso, anche se menzionavano plicitamente la possibilità dell'impiego della forza armata a scopo es difensivo. Tuttavia il Trattato fu integrato da una serie di accordi bilaterali vincolanti dei singoli Stati con gli USA, strettamente segreti e m ai s ottoposti né resi noti ai Parlamenti nazionali, che sono stati il vero cavallo di Troia con cui successivamente sono state introdotte le armi nucleari nei paesi europei (su questo ritorneremo). Sembra evidente che la stipula del Trattato NATO, con la funzione di sbarrare il passo all'Unione Sovietica e ai suoi alleati in Europa orientale, dovesse aprire una fase di maggiore apertura e collaborazione in campo nucleare con gli alleati Ma un incidente raffreddò ulteriormente i rapporti tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna: il 3 febbraio 1950 venne arrestato a Londra Klaus Fuchs, il quale riconobbe di essere stato comunista e di avere comunicato a Mosca nel 1942 le sue conoscenze in campo nucleare (Par. 1.4); a cui seguì negli USA l'arresto e la condanna a morte dei coniugi Rosenberg. Proprio in quel momento infatti si era scatenata negli USA la vera e propria «caccia a ll e streghe» del maccartismo, una persecuzione anticomunista assolutamente immotivata, che coinvolse Robert Oppenheimer (reo di avere messo in guardia dai rischi della bomba H, v. Par. 15) e l'ex segretario di stato Marshall (padre dell'omonimo piano), non risparmiando neppure i defunti presidenti Roosevelt (reo di avere ceduto mezza Europa a Stalin) e Truman (reo di avere perduto la Cina). Per molti anni il Congresso degli Stati Uniti divenne ancora più rigido sullo scambio di dati in campo nucleare con i britannici. Intanto la Gran Bretagna raggiungeva, in modo sostanzialmente autonomo, l'agognato status di potenza nucleare, facendo esplodere la prima bomba a fissione il 3 ottobre 1952 in Australia. L'esplosione della bomba H sovietica nell'agosto del 1953 dava però il colpo finale alla politica statunitense del segreto e apriva una nuova fase, che esamineremo nel Cap. 3. Nel vertice di dicembre tra Eisenhower (eletto Presidente nel 1952), Churchill e Lanier (presidente del consiglio francese) il primo si impegnava a rivedere il McMahon Act: finalmente la Gran Bretagna ottenne uno statuto preferenziale nel novero degli alleati. Si apriva anzi quel ruolo di ambiguo allineamento della Gran Bretagna con gli Stati Uniti, in posizione subordinata, sancito proprio dal riconoscimento da parte di Washington di un arsenale nucleare, ma con un'autonomia strategi-
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di riprendere al più presto la ricerca in Francia. Le polemiche riguardanti la Francia si prolungarono, ripercuotendosi sui rapporti tra Washington e Londra. Nel primo dopoguerra la collaborazione tra Washington e Londra in campo nucleare incontrò ulteriori difficoltà, poiché per gli Stati Uniti divenne più difficile conciliare le esigenze di politica interna con l'assistenza scientifica e industriale che i britannici chiedevano : esaminato nel Par. 1.3 l'evoluzione delle decisioni statunitensi e delle trattative internazionali, che chiusero le prospettive di un controllo internazionale sulle armi nucleari ed innescarono la Guerra Fredda e la corsa agli armamenti nucleari: il McMahon Act; del luglio 1946 prevedeva addirittúra la pena di morte per la comunicazione di dati a un paese straniero. Così, nel gennaio del 1947 la Gran Bretagna decise di procedere autonomamente allo sviluppo di atomiche. Nell'estate di quell'anno entrò in funzione il primo reattore nucleare militare britannico. Alla fine dell'anno si riaprì formalmente la collaborazione tra Washington e Londra in nove settori tecnici, ma nessuno di essi era legato a ll a realizzazione della bomba, che gli USA osteggiavano, anche per il timore di una possibile invasione sovietica della Gran Bretagna. Alla fine del 1948 i rapporti tra i due paesi in campo nucleare erano di nuovo in una situazione di stallo. Churchill non si fidava dell e promesse statunitensi di intervento in caso di aggressione, e ancora che lo status di grande potenza imponesse di no n . dipendere dalle armi di altri paesi: così all'inizio del 1949 Londra di espandere il proprio programma atomico. I129 agosto 1949 esplodeva la prima bomba sovietica. Meno di cinque mesi prima, il 4 aprile 1949, era stato stipulato il «Patto Atlantico», cioè il trattato della NATO2 , tra Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Portogallo. Gli articoli originari del Trattato non facevano alcun rife!
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I primi passi de ll a proliferazione
ca limitata e subalterna: che però in qualche modo bilanciava le ambizioni nazionaliste de ll a Francia (v. oltre). In un incontro nel 1962 con Eisenhower il primo ministro MacMi ll an vide definitivamente circoscritte e ridimensionate le ambizioni britanniche :
ulteriori polemiche tra Washington e Londra. Alla fine del 1944 venne negato a Joliot il visto per partecipare a un seminario negli USA sulla resistenza francese. Neppure la fine della guerra cambiò la politica nucleare americana nei confronti della Francia, e la chiusura totale a ogni forma di collaborazione durò vari anni. Anche la Francia si è dibattuta a lungo (e forse ancora oggi) tra il perseguimento di uno status di grande potenza e la necessità di cooperazione e aiuto. Nella prima metà degli anni '50 la posizione de ll a Francia in merito allo sviluppo di armi nucleari rimase sostanzialmente ambigua, in balia dei vari governi, la cooperazione con gli USA non decollò, e neppure quella che Parigi cercò di innescare con Londra. Le cose cominciarono a cambiare verso la metà degli anni '50, nell'ambito della nuova politica dell'«Atomo per la Pace» (Cap. 3). Washington aveva dovuto accantonare il progetto di dotare di armi nucleari la Repubblica Federale Tedesca, per cui la nuclearizzazione della Francia si rendeva necessaria per creare un deterrente verso il Patto di Varsavia (Par. 3.2). D'altra parte, la Francia maturò chiaramente la decisione di realizzare la bomba, soprattutto dopo la salita al governo del Gen. De Gau ll e, il 1° giugno del 1958. Un ulteriore motivo era che gli Stati Uniti avevano deciso che volevano dare l'arma nucleare a Israele, ma non potevano farlo direttamente, né potevano utilizzare la Gran Bretagna, anche per il ruolo che questa aveva avuto nell'istituzione dello stato di Israele: pensarono allora di farlo attraverso la Francia, prendendo i classici «due piccioni». Essi pilotarono così una collaborazione sinergica, quanto segreta, in cui, con un accordo di cooperazione, i fisici israeliani aiutarono la Francia a realizzare la bomba 3 (la force de frappe non fu affatto una creazione di De Gaulle, Washington fornì l'esplosivo nucleare: 440 kg di uranio fortemente arricchito nel 1959, anche se formalmente destinato a un prototipo di reattore per sommergibile),
WashingtovrebfaLndimslPorpeum mergibili, ma gli inglesi ne avrebbero fatto un uso giudizioso e conforme agli obiettivi strategici americani. Il declino della Gran Bretagna (e anche della Francia) come potenze mondiali era incomin ciato, ed emerse chiaramente nel goffo intervento dei due paesi nella crisi di Suez del 1956. La prima bomba H britannica esplose nel maggio del 1957 nel Pacifico: Londra era la terza potenza nucleare al più alto livello.
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2.2 — La bomba a Israele e alla Francia
Israele fu il primo paese, dopo Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, a muoversi concretamente per dotarsi di una forza nucleare. Già nel 1948, nei primi giorni della costituzione dello Stato di Israele, si manifestò l'intenzione di realizzare armi nucleari: il terzo Lord Rothschild, capostipite della dinastia di banchieri, fondò con il Presidente Chaim Weizmann uno speciale istituto di fisica, che prese il nome da quest'ultimo, il tuttora esistente Weizmann Institute. Tra fisici che avevano lavorato al «Progetto Manhattan» vi era stata un'altissima percentuale di ebrei, in maggioranza fuggiti dai paesi nazisti e fascisti: il neonato stato di Israele disponeva dunque di tutte le conoscenze necessarie a realizzare armi nucleari, ma non aveva le necessarie strutture industriali. La Gran Bretagna, che aveva partecipato al programma nucleare, era in qualche modo legittimata ad avere la bomba, ma nella delicata situazione internazionale di allora non poteva svolgere nessun commercio nucleare con Stati terzi. Qui rientrò nel gioco la Francia. Abbiamo visto l'assoluta chiusura nei confronti di Parigi durante e subito dopo la guerra. Gli Stati Uniti non accettarono nel programma nucleare nessuno dei venti scienziati francesi salvati dalla Francia occupata, e rifiutarono di fornire qualsiasi informazione all'équipe di Montreal, in cui lavoravano scienziati francesi. Nel 1944, e fino alla fine del 1945, i viaggi e i rientri in Francia degli scienziati francesi fuoriusciti vennero negati o ostacolati, e comunque strettamente sorvegliati, e furono motivo di 90
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Molte ricostruzioni, in questo e nel prossimo capitolo, de ll e operazioni di proliferazione nucleare condotte dalla Casa Bianca, spesso aggirando il controllo del Congresso degli Stati Uniti, sono tratte dall'interessantissimo saggio di Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires, Les Arénes, Paris 2002. Per la storia dei programmi nucleari militari di Israele dal 1948 a oggi si può vedere anche l'accurata ricostruzione dell'ufficiale dell'esercito statunitense Warner D. Farr, The third temple's holy of holes: Israel's nuclear weapons, The Counterproliferation Papers, USAF Counterproliferation Center, September 1999, http://www.fas.org/nuke/guide/israel/nuke /farr.htm. 3
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L'infanzia della proliferazione nucleare
e la Francia, con un accordo di reciprocità del 1956, dotò poi Israele: delle capacità necessarie a realizzarla a sua volta, usufruendo direttamente dei test nucleari francesi nel Sahara del 1960 (i parametri della bomba francese, di potenza stimata in 60-70 kilotoni, furono calco; lati dai fisici israeliani con un computer americano) 4 . Risulta davvero incredibile che fino a non molti anni fa (e ancora• oggi) si sia potuto parlare dell'arsenale israeliano come ipotetico,; quando la sua realizzazione era ben nota dalla fine degli anni '60: si è trattato di un vergognoso complotto internazionale, che purtroppo. ;' perdura tuttora! Un personaggio autorevole e insospettabile come; ; LeGult,aginodrezlaiontrzdel. Commissariat à l'Énergie Atomique francese, scrive nelle sue memo-
rie: «La Francia [...] (diede) nel più grande segreto il suo aiuto a Israel[.]p izoneaDmdugreatoi ricerca [...] e di un impianto di ritrattamento» 5 . Le ricognizioni aeree sovietiche rivelarono immediatamente gli enormi lavori al centro nucleare di Dimona; il 18 luglio 1960 ne parlò esplicitamente il' New York Times 6. Del resto, nel 1981 il Ministro degli Esteri iracheno, dopo il raid israeliano sulla centrale che i francesi costruivano a Tamouz, dichiarò davanti all'Assemblea dell'oNu: «Nel 1953 (Israele) concluse un accordo di cooperazione nucleare con la Francia [...]. Nel 1956 si decise di costruire un reattore ultra-segreto a; Dimona [...]. Nel 1964 il reattore entrò in funzione con [...] una produzione che poteva raggiungere tra 5 e 7 kg di plutonio all'anno [...]. Si deve notare che il reattore di Dimona è stato ottenuto dalla 7.
',
Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires, cit., p. 167. Le Guelte, Histoire de la Menace Nucléaire, Hachette, 1997, p. 40 (citato in D. Lorentz, Affaires Nucleaires, p. 153). Charles de Gaulle ha sempre fatto credere di avere interrotto ogni collaborazione nucleare con Israele quando giunse al governo, ma la Lorentz smaschera questa fandonia: egli non poteva farlo per la semplicissi ma ragione che il programma nucleare francese dipendeva da Israele. Alain Peyrefitte, autorevole ministro di De Gaulle, riporta un'esclamazione del Generale: «Israele ha la sua bomba; anche se non l'ha testata, la possiede; e siamo noi che gliela abbiamo fornita!», datandola al 1963, mentre l'autrice appura che deve essere stata posteriore (Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires, p. 150: l'impianto israeliano cominciò a produrre plutonio nel 1965). 6 D. Lorentz, op. cit., p. 175. 7 Ivi, p. 142-143. V. anche pp. 187-88: si osservi che Israele ordinò missili destinati a essere dotati di testata nucleare all'impresa francese Marcel Dassault. 4
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Dun que, si può concludere che fin dal 1960 Israele aveva sperientato la bomba a fissione, con la Francia. L'acquisizione da parte m di Israele della bomba H può venire fissato senza errore al 1968, quando avvennero i primi test termonucleari francesi 8 : per raggiungere questo risultato nessuno dei due paesi aveva firmato il Partial Test Ban Treaty del 1963, che metteva al bando i test nucleari nell'atm osfera (Par. 4.5), né il TNP nel 1970 (Cap. 4). Questo era solo l'inizio della fitta rete di losche manovre nucleari s viluppate dalla Casa Bianca nei decenni successivi, come discuteremo nel prossimo capitolo. Per quanto riguarda la politica francese, è opportuno sottolineare che la grandeur gollista è stata una grande mistificazione: Parigi non ha mai interrotto gli stretti rapporti di collaborazione con gli Stati Uniti. Questi si sono allentati in certi periodi (per esempio dopo il 1963), i progettisti delle bombe francesi cercarono di rendersi indipendenti sia dagli USA sia dalla Gran Bretagna, e questo rallentò lo sviluppo delle armi nucleari francesi 9: esso infatti richiese 210 test nucleari, contro i 45 della Gran Bretagna 10. Ma, a dispetto delle pretese francesi di indipendenza nucleare, sia pure con forti opposizioni iniziali, la Francia ha usufruito negli anni '70 e '80 di assistenza altamente segreta da parte degli USA", che ha compreso aiuti nello sviluppo di testate e sistemi missilistici avanzati, e del primo missile balistico a testate multiple lanciato da sommergibili (M4A). Nel 1985 un «Accordo per la Cooperazione sulla Sicurezza e la Protezione delle Attività Nucleari e delle Installazioni per Scopi di Difesa Mutua» ha autorizzato il trasferimento alla Francia di dati riservati statunitensi sulle armi nucleari, i materiali e le attrezzature «per migliorare la progettazione, lo sviluppo, o la capacità di fabbricazione di bombe atomiche della nazione beneficiaria per ottimizzare la sicurezza e la protezione delle attività o installazioni nucleari del beneficiario» 12 . Ritorneremo sui legami e la collaborazione tra gli Stati Uniti e la Francia. Ivi, p. 203. V. ad esempio Tariq Rauf, «France ends nuclear tests», INESAP Information Bulletin, n. 8 (febbraio 1996), p. 7. 10 Per un'analisi dettagliata dei test nucleari di tutti i paesi abbiamo già segnalato: John May, Il Libro Greenpeace sull'Era Nucleare, Frassinelli, Milano 1991. 11 Ibidem e D. Lorentz, Affaires Nucleaires, cit. 2 Da Tariq Rauf, cit. 8 9
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2.3 — La lunga marcia della Cina alla bomba
1955 la Cina sanciva la volontà di intraprendere uno sforzo immediato per realizzare la bomba, anche se perdurò una fondamentale ambiguità sulle reali intenzioni tanto dei dirigenti cinesi, come di Mosca, il cui aiuto sembrava ancora orientato all'uso pacifico dell'eergia nucleare. Dopo le vicende dell'Ungheria del 1956 il peso della n Cina nel blocco comunista aumentò, e Chruscèv fu costretto ad accelerare l'assistenza al programma nucleare cinese, pur continuando a nutrire riserve sull'aspetto militare. Il 1958 fu l'anno in cui si avviò una svolta, che portò i dirigenti cinesi a promuovere un programma autonomo per dotarsi di armi nucleari. La tensione con Washington a proposito di Taiwan giunse al culmine: sembra che Pechino abbia chiesto esplicitamente a Mosca la fornitura di testate nucleari 13 , incontrando il rifiuto di Chruscèv a fornire copertura militare a qualsiasi operazione offensiva che potesse sfociare in un conflitto con gli USA. Maturava così la crisi tra le due potenze comuniste (per Mao la «coesistenza pacifica», considerata da Chruscèv la sola alternativa all'olocausto nucleare, nascondeva invece un accordo di vertice tra Mosca e Washington contro i popoli del Terzo Mondo), che precipitò nel 1959, e di cui la questione nucleare fu, al di là dei motivi dichiarati, un fattore sostanziale. La posizione di Mosca nei negoziati in corso a Ginevra per la moratoria dei test nucleari (che sfociò nel citato PTBT del 1963, v. Par. 4.5) tradiva la volontà dei dirigenti sovietici di conservare il duopolio nucleare con gli USA. Sempre nel 1959 l'URSS prese apertamente le parti dell'India nella disputa di confine con la Cina. Alla fine dell'anno iniziò il ritiro degli specialisti sovietici impegnati in vari progetti industriali e mi li tari in Cina, che venne completato nell'estate del 1960. Pechino reagì a ll a firma del PTBT proponendo la totale eliminazione di tutte le armi nucleari. Ma intanto aveva intensificato gli sforzi autonomi per realizzare la bomba, che sperimentò appunto il 16 ottobre 1964 con un'esplosione di 20 kt nella regione desertica del Xinjiang. La prima bomba H cinese venne esplosa dopo neppure tre anni, il 14 giugno 1967. Da allora Pechino ha eseguito un totale di quasi 40 test nucleari. La complessa situazione che abbiamo delineato spiega il fatto che la Cina non firmò il Trattato di Non-Proliferazione nel 1970.
La Cina fu l'ultima arrivata tra le potenze nucleari «classiche» y poichéeslarmbi16otedl94.Sucsivamente, fino agli anni '90, vi sono stati il test isolato indiano del 1974; e la fabbricazione di alcune bombe nucleari del Sudafrica (con la .. diretta collaborazione de ll a Germania e di altri paesi) tra la fine degli anni '70 e il 1989, quando il governo di Nelson Mandela decise di eliminarle. Il cammino della Cina per dotarsi di una capacità nucleare è stato; tortuoso, condizionato da una politica estera molto complessa, dalla ` ' fase più tesa della Guerra Fredda, da gravi crisi con gli Stati Uniti, e crescenti tensioni con l'Unione Sovietica, nelle quali il proble ma dell'armamento nucleare giocò un ruolo tutt'altro che seconda rio. Non entreremo qui in grandi dettagli su questi aspetti. Fino dal 1946 il Partito Comunista Cinese aveva incaricato il fisico Quian Sanquiang di perseguire la realizzazione della bomba (rimase famosa l'affermazione del Presidente Mao che «la bomba .: atomica è una tigre di carta che gli imperialisti usano per spaventare il popolo, ma che non può impedire l'avanzata delle forze della :` pace»). Con il trattato di alleanza del 1950 (che risolveva il contee- f zioso sulla Mongo li a e la Manciuria) Mosca, anche se aveva esploso la prima bomba pochi mesi prima, garantiva a Pechino la protezione .3 dell'ombrello nucleare sovietico. Gli Stati Uniti, consapevoli delle tensioni tra i due paesi, speravano di potere fare della Cina un altro caso simile all a Jugoslavia. Ma l'inizio de ll a guerra di Corea (25 giu- `• 3 gno 1950) e l'intervento in ottobre dei «volontari» dell'Esercito Popolare Cinese cambiò la situazione. Non si dimentichi che il generale Mc Arthur chiese a Truman l'autorizzazione a usare la bomba, atomica in Corea: anche se Truman fortunatamente rifiutò, questo episodio rafforzò gli sforzi cinesi per una rapida modernizzazione militare. Non vi è dubbio che Mosca svolse un ruolo decisivo nelle prime fasi del programma nucleare cinese. È opportuno registrare anche il fatto che nel 1951 Joliot suggeriva ai cinesi che per opporsi efficacemente a ll a bomba dovevano possederne una. La grave crisi del 1954-55 tra Pechino e Washington per la questione di Taiwan/Formosa ripropose la neppure velata minaccia statunitense di ricorrere alle bombe nucleari, sollevando dubbi sull'effettiva garanzia atomica di Mosca verso la Repubblica Popolare. Nel 94
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The New York Times, 14 settembre 1963. 95
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2.4 — La deterrenza nucleare negli anni Cinquanta, l'atmosfera laboratorio nucleare
Prima dell'esplosione de ll a prima bomba sovietica nell'estate 1949 non era stata elaborata una vera strategia nucleare e queste armi c ostituivano un elemento di condizionamento politico (del resto, il loro uso aveva avuto una funzione anti-sovietica) e di propaganda nella Guerra Fredda (che si avvaleva di nuovi strumenti, come la radio e il cinema, a cui si aggiunse nel 1946 la televisione, che nel 1951 raggiungeva già un terzo delle famiglie statunitensi). Nel 1949 i toni ca mbiarono, e la minaccia nucleare sovietica divenne un ulteriore argomento di propaganda interna, dato che l'URSS non possedeva ancora bombardieri strategici capaci di compiere il lunghissimo tragitto di andata e ritorno (questo divenne possibile solo nel 1955), sfuggendo per di più ai radar. La deterrenza degli Stati Uniti si basava invece alla fine della guerra sui bombardieri strategici B 29, le cosiddette «fortezze volanti», capaci di volare 6.000 km, che erano state utilizzate su Hiroshima e Nagasaki' 4 L'energia nucleare incominciò ben presto a essere applicata anche per altri usi, che però furono all'inizio puramente militari: il primo fu l'applicazione dei reattori nucleari a ll a propulsione marina (Scheda
Gli arsenali nucleari delle grandi potenze erano destinati a trasformarsi radicalmente, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo, cioè per l'evoluzione e il perfezionamento delle testate, per l'evoluzione delle strategie nucleari, e soprattutto per l'evoluzione dei vettori: per intenderci in due parole, si passò dai bombardieri strategici ai missili balistici intercontinentali. Nel 1953, quando Eisenhower assunse la presidenza, gli Stati Uniti avevano un migliaio di testate nucleari, l'Unione Sovietica una cinquantina (solo alla metà degli anni '70 la consistenza dell'arsenale nucleare sovietico pareggiò quello degli USA, con quasi 30.000 testate per parte: ma allora l'arsenale americano era leggermente disceso al massimo di circa 33.000 testate del 1965 e si mantenne più o meno stazionario fino ai primi anni '90, mentre quello sovietico continuò ad aumentare, raggiungendo un massimo di quasi 45.000 testate alla fine degli anni '80: v. Fig. 2.1).
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5.1). Rimane da sottolineare un punto molto importante della prima
• testate tot. USA testate tot. URSS -Csi 45.000
30.000
fase della proliferazione nucleare: per quasi due decenni il «laboratorio» in cui sono stati eseguiti centinaia di test è stato l'immondezzaio nel quale l'umanità è sempre stata abituata a buttare tutte le schifezze che produce: l'atmosfera terrestre. Vi ritorneremo nel Par.
25.000
3.6.
testate nucleari
40.000 35.000
20.000 15.000
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10.000 5.000 0 M
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Fig. 2.1—Andamento quantitativo degli arsenali nucleari strategici degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica-Russia. La figura, tratta da un Rapporto dell'Archivio Disarmo basato su dati del Bulletin of Atomic Scientists, comprende le armi sia strategiche sia tattiche e per gli ultimi 4 anni conta anche le testate in attesa di essere smantellate. 96
Istituzionalizzazione della fisica del nucleo come disciplina scientifica e sue filiazioni —
Intanto avvenivano alcuni sviluppi molto importanti sul piano della ricerca scientifica. In un certo senso si trattava di sviluppi «naturali», di istituzionalizzazione della nuova disciplina dopo la fase bellica: ma la scienza non è mai indagine pura e disinteressata della 14 Per l ' evoluzione degli arsenali e dei vettori rimandiamo ad esempio al recente saggi o già citato di Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare, Fazi Editore, Roma 2003,
soprattutto il Cap. 2. 97
L'infanzia della proliferazione nucleare
natura, e anche questi sviluppi avvennero con connotati e implicazioni ben precisi. Gli scienziati che avevano realizzato la bomba nel . c più ferreo segreto, sentendosi spesso a disagio sotto il controllo dei militari, ritornarono alle rispettive università, per riprendere un'atti vità di ricerca scientifica almeno formalmente libera. Abbiamo accennato nel precedente capitolo ai termini del dibattito e de lle di. scussioni negli Stati Uniti sull'assetto di questo settore: sotto controllo militare oppure libero, coperto da segreto oppure sotto un controllo internazionale, ecc. Senza entrare in ulteriori dettagli, ci ..., basta qui ricordare che questo processo condusse negli USA a una «ibrida», in cui vi è: —un settore strettamente controllato dal Governo e dal Pentagono, specificamente dedicato allo sviluppo della armi nucleari e coperto dal più stretto segreto, incentrato soprattutto in tre grandi laboratori militari: il Los Alamos National Laboratory (LANL) costituitosi durante la guerra, il Lawrence Livermore National Laboratory' e il Sandia National Laboratory (v. Scheda 2.1), (LN) —affiancato da un settore di ricerca fondamentale, sostanzialmente libero, svolto in Università e centri di ricerca, e di parallela ricerca applicata (forse meno libero, almeno per quanto riguarda i brevetti),.: —e da un settore industriale dedicato ai reattori nucleari di potenza e a tante altre applicazioni nucleari in campo sanitario, ospedaliero, agricolo e industriale (la cui nascita analizzeremo nel prossimo ma direttamente coinvolto anche nelle ricerche mi litari (il complesso militare-industriale).
Il Pentagono si era basato pesantemente sulla comunità scientifica per realizzare gli armamenti nucleari: dopo la fine della guerra questo rapporto doveva necessariamente cambiare, ma era necessario non perdere il prezioso contributo degli scienziati. Questo rapporto doveva trasformarsi, e diventare più mediato, articolato e creativo. Da un lato nascevano i grandi laboratori di ricerca militare, e dall'altra vi furono altre iniziative per servirsi di consiglieri scientifici o per utilizzare la creatività degli scienziati, conservando in qualche modo il loro rapporto di complicità, diretta o indiretta. Si avviò un processo di istituzionalizzazione e ramificazione del comparto d i . ricerca e di attività nucleari che presentò forti implicazioni con il problema della proliferazione. Vi furono profondi cambiamenti rispetto? alla ricerca scientifica dell'epoca precedente alla guerra, sul piano sia organizzativo-strutturale sia metodologico: molti di essi furono in98
I primi passi della proliferazione
dotti proprio dal salto di qualità e di quantità impresso alla ricerca s cientifica durante la guerra. Alla fine della guerra la Fisica del Nucleo era uscita dalla fase iniziale e aveva ormai acquistato basi solide, anche se esse risentivano pesantemente degli indirizzi applicativi e pratici ai quali era stata letteralmente (ma volontariamente) asservita. Abbiamo visto nel Par. 1.1 che fin da lle sue origini l'interesse per le proprietà del nucleo dell'atomo era stato motivato da lle prospettive di potere sfruttare l'enorme energia immagazzinata al suo interno: anche se questo non implicava necessariamente che tale energia venisse indirizzata a uno scopo così distruttivo. Lawrence aveva indirizzato lo sviluppo della disciplina verso la costruzione di macchine acceleratrici di energia sempre più grande, anche se le scoperte fisiche più interessanti erano avvenute in realtà secondo una logica diversa, in cui la macchina era il mezzo e non il fine: eppure la logica seguita da Lawrence (il quale fu tra i protagonisti del «Progetto Manhattan» e uno dei padri fondatori dei laboratori militari dopo la guerra) era destinata a prevalere negli sviluppi successivi 15 . La scoperta della fissione nucleare e della reazione a catena nell'uranio e nel plutonio aveva successivamente polarizzato tutto l'interesse: si era realizzato (a prescindere dall e applicazioni) un enorme progresso nella comprensione di questi processi e delle proprietà dei nuclei in essi coinvolte, ma a questo non corrispondeva un progresso minimamente paragonabile per tutte le altre proprietà dei nuclei e dei processi atomici. Allo stesso tempo, però, la mole di lavoro svolta in questo studio del nucleo e nelle sue applicazioni rendeva in un certo senso questa nuova branca più scontata, meno attrattiva e stimolante rispetto ad altre prospettive nuove di ricerca in fisica che si andavano aprendo e sulle quali non gravavano particolari condizionamenti. Da un lato, infatti, il nucleo è composto di particelle più piccole (protoni e neutroni), dotate di specifiche proprietà fisiche; dall'altro, fin dai tempi della scoperta del neutrone (1932) si erano scoperte o ipotizzate anche altre particelle (elettrone positivo, o positrone, il capostipite di una serie di particelle che costituiscono l' antimateria; neutrini: v. l'Appendice 1.1) e altre ne vennero scoperte negli anni seguenti
15 Abbiamo visto che Merle Tuve sostenne un progetto di struttura e metodologia de ll a ricerca scientifica che risultò perdente (Par. 1.1).
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(mesoni 16 , ecc.). Non solo esse ponevano problemi di interpretazione de ll a struttura della materia che apparivano più fondamentali della fisica del nucleo (le cui proprietà devono discendere appunto da quelle delle particelle che lo compongono), ma offrivano altri van-. taggi e attrattive come linee di ricerca. Mentre infatti la fisica del nucleo, con le applicazioni belliche e le dimensioni e gli investimenti giganteschi che aveva richiesto (tanto da coniare il nome di Big Science, «grande scienza») era praticamente monopolizzata dalle potenze nucleari militari (e in gran parte coperta da segreto), le nuove ricerche erano ancora largamente accessibili a paesi minori, dotati di risorse economiche, materiali e umane più limitate: tanto che proprio subito dopo la guerra venne eseguito nell'Italia semidistrutta, con mezzi modestissimi, un esperimento sui raggi cosmici che costituì una pietra miliare in tutto lo sviluppo successivo di questa branca' 7; altre ricerche fondamentali vennero eseguite, anche se con impostazione diversa, nel Giappone sconfitto. La Big Science, che aveva avuto i suoi prodromi già nella mania di Lawrence di costruire macchine acceleratrici di energia e dimensioni sempre più grandi, non si • era ancora definitivamente imposta nella fisica, e la maggior parte dei settori si basava ancora su piccoli gruppi di ricerca dotati di mezzi modesti: le scoperte più interessanti venivano fatte ancora (anche se
non per molto) studiando i raggi cosmicü 8 , e solo gradualmente ven-
nero soppiantate, come vedremo, da esperimenti eseguiti con grandi a cceleratori di particelle in grandi centri di ricerca. Vi erano insomma nuovi problemi fisici molto attraenti, sui quali per di più non vi era un monopolio assoluto de ll e grandi potenze vincitrici della guerra, né l'ipoteca diretta dei militari, ma erano possibili contributi e sviluppi fondamentali da parte di paesi sconfitti, relativamente piccoli e marginali. Non si trattava solo de ll a fisica de ll e particelle elementari e dei raggi cosmici, ma dell'elettronica, dell'ottica, ecc.: branche in parte collegate tra loro e non prive di implicazioni importanti sia industriali sia militari, anche se meno dirette e immediate. Questa situazione poneva per l'establishment degli Stati Uniti un problema duplice: la prospettiva allettante de ll a possibile utilizzazione di un potenziale scientifico quantitativamente marginale (ma non sempre: si pensi all'insieme dei paesi europei), ma qualitativamente non indifferente, garantendosi però un controllo su questi sviluppi, e soprattutto sulle possibili implicazioni mi li tari. Ben presto si avviarono anche le ricerche volte a realizzare la fusione nucleare controlla',(dopo la sua applicazione incontrollata nella bomba H) che, come vedremo meglio nel Par. 3.8, assunse anch'essa lo statuto di ricerca di tipo fondamentale e libera a livello internazionale (nel Cap. 9 vedremo quali fossero e siano le implicazioni militari). L'insieme di questi fattori — la polarizzazione delle ricerche in fisica nucleare, i promettenti progressi in altre branche più o meno collegate e apparentemente più fondamentali, o prive di implicazioni mili tari immediate o dirette, la possibilità di contributi importanti con mezzi modesti e in paesi marginali — andò delineando in questi settori nuovi di ricerca un quadro, che si sarebbe ulteriormente precisato con le scelte che vennero fatte negli anni seguenti, e che avrebbe stabilito uno statuto internazionale di questi settori di ricerca che oggi costituisce un elemento tutt'altro che indifferente anche per i
16 Particelle di massa intermedia tra l'elettrone e il protone: ne esistono vari tipi (v. nota seguente). 17 L'esistenza del mesone era stata in qualche modo predetta dal fisico giapponese Yukawa nel 1936, come la particella che «media» l'interazione nucleare: due nucleoni interagiscono scambiandosi un mesone, in modo analogo all'interpretazione dell'interazione elettromagnetica attraverso lo scambio di uno o più fotoni (quanti del campo elettromagnetico) tra due particelle elettricamente cariche. Le caratteristiche dell'interazione nucleare consentivano di valutare la massa del meso- ,í ne. Nel 1937 Anderson e altri scoprirono effettivamente nei raggi cosmici (v. nota ' successiva) una particella di massa paragonabile a quella predetta da Yukawa. Ma nel 1947 tre giovani fisici italiani, Conversi, Pancini e Piccioni, a Roma, eseguirono un esperimento fondamentale, nel quale mostrarono che il mesone scoperto da Anderson presentava un'interazione troppo debole per potere essere identificato >. con il mesone responsabile dell'interazione nucleare: il mesone scoperto nei raggi cosmici è stato allora chiamato muone. Nello stesso anno l'enigma cominciò a chiarirsi quando Powe ll e Occhialini (altro fisico italiano, fuoriuscito nel ventennio fascista) scoprirono sempre nei raggi cosmici una nuova particella, di massa simile a quella del muone, ma dotata di interazione forte: essa venne chiamata mesone-7t ; (o pione). La situazione si complicò poi nuovamente con la scoperta successiva di altri tipi di mesoni.
18 Si indica con questo nome la radiazione di alta energia che giunge sulla Terra dallo spazio cosmico. Fuori dall'atmosfera essa è composta prevalentemente da protoni ed elio ionizzato. Interagendo con l'atmosfera essa genera una quantità di altre particelle e radiazione (neutroni, mesoni, muoni, elettroni, raggi gamma): costituisce quindi una sorgente di particelle nuove da studiare, disponibile prima della realizzazion e degli acceleratori di particelle cariche.
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problemi della proliferazione nucleare, e più in generale delle ricerche e degli sviluppi militari. Ritorneremo su questi sviluppi alla fine del prossimo capitolo.
Ma vi sono molte altre strutture di supporto a ll e attività nucleari militari, c ompresi i reattori nava li e materiali nucleari e non nucleari, tra le quali (in ordine alfabetico): Ames Laboratory (Ames, Iowa, 1947; appalto Iowa State University): ricerca fondamentale sui materiali nucleari e le scorie radioattive. Bettis Atomic Power Laboratory (West Mifflin, Pennsylvania, 1948; a p palto Bechtel) 2° : reattori nucleari nava li. Brookhaven National Laboratory (BNL: Long Island, New York, 1947; a ppalto Brookhaven Science Association, Bechtel, Duke Engineering and Services): ricerche sulle armi nucleari, la produzione di materiale nucleare, la sicurezza, le scorie e i controlli. Ha ospitato anche uno dei primi grandi acceleratori di particelle, uno dei primi sincrociclotroni, che diedero l'avvio alla fi sica delle alte energie (l'ispiratore fu il fisico Rabi, di cui vedremo il ruolo attivo nei Parr. 3.4 e 3.8). Holston Army Ammunition Plant (Kingsport, Tennessee, 1961; operato da U.s. Army e BAE Systems): lenti esplosive per le testate nucleari.
Scheda 2.1 Laboratori e strutture di ricerca e produzione di armi nucleari negli USA
Tutte le fasi di ricerca, sviluppo, produzione e sperimentazione delle';' armi nucleari, in tutte le loro parti (nucleari e non nucleari) negli USA coinvolgono un gran numero di strutture, legate ad università e alle grandi imprese private. Discutiamo molto brevemente i principali laboratori coin volti in queste attività 19 , alcune delle quali verranno riprese nei capitoli suc cessivi. Bisognerebbe ricordare anche il deposito per scorie radioattive in costruzione a Yucca Mountain. I tre grandi laboratori nazionali militari sono i seguenti: Los Alamos National Laboratory (LANL). Fondato nel 1942 a Los' Alamos, nel New Mexico. Appaltatore: Università di California. Conduce ricerca, sviluppo e sperimentazione associati con tutte le fasi del ciclo di vita della armi nucleari. Fabbrica i pits (nuclei) di plutonio delle testate. Ha: impianti di produzione di plutonio e trizio. Fino al 1984 assemblava le testa te, ma poi questa attività è stata trasferita nel sito dei test del Nevada (v ` oltre) per alcuni inconvenienti di sicurezza. Sandia National Laboratories (SNL). Fondato nel 1945 ad Albuquerque (New Mexico) e nel 1956 a Livermore (California). Appaltato prima al l'Università di California, ora alla Sandia Corporation, sussidiaria della.: Lokheed Martin. E responsabile della ricerca e lo sviluppo dei componenti`' non nucleari delle testate nucleari, sviluppa sistemi di trasporto e immagazzinamento delle testate, controlla la loro affidabilità, prepara personale mill-. tare. Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL). Fondato nel 1952 a. Livermore, Ca lifornia (Par. 3.2). Appaltato all'Università di Ca lifornia. Si` occupa di tutte le fasi del ciclo di vita de lle armi nucleari, di non-prolifera-: zione, controllo degli armamenti e tecnologie di verifica dei trattati. Dispone di molte strutture importanti, tra cui la separazione isotopica pera mezzo di laser, fusione nucleare controllata per confinamento inerziale e ha '. in costruzione la National Ignition Facility (v. Parr. 7.1 e 9.2). 19 Si può vedere ad esempio Stephen I. Schwartz, us. nuclear weapons research, development, testing and production, and naval nuclear propulsion facilities, The
Brookings Institution (www.brook.edu/fp/projects/nucwcost/sites.htm). 102
Idaho National Engineering and Environmental Laboratory
(INEEL,
Idaho, 1949; appalto Bechtel, Università di Chicago, ecc): tra le altre cose, fabbrica le armi ad uranio depleto (Par. 6.7), si occupa dei reattori navali, fabbrica carri armati, ecc.. Kansas City Plant (Missouri, 1949; appalto Honeywell): componenti non nucleari di vario tipo de lle testate nucleari. Knoll Atomic Power Laboratory (KAPL, Niskayuna, New York e Windsor, Connecticut, 1947; appalto KAPL Inc., sussidiaria de lla Lockheed Martin): prototipi di reattori nucleari navali. Nevada Test Site (NTS, 65 miglia da Las Vegas; appalto Bechtel, Lockheed Martin, ecc.): è il sito dei test nucleari (Par. 8.2), il primo test venne effettuato nel 1951; vi si svolgono varie attività nucleari, e dal 2002 vi è stata trasferita l'attività di assemblaggio delle testate da Los Alamos. Nuclear Fuel Services, Inc. (Erwin, Tennessee): costruito nel 1957, si è poi occupato di reattori navali (in particolare quelli della portaerei Nimitz). Oak Ridge Reservation (om , Oak Ridge, Tennessee, 1942; appalto Bechtel e altre imprese e università): produsse originariamente l'uranio arricchito e il deuterato di litio per le testate nucleari, produce componenti dell e testate (in collaborazione con il Nevada Test Site), materiale per i reattori navali, ed immagazzina l'uranio altamente arricchito dallo smantellamento delle testate nucleari (Scheda 7.1). Pantex Plant (Texas, 1942): si occupa di testate nucleari dal 1950, del
Si può ricordare che è la multinazionale a cui era stata affidata la gestione delle acque in Bolivia e che fu sconfitta dalle proteste popolari del 2002 a Cochabamba.
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L'infanzia della proliferazione nucleare controllo e rinnovamento degli arsenali nucleari, dello smantellamento delle • testate ritirate, ecc. Savannah River Site (sRs, Sud Carolina, operativo nel 1956; appalto Westinghouse, Bechtel, ecc.): ha prodotto plutonio militare, impianti per il trizio, impianti di separazione. Waste Isolation Pilot Plant (wIPP, New Mexico, 1981; appalto Westing» ecc.): scorie da ll a fabbricazione de ll e armi nucleari.
Parte seconda LA PROLIFERAZIONE DIVENTA ADULTA: L'«ATOMO PER LA PACE» E IL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE
Capitolo terzo IL LANCIO DELLA PROLIFERAZIONE NUCLEARE: L'«ATOMO PER LA PACE»
I primi dieci anni dell'era nucleare avevano visto il decollo della proliferazione verticale e orizzontale secondo piani sostanzialmente sviluppati dalle due super-potenze, ma lungo linee che potremmo definire contingenti, in base all'inasprirsi de ll a contrapposizione tra i blocchi e delle relazioni tra le maggiori potenze. L'Unione Sovietica puntò allo sviluppo di un proprio arsenale da contrapporre validamente al blocco avversario e aiutò materialmente la Cina in una prima fase a realizzare la bomba a fissione. Gli Stati Uniti quando videro rotto il proprio monopolio nucleare si adoperarono per dotare di armi nucleari paesi chiave come Israele e la Francia (un'unica operazione sinergica, come abbiamo visto): la nuclearizzazione de ll a Francia doveva costituire una difesa dell'Europa occidentale contro la pretesa superiorità convenzionale del Blocco di Varsavia, e doveva coprire anche, secondo i loro progetti, la dotazione di un deterrente nucleare diretto alla Germania Federale, che poi non fu realizzato materialmente (vedremo meglio il significato di questo termine). Nel Cap. I abbiamo seguito l'evolversi della politica statunitense in campo nucleare negli anni dell'immediato dopoguerra, quando essa imboccò la strada del più stretto segreto, per mantenere il monopolio nucleare.
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Il lancio della proliferazione nucleare
3.1 — La svolta degli anni '50
Verso la metà degli anni '50 però il processo venne basato su meccanismi specifici, si trasformò in una vera operazione politica programmata. Questo salto di qualità presenta alcuni aspetti almeno a prima vista paradossali, che vale la pena segnalare prima di entrare nel merito. In primo luogo, esso avvenne con il lancio, a opera ancora una volta degli Stati Uniti, di una campagna internazionale il cui nome sembrava avere una valenza esattamente opposta: la campagna dell'«Atomo per la Pace», lanciata dal Presidente Eisenhower nel 1953 e promossa attivamente a partire dalla omonima Conferenza di Ginevra del 1955. Ma in fondo perché meravigliarsi? Oggi gli Stati Uniti non continuano a giustificare la loro corsa sfrenata al riarmo come strumento per garantire la pace e portare la (loro) democrazia in tutto il mondo? Formalmente quella campagna consisteva in un'operazione di democrazia, di progresso e di pace: commercializzare e diffondere per il mondo i reattori nucleari per un uso «civile», cioè per la produzione di energia elettrica. Si configurava quindi come un'operazione molto concreta, ma aveva al tempo stesso un forte connotato ideologico, ossia di eliminare (almeno nella forma) l'oscura valenza di morte che gravava sull'energia nucleare, riabilitarla e nobilitarla, facendola uscire (per determinati aspetti) dall'ambito di segreto, mistero e riservatezza che l'aveva caratterizzata (ma che evidentemente non aveva garantito il monopolio statunitense), e facendola rientrare tra le comuni tecnologie «civili»: anzi trasformarla in una tecnologia «avanzata» (parola che nell'era post-bellica assumeva un significato magico e un potere taumaturgico), dotata della capacità di fare uscire i paesi poveri dal sottosviluppo. Però... Vi era un però: ossia l'ambiguità di fondo dovuta al fatto che in generale l'accesso alla tecnologia nucleare può condurre alla tecnica di arricchimento dell'uranio, che ha ovvie implicazioni militari; e in secondo luogo che in qualsiasi reattore nucleare, in cui avviene la fissione controllata dell'uranio 235 (U 235), i neutroni prodotti quando colpiscono l'isotopo 238 (U-238) generano plutonio, che costituisce l'«esplosivo» nucleare ideale (gli aspetti tecnici sono trattati nell'Appendice l.1.n, o). Per sottolineare questa ambivalenza de lla tecnologia nucleare oggi sarebbe più opportuno parlare, anziché di tecnologia «civile», di tecnologia «duale» (dual-use technology). Naturalmente il
passaggio dall'una all'altra tecnologia non è banale, ma è un fatto assodato che tutte le potenze che si sono dotate di armi nucleari sono passate attraverso la costruzione di reattori nucleari, e che molti dei paesi (se non tutti) che hanno avviato programmi nucleari «civili» erano in realtà animati dall'intenzione, o dall'illusione, di realizzare la bomba atomica: basti pensare che molti di questi paesi erano ricchi di petrolio o di risorse energetiche ed erano quindi tra quelli che meno necessitavano l'energia nucleare. Il primo passo per realizzare armi nucleari consiste nel dotarsi o della tecnologia dell'arricchimento dell'uranio, oppure di quella del ritrattamento del combustibile esaurito de lle centrali nucleari, per estrarre appunto da esso il plutonio accumulato. I problemi geopolitici che oggi sono in cima alle cronache (Iraq, Iran, Corea del Nord) hanno avuto la loro origine in questo dual-use della tecnologia nucleare, e gli Stati Uniti, malgrado il loro accanimento attuale, ne sono stati i responsabili diretti, come vedremo meglio nel corso di questo capitolo. L'elenco dei paesi che hanno sviluppato programmi nucleari con fini militari è lungo: si va dall'Argentina, al Brasile, alla Svizzera, al Sudafrica (che ne costruì un certo numero, con la diretta partecipazione di altri paesi come la Germania). È noto che l'Iraq e la Libia cercarono di dotarsi del processo di arricchimento dell'uranio per centrifugazione (un processo che oggi risulta molto più semplice ed economico di quello originario della diffusione gassosa). Per raggiungere lo stato nucleare con i clamorosi test del 1998, l'India ha sviluppato la tecnologia del ritrattamento del combustibile e si è dotata di plutonio, mentre il Pakistan ha sviluppato (con spionaggi ed aiuti internazionali, che hanno destato giustamente scandalo, ma come vedremo non costituiscono certo l'eccezione nella storia della proliferazione) la tecnologia dell'arricchimento dell'uranio per centrifugazione: le bombe indiane e pachistane erano quindi diverse tra loro (successivamente il Pakistan si è dotato di certi quantitativi di plutonio: vedremo più avanti che entrambi i paesi hanno sviluppato anche altre tecnologie per realizzare testate nucleari avanzate e compatte, e quindi lanciabili dai sistemi missilistici che hanno messo a punto). L'altra contraddizione, almeno apparente, del programma dell'«Atomo per la Pace» è che, se pure con il lancio di questa campagna la prospettiva di realizzare armi nucleari diveniva una sorta di «esca» per attirare politicamente ed economicamente un paese all'or-
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bita di influenza di uno dei blocchi, per fortuna solo in pochi casi (non per questo meno significativi, soprattutto quello di Israele) condusse effettivamente a una proliferazione nucleare orizzontale. Dopo la «proliferazione originaria» dagli USA all'URSS, e poi alla Gran Bretagna, a ll a Francia, a Israele e alla Cina, solo il Sudafrica, e poi l'India e il Pakistan sembrano avere concretamente realizzato armi nucleari (il Sudafrica è il solo paese ad avere poi completamente smantellato il suo arsenale nucleare, con il governo di Mandela). Facciamo però subito una precisazione, la cui importanza apparirà chiara in seguito: evidenziando la parola «concretamente realizzato» intendiamo sottolineare che i paesi che con l'acquisizione della tecnologia nucleare e di
fine del monopolio nucleare statunitense, cioè un'iniziativa presa nell'ottobre del 1949 da Ernest Lawrence (il padre del ciclotrone, Par. 1.1, e uno dei protagonisti del «Progetto Manhattan») ed Edward Teller (il padre de ll a bomba H, Par. 1.6) per promuovere l'istituzione di un secondo laboratorio nazionale, dopo il Los Alamos National Laboratory (LANL), dedicato alle armi nucleari. E progetto fu approvato dall'AEC nel 1951 e il laboratorio fu inaugurato nel settembre del 1952 a Livermore, in Ca lifornia, nel sito di una precedente stazione aero navale, ed è chiamato il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL, Scheda 2.1). All'atto della sua fondazione il laboratorio si organizzò in quattro sezioni dedicate alla progettazione di testate termonucleari, all'esame dei test nucleari (insieme a Los Alamos), al progetto della fusione nucleare controllata magnetica e a un programma di fisica di base (è il caso di sottolineare questo legame con la ricerca fondamentale, sul quale torneremo più volte, e l'impegno sulla fusione nucleare, tanto controllata che nelle bombe, Par. 3.8). Con il 1950 si apriva una nuova fase della Guerra Fredda, che passava dalla propaganda politica e da ll a demonizzazione e persecuzione dell'«avversario» a veri scontri militari indiretti tra i due blocchi, in cui aumentava la minaccia atomica, vera o presunta. La svolta era stata anticipata dal «blocco di Berlino» (1948-49). Nel 1949 si era costituita l'Alleanza Atlantica. Ma la Guerra Fredda si trasferì soprattutto in Asia. Nel 1950 scoppiava la guerra di Corea e la minaccia di un conflitto nucleare per la prima volta fu molto concreta: fortunatamente non si attuarono le pressioni dell'esaltato generale McArthur (poi rimosso) e svariati progetti del Pentagono che prevedevano l'uso di una ventina di testate nucleari, forse perché bastò l'impiego massiccio del napalm, un nuovo terribile e inumano esplosivo che al momento dell'armistizio del 1953 aveva mietuto più di un milione di vittime e raso praticamente al suolo tutte le città del Vietnam del Nord. È il caso di ricordare anche il primo grande scacco della nascente integrazione europea. Dopo l'istituzione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio nel 1951 venne avanzata la prima iniziativa apertamente politica, la creazione nel 1952 de ll a Comunità Europea di Difesa (CED), che offriva l'occasione per avviare un'integrazione europea che avrebbe avuto conseguenze politiche di enorme portata: la sua decisiva bocciatura da parte del Parlamento francese nel 1954 manifestò íl prevalere di nazionalismi radicati, associati ai timori per
altre tecnologie connesse hanno acquistato la capacità di realizzare in breve tempo armi nucleari è molto più alto, aggirandosi probabilmente sulla quarantina! Il che evidenzia ancora di più la strumentalizzazio-
ne e la mistificazione delle attuali forsennate campagne montate da Washington, a torto o a ragione, contro l'Iraq, la Libia, l'Iran e la Corea del Nord (mentre progetta nuove armi, copre vergognosamente l'arsenale di Israele, e ha «digerito» rapidamente lo shock dei test nucleari dell'India e del Pakistan). Ricostruiamo le fasi di questa evoluzione della politica nucleare statunitense, riprendendola dove l'avevamo lasciata nel Par. 1.3, per valutare poi più approfonditamente che cosa ha costituito il programma dell'«Atomo per la Pace». 3.2 — L'intreccio di interessi attorno all'energia nucleare a cavallo degli anni Cinquantat
Quando esplose la prima bomba sovietica i129 agosto 1949 l'amministrazione Truman discusse l'ampliamento degli impianti di produzione del materiale fissile, considerando concretamente per la prima volta che un eventuale eccesso di questo materiale avrebbe potuto essere usato per scopi pacifici. Bisogna ricordare anche una rilevante reazione degli scienziati alla 1 Le notizie che seguono sono tratte in gran parte dai citati aricoli di Leonard Weiss, «Atoms for Peace», Bulletin of the Atomic Scientists, n. 59-6 (novembredicembre 2003); Peter L. Lavoy, «The enduring effects of Atoms for Peace», Arms Control Today, dicembre 2003.
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Illancio della proliferazione nucleare
il riarmo della Repubblica Federale Tedesca; con il risultato che, per gli interessi nordamericani, quest'ultima ottenne il diritto autonomo a riarmarsi e fu ammessa nella NATO. Dopo quella battuta d'arresto, nessuna fase del lungo processo di unione europea ha incluso gli aspetti sociali e politici: le sole e uniche preoccupazioni sono state sempre di ordine economico-finanziario, provvedendo in ogni fase a proteggere gelosamente l'autonomia di ciascuna nazione. L'ironia della storia è che contemporaneamente a quelle scelte si consumava concretamente il resistibile declino dell'Europa, con il fallimento del goffo intervento di Parigi e Londra nella crisi di Suez nel 1956, mentre l'imperialismo francese naufragava miseramente a Dien Bien Phu (1954) e in Algeria (1962). Dall'altra parte del «muro» veniva sancito nel 1955 il «Patto di Varsavia». La corsa agli armamenti subì un'ulteriore accelerazione. Tra il 1950 e il 1951 il numero di testate nucleari degli Stati Uniti salì da 369 a 640, quello dell'Unione Sovietica da 5 a 252 . Abbiamo ricordato che nel 1952 esplose la bomba H statunitense, e nel 1953 quella sovietica. Ma intanto cresceva anche il desiderio delle industrie che erano coinvolte nel programma delle bombe (Westinghouse, General Electric, Monsanto, Union Carbide) di trasformare l'esperienza tecnica acquisita in redditizie imprese commerciali. Abbiamo visto che nel 1946 il McMahon Act aveva ufficializzato una rigida politica del segreto in campo nucleare, sottoponendolo all'autorità della Atomic Energy Commission (AEc), alla cui direzione venne posto David Lilienthal. Ma il complesso industriale non gradiva questo monopolio dell'AEC su questo settore e lo statuto che gli era stato dato. Dietro le pressioni del Gruppo Consultivo Industriale dell'AEC il Congresso allentò alcune delle regole di segretezza del McMahon Act. Vi era anche un timore diffuso che dopo la fine della guerra la riconversione dell'industria bellica potesse provocare una grave crisi economica. Durante il secondo mandato di Truman (presidente, ricordiamolo, democratico) aumentarono i problemi razziali e la chiusura de ll a società statunitense Il presidente che modificò realmente questo stato di cose fu il repubblicano Eisenhower, che assunse la presidenza nel 1953. Au -
m entava nell'amministrazione la preoccupazione che l'uRss e la Gran
Bretagna potessero sopravanzare gli USA nel campo nucleare industriale, poiché stavano lavorando a realizzare i primi reattori di potenza sperimentali, e che Mosca potesse avere un successo propag andistico nei paesi del Terzo Mondo. All'inizio del suo mandato Eisenhower sponsorizzò un progetto della Westinghouse con la Duquesne Lighting per costruire un piccolo reattore di potenza a Shippingport, in Pennsylvania, approvato poi dall'AEC. Egli era comunque più preoccupato del problema della sicurezza e della corsa agli armamenti che dell'energia nucleare. Proprio alla vigilia dell'assunzione della presidenza di Eisenhower, Truman aveva nominato una commissione presieduta da Oppenheimer, la quale aveva concluso che non si potevano controllare con certezza i quantitativi di materiale fissile prodotti dall'URSS, e questo rendeva virtualmente impossibile le verifiche di eventuali accordi di disarmo, mentre nasceva la preoccupazione per le capacità di un primo colpo nucleare sovietico negli anni a venire, per cui si consigliava di informare l'opinione pubblica sulla produzione e i rischi delle armi nucleari, e di avviare negoziati con i sovietici per un controllo degli armamenti. Con l'esplosione della bomba H sovietica Eisenhower percepì maggiormente la necessità di qualche passo che potesse placare i timori dell'opinione pubblica. Dopo alcuni ripensamenti, il risultato fu appunto il progetto dell'«Atomo per la Pace», che egli presentò all'Assemblea Generale dell'ONU l'8 dicembre 1953 3 . 3.3
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Il programma dell'«Atomo per la Pace»
L'operazione dell'«Atomo per la Pace» si può analizzare da molti punti di vista, ma sicuramente non fu (come non lo era stato il «Piano Marshall») quella operazione di grande apertura democratica che si voleva far credere, volta a portare i grandi benefici dell'energia del nucleo alla portata di tutti i paesi del mondo: del resto ormai siamo abituati alla roboante retorica che copre le pesanti offensive nordamericane, siano esse economiche o mi li tari, come «Giustizia Infinita». E non limitò affatto la corsa agli armamenti nucleari: durante gli 3
2 Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare, cit., p. 43.
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Sulla posizione di Eisenhower e il progetto specifico si veda il già citato Luigi Cortesi, Storia e Catastrofe, Manifestolibri, 2004, pp. 161-168. 113
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Il lancio della proliferazione nucleare
otto anni di presidenza di Eisenhower l'arsenale americano crebbe da 1.000 a 20.000 testate (quello sovietico era circa un decimo, Fig. 2.1)! Mentre il 29 ottobre 1953 venne ratificata una nuova strategia nucleare, che stabiliva che «In caso di ostilità gli Stati Uniti considereranno le armi nucleari altrettanto utilizzabili di qualsiasi altra arma»: da allora Washington non ha mai abbandonato la strategia del
Così l'8 dicembre del 1953 il Presidente Eisenhower annunciò all'Assemblea Generale de ll e Nazioni Unite che la tecnologia nucleare sarebbe divenuta essenziale per il futuro economico e tecnologico di tutti gli Stati, e che gli Stati Uniti invitavano tutti i paesi a partecipare all'impresa di «mettere le armi (nucleari) nelle mani di coloro che sapranno come spogliarle del loro rivestimento militare e adattarle alle arti della pace». Il successo della campagna che seguì eclissò il fatto che il discorso di Eisenhower includeva un panegirico dell'arsenale nucleare statunitense:
first use.
Il punto era un altro. Da un lato, Washington aveva investito enormi somme di denaro nella ricerca e sviluppo de ll a tecnologia nucleare per uso puramente militare. Uno dei sottoprodotti erano stati i reattori nucleari della marina militare: perché non cercare allora di ammortizzare questi investimenti, o di fare affari, modificando la struttura di questi reattori per adattarli a un uso «civile» di produzione di energia e commercializzandoli, approfittando della posizione di monopolio? «Quando Eisenhower decise di togliere il sigillo del top secret al lavoro fatto fino a quel momento dai militari, l'industria dell'energia elettrica si mosse con grande interesse. Anni e anni di lavoro di base costosissimo, e forse impossibile da svolgere con capitali privati, venivano regalati all'industria» 4 . Poi vi era l'aspetto di politica internazionale (su cui torneremo più in dettaglio). «La nuova amministrazione Eisenhower, cercando di compensare vari ostacoli frustranti nella sua rivalità con il blocco comunista nei primi anni '50 (la prima bomba sovietica, la cortina di ferro nell'Europa dell'Est, l'invasione della Corea del Sud) formulò una nuova politica offensiva. Essa doveva basarsi su un'ampia offerta di trasferimento di know-how nucleare di base a tutti gli stati neutrali o orientati verso l'Occidente — un nuovo approccio per utilizzare la superiorità tecnologica in un certo campo (militare) per scopi di politica estera su scala globale (il concetto implicava anche scopi di politica interna)» s. Intervista a Richard K. Lester (ingegnere del Massachusetts Institute of Technology) di Vittorio Zucconi, «È fi nita per sempre l'epoca di queste centrali», in Duemila Fisica, supplemento al n. 285 de La Repubblica, 3 dicembre 1986, p. 70. 4
Roland Kollert, «`Atoms for Peace': a foreign policy concept of the Cold War gets into a clue to latent proliferation», INESAP (International network of Engineers and Scientists Against Proliferation) Bulletin, n. 9 (maggio 1996), pp. 22-24. L'autore ha sviluppato una ricerca molto più dettagliata: R. Kollert, Die Politik der latenten Proliferation, Militärische Nutzung friedlicher' Kerntechnik in Westeuropa,
Dissertation, Deutscher Universitätsverlag, Wiesbaden 1994, 551 pagine, ISBN-3.
8244 4156 X. -
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Oggi la riserva di testate nucleari degli Stati Uniti, che naturalmente aumenta ogni giorno, eccede molte volte l'equivalente esplosivo di tutte le bombe e tutti i proiettili da tutti gli aeroplani e tutti i cannoni in tutti i teatri di guerra in tutti gli anni de ll a Seconda Guerra Mondiale. La legislazione statunitense venne immediatamente adeguata a questa nuova strategia. L'Atomic Energy Act del 1954 modificò la logica del segreto del precedente McMahon Act, promuovendo da un lato la diffusione commerciale interna dell'energia nucleare, con l'autorizzazione alle industrie di finanziare e costruire centrali utilizzando il combustibile nucleare fornito dall'AEC (vietando al tempo stesso al governo la vendita dell'energia generata dai suoi reattori militari e di ricerca), e dall'altro il trasferimento, diretto o attraverso accordi di cooperazione, ai paesi amici di conoscenze e materiali nel campo delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare. Ed iniziò subito una vasta campagna internazionale di informazione e propaganda del governo di Washington per l'uso pacifico dell'energia nucleare e per l'applicazione dei radioisotopi in medicina, in agricoltura e nella ricerca scientifica. È il caso di ricordare che questa campagna si sviluppò in una fase storica di eccezionale crescita economica mondiale (Hobsbawm l'ha chiamata «l'età dell'oro» 7 , altri il «miracolo economico»), che durò dal 1950 alla prima crisi petrolifera del 1973, e in cui le spese militari hanno giocato un ruolo tutt'altro che secondario. Le ambasciate degli Stati Uniti in tutti i paesi orientati verso l'Occidente o neutrali distribuirono milioni di note informative, depliants e libri, e presentarono filmati e 6
Riportato in L. Weiss, cit. Eric Hobsbawm, Il Secolo Breve, Rizzoli, Milano 1995, Parte seconda. 115
La proliferazione diventa adulta
Il lancio della proliferazione nucleare
mostre sugli usi pacifici dell'energia nucleare. Gli scopi di questa campagna, dai documenti disponibili, erano:
lizzazione di reattori vennero lanciati anche in paesi che non posse-
1. dimostrare la «leadership mondiale» per legare all'Occidente paesi neutrali o politicamente indifferenti; 2. dimostrare la superiorità tecnologica del capitalismo nella corsa per lo sviluppo delle capacità produttive che Mosca aveva iniziato; 3. legittimare il tremendo bilancio, fino ad allora puramente militare, . della Atomic Energy Commission degli Stati uniti; e anche 4. contenere l'Unione Sovietica con una cintura di paesi orientati verso l'Occidente, la cui crescente competenza nucleare doveva dimostrare il potenziale nucleare-militare dell'Occidente 8.
La campagna venne concretamente lanciata con la gigantesca Conferenza di Ginevra del 1955 sugli usi pacifici dell'energia nuclea- . re (25.000 partecipanti), e la creazione nel 1956 dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (ATEA, o IAEA, International Atomic Energy Agency), con poteri di controllo e ispezione. Vennero subito organizzate conferenze specifiche e partirono ambiziosi programmi di sviluppo dell'energia nucleare in moltissimi paesi, sponsorizzati più o meno direttamente da Washington con una serie di accordi bilaterali di cooperazione tecnica. Per dare un'idea dell'atteggiamento euforico e semplicistico nei confronti dell'energia nucleare basterà ricordare quello che dichiarò nel settembre 1954 Lewis Strauss, successore di Li li enthal alla direzione dell'AEC: «Non è troppo aspettarsi che i nostri figli usufruiranno di energia elettrica troppo economica per venire misurata, avranno notizia di carestie regionali periodiche solo come fatti storici, viaggeranno senza sforzi sui mari e nell'aria con pericoli minimi e a grandi velocità, ed avranno una durata della vita molto più lunga de ll a nostra. Questa è la predizione di un'era di pace» 9 . Vale la pena di ricordare che l'Italia non fu da meno: la presenza di oscure manovre internazionali dietro l'ambizioso quanto farraginoso programma nucleare italiano (ne discuteremo più approfonditamente nell'Appendice 3.1) emerse ben presto, nei primi anni '60, con lo scandalo Ippolito. Programmi nucleari comprendenti la reaR. Kollert, cit. Non condivido l'affermazione successiva dell'autore che il programma di Washington non avesse nessuna origine politica e che il business fu un effetto secondario successivo. 9 Riportato in P.K. Lavoy, cit.
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devano nessuna competenza in ambito nucleare: per fare un esempio, nel 1956 si tenne una Conferenza per l'uso pacifico dell'energia n ucleare a Cuba, in cui allora non esisteva più di qualche uso isolato di radioisotopi, e si presentò il progetto di una centrale nucleare 10; n aturalmente tutto finì in nulla. L'anno precedente l'Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale aveva esposto alla Fiera di New Delhi lo schema di un reattore che fu visto da due milioni di indiani. «Molti nel governo USA e nell'industria privata videro nell'Atomo per la Pace l'ombrello sotto il quale si sarebbe realizzato un mercato nucleare mondiale dominato dagli Stati Uniti»" «In conclusione, il messaggio dell"Atomo per la Pace' fu proprio la precondizione per il camuffamento degli scopi politico-militari di molti programmi nucleari nel mondo. In tal modo la promozione della proliferazione latente fu il risultato più grave della politica dell'atomo per la pace nel lungo periodo» 12 . 3.4 — L'«Atomo per la Pace» e la proliferazione nucleare
Dietro questi progetti vi erano gli Stati Uniti che, con i governi o i militari dei vari paesi, alimentavano più o meno surrettiziamente e utilizzavano per fi ni politici le ambizioni di realizzazioni militari. Anche in Italia, se è probabile che non si sia profilata concretamente l'idea della bomba, i mi li tari progettavano la propulsione nucleare per la marina, e realizzarono il centro del CAMEN di Pisa con un reattore nucleare sperimentale (oggi, tramontati tutti i sogni, militari e civili, il centro è stato riconvertito ad altre ricerche mi litari e ribattezzato CRESAM, anche se rimane aperto il problema dello smantellamento del reattore e della gestione dei residui radioattivi). Del resto, non è stato l'unico caso. Tanto per fare un esempio, su cui esiste letteratura pubblicata, l'Argentina e il Brasile tra la fine degli anni '40 e t primi anni '50 svilupparono ambizioni di uno sviluppo nucleare autonomo. Il caso dell'Argentina è quasi ridicolo, poiché il Presi10 J. Altshuler e A. Baracca, «The development of University Physics in Cuba, 181 6-1962», xxi Congress of History of Science, México, D.F., 8-14 luglio 2001.
L. Weiss, cit. 12 R. Kollert, cit., p. 23.
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dente Peron diede credito a uno scienziato austriaco, Ronald Richter • (che era arrivato in un'operazione pianificata nel 1947 48 di emigrazione di scienziati tedeschi con passaporti falsi), e nel 1951 annunciò nientemeno che la realizzazione della fusione nucleare controllata 13 : nei decenni successivi l'Argentina ha fatto tentativi più seri per realizzare invece realmente la bomba atomica. I programmi argentini spinsero il vicino rivale, il Brasile, a promuovere tentativi di sviluppare la tecnologia nucleare 14 : durante il secondo mandato del Presidente Getullio Vargas (1951-54) si puntò a contrattare con gli USA il trasferimento di tecnologia nucleare in cambio dell'esportazione di minerali uraniferi e anche l'acquisizione di tre ultracentrifughe per l'arricchimento dell'uranio da due scienziati tedeschi (si cercarono anche accordi con la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia), ma dopo il 1954 si ripiegò su accordi con gli USA nell'ambito dell'«Atomo per la Pace», sancendo infine una totale dipendenza (anche il Brasile si è poi avvicinato alla realizzazione de ll a bomba). Programmi segreti per realizzare la bomba nucleare decollarono in molti paesi. L'India realizzò effettivamente la bomba bel 1974. La Svizzera 15 , l'Egitto, l'Iran, l'Iraq, solo per citarne alcuni, svilupparono programmi per dotarsi di armi nucleari; anche la Svezia intraprese un programma militare, sostenuto da una parte del Partito Socialdemocratico capeggiata da Olof Palme, ma lo interruppe nel 1972 16 Tornando al piano generale, è per lo meno strano che per lo più • non si sia osservato che molti dei paesi che hanno voluto far credere di volere sviluppare un programma nucleare per fini civili siano tra i maggiori produttori mondiali di petrolio e gas naturale, o comunque -
Mario Mariscotti, «Argentina's early nuclear debate», Science, technology, ideology, culture, n. 5, 1992 (ISSN 1101-4466), p. 5, Università di Göteborg, Department of Theory of Science and Research, s-41298, Göteborg, Svezia; Regis Cabral, «The Peron-Richter fusion program, 1948-1953», International Congress of History of Science, University of California, Berkeley, 1-8 agosto 1985. 14 - Paulo Marques, «The nationalist phase of Brazilian nuclear technology policy, 1949-1954», Science, technology, ideology, culture, n. 5, 1992, cit., p. 13. 1946 15 Il programma nucleare militare svizzero venne avviato segretamente nel dal Dipartimento Militare. Nel 1977 la Svizzera firmò il TNP ma, sebbene gli accordi per le ispezioni de ll a ATEA fossero entrati in vigore nel 1978, attività nucleari militari illegali proseguirono fino al 1988, quando il programma venne definitivamente chiuso dal Consiglio Federale. 16 Wayne Ha ll , «Nuclear weapons and representative democracy»: http://www. atc.gr/hddf/Web%20pages/Txt3.htm 13
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ben lontani dall'avere qualsivoglia preoccupazione di tipo energetico! Di fatto, quasi tutti gli accordi e i trattati di cooperazione nucleare siglati dagli Stati Uniti, o dai loro mandatari, non contemplavano solo la fornitura di reattori nucleari, ma anche di impianti di ritrattamento del combustibile esaurito. Del resto, se il programma dell'«Atomo per la Pace» fosse stato realmente un'operazione centrata nella diffusione della tecnologia nucleare «civile», sarebbe stato un colossale fallimento. Si vagheggiava di costruire migliaia di reattori nucleari in tutto il mondo: invece si è arrivati a poco più di 400 (mentre si valuta che siano state realizzate in tutto il mondo qualcosa come 130.000 testate nucleari!). È evidente che l'obiettivo era un altro, e che è stato raggiunto, visto che l'industria nucleare non è fallita, malgrado negli Stati Uniti le imprese private del settore elettrico per un quarto di secolo non abbiano commissionato nuove centrali nucleari dopo i gravissimi incidenti dell e centrali di Three Mile Island (Harrisburg) del 1979, e di Cernobyl del 1986, a seguito dei quali la resistibile avanzata dell'energia nucleare ha subito una decisiva battuta d'arresto. Ma questi sono stati solo il colpo di grazia: i sogni di nuclearizzazione mondiale spinta erano già stati ridimensionati. L'eccezione più grossa è rappresentata da ll a Francia, l'unico paese che ha basato pesantemente il proprio sistema energetico sulla fonte nucleare, con 59 reattori che producono íl 78% dell'energia elettrica consumata dal paese: ma non bisogna dimenticare che i programmi nucleari francesi erano finalizzati in primo luogo a ll a realizzazione ed al potenziamento della force de frappe nucleare. Seguono il Giappone con 53 centrali nucleari che producono il 25% dell'energia elettrica; la Germania, 18 centrali, 28% dell'energia elettrica. Il nucleare fornisce oltre il 30% dell'energia elettrica in Europa, il 16% a livello mondiale (ma l'energia elettrica è solo una frazione dei fabbisogni energetici totali). Il discorso sullo stato dei programmi nucleari «civili» oggi nel mondo è molto delicato e complesso. Delicato perché le posizioni «pro» o «contro» l'energia nucleare si sono talmente esasperate che è pressoché impossibile sviluppare un ragionamento obiettivo, e tantomeno un confronto sereno; complesso perché effettivamente la tecnologia nucleare, lungi dall'essere a mio avviso una tecnologia «avanzata», è realmente una tecnologia complessa, diffi cile da dominare e controllare. Non è scopo di questo saggio affrontare questi aspetti, ma non ci sembra corretto neanche tralasciarli completamente, evi119
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tare di pronunciarsi, dato il loro intreccio ineliminabile con la proliferazione, e visto che le proposte di ripresa del nucleare «civile» covano sotto la cenere e rispuntano ogni tanto, in modo di solito pretestuoso: per questo riassumiamo nell'Appendice 2.1 del presente capitolo un'analisi del nucleare «civile», che sicuramente è «di parte», ma che presumiamo non essere molto lontano dallo stato delle cose. In definitiva,
Congresso, e ha costituito uno degli assi portanti della storia della Guerra Fredda e delle relazioni internazionali di quei decenni. Mi pare che le analisi storiche, spesso di alto livello, non abbiano ancora tenuto conto appieno di questo fattore. Tanto più importante è il recente saggio di Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires, che squarcia un velo e prospetta una lettura diversa di molte fasi cruciali delle vicende mondiali di questo periodo 18 . Un aspetto costituisce a un tempo il pregio e il limite dell'impegnativa ricerca della Lorentz: essa si basa infatti interamente su informazioni ufficiali, articoli e cornmenti apparsi regolarmente sull'autorevole Le Monde, memorie di politici protagonisti di quelle vicende e di dirigenti dei servizi segreti, saggi e storie «ufficiali» del nucleare scritte da autorevoli personaggi che ne hanno retto le sorti. Questo mostra chiaramente come molte cose che sono state coperte erano evidenti fin dal principio, se solo si voleva vederle (un caso eclatante è il «segreto di Pulcinella» dell'arsenale nucleare israeliano). D'altra parte, è assai plausibile che esista una miriade di documenti e rapporti segreti che riguardano gli aspetti o gli intrighi opportunamente nascosti all'opinione pubblica, come in tutte le relazioni e transazioni internazionali: una storia che rimane in gran parte da scrivere. Dalla puntigliosa e documentata ricostruzione della Lorentz risulta chiaro che Washington ha utilizzato come esca l'illusione di dotare via via una serie di paesi di armi nucleari, passando attraverso lo sviluppo di programmi nucleari «civili», per attirarli nella propria orbita. Queste manovre non potevano essere condotte a ll a luce del sole. Per questo la Casa Bianca in prima persona ha operato in modo da aggirare i limiti imposti dalle stesse leggi federali, o il controllo del Congresso, spesso passando attraverso altri paesi (come nel caso già menzionato della Francia e di Israele). Nella maggior parte dei casi (fortunatamente) l'acquisizione effettiva di armi nucleari nei paesi oggetto di queste manovre non è materialmente avvenuta, tuttavia è aumentato il numero di paesi che hanno sicuramente acquisito la capacità di sviluppare queste armi, molti paesi intermediari le hanno di fatto realizzate nei paesi destinatari con i quali hanno collaborato. La Germania è l'esempio più tipico, ma tutt'altro che unico, di un paese che ha collaborato alla realizzazione di armi nucleari, ad esem-
è legittimo chiedersi se l'Atomo per la Pace abbia accelerato la prolife-
razione aiutando alcune nazioni a realizzare arsenali più avanzati prima di come sarebbe altrimenti avvenuto: la giuria si è posta a lungo questa domanda, e la risposta è sì. [...] Il mondo ha pagato un prezzo per l'immediata accettazione euforica dell'Atomo per la Pace, quando la diffusione della tecnologia nucleare non fu accompagnata da un'adeguata considerazione dei rischi di proliferazione 17 .
Fin dal settembre del 1955 il fisico Isador Rabi, direttore del Comitato Consultivo dell'AEC, aveva messo in guardia il consigliere del Dipartimento di Stato per gli affari nucleari, Gerard Smith, che senza controlli internazionali efficaci per prevenire la diversione degli impianti nucleari commerciali per uso militare «anche un paese come l'India, quando abbia prodotto un po' di plutonio, entrerebbe nell'affare delle bombe»: non sbagliava di molto (vedremo come Rabi fosse direttamente interessato a promuovere la ricerca nucleare di base salvaguardando il monopolio militare statunitense, Par. 3.8) ! La AIEA enunciò il suo primo sistema di controlli nel 1961: mancava però ancora un trattato nel quale esso potesse divenire operativo (v. Cap. 4). Nel 1957 venne istituita a Roma l'EURATOM (European Atomic Energy Commission). 3.5 — Il supermercato della proliferazione nucleare
Ma sembra esservi in questi sviluppi molto di più di un'inevitabilità storica, o di un errore di valutazione, o della mancanza di strumenti più rigorosi di controllo. La proliferazione nucleare (o la «sirena» della proliferazione nucleare), è stata manovrata direttamente dalla Casa Bianca, anche aggirando le leggi federali e il controllo del 17
18 D. Lorentz, Affaires Nucleaires, Les Arénes, Paris 2002.
L. Weiss, cit. 120
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pio in Sud Africa, e che, anche se non possiede materialmente testate nucleari, possiede non solo il know-how, ma anche tutte le strutture e i materiali necessari: il combustibile irradiato de ll e centrali nucleari tedesche è stato riprocessato in Francia, e la Germania possiede considerevoli quantitativi di plutonio. Ritorneremo su questo aspetto di proliferazione virtuale (o threshold, o stand-by proliferation), che proprio oggi mostra tutta la sua ambiguità e pericolosità. La nuclearizzazione de ll a Francia, oltre che realizzare la bomba israeliana, doveva costituire una difesa dell'Europa occidentale contro la pretesa superiorità convenzionale del Blocco di Varsavia, e doveva coprire anche la nuclearizzazione della Germania Federale, che non è poi stata realizzata materialmente. Vale la pena di ricordare ancora un accordo segreto stipulato nel 1957 58 tra Francia, Germania ed It al ia sulla difesa e gli armamenti, incluse le armi nuclearü 9. Nel 1957 i ministri della Difesa francese e tedesco — Bourgés-Maunoury e Strauss — firmarono infatti un accordo segreto che includeva sforzi comuni verso un programma nucleare militare. In un protocollo datato 25 novembre 1957 l'Italia si aggiunse all'accordo. Quel protocollo copriva come «materia prioritaria» la cooperazione nei campi dell'aviazione, missilistico e de ll e applicazioni militari dell'energia nucleare. L'8 aprile 1958 venne firmato un accordo ulteriore sulla costruzione dell'impianto di arricchimento dell'uranio principalmente militare di Pierrelatte. Ma l'accordo venne cancellato quando De Gaulle assunse la presidenza, il 1° luglio 1958. Il saggio della Lorentz smaschera puntualmente la pretesa grandeur di De Gau ll e: formalmente la Francia uscì dalla NATO, ma non ruppe mai con Washington e, anzi, divenne il principale esportatore dell e tecnologie nucleari americane de ll a Westinghouse (che ha detenuto il 45 % de ll e azioni di Framatom fino al 1975), dal momento che, come si è detto, la Casa Bianca era fortemente condizionata dalle leggi federali e dal controllo del Congresso. Mi trovavo personalmente in Francia nel 1971 e conservo un vivo ricordo delle furiose polemiche e delle accese lotte dei sindacati per la decisione del go-
t9
Citato in Mycle Schneider, «The Franco-German Nuclear Tandem», INESAP-
da: Unione Europea Occidentale, «La reprime des essais nucléaires français dans le Pacifique», document 1488, 7 novembre 1995.
verno Pompidou (succeduto a De Gaulle) di abbandonare le tecnologie nucleari che il paese aveva sviluppato, fino a ll a realizzazione di un filiera sperimentale di reattori nucleari, per ripiegare interamente sulla filiera americana per il programma «civile» francese. Quando, nel 1963, divenne difficile nascondere la collaborazione fr anco-israeliana, gli americani decisero di proseguirla in un paese terzo, il Sud Africa, a cui Washington aveva già fornito un reattore di ricerca, ma con cui non poteva proseguire la collaborazione fino alla realizzazione della bomba H alla luce del sole. Si sviluppò così il programma nucleare militare sudafricano: Pretoria divenne il principale fornitore di uranio di Israele e della Germania Federale. Quest'ultima aveva appreso così bene la lezione (a dispetto dei divieti ufficiali) che venne incaricata a sua volta di al tre collaborazioni nucleari, in particolare con l'Argentina. Negli anni '90 il Sud Africa ha smantellato le proprie testate nucleari, ma non ha certo smantellato i cervelli degli scienziati e dei tecnici che ne detengono il know how. Questi affari si svolgevano spesso in contrasto con le relazioni politiche ufficiali, o almeno apparenti: un esempio eclatante è costituito da ll a Cina, il cui accesso agli armamenti nucleari, dopo la rottura con Mosca, è stato voluto d alla Casa Bianca (naturalmente in chiave anti-sovietica: del resto, la storia non si ripete con i taleban?) passando attraverso la Francia. D al 1970 le vicende di questi «Affari Nucleari» si sono poi intrecciate con quelle del Trattato di Non-Proliferazione, che tratteremo nel prossimo capitolo: ma non si sono certamente arrestate per questo. Tra le tante perplessità che genera la feroce polemica attuale degli USA verso l'Iran vi è in primo luogo il fatto che furono proprio loro a promuovere un faraonico programma nucleare «civile» ai tempi dello Scià, per poi pentirsi tardivamente: le pretese egemoniche avevano reso quest'ultimo scomodo a Washington, che insieme a Parigi preparò il suo rovesciamento. Fu allora che la CIA scelse di giocare la carta dell'islamismo radicale dei mullah contro il comunismo e le correnti laiche alleate dell'uRss: subito dopo la firma degli accordi di Camp David, Khomeini, allora un oscuro personaggio, fu portato a Parigi per venire formato e lanciato politicamente 20 . Ma l'illusione di Carter di poterlo controllare e manovrare durò poco. Si aprì così uno
Information Bulletin, n. 8, febbraio 1996, p. 4,
122
20
D. Lorentz, cit., p. 410. 123
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Il lancio de ll a proliferazione nucleare
dei decenni più convulsi e intricati del dopoguerra, che non è possibile sintetizzare qui: da ll a vicenda degli ostaggi americani del 1979 come pressione di Teheran per la ripresa delle forniture militari e del programma nucleare, alla disastrosa operazione per liberarli che segnò la fine di Carter, all'Irangate, a ll a guerra Iraq-Iran voluta da Washington, alla terribile serie di attentati della Jihad che dal 1984 al 1990 ebbe come retroscena il rispetto da parte della Francia dei precedenti accordi nucleari; in tutta questa catena di eventi la questione nucleare rivestì un ruolo centrale. Come aveva giocato Reagan contro Carter, Khomeini giocò poi Chirac contro Mitterrand, finché nel 1991 Parigi sottoscrisse l'accordo che confermava l'azionariato di Teheran in Eurodif e il corrispondente diritto di ritirare la quota corrispondente di uranio arricchito 21 . La versione ufficiale secondo cui dal 1979 gli USA avrebbero interrotto ogni commercio nucleare con Teheran è un'impostura. Washington non poteva però proseguirlo all a luce del sole, e ormai anche Parigi era nel mirino: così lo fece attraverso Pechino (che, come Parigi, ha aderito solo nel 1992 al Trattato di Non-Proliferazione) e Mosca. «Riprendendo la costruzione della centrale di Busher, la Russia si era sostituita alla Germania, la quale, prima di nascondersi dietro l'Argentina, poi di tentare di passare attraverso la Repubblica Ceca, aveva operato sotto licenza americana, il tutto per conto degli Stati Uniti» 22 . L'Iraq è un altro esempio molto significativo. L'avvio dei programmi nucleari iracheni avvenne nel 1956 57, sotto il governo di Re Feisal II orientato verso l'Occidente, quando gli USA e la Gran Bretagna finanziarono la costruzione del centro di ricerche nucleari di Tuwaitha. Con la presa del potere nel 1958 del Generale Kassem, orientato verso Mosca, l'Iraq ricevette aiuti concreti per il suo programma nucleare dalla Russia, tra cui l'avvio del reattore nucleare di Tammuz. Il programma fu poi proseguito dalla Francia, con il reattore Osirak: fu questo a essere distrutto nel 1981 dal bombardamento «preventivo» israeliano di Tammuz (su quanti orrori Israele ha aperto la strada?). Nel programma iracheno furono poi coinvolte anche la Germania Federale, e l'Italia con l'Ansaldo. Quanto sia stato mistificato e sia maledettamente intricato il problema dell'Iraq è dimostrato dal fatto che appena dieci mesi prima della Guerra del
Golfo furono intercettati all'aeroporto di Londra 41 detonatori n ucleari di fabbricazione statunitense destinati a Baghdad 23 . L'intermediazione de ll a Francia venne nuovamente utilizzata dalla Casa Bianca per proseguire le forniture nucleari al Pakistan e all'India 24 . Il programma nucleare del Pakistan ebbe inizio alla metà degli anni '50 in relazione con l'Atomo per la Pace 25 . Nel 1955 il fisico indiano Bhabha richiese a un'ufficiale dell'Ambasciata USA se l'AEc poteva fornire all'India informazioni tecniche sugli effetti delle esplosioni nucleari, per realizzare una stazione di monitoraggio congiunta per studiare il fall-out dei test nucleari: Bhabha avanzò altre richieste agli Stati Uniti 26. Sempre nel 1955 l'AEc vendette all'India 10 tonnellate di acqua pesante per un reattore di ricerca fornito dal Canada con un generoso finanziamento (ritorneremo sul ruolo dei reattori canadesi per i programmi militari dell'India e del Pakistan), e fu talmente solerte che questa fornitura venne fatta ben 4 anni prima che il reattore fosse completato, per prevenire l'influenza dell'uRss e della Cina. L'appoggio venne intensificato dopo il conflitto sino-indiano del 1962. Tra il 1955 e il 1974 più di mille scienziati indiani presero parte a progetti di ricerca nucleare negli USA. Il reattore canadese fornì all'India il plutonio per il test del 1974 (che sembra fosse addirittura una bomba H) 27 . Homi Sethna, direttore della Indian Atomic Energy Commission dal 1972 al 1983, ha scritto: «Posso dire con sicurezza che lo stesso accordo di cooperazione iniziale ha costituito la base su cui è stato costruito il nostro programma nucleare» 28. Fu poi la volta, come abbiamo ricordato, dell'Argentina (a cui i tedeschi avevano venduto un reattore di potenza nel 1968, mentre un piccolo impianto di estrazione del plutonio entrò in funzione verso il 1970) 29, del Brasile de ll a dittatura militare; poi della stessa Cina, dell'Egitto, dell'Iraq, dell'Iran.
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21 Ivi , pp. 536-540. 2z Ivi, p. 560.
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Così, la logica infernale della dissuasione nucleare conduceva gli ameri23
Ivi, p. 332. Ivi, pp. 354, 510. 25 L. Weiss, cit. 26 Queste informazioni e citazioni riguardan ti l'India sono tratte dagli articoli citati di P.R. Lavoy e di L Weiss. 27 D. Lorentz, cit., p. 267. 28 Riportato in L. Weiss, cit. 29 D. Lorentz, cit., p. 249. 24
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Il lancio della proliferazione nucleare
La proliferazione diventa adulta cani a dotare l'India della bomba atomica perché non fosse minacciata dalla Cina; a fornire un'arma nucleare al Pakistan perché si proteggesse dall'Afghanistan; a rafforzare il potenziale nucleare della Cina perché non fosse aggredita dai sovietici; a fornire la bomba atomica a Taiwan per bilanciare la potenza della Cina; a fornirla al Giappone per proteggerlo dalla Cina, dalla Corea del Sud e dalla Corea del Nord; a fornirla alla Corea del Sud per metterla al riparo dalla Corea del Nord 30.
In ogni caso, la proliferazione nucleare ha costituito uno dei principali assi conduttori delle relazioni, degli equilibri e delle tensioni m ondiali di tutto il secondo dopoguerra.
Recentemente è emerso che nel 2002 Donald Rumsfeld, quando (dopo essere stato segretario alla difesa nell'amministrazione Ford e consigliere di Reag an ) era nel consiglio di amministrazione de ll a ditta ABB (Asea Brown Boveri), fornì addirittura alla Corea del Nord tecnologie, attrezzature e servizi per la costruzione di due reattori nucleari 31 ! Come reazione al sensazionale rovesciamento de ll a strategia nucleare di Washington del 1953, poco dopo anche Mosca avviò la proliferazione de ll a tecnologia e delle attrezzature nucleari di base nel proprio emisfero. Mi pare però che, anche se di questo aspetto si hanno meno notizie, si debba riconoscere che l'Unione Sovietica fu più prudente — o forse solo più sospettosa, o meno abile — nel diffondere le armi nucleari ad altri paesi, o nell'illuderli di poterle ottenere: a parte l'importante appoggio iniziale alla Cina, prima de ll a rottura dei rapporti nel 1960 (Par. 2.3), Mosca si è limitata a dispiegare testate e missili nucleari nei paesi del Patto di Varsavia, e la costruzione di centrali nucleari non sembra avere nascosto programmi militari. Senza dubbio una di queste operazioni, il dispiegamento di missili nucleari a Cuba nel 1962 (Par. 4.3) apparve avventato e prospettò il rischio concreto di una guerra nucleare: ma sono convinto che questa mossa sia stata almeno in parte una risposta all'aggressività statunitense, e abbia ottenuto l'effetto concreto (e positivo) di smussarla.
È vero che dopo le bombe sul Giappone del 1945 non vi è stata una vera guerra con uso di bombe nucleari. Ma le vittime delle armi nucleari ci sono state, e non sono state poche, insieme a gravissimi incidenti e anche ad allucinanti esperimenti programmati, che probabilmente non hanno ancora sviluppato tutti i loro effetti nefasti. In primo luogo, i test nucleari nell'atmosfera hanno liberato quantitativi impressionanti di prodotti radioattivi che hanno compromesso la salute di milioni di persone33 . Ne sono stati eseguiti un totale di circa 530 prima de ll a loro abolizione nel 1963 (Par. 4.4, dopodiché ne sono stati eseguiti più di 1.500 sotterranei, sui quali ritorneremo), di cui 215 degli USA (più le tre esplosioni del 1945), 219 dell'URSS, 50 dell a Francia, 21 dalla Gran Bretagna, 23 dalla Cina (Fig. 3.1).
3.6 Test nucleari, incidenti e cavie umane: dopo il Dott. Stranamore ritorna il Dott. Menghele? —
URSS
USA
UK
FR
CINA
100 80 60 40 20
Partì una corsa caotica globale per la tecnologia nucleare. E...] I documenti indicano che la follia nucleare era stata generata dalla frustrazione, dal caos organizzativo nella definizione della politica estera degli USA, e da una sottovalutazione piuttosto ingenua delle capacità tecnologiche e politiche degli Stati e de ll e loro ambizioni militari 32 .
0
'50
'45
'55
'60
'65
'70
'75
'80
'85 '88
USA
URSS
UK
FR
CINA
942
715
44
210
39
3° Ivi, pp. 169-70.
Fig. 3.1
«Rumsfeld ha fornito nucleare a Pyongyang», Il Manifesto, 5 febbraio 2003; la denuncia è stata ripresa tre mesi più tardi dal britannico Guardian e da Manlio Dinucci ancora su Il Manifesto. 32 R. Ko ll ert, cit., p. 24.
33
—
Test nucleari eseguiti dagli Stati nucleari.
31
126
Paolo Cortesi, Test nucleari: giocare col plutonio: http://www.minerva. unito.it/Chimica&Industria/ MonitoraggioAmbientale/A2/TestNuclear. 127
Il lancio della proliferazione nucleare
La proliferazione diventa adulta Alla fine del 1958 gli esperimenti nucleari avevano prodotto sul pianeta circa 65 chili di stronzio-90, con una radioattività totale di 8,5 milioni di curie [cfr. Appendice 1.1.h e nota 55]; la radioattività del cesio-137 a ll a stessa epoca ammontava a 15 milioni di curie. Il fall out degli esperimenti americani e britannici, di grande potenza e, tutti senza eccezione, in località nei pressi dell'equatore si sono distribuiti uniformemente sopra l'intero globo. Tra il 1952 e il 1957 gli USA eseguirono 90 test nel poligono nucleare nel deserto del Nevada: quelle esplosioni rilasciarono una quantità di iodio-131 superiore di dieci volte a quella che sprigionò dalla centrale di Cernobyl. Gli stessi test esposero mediamente ogni cittadino statunitense a una radiazione pari a 2 rad [cfr. Appendice 1.1.h e nota 56]: sono solo 0,24 rad annuali quelli provenienti dalla radioattività naturale. [...] Fra 5.600 anni ci sarà ancora sulla Terra la metà del carbonio-14 prodotto [dai neutroni che colpiscono l'azoto dell'atmosfera] dagli attuali esperimenti 34 . -
I primi a essere colpiti sono stati i militari che assistevano ai test 35 Visonapetghcidsnulearpimf:s vedono osservatori e militari seduti a una certa distanza, muniti solo di occhiali scuri; altri militari 'e tecnici vennero utilizzati per il controllo diretto degli effetti delle esplosioni, o per la decontaminazione. Nei decenni successivi vi sono state azioni legali dei veterani, ma le autorità hanno concluso che il personale non è stato sovraesposto alle radiazioni36 . Ma i test eseguiti nel deserto del Nevada seminarono vittime anche tra i civili abitanti negli stati confinanti, Utah, Idaho e Montana. Dal 1952 i test si trasferirono nell'Oceano Pacifico, deportando gli indigeni residenti negli atolli, e il fall-out radioattivo non ha risparmiato nessuna parte del pianeta (lo si trova anche nei ghiacci dell e calotte polari). Il premio Nobel per la medicina Hermann Müller sostiene che i test nucleari hanno danneggiato finora almeno 300.000 persone, e che nei prossimi duemila anni nasceranno individui più deboli, meno longevi, affetti da deformità più o meno accentuate e da malattie in parte nuove 37 (mentre il «padre» della bomba H, Edward Te ll er, amava ripetere che il fall-out radioat-
tivo causava lo stesso danno biologico di una sigaretta fumata ogni due mesi!). Il «test Bravo» compiuto dagli USA il 1° marzo del 1954 nell'atollo di Bikini, in mezzo al Pacifico (i cui 167 abitanti erano stati evacuati: leggi deportati), ebbe conseguenze dirette agghiaccianti: il fallout delle particelle radioattive sollevate dall'esplosione colpì gravemente gli abitanti dell'isola Rongelap, a circa 125 miglia di distanza, e investi direttamente il peschereccio giapponese Lucky Dragon che si trovava a più di 130 km di distanza, contaminando gravemente i 23 membri dell'equipaggio. Gli abitanti delle isole Marshall hanno subito gravi conseguenze nei decenni successivi, ma gli Stati Uniti non hanno mai riconosciuto la loro responsabilità: le circostanze dell'esperimento sono state coperte da segreto, ma vi sono indizi inquietanti che si sia trattato almeno in parte di un esperimento premeditato su «cavie» umane inconsapevoli. In ogni caso, è emerso che gli enti governativi erano consapevoli dei rischi che i test nucleari nell'atmosfera comportavano per la popolazione, ma li hanno deliberatamente negati o minimizzati 38 : le autorità sapevano che il fall-out radioattivo poteva viaggiare su grandi distanze, raggiungere praticamente tutto il territorio nazionale e anche oltre. In particolare lo iodio-131 rilasciato dai test nel poligono nucleare del Nevada (scelto per la prossimità al laboratorio delle testate, pur sapendo che una località occidentale avrebbe diffuso la contaminazione sulla maggior parte del paese, per la direzione dominante dei venti) soprattutto tra il 1951 e il 1958 ha causato danni e tumori alla tiroide in migliaia di bambini attraverso il latte, che venne vietato solo dopo il grande incidente avvenuto nel 1957 nell'impianto britannico di riprocessamento di Windscale. «Il National Cancer Institute valuta che circa 160 milioni di persone — virtualmente tutti coloro che vivevano negli USA a quel tempo — ricevettero qualche dose di iodio del fall-out» 39 Vi sono stati comunque casi accertati ancora più gravi, con l'uso deliberato di «cavie umane» per sperimentare gli effetti delle radia.
34 Ivl. 35
Esempi concreti e testimonianze sono riportati ad esempio da Manlio Dinucci,
Il Potere Nucleare, cit., pp. 72-74.
Si può vedere ad esempio J. May, Il Libro Greenpeace sull'Era Nucleare, Frassinelli, Milano 1991, pp. 92-94. 37 P. Cortesi, cit.
36
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38 Pat Ortmeyer, Arjun Makhijani, «Let them drink milk», Bulletin of the Atomic Scientists, novembre-dicembre 1997: http://www.clw.org/pub/clw/coalition/ieer 1097.htm. Matthew L. Wald, « u.s. atomic tests in 50's exposed mi ll ions to risk», The New York Times, 29 luglio 1997: cit. nel lavoro precedente.
39
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Il lancio della proliferazione nucleare
La proliferazione diventa adulta
zioni ionizzanti, dell e esplosioni nucleari, e in generale delle armi di distruzione di massa. Citerò alcuni esempi di cui sono a conoscenza40 , ma il fenomeno è senza dubbio ben più esteso e in gran parte ancora tutto da scoprire. Nessun governo è esente. Il 14 agosto 2004 il Canale 10 de ll a televisione israeliana ha mandato in onda un documentario shock che rivelava uno dei peggiori segreti custoditi dai fondatori del Partito Laburista israeliano 41 . Nel 1951 ben 100.000 bambini immigrati sefarditi, durante un «viaggio scolastico», vennero esposti a dosi di raggi X alla nuca ben 35.000 volte superiori alla dose massima consentita, dicendo ai genitori che si trattava di un trattamento contro un'epidemia di tigna. Per questo scopo il governo degli Stati Uniti fornì al governo israeliano un finanziamento. Dei bambini irradiati 6.000 decedettero poco dopo l'irraggiamento, molti dei sopravvissuti hanno contratto tumori che hanno causato migliaia di decessi durante gli anni, e ancora oggi. Nel 1954 in Unione Sovietica ben 45.000 persone, in gran parte militari, vennero deliberatamente esposte alle radiazioni prodotte da un'esplosione nucleare di potenza doppia di quella di Hiroshima: si valuta (non vi sono dati ufficiali) che migliaia di essi siano morti subito dopo o negli anni seguenti; i sopravvissuti stanno lottando per ottenere un risarcimento. Il Pentagono ha eseguito molti esperimenti su «cavie umane» con sostanze radioattive e con sostanze chimiche e batteriologiche. Ha sperimentato prodotti chimici pericolosi in 50 test segreti su personale militare nel corso di un progetto della durata di 10 anni: nel 1961, nella fase di grande tensione della Guerra Fredda, temendo che l'uRss e forse la Cina fossero in possesso di armi chimiche e biologiche, vennero sperimentati aggressivi di questo tipo per verificare la possibilità di usarli in guerra42 ; altri test vennero eseguiti nel 1968. Tra il 1940 e il 1970 malati di cancro (tra i quali bambini leucemici) e persone disabili vennero sottoposti a dosi molto intense di radiazioni per sperimentare la sensibilità dell'organismo umano (in particolare per le ricerche sulle alte esposizioni degli astronauti nei voli spaziali). Nel 1955 il governo degli USA eseguì degli esperimenti nel
sito
dei test del Nevada ponendo bevande confezionate commerciali
in prossimità del punto dell'esplosione (ground zero), per saggiare le c onseguenze sulla popolazione civile («Operazione teapot», tazza da
tea). Non sappiamo chi fossero gli scienziati coinvolti in (o ideatori di) questi esperimenti, ma non si può mancare di ricordare i criminali nazisti che furono portati da ll a Germania (Par. 1.3). Qualche anno fa è esploso il caso dell'esposizione deliberata da parte del governo britannico di militari britannici, australiani e neozelandesi al fall-out radioattivo durante i test nucleari condotti in Australia tra la fine degli anni '50 e i primi anni '60 43 : negli anni seguenti migliaia morirono di tumore, mentre nei veterani sono state osservate sterilità, malformazioni dei figli e varie malattie e tumori co ll egati alle radiazioni. La scoperta di documenti segreti ha sconfessato i dinieghi del governo britannico, inchiodandolo sul carattere «deliberato» di quelle esposizioni. Sembra di vedere un filo rosso che collega questi agghiaccianti esperimenti a ll a recente utilizzazione massiccia dei proiettili a uranio impoverito (Par. 6.7: il governo australiano ha dichiarato test con questi proiettili fin dagli anni '50 e ha annunciato un'indagine sanitaria sui volontari che furono esposti) ! Non va dimenticato poi il grande numero di incidenti nucleari militari44 : bombardieri con bombe nucleari a bordo che sono precipitati o si sono inabissati, collisioni tra aerei o navi con testate nucleari a bordo, sommergibili a propulsione nucleare e armati di testate nucleari affondati (v. Scheda 5.1). Si può dire che gli oceani sono pieni di vere e proprie «bombe a orologeria», che possono liberare (ove non l'abbiano già fatto) le terribili sostanze radioattive che contengono! Sembra che la follia e l'incoscienza umane, e il delirio tecnologico, non abbiano limiti. Vi è poi anche un aspetto, a cui di solito non si presta molta attenzione, di sicurezza delle testate schierate negli arsenali nucleari o trasportate da aerei o navi, e di possibili incidenti. Le misure di sicurezza mirano a minimizzare sia il rischio di incidenti durante la
Un dossier è fornito in: http://www.nuclearfiles.org/ethumancost/020429ong humanexp.htm. 41 Cfr. http://www.haaretz.com/hasen/spages/458044.html 42 Cfr. http://www.motherjones.com/news/outfront/1994/03/snider.html.
43 V. ad esempio Marina Forti, «Le cavie della guerra fredda», Il Manifesto, 20 maggio 2001. Anche questi (o almeno quelli noti) sono discussi in dettaglio nel citato Libro Greenpeace sull'Era Nucleare; i principali sono citati anche da Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare, pp. 68-71.
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manutenzione delle armi, sia la possibilità di un uso non autorizzato. A questo scopo furono introdotti gli alti esplosivi insensibili, come pure tutta una moltitudine di congegni di sicurezza. In ogni modo, durante i 40 anni che vanno dal 1945 al 1985 sono stati riportati un centinaio di incidenti che hanno danneggiato e avrebbero potuto facilmente far esplodere accidentalmente un ordigno nucleare 45 . Anche il complesso di produzione degli armamenti nucleari è stato soggetto a incidenti e fughe radioattive (Hanford, Savannah River, ecc.) 46 . Negli anni recenti è stata messa sotto accusa la base militare britannica di Sellafield per l'inquinamento radioattivo che avrebbe causato nei dintorni, e la stampa araba accusa la centrale «segreta» israeliana di Dimona di inquinamento radioattivo dei paesi limitrofi.
ziati che erano stati impegnati nel «Progetto Manhattan» e in altre imprese legate alla guerra (come il radar, la spoletta di prossimità, ecc.) fecero ritorno alle rispettive università lasciando l'impegno a tempo pieno per il governo, questo si pose il problema di trovare altre forme per mantenere comunque un rapporto proficuo con quella parte della comunità scientifica che non lavorava direttamente nella ricerca militare. Questo rapporto assunse molte forme, come vedremo anche nel prossimo paragrafo. Per assicurare che il governo federale non perdesse l'apporto del talento degli scienziati, venne stabilito un rapporto ufficiale di consulenza con gli scienziati di primo piano. Nel 1959 venne creata, per iniziativa di un insieme di autorevoli scienziati e consulenti del governo degli Stati Uniti, un gruppo semi-permanente di esperti, che teneva riunioni periodiche di studio 47 : esso fu chiamato «Divisione Jason», dal nome del mitico eroe greco Giasone all'avventurosa caccia del vello d'oro con gli Argonauti. Si tratta di un gruppo elitario di una cinquantina scienziati, tra i quali vari Premi Nobel, che si incontra ogni estate per alcune settimane per esaminare liberamente problemi legati alla sicurezza, alla difesa e al controllo degli armamenti posti dal Pentagno, dal Dipartimento dell'Energia o da altre agenzie federali, e forniscono rapporti dettagliati che rimangono in gran parte classified e spesso influenzano direttamente la politica nazionale. La Divisione Jason esiste tuttora, ma assunse un ruolo di primo piano con il Segretario alla Difesa Robert McNamara durante la guerra del Vietnam, quando completò tre studi particolarmente importanti, che influenzarono le concezioni e la strategia statunitensi: sull'efficacia dei bombardamenti strategici per tagliare le vie di rifornimento dei Vietcong, sulla costruzione di una barriera elettronica attraverso il Vietnam, e sulle armi nucleari tattiche. La partecipazione alla Divisione Jason mantiene un basso profilo, anche per la segretezza dei lavori, non esiste un elenco ufficiale completo dei membri, e questi raramente citano questo loro impegno nei loro rapporti e curricola. Inizialmente vi era una preponderanza di fisici, tutti maschi: successivamente è aumentato il numero di biologi, chimici, ingegneri, esperti di computers e di altre branche, e circa il 10% è
3.7 I rapporti del Pentagono con la comunità scientifica —
La ricerca scientifica e tecnologica, e in generale il potenziale intellettuale della comunità scientifica hanno sempre rivestito un'importanza fondamentale per l'amministrazione degli Stati Uniti e direttamente per il Pentagono. Il rapporto con la comunità scientifica non poteva però rimanere quello del coinvolgimento diretto che negli anni della mobilitazione della guerra aveva consentito la realizzazione dell'armamento atomico e di altre innovazioni di grande importanza per i militari. Da un lato, come abbiamo visto, venne creato un enorme settore tecnico-scientifico direttamente impegnato nello studio e nello sviluppo di armamenti nucleari e convenzionali ad alta tecnologia, con legami molto stretti con il complesso militareindustriale e le industrie impegnate nella produzione di armamenti (Scheda 2.1): anche gli esperimenti su «cavie umane» citati nel paragrafo precedente si sono basati su un'evidente complicità degli scienziati. Ma gli scienziati vengono considerati, al di là delle loro competenze specifiche, dotati di un'impostazione mentale generale e sistematica che si rivela particolarmente idonea anche per affrontare problemi e decisioni relative alla sicurezza nazionale. Quando gli scien45 Il Libro Greenpeace sull'Era Nucleare, cit., pp. 364 e sgg. 46
Ibidem.
132
D. Shapley, «Jason division: defense consultants who are also professors attached», Science, 2 febbraio 1973, pp. 459-462, 505; B. Vitale, The War Physicists, Liguori, Napoli 1976, p. 379. 47
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ora composto da donne. Dopo la guerra del Vietnam il ruolo della Divisione Jason sembrava diminuito, ma nel 2002 il contratto è stato rinnovato (anche se l'atteggiamento dell'attuale amministrazione sembra avere allontanato alcuni esperti) e oggi questo organismo sta nuovamente giocando un ruolo rilevante nei programmi nucleari (v. Par. 7.1).
comune 48 . Questa scelta ha ricevuto una copertura scientifica e ideologica: oggi i fisici delle alte energie ci dicono che con questi esperimenti stanno riproducendo le condizioni dell'universo nei suoi primi istanti di vita, secondo la teoria cosmologica del big bang49. Si potrebbe obiettare appunto che questa forse non costituisca la sola strada possibile per indagare le leggi fondamentali della natura, o che questi non siano i problemi più rilevanti da studiare, e che gli ingenti investimenti che richiedono potrebbero essere destinati a ricerche più utili (senza con questo volere vincolare la ricerca scientifica fondamentale a criteri di diretta e immediata utilità): ad esempio, la struttura dell'atomo era stata chiarita nei primi decenni del secolo interpretando le proprietà dell'atomo più semplice, quello dell'idrogeno, nel suo stato fondamentale e nei primi stati eccitati, e non studiando situazioni di atomi complessi, con moltissimi elettroni, o in stati altamente eccitati; o, come ulteriore esempio, la fondamentale teoria di Faraday e Maxwell dell'elettromagnetismo venne formulata studiando i campi elettrici e magnetici che si danno nell'esperienza comune, e non campi particolarmente intensi per i quali si richiedes-
3.8 — Lo statuto internazionale delle ricerche nella fisica del nucleo e delle alte energie
Nel frattempo avvenivano sviluppi in campo scientifico destinati a configurare un assetto internazionale (e a fornire anche una copertura ideologica) di cui vedremo nel seguito l'importanza anche per nuove concezioni relative alle armi nucleari. Abbiamo discusso nel Par. 2.5 l'avvio del processo di istituzionalizzazione della Fisica del Nucleo come branca di ricerca scientifica, e le origini della sua filiazione diretta, la cosiddetta fisica de ll e particelle elementari (o de ll e alte energie), e di altre branche come l'elettronica. Proprio negli anni '50 si delinearono sviluppi nuovi di grande rilevanza e con importanti implicazioni.
Le ricerche condotte sui raggi cosmici erano limitate dal fatto che i processi che si volevano selezionare e studiare avvengono casualmente. La linea di ricerca basata sugli acceleratori di particelle appariva più promettente perché consentiva di preparare fasci omogenei di particelle di natura ed energia determinata con la quale si potevano invece programmare gli esperimenti: vi era però un limite. Nei raggi cosmici sono presenti particelle di energia estremamente alta, ma prodotte casualmente: per potere eseguire esperimenti analoghi era necessario quindi costruire macchine acceleratrici di energia sempre più grande. Non sfuggirà che questa era la strada aperta da Lawrence negli anni '30 (Par. 1.1). Si potrebbe obiettare che questa scelta non è obbligata: costruendo macchine sempre più potenti, si decide di cercare le leggi fondamentali della natura in eventi prodotti in condizioni vieppiù artificiali, molto distanti e molto diverse da ll e condizioni dell'esperienza
Questa opinione è realmente stata espressa ad esempio da uno scienziato molto autorevole, anche se si tratta di un matematico e non di un fisico: il francese René Thom, autore della «teoria delle catastrofi». Egli ha scritto appunto: «Le ricerche sulle alte energie e le particelle elementari richiedono la realizzazione di situazioni estreme, assolutamente marginali, nelle quali si applica un'enorme concentrazione di energia in un volume molto piccolo. In questi casi, il problema è di sapere se le conoscenze che si spera di ottenere dallo studio di queste condizioni estremamente marginali meritino tutto lo sforzo che gli viene dedicato. Gli specialisti rispondono immediatamente di sì [...]. Certamente: gli specialisti sono evidentemente unanimi quando si tratta di dire che le loro ricerche servono a `penetrare sempre più a fondo' nell'enigma della materia e della radiazione, e che esse permettono di sperare di saperne di più sul loro comportamento e sulla loro costituzione [...1 ma un tale atteggiamento discende da un postulato difficile da dimostrare: che lo studio di condizioni sempre più marginali, sempre più estreme, conduca ad una migliore cornprensione della situazione normale. Questo è un postulato molto difficile da sostenere, e mi chiedo effettivamente se valga la pena di continuare a insistere in un modo così ostinato nello studio delle particelle elementari e de lle alte energie» (R. Thom, Paraboles et Catastrophes, Flammarion, 1983, pp. 127-128). Una critica tagliente alle tendenze più recenti della fisica delle alte energie, che si presenta come la «teoria del tutto» con connotati quasi «teologici», è sviluppata nel libro già citato di Margareth Wertheim, I Pantaloni di Pitagora: Dio, le Donne e la Matematica, Instar Libri, Torino 1996: un saggio in realtà dedicato a un tema non meno interessante, l'emarginazione delle donne dalla ricerca scientifica. 49 È la teoria secondo cui l'universo ha avuto origine da un'esplosione iniziale, una dell e cui tracce è ancora l'espansione dell'universo.
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La nuova branca della fisica delle alte energie
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sero apparecchiature eccezionali. Ma non è certo il caso di aprire qui una diatriba metodologica o ideologica. Ci interessa solo prospettare la legittimità del dubbio che vi siano state scelte di natura non solo, o non puramente scientifica, perché anche una persona profana di fisica ma dotata di buon senso non consideri gli scienziati come detentori della verità assoluta, e non cada nella trappola di prendere per oro colato tutto quello che essi dicono per giustificare o legittimare il loro operato (forse qualcuno ricorda ancora le figuracce che fecero pubblicamente eminenti scienziati per difendere l'energia nucleare). Credo che si possa legittimamente dubitare che la scelta di studiare le interazioni fondamentali della natura generando energie sempre più alte non fosse la sola possibile. In ogni caso, quello di cui si deve prendere atto è che gli sviluppi che sono avvenuti nel campo della fisica nucleare e della fisica de ll e particelle elementari (o meglio delle alte energie) hanno avuto anche motivazioni di altro genere. Oggi più che mai gli scienziati costituiscono una vera e propria corporazione, che porta avanti interessi specifici e stabilisce un rapporto di complicità con il potere: d'altra parte, proprio la bomba atomica è figlia di un connubio diretto tra scienza, politica e mi li tari, e non era certamente una strada necessaria per lo sviluppo dello studio del nucleo atomico! Con questo non si intende affatto sminuire l'importanza della ricerca e delle scoperte scientifiche: non si vede perché un aspetto debba escludere l'altro. Negli anni '50, dunque, lo sviluppo delle macchine acceleratrici di particelle generate dal ciclotrone di Lawrence acquistò ulteriore impeto: si costruirono acceleratori nuovi (sincrociclotroni, sincrotroni) di energia, dimensioni e costi crescenti (nell'immediato dopoguerra Lawrence ricevette dal generale Groves, direttore di Los Alamos, uno stanziamento di 170.000 dollari per la costruzione del sincrociclotrone). Poco a poco la fisica dei raggi cosmici divenne la «parente povera» della fisica dei grandi acceleratori e dei grandi centri di ricerca (i fisici dei raggi cosmici sembravano davvero personaggi di un'altra epoca, che si isolavano come eremiti in cima alle montagne coperte di neve per «catturare» le particelle e le radiazioni che giungono dal cosmo prima che esse interagiscano con gli strati densi dell'atmosfera). Dietro questa scelta vi erano anche interessi precisi, poiché lo sviluppo di qualsiasi ricerca scientifica implicava, allora ancora più di oggi, una totale dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti (basti pensare all'acquisto delle apparecchiature, mentre i
m iglioramenti e i progressi tecnici che si facevano potevano essere u tilizzati solo dall'industria statunitense). Ma a ben vedere questa
136
non era la motivazione più importante: vi erano ragioni e interessi più sottili.
Il ruolo degli Stati Uniti nella nascita del laboratorio europeo del CERN di Ginevra Mentre ricerche come quelle sui raggi cosmici potevano venire effettuate in paesi marginali con risorse molto modeste, lo sviluppo degli acceleratori di particelle richiedeva investimenti crescenti (nella seconda metà degli anni '30 il gruppo di Enrico Fermi a Roma aveva cercato di convincere il regime fascista a finanziare la costruzione di un ciclotrone, ma non vi era riuscito). Per potere imboccare questa strada i paesi che non erano grandi potenze economiche dovevano sviluppare forme nuove di collaborazione internazionale: si potrebbe dire che la scelta che era stata esclusa per le armi nucleari venne seguita invece per la ricerca fondamentale. Ma vi erano motivi non proprio neutrali, non si trattava solo di una tendenza intrinseca de ll a scienza. Per gli Stati Uniti, mentre lanciavano il programma dell'«Atomo per la Pace», diveniva molto importante anche potere utilizzare per i loro fini il potenziale scientifico esistente nei paesi alleati. Per questo era fondamentale un doppio requisito: che le ricerche si svolgessero in campi completamente liberi da qualsiasi vincolo di segreto, senza però che questi paesi avessero per questa via accesso a conoscenze o tecniche di interesse militare diretto, cosa che potevano fare successivamente gli Stati Uniti. Si trattava allora di favorire o sostenere lo sviluppo in altri paesi di campi di ricerca che fossero in qualche modo «vicini» alle ricerche militari, nel senso che fornissero conoscenze e capacità che solo gli Stati Uniti fossero poi in grado di trasferire nel campo militare. Non si tratta, si badi, di un'ipotesi fantasiosa: essa emerge con molta chiarezza da documenti ufficiali statunitensi che sono trapelati più tardi. Nel 1949 il sottosegretario di stato J.E. Webb incaricò una commissione di consiglieri politici e scientifici (si osservi il crescente ruolo politico degli scienziati) di stendere un rapporto su quale avrebbe dovuto essere la politica estera degli USA in materia scientifica. Nel documento finale della commissione si legge tra l'altro: 137
La proliferazione diventa adulta
Il lancio della proliferazione nucleare
La sicurezza degli USA, e quella dei popoli liberi con la quale si identifica la nostra propria sicurezza, dipende da una politica nazionale che tenga correttamente conto del potere della scienza. Un forte potenzial e intelua,omprinqleastov,puòrdeli creatrici fondamentali importanti per il nostro benessere e la nostra sicurezza nazionale. È chiaro che ta li idee dovranno essere integrate rapidamente e continuamente nel nostro pensiero scientifico. In nessuna circostanza dobbiamo venire sorpresi per avere mancato di riconoscere o per avere sottovalutato un'idea o un qualche progresso scientifico vitale per il nostro avvenire. Gli avvenimenti degli anni passati mostrano purtroppo che noi potremmo subire un'altra Pearl Harbour, che ci potrebbe derivare dal progresso della scienza se noi lasciamo semplicemente le cose al caso. E...] La scienza fondamentale è la base di tutte le tecnologie; le idee che escono dai laboratori oggi prenderanno forma domani nelle mani dei tecnici. Qualsiasi programma serio di assistenza tecnica deve ammettere questo fatto. L'aiuto alla scienza fondamentale è giustificato dalla garanzia che la tecnologia del futuro avrà uno stock di idee nuove a cui appoggiarsi 5o
Ma le ricerche che investono la sfera della sicurezza nazionale sono coperte da segreto. La via per superare questa difficoltà veniva indicata nel 1952 da M.H.D. Smith, membro dell'AEC, il quale si riferiva significativamente proprio all a fisica delle alte energie: [...] Per fortuna ci sono certi campi di lavoro della AEC dove il segreto può e deve essere dimenticato. Ci sono dei domini della ricerca scientifica fondamentale dove la possibilità di un'utilizzazione militare immediata è troppo piccola al confronto della necessità di una ricerca molto spinta e aperta. La fisica delle alte energie è un tale dominio. La conoscenza che acquisiremo a partire dagli studi in questo campo di attività ci può aiutare alla fine a fabbricare armi migliori, ma possiamo stare certi che ciò avverrà in tempi molto lunghi. L'aiuto che riceveremo sarà talmente indiretto da poter essere trasferito nella zona del segreto senza estendere tale zona.
Insomma, il fatto che questa fisica non abbia implicazioni militari dirette, si traduce in un interesse militare differito. Vedremo meglio nel Cap. 9 che le cose forse non sono andate esattamente così, e che soprattutto oggi i rischi di proliferazione nucleare sono legati, oltre che alla commercializzazione dei reattori nucleari, anche a questo statuto internazionale che gli USA hanno voluto dare a questi settori di ricerca, per i loro calcoli, e facendo leva sulle aspirazioni de ll a comunità scientifica internazionale: d'altra parte, è ormai storia nota che le «astuzie» degli USA si ritorcono spesso contro loro stessi, come è avvenuto con Saddam Hussein o con i taleban, per ricordare solo i casi più recenti. Comunque sia, allora si delineò un obiettivo ambizioso della politica scientifica statunitense: quello di promuovere, o incoraggiare, la formazione di grandi organismi scientifici multinazionali europei, senza alcun carico diretto per il bilancio nazionale: ritroviamo il fisico Rabi, che era preoccupato della proliferazione nucleare (Par. 3.3): Nel giugno del 1950 il fisico americano Rabi iniziò il primo passo concreto verso la creazione di tale laboratorio intereuropeo. Quale membro della delegazione degli Stati Uniti, egli era presente alla conferenza dell'uNESco che si teneva quell'anno a Firenze. Parlando ufficialmente a nome degli Stati Unitis sollecitò l'UNESco a usare i suoi buoni uffici per impiantare un laboratorio di fisica (egli aveva in mente la fisica de lle alte energie) con mezzi che potessero essere superiori a quelli a disposizione di ogni singola nazione europea e che potessero essere confrontati con quelli degli USA a Brookhaven e Berkeley. Questo fu un passo importante perché in tal modo il progetto ebbe il sostegno del prestigio e dell'influenza dell a scienza americana. Nel corso della discussione avutasi a quell'epoca Rabi mise l'accento sull'opportunità di non avere al CERN nessun reattore nucleare52 , dal momento che essi hanno applicazioni sia
50 II rapporto fu pubblicato nel 1950 con il titolo «Science and foreign affairs» (pubblicazione 3860 del Dipartimento di Stato): le notizie che qui riportiamo furono in parte rese note nel maggio 1953 da un articolo apparso su La Nouvelle Critique, «Un plan USA de mainmise sur la science», e sono riprese nel saggio di Angelo Baracca e Silvio Bergia, La Spirale delle Alte Energie, Bompiani, Milano 1975, pp. 35 e sgg.
51 La risoluzione che propose e fu approvata era stata autorizzata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. 52 In effetti molti europei si erano illusi, avendo interpretato la sua proposta come un laboratorio che avesse sia un acceleratore per la fisica delle alte energie, sia un reattore per la fisica nucleare delle basse energie: ma Rabi chiarì esplicitamente i limiti della proposta statunitense (mascherandola con l'argomento che la presenza di un reattore di potenza implicava degli interessi che avrebbero minato la collaborazione europea). E un aspetto da sottolineare, perché gli Stati Uniti intendevano salvaguardare il proprio monopolio nucleare, che di lì a qualche anno avrebbero incominciato a sfruttare commercialmente, mentre gli europei erano del tutto subalterni alla volontà americana.
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La proliferazione diventa adulta militari che commerciali; e infatti non ce n'è nessuno. [...] Il primo direttore, scelto nel 1954, fu il prof. Felix Bloch, dell'Università di Stanford (usA) 53 .
In questo contesto nasceva così, con la benedizione di Washington, la prima grande impresa scientifica intereuropea a cui partecipavano numerosi paesi, il centro di ricerche di fisica delle alte energie del CERN. Non ripercorreremo in alcun modo la sua storia, che è ormai stata ricostruita in grandissimo dettaglio 54 . Nel clima politico che abbiamo già delineato questa linea si inseriva nella volontà di rafforzare un blocco europeo anticomunista (in cui si inserivano anche l'avvio del processo di integrazione europea, e il reinserimento a pieno titolo della Germania); e questo si rifletteva nelle strutture e nella vita del CERN: per venire assunti si doveva formare una dichiarazione di non appartenere a partiti politici e un impegno a non svolgere attività politica né all'interno, né all'esterno del centro. Ricordiamo solo en passant che l'Italia perse la grande occasione di ospitare la sede di questo centro, per cui venne scelta alla fine la città di Ginevra, in Svizzera, vicino al confine con la Francia. Il CERN è così divenuto un gigantesco centro di ricerca, che rivaleggia e spesso ha sopravanzato i centri di ricerca statunitensi nel settore della fisica delle alte energie (lì Carlo Rubbia ha conquistato il nostro terzo e ultimo premio Nobel per la fisica 55 nel 1984). Il CERN si fregia del vanto di fare solo ricerca pura e di non occuparsi di ricerche militari. Ma questa affermazione in realtà può essere contestata. In primo luogo perché, anche senza contestare il punto di vista ufficiale, non è affatto chiaro se, quando e come gli USA abbiano potuto usufruire di ricadute militari differite, ossia del trasferimento di tecniche o conoscenze che essi hanno poi «inglobato» nel campo militare. Anzi, la linea di demarcazione tra applicazioni «civili» e «miliJ. Bernstein, Project Physics Reader, Vol. 6, p. 71. Una ricostruzione recente basata su documenti declassificati è in John Krige, «I. Rabi and the birth of CERN», Physics Today, Vol. 57, settembre 2004, p. 44 (http://www.physicstoday.org/vol57/iss-9/p44.html). 54 A. Hermann, J. Krige, D. Pestre, U. Mersits (eds.), History of CERN, North Ho ll and, Amsterdam 1987; J. Krige e D. Pestre, in P. Galison, B. Hevly (eds.), Big Science: the Growth of Large-Scale Research, Stanford University Press, Stanford CA 53
1992.
precedenti furono Guglielmo Marconi (1909) ed Enrico Fermi (1938) (ed Emilio Segrè, 1959, ma era già cittadino statunitense).
55 I
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tari» è sempre più indefinita e le tecnologie dual use proliferano,
anche se si cerca di mantenerle strettamente nascoste. Ma sembra certo che si possa parlare anche di applicazioni, o ricadute mi litari dirette. Una ventina di anni fa venne pubblicato uno studio molto c ircostanziato de lle implicazioni applicative, e anche militari, più o meno dirette, delle ricerche svolte al CERN 56: acceleratori capaci di produrre plutonio, armi a fasci di particelle, sistemi tele-informatici per la trasmissione di un grande numero di dati via satellite, ricerche sulla fusione nucleare; per alcune ricerche vi sono stati contatti diretti con Los Alamos. Si può argomentare inoltre che questo statuto internazionale, libero e aperto, de lla ricerca scientifica forniva agli Stati Uniti anche uno strumento per conoscere le capacità tecnico-scientifiche de lla comunità scientifica sovietica, anche se i fisici sovietici preferirono creare un proprio Istituto di Ricerche Nucleari a Dubna (1956), un'impresa simile al CERN, per promuovere la collaborazione con i paesi socialisti 57 . Le ricerche sulla fusione nucleare controllata Ma, parallelamente allo sviluppo impetuoso della fisica delle alte energie, avvenivano sviluppi non meno importanti in altri settori di ricerca di base, come l'elettronica, l'ottica (ad esempio i laser), l'optoelettronica. Aggiungiamo qualche considerazione sulla fusione nucleare controllata, poiché dovremo occuparcene a proposito della proliferazione nucleare: il suo scopo ufficiale sarebbe la futura realizzazione di reattori nucleari basati sulla reazione di fusione di nuclei leggeri (mentre i reattori attualmente in uso sono basati sulla fissione nucleare e la reazione a catena) per produrre energia elettrica in quantità sr
Jacques Grinevald, André Gsponer, Lucile Hanouz, Pierre Lehmenn, La Quadrature du CERN, Editions d'en bas, Losanna 1984. Ritorneremo su queste appli-
cazioni militari nel Cap. 9. Oltre al libro citato bisogna citare anche quello di Robert Jungk, Die Grosse Maschine: Auf dem Weg in eine andere Welt, Goldmann Verlag, 1966: il libro ha avuto una riedizione nel 1986, in cui l'autore in una Postfazione sottolinea che era stato inizialmente convinto che il CERN fosse un laboratorio di ricerca pura, ma di essersi poi convinto delle sue implicazioni mi litari; la Postfazione è disponibile in francese in: http:// cui. unige.ch/isi/phys/Jungk-postface.html. David Holloway, Stalin and the Bomb: the Soviet Union and Atomic Energy, 1 939-1956, cit., p. 354.
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praticamente illimitata, sfruttando il deuterio contenuto nell'acqua degli oceani. Il problema principale (ma ve ne sono molti altri) per realizzarla consiste nel generare temperature di decine di milioni di gradi in un plasma confinato spazialmente (v. Appendice 1.1.u). Le ricerche in questa direzione iniziarono molto presto, alla fine degli anni '40. Sir George Thomson sviluppò addirittura un brevetto per un reattore a fusione. Poiché ritorneremo sulle implicazioni di questi progetti nel Cap. 9, per inquadrare correttamente il problema vale la pena di chiedersi a che punto siamo con la fusione controllata. Già negli anni '50 i fisici affermavano che la fusione controllata sarebbe stata ottenuta in un tempo dell'ordine di un decennio. Anche questo campo di ricerca, così promettente, assunse uno statuto internazionale simile a quello dell a fisica delle alte energie, con l'impegno di molto paesi (USA, URSS, Gran Bretagna, Giappone, Francia, Germania, Italia, ecc.) e, dopo il lancio dell'Atomo per la Pace, con collaborazioni internazionali volte a realizzare macchine per la fusione sempre più grandi, complesse e costose. Ma queste luminose promesse non si sono mantenute: ogni decennio che passava la fusione controllata non veniva realizzata, ma ogni volta si proclamavano i grandi progressi fatti e si ripeteva che la sua realizzazione era questione... di un decennio! Per fare solo un esempio, quasi 20 anni fa uno dei maggiori specialisti dichiarava:
poi un periodo simile per realizzare un prototipo funzionante, ed
La fusione non è un sogno. E per arrivarci non occorrono né tanto tempo né tanti soldi. [...] È vero che al reattore... non ci siamo ancora, ma la teoria necessaria è già scritta e pubblicata, ormai da sette-otto anni. Dobbiamo costruire la macchina che la sperimenti. E non dobbiamo aspettare il Duemila: mi bastano cinque anni e 100 miliardi di lire 58. Ma oggi, dopo mezzo secolo di ricerche e tentativi, siamo ancora sostanzialmente a questo punto, almeno per quanto riguarda le previsioni dei tempi: se ci si chiede quali siano le prospettive attuali de ll a fusione nucleare controllata, non si può che concludere che nel caso più ottimistico (e in passato sempre smentito dai fatti) possano occorrere almeno una decina d'anni per realizzarla in laboratorio, Intervista a Bruno Coppi (specialista nel campo de ll a fusione nucleare) di Maurizio Ricci, «Sto creando una specie di sole», in Duemila Fisica, supplemento al n. 285 dc La Repubblica, 3 dicembre 1986, p. 76.
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un'altra decina d'anni per realizzare una filiera commerciale. Ins omma, se non si arriva alla metà del secolo, poco ci manca, e in una v alutazione ottimistica. Ma allora non si può sfuggire alla domanda: perché continuare ad investire grandi somme in queste ricerche quando vi sono settori, come le energie rinnovabili, il cui sviluppo e le cui applicazioni appaiono senz'altro più vicini, e anche più promettenti? Non vi è alcun dubbio che le intenzioni con cui molti scienziati e tecnici si dedicano a queste ricerche siano sincere, convinte e appassionate, in piena buona fede. Ma si può ripetere un ragionamento analogo a quello appena fatto per la fisica de ll e alte energie: le grandi potenze, in primo luogo gli Stati Uniti, sono le sole, per lo meno le prime, in grado di «inglobare» eventuali scoperte o realizzazioni con implicazioni militari nell'area del segreto, per utilizzarle poi con questa prospettiva. Non seguiremo nei prossimi capitoli gli sviluppi delle ricerche sulla fusione nucleare controllata, perché non fanno parte direttamente del tema di questo saggio, ma le riprenderemo complessivamente nel Cap. 9, dove vedremo che è effettivamente molto plausibile che le implicazioni mi li tari possano divenire particolarmente gravi, soprattutto nel prossimo futuro, e riprenderemo il problema dello statuto internazionale assunto da tutto questo settore di ricerca.
Appendice 2.1 DOVE HA PORTATO L'«ATOMO PER LA PACE»? STATO, PROSPETTIVE E PROBLEMI DELL'ENERGIA ELETTRONUCLEARE OGGI NEL MONDO. E IN ITALIA59
In questo saggio non ci occupiamo direttamente del nucleare «civile». Riteniamo però utile e opportuno aggiungere un ragionamento specifico, viste da un lato le implicazioni dirette di questo settore con la proliferazione nucleare, e dall'altro che i progetti per un rilancio di questa fonte energetica stanno rispuntando un po' ovunque, spesso completamente a spro59 Le considerazioni che seguono costituiscono un adattamento di un mio articolo, «Irrazionalità del modello nucleare», apparso su Giano, Pace Ambiente Problemi Globali, n. 46 (aprile 2004), pp. 99-115. Ho eliminato o ridotto quelle parti che hanno un diverso svolgimento nel presente saggio, rivisto e aggiornato altre.
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posito e senza nessuna base realistica, com'è avvenuto in occasione dei colossali black out dell'estate del 2003 (14 agosto, USA; 28 agosto, Londra; 23 settembre, Danimarca; 28 settembre, Italia: saranno state coincidenze!?), che ben poco avevano a che fare con problemi di mancanza di energia! Anche se discuteremo specificamente la triste esperienza italiana, è opportuno ricordare fin dall'inizio che essa venne chiusa ufficialmente dal referendum del 1987. Oggi aumentano le manovre per aggirarlo: il decreto sull'energia del governo Berlusconi autorizza le aziende italiane a costruire centrali nucleari all'estero. E puntualmente l'Enel avrebbe trovato «l'uovo di Colombo», acquistando centrali nucleari nientemeno che in Slovacchia 6o: così non gestirebbe formalmente reattori nucleari in casa, ma diverrebbe proprietario di quella tipologia di centrali dell'Est che l'Unione Europea considera insicure e vorrebbe smantellare! In questa analisi mi soffermerò soprattutto su alcuni aspetti che nel dibattito sul nucleare spesso vengono trascurati, o comunque lasciati in secondo piano, rispetto ai molto più dibattuti problemi della sicurezza e de ll e scorie nucleari. Infatti, ho partecipato a ll e lotte contro il nucleare in Italia fin dal loro nascereó 1 , ma non ho mai condiviso un'impostazione che centra l'opposizione sui problemi de ll a sicurezza. Non che questi non esistano, o siano marginali: tutt'altro! Ma sono convinto che i limiti del nucleare siano innanzi tutto strutturali, inerenti alle sue caratteristiche di fondo: da cui dipendono anche gli aspetti della sicurezza. Incomincerò con considerazioni generali sull'energia nucleare, e successivamente prenderò in esame aspetti inerenti al nostro paese. Il confronto tra nucleari e anti-nucleari è purtroppo diventato un dialogo tra sordi: ciascuno è pervicacemente convinto delle proprie tesi, i nucleari insistono su «prove» che gli anti-nucleari contestano, o per lo meno questionano, trovando a loro volta un muro da parte dei primi. In queste condizioni è praticamente impossibile essere «equilibrati» e «obiettivi». Personalmente, anche in campo scientifico, dubito sempre dell'autorità e dei pro-
clami di obiettività. Qui mi soffermerò su punti controversi, portando spesso argomenti che appaiono in contrasto con le verità ufficiali (dei nucleari): non sempre lo faccio con l'intenzione di affermare altre «verità», ma per suggerire che molte cose potrebbero stare in modo diverso da come si afferma. Nel caso del nucleare, infatti, troppo spesso è accaduto che «verità ufficiali», autorevolmente sostenute, si siano dimostrate false, mentre affermazioni contestate come «false» o «di parte» si siano (purtroppo) rivelate drammaticamente vere! Non ritornerò sulle implicazioni del nucleare «civile» per la proliferazione nucleare, ma vediamone un riflesso specifico.
Guglielmo Ragozzino, «L'Enel riscopre il nucleare», Il Manifesto, 24 settembre 6e 2004, p. 10. 61 Mi si perdonino alcune annotazioni autobiografiche. Uno dei primi saggi contro il nucleare che videro la luce in Italia fu redatto da un gruppo di studenti del Collettivo di Fisica di Firenze, i quali da soli lavorarono egregiamente e, essendo più liberi da preconcetti, videro lontano: il titolo era molto eloquente, I Nucleodollari, come pendant del termine coniato per i «petroldollari» (Ciliberto, Craparo, Del Fante, Livi, Lugli, Pettini, Politi, Raspini, Vallerini, I Nucleodollari, cp editrice, Firenze 1977): la tesi che il nucleare, nelle versioni complementari del «militare» e del «civile», serviva «per fare profitti» emergeva ed era perfettamente documentata. Conformemente alla composizione degli autori, quel saggio — rigoroso sul piano tecnico e documentato sul piano generale — era senza dubbio connotato da una forte radicalità, ma rimane a mio avviso ancora oggi attualissimo.
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Francia vs. Stati Uniti Nessuno (a quanto ne so) si interroga seriamente sul fatto curioso, sbandierato come esempio dai filo-nucleari, del perché la Francia (che ha ricevuto questa tecnologia dagli USA: di solito non si ricorda che negli anni '60 la Francia aveva sviluppato una propria filiera di reattori) produce quasi tutta la sua energia elettrica da centrali nucleari, mentre negli Stati Uniti per un quarto di secolo non si sono commissionate nuove centrali (dopo l'incidente di Harrisburgh del 1979) 62 . A mio avviso vi è almeno un fattore che contribuisce a questa «anomalia». In Francia l'industria elettrica è nazionalizzata (ancora non per molto, dato il vento che tira anche oltralpe) e il paese possiede anche uno degli arsenali nucleari più moderni: lo Stato, quindi, gestisce unitariamente entrambi i settori, il che consente notevoli economie di scala; ma forse permette anche di assorbire notevoli «diseconomie» insite nei bilanci militari, che non sono direttamente produttivi (anche se poi possono consentire lauti profitti commerciali), senza tenere conto dei sussidi diretti dello Stato. Mi sembra proprio difficile un calcolo anche estremamente grossolano, ma attendibile, del costo reale del kWh elettrico prodotto in Francia (anche se gli utenti lo pagano un terzo rispetto all'Italia). A parte le economie che 6z
Secondo i dati ufficiali l'incidente non ebbe nessuna conseguenza sulla popola-
zione, ma vi è chi contesta la versione ufficiale. Rosalie Bertell nel 1998 ha presentato un esposto circostanziato, On Ongoing Cover-up of the Three Mile Island Accident, accusando l'allora Presidente Jimmy Carter: http://www.ratical.org/radia-
tion/RBonTMIcu.html; http://www.ratical.org/radiation/TMIcoverup.html; http: //www.ratical.org/radiation/RBtoJCreTMI.html . Uno studio dell'Università del North Carolina sostiene di «avere riscontrato dopo il 1979 un impressionante aumento dell'incidenza dei casi di cancro nella zona sottovento rispetto alla centrale»: «Environmental Health Effects», Journal of the National Institute of Environmental Health Sciences, 24 febbraio 1997 (cit. in M. Dinucci, Il Potere Nucleare, cit., p. 82). Cito anche un vecchio articolo: Y. Nakagawa, «L'Incidente», Scienza Esperienza, n. 33, marzo 1986, p. 28.
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derivano dall'integrazione tra i settori, quanti costi saranno stati scaricati sul militare? I reattori francesi hanno fornito (almeno in parte, e soprattutto all'inizio) l'esplosivo per le bombe, e credo che molti investimenti nei settori civile e militare siano strettamente intrecciati 63 . La Francia, inoltre, è uno dei pochi paesi ad avere pericolosi e inquinanti impianti di ritrattamento del combustibile esaurito, necessari per estrarre il plutonio per le bombe 64, finanziati almeno in parte dai paesi che vi ritrattano il proprio combustibile esaurito. I contribuenti francesi avranno certamente pagato per altra via, o sotto altre voci, la force de frappe. Negli USA la situazione è del tutto diversa, se non opposta. La produzione di energia elettrica è completamente privatizzata e suddivisa tra molte imprese, mentre ovviamente la produzione e la gestione dell'arsenale militare competono allo Stato. I bilanci e le logiche economiche delle imprese private funzionano in modo diverso: le più grosse hanno anche importanti ricerche e produzioni militari, ma non gestiscono direttamente programmi nucleari militari, e sembra per io meno difficile ipotizzare che possano scaricare eventuali perdite di un programma di costruzione di centrali elettronucleari sul proprio settore di produzione militare. Questa analisi appare supportata anche dalle osservazioni che faceva Barry Commoner sul fatto che i costruttori privati di reattori nucleari per venderli avevano fatto stime dei costi, e offerte agli acquirenti, che si rivelarono troppo basse 65 . Dopo l'incidente di Harrisburgh, quando i vincoli e i requisiti legati alla sicurezza vennero via via resi più rigidi, si allungarono in modo anche imprevedibile le procedure e i tempi per la licenza di esercizio de ll e nuove centrali, i costi risultarono insostenibili per le imprese private e si arrivò così alla paralisi delle commesse di nuove centrali (va osservato comunque che con questo meccanismo se ne è intrecciato un altro: le multinazionali del settore si spo-
starono sull'estrazione dei combustibili fossili, anche se l'estrazione del petrolio texano era in rapido declino, avendo di mira l'assalto all'Alaska; la proibizione, almeno per ora, di toccare l'Alaska ha avuto come risultato il progetto di Bush di ricommissionare tutti i reattori nucleari, cioè di costruire nuovi reattori nei siti dei vecchi man mano che questi vengono dismessi (si calcola che questa politica scellerata, se non verrà fermata, porterà gli USA nel 2050 ad essere nuclearizzati come la Francia!).
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È il caso ad esempio dell'impianto di confinamento inerziale in costruzione,
Mégajoule, in cui 240 lasei riprodurranno le condizioni fisiche di un'esplosione ter-
monucleare: vi ritorneremo nel Cap. 9. 64 Sempre la Francia è stato il paese che ha compiuto il massimo sforzo per cercare di realizzare i cosiddetti «reattori veloci» al plutonio (Appendice 1.1.r), chiamati anche «autofertilizzanti» (breeders), perché possono produrre più plutonio (con il bombardamento dell'uranio-238) di quanto ne bruciano (di qui i nomi Phoenix e Superphoenix, dal leggendario uccello, la Fenice). La riprova dell'interesse militare di questi reattori è data dai programmi della Cina e dell'India (Cap. 8). L'esperienza francese fu un disastro, era connessa con i programmi militari, ma suoi costi (anche se una piccola parte dell'intero programma nucleare) non si sono certo riflessi sul costo dell'energia elettronucleare francese, che deve dimostrare di essere economica: anzi, si ricordi che al progetto partecipava anche l'Italia (v. oltre), e potrebbe anche darsi che i costi siano stati almeno in parte scaricati su di noi, con l'affare dell'energia che ci viene venduta! 65 B. Commoner, La Povertà del Potere, Garzanti, Milano 1976, p. 129.
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Investimenti, dimensioni, rigidité, controllo La questione della scelta tra il ricorso all'energia nucleare o ai combustibili fossili è complessa: riecheggiando Candido di Voltaire, la sola conclu-
sione è di «non scegliere né l'una né gli altri»! Vi sono però esigenze pratiche che non si possono eludere con posizioni ideologiche. La transizione alle energie rinnovabili e pulite con un cambiamento radicale del nostro modello energetico e sociale non sembra all'orizzonte immediato, e comunque non si potrebbe attuare da un giorno all'altro. Per essere realisti occorre, soprattutto oggi, programmare una fase di transizione, probabilmente lunga e complessa, durante la quale, anche se le cose andassero come noi vogliamo, si dovrà fare ricorso a fonti energetiche che non ci piacciono e che inquinano. I sostenitori dell'energia nucleare insistono sui suoi costi minori e sull'assenza di emissioni di CO 2 . La costruzione di una centrale nucleare è più cara di quella di una centrale termoelettrica di pari potenza, e richiede tempi più lunghi, con la corrispondente immobilizzazione dell'investimento. Il combustibile nucleare, sempre a parità di energia, costa meno (e costerà sempre meno) dei combustibili fossili: anche se occorre tenere in conto i costi per lo smantellamento finale dell'impianto, il trattamento e lo stoccaggio di scorie radioattive per decenni o secoli (v. oltre) e il ritrattamento del combustibile irraggiato, che separa notevoli quantitativi di plutonio66 (e sempre che non si verifichino rilasci radioattivi o incidenti gravi della centrale). Naturalmente è facile obiettare che l'uso dei combustibili fossili comporta pesanti rilasci di CO2 , ossidi di zolfo (piogge acide) e azoto, polveri, metalli pesanti: anche se alcuni di questi inquinanti possono essere ridotti con il ricorso a tecnologie, peraltro costose, la conclusione di Candido sembra la sola possibile. La valutazione de ll a radioattività, su cui tornerò, dipende comunque anche fortemente da valutazioni personali. Due paesi che hanno accumulato ingenti quantitativi di plutonio dal ritrattamento del combustibile esaurito e possiedono sicuramente tutte le competenze per realizzare bombe nucleari in breve tempo sono il Giappone e la Germania: ritorneremo su questo punto nel Par. 7.6.
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La proliferazione diventa adulta E tuttavia io credo (non mi si prenda per questo come un sostenitore dei combustibili fossili!) che il nucleare presenti caratteristiche di rigidità che lo rendono assolutamente inadeguato: soprattutto per una fase di transizion e echedovrbpsntaecrih,npatoledruzi eutilzaondcre'gia,ontclevi,gston democratica e diretta, con una corrispondente consapevolezza e responsabilizzazione dei cittadini. Penso ad esempio a «sistemi a energia totale», di piccola e piccolissima taglia, decentrati nei quartieri (il «ciclo combinato gas-vapore» supera il rendimento del 60%) o nei condomini (il vecchio «Totem» che aveva messo a punto la Fiat 67 : e poi si parla di crisi dell'auto e della necessità di differenziare la produzione!), impianti di teleriscaldamento, azionati prevalentemente a gas naturale (il picco di estrazione di questo combustibile fossile è previsto attorno al 2030; ma vi sono diverse esperienze di alimentazione con cascami agricoli o biomasse; va detto an che che non per questo qualsiasi progetto di tali impianti debba essere accettabile!). Dall'energia nucleare inoltre è possibile ricavare solo energia elettrica, che è solo una parte de ll a richiesta energetica. Le centrali nucleari per la loro natura, le dimensioni e le potenze, implicano un sistema centralizzato e rigido di produzione di energia elettrica. Esse non possono essere costruite all'interno dei, o troppo vicine ai centri abitati. Per motivi strutturali la loro taglia non può essere inferiore a certi limiti. Per tutto ciò, ad esempio, la cogenerazione, anche se vi sono esperimenti in proposito, indubbiamente non corrisponde a quello per cui le centrali nucleari sono nate, costituisce un'evidente distorsione, e non si presta comunque a certe applicazioni degli impianti tradizionali. Non si può dimenticare ancora che l'energia nucleare, per sua natura e per motivi di sicurezza, implica forme di controllo rigido del territorio e di militarizzazione (soprattutto quando incombe una minaccia terroristica), che certamente vanno in direzione diametralmente opposta alle richieste di democratizzazione e gestione decentrata. Mi sono sempre battuto contro l'idea che il nucleare sia una tecnologia avanzata, come spesso si sostiene: in particolare non può essere una tecnologia appropriata, cioè idonea a esigenze di sviluppo sostenibile (uso per comodità questo termine, che ritengo molto ambiguo), o alle esigenze di paesi in via di sviluppo. E piuttosto una tecnologia complessa, che però significa tutt'altra cosa! Questa complessità è connessa strettamente con gli aspetti di rigidità, sicurezza, centralizzazione, controllo che ho appena discusso. Senza contare, ovviamente, le implicazioni per i rischi di proliferazione, che sono al centro del presente saggio.
Il lancio della proliferazione nucleare Efficienza energetica totale
Può sembrare assurdo porsi il problema dell'efficienza energetica totale di un impianto elettronucleare, cioè se esso effettivamente fornisca lungo la sua vita una quantità di energia elettrica superiore a quella complessiva che si spende nella sua costruzione, nel combustibile (in tutto il suo ciclo, dall'estrazione al ritrattamento o smaltimento, compreso il recupero integrale dell'area mineraria), nella dismissione totale. Eppure la questione sembra non essere del tutto priva di senso, e la risposta può non essere univoca, almeno stando a uno studio circostanziato relativo ai reattori ad acqua leggera (PWR e in parte BWR) 68 . Pur con tutte le incertezze, innegabili, che una valutazione siffatta comporta, l'energia netta (nel senso precedente) fornita dal reattore dipende dall'efficienza con cui esso «brucia» il combustibile, ma anche in modo cruciale dal tenore in uranio del minerale: quando questo è molto basso (se il ricorso al nucleare divenisse prevalente, si dovrebbe ricorrere ai minerali di questo tipo), il recupero dell'energia potrebbe richiedere più di 15 anni, o anche più dei 24 che sembrano essere la massima vita dei 399 reattori su cui si hanno dati. Lo studio conclude che «se tutte le riserve conosciute, 2,8 Tg (teragrammi: 1 Tg = 10 12 grammi = un miliardo di kg), di uranio «bruciabile» venissero convertite in elettricità, si avrebbe una produzione totale di energia di 160 EJ (esajoule: 1 EJ = 10 18 J). La produzione mondiale attuale di energia elettrica è stimata in 55 EJ all'anno. Se essa dovesse venire prodotta dalla sola energia nucleare, le riserve conosciute di uranio si esaurirebbero in tre anni. Anche supponendo che queste stime dell'efficienza energetica e/o delle riserve di uranio fossero sbagliate di un fattore dieci, avrebbe senso basare il futuro delle nostre forniture energetiche su una fonte che forse potrebbe durare pochi decenni?» Una «strage energetica» Ma vi è ancora un aspetto dello sfruttamento dell'energia nucleare per usi civili che mi ha sempre colpito: un processo fisico così complesso, che sfrutta la forma di energia più concentrata che si conosca in natura, racchiusa all'interno del nucleo dell'atomo, viene utilizzato... degradandolo in calore! Qualcuno l'ha chiamata una «strage energetica» 69. Sarebbe come
Si trattava di un motore di una 127 adattato per produrre simultaneamente energia elettrica e calore per un condomino.
P. Smith, «The energy efficiency of nuclear power», Ines Newsletter, n. 40, February 2003, p. 2; lo studio complessivo si trova in Internet, al sito: www. oprit.rug.nl/deenen . Ines (International Network of Engineers and Scientists for Global Responsibility) è una rete di ingegneri e scienziati attivamente impegnati per la pace, il disarmo e uno sviluppo sostenibile. 69 Queste considerazioni attengono al secondo principio della termodinamica, il quale stabili sce l'irreversibilità dei processi natura li, quindi anche delle trasformazioni dell'energia, l'inevitabile dissipazione che essi comportano, e di conseguenza l'attribuzione di diversi gradi di qualità alle varie forme di energia. Le energie più
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Il lancio della proliferazione nucleare
La proliferazione diventa adulta usare una centrale termoelettrica per accendere una sigaretta. Mi stupisce molto che non si sia trovato nessun modo più razionale, dal punto di vista dell a qualità dell'energia, per sfruttare l'energia del nucleo. E in effetti altri processi sono stati proposti, purtroppo per scopi militari. Nel Cap. 9 esamineremo il problema delle ricerche in corso su nuovi processi nucleari, come sempre con scopi militari. Ma se si pensa a possibili usi civili di nuovi processi, viene in mente oggi almeno un esempio. Nel 2002 la New Scientist ha informato sulla messa a punto di un processo nu- rivsta cleare di tipo nuovo 70 . Come vedremo meglio nel Par. 9.7, si tratta di nuclei che presentano uno stato eccitato (una forma isomerica) di vita piuttosto lunga (è il caso de ll a forma isomerica dell'afnio-178m 2, con vita media di 31 anni): un gran numero di questi nuclei viene «pompato» in questa forma isomerica eccitata, dalla quale vengono diseccitati simultaneamente con l'emissione di radiazione elettromagnetica di altissima energia (raggi gamma). Mi sembra possibile che un tale quantitativo di energia elettromagnetica, della medesima frequenza e coerente, quindi altamente pregiata (di altissima qualità energetica), potrebbe trovare in campo pacifico utilizzazioni o conversioni dirette, senza dover passare per la «strage energetica» della forma termica: da quanto è dato capire, dovrebbe trattarsi infatti di una specie di meccanismo laser (Appendice 9.1), che utilizza però livelli eccitati elettromagnetici del nucleo, anziché degli elettroni dell'atomo. Penso che questo esempio possa costituire solo una possibilità tra tante, molto più intelligenti ed efficienti de ll e applicazioni che ci vengono propinate dell'energia nucleare, e che probabilmente non vengono neanche proposte per lo sbarramento delle multinazionali del settore o il segreto imposto dai militari. La sicurezza, le scorie, il decommissioning
Non mi soffermerò molto su altri aspetti, non perché siano meno imporpregiate sono quelle meccanica ed elettromagnetica, seguite in ordine decrescente dall'energia termica ad alta, media e bassa temperatura. L'energia termica può essere trasformata in energia pregiata a costo di forti limitazioni, e della degradazione di una parte considerevole dell'energia (solo il 15-20% dell'energia che mettiamo nel motore dell'automobile serve per muoverci, mentre il resto viene scaricato nell'ambiente come calore a bassa temperatura, inservibile per questi fini e inquinante; nelle centrali termoelettriche il rapporto è migliore — sul 30-40%, e fino al 60% nel ciclo combinato di una turbina a gas con una a vapore — ma lo spreco è comunque inevitabile quando si passa per la forma termica). Le tecniche cui accennavamo di cogenerazione o di recupero del calore sono infatti tecniche di risparmio energetico, concepite non certo per evitare questa «strage», ma almeno per recuperare il calore a bassa temperatura prodotto ed utilizzarlo per usi termici. 70 David Hambling, «Gamma-ray weapons could trigger next arms race», New Scientist, 13 agosto 2003.
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tanti, ma perché sono più noti e dibattuti. In primo luogo bisogna ricordare l'inquinamento radioattivo, le scorie e i danni alla salute provocati dalle fasi di estrazione del minerale uranifero, da ll a sua lavorazione, da ll a produzione degli elementi di combustibile, dal trasporto di questi e del combustibile esaurito. Il problema della sicurezza delle centrali nucleari non è legato solo al rischio di incidenti 71 , ma è strettamente relazionato con molti aspetti che abbiamo discusso in precedenza. Ricordiamo solo alcuni casi. In Gran Bretagna il centro nucleare di Sellafield è pubblicamente sotto accusa per l'inquinamento radioattivo e l'incidenza di tumori nella zona circostante: nel settembre 2004 la Commissione Europea ha deferito la Gran Bretagna a ll a Corte Europea per «elevato livello di radiazione» e «cattiva visibilità» nella piscina di stoccaggio dei materiali nucleari. I casi più recenti di incidenti nucleari ripetuti (una ventina negli ultimi due decenni) che hanno avuto gli onori della cronaca riguardano il Giappone, un paese che con 53 reattori produce un quarto della propria energia elettrica. Particolarmente gravi l'incidente del 1999 all'impianto di riprocessamento di combustibile nucleare di Tokaimura, quando una fuga di uranio dovuto a un errore nelle manipolazioni del combustibile causò la morte di due operai e la contaminazione di più di 660 residenti, e quello dell'agosto 2004 alla centrale di Mihama, dove la rottura di una tubatura per mancanza di manutenzione provocò una fuga di vapore con quattro vittime e sette ustionati gravi, anche se sembra che fortunatamente il guasto non abbia riguardato la parte radioattiva del reattore. La serie di incidenti ha sollevato forti dubbi sulla gestione dell'ente nucleare giapponese. Bisogna ricordare, a onor del vero, che sono in corso vari programmi di sviluppo di «reattori nucleari avanzati» 72 , in parte versioni avanzate in corso di realizzazione dei reattori PWR, BWR e Candu, in parte reattori di nuova generazione, la cui entrata in servizio non è prevista però prima del 2030. Al di là di considerazioni nel merito, si può obiettare che in un quarto di secolo, con l'incalzare de ll a crisi petrolifera, si possono investire le somme necessarie in progetti a più breve termine di sviluppo de ll e fonti rinnovabili. Vi è semmai un punto che desta perplessità: alcuni di questi reattori funzionerebbero a temperatura più alta di quelli attuali, e questo li renderebbe idonei a produrre idrogeno. Non è certo il caso di esaminare qui la futuristica 71
Un elenco e una discussione dettagli ati si trovano nel già citato J. May, Il Libro
Greenpeace sull'Era Nucleare, Frassinelli, Milano 1991.
/2 Si veda ad esempio James A. Lake, Ralph G. Bennett, John E Kotek, «L'energia nucleare della prossima generazione», Le Scienze, n. 402, febbraio 2002; rist. in Carlo Bernardini (ed.), «Le risorse energetiche», Quaderni de Le Scienze, n. 129, dicembre 2002; H. Marcus e L. Alane, «New designs for the nuclear renaissance», Physics Today, aprile 2002, pp. 54-60.
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«economia dell'idrogeno», ma è lecito sollevare legittimi dubbi, non fosse altro che per il fatto che l'idrogeno non è una fonte energetica, ma piuttosto un vettore energetico che non esiste in natura e deve venire prodotto, e questo fa sballare il conto dei rendimenti per il già citato secondo principio della termodinamica (a meno che l'idrogeno non venga prodotto da fonti rinnovabili, ma il calcolo mostra che queste in ogni caso non sarebbero sufficienti per i fabbisogni): il che non toglie che l'idrogeno potrà risultare utile in determinati casi, senza fantasticare su un'economia mondiale 73 . Il problema delle scorie radioattive può forse trovare soluzioni dal punto di vista tecnico (sorvolando su proposte semplicemente folli che hanno circolato, come quella di lanciarle con razzi sul Sole! E rifiutando naturalmente qualsiasi tentazione di scaricarle in qualche paese disposto per strozzature economiche a fare da «discarica nucleare», come si è di fatto offerta di fare la Russia, ma sembra anche oggi la Gran Bretagna) 74 . Ma i tecnici sono sempre disposti a trovare soluzioni a problemi specifici (generati dallo stesso sviluppo tecnico), a prescindere dagli ulteriori problemi sociali e ambientali che esse generano. Il problema delle scorie, come lo stesso problema del nucleare, è politico prima che tecnico: come dimostrano le scandalose manovre sui rifiuti radioattivi italiani, che hanno mobilitato le popolazioni e raggiunto le prime pagine di cronaca nel 2003, e che senza dubbio riesploderanno nuovamente, dato che il problema non è affatto risolto 75 . Del resto, gli Stati Uniti sono il paese che sta sviluppando il progetto più completo di deposito definitivo de ll e scorie radioattive, a Yucca Mountain: ma gravano molti interrogativi sulla sicurezza e i rischi di contaminazione all'esterno, e quando il deposito sarà finito sarà già insufficiente 76. Molto semplicemente, credo sia necessario rifiutare qualsiasi ulteriore inquinamento radioattivo immotivato e ingiustificato in qualsiasi parte del pianeta. Vi è indubbiamente da fare una distinzione netta tra usi medici, usi industriali, usi scientifici e altre applicazioni nucleari (vi sono polemiche
sugli usi in campo agroalimentare): il più giustificato è il primo caso, anche se crediamo che non sempre lo sia realmente (l'abuso diagnostico viene s empre più spesso denunciato), e abbiamo molti dubbi sulla serietà dei controlli, anche per la logica di profitto e privatistica a cui viene subordinata s empre più la sanità. Rifiutiamo invece applicazioni energetiche e militari. Certo, anche la radioattività naturale crea problemi: li creano anche i terremoti o i cicloni, come si è drammaticamente verificato poco tempo fa. Il rapporto con la natura implica anche, da quando l'uomo è apparso sulla Terra, di proteggersi dagli aspetti pericolosi che essa inevitabilmente comporta. Il gas radioattivo radon è contenuto naturalmente in rocce e materiali da costruzione. Tutt'altra cosa, però, è la radioattività artificiale che il cosiddetto progresso tecnico, guidato da soli criteri di profitto, ha disseminato sul Pianeta. Analoghi problemi sono costituiti naturalmente dall'inquinamento chimico, da quello elettromagnetico, e via dicendo: il nostro rifiuto categorico va anche a questi. Eppure crediamo che la radioattività e le radiazioni ionizzanti presentino caratteristiche che le differenziano da tutti gli altri inquinanti. Le norme per la sicurezza nucleare e i limiti di dose consentiti si sono sempre andati abbassando lungo la storia dell'energia nucleare. Il problema degli effetti sanitari delle bassissime dosi di radiazioni non è mai stato risolto. Vale la pena di ricordare anche (senza per questo sposarne la tesi) che vi sono studiosi specializzati i quali criticano radicalmente i criteri e le valutazioni ufficiali: così la canadese Rosalie Bertell presenta e motiva una valutazione che appare certo eccessiva, cioè che «un miliardo e 300.000 persone sono state uccise, ferite o menomate dall'energia nucleare dalla sua introduzione» 77 . Dove sta la verità? Non si proclama oggi il «Principio di Precauzione»? Le centrali nucleari, una volta dismesse, comportano poi lunghe e cornplesse operazioni e pesanti spese di decommissioning, se non si vuole lasciarle come «cattedrali nel deserto», monumenti all'insipienza umana. Queste procedure lasciano grandi quantitativi di residui radioattivi. Vi sono nel mondo circa 440 impianti nucleari funzionanti e una quarantina in costruzione. Della novantina di centrali dismesse nel mondo, solo 17 sono state completamente decommissionate! Solo in Europa, fra il recente passato e i prossimi 30 anni, il numero di centrali da dismettere sommerà a parecchie decine (per non parlare di quelle centrali russe che da tempo dovrebbero essere chiuse, ma che per motivi economici vedono la loro vita prolungata oltre ogni ragionevole limite di sicurezza: come Cernobyl!). Naturalmente i nucleari garantiscono che il decommissioning restituisce l'area assolutamente decontaminata: credo però che sia per lo meno legittimo nutrire qualche
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Rimando a Luca Nencini, «Miti e realtà dell'economia dell'idrogeno», Giano, n. 46 (aprile 2004), pp. 153-166. 74 «II governo britannico ha deciso di seppellire in Gran Bretagna scorie nucleari giapponesi, tedesche, italiane, spagnole, svizzere e svedesi come impresa per raccogliere fondi per pagare per i problemi irrisolti delle scorie nucleari del Regno Unito», The Guardian, 15 dicembre 2004. 75 Si veda il recente libro di Marco Mostallino, L'Italia Radioattiva, Ed. CVEC, 2004. 76 Quattro servizi di Virginio Bettini sono stati pubblicato da Il Manifesto: 22, 24, 25, e 27 luglio 2004. Una descrizione generale dell'impianto è data da Chris G. Whipple, «Le scorie radioattive a Yucca Mountain?», Le Scienze, n. 336, agosto 1996; rist. nel citato «Le risorse energetiche», Quaderni de Le Scienze, n. 129, dicembre 2002.
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77 Rosalie Bertell, «Victims of the nuclear age», The Ecologist, November 1999, pp. 408-411. 153
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dubbio che quello che è veramente trascurabile per i nucleari lo sia per tutti (l'esistenza di sorgenti naturali più intense, ripetiamo, non è una buona ragione). E le grandi quantità di scorie radioattive che si accumuleranno con il decommissioning come verranno gestite?
pianto, quindi tra i più qualificati tecnici nucleari nostrani. Devo dare atto ad alcuni componenti che hanno dato particolare incisività a ll a nostra deleg azione, in particolare Giorgio Cortellessa e Paolo Bartolomei. Ebbene, nel c onfronto diretto molto acceso che durò varie ore 80 questi tecnici non poterono negare che il contenitore già costruito per il reattore era... troppo piccolo! Cercarono di barcamenarsi, ma dovettero ammettere a denti stretti che il reattore sì, dentro il contenitore ci stava (ci mancherebbe!), ma lo spazio in effetti era un po' strettoß 1 : credo che chiunque possa immaginare che cosa voglia dire la ristrettezza di spazio e di manovrabilità nel caso di un reattore nucleare, per di più sperimentale, sia per le normali operazioni sia per le norme di sicurezza! Dall'indagine emerse anche il fatto gravissimo che nessuna delle Usl interessate si erano mai neppure poste il problema della costruzione di un reattore sperimentale nel territorio di propria competenza o limitrofo. Quali sono stati i reattori italiani (potremmo chiamarlo il nostro «cimitero nucleare»)? Abbiamo costruito tre piccoli reattori (Latina, operativa dal 1962 al 1987; Garigliano, 1963-78; Trino Vercellese, 1965-87), più un reattore nel centro di ricerca militare del CISAM (ex-CAMEN) di Pisa; abbiamo progettato due reattori sperimentali, il già citato PEC e il Cirene, entrambi i progetti abortiti miseramente senza lasciare nessuna eredità positiva; vi sono poi stati il reattore sperimentale «Avogadro» di Saluggia degli anni '60 («a piscina», che ora è diventata il deposito temporaneo — è un eufemismo, dopo tutti questi anni — degli elementi di combustibile irradiati), nonché almeno altri due reattori di ricerca, a Padova e a Palermo, ora spenti ma entrambi ancora funzionanti; e due reattori sperimentali dell'UE nel centro di Ispra, che ora si stanno smantellando senza che nessuno ne sappia nulla; senza contare la macchina sperimentale per la fusione nucleare «calda»
Íl vergognoso fallimento dei nucleari italiani
Veniamo ora ad alcune considerazioni che riguardano direttamente il nostro paese. Incomincerò da un primo punto, che ritengo fondamentale per qualsiasi altra valutazione. Il fallimento dell'esperienza nucleare in Italia è stato dovuto in primo luogo all'incapacità, all'inettitudine, all'incompetenza, alla superficialità, alle manovre dei nucleari e delle relative baronie di casa nostra e della nostra classe politica e universitaria. Vi sono certamente state anche all'inizio degli anni '60 delle pesanti quanto oscure manovre internazionali, probabilmente orchestrate dagli Stati Uniti, per bloccare sul nascere lo sviluppo delle ambizioni e delle capacità nucleari italiane 78: esse culminarono nel processo a Ippolito. Comunque sia, rimane il fatto che nei decenni successivi i nucleari nostrani non riuscirono a realizzare alcun progetto nucleare sensato ed efficiente. Vi è stato invece un calderone, tutto italiano, di baronie universitarie (quattro impianti sperimentali diversi, uno per cattedra), di progetti di ricerca insensati falliti e neppure portati a termine, di reattori di ricerca che non hanno mai funzionato e non sono serviti a niente (ma nessuno ha pagato!), di dipendenza intellettuale dagli USA, di emarginazione dei pochi validi che rompevano le scatole solo perché proponevano progetti sensati diversi, di sprechi di risorse, di normativa nucleare copiata da quella statunitense senza i necessari adattamenti alla nostra realtà molto diversa. Quanto al movimento anti-nucleare, è stato molto forte e ha certamente inciso ma, senza sminuire i suoi indubbi meriti, non ha giocato il ruolo principale nell'affossamento del nucleare nel nostro paese: se non ci fosse stata Cernobyl, non so se si sarebbe vinto il referendum contro il nucleare del 1987 (certamente era necessario anche un forte movimento). Mi sia consentito di riportare un'esperienza person ale allucinante in proposito. Nel 1985, come Consigliere Regionale della Toscana, organizzai un'ispezione al reattore PEC in costruzione al Brasimone, sull'Appennino tosco-emiliano79 , con un lungo incontro diretto con i progettisti dell'im-
tesi vennero terminati molto prima che potesse esserlo il piccolo PEC. Si trattava di un progetto inutile, stupido e costoso, che non ha dato nessun risultato e venne chiuso prima del referendum del 1987, quando ancora non vi era stato portato nessun elemento nucleare. Insomma, fu una storia all'italiana: il progetto era già costato 1.700 miliardi di lire di allora, ma nessuno ha pagato per quel misero fallimento e lo spreco di denaro e risorse. 80 I risultati vennero raccolti in un Libro Bianco sul reattore nucleare PEC del Brasimone, del Gruppo Consiliare Toscano di DP, Consiglio Regionale Toscano,
Le manovre avevano obiettivi anche più ampi: ritengo che ne facesse parte anche l'eliminazione del Presidente dell'Eni Enrico Mattei, il quale contrattava direttamente il petrolio con i paesi arabi, scavalcando il potere delle «Sette Sorelle». 79 L'acronimo significava «Prova di Elementi di Combustibile». Si trattava di un reattore sperimentale veloce, che avrebbe dovuto sperimentare vari tipi e configurazioni del combustibile per i reattori veloci francesi: l'Italia partecipava infatti a questo programma. Vi furono ritardi a dir poco scandalosi, e i grandi reattori fran-
81 Dalla registrazione dell'incontro (ivi) un tecnico ammetteva ad esempio: «... è estremamente avventuroso pensare di far stare tre circuiti indipendenti negli spazi limitati che ci sono all'interno del contenitore metallico... è chiaro che il contenitore metallico è il vincolo costoso sia per quel che riguarda la sistemazione impiantistica e l'affollamento degli impianti, sia per quello che riguarderà i problemi di montaggio, tanto delle tubazioni e dei componenti, quanto della strumentazione. E proprio un problema di accessibilità ai componenti che ci siamo trovati».
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1986. 78
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Tokamak di Frascati (che contiene trizio e prodotti di attivazione). Dopo questi «trofei», abbiamo avuto infine un solo reattore di grossa taglia destinato alla produzione di energia elettrica, a Caorso, operativo dal 1981 al 1986. Paesi come la Spagna, il Messico, Taiwan, la Corea del Sud (con tutto il rispetto, e per citare solo alcuni) hanno reattori nucleari che funzionano decentemente. L'Italia, con tutta questa farragine, non ci è riuscita! Il movimento antinucleare non ha nessuna colpa. E nessuno ha pagato! Figuriamoci quale sarebbe la situazione per una ripresa del nucleare oggi in Italia, dopo che la ricerca sui reattori è stata smantellata, molte conoscenze tecniche sono state riconvertite ad altri settori, andando quindi perdute come tali. Si dovrebbe ricominciare tutto da capo. Quando il nucleare ha cessato di essere un affare, è stato cancellato anche il know how, dimenticando che perlomeno occorrevano competenze e tecnologie per smantellare gli impianti esistenti (anche se ciò non impediva di fare affari con Saddam Hussein). Così ha fatto l'Enel, e ora coloro che dovrebbero eseguire lo smantellamento (la Sogin, per non fare nomi) scontano una grave impreparazione e pagano profumatamente tecnici stranieri.
Ai tempi dei dibattiti diretti nella campagna antinucleare mi dava partiolare soddisfazione porre un problema sul quale i tecnici nucleari più quac lificati dovevano assentire: non ha senso, né dal punto di vista economico né da quello tecnico, un programma per costruire solo 3 o 4 centrali! Che senso potrebbe avere dunque oggi la riproposizione di un progetto ucleare in Italia? Ripartire da zero, con meno competenze e capacità tecn niche di allora, per costruire «qualche» centrale? Un controsenso sia economico sia tecnico. O lanciare un ambizioso progetto di 10 o 20 centrali, che già fallì miseramente? La pesante eredità e i nodi irrisolti del fallimento del nucleare italiano
Credo che un esame rigoroso del rapporto costi-benefici dei nostri programmi nucleari risulterebbe poco edificante. Quel pugno di kWh che ci hanno fornito ci costerà molto caro per chissà quanti decenni o secoli a venire! Ci sono state polemiche sugli effetti che le centrali funzionanti indussero sulle popolazioni. Questo fallimento ci lascia qualcosa come 25.000 m 3 di rifiuti fino al 1987: le barre di combustibile esaurito giacciono ancora in gran parte nelle piscine delle centrali, dove dovrebbero rimanere solo per un tempo limitato. Rimane poi aperto il decommissioning delle nostre centrali: sembra che quello di Caorso si farà. A parte le spese che comporterà, esso produrrà un ulteriore volume di scorie valutato attorno a ben 100.000 m3 (preoccupa la valutazione di poco più della metà fatta dal commissario governativo, il generale Jean: si è forse già pensato di spedirne una parte all'estero?). Il problema di individuare un sito idoneo dove conferire e custodire le scorie radioattive, per vari secoli, e con le dovute garanzie di sicurezza (e i costi che si possono immaginare) è urgente e scottante: e abbiamo visto, appunto, gli interessi poco chiari e le vergognose manovre che si sviluppano su questo problema! È stato davvero un bell'affare! Che vale la pena ripetere.
Che cosa vuol dire un programma nucleare Dato che presto o tardi sentiremo riproporci esplicitamente la ripresa di progetti nucleari italiani, bisogna chiedersi anche cosa dovrebbe essere un progetto nucleare per avere per lo meno un senso, economico ed energetico: per non essere cioè qualcosa lanciato in modo più o meno strumentale, per interessi particolari, senza essere dotato dei requisiti minimi di fattibilità e di economicità. Nei primi anni '80, quando ancora si cullavano i sogni nucleari, si parlava della costruzione di 12 centrali di grossa taglia Progetto Unificato Nucleare): naturalmente non se ne fece nulla. Qui vi è un primo problema. Una delle polemiche che il movimento antinucleare italiano ha sempre sollevato concerneva la localizzazione delle centrali. La localizzazione, infatti, dovrebbe soddisfare a requisiti rigorosi, essere a dovuta distanza da centri abitati. Gli Stati Uniti, la Spagna, il Messico dispongono di grandi porzioni di territorio disabitate. L'Italia è un paese densamente popolato: già la localizzazione della centrale di Caorso, nei pressi di Piacenza, sollevò forti polemiche, poiché l'Italia aveva adottato normative meno restrittive degli USA (vi furono forti polemiche anche sull'inadeguatezza dei piani di evacuazione in caso di incidente). Le polemiche infuriavano anche sulla localizzazione delle 12 centrali previste (del resto, si vedano le polemiche attuali sulla localizzazione di un deposito di rifiuti radioattivi). Come in tante altre occasioni, si parlava a vanvera, animati più da interessi materiali che da criteri razionali. Si tenga conto che la localizzazione deve soddisfare anche criteri di sicurezza per il trasporto del combustibile, soprattutto quello irradiato, enormemente radioattivo.
Sul problema de ll a localizzazione delle centrali uno dei cavalli di battaglia dei nuclearisti è la critica all'opposizione delle popolazioni, indotta dai cattivi e retrogradi ambientalisti. Su come vadano ripartite le responsabilità di tale sfiducia tra nuclearisti e antinucleari mi sono già espresso: perché mai, e di chi, le popolazioni dovrebbero fidarsi? Il caso più recente è stata la grande mobilitazione del 2002 in Germania contro il trasporto di materiale radioattivo, naturalmente represso con determinazione. Le popolazioni e i movimenti hanno sempre torto, per definizione: seguono impulsi irrazionali e cattivi consiglieri, non hanno una visione generale, si rifiutano di ascoltare «chi se ne intende». Si tratta di una filosofia e una pratica deleterie, proprie di un sistema che non ha più argomenti di consenso e di per-
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Le popolazioni protestano?
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suasione. Se si vuole uscire in avanti dai problemi economici, sociali, ambientali, energetici che attanagliano l'umanità, si può farlo solo con il consenso de ll a gente. Sono i tecnici e gli scienziati, oltre che i politici, che devono ascoltare la gente e adeguarsi alle esigenze che esprime, e non viceversa ;
mo l'effetto serra. Ci pare sinceramente un presa in giro bell'e buona cerca-
svolgendmairtencsafuziodrentl adurne le esigenze in scelte razionali, praticabili e sostenibili. Se la gente non vuole le centrali nucleari, c'è poco da fare, o da prendersela con altri. Certo, alla gente va detto chiaramente che non può pretendere di avere «la botte piena e la moglie ubriaca». Non può opporsi a qualsiasi centrale o discarica e pretendere di mantenere due o tre auto per famiglia e un livello scandaloso e crescente di consumi e di sprechi; così come non può pretendere di avere un telefono cellulare o magari due a testa, sempre più tecnologico, rifiutando poi le antenne. Ma la colpa non è della gente, bensì di chi promuove queste abitudini e questi consumi per puri fini di profitto. Nel caso del nucleare vi è stata una perdita di credibilità irrimediabile da parte dei nuclearisti per la loro faciloneria.
re di far passare il nucleare come scelta ambientalista, mentre ad esempio, come dicevamo, si ali menta il trasporto su gomma e il degrado de ll a rete ferr oviaria 83 , e non si fa nulla per istituire un trasporto di cabotaggio (anche in questo la Francia, con il suo primato di energia elettronucleare, costituisce un caso emblematico, con impressionanti disservizi del servizio ferroviario e sovradimensionamento del trasporto su gomma 84 in tutto simili al nostro paese); e quando nessuno, per esempio, si è preoccupato per il non del tutto trascurabile aumento di consumi e di emissioni dovuto all'assurda legge di accendere i fari delle vetture di giorno; o peggio, dovuto a ll a guerra all'Iraq! Anni fa si diceva «non dobbiamo lasciare un mondo inquinato ai nostri figli». Oggi lo si sente dire sempre meno: ormai la frittata è fatta, i calcoli di interesse economico hanno già prodotto inquinamenti che peseranno per centinaia di anni. Il progetto di «un altro mondo possibile», gestito e controllato dal basso, decentrato, adattabile e flessibile, intrinsecamente orientato alla pace, non sembra compatibile con le caratteristiche dell'energia nucleare.
E l'effetto serra?
Uno dei cavalli di battaglia (o di Troia) dei fautori del ritorno al nucleare è il fatto che la produzione di energia elettronucleare non comporta cornbustioni chimiche e non contribuisce quindi all'effetto serra. Tale affermazione è certamente vera per la fase del ciclo del combustibile in cui esso viene «bruciato» nel reattore 82 , ma non tiene conto della costruzione e dismissione della centrale, e ancor più del ciclo completo del combustibile. Lo studio di P. Smith citato nella nota 68 conclude che l'emissione totale di CO2 nel ciclo nucleare complessivo dipende nuovamente in modo decisivo dal tenore del minerale: quando esso è alto l'emissione totale durante la vita del reattore è circa un terzo di quello di una centrale a gas equivalente, ma aumenta decisamente con l'abbassarsi del tenore del minerale, fino a potere divenire addirittura maggiore! E poi, se anche potessimo ridurre le emissioni di CO 2 , avremmo in cambio la produzione di radioattività in tutto il ciclo del combustibile, di plutonio, di uranio-238, del tristemente famoso «Uranio Impoverito» di cui i paesi nucleari non sanno più come disfarsi. Non sembra un buon affare! Lo stesso problema dell'effetto serra ha ben altra dimensione e complessità; in primo luogo politica. Il nucleare fa parte di quelle scelte che alimentano l'illusione che si possa protrarre all'infinito il modello attuale di crescita economica e di aumento dei consumi, ai quali soprattutto dobbia-
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Va detto che questa critica al calcolo del risparmio di emissioni di CO 2 , come di altri inquinanti, si applica anche a molte considerazioni che vengono fatte comunemente per molte fonti rinnovabili.
Mi si consenta una piccola digressione sul progetto dell'Alta Velocità ferroviaria (si veda ad esempio Ivan Cecconi, La Storia del Futuro di Tangentopoli, DEI — Tipografia del Genio civile). I costi stanno lievitando e i tempi di costruzione si stanno allungando spaventosamente rispetto alle previsioni iniziali: nella recente Conferenza dei Servizi si è ammesso che la tratta cruciale Bologna-Firenze non entrerà in funzione prima del 2012! Intanto, malgrado gli strombazzati progetti di ammodernamento delle linee ferroviarie internazionali, rimane a binario unico e abbandonata al degrado la linea del Brennero, dove è avvenuto il grave incidente del gennaio 2004: ovviamente interessa solo il business. 84 V. Philippe Bovet, «Des poids lourds qui pèsent sur l'environnement», Le Monde Diplomatique, ottobre 2003, p. 31.
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Capitolo quarto IL TRATTATO DI NON-PROLIFERAZIONE NUCLEARE (1970)
A partire dagli anni '60 la struttura degli arsenali nucleari, il ruolo della deterrenza e le strategie nucleari cambiarono profondamente. Le potenze nucleari disponevano di testate di potenza centinaia di volte maggiori della bomba di Hiroshima, che potevano venire lanciate da missili balistici intercontinentali, o da sommergibili nucleari che navigavano in prossimità delle coste nemiche, colpendone il territorio nel giro di minuti anziché di ore. La nuova teoria della risposta flessibile lasciava aperta la scelta tra diverse opzioni militari a seconda de ll a gravità dell'attacco, ammettendo anche una risposta nucleare limitata con testate tattiche di potenza più piccola. Venne teorizzato come garanzia de ll a pace l'equilibrio del terrore, esasperazione del concetto di deterrenza basata sulla distruzione mutua assicurata (Mutual Assured Destruction, il cui acronimo MAD significa anche in inglese «pazzo»). La proliferazione nucleare procedeva comunque attraverso molti meccanismi. Nel 1961 Eisenhower si congedò con un famoso discorso in cui metteva in guardia sul ruolo assunto dal «complesso militare-industriale» e sulla necessità di controllarlo. L'accesso di altri paesi agli armamenti nucleari, reso più facile dalla diffusione delle tecnologie e dei materiali nucleari per usi civili, introduceva nuovi fattori di destabilizzazione difficilmente controllabili: conflitti regionali che avessero superato la soglia nucleare avrebbero potuto degenerare in conflagrazioni più generali. Anche la gravità degli effetti dei test nucleari nell'atmosfera cominciava a venire riconosciuta. Malgrado un temporaneo inasprimento 161
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Il Trattato di Non-Proliferazione nucleare (1970)
dei rapporti a partire dal 1960, prevalse la volontà che il confronto tra i due blocchi non sfociasse in una guerra aperta, o comunque non superasse la soglia di decisioni irreparabili. Si poneva insomma il problema di controllare e limitare gli effetti delle armi nucleari, ma senza ostacolare la corsa agli armamenti. Si aprì così il processo che condusse alla fine del decennio al Trattato di Non-Proliferazione
una presunta superiorità anche in questo campo, che si riteneva quasi in colmabile (dovuta in gran parte all'équipe di scienziati tedeschi capeggiata da Werner von Braun). L'Unione Sovietica dimostrava a ll'improvviso di avere sviluppato missili balistici molto potenti e si dimostrava così in grado per la prima volta di potere colpire direttamente il territorio degli Stati Uniti con un attacco nucleare. Fu un vero shock, nell'amministrazione e nell'opinione pubblica, che rese quasi parossistico il timore che Mosca potesse ora effettuare un primo colpo nucleare, e innescò una serie di reazioni nei campi più disparati, dall'educazione, alla tecnologia missilistica e nucleare. Gli Stati Uniti passavano dalla convinzione nell'immediato dopoguerra di essere invulnerabili, al timore di stare perdendo la supremazia sia in campo nucleare sia in campo tecnico-scientifico (a cui si aggiunse sul piano politico la vittoria della rivoluzione cubana nel 1959). In questo clima si collocò la vittoria elettorale di Kennedy su Nixon nel 1960 e il lancio della politica della «nuova frontiera» e della «alleanza per il progresso». Si affermò la convinzione che era necessario rinnovare profondamente e modernizzare anche il sistema di educazione superiore e di formazione tecnica e scientifica: vennero istituite commissioni di esperti, e vennero redatti (per quanto consta a me) testi di fisica impostati in modo nuovo.
(TNP).
4.1 — Lo shock del lancio sovietico dello «Sputnik»
Dopo i primi shock delle esplosioni delle bombe sovietiche a fissione e a fusione, un altro shock doveva scuotere ulteriormente le sicurezze degli Stati Uniti, e influenzò anche il cammino della proliferazione. Dal 1955 gli USA avevano rafforzato notevolmente la loro superiorità sull'Uxss, quando avevano cominciato a schierare i nuovi bombardieri strategici B-52 (nel 1961 ne avevano costruito 744), molto superiori ai precedenti B-29 e appositamente progettati per un attacco nucleare. In questa fase della deterrenza gruppi di B-52 erano tenuti in volo ventiquattr'ore su ventiquattro, riforniti in volo dagli aerei cisterna e pronti a dirigersi sul territorio sovietico. La rappresentazione più vivida di questa situazione è contenuta nel capolavoro di Stanley Kubrik, Il Dottor Stranamore, con grande rigore mescolato a una sapiente ironia, che non sminuisce ma esaspera in modo quasi grottesco il rischio dell'olocausto nucleare: credo che dovrebbe venire proiettato e discusso in tutte le scuole, e dovrebbe fare parte integrante dei programmi scolastici! Fu solo a partire dal 1957 che l'uRss schierò il primo bombardiere strategico, il «TU-95 Bear» (secondo la denominazione occidentale), anch'esso concepito per ` l'attacco nucleare, inferiore al B-52 ma non meno temibile: per la prima volta Mosca acquisiva realmente la capacità di un attacco nucleare al territorio degli Stati Uniti. La Francia schierò il primo bombar- :? diere supersonico, il Mirage-Iv, nel 1964. Ma nell'ottobre del 1957 un evento sorprendente sembrò sconvolgere i delicati equilibri strategici: i sovietici lanciarono il primo satellite artificiale, lo Sputnik (seguito nel novembre dallo Sputnik-2), dimostrando inaspettatamente di avere fatto passi da gigante nella tecnica missilistica, superando addirittura gli Stati Uniti, a dispetto di • 162
4.2 — Evoluzione degli arsenali nucleari, dei vettori e delle dottrine nucleari
Gli sviluppi che ne seguirono accelerarono i profondi cambiamenti che stavano avvenendo nella struttura delle forze nucleari strategiche e nella strategia della deterrenza dei due blocchi. Naturalmente le ricerche per sviluppare missili balistici di lunga gittata erano iniziate ben prima del lancio degli Sputnik. Abbiamo ricordato come gli Stati Uniti alla fine della guerra avessero saccheggiato le fabbriche delle V-1 e V-2 tedesche e portato in America gli scienziati nazisti, con i quali avevano avviato la ricerca missilistica (Par. 1.3: con le V-1 e V-2 i nazisti avevano introdotto sia i missili balistici sia i missili da crociera, Par. 5.1). Nel 1947 vennero reclutati altri scienziati nazisti, compresi quelli condannati per crimini di guerra (tra questi Otto Ambros, complice dell'uso dello Zyklon B nelle camere a gas), e messi a lavorare per l'esercito o per grandi compa-
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gnie private come Lockheed e Martin Marietta. Il programma affidato a von Braun non ottenne subito i risultati sperati (un'indagine dell'esercito concluse che egli e i suoi colleghi cercavano di nascondere le loro informazioni): nel giugno del 1947 venne lanciata nel Nuovo Messico la prima V-2 assemblata dalle parti sequestrate in Germania e modificata, ma il razzo deviò dalla traiettoria e cadde in territorio messicano, costringendo le autorità statunitensi a spiegare al paese vicino che non si trattava di un attacco missilistico. I primi missili balistici messi a punto avevano una gittata piuttosto limitata. Nel 1957-58 gli Stati Uniti misero a punto il missile balistico intercontinentale basato a terra (ICBM, InterContinental Ballistic Missile) Atlas che, avendo una gittata di 12.000 km, era in grado di colpire direttamente il territorio sovieticol. Nello stesso periodo l'Unione Sovietica mise a punto il primo ICBM, l'R-7 (denominato nella terminologia occidentale SS-6 Sapwood), di gittata 10.000 km, in grado quindi di colpire il territorio degli USA, anche se molto meno preciso dei missili statunitensi (ma a quei tempi gli obiettivi strategici erano ancora soprattutto le grandi città dell'avversario). Iniziava la corsa ai missili: nel 1961 gli USA schieravano un nuovo missile, il Titan II e i primi missili Minuteman, e l'URSS l'R-16 (SS-7 Saddler), con una gittata di 13.000 km e una testata più potente, e successivamente l'R-36 (SS-9 Scarp). Nello stesso anno il programma statunitense dell'invio del primo uomo sulla Luna venne completamente affidato all'équipe di von Braun, il quale divenne il primo direttore del centro spaziale della NASA a Huntsville: a dirigere il progetto del missile Saturne-v fu posto Arthur Rudolph, che durante la guerra determinava i tempi di lavoro dei prigionieri dei campi di concentramento; e a dirigere il centro di Cape Canaveral venne posto l'ex-membro delle ss e de lle SA Kurt Debus. Questi personaggi svolsero un ottimo servizio, dal momento che il 21 luglio 1969 Luis Armstrong posò i piedi sulla Luna. Gli scienziati nazisti diedero un contributo fondamentale anche allo sviluppo delle armi chimiche, nell'uso dello LSD e nello sviluppo di mezzi di pressione psicologici.
Le notizie che seguono sono tratte da Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare, cit., pp. 42-46.
gico dei missili balistici, capaci di raggiungere il territorio nemico in a ppena una trentina di minuti, contro varie ore impiegate dai B 52, la cui velocità era di 1.000 km/ora. Ben presto cominciarono anche lo sviluppo e lo schieramento dei missili balistici lanciati dal mare (sLBM, Sea Launched Ballistic Missiles: 1960, USA, missile Polaris A-1; 1963 URSS, missile R-21/SS-N-5 Serb), e il dispiegamento di sommerg ibili dotati di SLBM a testata nucleare a media gittata, capaci di sferrare un attacco al territorio nemico avvicinandosi a esso in immersione. Con l'avvento dei missili balistici il ricorso alle armi nucleari dipenderà soprattutto dalla realizzazione di sistemi di allarme precoce (early warning) basati sui satelliti artificiali: il che spiega anche il grande sviluppo delle ricerche spaziali, mascherate anch'esse e vendute al grande pubblico come ricerca fondamentale o esplorazione scientifica dello spazio. Vedremo nel Cap. 5 che nel corso dei due decenni successivi gli arsenali nucleari strategici delle potenze nucleari si strutturarono in una triade composta di missili balistici basati a terra (IcBM), missili SLBM sui sommergibili nucleari, e infine i classici bombardieri nucleari strategici dotati di bombe a caduta e di missili lanciati dall'aria, a cui si aggiungeranno però anche altre forme più flessibili di testate nucleari, come i proiettili nucleari sparati da cannoni, le mine nucleari e le testate portatili in zaini. Con queste trasformazioni strutturali e con l'evolvere della Guerra Fredda anche le strategie sull'uso delle armi nucleari incominciarono a precisarsi. La cosa forse singolare è che questa evoluzione minacciosa delle dottrine nucleari avveniva parallelamente all'evoluzione della Guerra Fredda con la politica de ll a coesistenza pacifica (pur se inframmezzata da gravi crisi). Le dottrine nucleari di Washington e di Mosca andarono evolvendo in modi diversi. Abbiamo visto che durante la guerra di Corea venne proposto il ricorso alle armi nucleari, anche se per fortuna non si verificò. Nel 1953 gli Stati Uniti avevano adottato ufficialmente la strategia della rappresaglia, o ritorsione massiccia, cioè la possibilità della ritorsione nucleare al più alto livello a qualsiasi aggressione, anche convenzionale, da parte del blocco comunista (che allora non era ancora in grado di colpire il territorio americano con armi nucleari): l'avvertimento era esplicito. In Unione Sovietica, dove inizialmente le armi nucleari erano state considerate semplicemente come esplosivi di maggiore potenza e non avevano influito in maniera rilevante sulla dottrina militare,
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La comparsa dei missili balistici intercontinentali cambiava completamente la struttura degli arsenali nucleari strategici, e influì anche profondamente sulle strategie nucleari. È evidente il vantaggio strate-
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esse vennero ora ad assumere un peso e un ruolo ben diversi, che riflettevano la consapevolezza della propria forza e si configuravan o einqualchemod guaentoldrisu delarpsgimc.Nel1960PrsidntCogle ministri, Nikita Chruscëv, annunciò la formazione di una nuova sezione delle forze armate sovietiche: le forze missilistiche strategiche. Egli annunciò inoltre che le forze convenzionali sarebbero state ridotte o sostituite, dal momento che le armi nucleari avevano reso possibile «aumentare il potere difensivo del nostro paese a un livello tale da consentirci di effettuare ulteriori riduzioni delle nostre forze armate»2 . Nel 1961 il ministro della Difesa Malinovsky affermò che uno dei punti essenziali della dottrina nucleare sovietica era costituito dal fatto che una guerra mondiale, se iniziata da un paese aggressore, «avrebbe inevitabilmente assunto la forma di una guerra missilistica nucleare» 3 . Questa dichiarazione era un segnale del fatto che i concetti di deterrenza e di ritorsione massiccia iniziavano a giocare un ruolo importante nel pensiero sovietico di quel periodo. Nel 1962 venne pubblicato uno studio approfondito sulla strategia nucleare, curato dal maresciallo V.D. Sokolovsky, che riconosceva l'impatto rivoluzionario delle armi nucleari sulla strategia militare, e sosteneva che una guerra che avesse coinvolto le due maggiori potenze sarebbe inevitabilmente sfociata in un conflitto nucleare. Parallelamente negli Stati Uniti la nuova minaccia diretta alla «Fortezza Americana» sollecitava invece una revisione della dottrina della rappresaglia massiccia. Un problema che si pose fu: se si fosse verificato un conflitto di livello minore nel quale fosse coinvolta l'uRss, la guerra totale sarebbe stata l'unica risposta possibile degli USA, soprattutto dal momento che questo avrebbe potuto significare un mutuo suicidio? Si andò così affermando una revisione della strategia nucleare, che si precisò con l'avvento dell'amministrazione Kennedy. Le forze convenzionali della NATO vennero rafforzate, presumibilmente per evitare il più a lungo possibile il ricorso alle armi nucleari in caso di guerra. Vari fattori contribuirono al mutamento della dottrina militare. Uno di essi fu l'introduzione delle armi tattiche (Par. 5.3) sul finire degli anni '50. Gli strateghi americani fantasticarono concretamente di scenari di guerre nucleari limitate, che
cioè si potessero realmente combattere, incrociando macabri conteggi di milioni o decine di milioni di morti «accettabili». La dottrina della NATO che ne risultò assunse la forma del concetto della risposta flessibile, proposta all'inizio degli anni '60 dal Segretario a ll a Difesa degli Stati Uniti Robert McNamara, che lasciava aperta la scelta tra diverse opzioni militari a seconda della gravità dell'attacco. Essa pres umeva in primo luogo che la NATO avrebbe mantenuto le sue forze c onvenzionali a un livello che le consentisse di reggere un attacco da parte del Patto di Varsavia (il teatro di guerra che si presumeva tra i due blocchi era sempre l'Europa) fino alla mobilitazione delle riserve, mentre le armi nucleari strategiche sarebbero state usate solo se l'Occidente si fosse trovato a fronteggiare una sconfitta in una guerra convenzionale: questo richiedeva l'esistenza di forze convenzionali flessibili ed efficaci, appoggiate se necessario da armi nucleari tattiche di potenza relativamente piccola per il campo di operazioni militari, e in ultima ipotesi da forze strategiche dirette al territorio dell'Unione Sovietica. Si ammetteva quindi una risposta nucleare limitata anche a una o poche testate: l'uRss avrebbe così dovuto essere dissuasa dall'attaccare, dal momento che un conflitto avrebbe comportato il rischio di una escalation fino a una guerra nucleare totale. Gli Stati Uniti avrebbero schierato le proprie forze nucleari in una struttura e in numero tali da essere in grado di far fronte a un attacco nucleare di sorpresa sovietico per poi sferrare una ritorsione sufficiente a distruggere da un quinto a un quarto della popolazione sovietica e dalla metà ai due terzi dell'industria sovietica. McNamara fu inoltre il primo a proporre una strategia di attacco «contro forze», diretto cioè a distruggere il potenziale militare dell'avversario, in particolare le sue forze nucleari (fino ad allora si pensava a un attacco «contro valori», diretto cioè contro i centri economici e le città): questo cambiamento era reso possibile dalla disponibilità dei missili balistici e dalla loro crescente precisione. Era la teoria dell'equilibrio del terrore, esasperazione del concetto di deterrenza basata sulla distruzione mutua assicurata. È possibile che vivere in un mondo simile non abbia generato incubi collettivi? Questo cambiamento di strategia della NATO indusse una modificazione anche del punto di vista sovietico. Le armi nucleari continuarono a essere concepite come una componente militare decisiva, ma si affermò che solo con operazioni combinate con armi convenzionali sarebbe stato possibile vincere una guerra. Anche Mosca
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Pravda, 15 gennaio 1960. Pravda, 25 ottobre 1961. 166
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cominciò a considerare che una guerra nucleare potesse rimanere limitata geograficamente, prevedendo opzioni più flessibili. La dottrina sovietica subì ulteriori modificazioni, che portarono a considerare che una guerra non sarebbe inevitabilmente diventata nucleare.
Washington voleva come sbarramento verso Est. Per questo scopo aveva dislocato missili nucleari Jupiter in Turchia (oltre che in Ita li a e in Gran Bretagna), capaci di sferrare direttamente un primo colpo sul territorio sovietico. La mossa sovietica di schierare nel 1962 missili nucleari a Cuba, capaci di colpire direttamente il territorio statunitense, cercava di compensare la superiorità nucleare di Washington: all'epoca gli USA a vevano più di 27.000 testate (Fig. 2.1), con 294 missili intercontinentali ICBM, 144 SLBM Polaris portati da sommergibili, e circa 2.000 bombardieri; l'URSS aveva circa 3.300 testate, con 75 ICBM imprecisi e poco sicuri e nessun SLBM. Quando la presenza dei missili sovietici a Cuba venne rivelata da un aereo spia U-2, il mondo sembrò trovarsi sull'orlo della guerra nucleare. La crisi, apparentemente superata grazie alla fermezza di Kennedy, segnò in realtà una vittoria per Chruscëv, il quale ottenne lo smantellamento di tutte le basi nucleari delle due super-potenze in paesi stranieri (lo smantellamento dei missili statunitensi in Turchia fu però differita di 6 mesi, per non dare l'impressione di un cedimento, o di avere preso un abbaglio!). L'effetto immediato della crisi di Cuba fu comunque un rilancio delle spese militari e degli armamenti, anche se la Guerra Fredda rifluì in una logica di «coesistenza pacifica». Un'altra occasione in cui sembrò sfiorarsi il ricorso a ll e armi nucleari fu la guerra del Kippur del 1973 4 , dove Nixon aveva architettato una complessa tattica per riequilibrare i poteri in Medio Oriente. L'Egitto, armato da Washington (che voleva fornirgli anche la bomba atomica), doveva attaccare di sorpresa, prendendo alla sprovvista Israele: quest'ultimo si trovò effettivamente all'inizio a mal partito, finché non indusse Washington a rifornirlo di ingenti armamenti con un gigantesco ponte aereo, brandendo proprio la minaccia di una risposta nucleare. Fu così che si rovesciarono le sorti del conflitto. E la conseguenza fu la prima crisi petrolifera del 1973.
4.3
1961 62, il mondo sull'orlo dell'olocausto: la gara dei missili, le crisi di Berlino e dei missili a Cuba, la guerra del Kippur
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Ci fu però un momento in cui il mondo sembrò, o fu davvero, sull'orlo dell'olocausto nucleare. La campagna dell'Atomo per la Pace si era inserita in una fase di distensione nella Guerra Fredda, apertasi nel 1955 con l'incontro dei «Quattro Grandi» a Ginevra, favorita dal fatidico xx Congresso del PCUS del 1956 e dalla «coesistenza pacifica» rafforzata dalla dichiarazione di Chruscëv sulla evitabilità della guerra, e sopravvissuta alla repressione della rivolta ungherese del 1956, rapidamente dimenticata con il viaggio di Chruscëv negli Stati Uniti nel 1959. Sembrava che la Guerra Fredda fosse finita. Tra il 1956 e il 1958, mentre avveniva il lancio del programma dell'Atomo per la Pace, si ebbe un'impennata impressionante dei test nucleari nell'atmosfera, eseguiti da Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, con un picco nettissimo nel 1957 (USA più di 80; URSS, 23; GB, 2: Fig. 3.1), ma nel 1958 essi vennero sospesi, per venire ripresi nel 1960 (quando si aggiunsero anche quelli francesi, e nel 1961 i sovietici esplosero la bomba più potente della storia, di 50 Mt, 4.000 volte la bomba di Hiroshima). A partire dal 1960 infatti si registrò un radicale inasprimento dei rapporti tra i due blocchi. Cominciò con l'abbattimento, il 1° maggio 1960, dell'aereo spia U-2 americano sul territorio sovietico: che portò al fallimento della nuova conferenza al vertice di Parigi. In settembre, all'assemblea dell'oNu, Chruscëv attaccò vivacemente la politica degli Stati Uniti, sottolineando le sue tesi con manifestazioni plateali di intemperanza. Il nuovo presidente Kennedy, nel discorso di insediamento nel gennaio 1961, lanciò la politica della «nuova frontiera», ma non favorì una ripresa del dialogo. Dopo pochi mesi esplose una nuova «crisi di Berlino», con la costruzione del famoso «muro». La crisi di Berlino fu motivata anche dall'opposizione dell'URSS a lla nuclearizzazione della Germania Federale che, come abbiamo visto, 168
4.4 — Coesistenza pacifica e armi nucleari Le gravi crisi del 1961 62 non interruppero in realtà la politica -
D. Lorentz, cit., Cap. 8. 169
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della «distensione» tra i due blocchi avviata nel 1955, ed ebbero piuttosto l'effetto di fissare meglio le frontiere della Guerra Fredda e di chiarire le regole della coesistenza pacifica. E non lo fece in fondo neppure la guerra del Vietnam: essa fu iniziata nel 1964 (ma Washington bombardava già il Vietnam del Nord), con il pretesto dell'incidente del Golfo del Tonchino (ricorda qualcosa?), dal Presidente Lyndon Johnson, succeduto a Kennedy dopo il suo assassinio, nell'ambito di una più ampia strategia asiatica in funzione anticomunista; ed ebbe termine con la conquista di Saigon da parte dei Vietcong nel 1975 (ma nel 1973 Richard Nixon, eletto nel 1969, e Henry Kissinger erano giunti a un armistizio e avevano ritirato le truppe americane, nella vana speranza che la «vietnamizzazione» del conflitto potesse salvare il regime di Saigon). L'acuirsi delle divergenze tra URSS e Cina (anche se furono costrette a convergere negli aiuti al Vietnam) avevano ormai reso evidente che non esisteva più una minaccia comunista globale, mentre gli Stati Uniti non ponevano fra i loro obiettivi quello di abbattere la Repubblica Democratica di Hanoi, malgrado gli eccessi verbali e propagandistici da entrambe le parti. In ambedue i campi si fece strada la convinzione che la conflittualità andasse, nei limiti del possibile, controllata e regolamentata. L'esibizione di muscoli, come l'esplosione sovietica della più potente bomba mai realizzata nel1961, fu seguita da un'inversione di tendenza negli armamenti nucleari, poiché la disponibilità di missili intercontinentali pronti a colpire in brevissimo tempo e con precisione gli obiettivi strategici dell'avversario necessitava piuttosto di testate leggere e compatte e di potenza relativamente limitata. D'altra parte si andava accumulando l'evidenza dei danni provocati dal numero crescente dei test nucleari nell'atmosfera, che furono sospesi tra il 1958 e il 1960 (Fig. 3.1). Cominciò così alla fine degli anni '50 una fase nella quale gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica promossero una serie di accordi, che culminarono nel Trattato di Non-Proliferazione: non si trattava certo di disarmare, quanto di controllare la crescita degli armamenti e la loro proliferazione e riservarsi, nell'eventualità di una crisi, la possibilità di comunicare e negoziare. Già nel 1957 le potenze occidentali (Stati Uniti, Canada, Francia e Gran Bretagna) avevano presentato a un Sottocomitato della Commissione per il Disarmo dell'oNu un pacchetto di misure che comprendevano l'impegno a «non trasferire fuori dal proprio controllo qualsiasi arma nucleare, o accettare il tra-
s ferimento a sé di tali armi», eccetto per autodifesa 5 . L'Unione Sov ietica replicò che questa formulazione avrebbe consentito il ricorso
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ad armi nucleari «sotto la copertura del presunto diritto di autodifesa», e propose di integrare il divieto del trasferimento con il divieto di dispiegare armi nucleari in paesi stranieri (siamo a tre anni dalla crisi dei missili a Cuba). Nel 1961 l'Assemblea Generale dell'oNu a pprovò all'unanimità una risoluzione dell'Irlanda che raccomandava alle potenze nucleari di concludere un accordo per impedire il tras ferimento o l'acquisizione di armi nucleari. Intanto nel 1959 venne firmato un trattato che vietava l'uso dell'Antartide per basi militari, fortificazioni, manovre e collaudo di armi di ogni tipo. Dopo le crisi del 1961 62 le due super-potenze stabilirono un sistema di comunicazione diretto da usare in caso di crisi per evitare una guerra nucleare per errore. -
4.5
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Verso il Trattato di Non- Proliferazione
Limitare la proliferazione delle armi nucleari diveniva una necessità per le due super-potenze, al fine di prevenire eventuali spinte centrifughe dei paesi dei due blocchi se vi fosse stata una corsa agli armamenti incontrollata (la Francia e la Cina erano due esempi eloquenti): esse però non erano disposte ad accettare limitazioni dei rispettivi armamenti nucleari. Per alcuni anni infatti le trattative subirono uno stallo per la proposta in discussione nella NATO della creazione di una «forza nucleare multilaterale», un nuclear-sharing che Mosca considerava (giustamente!) come una forma di proliferazione, e che avrebbe dato l'accesso o il controllo su armi nucleari a paesi non-nucleari, e in particolare alla Germania. La diatriba si protrasse per alcuni anni con proposte e controproposte reciproche. Gli USA argomentavano in sostanza che accordi collettivi di difesa non violavano il principio della non-proliferazione, e che non intendevano trasferire armi nucleari sotto il controllo di Stati non-nucleari, ma si sarebbero riservati il veto al loro uso. Mosca obiettava che questo non eliminava la disseminazione di armi nucleari: e, come risposta, Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Wapons: http://www.usun vienna. -
rpo.at/nptl.htm.
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nel 1963 schierò centinaia di missili SS-4 ed SS-5 a raggio intermedio alla frontiera dell'Europa occidentale. Malgrado questi forti dissensi, era chiaro che entrambe le parti desideravano un accordo che limitasse la diffusione delle armi nucleari, secondo la loro logica. L'interesse per un effettivo trattato di non-proliferazione nucleare venne espresso dalla Conferenza dei Paesi Non Allineati del Cairo del 1964, e ribadito da altre risoluzioni dell'Assemblea Generale dell'oNu, anche se probabilmente le intenzioni erano abbastanza diverse da quelle delle due super-potenze.
distruggere rifugi sotterranei rinforzati 8 , cfr. Cap. 7). Un secondo problema riguarda la possibile correlazione tra test nucleari sotterranei e terremoti, o sommovimenti terrestri di altro tipo. Naturalmente le autorità e gli scienziati interessati negano recisamente una tale e ventualità, così come negano sempre qualsiasi effetto delle armi n ucleari o de ll a radioattività. Ma nei primi 50 anni [del secolo xx] sono stati registrati 3.419 terremoti di magnitudine uguale o superiore a 6 Richter, con una media di 68 all'anno. Dal 1950 al 1989 i terremoti in questione sono stati 4.963, con una media di 127 all'anno: il valore è quasi raddoppiato.
Il Partial Test Ban Treaty Nel 1963 l'incalzante aumento della radioattività costrinse le potenze nucleari a firmare il trattato PTBT (Partial Test Ban Treaty) che proibiva i test nucleari nell'atmosfera, nello spazio e sotto le acque dei mari, limitandoli a esperimenti sotterranei. I vantaggi di questa restrizione sono indubbi, ma non si può mancare di sottolineare la doppiezza delle potenze nucleari, che ritroveremo lungo tutta la storia della proliferazione: esse infatti si guardarono bene dal decidere un'abolizione totale dei test nucleari (che dovrà attendere più di 30 anni, quando e come ad esse farà comodo, come vedremo nei Capp. 7 e 9). Questo accordo parziale era fatto a loro uso e consumo, poiché non serviva affatto a limitare l'uso de ll e armi nucleari e non scoraggiava la proliferazione, con l'alibi che sottoterra le bombe non presentavano rischi per la popolazione: fino al 1983 i test nucleari sotterranei seguirono il ritmo forsennato di uno alla settimana. Molto vi sarebbe da dire sulle conseguenze dei test sotterranei: vi sono problemi molto complessi ai quali possiamo solo accennare. In primo luogo il problema dei rilasci radioattivi di un test sotterraneo non è così chiaro e semplice come si vorrebbe far credere: dipende dall a profondità alla quale avviene l'esplosione, dalla sua potenza e dalla sua dinamica, dal tipo di terreno, ecc. 7 (il problema si estende anche agli effetti delle nuove testate cosiddette bunker busters, per Paolo Cortesi, Test nucleari: giocare col plutonio, cit. Carey Sublette, The effects of underground explosions: http:/nuclearweaponarchive.org/Library/Effects/UndergroundEffects.html . Samuel Glasstone e Thomas Dolan (a cura di), The Effects of Nuclear Weapons, Department of Defense and Energy, Washington DC 1977. 6
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Sono stati denunciati altri possibili danni all'equilibrio della struttura del nostro pianeta (ad esempio, gli aumenti di temperatura) e possibili spostamenti dell'asse di rotazione terrestre (che vengono denunciati anche in occasione di forti terremoti, o dello spaventoso Tsunami in Asia a ll a fi ne del 2004).
Il Trattato di Non-Proliferazione Nel 1965 tanto gli USA che l'URSS presentarono all'ONU bozze di trattati per limitare la diffusione delle armi nucleari, e l'Assemblea Generale adottò una risoluzione che fissava cinque principi su cui dovevano essere basati i negoziati per un trattato di non-proliferazione. Nel 1966 il Senato degli Stati Uniti approvò all'unanimità una risoluzione che raccomandava di moltiplicare gli sforzi per arrivare a un trattato di non-proliferazione. E alla fine dello stesso anno i rappresentanti sovietico e statunitense avviarono incontri privati in cui raggiunsero un accordo provvisorio su molti aspetti di un futuro trattato (allora gli USA avevano 31.700 testate, l'URSS 7.089, la Gran Bretagna 270, la Francia 36 e la Cina 20 10 ; le due superpotenze schieravano già missili balistici intercontinentali e sommergibili dotati di missili con testata nucleare). Washington dovette affrontare un'ardua s
Michael A. Levy, «Dreaming of clean nukes», Nature, Vol. 428 (29 aprile 2004),
p. 892. 9
P. Cortesi, cit. to M. Dinucci, Il Potere Nucleare, cit., p. 47. 173
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serie di incontri con gli alleati della NATO, che non volevano rinunciare alla «forza nucleare multilaterale», fornendo un'interpretazione secondo cui il trattato copriva le armi nucleari ma non i sistemi di lancio, e non vietava il dispiegamento di armi nucleari di proprietà degli Stati Uniti o da essi controllate nel territorio di membri nonnucleari della NATO. Questa interpretazione venne sottoposta a Mosca che l'approvò. Nel 1967 — anno in cui vennero firmati il trattato sull'esplorazione e l'uso dello spazio esterno, che ne imponeva l'uso pacifico e vietava espressamente di collocarvi armi nucleari e di distruzione di massa; e il Trattato di Tlatelolco per la proibizione de ll a armi nucleari in America Latina — le due super-potenze arrivarono infine a un testo comune. I paesi non-nucleari proposero numerosi emendamenti. I controlli per prevenire la proliferazione nucleare ad altri paesi dovevano essere affidati alla AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, IAEA in inglese), ma vi erano resistenze da parte dei paesi europei aderenti all'Eu1ATOM, che volevano conservare il proprio sistema regionale, e per l'eventuale asimmetria dei controlli nei paesi nucleari, i quali stipularono accordi successivi con la AIEA (Par. 3.3), escludendo però gli impianti legati alla sicurezza nazionale. I paesi non-nucleari chiedevano inoltre, come contropartita al loro impegno a non sviluppare armi nucleari, impegni delle potenze nucleari a ridurre i loro arsenali e verso un totale disarmo: vedremo come questo problema si sia trascinato fino a oggi, malgrado impegni precisi sottoscritti più volte, ma sempre disattesi. I paesi nonnucleari chiedevano anche una «Assicurazione di sicurezza», cioè la garanzia di non venire minacciati o attaccati con armi nucleari: la grandi potenze proposero di rinviare questo impegno a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, di cui pure vedremo l'evoluzione. Si può dire fin da ora che soprattutto questi due ultimi problemi rimangono sostanzialmente irrisolti. In ogni modo, dopo varie revisioni venne presentato all'Assemblea Generale dell'ONU il testo finale del Trattato di Non-Proliferazione (TNP), che fu approvato il 12 giugno del 1968: la Francia si astenne affermando che non avrebbe firmato il trattato, ma «si sarebbe comportata in futuro in questo campo esattamente come gli Stati aderenti al Trattato». Il trattato venne firmato dagli Stati Uniti, dall'Unione Sovietica, dalla Gran Bretagna e da altri 59 paesi, ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. La Cina rifiutò di firmare il TNP, con-
s iderandolo una manifestazione dell'imperialismo di Mosca e della sua collusione con Washington. La Francia di De Gaulle proseguiva nella realizzazione della propria force de frappe nucleare autonoma, aveva preso l'iniziativa di stabilire relazioni diplomatiche con la Cina nel 1964, aveva criticato la presenza americana in Vietnam, e nel 1966 era uscita dalla NATO come organizzazione militare integrata, mantenendo l'adesione all'Alleanza come trattato politico. Altri paesi — come Israele, l'India, il Pakistan, il Brasile, l'Egitto — non firmarono il TNP o perché aspiravano a un proprio armamento nucleare, o per affermare la propria autonomia. Il TNP aveva validità venticinquennale: nel 1995 era prevista una conferenza per prolungarne eventualmente la validità (v. Cap. 6). Erano previste una prima conferenza di revisione nel 1975 e la possibilità di altre conferenze di revisione quinquennale, che in effetti si sono tenute (Par. 4.8).
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4.6 — Il contenuto del Trattato di Non- Proliferazione
Prima di esaminare in termini generali la struttura e gli effetti del illustriamone brevemente gli articoli (il cui testo completo è riportato nell'Appendice 4.1). Indichiamo con i termini «Stati nucleari» e «Stati non-nucleari» rispettivamente i paesi detentori di armi nucleari e quelli che non le possiedono. L'Art. I vieta agli Stati nucleari di trasferire a qualsiasi altro paese armi o ogni altro esplosivo nucleare, e di assistere, incoraggiare o indurre qualsiasi Stato non-nucleare a fabbricare armi o qualsiasi esplosivo nucleare o ad acquisirlo in qualsiasi modo. D'altra parte, con l'Art. II ogni paese non-nucleare si impegna a non ricevere, fabbricare o acquisire in qualsiasi modo armi o esplosivo nucleare, e a non ricevere assistenza per la loro fabbricazione. A tale scopo l'Art. III obbliga tutti i paesi non-nucleari ad accettare controlli internazionali attraverso accordi negoziati con la ALEA, volti a rivelare e impedire la diversione di materiale nucleare per scopi militari: si deve osservare che tale obbligo viene stabilito per i
TNP,
paesi non-nucleari, mentre le potenze nucleari sono esenti da controlli e verifiche!
L'Art. IV, per converso, autorizza lo sviluppo di programmi nucleari pacifici con modalità consistenti con gli Art. I e II, e l'assisten-
La proliferazione diventa adulta
Il Trattato di Non-Proliferazione nucleare (1970)
za ai programmi nucleari di altri paesi, con particolare attenzione ai bisogni dei paesi sottosviluppati. Il vero asse portante del TNP, anche se purtroppo assai debole, appare l'Art. VI, che prevede l'«obbligo» per i paesi nucleari di promuovere negoziati in buona fede per giungere a misure effettive per mettere fine quanto prima alla corsa agli armamenti, per il disarmo nucleare, e per arrivare a un trattato per un disarmo generale e completo sotto uno stretto ed effettivo controllo internazionale: questo impegno appare tanto più forte in quanto viene solennemente enunciato anche nel preambolo del TNP, come desiderio e intenzione a «cessare la corsa agli armamenti», a procedere «nella direzione del disarmo nucleare» e a «eliminare gli arsenali nazionali». Si deve osser-
L'evoluzione del problema della proliferazione verrà naturalmente analizzato nei prossimi capitoli, ma è opportuno anticipare in modo sintetico una valutazione generale del trattato e la sua evoluzione fino alla fine degli anni '80. In primo luogo si deve sottolineare che il TNP è un trattato piuttosto singolare e asimmetrico, che stabilisce in sostanza che chi già possiede armi nucleari se le tiene, e può anche svilupparle ulteriormente (come è accaduto di fatto nei decenni successivi), mentre chi non le ha rinuncia a dotarsene. È vero che il trattato contiene prescrizioni precise che impegnano i paesi nucleari a un processo di eliminazione totale, anche se graduale, di queste armi; impegno che è
stato reso più concreto e stringente in successive conferenze di revisione: specialmente dopo il crollo del blocco dell'Est i paesi nonnucleari hanno risollevato questo problema con forza, dal momento che gli arsenali della Guerra Fredda non hanno più senso (Par. 6.8). Ma dal momento che, come abbiamo sottolineato, il trattato non prevede nessuna conseguenza nel caso che questo impegno di disarmo nucleare venga disatteso, le potenze nucleari hanno avuto buon gioco a proseguire nelle proprie logiche: non si può sfuggire alla conclusione che esse accettano di sottoscrivere un trattato solo quando e come conviene ai loro disegni, e in forme tali che le norme non ostacolino realmente i loro programmi nucleari attuali e non limitino possibili sviluppi futuri (come era avvenuto per il PTBT). Anche i trattati degli anni '90, che hanno stabilito il divieto assoluto dei test nucleari e riduzioni effettive della consistenza numerica degli arsenali nucleari, sono stati accettati quando e perché eliminavano solo aspetti ridondanti o divenuti obsoleti, ma non interferivano con le nuove prospettive che si erano intanto presentate, come vedremo nella Parte 3. Un secondo aspetto, più specifico, è la valutazione dell'efficacia che il TNP ha effettivamente avuto: ossia se esso ha realmente impedito la proliferazione nucleare. Si tratta di una questione meno semplice di come può apparire. È vero che i paesi che hanno sviluppato concretamente armi nucleari dopo l'entrata in vigore del TNP sono stati solo il Sudafrica (che poi se ne è liberato), l'India e il Pakistan, che non aderivano al trattato. Si devono però considerare due aspetti ulteriori. Da un lato vi sono stati molti paesi che hanno cercato comunque di sviluppare armi nucleari: abbiamo accennato all'Argentina e al Brasile, ma anche la neutrale Svizzera ha avuto un programma militare segreto fino alla fine degli anni '80, e così la Svezia del governo socialdemocratico. Per non parlare poi, ovviamente, dei paesi che non hanno sottoscritto il trattato, come Israele, l'India, il Pakistan, nonché la Francia e la Cina, che lo hanno firmato quando ha fatto loro comodo: ma anche questo aspetto mette in questione le effettive capacità della comunità internazionale. D'altro lato si deve considerare che vi è stato un numero considerevole di paesi che hanno sviluppato la capacità effettiva di realizzare armi nucleari. Sembra evidente che quelli che hanno aiutato altri paesi a realizzare queste armi, come è il caso de lla Germania e di altri con il Sudafrica, le abbiano concretamente fabbricate e sperimenta-
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vare però che il trattato non prescrive nessun tipo di sanzione, o di provvedimento nel caso — che di fatto si è verificato — che le potenze nucleari disattendano questo solenne impegno! L'Art. vil riconosce il diritto di qualsiasi gruppo di Stati di con-
cludere trattati regionali che stabiliscano l'assenza di armi nucleari nei rispettivi territori (zone denuclearizzate): si osservi che questo articolo stabilisce il «diritto», ma non contempla nessun dovere in questo senso (se così fosse, come la metterebbe Israele con la proposta di denuclearizzare il Medio Oriente? Intanto, naturalmente, si denunciano i programmi dell'Iran). L'Art. VIII prevede, come abbiamo ricordato, conferenze quin-
quennali di revisione del trattato, per verificarne l'applicazione. 4.7 —Un primo bilancio del TNP
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te, anche se non ne possiedono concretamente sul proprio territorio, e siano quindi in grado di realizzarle all'occorrenza in tempi brevi. La Lorentz adombra ad esempio la possibilità che nei test pakistani del 1998 fosse coinvolto anche l'Iran". Già nel 1976 l'autorevole Le Monde rilevava che «se il TNP (proibisce) il possesso di armi nucleari, non impedisce di percorrere tranquillamente tutto il cammino che conduce ad esse, e questo fino agli `ultimi cinque minuti'» 12 ; e denunciava l'evidenza che «la proliferazione delle centrali nucleari, degli impianti di arricchimento dell'uranio e de ll e installazioni di ritrattamento del combustibile provocherà, senza alcun dubbio, la proliferazione de ll e armi nucleari» 13 . Del resto le autorità indiane hanno candidamente dichiarato allo stesso Le Monde più recentemente che il TNP «costituisce più un trattato di proliferazione nucleare che di non-proliferazeone» 14 . Sempre secondo l'analisi della Lorentz il TNP ha fornito la copertura per questi disegni di diffusione di capacità nucleari militari, uno «specchietto per le allodole», avallato da benevoli e complici controlli della AIEA 15 Il trattato di messa al bando totale dei test nucleari (CTBT), firmato nel 1996 (Par. 6.4), elenca autorevolmente ben 44 paesi che dispongono delle capacità tecnologiche per dotarsi di un armamento nucleare 16: Algeria, Argentina, Australia, Austria, Bangladesh, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina, Colombia, Corea del Nord, Corea del Sud, Egitto, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Iran, Israele, Ita li a, Messico, Norvegia, Olanda, Pakistan, Perù, Polonia, Repubblica Democratica del Congo, Romania, Russia, Slovacchia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria, Ucraina, Vietnam. Infine, il TNP non affronta in alcun modo i problemi dell'ammodernamento degli arsenali nucleari esistenti, della realizzazione di ordigni nucleari di tipo nuovo, del miglioramento dei vettori (missili) e dei sistemi di guida e di controllo, i quali hanno trasformato radicalmente la natura degli arsenali nucleari, la loro efficacia, gli scopi e
la struttura de ll a deterrenza, le dottrine nucleari, le nuove prospettive della proliferazione. Vedremo in particolare che la riduzione consistente del numero delle testate degli arsenali statunitense e russo n ell'ultimo decennio non ha affatto diminuito i rischi di guerra nucleare, ma li ha invece notevolmente aumentati. Ma sul TNP gravano ulteriori interrogativi e incognite, più sottili ambigui, e meno noti. Uno di essi, che riteniamo opportuno esae minare più oltre (Par. 7.4), è che vi siano interpretazioni riservate ma riconosciute secondo cui un paese non sarebbe più vincolato al trattato nel caso «decidesse» di fare una guerra (va sottolineato, sarebbe la semplice «decisione» a sciogliere un paese dai vincoli del TNP, neppure lo stato di guerra effettivo!). È opportuno osservare che il TNP non avrebbe mostrato questi limiti se si fosse realizzato l'Art. vi, cioè il disarmo nucleare totale: il trattato stabiliva in sostanza — come risulta chiaro dal Preambolo (Appendice 4.1) un regime transitorio, volto ad impedire la disseminazione delle armi nucleari in attesa de ll a loro definitiva eliminazione. Pregi e limiti del TNP si chiariranno ulteriormente nel corso della nostra analisi, soprattutto nel Cap. 9.
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D. Lorentz, cit., p. 582. Le Monde, 12 settembre 1976: citato da D. Lorentz, p. 35. L3 Le Monde, 8, 9, 10 giugno 1975: citato da D. Lorentz, p. 35. 14 Le Monde, 16 maggio 1998: citato da D. Lorentz, p. 34. 15 Ivi, pp. 37-38. 16 Ivi, pp. 24-25. 12
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4.8 — Le conferenze di revisione durante la Guerra Fredda
Passiamo brevemente in rassegna le prime quattro conferenze di revisione del TNP, fino a quella del 1990, per vedere lo sviluppo delle questioni controverse e i principali avvenimenti correlati, che esamineremo in maggiore dettaglio nei prossimi capitoli. Il carattere asimmetrico del trattato si è riflesso su tutte le conferenze di revisione, che sono state animate dalle polemiche dei paesi non-nucleari verso i paesi nucleari, sulla corsa agli armamenti, sugli impegni disattesi di disarmo nucleare, sulla cessazione totale dei test nucleari e sulle assicurazioni di non subire minacce o attacchi nucleari in cambio del loro impegno a non sviluppare queste armi. Spesso i contrasti hanno impedito di arrivare a una risoluzione finale, e a volte un accordo è stato possibile solo a patto di forti compromessi e dell'accantonamento di questioni cruciali. Nel 1972 vennero sottoscritti tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica il trattato ABM (Treaty on the Limitation of Anti-Ballistic Missile Systems) e il trattato SALTI (Strategic Arms Limitation Treaty) sulla 179
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limitazione delle armi nucleari strategiche, dei quali tratteremo più diffusamente nel prossimo capitolo; e nel 1974 venne stabilito un trattato sulla limitazione dei test nucleari sotterranei (Threshold Test Ban Treaty). Nel 1973 venne firmato un accordo sui controlli tra l'EURATOM e la AIEA, che però entrò in vigore solo nel 1977. Ma la corsa agli armamenti non si era arrestata. Anche se l'arsenale nucleare statunitense aveva raggiunto il massimo in termini quantitativi (poco meno di 30.000 testate), entrambe le super-potenze avevano aumentato notevolmente la precisione dei missili, avevano introdotto i missili balistici a testata multipla (MIRv, Par. 5.1) e avevano potenziato le capacità nucleari dei loro sommergibili: un solo sommergibile statunitense era in grado di colpire oltre 300 obiettivi strategici sul territorio nemico, uno sovietico arrivava a 160 17 . Nella guerra del Kippur del 1973 si era sfiorato l'uso delle armi nucleari da parte di Israele. Anche la proliferazione orizzontale non si era arrestata: l'India (non aderente al TNP) aveva eseguito il primo test nucleare, definito pacifico, nel 1974.
n ucleare i paesi non-nucleari sostennero anche che l'Art. III li pone-
Prima Conferenza di Revisione, 1975
Il trattato era stato firmato allora da 91 paesi, tra cui però solo tre paesi nucleari (USA, URSS e Gran Bretagna). Fin dall'inizio si manifestarono punti di vista diversi sugli obiettivi della conferenza, l'adempimento de lle clausole del trattato e i modi e i mezzi per rafforzarlo. Mentre i paesi nucleari insistevano sul rafforzamento del TNP e dei controlli, molti paesi non-nucleari denunciarono immediatamente il carattere unilaterale del rispetto del trattato, sostenendo che l'enfasi era stata posta sui loro obblighi, mentre scarsa attenzione era stata data ai loro diritti e agli obblighi delle potenze nucleari (alcune delle quali non avevano neppure aderito al trattato): in particolare si accese la controversia se queste ultime avevano ottemperato agli obblighi posti dall'Art. vI di negoziare in buona fede misure effettive per arrestare la corsa agli armamenti e avviare il disarmo. Gli Stati Uniti e l'URSS replicarono che il trattato SALT rappresentava un progresso considerevole in questa direzione (ma esso riguardava una modesta limitazione, e non una riduzione delle armi strategiche). Nel dibattito sugli usi pacifici dell'energia 17
M. Dinucci, Il Potere Nucleare, cit., pp. 50-51.
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va in una situazione di svantaggio rispetto ai paesi che non avevano firmato il trattato e potevano quindi importare materiali e attrezzature nucleari senza dovere sottostare ai controlli della AIEA. Malgrado questi dissensi, si giunse alla fine a una Dichiarazione Finale in cui si riaffermava l'appoggio al trattato, si riconosceva che l'impegno a non diffondere le armi nucleari era stato rispettato da tutti i paesi e, riguardo all'Art. vi, pur apprezzando gli accordi di limitazione, si esprimevano forti preoccupazioni per il proseguimento della corsa agli armamenti e si sollecitavano sforzi più risoluti per una piena attuazione del trattato. Nel 1978 le cinque potenze nucleari enunciarono unilateralmente assicurazioni di sicurezza (security assurances), cioè che non avrebbero mai attaccato un paese non-nucleare con armi nucleari. Nel 1979 Stati Uniti e Unione Sovietica sottoscrissero un secondo trattato di limitazione delle armi strategiche, il SALT II (il quale in realtà non entrò mai in vigore, Par. 5.4). Ma la corsa agli armamenti procedeva a pieno ritmo. Nel 1978 l'URSS aveva sorpassato gli USA come numero di testate nucleari (25.393 contro 24.243) e il suo arsenale continuò a crescere fino al 1987, mentre quello statunitense rimaneva pressoché stazionario (Fig. 2.1). La precisione dei missili balistici, tanto basati a terra come sui sommergibili, continuava ad aumentare. Venivano sviluppati missili balistici molto insidiosi a media e a breve gittata, il cui dispiegamento in Europa portò pochi anni dopo a lla crisi degli «Euromissili» (Par. 5.5). Washington aveva realizzato la bomba al neutrone. La Gran Bretagna possedeva 350 testate, la Francia 235, la Cina 220 18 e Israele un numero (come sempre) imprecisato, valutato fra 30 e 60. Mentre il Sudafrica (non aderente al TNP) aveva acquisito la capacità di fabbricare bombe nucleari, e il programma dell'India presumibilmente proseguiva in gran segreto. Seconda Conferenza di Revisione, 1980 Il numero di paesi aderenti al TNP era intanto salito a 112. Nella Seconda Conferenza di Revisione i contrasti risultarono più aspri che nella prima, tanto che non si riuscì ad adottare un documento finale. 18
Ivi, p.51.
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Tra le questioni più controverse, un punto di cui vedremo l'importanza in seguito fu sollevato rispetto agli Artt. I e li da molti paesi non-allineati, i quali denunciarono i rischi di proliferazione che potevano sorgere dall'assistenza e cooperazione fornita, in particolare a paesi non aderenti al TNP, da parte di paesi non-nucleari aderenti al trattato esportatori di materiali, attrezzature e tecnologie nucleari (come era il caso, ad esempio, della Germania con il Sudafrica, o quello di Israele): si denunciava infatti che questi ultimi spesso richiedevano garanzie meno stringenti di quelle richieste ai paesi aderenti al trattato, e non vi fu accordo sulla richiesta che dovessero imporre comunque ai clienti i controlli della AIEA secondo l'Art. iv. I dibattiti più accesi furono nuovamente sugli impegni di disarmo nucleare e di limitazione della corsa agli armamenti che le potenze nucleari avrebbero dovuto ottemperare per adempiere all'Art. vi del TNP. Negli anni successivi si susseguirono varie prese di posizione contro la proliferazione nucleare da parte del Presidente statunitense Ronald Reagan e del Segretario di Stato Shultz, culminate nel patto sul commercio nucleare con la Cina del 1984 (entrato in vigore nel 1985) con il quale Pechino, pur non aderendo al TNP, accettava le ispezioni della AIEA sul materiale e le attrezzature esportati. Nel 1985 il Trattato di Rarotonga stabiliva una zona denuclearizzata nel Pacifico del Sud. Nel 1981 Israele bombardò il reattore nucleare iracheno in costruzione. La grave crisi degli Euromissili avvicinò nuovamente lo spettro di un confronto nucleare. L'arsenale nucleare sovietico si avvicinava al picco di 40.273 testate, in confronto alle poco più di statunitensi, la Cina ne contava 425, la Francia 355, la Gran 23.0 Bretagna 300 19 , Israele presumibilmente tra 50 e 100. Terza Conferenza di Revisione, 1985 Il numero di Stati aderenti al TNP era aumentato a 131. I temi controversi della precedente conferenza furono di nuovo al centro del dibattito. Alcuni paesi africani e mediorientali sollevarono dubbi sull'efficacia del TNP nel prevenire la proliferazione orizzontale, portando gli esempi degli impianti nucleari esenti da ispezioni di Israele e 19
Ivi, p. 52.
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del Sudafrica, e ribadendo che tali controlli dovevano essere una preco ndizione per la fornitura di attrezzature nucleari. Molti paesi sottosviluppati lamentarono l'insufficiente assistenza ricevuta in campo n ucleare. Il dibattito sull'adempimento dell'Art. vI si focalizzò in gran parte sulla necessità di un trattato che mettesse al bando tutti i test nucleari. Vi fu anche un'accesa discussione su un punto non previsto dal TNP, riguardante attacchi armati contro impianti nucleari, in seguito al bombardamento di Israele della centrale in costruzione in Iraq, e degli attacchi dell'Iraq sull'impianto in costruzione in Iran (era in corso la sanguinosissima guerra tra i due paesi, alimentata dagli USA dopo la vittoria de lla rivoluzione iraniana). A lla fine si riuscì ad adottare una Dichiarazione Finale a costo di compromessi e dell a rinuncia a votare su punti controversi (l'ultima questione ricordata, gli adempimenti dell'Art. vi, una richiesta di moratoria dei test di blocco degli armamenti nucleari). e Alla fine del 1985 la Corea del Nord aderì al TNP. Ma la proliferazione nucleare non si arrestava: nel 1988 il Sudafrica dichiarò pubblicamente la propria capacità di realizzare armi nucleari, arrivando probabilmente a un arsenale di sei testate (che distruggerà dopo il 1990). Vi è chi valuta che l'India avesse già un arsenale di 12-20 testate nucleari, e nel 1979 eseguì il lancio sperimentale di un missile balistico a media gittata20 . Il programma nucleare militare del Pakistan mosse i primi passi. Gli ultimi tre paesi non aderivano al TNP. Nel 1987 gli USA e l'URSS firmarono il trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) per l'eliminazione dei loro missili a raggio intermedio e corto. Nel giugno 1990 ebbe luogo a Washington un summit tra i Presidenti George Bush e Michail Gorbacëv (preparato da un incontro a Mosca in marzo tra il segretario James Baker e il ministro degli Esteri Eduard Shevarnaze) che nel campo della non-proliferazione nucleare stabiliva uno sforzo comune. Quarta Conferenza di Revisione, 1990 Al momento dell'ultima conferenza di revisione prima del crollo dell'uRss il numero di Stati aderenti al TNP era salito a 140. Crebbe anche il numero di paesi non aderenti che parteciparono come osser-
^0 Ivi, p. 53.
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vatori, in particolare la Francia e la Cina. Il dibattito fu dominato dai temi degli adempimenti del trattato, in particolare le questioni della messa al bando totale dei test nucleari, delle assicurazioni di sicurezza richieste dagli Stati non-nucleari, di accordi sui controlli, degli usi pacifici dell'energia nucleare (molti paesi continuarono a lamentare l'insufficienza dell'assistenza ricevuta) e dei connessi rischi di proliferazione orizzontale, nonché delle denunce dei paesi non allineati e neutrali della proliferazione verticale delle potenze nucleari che continuavano a sviluppare armi nuove e mantenevano le stesse dottrine nucleari. Così non si giunse a una dichiarazione finale, anche se si convenne per l'estensione del trattato al 1995 evitando il rischio di subordinarla ai negoziati su altre misure per il controllo degli armamenti.
Impegnandosi a cooperare per facilitare l'applicazione dei controlli dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica [nel seguito AIEA, nda] sulle attività nucleari pacifiche, Esprimendo il loro appoggio alla ricerca, allo sviluppo e ad altri sforzi per promuovere l'applicazione, nel quadro del sistema di controlli dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, del principio di proteggere effettivamente il flusso di sorgenti e materiali fissili speciali dall'uso di strumenti e altre tecniche in determinati punti strategici, Affermando il principio che i benefici delle applicazioni pacifiche della tecnologia nucleare, compreso ogni sottoprodotto tecnologico che può derivare dagli Stati nucleari dallo sviluppo di dispositivi esplosivi nucleari, dovrebbe essere disponibile per scopi pacifici a tutte le parti Contraenti, che siano Stati nucleari o non-nucleari, Convinti che, in appoggio a questo principio, tutte le parti Contraenti sono autorizzate a partecipare nello scambio più pieno possibile di informazione scientifica per, e a contribuire da sole o in cooperazione con altri Stati all'ulteriore sviluppo de ll e applicazioni dell'energia atomica per scopi pacifici, Dichiarando la loro intenzione di raggiungere nel tempo più breve possibile la cessazione della corsa agli armamenti nucleari e di intraprendere misure effettive nella direzione del disarmo nucleare, Promuovendo la cooperazione di tutti gli Stati per il raggiungimento di questo obiettivo, Richiamando la determinazione espressa dai Firmatari del Trattato del 1963 che bandisce i test nucleari nell'atmosfera, nello spazio esterno e sotto i mari nel suo Preambolo di cercare di raggiungere la cessazione di tutte le esplosioni sperimentali di bombe nucleari per sempre e di proseguire i negoziati a questo fine, Desiderando proseguire l'allentamento della tensione internazionale e il rafforzamento della fiducia tra gli Stati allo scopo di facilitare la cessazione della fabbricazione di bombe nucleari, la liquidazione di tutti i loro arsenali esistenti, e l'eliminazione dagli arsenali nazionali de ll e bombe nucleari e dei mezzi per il loro lancio in conformità a un Trattato sul disarmo generale e completo sotto stretto ed effettivo controllo internazionale, Richiamando che, in accordo con la Carta delle Nazioni Unite, gli Stati devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, o in qualsiasi altro modo in contrasto con gli Scopi delle Nazioni Unite, e che l'instaurazione e il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali devono essere promossi con la minima diversione delle risorse umane ed economiche mondiali per gli armamenti, Hanno convenuto quanto segue:
Appendice 4.1 IL TESTO DEL TRATTATO DI NON- PROLIFERAZIONE
Riportiamo integralmente gli articoli del Trattato. Chiunque può rendersi conto direttamente, al di là del linguaggio burocratico che ne rende difficile anche la traduzione letterale, delle violazioni che il Trattato ha subito, senza bisogno di aggiungere annotazioni specifiche. Traduciamo con «Stati nucleari» e «Stati non-nucleari» i termini nuclear-weapon States e nonnuclear-weapon States usati nel trattato. Il testo Firmato a Washington, Londra e Mosca il 1 luglio 1968 [Francia e Cina non firmarono, nda] Entrato in vigore 115 marzo 1970 Gli Stati che concludono questo Trattato, qui designati come i «Contraenti», Considerando la devastazione che colpirebbe tutto il genere umano dopo una guerra nucleare e la conseguente necessità di fare qualsiasi sforzo per evitare il pericolo di una tale guerra e di prendere misure per garantire la sicurezza dei popoli, Convinti che la proliferazione delle armi nucleari innalzerebbe seriamente il pericolo di guerra nucleare, In conformità con risoluzioni delle nazioni Unite che chiedono la conclusione di un accordo sulla prevenzione di un più ampia disseminazione de ll e armi nucleari, 184
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La proliferazione diventa adulta Articolo I
Ogni Stato nucleare Contraente si impegna a non trasferire assolutamente a nessun destinatario armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi o il controllo su tali armi o congegni esplosivi direttamente, o indirettamente; e a non assistere, incoraggiare, o indurre in nessun modo qualsiasi Stato che non disponga di armi nucleari a fabbricare o acquisire altrimenti armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, o il controllo su tali armi o congegni esplosivi. Articolo II
Ogni Stato che non possiede armi nucleare [in seguito abbreviato con «non-nucleare», nda] Contraente si impegna a non ricevere assolutamente da qualsiasi cedente il trasferimento di armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi o il controllo su tali armi o congegni esplosivi direttamente, o indirettamente; a non fabbricare o acquisire altrimenti armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi; e a non cercare o ricevere nessuna assistenza nella fabbricazione di armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi. Articolo III
1. Ogni Stato non-nucleare Contraente si impegna ad accettare misure di garanzia, come stabilito in un accordo che sarà negoziato e concluso con la AIEA in accordo con lo Statuto della AIEA e con il sistema di garanzie dell'Agenzia, con l'esclusivo proposito della verifica dell'adempimento dei suoi obblighi assunti sotto questo Trattato allo scopo di prevenire la diversione di energia nucleare da usi pacifici ad armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi. Le procedure per le garanzie richieste da questo articolo verranno seguite nei confronti di sorgenti o materiale speciale fissile sia che esso sia prodotto, processato o usato in qualsiasi impianto nucleare principale o sia all'esterno di qualsiasi impianto siffatto. Le garanzie richieste da questo articolo verranno applicate a tutte le sorgenti di materiale speciale fissile in tutte le attività nucleari pacifiche all'interno del territorio di tale Stato, sotto la sua giurisdizione, o svolto ovunque sotto il suo controllo. 2. Ogni parte contraente si impegna a non fornire: (a) fonti di materiale fissile speciale, o (b) attrezzature o materiale destinato specialmente o preparato per il trattamento, uso o produzione di materiale fissile speciale, a qualsiasi Stato non-nucleare per scopi pacifici, a meno che la fonte di materiale fissile speciale sia soggetta alle ispezioni richieste da questo articolo. 3. Le ispezioni richieste in questo articolo saranno effettuate in modo da conformarsi con l'Art. vi di questo Trattato, e da non ostacolare lo sviluppo economico e tecnologico dei Contraenti o la cooperazione internazionale nel campo delle attività nucleari pacifiche, compreso lo scambio internazionale di materiale e attrezzature nucleari per il trattamento, l'uso o la produzione 186
Il Trattato di Non-Proliferazione nucleare (1970) di materiale nucleare per scopi pacifici in accordo con le clausole di questo articolo e i principi di salvaguardia enunciati nel preambolo del Trattato. 4. Gli Stati non-nucleari Contraenti concluderanno accordi con la AIEA per ottemperare ai requisiti di questo articolo o individualmente o insieme ad altri Stati in accordo con lo statuto della ALEA. La negoziazione di questi accordi comincerà entro 180 giorni dall'entrata in vigore di questo Trattato. Per paesi che depositeranno i loro strumenti di ratifica o di accesso dopo il periodo di 180 giorni, i negoziati di questi accordi inizieranno non più tardi della data di tale deposito. Questi accordi entreranno in vigore non più tardi di 18 mesi dopo la data di inizio dei negoziati. Articolo Iv
1. Nulla in questo Trattato sarà interpretato in modo da compromettere l'inalienabile diritto dei Contraenti di sviluppare la ricerca, la produzione e l'uso dell'energia nucleare per scopi pacifici senza discriminazione e in conformità con gli Artt. i e II di questo Trattato. 2. Tutti i Contraenti si impegnano a facilitare, e hanno il diritto di partecipare nello scambio più pieno possibile di attrezzature, materiali e informazione scientifica e tecnica per gli usi pacifici dell'energia nucleare. I Contraenti in grado di farlo coopereranno anche a contribuire da soli o insieme ad altri Stati o organizzazioni internazionali all'ulteriore sviluppo delle applicazioni dell'energia nucleare con scopi pacifici, specialmente nei territori degli Stati non-nucleari Contraenti, con la dovuta considerazione delle necessità delle aree in via di sviluppo del mondo. Articolo v
Ogni contraente si impegna a prendere misure appropriate per assicurare che, in accordo con questo Trattato, sotto appropriato controllo internazionale e attraverso appropriate procedure internazionali, potenziali vantaggi da qualsiasi applicazione pacifica delle esplosioni nucleari siano resi disponibili agli Stati non-nucleari Contraenti su una base non discriminatoria e che il costo per tali Contraenti dei congegni esplosivi usati sarà il più basso possibile ed escluderà qualsiasi costo per ricerca e sviluppo. Gli Stati non-nucleari Contraenti potranno ottenere questi benefici, conformi a uno speciale accordo o accordi internazionali, attraverso un appropriato corpo internazionale con rappresentanza adeguata di Stati non-nucleari. Negoziati su questa materia inizieranno appena possibile dopo l'entrata in vigore del Trattato. Gli Stati non-nucleari Contraenti che lo desiderino possono anche ottenere questi benefici attraverso accordi bilaterali. Articolo vI
Ognuno dei Contraenti si impegna a perseguire negoziati in buona fede 187
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Il Trattato di Non-Proliferazione nucleare (1970)
su misure effettive legate alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari il più presto possibile e al disarmo nucleare, e su un Trattato di disarmo generale e completo sotto uno stretto ed effettivo controllo internazionale.
verni degli Stati Uniti d'America, il Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che sono qui designati come i Governi Depositari. 3. Questo Trattato entrerà in vigore dopo la sua ratifica da parte degli Stati, i cui Governi sono designati Depositari del Trattato, e quaranta altri Contraenti e il deposito dei loro strumenti di ratifica. Per gli scopi di questo Trattato uno Stato nucleare [nuclear-weapon State] è uno che abbia fabbricato ed esploso una bomba nucleare o altro dispositivo esplosivo nucleare prima del 1 gennaio 1967. 4. Per gli Stati i cui strumenti di ratifica o d'accesso sono depositati dopo l'entrata in vigore di questo Trattato, esso entrerà in vigore alla data del deposito dei loro strumenti di ratifica o d'accesso. 5. I Governi Depositari informeranno immediatamente tutti gli Stati che firmano e accedono della data di ogni firma, della data del deposito di ogni strumento di ratifica o d'accesso, della data dell'entrata in vigore di questo Trattato, e della data di ricevimento di qualsiasi richiesta di convocare una conferenza o altre notizie. 6. Questo Trattato sarà registrato dai Governi Depositari in conformità con l'Art. 102 della carta delle Nazioni Unite.
Articolo VII
Nulla in questo Trattato intacca il diritto di qualsiasi gruppo di Stati di concludere trattati regionali per assicurare la totale assenza di armi nucleari nei loro rispettivi territori. Articolo
VIII
1. Qualsiasi contraente può proporre emendamenti a questo Trattato. Il testo di ogni emendamento proposto verrà sottomesso ai Governi Depositari che lo faranno circolare tra tutti i Contraenti. Successivamente, qualora richiesti di farlo da un terzo o più dei Contraenti, i Governi Depositari convocheranno una conferenza, alla quale inviteranno tutti i Contraenti, per considerare tale emendamento. 2. Qualsiasi emendamento a questo Trattato deve essere approvato da una maggioranza dei voti di tutti i Contraenti, compresi i voti di tutti gli Stati nucleari Contraenti e di tutti gli altri Contraenti che, alla data in cui l'emendamento viene messo in circolazione, sono membri di un Comitato di Governatori della ALEA. L'emendamento entrerà in vigore per ciascun Contraente che depositi i propri strumenti di ratifica dell'emendamento dopo il deposito di tali strumenti di ratifica da parte della maggioranza di tutti Contraenti, inclusi gli strumenti di ratifica di tutti gli Stati nucleari Contraenti e di tutti gli altri Contraenti che, a lla data in cui l'emendamento è messo in circolazione, sono membri del Comitato di Governatori della ALEA. Dopodiché, entrerà in vigore per qualsiasi altro Contraente dopo il deposito dei suoi strumenti di ratifica dell'emendamento. 3. Cinque anni dopo l'entrata in vigore di questo Trattato, si terrà a Ginevra, Svizzera, una conferenza volta a rivedere il funzionamento di questo Trattato allo scopo di assicurare che gli scopi del Preambolo e le clausole del Trattato si stiano realizzando. Successivamente, a intervalli di cinque anni, la maggioranza dei Contraenti, possono ottenere, presentando un'apposita proposta ai Governi Depositari, la convocazione di ulteriori conferenze con lo stesso scopo di rivedere il funzionamento del Trattato.
Articolo x
1. Ogni Contraente nell'esercizio della propria sovranità ha il diritto di ritirarsi dal Trattato se decide che eventi straordinari, legati alle materie di questo Trattato, hanno compromesso i supremi interessi di questo paese.
Esso notificherà questo ritiro a tutti gli altri Contraenti e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con tre mesi di anticipo. Tale notifica includerà una dichiarazione degli eventi straordinari che considera abbiano compromesso i suoi supremi interessi. 2. Venticinque anni dopo l'entrata in vigore del Trattato, sarà convocata una conferenza per decidere se il Trattato rimarrà valido indefinitamente, o sarà esteso per un periodo o periodi fissi addizionali. Questa decisione sarà presa dalla maggioranza dei Contraenti. Articolo xi
Questo Trattato, i cui testi inglese, russo, francese, spagnolo e cinese sono ugualmente autentici, sarà depositato negli archivi dei Governi De-
Articolo ix
1. Questo Trattato sarà aperto alla firma di tutti gli Stati. Qualsiasi Stato che non firmi il Trattato prima della sua entrata in vigore secondo il paragrafo 3 di questo articolo può accedervi in qualsiasi momento. 2. Questo Trattato sarà soggetto alla ratifica dei Contraenti. Gli strumenti di ratifica e gli strumenti d'accesso saranno depositati presso i Go188
positari. Copie debitamente certificate di questo Trattato saranno trasmesse dai Governi Depositari ai Governi degli Stati che firmano o accedono.
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Capitolo quinto EVOLUZIONE E RUOLO DEGLI ARSENALI E DELLE STRATEGIE NUCLEARI NEL CONFRONTO TRA I BLOCCHI NEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA
Non intendiamo qui sviluppare una ricostruzione completa dei complessi decenni della Guerra Fredda, e neppure fornire una trattazione sistematica dello sviluppo dei sistemi missilistici, satellitari e di controllo e comunicazione, ma solo riassumere quelli che ci sembrano gli aspetti più rilevanti dell'evoluzione degli strumenti fondamentali e delle strategie nucleari nel confronto tra i due blocchi, sotto l'ombrello minaccioso dell'«equilibrio del terrore»: fornire cioè quegli elementi di base necessari per coglierne la complessità e gli sviluppi successivi. Negli anni '50 le testate nucleari erano ancora molto pesanti e non si erano sviluppati sistemi missilistici capaci di trasportarle: la deterrenza nucleare si basava su bombardieri strategici, organizzati in modo che fossero in volo 24 ore su 24, pronti in caso di allarme a dirigersi immediatamente sugli obiettivi stabiliti nel territorio sovietico. Abbiamo visto come lo shock del lancio sovietico del sate llite artificiale Sputnik nel 1957 abbia innescato (o almeno fortemente accelerato, facendone immediatamente un ulteriore terreno di esasperata competizione tra i due blocchi) una corsa allo sviluppo di mezzi missilistici capaci di trasportare le testate nucleari. I satelliti artificiali consentirono la realizzazione di un sistema di allarme precoce che controllava l'intera superficie della Terra 24 ore su 24. I missili balistici intercontinentali erano (e, come vedremo, sono ancora) mantenuti in stato di allerta, puntati su obiettivi strategici del blocco avversario, pronti al launch on warning (lancio su allarme). La serie di con191
La proliferazione diventa adulta
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
trolli, soggetta alla tragica possibilità di un errore fatale, termina nelle famose «valigette» dei Presidenti degli USA e dell'uRss. Questi sviluppi, come in parte abbiamo già visto, trasformaron o
La composizione e lo sviluppo degli arsenali nucleari strategici delle cinque potenze nucleari, più quella non dichiarata di Israele, riflettono la posizione militare, oltre alle capacità tecnologiche, di ciascuno di essi, tra i quali vi sono notevoli differenze. Il comune denominatore tra di essi (a eccezione della Gran Bretagna, a quel tempo anche di Israele) è la cosiddetta triade, cioè la distribuzione delle testate nucleari su forze con base a terra, con base in mare e forze aeree, ma con una diversa composizione e preponderanza dell'uno o dell'altro dei tre fattori. La ragione militare di tale sistema risiede nelle differenze di raggio, portata, precisione, livello di affi-
dabilità, capacità di sopravvivenza ad un attacco, rapidità d'impiego e sistenti tra i diversi tipi di sistemi d'arma. Non entreremo in molti dettagli sulla composizione degli arsenali e sulle caratteristiche tecniche dei vettori, ma ci limiteremo a fornire le nozioni generali. L'elemento fondamentale degli arsenali n ucleari strategici è costituito dagli anni '60 dai missili balistici intercontinentali (naturalmente vi sono anche ed hanno grande importanza missili balistici non intercontinentali, aventi cioè raggio d'azione minore, come vedremo meglio nel Par. 5.3). Le sigle dei componenti della triade comunemente accettate derivano dagli acronimi della terminologia americana. Una caratteristica fondamentale dei missili, oltre al carico e alla portata, è la precisione, che naturalmente è andata aumentando nel tempo: essa viene caratterizzata mediante il CEP (Circular Error Probable),definito come la distanza dal bersaglio entro la quale cadranno in media la metà dei colpi. I missili balistici sono stati dotati di testate multiple guidate indipendentemente su bersagli diversi (Mmv, Multiple Independently Targetable Reentry Vehicles; le prime testate multiple erano MRV, cioè non avevano bersagli diversi, ma cadevano all'interno di un determinato diametro che circonda il bersaglio; si parla anche di testate multiple MARV, Maneouverable Reentry Vehicles, cioè manovrabili, dotate di sensori autonomi e in grado di modificare la propria traiettoria una volta rientrate nell'atmosfera, che potrebbero sfuggire alle difese antimissile e colpire bersagli mobili). I componenti de lla triade sono i seguenti: — I missili intercontinentali basati a terra, chiamati ICBM (Inter Continental Ballistic Missiles). La maggior parte degli ICBM sono collocati in basi fisse e rinforzate, dette silos, che si aprono al momento del lancio del missile. Altri possono essere mobili su rotaie o su strada, essendo così più difficilmente localizzabili. La loro gittata può raggiungere i 13.000 km, e nel caso degli USA e dell'URSS il tempo che impiegherebbero per raggiungere il territorio nemico è di circa 30 minuti. — I missili balistici basati in mare, chiamati SLBM (SubmarineLaunched Ballistic Missiles): essi sono di solito portati da sommergibili nucleari (v. Scheda 5.1), i quali possono mantenersi in immersione per mesi e avvicinarsi alle coste nemiche. Presentano quindi i vantaggi di una maggiore sicurezza e capacità di sopravvivenza nel caso di un attacco nucleare, oltre a un tempo di volo molto minore rispet-
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radiclmentp gai'60lrsentgci,adrenza e le strategie nucleari. Allo stesso tempo, però, i costi complessivi degli arsenali strategici aumentavano vertiginosamente insieme ai rischi che essi comportavano. Dopo le crisi degli anni '60 il confronto tra le due super-potenze si era incanalato lungo linee diverse dallo scontro armato, piuttosto di coesistenza pacifica: linee che neppure l'intervento militare statunitense in Vietnam modificò nella sostanza. La diplomazia aveva preso il sopravvento. La Cina aveva raggiunto nel 1964 lo status di potenza nucleare, ma ancora non faceva parte dell'oNu, essendo il seggio conteso con la piccola Taiwan. Qualcosa di analogo avveniva per le due Germanie. Queste questioni furono sostanzialmente giocate dalle due super-potenze una contro l'altra, e la loro soluzione allentò, o almeno modificò, il rigido bipolarismo della prima fase della Guerra Fredda. Il mondo era in trasformazione, con i movimenti di decolonizzazione. La minaccia nucleare continuò a giocare in questi processi un ruolo centrale, come emerse con la grave crisi degli «Euromissili» nei primi anni '80, una crisi che riecheggiava la crisi dei missili a Cuba del 1962, e che venne risolta in modo definitivo solo con l'avvento di Gorbacëv. 5.1 Evoluzione dei vettori strategici, i missili balistici intercontinentali: la «triade». I missili da crociera (cruise) —
La «triade»
La proliferazione diventa adulta
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
to agli ICBM. Gli inconvenienti possono essere costituiti da un legame di comunicazione più tenue del sommergibile con le autorità del comando nazionale, soprattutto in caso di guerra, e da una minore precisione rispetto ai missili basati a terra, e almeno inizialmente sono stati considerati come armi da utilizzare contro obiettivi di maggiori dimensioni e meno «duri», quali basi militari, aeroporti o centri abitati: ma i progressi tecnologici assottigliano sempre più il divario di precisione. — I sistemi d'arma nucleare aviotrasportati, costituiti da diversi tipi di velivoli che possono trasportare bombe nucleari di gravità («a caduta») o missili dotati di testate nucleari.
sicurezza, e tutta la storia di queste imbarcazioni registra una serie impressionante di incidenti di varia natura e gravità.
Scheda 5.1 I sommergibili nucleari l
La propulsione nucleare navale deve essere inclusa nelle applicazioni militari dell'energia nucleare e ha influito profondamente sulla struttura degli arsenali e sulle dottrine nucleari, ed è quindi da considerare un aspetto della proliferazione. Le applicazioni civili della propulsione nucleare navale si sono invece rivelate un fallimento: a parte un certo numero di rompighiaccio sovietici (tuttora in esercizio, ma contrassegnati da una storia di incidenti nucleari e radiologici), sono stati realizzati solo tre cargo commerciali a propulsione nucleare, smantellati o riconvertiti nel giro di pochi anni (lo statunitense Savannah, 1962 72; il giapponese Mutsu, 1990 95; il tedesco Otto Hahn, 1970-79). Il punto fondamentale è che l'uso dell'energia nucleare per la propulsione navale comporta costi molto elevati e problemi di sicurezza molto più seri delle altre applicazioni nucleari civili: questi problemi si sono rivelati proibitivi nella propulsione navale civile, ma i militari usano criteri molto diversi, i loro motivi strategici travalicano qualsiasi problema di costo (la realizzazione di quattro sommergibili nucleari britannici della classe Vanguard è costata oltre 20 miliardi di euro), mentre i problemi di sicurezza non stanno certo in cima alle loro preoccupazioni. Di fatto, i reattori nucleari dei sommergibili nucleari presentano particolari problemi di -
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Le informazioni raccolte in questa Scheda sono tratte, con il consenso degli autori, da uno studio promosso presso il Politecnico di Torino e compiuto da membri del «Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra» (che si costituì in opposizione alla guerra del Kosovo nel 1999): E. lannuzzelli, V.F. Polcaro e M. Zucchetti, Sommergibili Nucleari: problemi di sicurezza e impatto ambientale (revisione novembre 2004): http://www2.polito.it/didattica/climatechange/Rapporto_Sommergibili.pdf. 194
I sommergibili nucleari costituirono un'innovazione fondamentale del periodo della Guerra Fredda, quando lo sviluppo dei missili balistici rendeva vulnerabili a un attacco preventivo nemico le basi a terra in cui essi erano schierati: i sommergibili erano ovviamente assai meno vulnerabili. «Il principale vantaggio della propulsione nucleare consiste fondamentalmente in una prolungata autonomia e — nel caso dei sottomarini — nella conseguente possibilità di restare per lungo tempo sommersi; ciò era particolarmente importante ai tempi della Guerra Fredda, perché i sottomarini nucleari potevano così garantire una presenza tattica e strategica altrimenti impossibile con i sottomarini a propulsione convenzionale (con motori diesel)»2 . Tra gli aspetti più importanti dello sviluppo tecnico dei sommergibili, a parte il perfezionamento dei missili trasportati, vi sono la silenziosità del sistema di propulsione e apparecchiature di navigazione perfezionate per garantire una maggiore precisione nella determinazione della posizione del sommergibile e quindi anche degli SLBM. C'è da chiedersi quale sia la loro funzione oggi, dopo il crollo dell'uRss: non esiste un paese che possa minacciare seriamente le forze strategiche statunitensi, e nelle guerre locali del xxi secolo la grande autonomia non è più una caratteristica particolarmente importante. «Dal punto di vista militare [...] i sommergibili nucleari sono solo residuati della Guerra Fredda. [...] l'unica ragione per la quale [essi] sono ancora operativi è un problema economico. Il disarmo di una nave a propulsione nucleare è infatti costosissimo e [...] la sua gestione passa dalle autorità militari a quelle civili [...]. In definitiva, è ragionevole sospettare che, se [essi] restano tuttora in servizio, ciò sia dovuto al fatto che non ci sono i soldi per smantellarli»3 . Il numero di sommergibili nucleari costruiti è infatti altissimo (a ll a conclusione de ll a Guerra Fredda erano stati costruiti oltre 400 sommergibili), e poiché alcuni utilizzano due reattori nucleari, il numero di reattori militari supera quello dei reattori civili (Appendice 3.1): la sola URSS ha utilizzato ben 468 reattori militari tra il 1950 e il 2003; oggi sono in funzione circa 160 unità. I reattori nucleari usati nei sommergibili sono necessariamente di tipo particolare, e presentano particolari e gravi problemi di sicurezza. E facile capire che un reattore posto all'interno di un sommergibile deve essere molto compatto, è racchiuso in uno spazio che consente ristretti spazi di manovra, e deve essere progettato in modo da richiedere la sostituzione delle sbarre di combustibile dopo tempi molto più lunghi di quelli richiesti da un normale reattore civile (18 mesi per quest'ultimo, contro 10 o più anni 2
Ivi, pp. 9-10. Ivi, p. 7. 195
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Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
per quelli navali): queste caratteristiche ne fanno dei congegni particolarmente insicuri. Questi reattori sono del tipo ad «acqua in pressione» (PwR), nei quali l'acqua surriscaldata è mantenuta a pressione molto alta perché non bolla: è evidente che questa caratteristica costituisce un grave inconveniente in caso di incidente. Per soddisfare alle esigenze suddette essi funzionano inoltre con uranio arricchito a un grado molto più elevato (oltre il 20% di uranio-235: inizialmente 93 %, ora 20-25% nei sommergibili occidentali, fino al 45 % in quelli russi recenti) rispetto ai reattori commerciali (2-3%, ve ne sono anche a uranio naturale). Nei reattori commerciali vi è un gran numero di sistemi di sicurezza, necessari per ottenere la licenza di esercizio da parte delle autorità civili. Nei reattori militari non vi sono ovviamente questi requisiti, e in particolare nei sommergibili la presenza dei sistemi di sicurezza è molto più contenuta per motivi di spazio, di peso e di funzionalità: essi non otterrebbero la licenza di esercizio in nessuno dei paesi che utilizzano l'energia elettronucleare, mentre circolano liberamente nei mari. Inoltre questi sommergibili affrontano condizioni operative pericolose per via del loro impiego militare anche in tempo di pace (esercitazioni, pattugliamento, ecc.), che possono comportare altri incidenti (esplosione di siluri, collisioni, urto col fondale) con conseguenze pericolose per l'impianto nucleare a bordo. Lo spazio angusto crea ulteriori problemi in caso di incidente al reattore (tanto più per l'alta pressione del circuito idraulico), tanto che a volte è molto problematica la riparazione. La sola flotta sovietica/russa registra un totale di circa 12 emergenze nucleari e oltre 100 emergenze radiologiche, con più di 1.000 persone esposte a dosi eccessive di radiazioni, oltre a numerose vittime (come i 118 marinai chiusi all'interno del Kursk, affondato il 2 agosto 2000). Sono poi da ricordare i casi di sommergibili nucleari affondati (2 statunitensi e 4 russi, a quanto si sa!), a volte con il carico di testate nucleari, fortunatamente pare con il reattore spento completamente in tempo: essi costituiscono vere «bombe ecologiche», dato che i sommergibili in genere sono progettati per resistere alla pressione del mare non oltre i 500 metri di profondità, per cui a profondità maggiori essi si danneggiano irrimediabilmente e non si puö fare affidamento sul contenimento delle sostanze contenute a bordo. Ma il decommissioning dei sommergibili nucleari è, come dicevamo, molto costoso e produce abbondanti scorie radioattive (la Russia spesso preferisce immagazzinare indefinitamente l'intero sommergibile, o parti sigillate, in condizioni di sicurezza molto precarie: altre «bombe ecologiche»). In questa situazione, non può certo stupire l'incidente al sommergibile Hartford avvenuto il 20 ottobre 2003 al largo della Maddalena (in cui vi è un porto per i sommergibili nucleari statunitensi) per avere urtato con lo scafo il fondale marino. Le misure di radioattività in quel tratto di mare hanno
prodotto dati allarmanti (livelli di torio-234 un centinaio di volta superiori a quelli normali, presenza di plutonio) 4 . È utile citare alcuni degli incidenti avvenuti nel Mediterraneo (un totale di 61 per la flotta nucleare USA, 16 per quella britannica e 12 per la francese), dei quali ovviamente non sono stati resi noti i dettagli e le conseguenze: due non meglio definite «capsule nucleari» perdute in mare in un incidente aereo; incendio a bordo del caccia Decour nel porto di Napoli (29 agosto 1959); scontro tra due navi statunitensi dotate di armi nucleari durante un'esercitazione al largo della Sicilia (1976); tre gravi incidenti di sommergibili francesi (1993-94); il recente incidente di un sommergibile americano alla base della Maddalena.
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Gli arsenali strategici delle potenze nucleari Nel corso degli anni '70 e '80 gli arsenali strategici de ll e potenze nucleari assunsero molto schematicamente la seguente struttura (non ci dilungheremo sulle caratteristiche e i vari tipi di vettori e di testate). Stati Uniti. Con lo sviluppo dei missili balistici gli Stati Uniti hanno considerato la triade di sistemi di lancio come un presupposto fondamentale della propria forza di dissuasione e di difesa: alla fine degli anni '80 essi avevano le proprie testate strategiche all'incirca così distribuite: 19% basate a terra, 40% in mare e 41% nell'aria. Gli ICBM erano circa 1.000, con 2.450 testate: circa la metà dei missili erano Minuteman-il a testata singola di potenza 1-2 mt, metà Minuteman-III più moderni con 3 testate MIRV da 170-335 kt, mentre si incominciavano a schierare nuovi missili Mx perfezionati con 10 testate da 500 kt. Le forze nucleari strategiche basate in mare contavano su 33 sommergibili nucleari di diverse classi equipaggiati con circa 590 SLBM e 5.100 testate (oltre a missili Tomahawk da crociera con testata nucleare, v. oltre): i missili Poseidon, con 10 testate MIRV da 40 kt e una Risultati ottenuti dal Prof. Fabrizio Aumento, dell'Università della Tuscia di Viterbo, su incarico di Legambiente e con il supporto del «Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra» (si vedano l'articolo «L'area militare della Maddalena», L'Espresso, 6 novembre 2004, e il Rapporto citato, Cap. 3, pp. 42-47). E Aumento ed altri, «Transuranium radionuclide pollution in the waters of the La Maddalena National Marine Park», Journal of Environmental Radioactivity, Vol. 82, N. 1, pp. 8 1-93,2005. V. anche M. Zucchetti (a cura di), Il Male Invisibile Sempre Più Visibile, Odradek, in corso di stampa. 4
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La proliferazione diventa adulta
Evoluzione e ruolo degli arsenali e de ll e strategie nucleari
gittata di 4.600 km, venivano sostituiti dai Trident-I, con 8 MIRV da 100 kt e gittata 7.400 km. Il terzo elemento della triade consisteva in circa 350 bombardieri strategici (B-52 e Bi-B) dotati di circa 4.500 testate. Unione Sovietica. L'URSS aveva scelto di potenziare la componente basata a terra della triade, in parte per la sua tecnologia avanzata nel campo degli ICBM, ma anche per la mancanza di basi avanzate per i bombardieri e per le carenze dei suoi bombardieri strategici. Gli SLBM sono stati sviluppati dall'URSS come forza di ritorsione complementare e meno vulnerabile in caso di un attacco nucleare. Alla fine degli anni '80 le sue forze strategiche erano così distribuite: 59% basate a terra, 31% in mare e 10% nell'aria. Mosca schierava 1.356 ICBM con un totale di 6.450 testate. Circa 1.100 erano missili schierati tra il 1966 e il 1979: SS-11, SS-13, SS-17, SS-18 e SS-19 (sigle occidentali): gli ultimi tre portavano testate multiple di diverse centinaia di kt (10 sull'SS-18, 6 sull'SS-19). I restanti 220 ICBM erano missili di tipo più moderno: l'SS-24 con 10 testate era mobile su binari, mentre l'SS-25 a testata singola era trasportabile su strada. Le forze schierate in mare comprendevano 930 lanciatori di SLBM con 3.642 testate su 62 sommergibili nucleari e altri convenzionali. L'URSS schierava i sei più grandi sommergibili nucleari in servizio, della classe Typhoon da 30.000 tonnellate, ognuno armato di 20 SLBM. Solo tre tipi di SLBM sovietici erano dotati di testate multiple MIRV. La marina sovietica disponeva poi di un missile da crociera simile all'americano Tomahawk, schierato nel 1987. La forza aerea era costituita da 162 bombardieri strategici Bear e Blackjack, dotati anche di missili da crociera. Gran Bretagna. Il paese ha sviluppato o avuto da Washington in varie fasi bombardieri e missili basati a terra, ma nel 1963 acquistò dagli USA la tecnologia per la costruzione di 4 sommergibili nucleari Polaris, ciascuno con 16 missili dotati di 2 testate, e abbandonò gli altri due elementi della triade. Francia. Parigi disponeva di una triade composta da: 18 missili balistici basati terra a raggio intermedio (3.500 km) a testata singola di 1 mt; 20 bombardieri Mirage iv con raggio d'azione di circa 1.500 km, dotati ognuno di due testate da 70 kt e una da 300 kt; la parte essenziale della triade francese era composta da sei sommergibili nucleari con un totale di 256 testate, i più moderni a testate multiple e raggio di 4.000-5.000 km.
Cina. Anche Pechino aveva scelto la triade e le sue forze strategiche erano le più ridotte delle cinque potenze nucleari ufficiali. I bornbardieri costituivano la componente più vecchia: tra i 120 e i 150 velivoli, di due tipi, con raggio d'azione rispettivamente 1.850 e 5.900 km. Dei 150 ICBM, a testata singola, alcuni avevano gittata di 13.000 km. Dopo un riuscito esperimento nel 1988, la Cina aveva schierato due sommergibili dotati di 12 SLBM a testata multipla di gittata di 3.300 km. Israele. È d'obbligo citare Israele, ma la consistenza e la natura delle sue forze nucleari non sono note: sembra certo comunque che disponesse di bombardieri e missili con capacità nucleare a corto e medio raggio. Sudafrica. Il Sudafrica fabbricò alla fine degli anni '80, con l'aiuto della Germania Federale e di altri paesi, sei testate nucleari (Par. 3.4), che però smantellò completamente sotto il governo di Nelson Mandela (unico caso nella storia). India. Dopo il test nucleare, definito «pacifico», del 1974, la capacità nucleare dell'India rimase latente o venne sviluppata in gran segreto fino agli anni '90 (Cap. 7). Si tenga presente che alla fine degli anni '80 gli ultimi cinque paesi non aderivano al TNP. Inoltre non si deve dimenticare che, oltre alle capacità nucleari strategiche elencate, alcuni di questi stati possedevano anche forze nucleari tattiche (v. Par. 5.3), e le due super-potenze schieravano forze nucleari rispettivamente nei paesi dell'Europa occidentale e orientale.
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I missili da crociera (cruise) Una grande innovazione rispetto ai missili balistici fu costituita dai missili da crociera (cruise) che, a differenza dei missili balistici, volano in prossimità del suolo, spinti da motori a reazione, sfuggono quindi più facilmente ai radar, e sono dotati di un sistema di guida che consente loro di evitare gli ostacoli e di correggere la rotta (v. Scheda 5.2). Anch'essi possono essere lanciati da terra (GLCM, Ground Launched Cruise Missiles), dal mare (sLCM, Sea/Ship/SubmarineLaunched Cruise Missiles) o dall'aria (ALCM, Air Launched Cruise Missiles).
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La proliferazione diventa adulta
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari 5.2
Scheda 5.2 I missili da crociera (cruise)5 unamicpùsdoemilbatc.Ogsomprend
V. ad esempio: FAS (Federation of American Scientists), Cruise Missiles, http:// www.fas.org/nuke/intro/cm/.
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La deterrenza, missili in stato di allerta,
launch on warning, dottrine nucleari
I missili da crociera costituirono una grandissima novità e introdusser o molti vettori con capacità, velocità e gittate diverse, con testate convenzionali o nucleari. La loro caratteristica più saliente è quella di volare nell'atmosfera, a quote molto basse prossime alla superficie terrestre e parallele a essa, divenendo così molto più difficili da essere intercettati dai radar e dai visori a raggi infrarossi; la propulsione è affidata a motori a reazione, ed essi si mantengono in volo (a differenza dei missili balistici) sfruttando la spinta aerodinamica lungo la maggior parte del percorso di volo, come gli aeroplani. Essi dispongono inoltre di un sistema di guida computerizzato di bordo, potendo così evitare gli ostacoli e correggere la traiettoria: in origine questo confrontava le caratteristiche del terreno con una mappa precedentemente registrata (TERCOM, Terrain Contour Matching), ma attualmente questo sistema è stato sostituito da sistemi di navigazione basati sul GPS, molto più precisi, semplici ed economici. Estensioni del concetto comprendono oggi aerei ed elicotteri senza pilota (uAv, Unmanned air vehicles). I missili cruise costituirono una grande novità alla fine degli anni '70, ma oggi sono poco costosi e facili da costruire per qualsiasi paese che abbia la capacità di fabbricare velivoli: ogni innovazione si trasforma in un nuovo campo di proliferazione! Qualsiasi paese può acquisire missili cruise semplicemente comprandone da Stati che li producono e modificandoli, oppure assemblando componenti facilmente reperibili. All'occorrenza sono realizzabili anche sistemi di guida più grossolani, pur se meno precisi e che rendono il missile più facile da rivelare: il problema principale per un paese proliferatore non all'avanguardia può consistere nel dotarsi di mappe del terreno precise e aggiornate. Poiché i cruise viaggiano a velocità relativamente basse e subiscono accelerazioni limitate, non vi sono particolari problemi di materiali avanzati. Naturalmente la realizzazione di cruise avanzati implica problemi molto più complessi. L'Italia figura tra gli esportatori di missili cruise a vari paesi, tra cui l'Iraq e la Libia.
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Insieme ai vettori delle testate nucleari, cambiarono profondamente anche i sistemi di controllo e di allarme, e con essi anche le strategie nucleari. Anche su questo forniremo solo notizie sommarie. Il delicato equilibrio nucleare si basò sulla «dissuasione» e la «distruzione mutua assicurata», ossia la certezza che la potenza che lanciasse un attacco nucleare avrebbe ricevuto una risposta devastante (per questo venne stipulato il trattato ABM, Par. 5.4). I satelliti artificiali militari fornirono a entrambe le super-potenze sistemi di osservazione e di allarme che monitoravano con continuità, 24 ore su 24, tutti i punti de ll a superficie terrestre e dei mari, per lanciare l'allarme precoce in caso di lancio di missili dell'avversario. I missili erano mantenuti in un costante stato di allerta, per l'immediato lancio su allarme (launch on warning), di modo che i missili del paese attaccato lasciassero il suo territorio (ritorsione nucleare) prima dell'arrivo delle testate nemiche. Il sistema non era naturalmente scevro da errori, e più volte sono stati dati falsi allarmi nucleari, fortunatamente rientrati prima che venisse dato l'ordine di una ritorsione nucleare. Non affronteremo in dettaglio l'ulteriore evoluzione delle dottrine nucleari. Vi sono sempre state delle differenze tra la dottrina statunitense e quella sovietica. Washington non ha mai scartato l'opzione del first use delle armi nucleari, riservandosi cioè il ricorso a esse valutandone a propria discrezione la necessità, anche nel caso in cui non avesse subito un attacco nucleare: vennero anche elaborati i concetti di «operazioni nucleari selettive» e di combattimento nucleare, pur ribadendo che la «distruzione assicurata» rimaneva il principio fondamentale della deterrenza nucleare. Vi è evidenza che l'amministrazione Nixon considerò l'opzione dall'uso di bombe nucleari in Vietnam6 . Mosca dichiarò invece ufficialmente nel 1982 che non avrebbe utilizzato per prima le armi nucleari in nessun conflitto (no first use), e che avrebbe cercato di non farvi ricorso, neanche in modo limitato, perché questo avrebbe potuto condurre a una guerra
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Peter Hayes e Nina Tinnenwald, «Nixing nukes in Vietnam», Bulletin of the
Atomic Scientists, Vol. 59, maggio - giugno 2003.
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Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
nucleare totale. Malgrado ciò, l'uRss ha continuato a espandere le proprie forze nucleari strategiche, giustificandolo con la necessità di garantire la propria sopravvivenza. Nel 1987 l'Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia dichiararono che lo scopo principale dell'Alleanza era di prevenire la guerra, tanto nucleare come convenzionale: l'uso di mezzi militari per risolvere qualsiasi controversia veniva inoltre giudicato inammissibile nell'era nucleare. Lo scopo dell'arsenale nucleare rimaneva quello di garantire una capacità di dissuasione e di ritorsione in caso di un attacco nucleare dell'avversario. Nel 1982 gli Stati aderenti alla NATO affermarono in una Dichiarazione che nessuna delle loro armi, sia nucleari sia convenzionali, sarebbe mai stata utilizzata se non in risposta a un attacco. Ma lo sviluppo strategico più significativo degli anni '80 fu senza dubbio l'Iniziativa di Difesa Strategica proposta da Reagan (Par. 5.6). Vi è comunque chi ritiene che nessuno possa affermare con certezza che in casi di crisi le scelte e il corso degli eventi si svolgerebbero secondo le previsioni basate sulle dottrine esistenti. Vi sono molti problemi più o meno connessi: se una potenza nucleare possa estendere la deterrenza nucleare ai suoi alleati («deterrenza estesa»); se una capacità di ritorsione accertata sia sufficiente a fungere da deterrente («deterrenza minima»), o se per questo siano necessarie forze più ampie e diversificate; se la deterrenza si basi nella realtà sulla mera esistenza di arsenali nucleari («deterrenza esistente»: se questo fosse il caso, anche ingenti differenze nella consistenza degli arsenali, come pure un maggiore o minore perfezionamento della tecnologia e dei concetti di impiego, sarebbero del tutto irrilevanti). Rimane ancora insoluto il problema relativo al numero e al tipo di armamenti nucleari sufficienti a ottenere un effetto deterrente. Relativamente agli effetti di una guerra nucleare, vennero anche sviluppati modelli dell'atmosfera terrestre che predicevano la tragica conseguenza dell'instaurarsi di un «inverno nucleare» 7 .
v engono infatti affidate diverse funzioni militari: ma non esiste nes-
5.3
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Armi nucleari strategiche e tattiche
Dobbiamo ancora precisare una distinzione tra diversi tipi di armi nucleari, tanto importante quanto mal definita. Alle armi nucleari 7
sun accordo internazionale sul modo di individuare tali compiti militari, e distinguere le armi corrispondenti. In molti casi tali compiti vengono messi in relazione con caratteristiche tecniche dei sistemi d'arma, quali potenza, raggio d'azione e tipo di vettore. Termini quali armi «strategiche», «tattiche» o «di teatro» possono assumere significati e connotazioni diverse in diversi paesi; alcuni stati non accettano tali termini come distintivi di diversi tipi di armi nucleari. In effetti, le armi «tattiche» possono venire usate in modi che, nel linguaggio ordinario, sarebbero strategici se considerati dal punto di vista della nazione contro le quali vengano impiegate. Comunemente ci si attiene a ll a classificazione adottata tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica nella terminologia di alcuni trattati bilaterali nei quali la differenziazione tra vettori (missili e velivoli) strategici, tattici e di teatro viene riferita ai diversi raggi d'azione: ma anche in questa accezione rimangono notevoli aspetti di ambiguità. — Le armi nucleari strategiche sono generalmente dirette contro il potenziale militare ed economico globale dell'avversario, e hanno una gittata a lungo raggio o intercontinentale (sia che si tratti di missili balistici, o di bombardieri, o navi). — Le armi nucleari tattiche — appartenenti alle forze terrestri, aeree (bombardieri tattici, o elicotteri dotati di testate nucleari), o navali (aerei ed elicotteri con capacità nucleare, missili, siluri con testata nucleare, bombe antisommergibili) — hanno invece un raggio molto minore, di solito anche potenze minori, possono essere impiegate contro obiettivi mi li tari tattici o operativi del nemico e in attività selezionate nel campo di battaglia o nell'area immediatamente retrostante (basi aeree, depositi di rifornimento, forze di riserva); — quando ci si riferisce strettamente a obiettivi e attività operative nella zona dei combattimenti si parla anche di armi di teatro: di norma esse hanno una portata ancora più limitata (missili a corto raggio, granate: i pezzi d'artiglieria del calibro di 150 mm e oltre a capacità nucleare raggiungono alcune decine di km), o possono addirittura essere fisse (ad esempio, mine nucleari). A volte si unificano le ultime due categorie sotto il nome di armi sub-strategiche (o non strategiche).
Per una sintesi si veda il saggio citato di Manlio Dinucci, Il Potere Nucleare.
Queste definizioni presentano varie ambiguità. Ad esempio, i missili balistici lanciati dai sommergibili (sLBM) possono avere gittata minore dei missili intercontinentali, poiché i sommergibili possono
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lanciarli avvicinandosi alle coste del nemico: per la gittata essi dovrebbero essere insomma armi tattiche, ma il loro ruolo strategico è evidente, e di fatto costituisce la minaccia nucleare più grave. Un'al- .tra ambiguità evidente riguarda missili nucleari a medio raggio (circa 5.000 km) che gli Stati uniti e l'Unione Sovietica avevano schierato in Europa (Par. 55): secondo la definizione precedente si trattava di armi tattiche, e così effettivamente vennero chiamate. Tuttavia il loro ruolo militare era molto sbilanciato e diverso tra i due blocchi: mentre infatti i missili sovietici schierati ai confini occidentali dei paesi del Patto di Varsavia potevano colpire solo i paesi dell'Europa occidentale, ma non potevano raggiungere il territorio statunitense, i corrispondenti missili americani a medio raggio schierati nei paesi dell'Europa occidentale potevano colpire direttamente il territorio dell'uRss, e avevano quindi a rigore un ruolo strategico. Vale la pena di osservare in che considerazione venisse tenuta l'Europa: formalmente i missili tattici sovietici furono schierati, come vedremo meglio, proprio per minacciare i paesi dell'Europa occidentale, e la giustificazione dello schieramento dei corrispondenti missili tattici statunitensi aveva la funzione di difenderli, ma la sostanza era che nel caso di uno scontro nucleare l'Europa avrebbe costituito il campo di battaglia di uno scontro nucleare! Insomma, un vero trattamento... di favore. Anche se, beninteso, rimanevano sempre i missili balistici intercontinentali per... regolare i conti. Anche i missili nucleari sovietici schierati a Cuba nel 1962 erano armi tattiche (anche se allora la distinzione ancora non si poneva), ma Washington le valutò giustamente come una minaccia strategica (e tale era anche la minaccia all'URSS dei missili a medio raggio schierati dagli USA in Turchia). Durante la Guerra Fredda Washington ha schierato armi nucleari tattiche in ben 27 paesi, tra i quali il Marocco, Cuba, la Corea del Sud, le Filippine8 . Queste ambiguità hanno giocato un ruolo politico importante in varie occasioni, e lo giocano tutt'ora, come vedremo nel Cap. 7. Di fatto i punti di vista sul ruolo de ll e armi nucleari tattiche nella sicurezza internazionale sono andati cambiando in modo sostanziale nel corso del tempo. Negli anni della Guerra Fredda, come vedremo meglio, l'URSS considerò (giustamente) le testate tattiche degli USA e
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dei suoi alleati schierate in Europa come un importante complemento delle loro forze strategiche: i paesi dell'Europa occidentale, invece, le considerarono come un elemento critico della copertura nucleare fornita da Washington ai suoi alleati, e come un bilanciamento della pretesa superiorità del Patto di Varsavia nelle forze convenzionali in Europa. A sua volta, Mosca considerò le proprie testate tattiche schierate nei paesi dell'Europa orientale come una componente della deterrenza contro l'uso di armi occidentali simili. Dopo la fine de ll a Guerra Fredda, la dissoluzione del Patto di Varsavia cambiò radicalmente la situazione (v. Par. 7.9). 5.4
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Gli Accordi SALT (Strategic Arms Limitation Talks) e il trattato ABM
8 Robert Norris, William Arkin e Wil li am Burr, «Where they are», Bulletin of the Atomic Scientists, Vol. 25, novembre -dicembre 1999.
Gli anni '70 videro la firma di due tratti per la limitazione delle armi strategiche tra le due super-potenze, mentre la firma di un trattato per la loro riduzione doveva aspettare gli anni '90 (Cap. 6). La corsa agli armamenti nucleari stava assumendo ritmi folli e comportava per entrambi i paesi un impegno e costi enormi (che non riguardavano solo le testate e i sistemi di lancio, ma anche i silos, le navi e altri sistemi). Ma l'avvio di trattative non fu facile, né breve. Nel 1966 l'URSS avviò la costruzione di una difesa antimissile (ABM) attorno a Mosca. In quello stesso anno la Cina sperimentò con successo il primo missile balistico. Anche gli USA avviarono la progettazione di un sistema di difesa antimissile, destinato inizialmente a difendere alcune città. La limitazione dei sistemi ABM di entrambe le parti era fondamentale per garantire l'equilibrio strategico: infatti, se una delle potenze avesse realizzato un sistema efficiente di difesa dai missili balistici, questo le avrebbe conferito una superiorità strategica, poiché le avrebbe consentito di sferrare un primo colpo nucleare potendosi difendere dalla ritorsione nucleare dell'avversario. D'altra parte, i sistemi strategici sovietico e statunitense non erano affatto simmetrici. L'arsenale di Mosca si basava soprattutto su missili balistici basati a terra (ICBM), il cui numero superò quello di Washington, passando tra il 1969 e il 1972 all'incirca da 1.000 a 1.500, schierandone a un ritmo di circa 200 all'anno; mentre i lanciatori da sommergibili (sLCM) quadruplicarono. Gli USA invece dopo il 1967 non aumentarono il numero di missili strategici (1.054 ICBM e 656
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La proliferazione diventa adulta SLBM), ma condussero un intenso programma per dotarli di testate multiple (MIRv), disponendo così di un numero di testate superiore a quelle dell'avversario. Con l'aumento della precisione dei missili, Washington temeva per la vulnerabilità dei silos rinforzati dei propri ICBM, per cui cambiò la destinazione del sistema di difesa antimissile dalle città alle forze strategiche destinate alla rappresaglia, prevedendo 12 sistemi ABM. Ma vi erano altri motivi per avviare una politica di distensione tra i due blocchi. Gli Stati Uniti volevano uscire con onore dall'avventura in Vietnam, e avrebbero apprezzato le pressioni dei sovietici sui loro alleati per far concludere rapidamente le trattative di pace di Parigi. D'altra parte, l'Unione Sovietica era interessata a un accordo che, come il TNP, consacrasse il bipolarismo e il proprio ruolo di grande potenza. Vi era poi la necessità di sistemare le frontiere europee tra i due blocchi: la vittoria elettorale della SPD nella Germania Federale nel 1969, con la formazione del governo presieduto da Willy Brandt, accelerò i tempi di una ostpolitik che tra il 1970 e il 1973 portò al reciproco riconoscimento delle due Germanie, con la conseguente accettazione di entrambe all'oNu. È da notare che questa «distensione» in Europa per iniziativa della Germania Federale creava una sorta di infrazione alla logica del bipolarismo, e Washington non gradiva un processo indipendente dalla propria strategia. Più favorevoli agli USA risultarono i mutamenti della politica estera della Cina. Pechino si era trovata di fronte alla potenza militare sovietica in condizioni di totale isolamento internazionale, spingendo anche l'India nell'orbita di Mosca: così, mentre era costretta nel 1969 a intavolare trattative con l'URSS sulle frontiere, il primo ministro Zhou Enlai avviò una politica di apertura verso gli Stati Uniti, preceduta dal simbolico invito di una squadra statunitense di ping-pong nell'aprile 1971, e siglata dalla visita di Kissinger e successivamente dalla visita ufficiale di Nixon nel febbraio 1972. La Cina venne ammessa all'oNu, occupando al posto di Taiwan il seggio di membro permanente del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto. L'emergere della Cina come potenza indipendente sullo scacchiere internazionale intaccava chiaramente l'egemonia di Mosca, abituata a considerare i paesi del proprio blocco come satelliti. Dopo la firma del TNP, nel luglio 1968, Washington e Mosca si erano accordate per avviare trattative bilaterali sulla limitazione sia dei sistemi di lancio de ll e testate nucleari strategiche, sia dei sistemi 206
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
ma l'invasione de ll a Cecoslovacchia in agosto ne aveva procratinato l'inizio indefinitamente. Il giorno in cui Nixon assunse la pres s idenza, il 20 gennaio 1969, l'URSS espresse la volontà di avviare le discussioni. Ebbero così inizio i negoziati SALT (Strategic Arms Limitation Talks), che si svolsero in due fasi successive, la prima de ll e quali si protrasse per due anni e mezzo, e si svolse parallelamente alla co nferenza di pace di Parigi sul Vietnam.
ABM,
Accordo
SALT
I e trattato ABM
Emersero divergenze su molte questioni. I sovietici volevano includere nella limitazione delle armi strategiche qualsiasi vettore capace di raggiungere il territorio dell'avversario: ma questo avrebbe incluso i bombardieri a breve e medio raggio basati in Europa, mentre avrebbe escluso i sistemi sovietici a raggio intermedio che potevano raggiungere i paesi dell'Europa occidentale. Gli USA intendevano quindi trattare solo sui sistemi intercontinentali. Mosca propose allora di limitare le trattative ai sistemi ABM, ma Washington replicava che questo sarebbe stato incompatibile con la crescita incontrollata dei sistemi offensivi. L'URSS fu spinta ad affrettare i negoziati dall'apertura della Cina agli USA. Nel maggio 1971 le due parti raggiunsero un accordo sia per discutere un trattato permanente sulla limitazione dei sistemi ABM, sia per lavorare per una limitazione dei sistemi offensivi, e per proseguire ulteriormente i negoziati per un accordo generale a lungo termine. E il 26 maggio 1972 Nixon e Breznev conclusero la prima fase dei negoziati SALT firmando a Mosca il Trattato ABM (Anti-Ballistic Missile) e un Accordo Provvisorio sulle armi offensive strategiche (SALT i). Il Trattato ABM aveva durata illimitata, ma ciascuna delle due parti aveva il diritto di rescinderlo con un preavviso di sei mesi qualora vedesse i propri interessi compromessi da eventi straordinari. Le due parti si impegnavano a non realizzare più di due sistemi ABM, con non più di 100 lanciatori in ciascuno di essi, e a difendere, oltre a ll e rispettive capitali, soltanto una delle loro aree di installazioni missilistiche basate a terra, allo scopo di rendere possibile il «secondo colpo» di ritorsione dell'avversario, dal quale dipendeva l'efficacia della dottrina della distruzione reciproca assicurata (MAD). Per conseguenza i sistemi ABM non venivano estesi alla protezione delle città, perché se queste fossero diventate sicure, si sarebbe ridotto notevol207
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mente il principio della deterrenza, e sarebbe cresciuta la tentazion e diesrpmafuntcolear.UiPotocollo al trattato nel 1974 limitava a un solo sito per ciascun paese lo schieramento di sistemi ABM: l'URSS scelse di mantenere il proprio sistema ABM a difesa di Mosca, mentre gli USA lo hanno mantenuto nell'area di schieramento degli ICBM, nel Nord Dakota, e in seguito vi hanno poi rinunciato (ma vedremo quali furono le loro iniziative). L'Accordo Provvisorio SALT I invece aveva una durata limitata, in quanto in sostanza congelava i rispettivi sistemi nucleari strategici per cinque anni, durante i quali i negoziati dovevano proseguire per raggiungere un accordo più generale di limitazione degli armamenti (mentre iniziò anche nel 1973 la Conferenza per la Cooperazione e la Sicurezza Europea, che si concluse nel 1975). Vennero stipulati anche altri accordi bilaterali, in particolare la Convenzione per la Messa al Bando delle Armi Chimiche, del 1972. Accordo
SALT II
La seconda fase delle trattative per la limitazione delle armi strategiche durò dal 1972 al 1979 e condusse al Trattato SALT II. Le complesse questioni da risolvere erano infatti aggravate dal clima di sfiducia reciproca. Anche l'Unione Sovietica aveva sviluppato la tecnologia delle testate multiple, per cui i metodi di conteggio e i criteri di parità strategica si complicavano. Nel frattempo continuava ad aumentare anche la precisione dei missili, e quindi la loro capacità di neutralizzare effettivamente l'arsenale nemico con un primo colpo. Era un processo, insomma, al quale si doveva porre qualche limite. Tra l'altro, la guerra del Kippur aveva portato ad alcuni giorni di altissima tensione, con le minacce di Israele di una risposta nucleare (Par. 4.3) e sovietica di un intervento diretto, e la dichiarazione americana dello stato di allerta mondiale, comprese (per la prima volta dai tempi dell a crisi cubana) le forze nucleari; e aveva originato la gravissima crisi petrolifera del 1973. La svolta fondamentale nei negoziati si verificò nell'incontro di Vladivostok tra Ford e Bre z nev nel novembre 1974, in cui i due presidenti si accordarono sulla struttura di base del SALT ii. L'accordo finale fu firmato da Carter e Breznev il 18 giugno 1979 (nel 1976 venne firmato anche uno Threshold Test Ban Treaty, TTBT, che limitava i test nucleari a potenze di 150 kt). Il trattato SALT II era un 208
a ccordo molto complesso9 , che comprendeva una lunga serie di defin izioni dei vettori strategici e ne stabiliva poi dettagliatamente le
limitazioni, fissando un tetto massimo non solo per i missili ma anche per il numero totale di armamenti nelle sottocategorie. I tetti massimi stabiliti tenevano largamente conto delle necessità estremamente differenti degli USA, dove la maggior parte delle testate era montata su SLBM installati a bordo di sommergibili, e dell'uRss il cui arsenale strategico è composto principalmente di silos di ICBM. L'accordo comprendeva i bombardieri a lungo raggio e considerava perfino i nuovi missili da crociera lanciati dall'aria (ALCM). Non prevedeva invece nessuna riduzione del numero delle testate delle due parti, né limitava l'utilizzo de lle tecnologie esistenti, ma impöneva dell e restrizioni alle principali innovazioni tecnologiche. La riduzione degli arsenali prevista dal SALT II era in effetti piccola dal punto di vista quantitativo, ma aveva tuttavia un valore simbolico non indifferente. In definitiva, nonostante la sua indubbia importanza, l'accordo non avviava il disarmo, ma stabiliva dei limiti invalicabili all a corsa agli armamenti. Gli Stati Uniti avevano fatto apparentemente le maggiori concessioni, rimaneva formalmente una superiorità numerica dell'arsenale sovietico, ma i missili statunitensi avevano una maggiore precisione e la distribuzione delle loro forze offensive strategiche nelle tre componenti della triade era più equilibrata. Gli Stati Uniti non hanno però ratificato il SALT I I. Infatti il Presidente Carter lo trasmise al Senato, ma nel gennaio 1980 chiese una dilazione (anche se le due parti continuarono a osservare di fatto il trattato), motivata dall'invasione sovietica dell'Afghanistan (24 dicembre 1979), che Washington vedeva come parte di un piano generale di Mosca per destabilizzare l'intera regione fra il Corno d'Africa e il Golfo Persico, esponendo il campo occidentale al ricatto del petrolio. Pochi mesi prima vi era stata la rivoluzione iraniana culminata nella proclamazione della repubblica islamica. Anche per il timore di un contagio l'uRss si invischiò in una guerra interminabile, che gli americani potevano considerare una vendetta storica per il loro Vietnam. Dal canto loro gli USA bloccarono i progetti nucleari Il testo completo del trattato SALT II si può trovare sul sito web del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti: http://www.state.gov/www/global/arms/treaties/salt22.html. 9
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Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
che avevano promosso con lo Scià (Par. 3.4) e subirono la presa degli ostaggi dell'ambasciata a Teheran, che con lo scandalo dell'Irangate (che «non era che la parte visibile di un iceberg nucleare») 10 costituì un fattore non trascurabile della sconfitta elettorale di Carter e della vittoria di Reagan nel 1981. La ratifica del SALT 11 venne definitivamente accantonata dopo che la crisi degli «Euromissili» (Par. seguente) aveva effettivamente modificato gli equilibri strategici e Reagan dichiarò nel 1984 che l'Unione Sovietica aveva violato gli impegni politici. Nel 1982 iniziarono a Ginevra i negoziati START (Strategic Arms Reduction Treaty), il cui scopo era invece un'effettiva riduzione quantitativa degli arsenali nucleari strategici, ma che non arrivarono a buon fine fino agli anni '90, a causa della ripresa de ll e tensioni tra le due super-potenze. Nel 1979 si aprì la Conferenza di Ginevra sul Disarmo, in cui vengono trattati praticamente tutti i problemi connessi al controllo degli armamenti e al disarmo: la Conferenza con sessioni periodiche si protrae ancora oggi, piuttosto stancamente, anche se ha raggiunto qualche risultato di rilievo dopo la fine della Guerra Fredda, come la Convenzione per il Bando delle Armi Chimiche.
coltà delle economie occidentali dopo la crisi del petrolio. Accanto
5.5 — La crisi degli «Euromissile»: di nuovo sull'orlo del baratro?
L'esclusione dai negoziati SALT dei missili a raggio intermedio portò a una grave crisi all'inizio degli anni '80. Negli USA prevaleva la valutazione secondo cui la conclusione dell'accordo SALT favoriva Mosca, sulla base di un computo aritmetico dei missili strategici, ma non tenendo conto della superiorità tecnica delle forze americane. In Unione Sovietica convivevano grosso modo verso la metà degli anni '70 due tendenze. La situazione internazionale sembrava schiudere all'URSS nuove possibilità di espansione: il ritiro dell'America dal Vietnam, la sconfitta elettorale di Nixon, il crollo dell'impero portoghese in Africa, le dimissioni di Willy Brandt nel 1974 (quando i servizi d'informazione tedeschi scoprirono che uno dei suoi più stretti collaboratori era in realtà un agente de ll a Germania dell'Est), i seguiti della guerra arabo-israeliana, le diffi-
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D. Lorentz, Affaires Nucleaires, cit., Cap. 11.
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alla corrente che in URSS lavorava per il dialogo, la distensione, la coesistenza pacifica e accordi per porre un limite alla corsa agli armam enti, ve ne era un'altra che voleva maggiore sicurezza e maggiore potenza. In particolare molti mi litari sovietici consideravano l'accordo SALT I del 1972 come un pericoloso congelamento di una situazione che essi giudicavano, di fatto, favorevole agli USA: essi chiesero e ottennero di concentrare gli sforzi negli anni seguenti sulla realizzazione di nuovi missili a raggio intermedio, più mobili e più precisi, capaci di colpire con testate multiple gli obiettivi dell'Europa occidentale. Dal 1961 l'Unione Sovietica aveva schierato dei missili nucleari di teatro a medio raggio SS-4 e SS-5 puntati sull'Europa (e sulla Cina), che a dire il vero la NATO non percepiva come una grande minaccia come armi da primo colpo, per la scarsa precisione e perché erano dotati di testate di grande potenza (da 1 a 2 mt), la cui esplosione avrebbe provocato, per i venti dominanti, ricadute radioattive sull'Europa dell'Est e la Russia europea. Ma nel 1977 Mosca decise di sostituire questi missili con i più moderni SS 20, lanciati da rampe mobili montate su autocarri (quindi assai meno vulnerabili), con un raggio d'azione maggiore (4.000 km), più precisi e dotati di tre testate nuclearill. Ma quello che per Mosca era un normale ammodernamento venne accolto dai paesi occidentali come una nuova minaccia, poiché i nuovi missili erano troppo superiori per non essere considerati come armi del tutto nuove, che aumentavano notevolmente la potenziale minaccia sulle città europee e sulle forze della NATO: un lancio di 150 SS-20 avrebbe potuto distruggere i 200 o 300 obiettivi militari fissi alleati e la loro capacità di risposta. Sebbene si trattasse formalmente di armi tattiche, anche l'equilibrio strategico stabilito con gli accordi SALT risultava pertanto modificato. -
11 Per la precisione si trattava di 380 missili SS-4 e SS-5, 243 missili molto moder-
ni SS-20 (che potevano raggiungere tutta l'Europa, esclusa la penisola iberica) e 600
bombardieri a medio raggio, tra quali 80 Backfire (che potevano raggiungere tutta l'Europa, da Gibilterra all'Islanda). A quella data la NATO (includendo la forza nucleare francese di dissuasione) disponeva solo di 18 missili del Plateau d'Albion, un centinaio di bombardieri, 130 missili dei sommergibili britannici e francesi e di quelli statunitensi nelle basi di La Jota (Spagna) e Holy Loch (G.B.) e della via flotta: nessuna di queste armi poteva rivaleggiare con gli SS-20 e, salvo i missili francesi del Plateau d'Albion, esse avevano un ruolo di rappresaglia. 211
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Il Presidente Carter mise in guardia i sovietici, minacciando lo spiegamento di nuovi missili in Europa. Il 14 dicembre 1979 il Consiglio della NATO decise in effetti di installare entro il 1983 nuovi missili. Si trattava di 572 «Euromissili»: 108 Pershing-2, missili molto avanzati di grande precisione (testata da 150 kt, gittata 1.700 km, precisione 20-40 metri), e di 464 missili da crociera (cruise) di concezione completamente nuova (Scheda 5.2), da schierare in basi americane in Gran Bretagna, Italia e Germania occidentale (e in Belgio e Olanda, che però rifiutarono). L'Europa diveniva così il campo di battaglia di un eventuale confronto nucleare tra due blocchi. Per Mosca questo programma costituiva un radicale cambiamento dell'equilibrio strategico esistente, in quanto i nuovi missili potevano colpire direttamente il suo territorio e (per la loro precisione) le sue basi di forze strategiche, e compromettevano anche la sua superiorità convenzionale. Si aprì una crisi, amplificata da grandi manifestazioni del movimento pacifista, che crearono una profonda spaccatura tra i governi europei e l'opinione pubblica. Le trattative sugli Euromissili avviate nel 1981 divennero subito difficili. Reagan impose la cosiddetta «opzione zero»: gli Stati Uniti non avrebbero collocato i nuovi missili solo se l'Unione Sovietica avesse ritirato i suoi SS-20 e tutti gli altri missili puntati sull'Europa. Da parte loro, i sovietici chiedevano invece il ritiro del programma della NATO, ponendo la condizione di conteggiare anche i missili francesi e britannici tra le forze occidentali. La crisi si aggravò. Nel novembre 1983, non appena i primi Pershing-2 e cruise furono giunti in Europa, i sovietici abbandonarono il tavolo dei negoziati. Contemporaneamente venivano sospese anche le trattative START per la riduzione delle armi strategiche, iniziate nel 1982. Nel marzo 1983 Reagan annunciò per la prima volta il nuovo piano militare noto in gergo come «Scudo Spaziale» o «Guerre Stellari» (Par. 5.6). I paesi europei si trovarono in una posizione scomoda: era vero che i Pershing-2 e i cruise erano installati per difendere l'Europa, ma essi si rendevano conto che ubbidivano a un'esigenza statunitense che riportava alla vecchia logica del bipolarismo e che, col crescere delle tensioni tra USA e URSS, crescevano i rischi che la prossima guerra venisse condotta con armi nucleari sul suolo europeo; anche il progetto di «Scudo Spaziale» li inquietava. Ancora una volta la corsa agli armamenti li relegava in un ruolo subalterno. Dal 1985 gli Euromissili furono al centro di nuovi negoziati, rilan-
ciati da ll a svolta politica di Gorbacëv (che accettò di non conteggiare i missili francesi e britannici), e conclusi dalla firma del trattato INF (Intermediate Nuclear Forces), siglato nel dicembre 1987 nel corso del summit di Washington tra Reagan e Gorbacëv (Par. 5.7).
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5.6 —Un cowboy all'assalto dello spazio: le «Guerre Stellari» di Ronald Reagan
Il nuovo Presidente Ronald Reagan, eletto nel novembre 1979, riportò decisamente in primo piano il confronto diretto tra Stati Uniti e Unione Sovietica, riaccendendo la Guerra Fredda e imponendo al mondo (tanto all'Europa occidentale, come alla Cina) di riadattarsi a un bipolarismo conflittuale, al posto de ll a coesistenza pacifica (a questa logica ubbidì anche la sanguinosissima guerra tra l'Iraq e l'Iran degli anni '80). Con il suo passato di attore cinematografico, con un piglio ben più caparbio e deciso di quello più dimesso di Carter, egli seppe interpretare le aspirazioni del paese di riprendersi dalla batosta del Vietnam. L'espressione «Impero del male» divenne la bandiera della sua azione politica, che si manifestò in un concreto impegno anticomunista, come l'aiuto alla guerriglia antisandinista in Nicaragua, l'appoggio al governo del Salvador contro la guerriglia, l'invasione dell'isoletta di Grenada, oltre al bombardamento del 1986 sulla Libia accusata di proteggere il terrorismo internazionale e la spedizione navale nel Golfo Persico nel 1987. Reagan considerò la firma degli accordi SALT II come un atto di debolezza e rilanciò una politica militarista: nel corso del suo primo mandato presidenziale le spese mi li tari statunitensi aumentarono del 40%, e alla fine erano passate dal 5,9% al 7,1% del prodotto interno lordo. Durante il mandato di Reagan si manifestò una delle più notevoli convergenze tra la lobby scientifica, in particolare quella che lavorava nei grandi laboratori militari (Scheda 2.1), e gli obiettivi politici dell'amministrazione. Nessun uomo politico, infatti, avrebbe neanche potuto immaginare un progetto megalomane come lo SDI (Strategic Defense Initiative, noto nel linguaggio comune con nomi più coloriti, ma appropriati, come «Scudo Spaziale», o «Guerre Stellari»), se un gruppo forte e qualificato di scienziati e tecnici non lo avesse elaborato e non ne avesse sostenuto la fattibilità, anche se
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bisogna riconoscere che vi furono anche correnti di scienziati che vi si opposero, denunciandone l'assurdità e criticandone la realizzabilità. La caratteristica più saliente del progetto proposto nel 1983, che si presentava come un sistema di difesa globale contro attacchi missilistici (precursore dell'attuale «Scudo» promosso da Bush Jr. e attualmente in costruzione negli USA), consisteva in una vera e propria militarizzazione dello spazio circondante la Terra. Esso prevedeva infatti sistemi orbitanti, vere e proprie piattaforme spaziali, dotate di potenti armi, come acceleratori per produrre fasci di particelle di alta energia da usare come armi direzionali, e un futuristico laser a raggi X che avrebbe dovuto venire innescato nientemeno che da un'esplosione nucleare, che sarebbe ovviamente avvenuta nello spazio. Non è questa la sede per entrare in maggiori dettagli 12 . L'Unione Sovietica sostenne ovviamente che il progetto violava il trattato ABM, mentre gli USA ne sostenevano la compatibilità. Il progetto iniziale di Reagan appariva effettivamente megalomane e come tale è poi stato accantonato: il suo costo era comunque insostenibile, e la sua fattibilità ed efficacia complessiva rimanevano dubbie, o almeno non dimostrate. Purtroppo però la militarizzazione e il dominio dello spazio sono rimasti obiettivi di fondo della strategia militare e dell'ossessione di dominio del Pentagono.
5.7 — Gli anni di Gorbacëv: i trattati INF e CFE
Il 1983 fu effettivamente l'anno nel quale le tensioni tra le due super-potenze raggiunsero il livello più alto dal 1962, se non anche dal 1950. In marzo Reagan annunciò il progetto delle «Guerre Stellari», in novembre l'URSS, sotto la fugace presidenza di Andropov, si ritirò dai negoziati START per la riduzione de ll e forze strategiche (fra i due eventi si situò in settembre l'abbattimento da parte di un caccia sovietico di un aereo di linea sudcoreano con 269 passeggeri). La svolta seguì alla nomina a segretario del PCUS nel marzo 1985 di Michail Gorbacëv (dopo la non meno fugace direzione di Cernenko). Impegnato nella riforma politica interna e nell'uscita del-
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
dalla pesante situazione economica, Gorbacëv avviò un disimgno dalla disastrosa e sanguinosa avventura afghana decidendo il pe ritiro totale nel 1989, e si propose, con il ministro degli Esteri Eduard Shevarnaze, di mettere fine alla rovinosa corsa agli armamenti, lanciando addirittura un ambizioso piano di totale denuclearizzazione del mondo entro il Duemila. Per quanto questa proposta fosse retorica e propagandistica, era la prima volta che il capo di una superpotenza parlava con tanta enfasi dell'eliminazione totale e ravvicinata delle armi nucleari: in ogni caso la proposta procurava consensi all'URSS e rovesciava su Reagan la responsabilità di voler proseguire nella corsa agli armamenti. Nei primi due vertici tra i due capi di Stato (Ginevra, 1985; Reykjavik, 1986) Gorbacëv si dimostrò disponibile ad accettare l'«opzione zero» di Reagan, ma questi rifiutò di rinunciare come contropartita al progetto dello «Scudo Spaziale»: a Reykjavik comunque venne deciso di dimezzare le armi strategiche. Si avviò così un negoziato che si concluse nel 1987 con il trattato INF (Intermediate Range Nuclear Forces), che risolveva finalmente la crisi degli Euromissili. Si trattò di un'importante inversione di tendenza: per la prima volta le due super-potenze stabilivano non solo di limitare, ma di ridurre gli arsenali nucleari, con la completa eliminazione di un'intera classe di missili a raggio intermedio. Accantonando per il momento la questione dei missili strategici, che erano stati al centro dei negoziati SALI', si conveniva infatti l'eliminazione entro 18 mesi di tutti i missili a corta gittata (500-1.000 km) ed entro 3 anni di quelli a media gittata (1.000 5.500 km) schierati in Europa, sia sovietici (1.846 missili) sia statunitensi (846), come pure dei lanciatori e de ll e strutture di supporto (lasciando invece da parte i missili francesi e britannici). Il
l'URSS
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traocnevhuprisotemadvfc,nispzo in situ con breve preavviso, anche delle principali installazioni nelle
12 Furono pubblicati molti studi. Segnaliamo in particolare quello di Francesco Lenci, SDI, L'Illusione dello Scudo Spaziale, Edizioni Cultura de ll a Pace, 1987.
quali vengono prodotti i componenti dei missili, vietando alle parti di interferire con mezzi tecnici nazionali di verifica. Gorbacëv accettava di non conteggiare i missili francesi e britannici, e non insisteva sullo SDI (che l'amministrazione repubblicana fece tacitamente cadere dopo che nel 1989 George Bush sostituì Reagan alla presidenza). È molto importante sottolineare che il trattato prevedeva la rimozione delle testate nucleari dai missili prima dell'eliminazione di questi ultimi, e la loro conservazione da parte del paese che li schierava, ma non il loro smantellamento: ancóra oggi, pertanto, non è noto il desti-
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La proliferazione diventa adulta
Evoluzione e ruolo degli arsenali e delle strategie nucleari
no delle migliaia di testate nucleari tattiche rimosse, e questo comporta una grave ambiguità (vi ritorneremo nel Par. 7.9). Con l'attuazione del trattato INF gli USA e l'URSS conservaron o
zione dei missili strategici, che fecero un passo decisivo nel vertice di Reykjavik (con l'impegno di ridurli alla metà) e arrivarono a un primo accordo concreto nel 1991 (v. Cap. seguente). Forse è difficile valutare quali fossero le vere intenzioni di Gorbacév. È probabile che abbiano subito un'evoluzione, e in esse abbia influito anche la consapevolezza di una crescente difficoltà dell'uRsS di gestire il sovradimensionato arsenale costruito durante la Guerra Fredda, se non proprio di una incipiente crisi del paese: si stava realizzando l'obiettivo degli Stati Uniti, di fiaccare il blocco antagonista trascinandolo in una esasperata competizione militare e tecnologica. D'altro lato, anche l'accettazione di queste limitazioni da parte degli Stati Uniti induce a pensare che almeno certi settori dell'amministrazione e del Pentagono incominciassero a rendersi conto della ridondanza degli arsenali; e forse ancor più che in quel momento fosse tramontata la necessità e l'urgenza dei test nucleari per il mantenimento e l'ammodernamento delle testate. Vedremo lo sviluppo successivo di questo concetto. In ogni caso questi accordi furono molto importanti e sicuramente giocarono un ruolo positivo, e segnarono per la prima volta una netta inversione di tendenza nella corsa agli armamenti. Essi facevano ragionevolmente presagire, o almeno sperare che, conclusasi la Guerra Fredda con la vittoria degli Stati Uniti, avrebbe potuto aprirsi un'epoca di pace e il processo di disarmo nucleare avrebbe potuto procedere più speditamente: vedremo nella Parte 3 se e come queste speranze si siano realizzate.
comunqearithEop,csuitedamlpor inferiore ai 500 km, da qualche centinaio di bombardieri per parte con raggio d'azione inferiore a 500 km e da testate nucleari «a caduta»: si valutava che nel 1988 gli USA conservassero immagazzinate in Europa 4.600 testate tattiche e da campo di battaglia 13 . La stessa fonte valutava che l'URSS disponesse di armi nucleari tattiche nella Repubblica Democratica Tedesca, in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, probabilmente sottoposte a un sistema di controllo «a doppia chiave» e a ll a custodia sovietica; nel 1989 più di 1.000 aerei tattici sovietici furono posizionati in basi avanzate sui territori di questi quattro paesi. Sia gli USA sia l'U RSS disponevano inoltre di proiettili nucleari di artiglieria, nonché di armi nucleari tattiche a bordo delle unità navali di superficie (velivoli, elicotteri con capacità nucleare, bombe anti-sommergibili, missili superficie-superficie). Nella Germania Federale erano schierate alcune armi nucleari tattiche e da campo di battaglia con base a terra della Gran Bretagna. La Francia disponeva di missili nucleari tattici a corto raggio. Dopo la firma del trattato INF venne firmato anche un importante accordo per la riduzione delle forze convenzionali in Europa, il trattato multilaterale (29 Stati) CFE (Conventional Forces in Europe) del 1990, sull'onda dell'evoluzione politica dell'Europa centrale e delle crescenti difficoltà economiche dell'URSS (che nel 1988 aveva annunciato una riduzione unilaterale delle sue forze convenzionali e de ll e spese mi li tari). Il trattato CFE prevedeva la riduzione per il 1995 di 50.000 unità di armamenti convenzionali nell'area tra l'Atlantico e gli Urali (le percentuali di riduzione erano molto più alte per i paesi dell'Est, data la superiorità convenzionale precedente), ponendo come limiti 20.000 carri armati, 20.000 pezzi di artiglieria, 30.000 veicoli armati, 6.800 velivoli, e 2.000 elicotteri da combattimento per ogni gruppo di Stati (non si faceva riferimento a ll e Alleanze, poiché il Patto di Varsavia si era sciolto). Nel 1989 venne stabilita per la prima volta una moratoria sugli esperimenti nucleari. Ripresero anche i negoziati START per la ridu13 Robert E. Harkavy, Bases Abroad: The Global Foreign Military Presence, Oxford University Press, 1989, pp. 262 263.
SIPRI,
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Parte terza DOPO IL CROLLO DELL'URSS: MORTE O RESURREZIONE (TRASFIGURAZIONE) DELLA PROLIFERAZIONE?
Capitolo sesto CROLLO DEL BLOCCO SOVIETICO: VERSO IL DISARMO NUCLEARE?
Con il crollo dell'Unione Sovietica e del blocco dell'Est, e la fine della Guerra Fredda, si aprirono grandi speranze che si avviasse realmente un processo di progressivo disarmo nucleare, che potesse portare nel medio periodo all'eliminazione totale di queste armi. Da un lato, i drammatici avvenimenti del 1989 furono preceduti e seguiti da segnali molto positivi in questo senso, promossi soprattutto da Gorbacëv. Dall'altro, nella prima metà degli anni '90 si avviarono realmente processi promettenti: i trattati START (Strategic Arms Reduction Treaty) e il trattato CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty) per la messa al bando totale dei test nucleari. Ma era tutto oro quello che riluceva? Vi furono in realtà immediatamente preoccupanti segnali di controtendenza, soprattutto la «Guerra del Golfo» (il primo attacco all'Iraq) del 1991, poi i test nucleari eseguiti da Chirac nel Pacifico nel 1995, un anno prima della firma del CTBT. Ma erano solo gli ultimi rigurgiti della vecchia politica, o piuttosto segnali di una nuova pericolosa tendenza che si apriva? 6.1 — I trattati START-I e START -II di riduzione delle armi strategiche
Il decennio si aprì appunto con la Guerra del Golfo: per quanto essa avesse una debole copertura formale da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, era evidente che si trattava di un intervento degli 221
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Crollo del blocco sovietico
Stati Uniti, sostenuto dalla Gran Bretagna, che poteva avere varie finalità, dalle aspirazioni di dominio imperiale del mondo al controllo di un'area cruciale per i giacimenti di combustibili fossili. Malgrado ciò, il processo di disarmo nucleare sembrò procedere a tappe serrate. Nel 1992 aderirono al TNP la Francia e la Cina'; la Corea del Nord firmò un accordo con la ATEA, ma si aprì una lung a
stan accettarono di aderire al TNP come Stati non-nucleari e di eliminare tutte le armi nucleari dai loro territori. Il 17 giugno 1992 un accordo tra Bush e Eltsin introdusse una riduzione ulteriore, entro 11 anni, in particolare l'eliminazione di tutti i missili basati a terra con testate multiple MIRV. Questo accordo venne codificato nel gennaio 1993 con la firma del trattato START-II, r atificato sia dagli Stati Uniti (1996) sia dalla Russia (2000), che prevedeva ulteriori riduzioni rispetto allo START-I, con l'eliminazione delle armi strategiche più destabilizzanti, come i missili balistici ICBM con testate multiple MIRV. Lo START-II contemplai riduzioni realizzate in due fasi, l'ultima delle quali prevede per il 2003 (poi prorogato al 2007 da un Protocollo firmato nel 1997) la riduzione delle testate strategiche a 3.000 3.500 per parte (meno di un decimo della consistenza massima raggiunta dai due arsenali nei decenni della Guerra Fredda), l'eliminazione degli ICBM a testate multiple (Mmv), non più di 1.700-1.750 testate montate su missili balistici basati in mare (sLBM), che però possono essere a testate multiple, mantenendo per quanto non espressamente previsto le precedenti clausole dello START-I. Il trattato, inoltre, rafforzava i sistemi di verifica, e contemplava non solo la rimozione, ma anche un processo di smantellamen-
nel 1994 di chiudere il programma nucleare militare, in cambio della costruzione in 10 anni di due reattori ad acqua leggera da parte degli USA.
Ma soprattutto, per la prima volta, dopo 10 anni di difficili negoziati (interrotti nel 1983 con l'installazione degli Euromissili amenicani, Par. 5.5), si stipularono trattati START (Strategic Arms Reduction Treaty) di riduzione delle armi strategiche: essi erano stati preceduti, dopo la ripresa dei negoziati nel 1985, dall'accordo di Reykjavik del 1986 tra Reagan e Gorbacëv di dimezzare le armi strategiche (Par. 5.7): in precedenza si erano conclusi solo negoziati di limitazione dell e armi strategiste, i SALT (Par. 5.4). Il Presidente Bush, padre del Presidente attuale, in un discorso del 27 luglio 1991 offrì delle concessioni unilaterali: fine dell'allerta permanente dei bombardieri strategici (che non era mai cessata!), rinuncia ai nuovi missili Mx mobili su rotaie e ai missili cruise dotati di testate nucleari sulle navi e i sommergibili (sLCM), e ritiro di tutte le testate tattiche terrestri e navali in Europa. Il 31 luglio dello stesso anno venne firmato il trattato START-I che prevedeva2 sostanzialmente la riduzione entro 10 anni a 1.600 lanciatori e 6.000 testate strategiche per parte, con efficaci sistemi di verifiche sul posto. Cinque mesi più tardi l'URSS si dissolse, e con il Protocollo di Lisbona del 1992 la Bielorussia, l'Ucraina e il KazakhiI Anche dietro queste adesioni si nascondevano le manovre nucleari di Washington, che abbiamo delineato nel Cap. 3, e in particolare gli affari con il Pakistan e con l'Iran, che viene oggi accusato di volere realizzare la bomba: «era previsto che Pechino, dopo avere rifiutato per 23 anni, firmasse il TNP. Attraverso questo sotterfugio, gli americani speravano al tempo stesso di normalizzare le relazioni atomiche della Cina con l'Iran e il Pakistan e di rilanciare i loro propri progetti di cooperazione nucleare con Pechino» (D. Lorentz, Affaires Nucleaires, cit.,
p. 534). Per il testo e altri dettagli del trattato
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/control/start 1.
START-I
222
si veda: http://www.fas.org/nuke
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contrvesiaulpz,cmntaoldeisPynga
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to graduale, programmato e controllato delle testate nucleari rimosse.
Peccato che il trattato, come vedremo nel prossimo capitolo, sia stato disdetto molto prima del 2007 ! Bisogna osservare che lo smantellamento delle testate apriva comunque altri problemi preoccupanti. Rimanevano infatti enormi depositi di uranio altamente arricchito e di plutonio weapon-grade, materiali militari la cui custodia diveniva estremamente delicata (Scheda 7.1): soprattutto per la Russia, dove il grave degrado economico e sociale rendeva tutto molto più problematico. Gli Stati Uniti dovevano fornire aiuto economico e assistenza alla Russia, ma queste misure sono state insufficienti. Si aprivano così le preoccupazioni di sottrazioni e contrabbando di materiale nucleare militare, che poteva cadere nelle mani di Stati o di gruppi terroristici, anche se sembra che questo pericolo sia stato esagerato. Questi enormi quantitativi di plutonio costituiscono un problema
3 Per il testo e altri dettagli del trattato /control/start2.
START-II
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si veda: http://www.fas.org/nuke
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
preoccupante di per sé. Si tratta di un metallo pesante, che non esiste in natura, radioattivo ed estremamente tossico anche dal punto di vista chimico, che si dimezza in circa 24.000 anni! È pensabile di poterlo custodire per almeno 100.000 anni? ! Vi è la possibilità concreta di «bruciarlo» nelle centrali nucleari come combustibile misto di uranio-plutonio: ma occorrono certificazioni specifiche dell'impianto e, per eliminarlo tutto, sarebbe necessario un programma di sviluppo intensivo del nucleare «civile», che non sembra in vista, né facile. Anche perché nei reattori si produce altro plutonio, e altri quantitativi notevoli si accumulano dai programmi «civili»: il Giappone ha accumulato ingenti quantitativi di plutonio estratto dal combustibile esaurito delle sue centrali riprocessato in Gran Bretagna (si ricordino le grandi manifestazioni di Greenpeace nell'occasione del suo trasporto via mare); anche la Germania ne possiede quantitativi non indifferenti, dal riprocessamento del combustibile in Francia. Ritorneremo sull'importanza di queste scorte di plutonio. Dopo la conclusione del trattato START II vennero avviati negoziati per un trattato START III che prevedesse riduzioni ulteriori delle armi nucleari strategiche, ma non si è mai trovato un accordo. 6.2 — La conferenza di revisione del TNP del 1995 e l'estensione indefinita del trattato
La conferenza quinquennale di revisione del TNP del 1995, pur tra forti contraddizioni, sembrò confermare ancora la tendenza al disarmo nucleare. Essa era chiamata a decidere — secondo l'Art. X, comma 2 — se il trattato doveva essere esteso indefinitamente o rinnovato per un periodo di tempo fissato: la decisione fu di estenderlo indefinitamente. È il caso di ricordare due fatti che la precedettero. I17 dicembre 1993 il Segretario alla Difesa, Les Aspin, enunciò una nuova strategia degli Stati Uniti, la controproliferazione che, oltre alla prevenzione della proliferazione, assumeva come scopo politico principale la «protezione» contro le armi di distruzione di massa: vedremo meglio nel prossimo capitolo la portata di questa svolta. Nel 1994 Mosca convenne con Washington la chiusura per l'anno 2000 dei rimanenti reattori nucleari per la produzione di plutonio. La conferenza di revisione del TNP fu la prima alla quale parteci224
Crollo del blocco sovietico
parono le cinque potenze nucleari riconosciute, dopo l'adesione al trattato de ll a Francia e de ll a Cina, oltre a quella del Sudafrica, che aveva già smantellato il proprio arsenale. I lavori della conferenza furono assorbiti dalla discussione sull'estensione del trattato che, anche se la maggioranza degli Stati era a favore dell'estensione indefinita, registrò profonde differenze, tanto che la decisione finale si limitò a stabilire laconicamente che: «Poiché esiste una maggioranza tra gli Stati membri del trattato per la sua estensione indefinita, in accordo con l'Art. x, paragrafo 2, il trattato continua a valere indefinitamente». A questa conclusione si giunse non senza un pressante lavoro di lobby degli Stati nucleari, i quali offrirono il solito impegno di risoluti sforzi per un sistematico e progressivo disarmo nucleare. Vennero avanzate proposte alternative di estensione del TNP per periodi, soggetti a periodiche revisioni, motivate dal dubbio (fondato) che l'estensione indefinita si trasformasse in un'istituzionalizzazione della disparità insita nel TNP, e ispirate soprattutto dall'intenzione di isolare gli Stati nucleari, esercitando una costante pressione su di essi, soprattutto sugli USA e i suoi alleati, per il disarmo nucleare. Gli aspetti più controversi riguardarono i controlli e gli usi pacifici dell'energia nucleare (Artt. III e iv), con particolare riferimento all'Iraq e alla Corea del Nord, e gli adempimenti delle clausole di disarmo (Art. vi). Gli Stati non-nucleari chiesero quasi unanimemente che gli Stati nucleari firmassero entro un anno il trattato per la messa al bando dei test nucleari, avviassero e concludessero rapidamente negoziati per un trattato sul materiale fissile, e concordassero riduzioni delle armi nucleari più consistenti di quelle previste nei trattati bilaterali START. Mentre molti Stati non-nucleari sostenevano che le riduzioni delle armi nucleari previste nei trattati START e quelle attuate indipendentemente dalla Francia e da ll a Gran Bretagna t... mostravano che la corsa agli armamenti era terminata, un certo numero di essi, pur riconoscendo questi progressi, considerava che la corsa agli armamenti nucleari continuava, soprattutto per il miglioramento qualitativo delle testate e dei sistemi di lancio. Vi fu una larga convergenza sulla necessità di estendere gli accordi sulle Zone Libere da Armi Nucleari (v. Scheda 6.1), nonché sulle critiche a Israele per la sottrazione delle sue installazioni nucleari ai controlli della AIEA. Le riserve di alcuni Stati per l'estensione indefinita del TNP riguardarono proprio il fatto che Israele non aderisse al trattato 225
I^
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
e la mancanza di impegni precisi degli Stati nucleari per un definitivo disarmo nucleare. Un altro punto di grande importanza fu la «Assicurazione di Sicurezza Negativa» con cui gli Stati membri non-nucleari, in cambio dell a rinuncia a sviluppare armi nucleari, chiedevano agli Stati nucleari l'assicurazione che non sarebbero mai stati attaccati con queste armi, a meno che non effettuassero un attacco congiunto con un paese nucleare. Questa assicurazione venne sancita, apparentemente, dalla Risoluzione 984 del 1995 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, a seguito della quale gli Stati Uniti riaffermarono l'impegno a non usare armi nucleari contro Stati non-nucleari aderenti al TNP eccetto nel caso di un'invasione o di qualsiasi altro attacco contro gli Stati Uniti, i suoi territori, le sue forze armate o altre truppe, i suoi alleati, o contro uno Stato verso il quale abbiano un impegno di sicurezza, effettuato o sostenuto da un tale Stato non-nucleare in associazione o in alleanza con uno Stato nucleare [corsivo mio].
Bisogna però dire che documenti ufficiali dei governi russo e statunitense mettono seriamente in dubbio questo impegno: il 10 gennaio del 2000 la Federazione Russa riconfermò esplicitamente l'opzione del first strike che era stata adottata nel 1993 4 (Par. 7.8), che implica la possibilità del ricorso alle armi nucleari anche in risposta ad attacchi con armi chimiche o biologiche, di cui potrebbero disporre Stati non-nucleari aderenti al TNP; mentre il documento dei Joint Chiefs of Staff statunitensi del 1996 sulla Dottrina per le Operazioni Nucleari stabiliva che «operazioni offensive contro armi di distruzioni di massa nemiche e i loro sistemi di lancio potrebbero essere intraprese una volta che le ostilità diventino inevitabili o abbiano inizio»5 . Ritorneremo su questi aspetti molto delicati.
Concetto di Sicurezza Nazionale (Russo), emesso nel Decreto Presidenziale del 24 gennaio del 2000; v. Disarmament Diplomacy, n. 43, gennaio-febbraio 2000; www.acronym.org.uk/dd/dd43/43nsc.htm . Cit. in Karel Koster, «NATO nuclear doctrine and the NPT», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, p. 20. 5 Us Joint Chiefs of Staff, Doctrine for the Joint Theater Nuclear Operations, Joint Pub. 3-12.1, Washington, 9 febbraio 1996; www.dtic.mil/doctrine/jel/new_pubs /jp3_12_1.pdf.
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Crollo del blocco sovietico Scheda 6.1 Le zone denuclearizzate (Nuclear Weapon-Free Zones)
Vi è una serie di accordi internazionali, iniziati con il trattato di Tlatelolco del 1985 (Par. 4.5), che contemplano divieti in parte diversi, ma come minimo proibiscono lo schieramento, la sperimentazione, l'uso e lo sviluppo di armi nucleari all'interno di una particolare regione geografica. Da un lato vi sono singoli Stati che hanno emanato legislazioni che stabiliscono lo status di paesi liberi da armi nucleari: l'Austria nel 1999, la Mongolia nel 2000. I trattati che stabiliscono zone denuclearizzate regionali sono i seguenti: Trattato per la Proibizione di Armi Nucleari In America Latina e nei Caraibi (Trattato di Tlatelolco, 1985). Trattato per la Zona Libera da Armi Nucleari del Pacifico del Sud (Trattato di Rarotonga, 1985). La Nuova Zelanda ha un'ulteriore legislazione interna che vieta l'ingresso nei suoi porti di imbarcazioni a propulsione nucleare, o che portino armi nucleari, che non è invece vietato dal trattato di Rarotonga: questa norma ha creato problemi con gli Stati Uniti. Trattato per la Zona Libera da Armi Nucleari del Sud Est Asiatico (Trattato di Bangkok, 1995). Trattato per la Zona Libera da Armi Nucleari dell'Africa (Trattato di Pelindaba, 1996: non ancora entrato in vigore). Vi sono poi altri trattati che vietano specificamente esplosioni nucleari di qualsiasi tipo e lo smaltimento di scorie radioattive: il Trattato sull'Antartide (1959), il Trattato sullo Spazio Esterno (1967) e il Trattato sui Fondi Marini (1971). Per quest'ultimo c'è da chiedersi come considerare il gran numero di sommergibili nucleari affondati con il loro carico radioattivo, e di testate nucleari cadute in mare, vere «bombe a orologeria» sui quali non è possibile nessun controllo! Nel 1992 le due Coree, del Sud e del Nord, avevano firmato una Dichiarazione Congiunta per la Denuclearizzazione della Penisola di Corea, che vietava qualsiasi operazione relativa ad armi nucleari, ma anche impianti di arricchimento o riprocessamento: attualmente la dichiarazione sembra violata non solo dalla Corea del Nord, ma anche dalla Corea del Sud per le notizie che sono emerse su attività di arricchimento dell'uranio. Le Zone Denuclearizzate sono soggette a molti problemi e molte sfide. Esse necessitano di «Assicurazioni di Sicurezza Negativa» da parte dei paesi nucleari (cfr. Par. 6.2). Per molte zone rimane incerto il problema del tran6
Per ulteriori dettagli si può consultare il sito web: www.nuclearfiles.org/redocuments/treaties-nwfz.html. 227
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? sito di armi nucleari. Vi sono poi problemi di verifiche e controlli, e in alcuni casi di ratifiche mancanti.
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I test francesi del 1995 nel Pacifico
Mentre si stavano svolgendo positivamente i negoziati per la stipula del trattato CTBT per la messa al bando totale dei test nucleari, produsse un grande shock e fortissime opposizioni in tutto il mondo (Greenpeace organizzò le più spettacolari e spericolate) la decisione di Jacques Chirac di eseguire sei test nucleari nel Pacifico del Sud, sia pure annunciati come «la fine definitiva dei test nucleari della Francia». I test si svolsero tra 115 settembre 1995 e i127 gennaio 1996. La motivazione ufficiale fu la necessità di sviluppare simulazioni al computer volte a verificare l'affidabilità delle testate nucleari francesi: ma numerosi esperti hanno espresso seri dubbi e hanno avanzato l'ipotesi che i test fossero piuttosto destinati a certificare l'ultima testata progettata (TN-76/TN-100) per il nuovo missile balistico M-45/M-5 lanciato da sommergibili7 , e a sviluppare tecniche di simulazione elettronica per predire il comportamento di nuove testate senza test nucleari effettivi, proprio in vista della firma del CTBT8 ; e forse anche a sperimentare una nuova testata a potenza variabile anche per conto di Washington 9 . Alcuni esperti aggiunsero che in precedenza la Francia aveva avuto bisogno di 13 o più test per certificare una nuova testata, per cui sei test erano insufficienti per questo scopo: tuttavia gli Stati Uniti, con l'ausilio di sofisticate tecniche di simulazione, possono farlo con soli quattro test. Successivamente si è saputo di un accordo segreto tra Parigi e Washington per lo scambio di dati sulle esplosioni nucleari. Ritorneremo nel prossimo capitolo sul punto molto delicato delle simulazioni dei test nucleari.
La testata TN - 75 era stata certificata prima che il Presidente Mitterrand ordinasse la cessazione dei test francesi; il nuovo missile balistico M - 45/M - 5 poteva essere armato con questa testata già ottimizzata nel 1991, cioè ha una forma calcolata con precisione per opporre una sezione minima ai radar: Tariq Rauf, «France ends nuclear tests», INESAP Information Bulletin, n. 8 (febbraio 1996), p. 8. 8 Tariq Rauf, cit., p. 7. 9 D. Lorentz, Affaires Nucleaires, cit., p. 567. 7
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Crollo del blocco sovietico
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1996: Il CTBT
Fino dagli anni '50, con l'aumentare delle preoccupazioni per le icadute radioattive degli esperimenti nucleari nell'atmosfera e per r l' escalation della corsa agli armamenti, i sostenitori del controllo degli armamenti avevano sostenuto la necessità di un trattato intern azionale che proibisse i test nucleari, in modo verificabile, come strumento per arginare la proliferazione nucleare. Nel 1963 si era giunti a un trattato parziale (PTBT) per la messa al bando dei test nell'atmosfera, ma durante la Guerra Fredda gli ostacoli per un bando complessivo furono alimentati anche dallo scetticismo sulla possibilità di verificarne l'applicazione. La situazione internazionale impedì di fare progressi sostanziali finché, dietro il forte impulso dell'Assemblea Generale dell'oNu, le trattative furono effettivamente avviate nel 1993. Il CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty) venne adottato dall'Assemblea Generale dell'oNu il 10 settembre 1996, e venne firmato dalle cinque potenze nucleari ufficiali. Il trattato vieta agli Stati nucleari di eseguire test nucleari e agli Stati non-nucleari di sviluppare armi nucleari con l'aiuto di test nucleari: esso si propone quindi, almeno nelle intenzioni, di impedire lo sviluppo e il miglioramento qualitativo di armi nucleari e la realizzazione di armi nucleari nuove. Vedremo nei prossimi capitoli quanto il trattato risponda effettivamente a queste esigenze, poiché quest'aspetto fa parte degli obiettivi centrali del presente saggio. Per le verifiche del rispetto del CTBT vennero istituite un'apposita organizzazione e un Sistema Internazionale di Monitoraggio costituito da più di 300 stazioni di rilevamento. Un altro aspetto importante, sul quale dovremo tornare, è che il CTBT era stato firmato fino al 2001 da 161 paesi, ma la sua entrata in vigore richiede che 44 Stati elencati nel trattato lo abbiano ratificato. Intanto la tendenza al disarmo e alla distensione internazionale venne confermata anche dalla firma, nel 1997, della Convenzione per l'Eliminazione delle Armi Chimiche, della quale qui non ci occuperemo, così come anche, in forma indiretta, dal Protocollo di Kyoto per il controllo delle emissioni di CO 2 nell'atmosfera (pur con tutti i suoi limiti).
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? 6.5
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Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia sulla illegittimità delle armi nucleari (1996)
È opportuno discutere un parere consultivo emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia sulla illegittimità delle armi nucleari. Nel 1992 un piccolo gruppo di medici, giuristi e fisici (raggruppati intorno alla IALANA, International Association for Abolition of Nuclear Arms, al IPPNW, International Physicians for the Prevention of Nuclear War, e all'IPB , International Peace Bureau) lanciò con successo l'idea che l'Assemblea Generale dell'oNu chiedesse alla Corte Internazionale di Giustizia un parere consultivo (questo è il compito, e il limite, della Corte) sul seguente quesito: «Sono consentiti dal diritto internazionale la minaccia o l'uso delle armi nucleari in qualunque circostanza?». È opportuno ricordare che vi era già una serie di risoluzio-
ni dell'Assemblea Generale che affermano l'illegalità delle armi nucleari in quanto esse violano la Carta delle Nazioni Unite, ma gli Stati nucleari non le considerano vincolanti perché non sono state convertite in convenzioni internazionali (vincolanti) e la Corte poteva valutarle solo come opinioni. L'iter della Corte è stato complesso; in primo luogo essa ha stabilito di essere competente sulla questione e, dopo una lunga disamina, ha emesso il parere l'8 luglio 1996: esso si può riassumere dicendo che la minaccia e l'uso delle armi nucleari sono generalmente contrari al diritto internazionale, e gli Stati sono obbligati a un totale immediato disarmo nucleare.
Crollo del blocco sovietico [...] C. all'unanimità:
Sono illegittimi la minaccia o l'uso de ll a forza posti in essere avvalendosi di armi nucleari, se ciò avviene in violazione dell'art. 2, paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite e senza rispettare i presupposti fissati nell'art. 51 della Carta medesima. D. all'unanimità:
La minaccia o l'uso delle armi nucleari dovrebbero inoltre rispettare, oltre agli obblighi specifici fissati nei trattati internazionali e in altre intese che espressamente riguardano le armi nucleari, anche le disposizioni del diritto internazionale applicabili in materia di conflitti armati, con particolare riferimento a quanto previsto dai principi generali e dalle norme applicative del diritto internazionale umanitario; E. per sette voti contro sette:
Dalle disposizioni sopra richiamate consegue che la minaccia o l'uso delle armi nucleari sarebbero in linea generale in contrasto con le norme di diritto internazionale applicabili ai conflitti armati, e, in particolare, i principi e le regole del diritto umanitario. Nondimeno, la Corte, considerato il diritto internazionale corrente nonché gli elementi di fatto in suo possesso, non è in grado di stabilire in modo definitivo se la minaccia o l'uso delle armi nucleari possano essere considerati legittimi o illegittimi in un caso estremo di autodifesa, in cui sia in gioco l'effettiva sopravvivenza di uno Stato. F. all'unanimità:
Esiste un obbligo di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano a un disarmo nucleare globale sotto il rigido ed effettivo controllo internazionale.
na.org/site/; e-mail: [email protected], [email protected] ). V. anche: J. Lau e G. Nebbia, «Per una dichiarazione di illegalità delle armi nucleari», Giano, n. 16, gennaio-aprile 1994; G. Perani et al., «La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell'8 luglio 1996», Archivio Disarmo, Roma 1996; D. Ga llo, «Il diritto internazionale e la bomba», Giano, n. 23, maggio-agosto 1996.
Il parere della Corte può lasciare perplessi, in quanto non proibisce la minaccia o l'uso delle armi nucleari senza se e senza ma: è difficile sfuggire all'impressione di una titubanza, o di una certa reticenza, o di difficili compromessi sugli aspetti più delicati, più che sulla sostanza. In ogni caso il parere pone sulle armi nucleari limiti più restrittivi rispetto a qualsiasi altra arma, intanto perché considera anche la minaccia e non solo l'uso, e poi perché ne limita praticamente la possibile legittimità (precisando che «non è in grado di stabilirlo in modo definitivo») al solo caso in cui «sia in gioco l'effettiva sopravvivenza di uno Stato»: è un limite molto forte, che esclude chiaramente l'ordinario andamento delle relazioni e delle stesse crisi internazionali. Non si capisce bene anzi (e sembra un segno della tortuosità della Corte) come essa dichiari (nel punto 67 delle motivazioni del parere) di non sentirsi in grado di pronunciarsi sull'illega-
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Il parere è articolato, poiché prende in considerazione vari aspetti, la cui approvazione a volte è avvenuta a maggioranza, altre all'unanimità dei giudici della Corte 10. Riportiamo le risposte decisive: l'opinione cruciale (E) ha diviso la Corte a metà, e il parere del Presidente è risultato decisivo.
io Il procedimento e il parere sono riportati in dettaglio in: Joachim Lau, Paura o Sopravvivenza: Illiceità della Minaccia e dell'Uso delle Armi Nucleari. Il Parere Consultivo della Corte Internazionale, 8.7.1996, IALANA (website: http://www.iala-
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
lità de ll a «politica della deterrenza», e sulla ritorsione si limiti ad affermare che è considerata illegittima o comunque anche in tempi di guerra sarebbe disciplinata dagli stessi principi del ius in bello e dal principio di proporzionalità (punto 46: che esclude comunque un first use), dal momento che entrambe configurano una minaccia ill egale, indipendente dal fatto che «sia in gioco la sopravvivenza di uno Stato»: Ma la lettura della lunga motivazione fornisce sull'opinione della Corte un'impressione molto più netta del parare finale. Intanto vi si riconosce l'obbligo che le attività degli Stati rispettino l'ambiente di altri Stati o aree: e non si vede come il fall-out radioattivo potrebbe rispettare i confini geografici (da questo punto di vista tutti i test nucleari sono stati e sono illegali). Ma è il riferimento al diritto umanitario che appare decisivo: tale diritto impone di distinguere obiettivi civili e militari (poiché i civili dovrebbero essere esclusi dalle azioni di guerra), e di evitare sofferenze inutili ai combattenti e di rispettare i «dettami della coscienza comune». Nei punti 85 87 della motivazione la Corte riconosce che «non possono esservi dubbi sull'applicazione del diritto umanitario alle armi nucleari»: è veramente difficile sostenere che queste possano risparmiare i civili, evitare sofferenze inutili e rispettare i dettami della coscienza comune! Chi obiettasse che anche le armi chimiche e biologiche, o le mine, violano queste norme vincolanti, avrebbe perfettamente ragione: infatti esistono Convenzioni internazionali che le mettono al bando! La conclusione appare quindi stringente. Il carattere «consultivo» del parere implica naturalmente che esso viene disatteso, ma non ne sminuisce la portata: ricordo che nel '68 si diceva che ogni assemblea ha il potere che riesce a darsi. -
6.6 — Persistenza delle strategie e delle logiche nucleari della Guerra Fredda
Rimanevano aspetti che stridevano sinistramente con le (apparenti) tendenze in atto e potevano essere interpretate o come residui del passato, o come segnali preoccupanti. Ad esempio, la fine della Guerra Fredda, malgrado avesse preceduto la riduzione quantitativa degli arsenali statunitense e russo, non aveva portato a una parallela (e apparentemente ovvia) modifica delle dottrine nucleari e dello stato di allerta dei missili strategici. 232
Crollo del blocco sovietico
Washington continua a mantenere più di 2.000 testate strategiche co stantemente in stato di allerta (perpetuando l'atteggiamento della Guerra Fredda del launch on warning), puntate sui bersagli «nemici» 11 (quasi 500 testate sono puntate sulla sola area di Mosca). I militari sembrano piuttosto lenti a cambiare le proprie strategie, se è vero che avevano mantenuto lo stato di allerta permanente dei bombardieri strategici (così efficacemente rappresentata da Il Dottor Stranamore di Kubrik) per decenni dopo lo sviluppo dei missili balistici e cruise, cioè fino al 1991. Attualmente, però, questo atteggiamento residuo della Guerra Fredda mantiene una tensione permanente ed aumenta il rischio di lancio di una rappresaglia nucleare per errore (nel 1995 Mosca scambiò un razzo sperimentale lanciato da ll a Norvegia per un missile balistico strategico: la ritorsione venne fermata all'ultimo momento, quando già si stava ricorrendo alla «valigetta» di Eltsin!). Il problema più grave infatti è che non solo l'arsenale strategico, ma anche il sistema d'allarme russo — radar e satelliti — è decrepito: dei 43 satelliti militari alcuni non rispondono più altri sono al termine della loro vita operativa e non sono affidabili, rendendo l'intero sistema «cieco» per una parte del giorno. Il pericolo della Russia viene paradossalmente più dalla sua debolezza che dalla sua forza! Patti per de-allertare i missili strategici, o ancor meglio per smontare e mantenere separate le testate nucleari dai missili, favorirebbero la distensione molto più di accordi di riduzione quantitativa degli arsenali. Abbiamo citato nella Scheda 5.1 anche la persistenza anacronistica dei sommergibili nucleari: «Il fatto che gli USA mantengano un alto livello di allarme e di operatività dei loro sottomarini, nonostante non sia più necessario vista la fine della Guerra Fredda, in pratica obbliga anche la marina militare russa [...] a cercare di mandare in giro quanti più sottomarini riesce con i pochi finanziamenti rimasti, anche a costo di tagliare i fondi relativi a ll a manutenzione e a ll a sicurezza. Si stima che la marina militare russa attualmente può mandare in missione solo 3 sottomarini contemporaneamente. Gli inglesi mandano in missione un sottomarino balistico alla ,
H Walter Pincus, Washington Post, 20 giugno 2001, p. 8. Mantenere questo stato di allerta costa al Pentagono ben 20 miliardi di $ all'anno! Negli ultimi anni il numero di bersagli strategici in Russia è addirittura aumentato.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
volta [assolutamente inutile! nda], i francesi in media mantengono 3' sottomarini balistici operativi, di cui 2 in missione» 12 . 6.7 — Il crimine dell' «Uranio Depleto» (DU): perché? Un ballon d'essai per... prepararcial peggio? Intanto, nelle guerre degli anni '90 avveniva un'ulteriore escalation: il ricorso ai famigerati proiettili a «Uranio Depleto» (DU) o Come abbiamo spiegato in maggiore dettaglio nell'Appendice 1.1.h, si tratta della coda del processo di arricchimento dell'uranio, ossia di materiale composto quasi unicamente di uranio 238. È un metallo estremamente denso e pesante, capace quindi di ,ç perforare le corazze dei carri armati, o le protezioni di rifugi rinforzati. L'uranio-238 è radioattivo, ed emette particelle alfa: ma è un .materiale piroforo, ossia quando un proiettile a DU colpisce un bersaglio si incendia e si polverizza, spandendosi nello spazio circostante. La pericolosità per la salute e l'ambiente è duplice: il materiale possiede un'alta tossicità chimica, e le particelle finissime inalate penetrano nei polmoni, dove la radioattività provoca tumori 13 ; e depositate nel terreno o nelle piante entrano nelle acque e nel ciclo alimentare, con conseguenze analoghe su altri organi di chi le ingerisca. È opportuno fare un'ulteriore precisazione. Si è saputo che in questi proiettili non viene utilizzato solo l'uranio costituito dalla coda del processo di arricchimento, povero quindi in uranio-235 e costituito praticamente solo di uranio-238, ma vengono usati anche i residui dei processi di ritrattamento del combustibile esaurito delle centrali nucleari, nel quale pure si separa e si recupera l'uranio-235 residuo, ma anche il plutonio: questo materiale contiene quindi anche residui dei plutonio, e potrebbe contenere anche tracce di radionu12
F. Iannuzzelli, V.F. Polcaro e M. Zucchetti, Sommergibili Nucleari: problemi di
sicurezza e impatto ambientale, Politecnico di Torino, cit., p. 18. 13 Le particelle alfa sono le più pesanti tra le cosiddette radiazioni ionizzanti e vengono assorbite da strati molto sottili di materia. Questa proprietà provoca effetti biologici ben diversi a seconda del tipo di esposizione: per esposizione esterna le paricelle alfa vengono assorbite dalla pelle e provocano tumori cutanei; ma per esposizione interna, cioè quando vengono inalate o ingerite, l'assorbimento avviene nei tessuti interni dell'organismo, e le conseguenze cancerogene risultano ben più deleterie (Appendice 1.1.h).
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elidi artificiali molto pericolosi prodotti nei processi di fissione, anche se il ritrattamento dovrebbe garantirne l'eliminazione. È evidente che in questo caso gli effetti biologici possono essere più gravi. Non intendiamo qui entrare in maggiori dettagli sul DU, per i quali rimandiamo a trattazioni più specifiche 14 . Ci interessa fare piuttosto considerazioni generali, legate al tema di questo saggio. È ormai noto che le conseguenze deleterie dell'uso di proiettili al DU si stanno m anifestando in modo drammatico e ormai incontrovertibile sia nei soldati reduci dalle missioni in Iraq, in Afghanistan e nei Balcani, sia tra le popolazioni dei territori che sono stati teatri di queste guerre. Anche se le conseguenze per i primi vengono vergognosamente e irresponsabilmente negate da lle autorità militari e dai governi statunitense, britannico, ma anche italiano e di altri paesi europei: sono decine di migliaia i veterani affetti da quella che dopo la guerra del 1991 fu chiamata «sindrome del Golfo», e sono ormai numerosi i militari italiani che hanno effettuato missioni nella ex-Jugoslavia deceduti, nella totale indifferenza delle autorità. Per quanto riguarda poi le popolazioni delle zone colpite la cosa è ancora più vergognosa perché all a distruzione dei sistemi sanitari e sociali di quei paesi non ha fatto seguito nessun intervento da parte dei paesi attaccanti e occupanti, impegnati e interessati ovviamente in ben altre questioni. Sia i soldati sia (tantopiù) i civili sono, insomma, solo carne da macello, nella migliore tradizione del militarismo e dell'imperialismo (la famosa canzone antimilitarista Gorizia della prima guerra mondiale diceva «schernitori di noi carne umana») 15 . Per quanto riguarda casa nostra è il caso di ricordare anche le denunce dell'uso di proiettili al DU nel poligono di tiro della Sardegna, anch'esse ignorate o smentite dalle autorità militari (sorvoliamo qui sulle conclusioni della «Commissione Mandelli» di indagine, per la quale rimandiamo alle referenze indicate). 14 Si veda ad esempio: M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi e M. Zucchetti, «Uranio Impoverito (DU). Il suo uso nei Balcani, le sue conseguenze sul territorio e la popolazione», Giano, n. 36, settembre-dicembre 2000, pp. 11-31; M. Zucchetti, «Caratterizzazione dell'uranio impoverito e pericolosità per inalazione», ivi, pp. 33-44; Cristina Giannardi e Daniele Dominici, «Danni collaterali dell'uranio impoverito: stima per la guerra del Kossovo», Il Ponte, LV, nn. 11-12, 1999, p. 118; «Uranio impoverito in Iraq», Il Ponte, LIX, nn. 3-4, 2003, p. 227. 15 Riedita nel CD Danni Collaterali prodotto da G. Manfredi e R. Gianco per Il
Manifesto.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Crollo del blocco sovietico
È ormai chiaro che l'uso di proiettili a DU sia da classificare senza nessuna ambiguità e reticenza come una forma nuova di guerra nucleare «di bassa intensità». Nei proiettili a DU sembra non avvenire nes-
Lo stesso Churchill aveva pensato all'uso di gas venefici in Iraq ben prima del 1991:
sun processo di fissione tipico di una bomba nucleare, ma sono presenti processi nucleari e radiazioni ionizzanti di origine nucleare, i cui effetti sono assai diversi dai processi chimici che sono alla base delle armi convenzionali: come ben si vede, del resto, dalle conseguenze sanitarie. A proposito di queste è opportuno ricordare che, contraddicendo le asserzioni dei governi, in particolare statunitense e britannico, la gravità di tali conseguenze era riconosciuta da tempo da documenti del Pentagono, e risale addirittura, insieme alla raccomandazione dell'uso militare dell'uranio, ai tempi del «Progetto Manhattan»! Una memoria declassificata di Conant, Compton e Urey al Gen. Les lie Groves, Direttore del Progetto, datata 30 ottobre 1943, raccomandava infatti un «Uso di Materiale Radioattivo come Arma Militare» a dir poco terrificante (diverso da quello attuale del DU, ma incredibilmente prossimo al tipo di bomba nucleare «sporca» per la quale si sospettano gruppi terroristici): Come strumento di guerra in forma di gas il materiale sarebbe ridotto in particelle di dimensioni microscopiche formando polvere e fumo e sarebbe distribuito da un proiettile sparato da terra, da veicoli terrestri o bombe di aerei. In questa forma sarebbe inalato dal personale. La quantità necessaria per causare la morte di una persona che lo inali è estremamente piccola [...]. Non si conosce nessun metodo o trattamento per questo infortunio [...]. Esso permeerebbe il filtro di una maschera antigas standard in quantità sufficienti per essere estremamente dannoso. E...] i materiali radioattivi sarebbero sparsi sul terreno o dall'aria o da terra [...]. Le aree contaminate dal materiale radioattivo rimarrebbero dannose finché non sia avvenuto il lento decadimento naturale del materiale [...]. Riserve o pozzi verrebbero contaminati, o il cibo avvelenato con effetti simili a quelli risultanti dall'inalazione [...]. Particelle più piccole di un micron si depositano più probabilmente negli alveoli, dove rimarrebbero indefinitamente o sarebbero assorbite nel sistema linfatico o nel sangue E...] potrebbero arrivare al tratto gastrointestinale dall'acqua, il cibo o l'aria contaminati 16. 16
Citato in Leuren Moret, «Depleted Uranium: the Troyan horse of nuclear war»,
World Affairs, luglio 2004: http://globalresearch.ca/articles/MOR407A.html, pp. 3-4.
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Sono molto favorevole all'uso di gas velenosi contro tribù incivili. L'effetto morale sarebbe buono... e spargerebbe un profondo terrore 17 . La storia dunque viene da lontano, ed è connaturata alla nascita stessa dell'era nucleare! Abbiamo citato la dichiarazione del governo a ustraliano sui test con proiettili al DU fin dagli anni '50. Sono però convinto che si debbano sollevare ulteriori dubbi, più di fondo, sul ricorso oggi ai proiettili a DU. In primo luogo nutro personalmente qualche riserva sul fatto che le massicce conseguenze che si stanno verificando possano attribuirsi unicamente al DU e alla sua radioattività: con questo non intendo in alcun modo sminuirne le conseguenze, ma ho qualche preoccupazione che dietro il pretesto, o il paravento, ufficiale del DU possano essere stati sperimentati anche nuovi tipi di armi nucleari segrete. Ad esempio, un paio di mesi prima dell'attacco all'Iraq del 2003 il Presidente George W. Bush dichiarò: «Stiamo lavorando all a realizzazione di nuove testate nucleari di piccola potenza», e sembra difficile pensare che una tale affermazione sia stata fatta, nel contesto della crisi irachena (in cui gli USA avevano dichiarato di non escludere l'eventuale ricorso ad armi nucleari), se tali armi nuove non fossero già state almeno testate: se questo fosse stato il caso, quale occasione migliore dell'attacco all'Iraq per sperimentarle sul campo? Questo dubbio potrebbe ovviamente venire sciolto con opportune indagini ambientali: ma qualsiasi intervento di questo tipo, o il prelevamento di campioni, sono sempre stati rigorosamente impediti. Che cosa c'è da nascondere? Ma anche al di là di questo, credo che ci si debba interrogare su quale possa essere stato il motivo dell'uso, e dell'abuso, dei proiettili al DU nell'attacco a nemici tutto sommato deboli, o già profondamente indeboliti, come l'esercito iracheno o i taleban. Sembra che anche Israele usi proiettili a DU contro i palestinesi: i quali hanno notoriamente poderosi carri armati e rifugi corazzati! Gli USA li hanno usati nell'attacco a Falluja. Sembra evidente che vi sia stato per lo meno un cinico abuso dell'uso di questi proiettili. Sicuramente fa comodo potere smaltire in questo modo almeno una parte delle 17
Ibidem. 237
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
ben 700.000 tonnellate di questo materiale immagazzinate nei soli Stati Uniti. Ma mi chiedo se la vera ragione del loro uso non sia stata in realtà un'altra. Gli Stati Uniti, come vedremo meglio, sono a ll a febbrile ricerca di nuovi tipi di armi nucleari, con lo scopo di cancellare la distinzione fondamentale tra armi nucleari e armi convenzionali, e di potere quindi combattere impunemente una guerra nucleare senza infrangere i trattati internazionali esistenti. È molto probabile allora che il ricorso così massiccio e pretestuoso al DU sia stato un ballon d'essai per verificare le eventuali reazioni della comunità internazionale all'introduzioni di nuove armi radioattive. Se è così, bisogna riconoscere purtroppo che l'esperimento è perfettamente riuscito: la comunità internazionale ha dato pienamente il «via libera», vista la mancanza di reazioni ufficiali. Solo la crescita di incisività e di consapevolezza dei movimenti può salvarci da sviluppi futuri assolutamente folli. Una vera guerra nucleare di bassa intensità in Iraq Che i quantitativi e le modalità di uso del DU in Iraq configurino, per i loro effetti sanitari ed ambientali, una vera guerra nucleare discende da una stima eseguita del collega Massimo Zucchetti, del Politecnico di Torino, che vogliamo riportare 18: La radioattività da DU sparsa in Iraq nella guerra del 2003 è notevolmente più alta che in ogni altro conflitto recente, tuttavia non è paragonabile a quella rilasciata da una bomba atomica. Tuttavia i suoi effetti, a livello di decine di migliaia di morti di tumore che dovremo attenderci nei prossimi anni, sono comparabili. [...] l'Uranio ha bassa radioattività specifica, mentre i prodotti di fissione rilasciati [dalla bomba di] Nagasaki avevano vita mediamente corta, e quindi radioattività specifica elevata [Appendice l.lg, h, i, nda] [...] [Da un sommario esame comparativo con Nagasaki] arriviamo a stimare che nei prossimi 50 anni in Iraq avremo, oltre a tutto il resto, almeno 70-150 mila morti in più dovuti al DU sparso nel 2003. Bisogna probabilmente abbassare un po' questa stima, perché la densità di popolazione intorno ai punti di rilascio è notevolmente più bassa [rispetto ad Hiroshima]. Bisogna rifare i conti,
Crollo del blocco sovietico ma se diciamo molte decine di migliaia di morti, non sbagliamo senz'altro. Quindi i due eventi (Nagasaki-1945 e Iraq-2003) sono confrontabili, almeno come ordine di grandezza, per il numero di morti «di origine atomica». A livello di tumori causati non c'è partita: vince l'Iraq-2003 di gran lunga.
Nel caso dell'Iraq (che prima delle devastazioni degli ultimi 14 anni era uno dei più avanzati del mondo arabo, è bene ricordarlo senza per questo divenire sostenitori di Saddam Hussein!) è emerso recentemente che il Registro Nazionale dei Tumori, attivo dal 1974 e informatizzato dal 2000, è stato preservato dalle devastazioni e mostra dati inequivocabili: incrementi di 5-7 volte dei tumori al cervello e colloidali, ancora maggiori per le leucemie, con nette correlazioni con le zone di guerra 19 6.8
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La conferenza di revisione del TNP del 2000: solenni impegni di disarmo nucleare
Il decennio si concluse con la conferenza di revisione del TNP. Non rimanevano allora che quattro paesi che non avevano firmato il TNP: Israele, India, Pakistan e Cuba. Nei cinque anni trascorsi dalla conferenza precedente erano accaduti alcuni fatti salienti e molto preoccupanti, che discuteremo nel prossimo capitolo: i test del 1998 avevano ufficializzato lo status di Stati nucleari dell'India e del Pakistan, mentre l'anno seguente il Senato degli Stati Uniti aveva bocciato la ratifica del CTBT. Gli impegni di disarmo nucleare assunti dagli Stati nucleari nella precedente conferenza del 1995 si erano rivelati le solite «promesse di marinaio»! Ma nella conferenza di revisione del 2000 si verificò un fatto nuovo: per la prima volta gli impegni in tal senso vennero precisati in 13 «passi concreti» (practical steps) per attuare gli obblighi di disarmo nucleare imposti dall'Art. vI del trattato: li riportiamo integralmente nell'Appendice 6.1. Tra questi, tutti di estrema importanza, vi erano
Massimo Zucchetti, messaggio circolato nella rete di Scienziate e Scienziati Contro la Guerra, aprile 2004, riportato con l'autorizzazione dell'autore: v. anche nota seguente.
19 M. Zucchetti e R. Chiarelli, «Effetti sanitari dell'uranio impoverito in Iraq», Poster presentato al Convegno «La Prevenzione Primaria dei Tumori di Origine Professionale ed Ambientale», Genova, novembre 2004: http://registri.istgelt/italiano/eventi/poster%20no25.htm.
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in modo esplicito «l'impegno inequivocabile degli Stati nucleari di realizzare la totale eliminazione dei loro arsenali nucleari», e «la conclusione il prima possibile di un trattato START-III, mantenendo e rafforzando il trattato ABM quale asse portante della stabilità strategica e base per ulteriori riduzioni delle armi offensive strategiche». I termini «impegno inequivocabile» (unequivocal undertaking) e «la totale eliminazione» erano stati fermamente voluti dai paesi della New Agenda Coalition (Brasile, Egitto, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Svezia e Sudafrica). Quanto alle ulteriori riduzioni degli arsenali, anche se non vi era stato nessun fatto nuovo concreto dopo la firma e la faticosa ratifica dello START-II, il Presidente Putin si era dichiarato pronto a ridurre il numero di testate strategiche a 1.0001.500 (in realtà, il progressivo deterioramento dell'arsenale di Mosca rendeva evidente che negli anni a venire sarebbe stato impossibile mantenere un numero superiore di testate efficienti), a cui però Washington aveva replicato che era disposta a discutere solo riduzioni fino a 2500: una risposta i cui motivi non erano facili da capire, e che appariva in stridente contraddizione con gli impegni di totale eliminazione delle armi nucleari (anche perché queste proposte riguardavano solo le testate schierate e operative, e non tenevano conto né di quelle immagazzinate o smontate, ma disponibili per venire riattivate, né de ll e testate tattiche, Par. 7.9). Non meno stridente era la contraddizione tra il progetto degli USA di schierare una Difesa Nazionale Antimissile e l'impegno a «mantenere e rafforzare» il trattato ABM, per quanto Washington si sforzasse di convincere i russi che questa difesa non era rivolta contro di loro, ma contro «Stati preoccupanti» (states of concern, il nuovo nome dato a quelli che erano stati definiti come rogue states). Vedremo i successivi sviluppi nel prossimo capitolo.
Decisione del 1995 su «Principi e Obiettivi per la Non-Proliferazione e il Disarmo Nucleari». 1. L'importanza e l'urgenza della firma e della ratifica, senza ritardi e senza condizioni e secondo i processi costituzionali, per raggiungere l'entrata in vigore il prima possibile del Comprehensive Test Ban Treaty 20 2. Una moratoria sui test nucleari o qualsiasi altra esplosione nucleare in attesa dell'entrata in vigore del Trattato 21 . 3. La necessità di negoziati nella Conferenza sul Disarmo su un trattato non discriminatorio, multilaterale e verificabile internazionalmente ed effettivamente, che bandisca la produzione di materiale fissile per armi nucleari o altri dispositivi nucleari esplosivi in accordo con la dichiarazione del Coordinatore Speciale nel 1995 e il mandato in essa contenuto, tenendo in considerazione gli obiettivi sia di disarmo nucleare sia di non-proliferazione nucleare. Si sollecita la Conferenza sul Disarmo a concordare un programma di lavoro che includa l'immediato avvio di negoziati su questo trattato con l'obiettivo di concluderli entro cinque anni. 4. La necessità di istituire nella Conferenza sul Disarmo un apposito gruppo sussidiario con un mandato di trattare il disarmo nucleare. Si sollecita la Conferenza sul Disarmo a concordare un programma di lavoro che includa l'immediata istituzione di tale gruppo. 5. Il principio di irreversibilità da applicare al disarmo nucleare, e ad altre misure di controllo e di riduzione delle armi nucleari e di altre collegate. 6. Un impegno inequivocabile degli Stati nucleari a realizzare l'eliminazione totale dei loro arsenali nucleari che porti al disarmo nucleare, a cui tutti gli Stati membri sono tenuti per l'Art. VI. 7. L'entrata in vigore il prima possibile e la piena attuazione dello START II e la conclusione il più presto possibile dello START 11122 , mantenendo e rafforzando il Trattato sulla Limitazione dei Sistemi Anti-Missili Balistici (ABM)23 come pilastro della stabilità strategica e come base per ulteriori riduzioni delle armi strategiche offensive, in accordo con le sue clausole. 8. Il completamento e l'attuazione dell'Iniziativa Trilaterale tra gli Stati Uniti d'America, la Federazione Russa e l'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (AIEA). 9. Passi di tutti gli Stati nucleari che portino al disarmo nucleare in modo .
Appendice 6.1 TREDICI PASSI PRATICI PER ADEMPIERE AGLI IMPEGNI DELL'ARTICOLO VI DEL TNP: ADOTTATI DAGLI STATI MEMBRI NEL DOCUMENTO FINALE DELLA CONFERENZA DI REVISIONE DEL 2000
La Conferenza conviene sui seguenti passi pratici per gli sforzi sistematici e progressivi per adempiere l'Art. VI del TNP e i paragrafi 3 e 4 (c) della
La cui ratifica era stata bocciata dal Senato degli Stati Uniti nel 1999, Par. 6.8. In realtà il CTBT non è mai entrato in vigore. 22 Lo START II è definitamente decaduto, mentre non sono mai stati conclusi negoziati per uno START III. 23 Il trattato ABM è stato rescisso unilateralmente da Washington nel 2001, Par. 7.10.
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Dopo il crollo dell'URSS: morte o resurrezione della proliferazione? da promuovere la stabilità internazionale, e basato sul principio del non abbassamento della sicurezza per tutti: —ulteriori sforzi degli Stati nucleari di riduzione unilaterale dei loro arsenali nucleari; —crescente trasparenza degli Stati nucleari sulle capacità nucleari e il rispetto degli accordi secondo l'Art. vi, e come misure volontarie che aumentino la fiducia per sostenere ulteriori progressi nel disarmo nucleare; —l'ulteriore riduzione delle armi nucleari non-strategiche 24, basata su iniziative unilaterali e come parte integrante della riduzione delle armi nucleari e del processo di disarmo; —misure concrete concordate per abbassare ulteriormente lo stato operativo dei sistemi di armi nucleari25 ; —una crescente diminuzione del ruolo delle armi nucleari nelle politiche di sicurezza per minimizzare il rischio che queste armi siano usate e per facilitare il processo della loro totale eliminazione; — l'impegno appena sia appropriato di tutti gli Stati nucleari nel processo che conduca alla totale eliminazione delle loro armi nucleari. 10. Accordi tra tutti gli Stati nucleari per porre, appena sia possibile, il materiale fissile che ciascuno di essi considera non più necessario per scopi militari sotto il controllo de ll a ALEA o di altre verifiche internazionali e accordi per la disponibilità di tale materiale per scopi pacifici, per assicurare che questo materiale rimanga permanentemente al di fuori di programmi militari. 11. Conferma che l'obiettivo finale degli sforzi degli Stati nel processo di disarmo è il disarmo generale e completo sotto efficace controllo internazionale. 12. Rapporti regolari, nel contesto del processo di revisione rafforzato del TNP, da parte di tutti gli Stati membri sull'attuazione dell'Art. VI e del paragrafo 4 (c) de ll a Decisione del 1995 su «Principi ed Obiettivi per il Disarmo e la Non-Proliferazione Nucleari», e con riferimento all'opinione della Corte Internazionale di Giustizia dell'8 luglio 1996 26. 13. L'ulteriore sviluppo delle capacità di verifica che saranno necessarie per fornire l'assicurazione del rispetto degli accordi di disarmo nucleare per realizzare e conservare un mondo libero da armi nucleari.
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Che non rientrano nei trattati Cfr. Par. 6.6. Cfr. Par. 6.5.
START,
Capitolo settimo IL VENTO CAMBIA (ARMI NUCLEARI PER SEMPRE)
Purtroppo, nella seconda metà degli anni '90 i segnali negativi che si erano manifestati negli anni precedenti dimostrarono chiaramente di non essere affatto i residui di un passato che stentava a morire, ma piuttosto i segnali di una netta inversione di tendenza, i prodromi di qualcosa di nuovo che diveniva sempre più allarmante e spaventoso. La svolta operata dagli Stati Uniti evidenziò le nuove smanie di dominio mondiale unipolare, gli interessi del complesso militareindustriale, le difficoltà dell'economia statunitense, le paranoie terroristiche, la strategia dell'attacco preventivo e il fondamentalismo ideologico: e innescò inevitabilmente processi globali di emulazione e di reazione. Che una svolta nella politica di Washington ci sia stata sembra un parere largamente condiviso, mentre le valutazioni sulla sua collocazione e le sue motivazioni non convergono totalmente. Vi è chi pensa che: «Non l' 11 settembre, ma il crollo dell'uRss e del campo socialista rappresenta la vera cesura storica da cui ha avuto origine la strategia USA per gli anni '90 e per un `nuovo secolo americano'» 1 . E chi registra piuttosto negli USA dopo il crollo dell'uRss «un senso di incertezza e quasi di sbandamento», e «alla metà degli anni '90 si comincia ad assistere a una svolta, alla quale contribuisce sicuramente la confusione, sia mentale sia operativa, dell'Europa occidentale di fronte al rapido deterioramento della crisi nella ex Ju-
Par. 7.9. t Alexander Höbel, «L'evoluzione della strategia dell'imperialismo 2003)», Giano, n. 47, settembre 2004, pp. 73-86.
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goslavia. Ma che ha innanzi tutto alla sua origine un dato di politica interna: vale a dire il netto mutamento di posizione da parte della destra del partito repubblicano. [...] Nel frattempo una parte notevole del centro del partito democratico ha cominciato a manifestare una chiara disponibilità a condividere un simile orientamento» 2 . Una delle caratteristiche di questa svolta è stata la riconferma del ruolo centrale delle armi nucleari per i decenni a venire (potenzialmente per sempre) e la ricerca frenetica di armi nucleari di nuovo tipo, con l'apertura di nuove e allarmanti frontiere della proliferazione nucleare, che ci conduce «verso un'epoca in cui le armi nucleari e quelle convenzionali [...] saranno considerate alla stessa stregua» 3 . In Italia vige su questi ultimi aspetti la più assoluta congiura del silenzio da parte dei pennivendoli nostrani, i quali hanno lasciato nell'opinione pubblica l'idea superficiale che gli armamenti nucleari ormai non costituiscono più una preoccupazione, e hanno totalmente coperto, nel modo più subalterno e servile, la massiccia ripresa dei programmi nucleari militari statunitensi e la revisione della dottrina nucleare, che contempla la possibilità del ricorso alle armi nucleari anche contro paesi non-nucleari. Questo atteggiamento nel nostro paese è tanto più colpevole in quanto molte delle informazioni che forniremo non provengono affatto da fonti o documenti riservati, ma sono reperibili con una certa facilità. Va ribadito infatti che la migliore stampa statunitense, come The New York Times o The Washington Post, per non parlare del più impegnato settimanale The Nation o del Bulletin of the Atomic Scientists (ma forse è pretendere troppo dai nostri giornalastri), tratta comunemente di questi problemi (e si possono leggere in Internet) a opera di giornalisti competenti e aggiornati nel settore: il problema è che questi giornali negli USA non fanno opinione, poiché sono letti da percentuali trascurabili della popolazione, che comunica comunemente con il mondo esterno attraverso canali televisivi di infima qualità. Vediamo dunque come è cambiato il vento in modo inequivocabile verso la fine del decennio passato, riservando un'analisi più dettagliata degli specifici programmi di riarmo delle potenze nucleari al
prossimo capitolo e delle nuove tendenze della proliferazione all'ultimo capitolo. Oggi siamo in un clima di piena, e forse parossistica, proliferazione nucleare: ma di tipo nuovo rispetto ai decenni passati. Del resto, come potrebbe non essere così, quando la strategia dell'impero è la guerra preventiva e permanente, volta in primo luogo a sostenere il sistema militare industriale degli Stati Uniti e tutta la sua economia traballante? 7.1 — La nuova corsa agli armamenti degli Stati Uniti e la ricerca di armi nucleari nuove
La guerra permanente Dopo la vittoria nella Guerra Fredda gli Stati Uniti non hanno affatto pensato di abbassare il livello della militarizzazione, e tantomeno di abbandonare le armi nucleari, né alcun altro tipo di armi di distruzione di massa. Con la fine della Guerra Fredda — la guerra perfetta -l'élite americana del potere era rimasta orfana del suo perfetto nemico, la cui esistenza aveva giustificato, per mezzo secolo, le spese militari, generatrici di utili, del sistema Pentagono: come nel 1945, un nuovo nemico o nuovi nemici servivano urgentemente. Una vera smilitarizzazione dell'economia americana non avrebbe solo ostruito definitivamente la fonte degli utili, avrebbe anche messo il paese di fronte al problema chiave del sistema capitalista: l'insufficiente domanda economica 4 .
A questo si aggiunge oggi il problema del progressivo ma inesorabile aggravarsi di una crisi delle risorse a livello mondiale 5 , per cui
Antonio Gambino, «La `dottrina' statunitense: una guerra perpetua contro i `non schiavi'», Giano, n. 47, settembre 2004, pp. 87-92. 3 Giulietto Chiesa, La Guerra Infinita, Feltrinelli, Milano, pp. 64-65.
Jacques R. Pauwels, Il Mito della Guerra Buona, cit., pp. 221-222. La crisi incipiente più immediata (ma non certo la sola) riguarda il petrolio e il gas naturale, di cui stiamo assistendo all'allarmante lievitazione dei prezzi. Si sta facendo strada un punto di vista, in realtà proposto da molto tempo ma trascurato nelle analisi ufficiali, chiamato del «Picco del Petrolio», secondo il quale il ritmo dell a capacità estrattiva (barili all'anno) sta raggiungendo il massimo entro il presente decennio, dopodiché incomincerà inesorabilmente a declinare, e potrebbe ridursi quasi alla metà verso la metà del secolo: questo rende evidente anche la difficoltà ad arginare gli attuali aumenti del prezzo con consistenti aumenti della produzione. Per questa analisi si rimanda a molti siti Internet (www.peakoil.net ;
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si scatena una lotta «preventiva» senza esclusione di colpi per il controllo su di esse e sulle aree e i corridoi strategici (anche con la funzione non secondaria di isolare e arginare la prepotente crescita della Cina).
stipulato un accordo riservato di scambio dei dati), per raccogliere ulteriori dati sulle esplosioni nucleari ai fini delle simulazioni al computer, e forse anche per sperimentare una nuova testata di potenza v ariabile. Gli USA hanno avviato faraonici programmi per facilitare la progettazione e la verifica di nuove armi nucleari, aggirando le limitazioni imposte dal CTBT (che ad ogni buon conto essi, nel 1999, non hanno ratificato, e che contano ormai di non ratificare mai): questi programmi costituiscono una patente violazione del TNP e degli impegni di disarmo nucleare. Bisogna sottolineare anche che i programmi che emergono dai dibattiti del Congresso sono solo la punta dell'iceberg. Il Congresso infatti non ha dibattuto il 99% dei programmi nucleari$! Tra questi vi sono quisquilie come: la dimensione e la composizione dell'arsenale nucleare, la pianificazione delle sostituzioni e dei miglioramenti dei sistemi di lancio, tutte le questioni di dottrina nucleare e di puntamento, le trasformazioni del comando e controllo nucleare per la rapida pianificazione ed esecuzione di attacchi nucleari, modifiche delle testate esistenti per dotarle di nuove caratteristiche, altre infrastrutture sperimentali e di calcolo, con costi per tutto il ciclo di vita dell'ordine di 100 miliardi di dollari, e last but not least (noi diremmo, la ciliegina sulla torta) neppure «qualsiasi approccio alla non-proliferazione e alla sicurezza nucleare che rispetti anche vagamente gli obblighi degli Stati Uniti per l'Art. vi del TNP»9 ! L'amministrazione e il Pentagono hanno dunque mano libera sulle questioni di fondo che riguardano le armi nucleari.
Bilanci militari vertiginosi Così gli Stati Uniti hanno lanciato nella seconda metà degli anni '90 una parossistica corsa agli armamenti. Impressionano non solo le cifre da capogiro dei bilanci militari del Pentagono, ma anche la loro vertiginosa progressione, dai 250 mld $ (miliardi di dollari) del 1999, a 379 mld $ del 2002, agli oltre 400 mld $ dei 2004: una somma che sfiora la metà della spesa militare di tutto il pianeta (che nel 2003 ha raggiunto la folle cifra di circa 956 mld $, con un aumento dell'11% rispetto al 2003) 6 , superiore alla spesa combinata delle 14 successive poténze militari; poco meno del Pil dell'India, o del Brasile, un terzo del Pil dell'Italia! Il bilancio militare dell'intera UE è di circa 140 mld $). Un budget che, per di più, non comprende tutte le spese connesse con il militare, né le spese folli per la guerra in Iraq. Sembra che per l'anno fiscale 2005 Washington si proponga di porre un freno a questa crescita. In questo astronomico, e continuamente crescente, bilancio sono aumentate le spese per nuove armi, convenzionali e nucleari. In particolare Washington sta compiendo uno sforzo senza precedenti per realizzare testate nucleari di nuova concezione. Abbiamo ricordato che gli ultimi contestati test nucleari eseguiti nel 1995 da Chirac furono eseguiti anche per conto degli Stati Uniti? (con cui Parigi aveva http://dieoff. org/; in italiano www.aspoitalia.net , con un'introduzione di U. Bardi, Un'introduzione alla teoria di Hubbert nella produzione di petrolio e di combustibili fossili), o ad articoli quali: Alberto Di Fazio, «Questioni strategico -militari, negoziati UN e problema energetico», in M. Zucchetti (a cura di), Contro le Nuove Guerre, Odradek, Roma 2000, pp. 151-200; C.J. Campbell e J.H. Laherrére, «La fine del petrolio a buon mercato», Le Scienze, n. 357, 1998, pp. 78-84; M. Paolini, Breve Storia dell'Impero del Petrolio, Manifestolibri, 2003; A. Baracca, «Fine del petrolio a basso costo: quale paradigma della crescita ?», Il Ponte, Anno Lx, n. 9, set-
Super-computers e simulazione delle esplosioni nucleari Menzioniamo in primo luogo un mega-progetto promosso verso la metà degli anni '90 per effettuare la simulazione dei test nucleari sviluppando super-computers enormemente più potenti e veloci di quelli attuali, coadiuvato dalle università con lo sviluppo di modelli appropriati e l'esecuzione di esperimenti di appoggio parziali (v. s
tembre 2004, pp. 67-81. 6 E. Sköns, C. Perdomo, S. Perlo-Freedman e P. Stâlenheim, «Military expenditure», SIPRI Yearbook 2004: Armaments, Disarmament and Intenational Security, Oxford University Press, 2004, Cap. 10. 7 Dominique Lorentz, op. cit., pp. 567-568.
Greg Mello, «U.s. nuclear warhead research and production: with no real debate, diminishing prospects of control», INESAP Information Bulletin, n. 23 (aprile 2004), p. 4: i dati concreti di questo sottoparagrafo sono tratti soprattutto da questo documentato rapporto, al quale rimandiamo per molti dettagli e commenti. 9 Greg Mello, cit., p. 5.
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oltre). Il progetto prevedeva un costo totale di 67 mld S (miliardi di dollari) in 15 anni (quasi il triplo del «Progetto Manhattan», o del «Progetto Apollo» per inviare l'uomo sulla Luna!): la corrispondente 4,5 mld $ supera la spesa annua media di 3,7 mld $ deglispeanudi anni della Guerra Fredda10 : ma in realtà «gli USA stanno spendendo 6 mld $ all'anno per mantenere in funzione e ammodernare il loro complesso di armi nucleari, compresi gli impianti di ricerca e produzione di armi nucleari nuove e più avanzate»11 , quasi il doppio della spesa media della Guerra Fredda! Un laboratorio governativo ha rivelato i
particolari del più potente super-computer del mondo, battezzato ASCI White l2 (Accelerated Strategic Computation Initiative), realizzato nel 2003 da11'iBM, che pesa come 17 grossi elefanti, assorbe per il raffreddamento quanto 765 abitazioni, ed esegue in un secondo 12,3 trilioni di operazioni, che a un computer richiedono 10 milioni di anni: la simulazione di un'esplosione nucleare, prevista per il 2005, richiede l'esecuzione di 100 trilioni di operazioni al secondo. Bisogna chiedersi: a che cosa servono programmi di tale impegno e portata? La giustificazione ufficiale è che essi servono per verificare e mantenere l'efficienza delle testate dell'arsenale nucleare strategico (v. oltre), ma è evidente che per questo sarebbe necessario molto meno. Infatti: Nei vent'anni passati i due laboratori di progettazione delle armi, Livermore e Los Alamos (v. Scheda 2.1), sono stati capaci di predire la potenza dei test nucleari con notevole precisione (il valore preciso è classified), e di misurare quelle potenze con mezzi radiochimichi con una precisione vicina al 5% (questo numero è basato su un'analisi statistica di 170 test nucleari eseguiti tra il 1975 e il 1986, un periodo durante il quale la precisione de ll a predizione rimase sostanzialmente immutata). Sebbene questa precisione non si applichi ai primi test di armi di nuova concezione (che occasionalmente non hanno funzionato), essa si applica alle testate ben sperimentate e certificate nell'arsenale attuale. Pertanto, l'abilità dei progettisti di armi, i dati di ingresso, i computer e i programmi bi-dimensionali per i computer che sono esistiti per molti anni 10 Si veda il dettagliato articolo di Christopher E. Paine, Scientific American, settembre 1999; John Barry, Newsweek, 20 agosto 2001.
11 Missiles and Empire: America's 21'1 Century Global Legions, Western States Legal Foundation, Information Bulletin, Fall 2003, p. 13. 12 Reuters, 16 agosto 2001. 248
[i nuovi supercomputers renderanno possibili programmi tri-dimensionali, nda], unitamente ai test sperimentali di sicurezza di un singolo punto, sono stati sufficienti per assicurare un arsenale di armi nucleari sicuro ed affidabile 13 .
Appare dunque chiaro che lo scopo primario di questi progetti è fornire nuovi strumenti per progettare armi nucleari di nuova condi cezione sotto il regime di sospensione dei test nucleari. Impianto di confinamento inerziale (National Ignition Facility) Un secondo progetto prevede la realizzazione della National Ignition Facility (NIF), una struttura per la fusione nucleare per confinamento inerziale in cui 192 laser dovrebbero provocare la fusione di una sferetta (pellet) di deuterio e trizio (DT), simulando le condizioni fisiche di un'esplosione termonucleare 14 . Nella NIF il meccanismo dell'ignizione della fusione nucleare di un pellet è indiretto (in qualche modo simile a quello di un secondo stadio di una bomba termonucleare, ma senza il primo stadio a fissione, v. Appendice 7.1): il pellet si trova al centro di una cavità (hohlraum, termine derivato dal tedesco), i raggi laser riscaldano le pareti interne de ll a cavità, le quali generano così raggi X i quali investono il pellet da tutti i lati, provocandone l'implosione e il riscaldamento a cento milioni di gradi, e quindi l'innesco della fusione del DT. Sulla NIF e le tecniche di fusione nucleare per confinamento inerziale, e le loro implicazioni militari, ritorneremo in maggiore dettaglio nel Cap. 9, dove potremo valutare la piena portata di questo insieme di progetti. Lo stockpile «stewardship» program Le attività della Jason Division (Par. 3.7) sono divenute più visibili dopo il crollo dell'uRss, quando essa ha sviluppato una serie di proposte volte a conservare in stato efficiente l'arsenale nucleare strategico degli Stati Uniti in presenza del trattato CTBT di messa al bando t3
Ray E. Kidder, «Problems with the stockpile stewardship», Nature, Vol. 386, 17
aprile 1997, p. 646. 14 Informazioni aggiornate sulla realizzazione del progetto, sulle prove e gli esperimenti che vengono eseguiti si trovano nel sito: http://www.11nl.gov/nif/project/
news.
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dei test nucleari. I test venivano infatti utilizzati anche per verificare lo stato operativo delle testate con il passare del tempo e studiare il deterioramento dei loro componenti. I principali processi di invecchiamento e deterioramento delle testate riguardano i difetti e le impurità che si generano nel nucleo di plutonio (pit) a causa dei decadimenti radioattivi, la degradazione dell'alto esplosivo che potrebbe causare distorsioni nell'implosione del primario di una testata termonucleare (v. Appendice 7.1), la degradazione fisica dei materiali o dei componenti della testata, quali la corrosione delle superfici, delle giunture e delle saldature (una testata nucleare può contenere più di 6.000 parti). La Divisione Jason ha preparato una serie di rapporti tecnici sui molteplici aspetti del problema 15 , che hanno contribuito a configurare un programma di mantenimento dell'arsenale nucleare, lo stockpile «stewardship» program. Anche i progetti discussi in precedenza fanno parte nominalmente di questo programma di verifica e mantenimento dell'arsenale nucleare. Vi è però chi contesta autorevolmente la reale natura del programma e i suoi scopi. Alcuni componenti della Divisione Jason ammettono che questo programma genererà una comprensione più profonda basata scientificamente sui processi che avvengono durante un'esplosione nucleare; questo servirà come un'appropriata sostituzione dei test nucleari sotterranei E...]. Gli esperimenti continueranno sui molti componenti non nucleari dei sistemi de ll e testate nucleari 16
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Cina, per esempio, potrebbero concludere che lo scopo di queste strutture è di fornire una maggiore capacità che essi non potrebbero riprodurre per progettare armi nucleari nuove più sofisticate, e opporsi a queste strutture su queste basi. Questo problema è aggravato dal fatto che il Dipartimento dell'Energia non esclude la possibilità di usare queste maggiori capacità per progettare armi nucleari «di nuova concezione» (new-design) t7 . Test nucleari sub- critici
In questo contesto, dopo una controversia dovuta all'annuncio del Department of Energy di una serie di esperimenti con plutonio innescati da alto esplosivo, nel 1997 la Divisione Jason propose l'esecuzione di test nucleari «sub-critici», che aggirano i divieti posti dal CTBT. Non solo gli Stati Uniti, ma anche la Francia, la Russia, la Cina, eseguono test di questo tipo. Vi ritorneremo nei Parr. 7.14 e 7.15. Ricerca di armi nucleari di tipo nuovo In questo contesto Washington sta seguendo tutte le strade possibili per realizzare armi nucleari di nuova concezione: questo è uno dei punti di fondo di questo saggio; vi ritorneremo nel Par. 7.12 e nel Cap. 9. Riattivazione del poligono di test nucleari del Nevada
Ma un altro esperto, su una non meno autorevole rivista, ammette che i costi complessivi e alcune parti del programma sono criticabili e possono generare preoccupazioni per quanto riguarda il controllo degli armamenti: ... le nuove strutture sperimentali che non sono chiaramente necessarie per quello scopo limitato, e non possono essere giustificate come componenti necessarie di un programma a lunga scadenza che non sia legato agli armamenti (non weapons programme), potrebbero avere un effetto negativo sui negoziati per il controllo degli armamenti. La Russia o la -
Che intenzioni ha Washington dopo avere bocciato la ratifica del CTBT? Per il momento gli sviluppi delle armi nucleari vengono condotti senza la necessità di test, utilizzando i programmi di simulazione ed esperimenti di componenti nei laboratori: ma gli USA non intendono certo precludersi nessuna via, e in ogni caso si preparano per l'eventualità di riprendere i test. I bilanci degli anni fiscali 2004 e 2005 comprendono infatti complessivamente più di 50 milioni di dollari per rendere il poligono dei test nucleari sotterranei del
15 V. ad esempio Sidney Drell, Raymond Jeanloz, Bob Peurifoy, «Maintaining a nuclear deterrent under the test ban treaty», Science, Vol. 283, 19 febbraio 1999, pp. 1119-1120, nota 5. 16 Ivi, p. 1119 e nota 4.
17 Ray E. Kidder, «Problems with the stockpile stewardship», cit., p. 646. Si può vedere anche: Faustian Bargain 2000: Why the Stockpile Stewardship is Fundamentally Incompatible with the Process of Nuclear Disarmament, Western States Legal Foundation 2000, http://www.wslweb.org/doclib.htm.
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Nevada pronto per eseguire un test entro 18 mesi dall'eventuale decisione (la richiesta iniziale dell'amministrazione era di 24 mesi di preavviso, quindi il Congresso ha avuto un eccesso di zelo). Il punto è che le attuali linee di ricerca di nuove armi nucleari possono procedere con le nuove tecniche e i nuovi esperimenti senza bisogno di test nucleari completi, ma è presumibile che l'effettiva realizzazione di una nuova arma necessiti prima o poi di test nucleari.
che configurano un colossale quanto megalomane sistema offensivo
(Par. 7.11 e Cap. 8, nel quale tratteremo anche altri progetti militari). Insomma, il fervore delle attività nucleari contraddice platealmente i processi di riduzione degli arsenali e gli impegni di disarmo ribaditi nella Conferenza di Revisione del TNP del 2000. Questi programmi inducono un'emulazione (o collaborazione) dei paesi alleati — Francia, Gran Bretagna, Israele — e una reazione analoga da parte degli avversari, reali o potenziali — Cina, Russia e tutti gli altri.
Nuova fabbrica di pits (nuclei) di plutonio per le testate Il primario di tutte le testate statunitensi contiene un pit fissile di plutonio (Appendice 7.1), la cui lavorazione e geometria devono essere estremamente precise: questi pits rimangono stabili per almeno 4560 anni18 (a meno che non si surriscaldino). A partire del 2025 vi sarà un numero crescente di pits schierati che supererà i 45 anni di età. Attualmente i pits per le testate vengono fabbricati in una struttura del Los Alamos National Laboratory, che ha una capacità di... appena 50 pits all'anno, che si ritiene inadeguata per le esigenze future dell'arsenale nucleare. La costruzione di una nuova fabbrica, che è appunto in discussione, richiederà almeno una decina d'anni: la Modern Pit Facility, dovrebbe avere una capacità di 250-450 pits all'anno. Programmi missilistici Fervono anche le ricerche per potenziare i mezzi missilistici e spaziali 19: un nuovo ICBM per sostituire i Minuteman III esistenti, un nuovo missile balistico a medio raggio per i sommergibili, veicoli di rientro manovrabili. La difesa antimissile e la militarizzazione dello spazio A questi, e altri, progetti legati direttamente alle armi nucleari, si sommano la realizzazione dello «scudo antimissile» e i programmi missilistici e di militarizzazione e dominio a tutto campo dello spazio, Raymond Jeanloz, «Stockpile stewardship», Physics Today, dicembre 2000,
7.2 — Le guerre della NATO nei Balcani e la mutazione
genetica dell'Alleanza
Altri foschi segnali si accumulavano sulla scena mondiale. La NATO sembrava un altro residuo della Guerra Fredda: che ci stava a fare visto che non esisteva più il Patto di Varsavia da cui doveva difendere i paesi occidentali? È avvenuto invece l'esatto contrario, con la trasformazione e l'allargamento dei compiti dell'alleanza e il suo coinvolgimento diretto in interventi militari fuori area, che non avevano nessuna giustificazione difensiva. Si è trattato di una svolta epocale, manovrata dagli Stati Uniti e resistibilmente subita dai paesi europei e sottratta a qualsiasi approvazione da parte dei parlamenti nazionali, e tanto meno dei cittadini dei paesi aderenti. Non è questa la sede per commentare il significato politico e le implicazioni di questa svolta. Ma è almeno il caso di sottolineare come essa sia stata una mossa di Washington per rafforzare la subalternità dell'Europa alla propria strategia aggressiva e indebolire il processo di integrazione europea 2Ò, con la complicità diretta del governo inglese, che era sempre stato storicamente renitente al rafforzamento di un blocco geopolitico europeo e continuava a vedere il proprio destino legato alla politica di potenza nordamericana. Quello che più meraviglia, semmai, è la miopia delle classi politiche ed economiche europee. La quale aveva d'altronde tutta una serie di prece-
19 Andréw Lichterman, «More weapons, less disarmament: U.S. missile programs and proliferation», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 8 10.
Si vedano ad esempio: Bernard Lassen, «Un'Europa sempre meno europea», e Gilbert Achcar, «La NATO alla conquista dell'Est», Le Monde Diplomatique — Il Manifesto, gennaio 2003; Thomas Schreiber, «Il sogno americano della N uova Europa'», Le Monde Diplomatique — Il Manifesto, maggio 2004, p. 12.
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denti storici che, con l'incapacità fin dai primi passi di sviluppare un processo di vera integrazione politica e sociale europea, avevano segnato il resistibile declino dell'Europa nel secondo dopoguerra, incrinando la possibilità di costruire un forte blocco geopolitico capace di contrapporsi allo strapotere nordamericano attraverso la promozione di una politica mondiale di pace e di cooperazione. Ma l'opera di disgregazione politica della ex-Jugoslavia (come l'intervento della Germania nella secessione slovena; ma l'Italia non è stata da meno con l'Albania, ancorché con la solita cialtroneria) e la sua successiva distruzione materiale con l'intervento militare sembrava veramente il colmo del masochismo, dato che andava a colpire proprio quella che si presentava come l'area di naturale influenza politica e di espansione economica. Per non parlare, ancora, del capolavoro dell'Italia, che andava a bombardare direttamente la Zastava e la Telekom-Serbia, che erano (intelligenti) partecipazioni economiche dirette: di questo atto di estremo servilismo avevano bisogno i DS per avere la benedizione del potente alleato americano al proprio effimero governo? Del resto la miopia dell'Europa si è ripetuta, anche se fortunatamente senza azioni militari, verso i paesi dell'Europa dell'Est, favorendone la disgregazione e il degrado prima di procedere all'allargamento, trovandosi così una zavorra utilizzabile al più come bacino di mano d'opera a basso costo: anche in questo caso è chiaro come hanno giocato le pressioni di Washington, in funzione di un indebolimento europeo, grazie alla sua influenza sui quei paesi. Ben diversa sarebbe stata un'azione dell'Unione Europea che avesse cercato di estendere l'influenza a Est salvaguardando il valore economico dell'area e valorizzando le sue risorse. Non avevano forse fatto proprio questo, mutatis mutandis, gli Stati Uniti dopo la guerra con il «Piano Marshall» volto alla ricostruzione e al mantenimento dell'Europa occidentale nel blocco e nel mercato statunitensi, e in contrapposizione al blocco sovietico? Ci sono oggi molte polemiche sulla nuova Costituzione dell'Unione Europea: et pour cause! Ma, al di là della sacrosanta critica (tra le tante) per la mancata inclusione del ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali, sembra che nessuno si sia preoccupato di osservare che la semplice appartenenza di paesi europei alla NATO e il vincolo dei suoi meccanismi (sottratti appunto anche ai parlamenti nazionali e integrati da patti segre254
si collocano al di sopra di qualsiasi norma costituzionale, sono la negazione di un'unione politica europea! ti)
7.3 — Si aggravano l'ambiguità e la complicità nucleari della NATO La mutazione genetica de ll a NATO veniva sancita, a posteriori e con un'operazione assolutamente verticistica, nel Summit di Washington del 1999, in cui venne enunciato il «Nuovo Concetto Strategico», che faceva ufficialmente dell'Alleanza uno strumento con compiti che andavano ben oltre quelli puramente difensivi stipulati nel trattato istitutivo, e ben oltre i confini dei paesi aderenti: la NATO diveniva infatti uno strumento per difendere (o meglio per affermare, visto che nessun paese la minaccia) militarmente gli interessi dei paesi aderenti in qualsiasi parte del mondo essi venissero messi in discussione. Vi sono più aspetti del «Nuovo Concetto Strategico» e del nuovo assetto della NATO che riguardano specificamente il problema della proliferazione e della strategia nucleari (li abbiamo estratti nell'Appendice 7.2): al cosiddetto nuclear sharing si aggiunge infatti la nuova dottrina nucleare, costituendo una patente violazione della lettera e dello spirito del TNP21 . In primo luogo, infatti, 16 dei 19 stati membri della NATO aderiscono al TNP come «Stati non-nucleari», ma partecipano alla capacità nucleare dell'Alleanza (nuclear sharing), e 480 bombe nucleari nordamericane a caduta sono schierate nelle basi militari di 6 paesi europei della NATO (di cui circa 90 in Italia, il triplo di quanto si valutava fino a poco tempo fa, v. Scheda 7.1) e utilizzatili dai bombardieri a doppia capacità (nucleare e convenzionale) delle loro forze aeree; mentre le flotte nucleari britannica e francese «contribuiscono alla deterrenza e alla sicurezza degli Alleati». Le considerazioni the seguono sono tratte specialmente da: Martin Butcher, Otfried Nassauer, Tanya Padberg and Dan Plesch, Questions of command and control, NATO, Nuclear Sharing and the NPT, Research Report 2000-1 published by the Project on European Nuclear Non-Proliferation (PENN), British American Security Information Council (BASIC), Berlin Information-centre for Transatlantic Security (BITS, e-mail: [email protected]), ISBN: 3 933111 04 8; e da Karel Koster, «NATO nuclear doctrine and the NPT: a dangerous contradiction», INESAP Information Bulletin, n. 23 (aprile 2004), «(Non-)Proliferation in Review», p. 19. 21
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Questo viola apertamente gli articoli I e ii del TNP (Appendice 4.1), che vietano espressamente il trasferimento di armi o esplosivi nucleari da Stati nucleari a Stati non-nucleari. Occorre precisare che documenti de-classificati hanno rivelato che nei decenni passati gli USA introdussero armi nucleari senza informare i paesi ospitanti (tra l'altro in Giappone, la cui costituzione lo vieta esplicitamente!). Ma la violazione del trattato diviene ancor più eclatante laddove il «Nuovo Concetto Strategico» afferma apertamente il «ruolo essenziale» giocato dalle «forze nucleari degli Alleati»: un documento riservato del 2000 prevede la possibilità dell'uso di armi nucleari contro Stati dotati di armi chimiche o biologiche, anche aderenti al TNP, in aperta violazione della «Garanzia di Sicurezza Negativa» (Par. 6.2). Il «Nuovo Concetto Strategico» da un lato ribadisce che: «Tutti gli alleati aderiscono ai trattati fondamentali relativi al disarmo e a ll a non-proliferazione di armi di distruzione di massa, il TNP, le Convenzioni sulle Armi Biologiche e Chimiche, e sono impegnati a ll a piena realizzazione di questi trattati»; ma dall'altro afferma che: «Per proteggere la pace e prevenire la guerra o qualsiasi tipo di coercizione, l'Alleanza manterrà per il prevedibile futuro un mix appropriato di forze nucleari e convenzionali basate in Europa» (per un'analisi più dettagliata v. l'Appendice 7.2). La dottrina nucleare dell'Alleanza si adegua chiaramente alla dottrina statunitense che, come abbiamo visto (Par. 5.2), prevede esplicitamente il ricorso alle armi nucleari contro paesi non-nucleari che possiedano armi chimiche o biologiche, senza distinzioni tra aderenti e non aderenti al TNP. Questa posizione può essere ulteriormente aggravata dalle tendenze militariste che sembrano delinearsi nell'Unione Europea: un European Defense Paper dell'ottobre 2004, commissionato dai governi dell'Unione a un gruppo di consulenti militari di alto livello per definire una politica militare attraverso l'Institute for Security Studies (iss), raccomanda un rapido armamento della uE e delinea la strategia della guerra nucleare preventiva22 ! Gli Stati non-nucleari della NATO sono inoltre esposti al rischio di un attacco nucleare, poiché l'«Assicrazione di Sicurezza Negativa» (p. 226) ne contempla la possibilità contro paesi non-nucleari alleati con Stati nucleari: come sono USA, Gran Bretagna e Francia nella NATO.
Durante la Guerra Fredda, quando la NATO considerava l'uxss come minaccia principale, gli USA giustificavano il possibile uso degli aerei a doppia capacità dei paesi non-nucleari dell'Alleanza per missioni nucleari con l'argomento che il TNP è diretto a prevenire i rischi di guerra nucleare, mentre la NATO avrebbe usato le armi nucleari solo dopo che una guerra nucleare fosse scoppiata o fosse divenuta inevitabile, cioè quando il TNP avesse fallito il suo compito. Vedremo nel prossimo paragrafo che questo argomento ha anche un risvolto più insidioso: comunque, se esso era opinabile allora, non ha certo più senso oggi, quando la NATO non ha più un nemico comune. In ogni caso Mosca non ha mai accettato questo argomento e propone una soluzione radicale consistente nell'impegno dei paesi nucleari a non schierare mai armi nucleari al di fuori dei propri confini, e ne fa una questione pregiudiziale a negoziati di riduzione delle armi nucleari tattiche (Par. 7.9). Questa grave ambiguità della NATO fu denunciata da molti paesi non allineati nei lavori preparatori alla conferenza di revisione del 2000. Le risposte ufficiali sono deboli e contraddittorie. Una è che il TNP non si applicherebbe in tempo di guerra: così affermò 1'11 maggio del 2000 il ministro degli Esteri belga, Louis Michel, in risposta a un'interrogazione, ma fu contraddetto un mese dopo dal suo omologo olandese, Jozias van Aarsten, in risposta alla medesima domanda, «Dissento da questa affermazione. C'è stato anche uno scambio di opinioni su questo con il Belgio»23 . Il punto è molto delicato e vi ritorneremo nel prossimo paragrafo. Un'altra risposta è che le forze dei paesi aderenti sono sotto il comando di SACEUR (Supreme Allied Commander Europe), che è sempre un generale statunitense, per cui non vi sarebbe di fatto nessun trasferimento ad altri paesi. L'ambiguità rimane. Anche la Politica Europea di Sicurezza e Difesa presenta delle ambiguità per la presenza delle forze nucleari francesi e britanniche (la Francia ha proposto di trasformarle in deterrente europeo). L'allargamento della NATO ad altri paesi poi aggrava ulteriormente il problema.
22
Cfr. www.iss-eu.org .
23
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Citato in K. Koster, cit., p. 20. 257
Dopo il crollo dell'URSS: morte o resurrezione della proliferazione? 7.4
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Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
In caso di «decisione» di guerra, via libera alle armi nucleari?
Vi sono resoconti su un documento sottomesso al Gabinetto Federale Tedesco nella primavera del 1969, in cui si può leggere che il governo tedesco tra la fine del 1968 e l'inizio del 1969 aveva ottenuto all'interno della NATO un'interpretazione soddisfacente degli USA del termine «trasferimento di controllo» delle armi nucleari, che è regolato dal TNP. La dizione esatta non è nota. Per quanto ne so, questa interpretazione non venne presentata al Parlamento tedesco (Bundestag) durante il processo di ratifica. È noto con certezza che il 20 aprile del 1967 l'allora ministro degli Esteri statunitense, Dean Rusk, aveva stabilito nel Consig lio della NATO sei «dichiarazioni di interpretazione», una delle quali riguardava la cosiddetta «riserva di guerra». Nel memorandum del Governo Federale al TNP, che venne presentato al Bundestag durante la procedura di ratifica, si menzionava che Rusk aveva spiegato alla Commissione Esteri del Senato USA il 10 giugno 1968 che il TNP «non tratta i regolamenti sulla dislocazione delle armi nucleari sul territorio alleato, perché questa non includerebbe il trasferimento di armi nucleari o il controllo su tali armi, fino al momento in cui non venisse presa una decisione di entrare in guerra, momento in cui il trattato non sarebbe più valido» 26 . In altre parole: questa dichiarazione di interpretazione non solo indica che il governo degli USA non si sentiva impedito dal TNP dal dispiegare armi nucleari nei territori dei suoi alleatiNATO. Inoltre, questa dichiarazione implica che secondo l'opinione del governo degli USA il TNP e tutti i suoi obblighi «non sarebbero più validi» a partire dal momento in cui venisse presa una decisione di entrare in guerra27
La risposta appena citata, che il TNP non varrebbe più in caso di guerra, ancorché contraddittoria, desta tuttavia più di una preoccupazione. Abbiamo già accennato che vi sono molti paesi che non possiedono materialmente armi nucleari, ma possiedono tutte le condizioni per realizzarle: uno dei casi più emblematici è la Germania. Ebbene, sono trapelate indiscrezioni di gravità inaudita su condizioni segrete che la Germania (e in tal caso sicuramente an che molti altri paesi) avrebbe posto per aderire al TNP. Vale la pena discutere la questione in dettaglio, risalendo alle discussioni in Germania per l'adesione al TNP. I leaders tedeschi si erano ripetutamente opposti a sottoscrivere impegni di non-proliferazione che precludessero la possibilità che la Germania potesse un giorno divenire uno stato dotato di armi nucleari. [...] La Germania aderì al TNP nel 1969 solo dopo un burrascoso dibattito interno durante il quale gli oppositori del trattato furono tacciati come lacchè di Mosca e Washington, e il trattato stesso fu definito una «Versailles nucleare»24 da coloro che giocavano con l'idea di una capacità nucleare della Germania. [...] [Nel 1995] gli esperti nel ministero della Difesa acconsentirono all'estensione indefinita [del TNP] solo dopo che un'analisi legale suggerì che un'estensione indefinita non avrebbe impedito alla Germania di acquisire armi nucleari se si fosse deciso di farlo nel futuro. Gli esperti sottolinearono che il TNP era stato formulato in origine per consentire la possibilità di un'opzione di difesa nucleare europea. Essi osservarono anche che, per l'Art. 10, qualsiasi membro del TNP era libero di abbandonare il trattato qualora trovasse che i suoi «supremi interessi» fossero in pericolo 25 . Ma non finisce qui! Infatti (riporto per intero, i corsivi sono miei):
Riferimento al «Trattato di Versailles» che mise fine alla prima guerra mondiale e venne considerato un'umiliazione per la Germania: in effetti il trattato di pace era concepito in termini talmente assurdi, che non chiuse affatto i problemi sollevati dal conflitto, e aprì una lunga fase di crisi che sboccarono nella seconda guerra mondiale. E. Hobsbawm, nel suo Il Secolo Breve parla di un unico periodo di guerra dal 1914 al 1945. 25 Marc Hibbs, «Tomorrow, a Eurobomb?», Bulletin of the Atomic Scientists, gennaio/febbraio 1996, pp. 16-23. 24
258
.
Si badi bene che non si parla qui di «dichiarazione» di guerra, né tantomeno di «operazioni» di guerra, ma solo di «decisione» di entrare in guerra! Basterebbe dunque una simile decisione del governo tedesco, perché la Germania si senta liberata da tutti gli obblighi del TNP e possa procedere liberamente a realizzare armi nucleari! O anche solo ricevere il controllo diretto sulle testate nel suo territorio, che contrasta con l'Art. ii del TNP. Il termine «decisione» di entrare in guerra risulta inoltre molto vago: il governo tedesco potrebbe «decidere» nelle segrete stanze che... tra sei mesi dichiarerà guerra a qualche paese? Potrebbe aspettare a «dichiarare» guerra il tempo necessario per realizzare testate nucleari? Bundestagsdrucksache 7/994, p. 17. Dieter Dieseroth, «Germany's NPT obligation not under condition of war», SAn Information Bulletin, n. 8 (febbraio 1996), P. 9. 26
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INE-
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
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E se una tale riserva è stata posta dalla Germania, con l'evidente approvazione di Washington, quanti altri paesi firmatari del TNP l'avranno posta? Non sarà forse vero che essa vale per tutti i paesi? Si apre qui una questione che va al cuore del TNP, del suo spirito ancor prima che della sua lettera. Qual è infatti lo scopo vero del TNP? Credo che tutti pensino che esso consista nell'impedire la diffusione degli armamenti nucleari, con l'obiettivo della loro totale eliminazione per rendere impossibile che si combattano guerre nucleari.
Lorentz che nei test pachistani sia stata sperimentata anche una testata per conto di Teheran 28 : in questo campo può succedere di tutto). Ma veniamo alle testate e agli arsenali dei due paesi. In primo luogo va sfatato un possibile pregiudizio, ossia che essi abbiano messo a punto qualche testata rozza e primitiva. Qui vi è infatti un punto fondamentale, sul quale ritorneremo. Le tecniche nucleari militari hanno subito nei decenni passati una profonda evoluzione, che da un lato ha consentito di realizzare testate più compatte, leggere ed efficienti, ma dall'altro ne ha anche facilitato la realizzazione (v. Appendice 7.1). Ebbene, si sa ormai ufficialmente che entrambi i paesi hanno sperimentato, oltre a tipi di base tradizionali, testate boosted avanzate, di alta efficienza, e anche di piccola potenza, idonee a essere lanciate dai sistemi missilistici che i due paesi hanno messo a punto. Per la realizzazione di questi tipi di testate sono necessari da un lato materiali fissili, uranio arricchito oppure plutonio, e dall'altro il trizio (v. Appendice 1.1.e), necessario per il meccanismo del boosting: quest'ultimo materiale, anche se ne servono quantitativi limitati, deve venire prodotto di continuo, poiché è radioattivo e si dimezza in un periodo di 12 anni. Sia l'India sia il Pakistan hanno potuto realizzare questi materiali e sviluppare le relative tecnologie grazie ai programmi nucleari «civili», consistenti nella realizzazione di reattori a uranio naturale, del tipo del canadese CANDU (v. Appendice 1.1.q), che favoriscono la produzione di plutonio per il bombardamento neutronico dell'uranio-238. Qui le strade seguite dai due paesi si sono differenziate: mentre l'India ha sviluppato tecniche di ritrattamento del combustibile irradiato con cui ha estratto plutonio, il Pakistan ha sviluppato (con consistenti appoggi internazionali) la tecnica della centrifugazione per l'arricchimento dell'uranio. In questo differivano tra loro le bombe testate nel 1998. Sembra certo che recentemente anche il Pakistan si sia dotato di quantitativi, per ora limitati, di plutonio. Entrambi i paesi poi hanno prodotto il trizio usufruendo degli stessi reattori nucleari, il cui intenso flusso neutronico viene utilizzato per bombardare il litio-6. Infine, non si pensi che i due paesi possiedano arsenali limitati. Si valuta che l'India possieda tra le 50 e le 100 testate, e il Pakistan tra 25 e 50.
Che senso avrebbe impedire che queste armi si diffondano in tempo di pace, ma possano essere sviluppate, ottenute e utilizzate in tempo di guerra (questo vale naturalmente anche per la NATO)? Ci sembra, insomma, che se esiste davvero una tale clausola, essa faccia vacillare tutto l'edificio del TNP: la proliferazione nucleare, in
qualsiasi forma, in tempo di guerra è una cosa ben peggiore della proliferazione in tempo di pace.
7.5
—
1998: il nuovo incubo nucleare sul tetto del mondo
Nel 1998 «esplose» lo shock dei test nucleari dell'India e del Pakistan, e con essi l'incubo di una vera deflagrazione nucleare, dato lo stato di estrema tensione tra i due paesi alla frontiera del Kashmir, che minacciava di sfociare da un momento all'altro in una guerra vera, senza esclusione di colpi. Sono ormai noti (e dichiarati dallo stesso padre della bomba pakistana, lo scienziato A.Q. Kahn) i canali internazionali clandestini (Germania, Cina) che hanno fornito al Pakistan informazioni riservate, tecnologie e materiali. Si faccia caso all'atteggiamento degli Stati Uniti, come sempre opportunistico e strumentale. Abbiamo ricordato come in passato Washington abbia alimentato illusioni nucleari tanto nel Pakistan, come nell'India. Poi il vento cambiò. L'attuale acquisizione effettiva di armi nucleari è stata in parte uno shock, a cui gli USA hanno reagito inizialmente manifestando forti preoccupazioni, con interventi energici e sanzioni. Per cambiare poi nuovamente atteggiamento e metabolizzare il dato di fatto quando il Pakistan è stato arruolato nel fronte anti-terrorismo, in funzione anti-taleban. Non può mancare di stupire la contraddizione rispetto al persistente accanimento verso l'Iran per il solo sospetto di perseguire programmi nucleari militari (anche se vale la pena ricordare l'opinione espressa da Dominique 260
28
D. Lorentz, Affaires Nucleaires, cit., p. 582.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? 7.6
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Proliferazione latente (o virtuale, o stand-by)
Sembra però che lo shock delle bombe termonucleari dell'India e del Pakistan sia stato digerito piuttosto in fretta, visto che oggi quasi non se ne parla più, mentre l'allarme proliferazione viene trasferito (dopo l'Iraq) sulla Corea del Nord e sull'Iran: a torto o a ragione, ma in ogni caso strumentalmente. Bisogna infatti dire molto chiaramente che i problemi e i pericoli concreti sono ben altri e di ben altra portata, e derivano in primo luogo dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, ma anche da una nutrita serie di paesi che, anche se non possiedono materialmente armi nucleari, hanno la capacità e i materiali per realizzarle in tempi relativamente brevi: si parla per questo di proliferazione latente (o virtuale, o stand-by). I casi più eclatanti sono il Giappone e la Germania, ma non sono affatto i soli. Entrambi questi paesi hanno accumulato ingenti quantitativi di plutonio dal ritrattamento del combustibile esaurito delle proprie centrali eseguito negli impianti in Francia e in Gran Bretagna. La Germania ha collaborato attivamente al programma nucleare militare del Sudafrica ed è quindi plausibile che abbia concretamente fabbricato testate. Lo stesso Sudafrica ha smantellato le proprie testate nucleari, ma non ha certo «smantellato» le capacità acquisite. La realizzazione di una moderna ed efficiente testata termonucleare a due stadi e il meccanismo del boosting con l'uso del trizio (v. Appendice 7.1) sono oggi molto più facili di quanto si pensi, e consentono di usare qualsiasi tipo di plutonio prodotto nei reattori commerciali anziché il solo plutonio militare (weapon grade)29 . Un paese di medio sviluppo industriale (si pensi al Pakistan, anche se non vanno sottovalutati gli aiuti che ha ricevuto) è in grado di realizzare testate nucleari compatte ed efficienti senza bisogno di eseguire test nucleari completi (del resto, fino a oggi le prime testate realizzate da tutti i paesi nucleari hanno funzionato al primo test, o senza bisogno di test, come la bomba esplosa su Hiroshima), ricorrendo a test non nucleari o nucleari sub-critici (Par. 7.15). «L'informazione di base necessaria è reperibile nella letteratura disponibile: l'accesso a com-
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
puters moderni di capacità moderata è quindi sufficiente a progettare una testata nucleare. Per altro verso, la fabbricazione di un'arma
termonucleare, unitamente ai materiali speciali di cui è fatta, ha sempre costituito (e rimane) una sfida ingegneristica formidabile, specialmente per paesi meno avanzati tecnologicamente» 30 . Su questi aspetti ritorneremo nell'ultimo capitolo. Scheda 7.1 Scorte, accumulo ed eccesso di materiali fissili
Un ulteriore aspetto legato ai rischi di proliferazione nucleare è costituito dalle impressionanti scorte di materiali fissili che si accumulano nel mondo: questo crea enormi problemi di gestione, di smaltimento e di custodia, prestandosi a sottrazioni e furti, e quindi a rischi concreti di proliferazione. Si tratta in primo luogo di uranio altamente arricchito nell'isotopo 235 (HEU, highly enriched uranium) e di plutonio. Se ne occupa in particolare l'Institute for Science and International Security (Isis) statunitense31 .
HEU e plutonio32 Alla fine del 2003 le scorte complessive di materiale fissile erano valutabili in più di 3.700 tonnellate, in ben 60 paesi, dalle quali si potrebbero realizzare centinaia di migliaia di bombe nucleari! Anche se quantitativi, relativamente modesti, di questo materiale viene eliminato, ne viene prodotta ogni anno una quantità maggiore, sicché la quantità totale è in continuo aumento. Insomma, la follia nucleare, militare e civile, ha generato un problema che al momento attuale appare pressoché insolubile, ed è denso di ulteriori rischi. Queste 3.700 tonnellate sono suddivise in parti quasi uguali di HEU e di plutonio (così come sono quasi uguali i depositi di materiale fissile civile e militare), ma la maggior parte del plutonio è in depositi civili (perché è prodotto dai reattori commerciali), mentre la maggior parte del HEU è in depositi militari (l'uranio per usi civili è arricchito a un grado molto più basso). La maggior parte del plutonio e del HEU nei depositi militari si trova concretamente nelle testate nucleari, in riserve, nelle testate smantellate, e nei reattori navali. I depositi militari contengono una grande quantità di materiale fissile in eccesso rispetto alle necessità militari, ma le potenze nucleari
Per queste informazioni ci riferiamo direttamente al già citato rapporto approfondito e dettagliato di André Gsponer e Jean-Pierre Hurni, Fourth Generation Nuclear Weapons, INESAP, Technical Report n. 1, settima edizione, settembre 2000.
30 Ivi, p. xv. 31 Oltre a ll e notizie che qui riportiamo, chi è interessato può consultare il suo sito web: www.isis-online.org . 32 David Albraight e Kimberly Kramer, «Stockpiles still growing», Bulletin of the Atomic Scientists, novembre - dicembre 2004.
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29
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sono reticenti e lo dichiarano solo parzialmente. Una parte di questo materiale fissile militare viene trasferito a depositi civili ed eliminato in programmi civili. Nel 2003 vi furono grandi proteste popolari in Germania per il trasporto di materiale radioattivo; Greenpeace rinnova periodicamente clamorose proteste per i trasporti di plutonio in Giappone, in Germania e in Francia. Nei mesi scorsi la ALEA diffuse la notizia gravissima della sottrazione in Iraq di almeno 10 kg di uranio e di apparecchiature nucleari da parte degli americani dal centro di ricerca nucleare di Tuwaitha. Il passo finale nel controllo del materiale fissile dovrebbe consistere nel renderlo inutilizzabile per le bombe, ma siamo ben lontani da questo risultato. Il HEU e il plutonio presentano problemi diversi tra loro.
c'è da aspettarsi che possa diminuire nei prossimi 15 anni. Nell'ottobre del 2004 vi sono state grandi manifestazioni in Francia per il trasporto su stra-
HEU. Il HEU può essere «diluito», convertendolo in uranio leggermente arricchito (LEU), che presenta minori rischi di proliferazione. A ll a fine del 2003 la Russia aveva diluito 2.000 tonnellate di HEU, e gli USA 50. Ogni anno vengono diluite circa 30-40 tonnellate di HEU. Si deve sottolineare che è difficile anche stimare i quantitativi di HEU civile in molti paesi, perché molti di essi non li dichiarano (basti pensare a Israele, all'India, al Pakistan). Inoltre, non tutto il HEU può essere diluito o utilizzato commercialmente: una parte deve venire custodita in un deposito di scorie (v. Appendice 3.1). Plutonio. Il plutonio civile ha due origini molto diverse: la maggior parte è racchiuso in combustibile irradiato, mentre un'altra parte o proviene dalla separazione nel ritrattamento del combustibile esaurito delle centrali (Appendice 1.1.$), oppure è materiale militare che è stato dichiarato in eccesso per le necessità di difesa: queste ultime due componenti sono più soggette a rischi di proliferazione poiché sono meno contaminate da altri isotopi radioattivi. Il plutonio è più radioattivo dell'uranio, e la sua eliminazione è molto più di fficile. Esso non può venire diluito con altri isotopi del plutonio. Sulla sua eliminazione vi è una grande controversia. Vi sono essenzialmente due opzioni 33 : immobilizzarlo insieme alle scorie di alta attività, o convertirlo in combustibile misto uranio-plutonio MOX (mixed oxide) per «bruciarlo» nei reattori di potenza. Entrambe le opzioni incontrano seri ostacoli tecnici, economici e politici, e finora non sono stati eliminati quantitativi significativi di plutonio. Poiché il ritmo di fabbricazione e uso di combustibile MOX è minore del ritmo di separazione del plutonio per ritrattamento, la quantità di plutonio separato continua ad aumentare e non
Vi è un ulteriore rischio di proliferazione, pressoché ignoto all'opinione pubblica. Il combustibile irraggiato contiene anche altri isotopi, in particolare quelli del gruppo degli attinidi35 : tra questi si è saputo, da un'informazione desegretata del Department of Energy (DoE), che il nettunio-237 e l'americio possono venire usati per dispositivi nucleari esplosivi 36 . Essi possono venire prodotti in impianti di ritrattamento civili eludendo i controlli della AIEA. Piccoli quantitativi di questi isotopi erano stati separati per usi non nucleari (ad esempio, in rivelatori di fumo e allarmi antincendio). Alla fine del 1997 si valutava un quantitativo mondiale superiore a 80 tonnellate, che potrebbe essere sufficiente per più di 2.000 bombe nucleari! Per ora i controlli non sono sufficienti a escludere che questi materiali non siano usati per fabbricare esplosivi nucleari. Anche se le informazioni sono incomplete, si pensa che i paesi non-nucleari ne possiedano piccole quan-
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1 (di David Albright), p. 17 (scaricabile nel sito web: http:/www.isis-online.org/ publications/fmct/book/index. html). 264
265
David Albright e Kevin O'Nei ll (curatori), The Challenges of Fissile Material Control, Washington DC, Institute for Science and Internationa Security, 1999, Cap.
I
Nettunio-237 e americio
Il Manifesto, 9 ottobre 2004. Si indica con attinidi un gruppo di 15 elementi chimici con numero atomico compreso tra 90 e 104 che segue l'attinio e comprende il torio, il protoattinio, l'uranio e 12 elementi transuranici (v. Appendice 1.1.b), dal plutonio in avanti. Sono tutti radioattivi e differiscono l'uno dall'altro per avere un numero diverso di elettroni in uno degli strati elettronici interni, e non in quello esterno, per cui presentano strette analogie di comportamento chimico. 36 David Albright e Kevin O'Nei ll (curatori), The Challenges of Fissile Material Control, cit., Cap. 5 (di David Albright e Lauren Barbour).
33
I
da di 140 kg di plutonio statunitense da riciclare in MOX, su 34 tonnellate derivanti dallo smantellamento di testate nucleari, dal momento che gli USA avevano abbandonato questa tecnologia 34 . Particolari problemi riguardano i depositi di materiale fissile di certi paesi. Quelli di Israele sono difficili da stimare (l'1sis valuta che nel reattore di Dimona siano stati generati circa 600 kg di plutonio, ma non si sa nulla del HEU). L'India, che ha sviluppato la separazione del plutonio in impianti di ritrattamento ed è probabile che ne possieda attorno a 400 kg, può avere prodotto anche quantità significative di HEU in un impianto di centrifugazione che sta costruendo da anni. I depositi del Pakistan sono molto difficili da valutare, ma dovrebbero rivaleggiare con quelli dell'India (attorno a 1.000 kg di HEU, più forse una quarantina di kg di plutonio). La Corea del Nord ha separato plutonio in quantità sconosciute e può avere prodotto anche uranio arricchito. Il Sudafrica ha smantellato l'arsenale che aveva realizzato, e ha quantitativi notevoli di HEU.
35
II
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
tità. Tra questi, il Giappone sembra quello che ha i maggiori programmi di ricerca e di separazione del nettunio e di altri attinidi. Vi sono ulteriori rischi di proliferazione con isotopi transuranici pesanti (Par. 9.8)
chimiche o biologiche (quindi non nucleari), o anche contro paesi che detengano queste armi e che gli USA considerano una minaccia. Bisogna rendersi conto con estrema chiarezza che una tale strategia costituisce un'aperta violazione di quel poco che rimane in piedi del diritto internazionale e dei trattati internazionali esistenti. In particolare viola apertamente la «Garanzia di Sicurezza Negativa» (Par. 6.2), poiché la minaccia può rivolgersi a paesi non-nucleari aderenti al
Necessità di un trattato per vietare la produzione di materiale fissile per le armi nucleari
La comunità internazionale si è espressa in linea di principio per vietare la produzione di materiale fissile per le armi nucleari: nel 1993 l'Assemblea Generale dell'ONU si è espressa all'unanimità in questo senso e ha dato mandato alla Conferenza di Ginevra sul Disarmo (Par. 5.4) di negoziare un trattato. L'impegno è stato ribadito nella conferenza di revisione del TNP del 2000 (Appendice 6.1, punto 3). Finora non si è però raggiunto un accordo in tal senso.
7.7 Nuove dottrine nucleari statunitensi: integrazione delle armi nucleari in un sistema militare che ne consenta l'uso selettivo —
L'intero contesto è aggravato dall'evoluzione delle dottrine nucleari. Il Pentagono teorizza la strategia dell'«attacco preventivo» 37 , e l'amministrazione Bush ha sviluppato una visione quasi maniacale di dominio militare globale, che include allo stesso tempo un rafforzamento ed un'integrazione del ruolo delle armi nucleari. Ma la cosa più grave è forse che i dibattiti nel Congresso sulle armi nucleari hanno mostrato che esiste un'ampia maggioranza che condivide, o almeno non si oppone al punto di vista dell'amministrazione. Bisogna ricordare che gli Stati Uniti, in tutta la storia del loro sviluppo nucleare, non hanno mai fatto un'opzione di no first use, ma si sono sempre riservati piena libertà di decidere se e come ricorrere all'uso effettivo delle armi nucleari, non necessariamente in risposta a un attacco nucleare. In sostanza, essi hanno sempre considerato l'arma nucleare come un'arma risolutiva e hanno sempre voluto tenersi le mani libere. La guerra nucleare è sempre stata un'opzione per la quale si sono costantemente tenuti preparati. Negli ultimi anni vi sono state molte dichiarazioni che hanno affermato esplicitamente la possibilità di un first use nucleare in risposta ad attacchi con armi
TNP.
Fin dal 1996 la «Dottrina per le Operazioni Nucleari di Teatro Congiunte» del Joint Chiefs of Staff (v. anche Par. 6.3) invocava «minacce sempre più pericolose dai paesi del Terzo Mondo», e un «aumento del potenziale per operazioni degli USA in un ambiente così letale». «Le forze di combattimento e le strutture nemiche che possono essere bersagli probabili di attacchi nucleari includono le armi di distruzione di massa e i relativi sistemi di lancio, unità di combattimento di terra, strutture di difesa aerea, installazioni navali e strutture sotterranee» 38 . «Le armi nucleari potrebbero essere usate per distruggere le armi di distruzione di massa nemiche prima che vengano utilizzate, o potrebbero essere usate contro le forze convenzionali nemiche qualora altri mezzi per fermarle si siano dimostrati inefficaci»39. Vi è anche un'ambiguità esplicitamente riconosciuta nella politica nucleare di Washington: «Pensiamo che l'ambiguità concernente il problema dell'uso de lle armi nucleari contribuisca a lla nostra sicurezza, mantenendo qualsiasi potenziale avversario che potrebbe usare armi chimiche o biologiche incerto su quale sarebbe la nostra risposta» 40 La posizione nucleare complessiva degli Stati Uniti è stata profondamente riveduta nella Nuclear Posture Review (NPR) del dicembre 2001, della quale si è parlato molto, ma che pochi hanno esaminato in dettaglio, almeno per le parti che sono trapelate. Si tratta di un documento molto complesso e articolato, del quale riportiamo ampi 38 Molte informazioni sono tratte da: Looking for new ways to use nucleare weapons: U S. counterproliferation programs, weapons effects research, and «mini-nukes» development, Western States Legal Foundation, Information Bulletin, Winter 2001,
www.wslfweb.org . 39
Nuclear Operations, Air Force Doctrine Document 2-1.5, 15 luglio 1998, pp. 8-
9.
White House, National Security Strategy of the United States of America, settembre 2002: www.whitehouse.gov/nsc/nss.html.
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Segretario della Difesa William S. Cohen, Department of Defense News
Briefing, 23 novembre 1998. 267
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stralci nell'Appendice 7.3. Una prima conclusione generale che si deve trarre dal documento è che non vi è nessuna considerazione per gli impegni di disarmo nucleare completo previsti nell'Art. VI del TNP e specificati nei 13 Punti del documento finale della conferenza di revisione del 2000 (Appendice 6.1): gli USA dichiarano impunemente che continueranno a fare affidamento sulle armi nucleari nel futuro, e si parla esplicitamente di programmi per il terzo decennio del secolo. Il passo della NPR più comunemente riportato suona:
mentre il pericolo de ll a Russia viene ridimensionato, pur riservandosi di poter rivedere questa valutazione) e si profileranno nel futuro. La NPR cerca soprattutto di introdurre una flessibilità dell'intero sistema difensivo e della componente nucleare, rispetto alla rigidità della Guerra Fredda, perché sono cambiati il tipo e la natura delle minacce (naturalmente non si considera neppure la possibilità che le minacce siano diminuite, o possano scomparire: è l'istituzionalizzazione della guerra permanente). Tra i molteplici aspetti della NPR vale la pena di ricordare che essa menziona apertamente l'esistenza di un arsenale di testate ritirate ma non smontate, e disponibili per essere rese nuovamente operative (vi ritorneremo nel Par. 7.10); la disponibilità di testate nucleari tattiche (Par. 7.9); la possibilità di riprendere i test nucleari se e quando lo si ritenga necessario, in barba al CTBT (del resto non ratificato); il rafforzamento dell'infrastruttura nucleare; il mantenimento di un potenziale tecnico-scientifico esperto nella progettazione di nuove capacità nucleari. Insomma, armi nucleari per sempre! Dovrebbe essere chiaro dunque da chi provengono i veri rischi di un loro uso.
le armi nucleari giocano un ruolo critico nelle capacità di difesa degli Stati Uniti, dei suoi alleati e amici. Esse offrono opzioni militari credibili per dissuadere un ampio spettro di minacce, comprese le armi di distruzione di massa e le forze militari convenzionali su larga scala. Le capacità nucleari possiedono proprietà uniche, che forniscono agli Stati Uniti opzioni per mantenere a rischio classi di bersagli importanti per raggiungere obiettivi strategici e politici 41
Ma la NPR è molto più complessa e articolata. In sostanza se ne deduce il programma di integrare le armi nucleari in un contesto militare più ampio, comprendente le altre armi strategiche non nucleari e sistemi di difesa potenziati come lo scudo antimissile (Par. 7.11), dichiarando con questo di volere diminuire il numero delle testate42 e depotenziarne il ruolo rispetto al periodo della Guerra Fredda: ma l'esame del documento mostra che lo scopo è di rendere il ricorso a ll e armi nucleari più flessibile, e soprattutto effettivamente possibile, in risposta alle minacce nuove che si profilano (si citano Corea del Nord, Iraq, Iran, Siria, Libia 43 , e in prospettiva la Cina,
7.8 — Sulle orme di Washington: la nuova dottrina militare e nucleare della Russia
Department of Defense, Nuclear Posture Review, 21 dicembre 2001. Il documento è riservato, sono trapelati stralci: www.globalsecurity.org/wmd/library /policy/dod/npr.htm . White House, National Strategy to Combat Weapons of Mass Destruction, dicembre 2002: www.whitehouse.gov/news/releases/2002/12/WM Dstrategy.pdf. Ricordiamo ancora che Washington non ha mai rinunciato all'opzione del first use dell'arma nucleare: qualche anno fa ridicolizzò la timida proposta del ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer, di rivederla (International Herald Tribune, 24 novembre 1998). 42 I1 13 novembre 2001 il Presidente Bush aveva dichiarato (e anche Putin) l'intenzione di ridurre per i12012 il numero di testate strategiche schierate e operative a 1.700-2.200: impegno che venne poi siglato nell'Accordo di Mosca dell'anno successivo, v. Par. 7.10 e Appendice 7.4. 43 Attualmente la minaccia de ll a Libia sembra rientrata.
Dopo la caduta dell'Unione Sovietica la Russia vive un periodo molto tormentato. Passati i primi anni di apparente distensione, continua a sentirsi direttamente minacciata dagli Stati Uniti, sotto il tiro dei missili strategici tuttora in stato di allerta e puntati sui propri bersagli, accerchiata dall'allargamento a Est della NATO e dell'uE, aggredita direttamente nelle aree che erano sue tradizionali zone di influenza, soverchiata da un sistema militare sproporzionato, sempre più minaccioso e aggressivo. Ma il suo poderoso sistema militare è ridotto a uno stato deplorevole a causa delle gravi ristrettezze economiche, del malgoverno e della mancanza di controllo, come dimostrò la tragedia del sommergibile nucleare Kursk: è probabile che la Russia nei prossimi anni non potrà mantenere più di un migliaio di testate nucleari efficienti, mentre il suo sistema di satelliti d'avvistamento e allarme precoce è già piuttosto deteriorato e inefficiente. Malgrado tutto ciò, Mosca cerca di correre ai ripari e anche di rinnovare il proprio arsenale nucleare e missilistico, nei limiti delle pro-
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41 US
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prie possibilità. Molti scienziati sono frustrati dal bando dei test nucleari, che viene rispettato mentre Washington boccia la ratifica del CTBT e ammoderna il proprio arsenale. La Russia esegue, come gli USA e la Cina, test nucleari sub-critici (Par. 7.15). In tutti i decenni della Guerra Fredda l'URSS aveva mantenuto, almeno formalmente, in contrasto con gli USA, una dottrina basata sul no first use delle armi nucleari: ossia l'impegno a fare ricorso a queste armi solo in risposta a un attacco nucleare. Abbiamo visto come Washington negli ultimi anni abbia accentuato il carattere aggressivo della propria dottrina nucleare. Nel 1993 Mosca ha varato una nuova dottrina militare, nella quale anche le armi nucleari acquistano un ruolo diverso, che sembra una risposta diretta alla nuova dottrina statunitense: viene infatti stabilita esplicitamente la possibilità di una risposta nucleare a un attacco con armi di distruzione di massa (non necessariamente nucleare), o anche convenzionale «in situazioni critiche per la sicurezza nazionale». L'escalation del nucleare e della guerra non convenzionale, in una situazione meno equilibrata e con minori meccanismi di controllo, è sempre più preoccupante. 7.9 — Le testate nucleari tattiche
Un ulteriore problema molto delicato, e per lo più gravemente ignorato, è costituito dalle armi nucleari tattiche (ANT). Il trattato INF rimosse le ANT schierate in Europa (Par. 5.7), ma non ne prevedeva lo smantellamento. D'altra parte, esse non rientravano nei trattati START di riduzione delle armi strategiche. Esistono quindi in entrambi i paesi migliaia di ANT immagazzinate e custodite in qualche modo, disponibili per divenire di nuovo operative. Il problema è molto complesso, sia per la difficoltà di stabilire criteri obiettivi che distinguano le armi tattiche dalle strategiche (Par. 5.3), sia perché non si sa con esattezza quante esse siano, né il loro preciso stato di custodia 44 . 44
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
Il ruolo delle ANT, inoltre, è cambiato negli anni passati: durante la Guerra Fredda i paesi occidentali le consideravano una componente fondamentale delle garanzie americane agli alleati e un bilanciamento della superiorità del Patto di Varsavia nelle armi convenzionali; mentre Mosca considerava le proprie ANT come un elemento di deterrenza contro l'uso delle ANT occidentali ed un rafforzamento ulteriore delle proprie forze convenzionali (anche nei confronti della Cina). Oggi questa situazione è radicalmente cambiata: ora è la Russia che considera le proprie ANT come un «equilibratore nucleare» della crescente debolezza delle proprie forze convenzionali e anche de ll e forze nucleari strategiche. La dottrina militare di Mosca in realtà non traccia un distinzione netta tra armi nucleari strategiche e tattiche, anche se molti esperti russi discutono l'importanza delle seconde in caso di conflitti regionali (non solo con l'Occidente, poiché la Russia riconosce anche una crescente inferiorità nei confronti di una Cina in crescita economica e demografica vertiginosa). Il numero di ANT russe è assai incerto 45 : le valutazioni variano fra 3.000 e 20.000, o più restrittivamente tra 7.000 e 12.000. Un conteggio è reso ancora più difficile dal fatto che, secondo gli esperti, la vita media delle testate russe non dovrebbe superare i 15 anni, per cui la maggior parte di esse dovrebbe essere stata disattivata e dovrebbe essere immagazzinata in attesa di venire smantellata. Uno dei problemi principali de ll e ANT russe è la garanzia de ll a loro custodia. Dopo il trattato INF gli USA conservano in Europa solo bombe a caduta (circa 140, di cui 30 in Ita li a) trasportabili dai bombardieri a doppia capacità (convenzionale e nucleare) dei paesi de ll a NATO. L'arsenale delle ANT degli USA sembra infatti consistere oggi in circa 800 bombe tattiche a caduta, più circa altre 600 immagazzinate in arsenali attivi e 400 in arsenali non attivi, e 320 negli arsenali di riserva della Marina, schierabili in 30 giorni. La dottrina nucleare di Washington attribuisce un ruolo specifico alle ANT (o armi nucleari non-strategiche, ANNS). La Nuclear Posture Review lo specifica nei seguenti termini: [...1 gli Stati Uniti estendono la protezione del deterrente del loro arse-
La maggior parte delle notizie di questo paragrafo sono tratte da uno studio di Anatoli Diakov, Eugene Miasnikov e Timur Kadyshev, Non-strategic nuclear weapons: problems of control and reduction, Center for Arms Control, Energy and Environmental Studies, Moscow Institute of Physics and Technology (MIPT), 2004: http://www.armscontrol.ru/ pubs/en/nsnw0406.htm.
" Lo studio precedente contiene un esame dettagliato delle diverse componenti delle forze nucleari russe, pp. 14 e sgg.
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Dopo il crollo dell'URSS: morte o resurrezione della proliferazione? nale nucleare ai loro alleati. In nessun caso questo è più evidente che nell'area delle ANNS, che non sono coperte dallo START I e dallo START II. Per circa 50 anni gli Stati Uniti hanno mantenuto una considerevole presenza militare in regioni valutate vitali per gli interessi della nazione americana. [...] le forze nucleari basate in Europa e affidate alla NATO forniscono un legame politico e militare essenziale tra i membri europei e nordamericani dell'Alleanza. L'Alleanza manterrà perciò forze nucleari adeguate in Europa. [...] la NATO manterrà, al livello minimo consistente con le condizioni prevalenti di sicurezza, adeguate ANNS basate in Europa [...].
Queste caratteristiche diventano tanto più rilevanti ora che è scomparso il nemico principale e gli USA insistono sulle minacce costituite da nuovi «Stati canaglia», giustificando così le tendenze ad abbassare la soglia per l'uso delle armi nucleari, prevedendone l'uso contro avversari dotati di armi di distruzione di massa, a realizzare nuovi tipi di armi nucleari, e a cancellare la distinzione tra armi nucleari e convenzionali. Coloro che criticano le ANNS insistono invece sulla loro inutilità dopo la fine della Guerra Fredda. L'allargamento della NATO ai paesi dell'Europa orientale aggrava il problema delle ANT: i nuovi paesi membri possiedono infatti infrastrutture adatte a ospitare armi nucleari, dalle quali è raggiungibile l'intera Russia europea. Sullo schieramento di ANT nei nuovi paesi membri la posizione della NATO non è priva di ambiguità: da un lato dichiara l'impegno a non trasferire a nessun altro paese queste armi o altri esplosivi nucleari, né il controllo diretto o indiretto su di essi (secondo gli Artt. I e n del TNP), ma dall'altro ribadisce che non vi è nessun divieto esplicito in proposito e che tutti i paesi membri hanno gli stessi diritti; essi inoltre partecipano alla pianificazione nucleare dell'alleanza. Attualmente sembra che né Washington né Mosca, per diversi motivi, abbiano interesse ad affrontare il problema de ll e ANT, e questo alimenta i dubbi sull'adempimento degli impegni di disarmo: il documento finale della conferenza di revisione del TNP del 2000 per la prima volta sottolineava la necessità di una riduzione di queste armi (Appendice 6.1, punto 9, comma 3). Gli USA sono preoccupati per le condizioni di custodia de ll e ANT russe e per la possibilità che possano essere soggette a un uso non autorizzato, o possano cadere nelle mani di terroristi, ma la preoccupazione potrebbe dissolversi 272
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
nel giro di una decina d'anni per il deterioramento dell'arsenale russo. Washington non vuole aprire un capitolo che metterebbe in discussione le proprie testate nucleari in Europa e vuole mantenersi le mani libere per lo sviluppo di armi nucleari nuove (Par. 7.12), mentre Mosca dal canto suo non è interessata a trattare il problema delle ANT con Washington e vorrebbe semmai un negoziato complessivo con la NATO, che comprenda anche le forze militari convenzionali. Bisogna anche sottolineare che un accordo riguardante le ANT è più complesso di uno sulle armi strategiche, poiché deve riguardare le testate, che sono più piccole e più facilmente occultabili dei vettori: né Washington né Mosca sono propense oggi ad accettare le verifiche intrusive e le misure di trasparenza che sarebbero necessarie. 7.10 — La revoca unilaterale degli USA del trattato ABM, la sospensione dello START-2 e il Trattato di Mosca del 2002 tra Bush e Putin
Le scelte unilaterali di Washington procedevano all'inizio del nuovo secolo, inasprendo ulteriormente i rapporti internazionali. La volontà di erigere a tutti i costi lo scudo antimissile costituiva un'aperta violazione del tratto ABM (Anti Ballistic Missile, v. Par. 5.4). Abbiamo sottolineato che il trattato costituiva uno dei pilastri dell'equilibrio strategico e del pur lacunoso sistema di controllo dell'escalation nucleare e missilistica faticosamente costruito durante la Guerra Fredda. Ma, come c'era da aspettarsi, gli USA tanto hanno detto e tanto hanno fatto che, contro il parere fortemente contrario (e le giustificate preoccupazioni) della Russia e dell'intera comunità internazionale, nel 2001 hanno apertamente disdetto il trattato. Mosca non ha d'altronde molte carte da giocare per contrastare le decisioni unilaterali di Washington. Messa di fronte al fatto compiuto ha deciso di sospendere il trattato START II. Il risultato è stato quindi, come era stato predetto, un arresto del processo di disarmo nucleare e una ripresa dell'escalation. Il trattato START II, dunque, non è mai entrato in vigore.
Ancora una volta l'opinione pubblica mondiale è stata presa sonoramente per il naso con il grande clamore mediatico montato attorno alla firma nel 2002 del Trattato di Mosca tra Bush Jr. e Putin, 273
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che prevede la riduzione delle testate strategiche a 1.700-2.200 per parte per il 2012 (v. il testo nell'Appendice 7.4). Il trattato è di una semplicità sconcertante, dato che non entra in nessun dettaglio sulla definizione e la composizione dei vari componenti degli arsenali, sui quali si erano spesso arenati i negoziati e si dilungavano i trattati precedenti. Ma l'inganno principale sta nel fatto che, mentre lo START II prevedeva lo smantellamento delle testate rimosse con procedure programmate e verificabili (fino al limite di 3.000-3.500 per parte nel 2007, Par. 6.1), il nuovo trattato prevede solo la rimozione: le testate possono essere custodite così come sono e rimontate sui missili, se e quando lo si ritenga necessario. La Nuclear Posture Review lo contempla esplicitamente. Gli esperti prevedono che Washington possa mantenere alla fine un arsenale di fatto attorno alle 4.500 testate (che sommate con le testate tattiche rimosse in passato potrebbe portare a più di 10.000 testate). Riportiamo come esempio il computo degli arsenali nucleari mondiali secondo l'associazione britannica Scientists for Global Responsibility 46 (che non conteggia però quelli dell'India e del Pakistan):
7.11 — La decisione di Bush di procedere alla costruzione dello «scudo antimissile»
Cfr. http://www.sgr.org.uk/ArmsControt/nuclear_stockpiled.html. 47 Hans M. Kristensen, Appendix 15A al Cap. 15, SIPRI Yearbook 2004: Armaments, Disarmament and Intenational Security, Oxford University Press, 2004. 48 Cfr. www.channelnewsasia.com (25 marzo 2004).
Liberatosi dai lacci del trattato ABM, Bush Jr. ha ufficializzato la decisione di procedere alla realizzazione dello «scudo antimissile»: un'operazione di dubbia efficacia difensiva, soprattutto in relazione ai costi astronomici, data la varietà di misure e tecniche che possono essere sviluppate, con costi molto più accessibili, per aggirarla. Sembra plausibile che questa realizzazione ubbidisca piuttosto a precisi interessi economici delle lobbies, dell'industria e dei grandi laboratori militari statunitensi, e all'economia di guerra che il paese ha sviluppato per fronteggiare la crisi dell'economia. Bisogna dire che anche sullo «scudo antimissile» vi è da noi una profonda disinformazione e una sostanziale sottovalutazione. Le poche volte in cui viene data qualche notizia sul progetto, ci si riferisce unicamente alla NMD (National Missile Defense), costituita da un sistema di missili intercettori muniti di veicoli-killer destinati a distruggere le testate attaccanti per impatto diretto. Ma l'amministrazione Bush ha lavorato alla realizzazione di un progetto molto più complesso, una difesa a più strati (layered), consistente di molti tipi complementari di difese antimissile, capace di attaccare un missile in arrivo in molti modi diversi. In tal modo il progetto, anche se è molto diverso dalle «Guerre Stellari» di Reagan del 1983 di infausta memoria (Par. 5.6), ne riprende molti aspetti. I vari componenti comprendono sistemi basati a terra, in mare e nello spazio, così come difese strategiche, tattiche e anche di teatro. Si tratta di un progetto megalomane, che nel 2003 prevedeva una spesa complessiva di ben 115 miliardi di dollari (destinati a lievitare) nei prossimi 20 anni: un business garantito! Forniremo maggiori dettagli nel prossimo capitolo. Sottolineiamo piuttosto sul piano generale che un progetto di queste dimensioni non può avere solo un ruolo difensivo, verso minacce per lo meno opinabili, e per di più con efficacia dubbia rispetto all'investimento che richiede (un enorme business per il complesso militare-industriale): gli eventi drammatici degli ultimi anni hanno dimostrato che le minacce più gravi vengono attualmente da soggetti diversi dagli Stati nazionali e con metodi contro i quali questo tipo di difese risulta assolutamente inefficace. Se si considera il progetto nel contesto dei megalomani programmi di Washington di rinnovo e
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USA USA
strategiche
non- strategiche Russe strategiche Russe non- strategiche Gran Bretagna Francia
Cina Israele
9.170 1.225 7.622 5.100 260 450 400 100-150 (?)
In più, circa 15.000 testate intatte ma non attive statunitensi e russe in attesa di essere distrutte. Il SIPRI Yearbook 2004 valuta che nel 2003 vi fosse un numero totale di più di 16.000 testate schierate operative, che saliva a ben 36.500 contando anche quelle immagazzinate o in riserva 47 . Vedremo poi che recentemente è stata riportata una dichiarazione di Washington, nel suo stile inconfondibile, di non volere rispettare neppure il Trattato di Mosca 48 ! 46
Dopo il crollo
dell'uRss:
morte o resurrezione della proliferazione?
rilancio delle armi nucleari, di nuovi sistemi missilistici, di dominio e militarizzazione dello spazio e di ricerca frenetica di nuovi metodi aggressivi di ogni tipo, è inevitabile concludere che il tutto configura una colossale sistema offensivo (a cui potrebbero affiancarsi nel futuro piattaforme spaziali orbitanti dotate di armi nucleari e capaci di colpire qualsiasi paese nemico in pochi minuti) 49. Se poi si tiene conto de ll e intenzioni strategiche dichiarate, non stupisce che tutti i paesi che non sono nel buon libro di Washington si sentano minacciati (e forse farebbero bene a preoccuparsene anche gli «alleati»). 7.12 — Ricerca di armi nucleari nuove: le «mini-nukes», verso il superamento della distinzione tra guerra nucleare e convenzionale
La ricerca statunitense di armi nucleari nuove procede a tutto campo. Si tratta dell'aspetto attualmente più complesso della proliferazione delle armi nucleari, nel quale si intrecciano disinfomazione, mistificazioni e coperture. Uno dei principali obiettivi è la realizzazione di armi nucleari di potenza molto piccola, dette spesso in gergo «mini nukes».
Per cercare di fare un po' di chiarezza bisogna distinguere a questo proposito due aspetti molto diversi tra loro. Da un lato vi sono ricerche per modificare o adattare i concetti già noti delle testate nucleari, elaborati nei decenni passati (che discutiamo nell'Appendice 7.1), per realizzare armi di potenza molto piccola, senza però innovazioni tecniche sostanziali. Dall'altro vi sono invece le ricerche su concetti radicalmente nuovi di armi nucleari. Su questo, a parte la scarsissima informazione, si alimentano malintesi che costituiscono una vera cortina fumogena, funzionale a coprire totalmente gli obiettivi di fondo. Il fatto che gli scopi delle due linee in parte convergano, cioè nella realizzazione di testate di potenza molto piccola, non toglie che la distinzione sia fondamentale: la seconda linea è quella che soprattutto interessa ai militari, perché presenta ben altre potenzialità di realizzare armi nucleari basate su principi del tutto nuovi, con Un paio di anni fa Washington ha rifiutato la proposta avanzata da Mosca e Pechino a ll a Conferenza sul Disarmo, che langue a Ginevra, di un nuovo trattato di interdizione de ll e armi basate nello spazio (Associated Press, 27 giugno 2002). 49
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Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
effetti collaterali ridotti, che possano venire utilizzate come armi decisive da campo di battaglia, cancellando la tradizionale e fondamentale distinzione tra armi convenzionali e armi nucleari. Bisogna precisare
infatti che gli Stati Uniti (e forse anche l'URSS e altri paesi) hanno già da molto tempo bombe nucleari di potenza molto piccola, dell'ordine della decina di tonnellate di esplosivo chimico equivalente (un paio di ordini di grandezza meno della tradizionale unità, il kilotone, che equivale a mille tonnellate di esplosivo: per intenderci, circa un millesimo della potenza delle potenze delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, comparabile con le più grosse bombe convenzionali): ad esempio, fin dagli anni '50 era stata realizzata una testata di questa potenza chiamata «Davy Crockett» adattata a proiettile di cannone (v. l'Appendice 7.1, Par. 3), che come tale non è entrata a far parte dell'arsenale nucleare, ma potrebbe forse essere stata utilizzata in altre testate. Qualche anno fa il Direttore dei Sandia National Laboratories, Paul Robinson, confermava che: Esistono progetti provati di potenza molto piccola che potrebbero essere adattabili a nuove necessità militari nel futuro. Credo che queste testate potrebbero essere schierate in questo modo senza la necessità di test nucleari50
Ma, insistiamo, è l'altra linea di ricerca, assolutamente segreta, quella che maggiormente interessa ai militari. Per capire le mistificazioni su questi aspetti si ricordi ad esempio che nella primavera del 2004 venne dato un certo risalto alla revoca di una legge, la SprattFurse del 1994, che vietava non solo la realizzazione ma anche la ricerca di armi nucleari nuove di potenza inferiore a 5 kilotoni (meno dell a metà de ll a bomba di Hiroshima): ma si trattò di «molto rumore per nulla», forse sollevato ad arte, poiché come abbiamo detto gli USA già dispongono da decenni di testate di potenza molto più piccola e quindi quella legge era solo una foglia di fico. E infatti essa non aveva impedito la realizzazione di testate di piccola potenza, poiché proprio durante la sua validità era stata realizzata la testata B61-11, di potenza minima di 0,2 o 0,3 kilotoni. La giustificazione ufficiale è 50 Riportato in: Looking for New Ways to Use Nuclear Weapons: U.s. Counterproliferation Programs, Weapons Effects Research, and «Mini-Nuke» Development, Western States Legal Foundation, Information Bulletin, Winter 2001, nota 26 (www.wslfweb.org). 277
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vera: la B61 11 non è una «nuova» testata, ma appunto una modifica di una testata già esistente 51 (l'amministrazione Clinton ne aveva addirittura previsto l'impiego nella crisi con l'Iraq del 1998) 52 . Ma il punto vero non è questo: con o senza quella legge erano senza dubbio proseguite nei laboratori militari le ricerche sulle armi di nuova concezione, che non sono regolamentate in nessun modo e probabilmente sfuggono totalmente ai controlli del Congresso. Nel novembre 2004 il Congresso degli Stati Uniti ha addirittura tagliato i finanziamenti per il fiscal year 2005 ai progetti delle bunker-busters (Robust Earth Penetrator) e delle mini-nukes per il laboratorio di Los Alamos: un provvedimento senz'altro positivo, se non altro perché indica un ripensamento del corpo politico, ma che a mio parere è stato accolto con eccessivo entusiasmo dalle organizzazioni pacifiste, poiché certamente non fermerà i progetti più pericolosi, altamente segreti, di armi di «Quarta Generazione»: purtroppo quasi nessuno li conosce! Vi dedicheremo l'intero ultimo capitolo. Mentre procedono sotto assoluto segreto queste ricerche, gli Stati Uniti stanno preparando il terreno per questa escalation con l'uso e l'abuso dei proiettili a Uranio Depleto (Par. 6.7). E dietro questi progetti vi sono la lobby e i grandi laboratori di armi nucleari, che ormai condizionano tutto il problema della sicurezza e delle strategie degli Stati Uniti. Sono eloquenti alcune osservazioni della Federazione degli Scienziati Americani (FAS):
Il vento cambia (armi nucleari per sempre) Un'interpretazione più cinica di queste affermazioni è che il personale e la direzione del laboratorio semplicemente si sentono minacciati dalle attuali restrizioni sulle loro attività, e vogliono creare una nuova missione (e il relativo finanziamento) per rimanere operativi indefinitamente. In effetti, a partire dal 1990 con il collasso dell'Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda, vi furono serie discussioni sul chiudere uno dei laboratori delle bombe. E...] I laboratori per le armi nucleari sono particolarmente spaventati dal CTBT, poiché esso probabilmente li limiterà alla manutenzione delle testate già presenti nel nostro arsenale. E particolarmente difficile mantenere i giovani scienziati interessati nei programmi per gli armamenti quando il loro lavoro principale è il compito relativamente ordinario di assicurarne l'affidabilità. I laboratori desiderano la sfida di progettare nuove armi nucleari, semplicemente per l'esperienza di addestramento scientifico e tecnico che questo sforzo porterebbe. Vi è quindi una pressione tremenda per creare una nuova missione che giustifichi un nuovo programma di sviluppo 54
-
Coloro che hanno proposto con più forza le nuove testate di piccola potenza provengono dai laboratori nazionali per le armi nucleari (v. Scheda 2.1), a Los Alamos e Livermore. [...] in un discorso al Nuclear Security Decisionmakers Forum, il direttore del Sandia Laboratory Paul Robinson affermò: «Gli USA senza dubbio avranno bisogno di una nuova arma nucleare E...] perché ci si rende conto che le potenze de ll e testate rimaste dalla Guerra Fredda sono troppo alte per soddisfare le necessità di deterrenza di un mondo multi-polare, ampiamente proliferato [...1» 53 5t Per ulteriori dettagli e referenze si veda della Western States Legal Foundation il Rapporto citato, e l'ulteriore Rapporto Looking for New Ways to Use Nuclear Weapons: U.S. Counterproliferation Programs, Weapons Effects Research, and «MiniNuke» Development, Winter 2001, www.wslfweb.org .
«New nuke policy by Clinton directive allows atomic retaliation against Hussein», Newsday, 1 febbraio 1998, pp. A07; citato nel Rapporto menzionato nella nota precedente. 53 Si vedano gli articoli di Paul Robinson e di Stephen Younger citati.
7.13 Un'inversione gravissima: gli Stati Uniti dalla non-proliferazione alla controproliferazione —
Lo stato di esplicita e sempre più grave violazione dello spirito e della lettera del TNP e degli impegni di disarmo nucleare sottende un profondo cambiamento della strategia degli Stati Uniti al riguardo della proliferazione, in linea con la loro strategia aggressiva. Il loro accanimento verso quegli Stati che essi hanno definito come «canaglia», senza alcun criterio internazionalmente condiviso e solo perché oggi contrastano con i loro interessi (mentre in passato essi avevano spesso incamminato sulla via nucleare), è l'altra faccia della medaglia della presunzione di avere (o di arrogarsi) tutto il diritto di sviluppare, e anche di utilizzare, armi nucleari nuove. Washington ha infatti abbandonato la strategia della non-proliferazione incorporata nei trattati internazionali degli ultimi decenni e ripetutamente ribadita: tant'è vero che essi praticano attivamente la proliferazione verticale. La nuova strategia è piuttosto la controproliferazione, presentata come necessaria per prevenire qualsiasi velleità di attacco e scorag-
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Robert. W. Nelson, «Low-yield Earth-penetrating nuclear weapons»,
FAS
(Federation of American Scientists) Public Interest Report, www.fas.org/faspir/2001
/v54n1/weapons.htm. 279
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
giare altri paesi dal perseguire una capacità nucleare: dissuadere cioè gli altri paesi rafforzando la propria superiorità. Ormai gli Stati Uniti sostengono apertamente di non potere adempiere agli obblighi del TNP e del disarmo nucleare finché non verrà completamente impedito ad altri paesi di dotarsi di armi nucleari: arrogandosi naturalmente il diritto di stabilire quali siano i paesi a cui questo deve essere impedito (dal momento che Israele ne è sempre stato escluso), e quando e come questo impedimento possa considerarsi conclusivo e soddisfacente. È evidente che si tratta di un pretestuoso circolo vizioso. Il vero motivo che sottende la parossistica guerra preventiva senza quartiere contro il terrorismo consiste nel sostenere un'economia di guerra come scelta ormai obbligata per sorreggere la traballante economia statunitense e contrastare i concorrenti sulla scena geopolitica (uE, Giappone): nel 2002-2003 oltre i due terzi dell'aumento del Pil degli USA è da attribuire all'industria bellica e al suo indotto. 7.14
—
Perché gli Stati nucleari hanno promosso e firmato i trattati degli anni '90?
A questo punto occorre porsi una domanda molto importante. Abbiamo evidenziato il corso di un'escalation impressionante riguardante le armi nucleari, che contraddice e rovescia i segnali di distensione e di riduzione di queste armi che si erano manifestati dopo il crollo dell'uRss e la fine della Guerra Fredda. Ma si è trattato davvero di un rovesciamento? Si può pensare che le grandi potenze siano schizofreniche? In altre parole, bisogna chiedersi a questo punto se si trattava davvero di segnali di pace, e di reali intenzioni di procedere verso il disarmo nucleare. In altri termini chiedersi: perché gli USA e la Russia, e gli altri Stati nucleari, firmarono i trattati degli anni '90? Erano davvero trattati volti a un effettivo abbandono progressivo dell e armi nucleari? Che la domanda non sia peregrina è mostrato dal fatto che il trattato START II non è mai entrato realmente in vigore e oggi è del tutto accantonato, e il CTBT non è stato ratificato dagli USA, per cui oggi siamo in realtà in un regime di pura moratoria dei test nucleari (anche la Nuclear Posture Review si esprime più o meno in questi termini, v. Appendice 7.3), che potrebbe essere interrotto quando uno Stato (in primo luogo gli USA) lo ritenga opportu280
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
no, rompendo niente più che un gentlemen agreement. Ma non è questo il punto che vogliamo sottolineare. Abbiamo visto ad esempio nel Par. 7.1 che gli Stati Uniti hanno viluppato un programma di stewardship dell'arsenale nucleare in un s regime di assenza di test nucleari, mettendone in rilievo l'ambiguità, cioè l'alta probabilità che esso vada ben al di là di questo compito, e crei le condizioni per la progettazione di armi nucleari di tipo nuovo senza il bisogno, appunto, di test nucleari. Vedremo tra poco che esistono molti tipi diversi di test connessi alla sperimentazione di armi nucleari o di loro parti o componenti, molti dei quali sfuggono alla definizione di «test nucleare» contemplata nei trattati internazionali. Abbiamo ricordato che gli esperti sostengono che oggi per un paese non-nucleare non solo è molto più facile realizzare armi nucleari che nei decenni passati, ma è possibile realizzare testate di concezione avanzata (Appendice 7.1), efficienti e compatte, senza la necessità di test nucleari completi. I paesi nucleari più avanzati possono certamente andare molto oltre. In definitiva, quindi, appare oggi sempre più plausibile che le potenze nucleari abbiano accettato negli anni '90, dopo decenni di stallo dei negoziati, quei trattati, in quella formulazione, perché ormai erano a disposizione approcci e tecniche nuovi per potere proseguire impunemente, e forse con maggior profitto ed efficacia, sulla strada di progettazione di armi nucleari di nuovo tipo e concezione. In tal modo, inoltre, essi si creavano un merito e un alibi nei confronti dei paesi non-nucleari. Ma non è un caso che «gli altarini si stiano scoprendo»: i solenni impegni di disarmo nucleare totale vengono impunemente disattesi (trincerandosi dietro pretesti come la Corea del Nord o l'Iran), i paesi non-nucleari ne sono sempre più consapevoli ed elevano le loro vibranti proteste nelle conferenze di revisione del TNP. Questo argomento è molto delicato e complesso, ma è il nocciolo dei rischi attuali di proliferazione, ai quali dedicheremo l'intero capitolo finale. Le armi di distruzione di massa nelle strategie attuali e nel futuro È opportuno aggiungere (anche se questi aspetti esulano dai limiti del presente saggio) che purtroppo quanto detto finora per le armi nucleari non è meno vero per le altre armi di distruzione di massa (chimiche e biologiche) e per nuovi sistemi d'arma terribili che i 281
Dopo il crollo dell'uRSS: morte o resurrezione della proliferazione?
laboratori nucleari stanno mettendo a punto (ne accenneremo nel prossimo capitolo). I casi dell'Iraq, de ll a Corea del Nord, dell'Iran dimostrano a mio parere che il secolo che si è aperto sarà il secolo delle armi di distruzione di massa55 ! Sia che si tratti di armi effettivament e usatenlgrch ombatue(srchno molte), o di pretesti per combattere altre guerre, in modo simile a quanto fatto per l'Iraq. I segnali, che chiamare «allarmanti» sembra un eufemismo, sono purtroppo molti, e non intendiamo discuterli qui. Le Convenzioni sulle Armi Biologiche e sulle Armi Chimiche sono a dir poco in condizione di stallo, se non addirittura a rischio, di solito per posizioni intransigenti o apertamente pretestuose di Washington.
7.15 — I test nucleari: a chi servono? Perché i paesi nucleari hanno firmato il CTBT?
La domanda «A chi servono i test nucleari?» può sembrare ingenua. In realtà non lo è affatto, e la risposta può lasciare a prima vista interdetti: essi servono soprattutto ai paesi che già possiedono armi nucleari, più che a paesi o altri soggetti che non le hanno e vogliono dotarsene. L'apparente paradosso si spiega se si cerca di entrare più nel merito. Abbiamo detto più volte che test nucleari completi non sono strettamente necessari per realizzare una testata nucleare: servono piuttosto, a questo fine, test di parti non nucleari della testata, come l'innesco, il meccanismo e la geometria dell'esplosione dell'esplosivo convenzionale (che possono essere testati con materiali non fissili, o con masse sub-critiche), la sorgente di neutroni che avvia la reazione a catena, ecc. Si tratta dunque di test sub-critici, o di test non-nucleari. I test nucleari completi possono essere invece necessari per verificare l'efficienza o l'eventuale deterioramento delle testate schierate in un arsenale con il passare del tempo (anche se oggi sono stati messi a punto metodi di simulazione e altri tipi di controlli, ai quali abbia-
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
accennato nel Par. 7.1), oppure per realizzare testate nucleari di nuova concezione. mo
La certificazione di progetti di armi nucleari sostanzialmente nuove è
difficile o impossibile con alta sicurezza senza test nucleari sotterranei. Tuttavia, gli USA hanno un ampio archivio di progetti testati in precedenza che potrebbero essere schierati con ragionevole confidenza per fronteggiare l'evoluzione delle necessità militari. Inoltre, l'arsenale esistente ha una significativa flessibilità per modifiche per nuove esigenze. E...] Gli USA potrebbero avere una forza mista di testate basate su tipi correnti opportunamente modificati per fronteggiare l'evoluzione delle necessità militari 56 .
Il punto molto importante da sottolineare è che i test del primo tipo, non nucleari o sub-critici, possono essere eseguiti in regime di moratoria dei test nucleari. La questione è piuttosto complessa e delicata: avremo occasione di commentare che anche la definizione di arma nucleare non risulta chiara, né completa, nei trattati internazionali, e questa ambiguità si riflette su armi nucleari di nuova concezione, sull'efficacia dei trattati, e sulla definizione di test nucleare. Il CTBT, secondo la documentazione dei negoziati, proibisce esplosioni che producono una potenza nucleare. Gli USA interpretano che questo significhi che sono proibiti esperimenti in cui esplosivi convenzionali comprimono una massa critica di materiale fissile [corsivo mio] 57 .
Test nucleari sub- critici Questo non esclude dunque, secondo questa interpretazione (che sembra risulti molto comoda per tutti i paesi nucleari, salvo poi puntare il dito accusatore su presunti proliferatori), i test nei quali non si innesca una reazione a catena che si autosostenga, anche se sono presenti materiali fissili (ad esempio una massa sub-critica di plutonio), e
la quantità di energia nucleare rilasciata è trascurabile: per questo si
Ho sviluppate questo concetto in maggiore dettaglio in A. Baracca, «Le armi di stermino nella strategia USA», relazione al convegno «Globalizzazione senza Governo», Bologna, 15-16 maggio 2003, Giano, n. 44, giugno-settembre 2003, p. 141155.
Stephen Younger, Nuclear Weapons in the Twenty-First Century, Los Alamos National Laboratory Report, 27 giugno 2000, cit, pp. 11-13. 57 Sidney Drell et al., Subcritical Experiments, jsR-97-300 (JASON, The Mitre Corporation, McLean, marzo 1997), 14 pp. V. anche F. Von Hippel, «Take a hard look at subcritical tests», Bulletin of the Atomic Scientists, novembre -dicembre 1996, pp. 44-47.
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Dopo il crollo dell'URSS: morte o resurrezione della proliferazione?
parla di test sub-critici (o a volte di test zero yield, di «potenza zero»). Questo fatto aiuta a capire il probabile motivo per cui le potenze nucleari hanno firmato il CTBT, consapevoli (e complici) dei suoi limiti, e soprattutto delle strade che esso lascia aperte (Cap. 9); e ha anche fornito il pretesto a certi paesi, come l'India, per non firmarlo, adducendo il motivo che non era abbastanza restrittivo. Molti Stati, dei quali preoccupano le intenzioni di proliferazione, hanno firmato il CTBT e possono quindi trovarsi in difficoltà a eseguire test nucleari completi. Gli Stati Uniti hanno un intenso programma di test sub-critici. Anche la Russia e la Cina eseguono test sub-critici (dietro l'incidente dell'aprile 2001 de ll a collisione dell'aereo spia americano EP-3E con un intercettore cinese vi era il controllo che Pechino stesse preparando un test nucleare nel poligono di Lop Nur) 58 . Entriamo un po' più nel merito dei test sub-critici e non-nucleari: se ne distinguono essenzialmente due tipi. — I test idronucleari coinvolgono materiale fissile: sono esperimenti innescati da alto esplosivo, nei quali la condizione di criticità della massa non viene mantenuta per un tempo sufficiente, per cui la reazione a catena si arresta dopo due o tre «generazioni» di fissione indotte e la potenza nucleare sviluppata è trascurabile (tra 1 kg e alcune tonnellate di esplosivo equivalente). È opportuna una precisazione per chiarire la natura e la portata di questi esperimenti. La reazione a catena è sub-critica quando il numero dei neutroni generato nei processi di fissione nucleare non aumenta: si dice che il fattore di moltiplicazione dei neutroni rimane minore di 1 (Appendice 1.1.m). Questo non vuol dire però che l'energia prodotta sia necessariamente trascurabile. Infatti, se si inietta un flusso sufficientemente alto di neutroni in una massa subcritica di materiale fissile (inferiore cioè alla massa minima necessaria perché la reazione a catena si autosostenga o diverga), è possibile generare un numero molto alto di fissioni, e quindi sviluppare una considerevole quantità di energia: questa tecnica è chiamata subcritical burn («calcinazione subcritica») 59. Espe-
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
rimeriti di questo tipo risultano utili per molti scopi, anche perché si possano eseguire con qualsiasi tipo di plutonio, essendo tutti i suoi isotopi fissili con neutroni veloci. Sono anche tra i candidati a realizzare nuove testate di piccola potenza di «Quarta Generazione» (v. Par. 9.9). Questo commento consente di capire su cosa vertevano, al tempo dei negoziati sul CTBT, le discussioni su uno zero-yield treaty («trattato a potenza zero»), opzione che di fatto fu scartata. — Nei test idrodinamici, invece, viene imploso materiale non fissile (uranio depleto, o uranio naturale) per verificare l'andamento idrodinamico dell'esplosione, cioè come funziona l'alto esplosivo. Tutti i test richiedono l'impiego di strumentazione molto sofisticata e vari metodi diagnostici (raggi X, fasci di neutroni, ecc.) per rilevare i dati interessanti. Vi sono ancora molti altri tipi di test: alcuni usano dispositivi che non assomigliano a una testata nucleare, per studiare il comportamento del plutonio ad altissime pressioni. Gli USA possiedono la Dual Axis Radiographic Hydrotest Facility, a Los Alamos, per studiare l'implosione del plutonio, e stanno sviluppando la tecnologia per una struttura ancora più sofisticata, l'Advanced Hydrotest Facility (v. Par. 9.4). Vi è poi un ulteriore limite del CTBT: esso riguarda testate tradizionali in cui la fissione nucleare è comunque fondamentale, poiché cita solo la proibizione di una reazione a catena che si autosostenga, per cui non esclude test nei quali sia presente solo una reazione di fusione nucleare. Oggi non si conosce il modo di realizzare una reazione di fusione che si autosostenga senza un'esplosione a fissione che la inneschi (v. Appendice 1.1.t, u), ma vedremo la gravità di questo limite quando parleremo delle prospettive nuove nell'ultimo capitolo. 7.16 — Minaccia nucleare dai terroristi?
Un'altra preoccupazione che spunta regolarmente riguarda la Bill Gertz, Washington Times, 9 aprile 2001. L'esecuzione del test sub-critico sarebbe poi stata confermata: Bill Gertz e Rowan Scarborough, Washington Times, 6 giugno 2001. 59 Maggiori dettagli sono riportati in André Gsponer e Jean-Pierre Hurni, «Fourth Generation Nuclear Weapons», INESAP Technical Report, n. 1, settima edizione, settembre 2000, pp. 84-87.
possibilità che gruppi terroristi, e tra questi l'ormai onnipresente
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(con motivo o per pretesto) Al Qaeda, possano dotarsi di materiale nucleare e realizzare bombe nucleari. Il problema è complesso e controverso, oltre a prestarsi a molte manipolazioni, per cui vi faremo solo un breve accenno. Ma per prima cosa sembra doveroso chiarire
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
che se vi sono rischi di sottrazione o di commercio illegale di materiale nucleare o fissile, o di conoscenze tecniche, la responsabilità di questa situazione ricade totalmente sui paesi nucleari e i loro alleati o complici, che hanno usato strumentalmente per i loro scopi politici o geostrategici questi armamenti e hanno creato la situazione complessa e difficilmente governabile in cui ci troviamo; senza contare le responsabilità precise che essi hanno anche sulla nascita, sugli sviluppi, nonché sull'uso strumentale, del terrorismo (ammesso che non si debbano considerare «terroristi» in primo luogo i metodi utilizzati in troppe occasioni da ll e grandi potenze, con l'arroganza del più forte, in Cile, in Nicaragua, in Colombia, in Venezuela, in Palestina, in Iraq, e così via). Detto questo, vi è da fare una prima grossolana distinzione. Ancor prima della fabbricazione di una vera e propria testata nucleare, vi è la possibilità che un gruppo organizzato possa realizzare una cosiddetta «bomba sporca» (dirty bomb), o «bomba radiologica», che potrebbe grosso modo consistere in un'esplosione convenzionale che disperda nell'ambiente materiale radioattivo, che un gruppo terrorista potrebbe procurarsi clandestinamente, in modo forse neppure troppo difficile: gli effetti di un tale ordigno potrebbero essere molto superiori a quanto si pensi, a causa dell'inalazione da parte della popolazione del materiale radioattivo disperso nell'atmosfera 60. Per quanto riguarda questa possibilità vi è da osservare comunque che le grandi potenze hanno preceduto i terroristi con l'uso sconsiderato dei proiettili a uranio depleto, che probabilmente hanno già seminato e semineranno più vittime totalmente innocenti di un terribile attacco terrorista (del resto, nell'attacco alla Serbia non si era paventato il bombardamento NATO di un centro di ricerche nucleari, dopo quello delle industrie chimiche di Panchevo e di Novi Sad? Guerra chimica e guerra radiologica). Venendo alle bombe nucleari vere e proprie, è stata ventilata in primo luogo l'eventualità che i terroristi possano procurarsi una o alcune delle piccole testate nucleari «da valigetta» (suitcase, cfr. Appendice 7.1, Par. 3), il cui numero nell'arsenale russo è totalmente sconosciuto, e quindi tanto più difficilmente controllabile. Ma anche in questo caso, di chi sarebbe la responsabilità vera? Una seconda possibilità consiste nel procurarsi sul mercato clandestino
qu antitativi di plutonio o di uranio altamente arricchito. Traffici di q uesto genere vengono periodicamente denunciati e poi eventual-
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mente smentiti; rapporti della CIA hanno denunciato sottrazioni di m ateriale fissile da depositi o istituti russi. L'aspetto più preoccupante è che, come abbiamo sottolineato in più occasioni, qualora un gruppo terrorista sufficientemente organizzato riuscisse a procurarsi un quantitativo sufficiente di questi materiali, la fabbricazione di una bomba nucleare potrebbe risultare meno difficile di quanto si potrebbe pensare, malgrado qualche difficoltà iniziale 61 (per un gruppo terrorista potrebbe risultare più semplice realizzare una bomba all'uranio con il dispositivo «a cannone», come la bomba di Hiroshima che non venne testata, piuttosto che una bomba al plutonio). Nel 2001 le autorità pakistane arrestarono un gruppo di scienziati che avevano fatto parte del loro programma nucleare e avevano quindi avuto accesso a informazioni riservate, e potevano essere stati coinvolti in progetti nucleari dei taleban. Sarebbero necessarie in ogni caso misure più rigorose di controllo e di custodia dei depositi nucleari, soprattutto in Russia: ma interventi seri e risolutivi potrebbero costare varie decine di miliardi di dollari. Chi sarebbe disposto a pagare? 7.17
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La conferenza di revisione del 2005, una scadenza cruciale: rilancio o naufragio del TNP?
Nel contesto generale che abbiamo cercato di delineare in questo capitolo si avvicina la scadenza cruciale della Conferenza di Revisione del TNP del maggio 2005. Appare evidente che il trattato è fortemente a rischio 62 . Una Conferenza Preparatoria dei paesi fi^t^tatari del TNP si è tenuta dal 26 aprile al 7 maggio 2004, per discutere le raccomandazioni per la Conferenza di Revisione, ma le divergenze tra alcuni paesi nucleari (in primo luogo gli Stati Uniti e la Gran 61
David Albright, Kathryn Buehler e Holly Higgins, «Bin Laden and the bomb»,
Bulletin of the Atomic Scientists, Vol. 58, n. 1 (gennaio - febbraio 2002). Carey
Geoff Brumfield, «Dirty bomb dust proves deadly», Nature, 5 maggio 2004.
Sublette: http://nuclearweaponarchive.org/News/ con vari sottorimandi: Terrorist Bombintro.html, TerroristsBombs.html, IslamicTerrorBombs.html. 62 L'autorevole rivista scientifica Nature se ne è occupata nel n. 432 del novembre 2004, con un Editoriale, e un articolo di Geoff Brumfiel, «Nuclear proliferation special: we have the technology», pp. 432-437.
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Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Bretagna) e i paesi non-nucleari non hanno consentito di raggiungere un accordo: come sempre, i primi si sono concentrati sugli obblighi dei paesi non-nucleari di non sviluppare o acquisire armi nucleari (la linea de ll a controproliferazione, Par. 7.13), mentre i secondi hanno insistito in primo luogo sul non rispetto dei paesi nucleari degli impegni di disarmo. Di fronte all'aperta volontà degli Stati nucleari, e in primo luogo degli USA, di non procedere in alcun modo al disarmo nucleare, fanno sorridere (se è possibile) la Proliferation Security Initiative, assunta da Bush nel maggio 2003 per intercettare i trasporti di armi di distruzione di massa e di tecnologia, e la parallela «Strategia Contro la Proliferazione di Armi di Distruzione di Massa» assunta nel dicembre 2003 dall'Unione Europea 63 : l'obiettivo è come sempre quello di controllare gli altri, in sintonia con la linea della controproliferazione. Ma la situazione del TNP, come trattato che dovrebbe impedire la proliferazione orizzontale e arrestare quella verticale portando a un disarmo nucleare completo, è ancora più critica di quanto abbiamo fin qui discusso: lo vedremo quando discuteremo le nuove frontiere della proliferazione nucleare nell'ultimo capitolo, le quali sfuggono completamente al TNP ed al CTBT, riguardando la ricerca di armi nucleari di concezione completamente nuova. In queste condizioni, il fallimento della Conferenza di Revisione e la decadenza del TNP potrebbe addirittura non essere neppure la prospettiva peggiore. Potrebbe essere molto peggio se si rattoppasse in qualche modo la situazione, riconfermando il TNP, magari senza arrivare a un documento comune o ribadendo i soliti (e finora inutili) impegni di disarmo nucleare: un accordo di facciata, insomma, che consentirebbe ai paesi nucleari e a molti altri di proseguire indisturbati nella ricerca e nella realizzazione di armi nucleari di tipo nuovo e molto più pericolose. Un impasse che fosse in grado però di ribadire con la massima fermezza e autorità l'esigenza improrogabile, senza se e senza ma, e al di là di qualsiasi trattato esistente, del disarmo totale assoluto e senza condizioni potrebbe forse essere oggi il solo modo per dare uno scossone salutare all'opinione pubblica di tutto il mondo e mettere tutti i paesi senza distinzione con le spalle al muro. Ian Anthony, «Main trends in arms control and non-proliferation», SIPRI Yearbook 2004: Armaments, Disarmament and Intenational Security, Oxford University 63
Press, 2004, Cap. 14. 288
Appendice 7.1 STRUTTURA ED EVOLUZIONE DELLE ARMI NUCLEARI
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L'evoluzione delle armi nucleari dal 1945 a oggi è stata continua e profonda. Non intendiamo naturalmente entrare in eccessivi dettagli (anche perché gli schemi precisi di tutte le testate sono segreti), ma fornire alcuni elementi tecnici che aiutino a inquadrare meglio la situazione attuale della proliferazione e le sue tendenze", che analizzeremo nel Cap. 9. Per tutti gli anni '50 e nei primi anni '60, come abbiamo ricordato, la tendenza fu di costruire armi di potenza maggiore (nel 1961 l'URSS esplose la bomba più potente in assoluto, di ben 59 mt, cioè equivalente a 59 milioni di tonnellate di tritolo!): questo era connesso al fatto che i principali vettori erano i bombardieri strategici, e alla dottrina predominante a quell'epoca dell'uso delle armi nucleari contro i centri abitati. L'avvento dei missili balistici e il miglioramento della loro precisione resero possibili attacchi più mirati contro i centri economici e mi litari dell'avversario, ed ebbe inizio un processo di riduzione delle dimensioni e del peso delle testate, con la produzione di cariche nucleari di potenze più piccole destinate ad una serie di usi strategici selettivi, nonché di armi nucleari tattiche e da campo di battaglia (Parr. 5.3 e 7.9): i proiettili nucleari d'artiglieria, ad esempio, vennero sperimentati per la prima volta nel 1953. Questa evoluzione portò anche a un miglioramento del rapporto potenza/peso, soprattutto con l'impiego di congegni di fusione nucleare (in particolare il meccanismo del boosting, che discuteremo). Oltre a questi sviluppi delle testate nucleari vennero realizzati progressi tecnici meno noti, ma non meno importanti, ad essi collegati, riguardanti la sicurezza, l'affidabilità e la versatilità. Le misure di sicurezza miravano a minimizzare i rischi di incidenti durante la manutenzione delle testate e il loro uso non autorizzato65 . L'affidabilità delle testate fu migliorata in diversi modi, ad esempio creando materiali speciali per prevenire il deterioramento delle varie componenti dell'arma o particolari strutture in grado di sopportare l'enorme accelerazione prodotta all'interno della canna di cannone. La versatilità fu migliorata progettando le testate in modo tale che potessero essere facilmente selezionate diverse potenze di esplosione.
La maggior parte delle informazioni raccolte in questa Appendice sono tratte dal già citato studio di André Gsponer e Jean-Pierre Hurni, «Fourth Generation Nuclear Weapons», INESAP Technical Report, n. 1, settima edizione, settembre 2000. 65 Le due bombe esplose su Hiroshima e Nagasaki ponevano notevoli rischi di detonazione accidentale se il B-29 che le trasportava avesse avuto un incidente al decollo: i componenti critici vennero perciò rimossi dalle testate e installati quando il bombardiere raggiunse l'alta quota. 64
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? 1. Le testate nucleari di Prima Generazione
Sono queste tutte le bombe ad uranio o plutonio a pura fissione. Abbiamo discusso i meccanismi di base nell'Appendice 1.1.p. Tenendo conto della quantità di esplosivo convenzionale necessaria (sui 300 kg), il peso di ordigni di questo tipo si aggira sui 500-1.000 kg. Queste testate, per la loro intrinseca semplicità, costituiscono una delle principali minacce di proliferazione orizzontale (soprattutto per paesi che non siano in grado di fornirsi della tecnologia del trizio). È importante precisare, per quanto segue, che per la potenza sviluppata dall'esplosione nucleare è cruciale ottimizzare i tempi: dopo l'implosione e l'innesco della reazione a catena, la testata impiega circa 20-30 nanosecondi (miliardesimi di secondo) per smembrasi per effetto dell'esplosione: con questo si interrompe ovviamente la reazione a catena, per cui la potenza sviluppata è data dall'energia nucleare liberata fino a quel momento. Per migliorare la situazione si utilizza un involucro riflettore di neutroni, che risulta però molto pesante.
Pu -239 o U-235 (4 kg)
2. Armi nucleari di Seconda Generazione
Le innovazioni più importanti introdotte agli inizi furono: il meccanismo del boosting (spinta) delle bombe a fissione e le bombe termonucleari a due stadi (fissione-fusione). — Il meccanismo del boosting (il ruolo fondamentale del trizio) In questo meccanismo viene aggiunto un piccolo componente a fusione nucleare, il quale non contribuisce sensibilmente alla potenza esplosiva, ma ha la funzione di aumentare l'efficienza e la rapidità della fissione nucleare. Non si tratta in alcun modo di una bomba a fusione (termonucleare, bomba H), poiché la quantità di materiale che subisce la fusione nucleare è molto piccola. Lo schema è il seguente (Fig. 7.1). Il nucleo della testata è costituito dal pit (nocciolo) sferico di plutonio o uranio, circondato dall'alto esplosivo chimico. Nel centro del pit si introduce una piccola quantità (sui 2 grammi) di una miscela di deuterio e trizio (DT) poco prima di detonare la testata (ciò perché il trizio è radioattivo, con una vita media di 12 anni, Appendice l.l.g, e non rimarrebbe inalterato a lungo nelle testate schierate). L'esplosione dell'esplosivo chimico (la cui geometria deve essere accuratamente studiata) produce l'implosione del pit, e la conseguente compressione del DT nel suo centro in una sfera di pochi millimetri di raggio con una densità decine di volte più alta di quella della sua fase solida (con una tecnologia di implosione abbastanza sofisticata). Questo innesca la reazione di fusione nucleare del DT, che per sufficiente compressione è molto veloce (1,5-2 nanosecondi). Tale reazione genera un flusso di neutroni dall'interno del pit, il quale intensifica e accelera la fissione del plutonio circostante, moltiplicandone il rendimento di circa un fattore 100 in un tempo di 5 «generazioni» di neutroni, cioè dell'ordine di 10
nanosecondi, minore dei 20-30 nanosecondi che impiega la testata a disintegrarsi. Vi sono vari aspetti complessi da realizzare per ottimizzare questi tempi: è molto importante massimizzare la compressione del plutonio, quindi ancora una tecnologia di implosione avanzata; poiché il DT e il plutonio non raggiungono la massima densità nello stesso momento, è essenziale regolare esattamente il generatore di neutroni che innesca la reazione a catena. Il meccanismo del boosting ha consentito di realizzare testate molto compatte ed efficienti, migliorando notevolmente il rapporto potenza-peso: l'intensificazione della reazione a catena dovuta al flusso neutronico dall'interno consente infatti di eliminare alcune componenti molto pesanti, come lo schermo esterno riflettore di neutroni, guadagnando sia in potenza sia in leggerezza. Esso consente inoltre di utilizzare qualsiasi tipo di plutonio, e non solo il plutonio weapon-grade. A parte alcune difficoltà tecniche cui abbiamo accennato, la costruzione di una testata boosted compatta e «lanciabile» può risultare più semplice di quella delle testate di Prima Gene-
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Pit compresso R = 0,4 cm
Pit non compresso R 6 cm
Schema del funzionamento di una testata nucleare a fissione con il meccanismo del boosting (la scala relativa non è rispettata).
Fig. 7.1
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? razione. Le testate boosted inoltre sono più sicure, poiché è praticamente impossibile che avvenga un'esplosione accidentale 66 (il DT viene inserito poco prima dell'esplosione): l'eventualità che si inneschi accidentalmente una reazione a catena anche in assenza del DT è stata ulteriormente abbassata studiando pits ovali anziché sferici. Aggiungiamo un'osservazione, che risulterà importante anche per le testate termonucleari e per le considerazioni dell'ultimo capitolo. L'importanza e l'uso della miscela di DT sono dovuti al fatto che la temperatura generata direttamente da un'esplosione a fissione è in grado di innescare solo la reazione di fusione nucleare tra il D e il T, mentre altre reazioni di fusione presentano una soglia più alta. Si capisce quindi l'importanza strate-
Bomba a fissione PRIMARIO Hohlraum
Raggi X
gica del trizio. — Le testate termonucleari a due stadi
In una bomba a idrogeno un'esplosione a fissione boosted con trizio (primo stadio) comprime e «ignisce» un sistema secondario nel quale le reazioni di fusione nucleare producono la maggior parte della potenza. Lo sviluppo di queste testate consentì un progresso di circa 20 volte nel rapporto potenza-peso rispetto alle testate di Prima Generazione. Le difficoltà iniziali furono dovute al fatto che la «Super» a cui pensava Teller (Par. 15) non poteva funzionare per il motivo fisico appena discusso: solo una miscela DT potrebbe venire «ignita» da un'esplosione a fissione, ma il trizio è difficile da produrre in ingenti quantità (soprattutto allora) e non si mantiene per il suo decadimento radioattivo, ed è impossibile «ignire» un'altra reazione di fusione in un altro «esplosivo» a fusione più comune (DD, o Li-D) ponendolo semplicemente accanto a una bomba a fissione. Di qui nacque l'idea del «meccanismo di Teller-Ulam», la cui condizione fondamentale consiste nel provocare una forte compressione (implosione) dell'esplosivo a fusione (termonucleare), necessaria perché la reazione di fusione si inneschi e proceda in un tempo breve rispetto a quello del confinamento. Questa implosione viene ottenuta dal confinamento inerziale provocato dai raggi X generati dall'esplosione del primo stadio a fissione. I requisiti e accorgimenti fondamentali sono quindi: confinare il materiale termonucleare abbastanza a lungo perché esso «bruci» prima che la pressione lo disperda (questo tempo è inversamente proporzionale alla compressione); aumentando la compressione, quindi la densità, si abbassa la temperatura in cui si innesca la fusione nucleare.
SECONDARIO
Fig. 7.2 — Schema di una bomba termonucleare a due stadi con il «meccanismo di Teller-Ulam».
Per inciso, le sei bombe che aveva realizzato il Sudafrica (senza test nucleari) erano del tipo «a cannone», particolarmente poco sicuro: questo riduce in certa misura i meriti del paese di averle smantellate.
Lo schema di base di una bomba termonucleare a due stadi è dunque il seguente (Fig. 7.2). Una bomba a fissione (primario, naturalmente boosted) e un contenitore con l'esplosivo termonucleare (secondario) sono posti in un recipiente comune (radiation case) le cui pareti sono costituite da un materiale pesante opaco ai raggi X, mentre il suo interno (hohlraum, cavità) è riempito di un materiale leggero trasparente ai raggi X. L'esplosione del primario emette grandi quantità di raggi X e di neutroni. I raggi X vengono trattenuti in seno allo hohlraum e lo trasformano in un plasma estremamente caldo, raggiungendo rapidamente un equilibrio (la radiazione si propaga alla più alta velocità possibile in natura, quella della luce), il quale assicura l'uniformità della pressione e della temperatura in tutti i punti. Il plasma riemette raggi X, i quali colpiscono uniformemente la superficie del secondario: questa vaporizza, e il materiale espulso genera come reazione una pressione verso l'interno che causa l'implosione del materiale termonucleare ad altissime densità (l'hohlraum è fondamentale per ottenere l'uniformità della compressione, senza la quale si genererebbero instabilità nell'implosione). Questa fortissima implosione consente di raggiungere la
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? temperatura necessaria per innescare la fusione della miscela di D-Li che compone il secondario: questa libera la maggior parte dell'energia della testata. Anche qui c'è un delicato gioco di tempi: la compressione e la «combustione» del secondario possono essere complete prima che l'onda d'urto meccanica dal primario, che si propaga con velocità molto minore di quella dei raggi X, lo raggiunga e disintegri la testata. Anche se la costruzione di una bomba di questo tipo richiede una tecnologia relativamente semplice, la comprensione scientifica dei dettagli di quanto accade nel secondario è ancora incompleta: vedremo pertanto nel Cap. 9 l'importanza in questo senso delle ricerche sulla fusione nucleare controllata. Dopo 50 anni di ricerca e sperimentazione non ci si aspettano comunque progressi significativi per queste testate: questo è forse uno dei motivi tecnici per cui il CTBT (con i limiti che abbiamo discusso) è stato accettabile. La Fig. 7.3 mostra la testata di un missile balistico armata di una bomba termonucleare a due stadi.
Pu-239
Sono possibili vari accorgimenti ulteriori nello schema di base precedente. L'involucro del secondario può funzionare da «compressore» (tamper) che, riemettendo la radiazione, abbassa anche la compressione necessaria: esso esercita anche la funzione di contenere ulteriormente la fusione (pusher). Per garantire l'innesco della fusione del secondario, si può porre al suo centro un terzo elemento, la «accensione» (sparkplug), costituito da una massa subcritica di materiale fissile (a sua volta boosted), il quale viene compresso dall'implosione del secondario, divenendo critico. A questo punto giunge il flusso di neutroni emesso dalla fissione del primario (che si propaga con velocità molto più piccola di quella dei raggi X) e ne innesca la fissione: con un'adeguata progettazione questa può avvenire proprio quando l'esplosivo termonucleare raggiunge la massima densità, per cui la radiazione prodotta dalla fissione aumenta ulteriormente dall'interno la sua cornpressione, garantendo l'innesco della fusione anche nelle condizioni peggiori. Il pusher-tamper che racchiude il secondario può essere un materiale che riflette anche i neutroni. Progressi successivi hanno consentito una più efficiente implosione del secondario, permettendo di eliminare lo sparkplug e di ridurre il quantitativo e il peso del pusher-tamper. Oppure quest'ultimo può essere costituito di uranio arricchito, in modo da aumentare la potenza della testata, o da renderla più leggera a parità di potenza: in quest'ultimo caso è stato ottenuto un significativo perfezionamento facendo in modo che la compressione esercitata dal primario sia abbastanza alta da rendere critico il tamper, in modo che in esso si inneschi una reazione a catena. Questi accorgimenti permettono di capire che in generale è più difficile costruire
DT (booster)
una testata di piccola potenza che una di grande potenza. A partire dagli anni '50 non è stata introdotta nessun'altra innovazione
Esplosivo chimico
PRIMARIO
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
veramente significativa nella concezione delle armi nucleari.
Hohlraum 3. Testate di Terza Generazione 67 (speciali, a effetti potenziati)
Esplosivo Li6D SECONDARIO
Innesco DT U-238
Fig. 7.3 — Rappresentazione schematica di una testata termonucleare a due stadi montata sulla testata di un missile balistico. 294
Si tratta essenzialmente di una serie di testate speciali, per usi o con effetti specifici: testate a radiazione potenziata, soppressa o indotta, bombe a impulso magnetico (EMP), bombe ai neutroni, ecc. Queste bombe non hanno mai trovato un uso militare veramente convincente, e non hanno mai avuto quindi un ruolo preciso negli arsenali nucleari. Il loro sviluppo richiede un numero considerevole di test nucleari, per cui queste testate sono quelle che più hanno risentito delle limitazioni del CTBT. Su queste non ci soffermeremo. Sono state sviluppate mine nucleari e testate trasportabili in uno zaino. La più piccola testata sviluppata dagli Stati Uniti è stata la W-54 (« Davy T.B. Taylor, «Third generation nuclear weapons», Scientific American, Vol. 256, aprile 1987, pp. 30-39.
67
295
II
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
Crockett»0), un proiettile nucleare sparato da cannoni progettato nei Los Alamos National Laboratories68 . Tra il 1956 e il 1963 ne furono prodotte 2.100: furono schierate dal 1961 al 1971. Aveva forma approssimativamente ovoidale, di dimensioni dell'ordine di 40 cm per 25 cm, peso dell'ordine di una ventina di kg, e potenza esplosiva minima dell'ordine di qualche decina di tonnellate di esplosivo equivalente. Anche i sovietici hanno probabilmente sviluppato «testate da valigetta» di questo tipo. La struttura di questo tipo di testate, a pura fissione, potrebbe consistere in una quantità minima di materiale fissile di alta efficienza (plutonio o U-233), una quantità limitata di alto esplosivo e un sottile riflettore di neutroni di berillio. Anche della B-61, cui abbiamo accennato nel Par. 7.12, non si sa nulla: è probabile che siano state eliminate componenti a fissione del secondario; si potrebbe anche ipotizzare che nell'involucro di una testata B-61 sia stata posta una testata «Davy Crockett». Queste testate di potenza molto piccola, comunque, rientrano nelle vecchie linee di ricerca in questa direzione, soppiantate ormai dall'interesse per una Generazione completamente nuova di armi nucleari.
re significativo di cui l'Alleanza deve tenere conto per mantenere la sicurezza e la stabilità nell'area Euro-Atlantica 70.
Sebbene questa sezione non tragga la conclusione che «potenti» arsenali nucleari stranieri richiedano che la NATO mantenga il proprio potente arsenale, non è difficile inferire tale conclusione, data la storia strategica dell'Alleanza. I passaggi centrali che stabiliscono la strategia nucleare della NATO si trovano nella parte Iv (Linee Guida per le Forze dell'Alleanza) nella prima sezione (Principi della Strategia dell'Alleanza), e più oltre in una serie di paragrafi intitolati Caratteristiche delle Forze Nucleari, che fanno parte della sezione sulla Alliance's Force Posture. Nei paragrafi 2 e 6 dei Principi della Strategia dell'Alleanza, si riafferma sia la centralità delle armi nucleari per la strategia di sicurezza della NATO, sia la necessità che continui lo schieramento delle armi nucleari statunitensi in Europa: La presenza delle forze convenzionali e nucleari degli USA in Europa rimane vitale per la sicurezza dell'Europa, che è legata in modo inseparabile a quella del Nord America71 . Per proteggere la pace e prevenire la guerra o qualsiasi tipo di coercizione, l'Alleanza manterrà per il futuro prevedibile una miscela appropriata di forze nucleari e convenzionali basate in Europa e modernizzate [kept up to date] ove necessario, anche se ad un livello minimo sufficiente [...] necessario ad assicurare una deterrenza credibile ed a fornire un ampio spettro di opzioni e di risposte convenzionali. Ma le sole forze convenzionali dell'Alleanza non possono assicurare una deterrenza credibile. Le armi nucleari forniscono un contributo unico per rendere incalcolabili e inaccettabili i rischi di un'aggressione all'Alleanza. Esse rimangono quindi essenziali per mantenere la pace 72 .
4. Le future testate di Quarta Generazione
Si dà questo nome a testate che (probabilmente) non sono ancora state pienamente sviluppate. Esse sono basate su processi e tecniche che non sono vietati dal CTBT. L'interesse dei militari si dirige verso ordigni di tipo completamente nuovo, a pura fusione. Ce ne occuperemo nell'ultimo capitolo. Appendice 7.2
«Nuovo CONCETTO STRATEGICO» DELLA NATO69 (APRILE 1999)
LA STRATEGIA NUCLEARE NEL
Vi sono quattro sezioni nel «Nuovo Concetto Strategico» che vertono direttamente sul ruolo de ll e armi nucleari nella dottrina strategica della NATO. Il primo è un breve paragrafo nella sezione sulle Sfide e i Rischi per la Sicurezza dell'Alleanza, in cui si osserva che
Il «ruolo centrale» indicato nella sezione dei Principi viene poi specificato nella successiva sezione sulle Caratteristiche delle Forze Nucleari. Tre paragrafi stabiliscono una strategia di deterrenza nucleare non molto diversa da quella della Guerra Fredda: [Le forze nucleari della NATO] continueranno a svolgere un ruolo essenziale assicurando l'incertezza nella mente di qualsiasi aggressore sulla natura della risposta dell'Alleanza a un'aggressione militare. Esse dimostrano che un'aggressione di qualsiasi tipo non è un'opzione razionale. La garanzia suprema della sicurezza degli Alleati è assicurata dalle forze nucleari strategiche dell'Alleanza, in particolare quelle degli Stati Uniti.
L'esistenza di potenti forze nucleari al di fuori dell'Alleanza costituisce un fattoCfr. httpwww.brook.edu/FP/projects/nucwcost/davyc.hym; Carey Sublette, Are Suitcase Bombs Possible?, http://nuclearweaponarchive.org/News/DoSuitcase
NukesExist.html. 69 The Alliance's Strategic Concept: Approved by the Heads of State and Government participating in the meeting of the North Atlantic Council in Washington DC on 23rd and 24th April 1999: NAC-s(99)64, 23 April 1999. Disponibile in: http://www.int/docu/pr/1999/p99-065e.htm.
296
70 71 72
Ivi, Security Challanges and Risks, paragrafo 2. Ivi, Principles of Alliance Strategy, paragrafo 2. Ivi, Principles of Alliance Strategy, paragrafo 6. 297
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? [Ciò] richiede un'ampia partecipazione degli Alleati Europei coinvolti nei piani di difesa collettiva in ruoli nucleari, nello schieramento in tempo di pace di forze nucleari sui loro territori e in accordi di comando, controllo e consultazione 73 .
Si deve sottolineare che ponendo la possibilità di una risposta nucleare a una «aggressione di qualsiasi tipo», questo passaggio conferma chiaramente la strategia del first use che venne mantenuta durante la Guerra Fredda. Inoltre, riferendosi alle armi nucleari come «garanzia suprema» della sicurezza della NATO, si conferma una politica di sicurezza fondamentalmente nucleare. I paragrafi 2 e 3 della sezione sulle forze nucleari cercano di mitigare in certa misura questo concetto di deterrenza della Guerra Fredda alla luce dei cambiamenti dell'ultimo decennio. Nel paragrafo 2 la NATO si impegna a mantenere questa posizione di deterrenza al livello più basso possibile, e nel paragrafo 3 stabilisce che le circostanze nelle quali qualsiasi uso delle armi nucleari potrebbe dover essere contemplato sono... estremamente remote.
Cionondimeno, questi paragrafi proseguono anche la pratica dell'Alleanza di schierare armi nucleari al di fuori dei territori degli Stati nucleari (Par. 7.3), e mantengono le armi nucleari tattiche (Par. 7.9) come parte della strategia di deterrenza: adeguate forze sub-strategiche basate in Europa costituiranno un legame essenziale con le forze strategiche, rafforzando i legami transatlantici.
Presi nel loro insieme questi passaggi del «Nuovo Concetto Strategico» (anche se costituiscono meno del 10% del totale del testo) riconfermano una strategia nucleare di deterrenza immutata dalla Guerra Fredda: i passaggi chiave riproducono infatti quasi alla lettera il «Concetto Strategico» del 1991.
Appendice 7.3 BRANI ESTRATTI DALLA NUCLEAR POSTURE REVIEW (8 GENNAIO 2002)
Si tratta di un documento molto lungo e complesso, che è difficile riassumere. Come risulta chiaro dalla premessa del Segretario alla Difesa, esso non riguarda solo le armi nucleari, ma anche la loro integrazione in un sistema di difesa molto articolato. I passi che riportiamo costituiscono una selezione per73
Ivi, Characteristics of the Nuclear Forces, paragra fi 1 e 2. 298
sonale delle parti che vertono specificamente sulle armi nucleari, e non intendono in alcun modo esaurire la posizione degli Stati Uniti sul sistema di difesa espressa nel documento. Abbiamo cercato di riportare quelle parti che mostrano la chiara volontà degli USA di non rinunciare mai alle armi nucleari, e di attrezzarsi per mantenere una capacità di produrle ed eventualmente di riprendere i test nucleari. Le parti del documento che sono note si possono reperire ad esempio sul sito web: http://www.globalsecurity.org/wmd/library/policy/dod/nprhtm. Premessa
[...] questa Nuclear Posture Review (NPR) mette in moto un cambiamento principale nel nostro approccio al ruolo delle forze nucleari offensive nella nostra strategia di deterrenza e presenta il piano per trasformare la nostra posizione strategica. Questo rapporto stabilisce una Nuova Triade, basata su; —Sistemi d'attacco offensivi (sia nucleari sia non-nucleari); — Difese (sia attive sia passive); e —Un'infrastruttura di difesa rivitalizzata che fornirà nuove capacità in modo tempestivo per fronteggiare minacce emergenti. Questa Nuova Triade è tenuta assieme da sistemi potenziati di comando e controllo (C2) e di intelligence. L'instaurazione di questa Nuova Triade può sia ridurre la nostra dipendenza dalle armi nucleari, sia migliorare la nostra capacità di scoraggiare un attacco in rapporto alla proliferazione di Armi di Distruzione di Massa in due modi: — L'aggiunta di difese (insieme alla prospettiva di adeguamenti tempestivi delle capacità delle forze e sistemi C2 e di intelligence rafforzati) significa che gli Stati Uniti non dipenderanno più in modo così pesante dalle forze d'attacco offensive per rafforzare la deterrenza come durante la Guerra Fredda. —L'aggiunta di forze d'attacco non-nucleari — che includono un attacco convenzionale e operazioni di informazione — significa che gli Stati Uniti saranno meno dipendenti che nel passato dalle forze nucleari per provvedere alla propria capacità di deterrenza offensiva. La combinazione di nuove capacità che costituisce la Nuova Triade riduce il rischio alla nazione mentre porta le proprie forze nucleari verso l'obiettivo di 1.700-2.200 testate operative strategiche schierate annunciato dal Presidente Bush il 13 novembre 2001 74 . Si osservi che si parla solo del numero di testate strategiche effettivamente schierate! L'annuncio del Presidente Bush condusse all'Accordo di Mosca del 2002,
74
Appendice 7.4. 299
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? [...] gli USA non pianificheranno, dimensioneranno e sosterranno più le proprie forze come se la Russia costituisse solo una versione più piccola della minaccia posta dall'ex Unione Sovietica. [...] La NPR sposta la pianificazione delle forze strategiche dell'America dall'approccio della Guerra Fredda basato sulla minaccia ad una approccio basato sulle capacità. [...] una posizione strategica che si affidi solo alle forze nucleari offensive è inadatta a scoraggiare i potenziali avversari che avremo di fronte nel xxi secolo. Terroristi o Stati canaglia (rogue states) armati con armi di distruzione di massa metteranno presumibilmente a prova gli impegni di sicurezza dell'America verso i propri alleati e amici. In risposta, avremo bisogno di un insieme di capacità per assicurare gli amici e i nemici della fermezza degli USA. Un insieme più ampio di capacità è necessario per dissuadere gli Stati dall'intraprendere azioni di tipo politico, militare, o tecnico che minaccerebbero la sicurezza degli USA e dei suoi alleati. [...] Per raggiungere gli obiettivi di difesa della nazione nel XXI secolo, la prima gamba della Nuova Triade, la gamba d'attacco offensiva, andrà al di là della triade della Guerra Fredda degli ICBM, SLBM e bombardieri nucleari a lungo raggio. Gli ICBM, gli SLBM e i bombardieri continueranno naturalmente a giocare un ruolo vitale. Tuttavia essi faranno parte della prima gamba della Nuova Triade, integrati da nuove capacità strategiche nonnucleari che rafforzeranno la credibilità della nostra deterrenza offensiva. [...] Donald H. Rumsfeld Segretario alla Difesa Corpo del Rapporto Le armi nucleari giocano un ruolo critico nelle capacità di difesa degli Stati Uniti, dei suoi alleati e amici. Esse forniscono un'opzione militare credibile per scoraggiare un ampio spettro di minacce, comprese Armi di Distruzione di Massa e forze militari convenzionali su grande scala. Queste capacità nucleari possiedono proprietà uniche 75 che danno agli Stati Uniti opzioni per mantenere a rischio classi di bersagli importanti per raggiungere obiettivi strategici e politici. [...] [Tuttavia] le forze nucleari degli USA da sole non sono adatte per molti degli imprevisti per i quali gli USA si preparano. Gli interessi degli USA e dei suoi alleati possono non richiedere attacchi nucleari. [...] È necessaria per le forze nucleari e la pianificazione una flessibilità maggiore che durante la Guerra Fredda. [...] sebbene il numero di armi necessarie a tenere a rischio queste attività sia diminuito, le forze nucleari degli 75 È
il caso di osservare che anche il «Nuovo Concetto Strategico» della lava delle proprietà «uniche» delle armi nucleari (Appendice 7.2).
300
NATO
par-
richiedono ancora la capacità di tenere a rischio un ampio spettro di tipi di bersagli. [...] Opzioni per attacchi nucleari variabili in scala, portata e scopi integreranno altre capacità militari. Questa combinazione può fornire lo spettro di opzioni necessarie per porre un deterrente credibile ad avversari i cui valori e calcoli del rischio e del vantaggio e della perdita possono essere molto diversi e molto difficili da capire rispetto a quelli degli avversari passati. [...] Le difese missilistiche cominciano a emergere come sistemi che possono avere un effetto sui calcoli strategici e operativi di potenziali avversari. Esse sono ora in grado di fornire una difesa attiva contro minacce di breve e medio raggio. [...] Sistemi difensivi capaci di intercettare missili balistici possono ridurre la necessità che le armi nucleari tengano a rischio i missili di lancio di un avversario. Una sezione del documento discute le capacità delle forze nucleari di «garantire la sicurezza», «dissuadere potenziali avversari», «scoraggiare(deter) attacchi», «sconfiggere gli avversari in modo decisivo». Una sezione cataloga gli imprevisti, distinguendo quelli «immediati, potenziali o inaspettati» dalla Corea del Nord, l'Iraq, l'Iran, la Siria e la Libia, la crescente minaccia della Cina, mentre gli imprevisti dalla Russia vengono depotenziati, pur precisando che «nel caso in cui le relazioni con la Russia peggiorassero significativamente nel futuro, gli USA potrebbero avere bisogno di rivedere il livello e la posizione sulle proprie forze nucleari». Significativa risulta la distinzione tra «Le forze operative schierate [per] imprevisti immediati o inaspettati» [la riduzione a 1.700-2.200 per il 2012 si riferisce solo a queste], e la riserva di armi nucleari non operative (cfr. adesempio il Par. 7.10): «La forza di risposta è intesa a fornire una capacità di aumentare la forza operativa schierata per fronteggiare imprevisti [...]. [Essa] assicura al comando l'opzione di aumentare il numero di forze operative differite in proporzione alla gravità dell'evolvere di una crisi. Non è necessario che una forza di risposta sia disponibile nel giro di giorni, ma di settimane, mesi, o anche anni. Per esempio, ulteriori bombe potrebbero essere portate fuori dall'arsenale non schierato in giorni o settimane. Al contrario, aggiungere ulteriori testate alla forza degli ICBM potrebbe richiedere anche un anno per uno squadrone in uno stormo. La forza di risposta fornisce [anche] una riserva dalla quale si possono effettuare sostituzioni di testate operative schierate che evidenzino problemi di affidabilità. Il processo graduale di riduzione delle testate per il 2012 porterà a«3.800 testate nucleari strategiche operative schierate nel 2007» 76.
USA
76 È
il caso di notare che questo numero è superiore al limite di 3.000-3.500 testate che prevedeva il trattato START II per il 2006: e questo senza contare le testate ritirate dallo stato operativo, menzionate nel capoverso precedente, e le testate nucleari non strategiche.
301
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? Per raggiungere le esigenze della Nuova Triade è necessario un esame minuzioso delle capacità esistenti. [...] In aggiunta, le infrastrutture di base tecnologiche e di prontezza della produzione sia del DoD che della National Nuclear Security Administration (NNSA) devono essere modernizzate in modo che gli USA siano in grado di adattarsi rapidamente al mutare della situazione [...] possono essere necessari aggiustamenti per soddisfare le capacità delle forze nucleari rimanenti per nuove missioni [...1 può sorgere la necessità di modificare, potenziare, o sostituire porzioni delle forze nucleari ancora esistenti, o di sviluppare concetti da cui derivino testate nucleari più adatte alle necessità della nazione. È improbabile che una versione ridotta dell'arsenale nucleare della Guerra Fredda sarà proprio la forza nucleare di cui gli USA avranno bisogno nel 2012 e dopo. La riduzione degli investimenti nell'infrastruttura — in particolare nel complesso di produzione — ha accresciuto il rischio che, qualora si scoprano problemi sostanziali nell'arsenale, opzioni future di rinnovare o sostituire gli schemi (designs) esistenti saranno limitati. Per esempio, anche se in questo decennio verrà costituita una capacità di produzione temporanea di pits77 , non esiste nessuna capacità attuale di fabbricare e certificare pits di plutonio, certe componenti secondarie, o testate complete. La necessità è evidente per un complesso nucleare rivitalizzato che sia [...] capace di progettare, sviluppare, fabbricare e certificare nuove testate in risposta a nuove esigenze nazionali; e di mantenere la prontezza (readiness) per riprendere i test nucleari sotterranei se necessario. — Le testate nell'arsenale attivo sono mantenute in una configurazione pronta all'uso con il trizio ed altre componenti con vita limitata installati. Esse incorporano le più recenti modificazioni delle testate. [... ] — Le testate nell'arsenale inattivo non hanno le componenti con vita limitata installate, e possono non avere le più recenti modificazioni delle testate. Queste testate servono a molti scopi [...] Vi sono attualmente circa 8.000 testate nell'arsenale attivo. [...] Per il 2012 si prevede di trasferire nell'arsenale inattivo o ritirare circa 3.000 testate attualmente nell'arsenale attivo. L'arsenale attivo include anche le armi nucleari non strategiche. Vi sono molte opzioni di testate nucleari che potrebbero fornire vantaggi importanti per rafforzare la posizione di deterrenza della nazione: possibili modifiche delle testate esistenti per fornire flessibilità aggiuntive di potenza (yield) nell'arsenale; testate penetranti nel terreno (earth penetrator) [...]; e testate per ridurre i danni collaterali 78. [...] La NNSA ricostituirà 77 78
Il vento cambia (armi nucleari per sempre)
gruppi per concetti di testate avanzate in ciascuno dei laboratori nazionali e nel quartier generale a Washington. Questo fornirà opportunità uniche di preparare la nostra nuova generazione di progettisti e ingegneri nucleari. [...] La prontezza (readiness) per i test è mantenuta principalmente con la partecipazione del personale del programma di test nucleari nel programma attivo di esperimenti sotterranei di stockpile stewardship [Par. 7.1] eseguiti nel sito dei test del Nevada. [...] Se necessario, questo metterà in grado gli USA di avviare la ricerca se vi sarà la necessità di sviluppare una capacità interamente nuova — che non sia una modifica delle testate esistenti — in tempo per affrontare la minaccia. Il Presidente del Joint Chiefs of Staff ha iniziato uno Strategic Deterrent Joint Warfighting Capability Assessment per caratterizzare le necessità di sistemi di armi nucleari nel lasso di tempo fino al 2020. Sebbene gli USA stiano facendo tutti gli sforzi per mantenere l'arsenale senza ulteriori test nucleari, può darsi che questo non sarà possibile indefinitamente nel futuro. [...] Annualmente il DoD e il DOE riesamineranno la necessità di riprendere i test nucleari [...]. Appendice 7.4 TESTO DELLO STRATEGIC OFFENSIVE REDUCTION TREATY (ACCORDO DI MOSCA TRA BUSH E PUTIN, 24 MAGGIO 2002)
I nuclei di plutonio delle testate nucleari. Evidentemente per renderne possibile l'uso come armi da campo di battaglia.
Gli Stati Uniti d'America e la Federazione Russa, nel seguito indicati come i Contraenti, Imboccando il cammino di nuove relazioni per un nuovo secolo e impegnati nello scopo di rafforzare le loro relazioni attraverso la cooperazione e l'amicizia, Convinti che le nuove sfide e minacce globali richiedano la costruzione di un fondamento qualitativamente nuovo per le relazioni strategiche tra i Contraenti, Desiderando stabilire una genuina associazione (partnership) basata sui principi di mutua sicurezza, cooperazione, fiducia, apertura e predicibilità, Impegnati a realizzare significative riduzioni delle armi strategiche offensive, Procedendo dal Joint Statement del Presidente degli Stati Uniti d'America e del Presidente della Federazione Russa sui Problemi Strategici del 22 luglio 2001 a Genova, e da una Nuova Relazione tra gli Stati Uniti e la Russia del 13 novembre 2001 a Washington, Consci dei loro obblighi per il trattato START tra gli USA e l'Ultss del 31 luglio 1991,
302
303
I
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? Consci dei loro obblighi per l'Art. vi del TNP 79 del 1 luglio 1968, e Convinti che questo trattato aiuterà a stabilire condizioni più favorevoli per promuovere attivamente la sicurezza e la cooperazione e a rafforzare la stabilità internazionale, Hanno concordato quanto segue: Art. I. Ciascun Contraente ridurrà e limiterà le armi nucleari strategiche, come stabilito dal Presidente degli Stati Uniti d'America il 13 novembre 2001 e come stabilito dal Presidente della Federazione Russa il 13 novembre 2001 e il 13 dicembre 2001 rispettivamente, in modo che per il 31 dicembre 2012 il numero complessivo di tali armi non superi 1.700-2.200 per ciascun Contraente. Ciascun Contraente determinerà autonomamente la composizione e la struttura delle proprie armi offensive strategiche, in base al limite complessivo per il numero di t al i armi. Art. H. I Contraenti convengono che il trattato START rimanga in vigore secondo i suoi termini80. Art. III. Allo scopo di adempiere a questo trattato, i Contraenti terranno incontri almeno due volte all'anno di una Commissione Bilaterale di Adempimento. Art. iv. 1) Questo trattato sarà soggetto a ratifica secondo le procedure costituzionali di ciascun Contraente. Questo trattato entrerà in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica. 2) Questo trattato rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2012 e può venire esteso con accordi dei Contraenti o sospeso prima con un accordo successivo. 3) Ciascun Contraente, esercitando la propria sovranità nazionale, può recedere da questo trattato dopo tre mesi da una nota scritta all'altro Contraente. Art. v. Questo trattato sarà registrato secondo l'Art. 102 della Carta delle Nazioni Unite.
Il vento cambia (armi nucleari per sempre) Appendice 7.5 LE TESTATE NUCLEARI IN ITALIA, E IN EUROPA
Le testate statunitensi basate in Europa sono schierate in paesi che hanno formato accordi bilaterali di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti. Essi includono l'Italia, che il 3 dicembre 1960 ha firmato l'accordo, entrato in vigore il 24 maggio 1961 e tuttora in vigore per la cooperazione sugli usi dell'energia atomica per scopi di mutua difesa. L'accordo prevede che gli USA e l'Italia condividano l'informazione in modo che l'Italia partecipi alla pianificazione nucleare della NATO, che include: lo sviluppo dei piani di difesa congiunti comprendenti le armi nucleari, l'addestramento del personale nell'uso delle armi nucleari e nella difesa da esse, lo sviluppo dei sistemi di lancio di testate nucleari. Washington ha accordi simili con il Belgio, la Germania, la Grecia, l'Olanda e la Turchia: nel 2001 la Grecia si liberò delle ultime 20 testate, che furono spostate a Ramstein (Germania) o ad Aviano. Il numero delle testate nucleari schierate nei paesi della NATO è segreto. Si valutava che in Italia ne rimanessero una trentina, ma una recente analisi di documenti ottenuti grazie al Freedom of Information Act ha concluso che rimangono in Europa 480 testate, di cui circa 90 in Italia, 50 nella base di Aviano e 40 in quella di Ghedi Torre (e forse le 20 testate rimosse dalla Grecia). Si veda: R.S. Norris e H. M. Kristensen, «u.s. nuclear weapons in Europe, 1954-2004», Bulletin of the Atomic Scientists, Vol. 60, n. 6, pp. 7677, 2004 (http://www.thebulletin.org/article_nnphp?art_ofn=nd04norris) . Si veda anche un'ampia rassegna dalla Guerra Fredda ad oggi in http:// www.nrdc.org ./nuclear/euro/contents. asp.
Mosca, 24 maggio 2002.
79 Può essere il caso di notare l'ipocrisia di questa affermazione: la lettura della Nuclear Posture Review (Appendice 7.3) evidenzia il fatto che non vi è nessuna
intenzione di disarmo nucleare dopo il 2012. 80 È evidente che ci si riferisce allo START-I del 1991, come risulta chiaro nella Premessa.
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Capitolo ottavo ALLA FIERA DELLA PROLIFERAZIONE VERTICALE: LA «GALLERIA DEGLI ORRORI» DEI PROGRAMMI NUCLEARI, MIS SILISTICI E SPAZIALI
Dopo l'excursus di carattere generale e storico del capitolo precedente, ci sembra utile dedicare un capitolo specifico a una sia pure succinta discussione più sistematica di (quello che si sa) dell'attuale corsa agli armamenti nucleari, missilistici e spaziali da parte delle potenze nucleari ufficiali (proliferazione verticale): includendo tra di esse anche Israele, per quanto si sappia molto poco dei suoi programmi, per una congiura e una complicità internazionali; e ormai, per il poco che trapela, anche India e Pakistan. Sono programmi estremamente allarmanti, che minacciano di portare il mondo sull'orlo del precipizio, non essendo neppure più controllati dai meccanismi dell'«equilibrio del terrore» di infausta memoria, ma che in Italia sono beatamente (o beotamente) ignorati, non solo dall'establishment, ma purtroppo in una certa misura anche dai movimenti: anche se non si tratta direttamente di progetti di proliferazione nucleare, lo sviluppo di nuovi sistemi offensivi ad alta tecnologia innescherà nei paesi che si sentono sotto tiro e non possono competere su questo piano la ricerca di mezzi di dissuasione più semplici ma efficaci, tra i quali il principale può essere proprio l'armamento nucleare.
Non includiamo i programmi non meno preoccupanti di paesi ufficialmente non-nucleari, ma che sono di fatto potenze nucleari latenti, o potenziali (threshold, o stand-by nuclear powers), su cui commenteremo nel prossimo capitolo: vale comunque la pena di ricordare per inciso lo scandalo scoppiato nel 2004 quando si è scoperto che la Corea del Sud ha sviluppato segretamente tecniche di arricchi307
Dopo il crollo dell'uxss: morte o resurrezione della proliferazione?
Alla fiera della proliferazione verticale
mento dell'uranio; e il progetto segreto «Silex» dell'Australia di arricchimento dell'uranio denunciato da Greenpeace'. Non includiamo neppure i programmi, non meno terribili, che riguardano le altre armi di distruzione di massa (chimiche e biologiche) 2 , che richiederebbero una trattazione dettagliata a parte, anche se ci sembra doveroso almeno accennare ad alcune armi o sistemi militari nuovi estremamente preoccupanti: mai come ora il racconto dell'apprendista stregone appare drammaticamente attuale, il genere umano (o meglio i criminali che ne reggono le sorti) sta realmente giocando con il fuoco! In questa situazione sembra veramente ridicolo e strumentale vedere le polemiche sulla proliferazione (orizzontale) concentrarsi sulla Corea del Nord e l'Iran (ieri l'Iraq). Oggi il TNP sembra un simulacro a presidio di una realtà profondamente compromessa. Eppure il «peggio» sembra riservarcelo il domani, come vedremo nell'ultimo capitolo: a meno che l'umanità non mostri finalmente un'impennata d'orgoglio e rovesci questa situazione. Questo libro lo abbiamo scritto per questo, sperando di dare un modesto contributo.
Lo scudo antimissile
Cfr. http://www.greenpeace.org.au/frontpage/pdf/silex_report.pdf (novembre 2004); Federation of American Scientists, «Secrecy news», Vol. 2004, fascicolo n. 107, 3 dicembre 2004. 2 Un Bioweapons Report 2004 (http://www.bwpp.org/documents/2004BWR Final_000.pdf; si veda anche un secondo Report: http://www.nti.org/d_newswire/issues/2004_12_13.html#F6A62702) denuncia che «lo stato globale della tecnologia potrebbe venire usato per creare armi biologiche [...] la minaccia futura posta da sviluppi incontrollati della scienza e della tecnologia possono mettere in grado stati, organizzazioni o anche individui di sviluppare agenti stabili e controllabili per causare danni indiscriminati. La guerra biologica è strettamente legata alla conoscenza delle malattie». Rimandiamo anche al volume collettivo curato da M. Zucchetti, Guerra Infinita Guerra Ecologica, Jaca Book, Milano 2003.
Oltre all'introduzione del Par. 7.11, forniamo qualche altro dettaglio per dare un'idea del faraonico progetto di difesa antimissile a strati (layered). Per capire la funzione dei diversi componenti del sistema ricordiamo che si distinguono tre fasi del volo di un missile balistico: la fase di spinta (boost phase) è la fase iniziale, nella quale i motori sono accesi; quando i motori vengono spenti segue la fase di volo inerziale, in cui il missile vola con la velocità acquisita sotto il solo effetto de ll a forza di gravità, al di fuori degli strati densi dell'atmosfera terrestre; infine vi à la fase di rientro nell'atmosfera, per dirigersi sul bersaglio. Un missile balistico intercontinentale ha un tempo di volo che si aggira sui 20-30 minuti, ma esso è ovviamente molto minore se il missile è lanciato da un sommergibile nell'oceano o in prossimità della costa nemica. Sarebbe più facile colpire il missile nella fase di spinta, quando esso è più lento e i motori sono accesi: ma la durata di questa fase è molto breve, e occorrerebbero sistemi di intercettazione schierati in prossimità del paese attaccante (o piattaforme orbitanti). Nelle altre fasi di volo il problema diventa più complesso: nella fase di rientro l'attaccante può sviluppare molte contromisure, relativamente semplici ed economiche, come esche e false testate; si stanno studiando anche veicoli di rientro manovrabili, per «dribblare» l'intercettatore, ma il problema presenta non poche difficoltà, anche se si hanno notizie di progressi in questa direzione della Russia e della Cina. Si deve poi tenere conto che i missili balistici non sono i soli sistemi d'attacco, ma questo può comprendere missili da crociera (cruise) che volano vicino al suolo e rendono problematica l'intercettazione radar, e testate da campo di battaglia; sono poi possibili attacchi missilistici dal mare aperto (offshore), ovviamente molto più insidiosi (senza contare ovviamente attacchi terroristici con mezzi diversi, per i quali il sistema di difesa è assolutamente impotente). Vediamo ora succintamente i principali componenti del sistema di difesa. Il più noto è la NMD (National Missile Defense), costituito da missili intercettori basati a terra, che devono intercettare la testata in arrivo, distinguerla tra le possibili esche e false testate e colpirla direttamente mediante l'impatto di un «veicolo killer». Ma si stano sviluppando ben otto progetti diversi (tra non meno di una ventina studiati): la Tabella riassume analiticamente i progetti e le previsioni.
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8.1
—
Stati Uniti
Dei programmi di realizzazione di nuove armi nucleari abbiamo parlato nel Cap. precedente, e riprenderemo nel prossimo: discutiamo piuttosto altri programmi statunitensi, meno noti ma non meno terribili, che fanno da contorno a quelli e chiariscono il carattere integrato del loro megalomane sistema offensivo.
Alla fiera della proliferazione verticale
Dopo ii crollo dell'URSS: morte o resurrezione della proliferazione? La Nuclear Posture Review prevede esplicitamente: La difesa missilistica è molto più efficace se è layered, cioè capace di intercettare i missili balistici di qualsiasi raggio d'azione in tutte le fasi del loro volo. [...] Sono allo studio molte opzioni a breve e medio termine (2003-2008) che potrebbero fornire una capacità di difesa missilistica d'emergenza, che includono: —un singolo laser aerotrasportato (Airborne Laser) per l'intercettazione nella fase di spinta (boost phase) può essere disponibile per operazioni limitate contro i missili balistici di tutti i raggi d'azione; —un sistema rudimentale basato a terra per la fase di volo intermedia [...] può essere disponibile contro minacce di raggio d'azione più lungo contro gli USA; e —un sistema Aegis con base in mare potrebbe essere disponibile per fornire capacità per la fase di volo intermedia contro minacce a breve e medio raggio d'azione. E...] gli USA potrebbero schierare nel periodo 2006-2008: — 2-3 aerei con Airborne Laser —basi addizionali basate a terra per la fase di volo intermedia —4 navi con sistemi per la fase di volo intermedia basati in mare —sistemi terminali [...]. Il Department of Defense (DoD) svilupperà la costellazione di satelliti SBIRS-low con orbita bassa per supportare la difesa antimissile. [.. -
.].
Tabella (dati 2001)
Programma NMD
System-Low-the missile Navy Area Navy Theater Wide THAAD
Patriot-3 Space Based Laser Airborne Laser
Acquisizione (mld $) 24,4 8,2 7,3 5,5 16,8 10,1 3 6,4
Ciclo di vita (mld $) 43,2 10,6 ?
23 ?
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L'occhio del sistema è costituito dal System-Low-the-missile-warning e dai satelliti a raggi infrarossi destinati a seguire la traiettoria. La Marina ha due progetti, il Navy Area Theater Ballistic Missile Defense, e il Navy Theater Wide. Anche l'Esercito ha due progetti, il THAAD (Theater High Altitude Area Defense: un sistema basato a terra per 310
proteggere le truppe dislocate oltremare da missili di teatro), e il sistema Patriot PAC-3 . Due altri progetti sono dell'Aviazione: l'Airborne Laser (trasportato da un Boeing-747-400, dovrebbe distruggere i missili durante la salita, a una distanza di non più di 400 km), e lo Space Based Laser (basato invece nello spazio). Ma i progetti non , finiscono qui. L'Esercito ha altri due programmi, il Tactical High Energy Laser, e la protezione mobile per le truppe Medium Extended Air Defense. Vi sono poi due programmi sviluppati per conto di Israele: la difesa di teatro Arrow (sperimentata nelle manovre militari congiunte USA, Israele, Turchia del 2001), e un laser anti-missile. Vi sono ancora il sistema di satelliti di allarme SBIRSHigh, la rete Cooperative Engagement Capability della Marina per la gestione del campo, e molti altri progetti collaterali. Si prevede inoltre la realizzazione di tre navi da guerra equipaggiate con il sistema di gestione del campo di battaglia Aegis e i missili intercettori SM-3, per colpire missili a corto e medio raggio. Si stanno sperimentando anche sistemi contro i missili cruise3 (i quali nel futuro potrebbero incorporare capacità stealth, cioè di invisibilità ai radar). Ritorniamo brevemente sulla domanda: qual è esattamente la funzione di questo megalomane sistema antimissile? Qualsiasi sistema di questo tipo possiede intrinsecamente solo capacità limitate di intercettazione4, e può essere contrastato con molte contromisure, a ll e quali
sicuramente lavorano tanto Mosca come Pechino. Lo scienziato Ted Postol del MIT (Massachusetts Institute of Technology, prestigiosa istituzione che collabora alla messa a punto dello scudo), conduce un'aperta polemica con l'amministrazione: tra le altre cose, egli ha denunciato anche il pericolo che le testate colpite durante la fase di spinta possano cadere in Europa, in Canada o in Centro America, e il rischio che l'intercettazione di una testata nucleare con un laser potrebbe risultare non meno disastrosa dell'esplosione della testata, con la differenza che le vittime sarebbero diverse da quelle previste dagli attaccanti 5 . Egli inoltre denuncia apertamente lo stesso MIT e il Jeff Bennett, «Inside Missile Defense», 18 aprile 2001, p. 1; Washington Times, 7 giugno 2001, p. 6. Guerre, (M. Zucchetti, 4 Si veda ad esempio: V.F. Polcaro, in Contro le Nuove ed.), Odradek, Roma 2000, p. 213. settembre 2002. 5 Geoffrey Forden, Bulletin of the Atomic Scientist, 3
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Alla fiera della proliferazione verticale
Pentagono di una frode in uno dei contestati test della NMD nel 1997,
Nuove armi ad alta tecnologia, armi spaziali, militarizzazione dello spazio
contestando che esso sia stato un successo: con tale frode è stato promosso «un sistema militare che avrà utilità piccola o nulla e potrebbe costare centinaia di miliardi di dollari» 6. Il New York Times rincara la dose, sostenendo il fallimento di tutti i test che sono stati eseguiti7 . È opportuno sottolineare anche che nella NMD la discriminazione tra testate vere e testate false in arrivo viene eseguita con tecniche specifiche, che usano ad esempio superlaser (Par. 9.6), indipendenti dal veicolo-killer che dovrebbe poi distruggerle 8. È molto più plausibile che questo sistema antimissile faccia parte di un gigantesco sistema offensivo. Il suo effetto comunque non può essere che fortemente destabilizzante: basti pensare che, vista la sua efficacia limitata, la contromisura più ovvia può essere quella di saturarlo aumentando il numero di missili o di testate di un eventuale attacco, e questo incentiva la corsa agli armamenti. La Union of Concerned Scientists, in una lettera al Primo Ministro canadese dopo la visita di Bush, denuncia che «il sistema di difesa missilistica che si sta schierando non fornirà protezione contro attacchi di missili balístici a lungo raggio. Tuttavia il sistema avrà una capacità significativa di attaccare satelliti in orbita bassa e può promuovere lo sviluppo di armi anti-satellite in altri paesi. Inoltre il desiderio di difese missilistiche basate nello spazio aumenta le motivazioni degli Stati Uniti di sviluppare armi spaziali» 9 (v. oltre). L'intero progetto, come tutto l'insieme della corsa militare statunitense, ha sicuramente dietro giganteschi interessi economici. Bush interpreta chiaramente molti di questi interessi: «Il successo di Bush è avvenuto senza tutto il tumulto ideologico che aveva accompagnato le decisioni precedenti sulla difesa antimissile: in questi giorni gli scontri principali sono su quali programmi devono vincere un pezzo della generosa torta della difesa missilistica» 10
Gli Stati Uniti assegnano un ruolo sempre più importante anche alle armi convenzionali ad alta tecnologia e precisione, che sviluppano freneticamente. Gli altri paesi si sentono tagliati fuori dalla competizione in questo campo e vedono aumentare in modo sempre più preoccupante la supremazia incontrastata degli USA". Anche se non si tratta in senso stretto di armi nucleari, questi nuovi armamenti avranno conseguenze devastanti che si sovrapporranno con quelli di forme di guerra di distruzione di massa, e anche con il ruolo e gli effetti delle stesse armi nucleari. Prima dell'attacco all'Iraq si parlò di una nuova arma a microonde di alta potenza destinata a colpire i componenti elettronici e i sistemi informatici 12 , che è molto probabile sia stata sperimentata o utilizzata. Si è parlato di un'arma laser futuristica, e sembrano ormai testati con successo il sistema Zeus, per rivelare mine e bombe nascoste, e il MTHEL (Mobil Tactical HighEnergy Laser), un progetto congiunto con Israele per abbattere piccoli razzi a corto raggio e anche proiettili a mezz'aria 13 Le preoccupazioni per questi sviluppi sono ulteriormente aggravate da un altro aspetto della paranoia americana: gli USA pensano infatti che la loro supremazia nello spazio stia declinando e che questo metta a rischio la propria sicurezza. Le proposte strategiche per il futuro (Joint Vision 2010, Spacecom 2020) vagheggiano di riconquistare e imporre l'egemonia nello spazio, a loro dire compromessa, sviluppando un «dominio a tutto campo» del campo di battaglia, basato
su un sistema digitale composto di satelliti di spionaggio, allarme e comando-controllo, difese missilistiche, piattaforme spaziali orbitan-
Congressional Quarterly Weekly, 26 ottobre 2002. Per seguire lo sviluppo dei vari programmi il Center for Defense Information (CDI) ha creato un sistema di informa6 Theodore A. Postol, « MIT's role in missile test fraud», Boston Globe, 13 dicembre 2004. 7 «Editorial: the naked shield», e David Stout e John H. Cushman Jr., «Defense missile for u.s. system fails to launch», The New York Times, 16 dicembre 2004. 8 André Gsponer, «u.s. National Missile Defense: looking at the whole package», Science, 8 settembre 2000, p. 1688. 9 Union of Concerned Scientists, «Technical realities: an analysis of the 2004 deployment of a u.s. National Missile Defense System»: http://ucsusa.org . 10 Pat Towell, «Bush's missile defense victory signifies changing times»,
zione: http://www.cdi.org/missile-defense/systems.cfm. 11 Significativa, a questo proposito, un'altra polemica sollevata timidamente qualche anno fa dalla Germania, questa volta sulle black-boxes imposte dagli USA alle armi che essi vendono: cioè le protezioni imposte per prevenire l'accesso degli acquirenti a tecnologie segrete. Naturalmente gli USA, come sempre, risposero picche (Defense News, 22 novembre 1999, pp. 3-28). 12 David A. Fulghum, Aviation Week and Space Technology, 6 agosto 2002. 13 Hil Anderson, «Combat lasers becoming a reality», http://www.upi.com/view .
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
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ti dotate di armi ad alta tecnologia e precisione, in modo da poter colpire qualsiasi punto del pianeta in pochi minuti (contro i 20-30 impiegati dai missili balistici). Washington sta studiando un «bornbardiere spaziale», cioè un «veicolo sub-orbitale» lanciato da un aereo, a velocità 15 volte superiore a quella degli attuali bombardieri, capace di distruggere da un'altezza di 60 miglia bersagli dall'altra parte del pianeta in 30 minuti 14 : si tratterebbe di un'ulteriore escalation, un nuovo genere di guerra stratosferica! Aerei e altri veicoli senza pilota (unmanned) furono già sperimentati con successo nelle guerre nei Balcani e sono ormai entrati nell'uso comune. Una Commissione del Congresso ha auspicato una «proiezione di potenza nello, attraverso e dallo spazio»ls Vi sono preparativi inequivocabili, come l'unificazione del Comando Spaziale (SpaceCom), responsabile delle operazioni militari nello spazio e nella rete informatica, con il Comando Strategico (Strat Com), responsabile delle forze nucleari 16 Inutile ribadire i rischi (forse ormai concretizzati) di militarizzazione dello spazio che circonda la Terra, una «nuova frontiera» che può avere implicazioni e conseguenze incalcolabili. Questa paranoia alimenta una spirale inarrestabile, dando paradossalmente nuovo impulso anche alla proliferazione nucleare, che Washington dice di volere contrastare. Le nuove armi convenzionali
segreto, innescarono una super-arma che catapultò íl paese in un'era militare che potrebbe alterare per sempre i metodi di guerra. In segreto, le forze americane lanciarono un'offensiva di cyber-combat» 17 , disturbando la rete di comando-controllo dell'esercito jugoslavo, azzerando i computer della difesa aerea integrata, inserendo messaggi ingannevoli, forse disturbando anche la rete telefonica, per indurre i comandi jugoslavi a comunicare mediante telefoni cellulari, che possono essere facilmente intercettati. Secondo gli esperti si possono inserire dati falsi nei computer nemici, cancellarne la memoria, inserire virus, perfino modificare gli stessi sistemi d'arma del nemico (ad esempio, riprogrammare un missile cruise nemico in modo che esso inverta la traiettoria e ritorni sulla nave o l'aereo che lo ha lanciato), o riprodurre la voce di un presidente o comandante comunicando comandi suicidi alle truppe. Venne diffusa la notizia di un'invenzione britannica che utilizzerebbe le antenne esistenti dei telefoni mobili per individuare gli aerei stealth, invisibili ai radar 18 ! Si fa sempre meno chiara la demarcazione tra obiettivi militari e non militari: sono molto sottili i limiti legali ed etici, anche a causa delle evidenti minacce alla popolazione civile. Si pensa che attualmente 23 paesi possiedano capacità in questo campo (tra questi India, Siria ed Iran). Nel gennaio 1999 fu identificato un attacco del governo indonesiano al provider del servizio Internet irlandese, che ospitava un sito che chiedeva l'indipendenza di Timor Est. Tra gennaio e marzo di quell'anno hackers russi colpirono la rete informatica del Pentagono, apparentemente alla ricerca di codici navali e dati di guida dei missili. Vi fu poi un attacco della Cina su una rete di siti web di Washington, che furono messi fuori servizio tre volte. È molto difficile naturalmente distinguere attacchi di hackers isolati da quelli di paesi nemici: nel corso del 2000 ben 413 intrusi sono entrati nelle reti militari. Il Pentagono — che chiama questo settore information warfare (iw) — ha creato un nuovo centro militare nella base aerea di Peterson, Colorado Springs, sotto lo Air Force Space Command, per gestire le forze di cyberwarfare, un Battaglione Spaziale, un Mobile Technology Team, un Laboratorio di Difesa Spaziale, col compito di coordinare sia la difesa della rete informatica militare da minacce esterne, sia le
compromettono qualsiasi stabilità strategica: la sola scelta che rimane agli altri paesi è cercare di riequilibrare la situazione puntando su armi di distruzione di massa a tecnologia meno avanzata, potenziando il deterrente nucleare, prevedendo la possibilità del ricorso a qualsiasi mezzo militare, dalle armi chimiche e biologiche, alla guerra ecologica, alla guerriglia e al terrorismo. «Cyber-war», la nuova frontiera
Ma gli scenari agghiaccianti della guerra tecnologica non finiscono qui. Durante la guerra nei Balcani «gli Stati Uniti, nel massimo 14
Ed Vulliamy, New York Sunday, 29 luglio 2001. Jeffrey Lewis, «Space weapons in us defense planning», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 11-16; Gregorio Piccin, «Il Pentagono contro tutti verso lo spazio e la democrazia», Giano, n. 42, settembre 2002, pp. 81-98. 16 Reuters, 25 giugno 2002; Manlio Dinucci, Il Manifesto, 17 luglio 2002. 15
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17 18
Washington Times, 25 ottobre 1999. Robert Uhlig, London Daily Telegraph, 11 giugno 2001.
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Andréa Stone, USA Today, 19 giugno 2001, p. 1. Cfr. http://www.au.af.mil/au/2025/volume3/chapl5/v3c15-1.htm. Michel Chossudovsky, «Washington's new order: weapons have the ability to trigger climate change», www.emperors-clothes.com/articles/chuss/haarp.htm; Rosalie Bertell, www.globalpolicy.org/socecon/environment/weapons/htm. 22 Una rassegna recente di Dominique Lalanne, «New nuclear strategy, new nuclear weaponry: France prepares a nuclear future», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 26-28.
programma la sostituzione: dei due sommergibili più vecchi, dei vecchi missili (1'M-5 a 10 testate multiple indipendenti darà a ogni sommergibile la capacità di colpire, con i suoi 16 missili, 160 distinti obiettivi a 11.000 km di distanza) e delle vecchie testate. L'intera flotta aerea verrà rinnovata, costituendo un nuovo sistema tattico di difesa: verso il 2005 verrà schierato il Rafale D, un nuovo cacciabombardiere d'attacco nucleare. Anche la Francia ha in programma la modernizzazione delle sue testate e la realizzazione di testate nucleari nuove (tra cui il progetto di una bomba a pura fusione nel giro di 30-40 anni), con programmi che sembrano plausibilmente legati a quelli di Washington: supercomputers, íl generatore AIRIX (da completare nel 2011) per studiare la pre-ignizione di un'esplosione nucleare (cold testing), l'impianto di confinamento inerziale Megajoule con ben 240 laser per studiare il processo di ignizione (previsto per il 2011, con implicazione per nuove mini-nukes a pura fusione, v Cap. 9). Dal 2001 al 2003, gli stanziamenti per il programma nucleare militare francese sono aumentati del 68,7%, da 2,05 a 3,46 miliardi di euro, equivalenti al 10% dell'intero bilancio della difesa. Secondo la programmazione militare 2003-2008, verranno stanziati per le forze nucleari 17 miliardi di euro, equivalenti al 20% del totale previsto per l'acquisto di armamenti. I nuovi finanziamenti permetteranno di costruire il quarto dei sottomarini nucleari di nuova generazione e il nuovo missile di cui saranno armati. La nuova dottrina nucleare francese è l'equivalente di quella statunitense (Appendice 7.3). Anch'essa viene motivata con la necessità di far fronte alle nuove minacce poste dallo sviluppo delle armi di distruzione di massa. Anch'essa prevede la possibilità di infliggere «danni inaccettabili» a un avversario che minacci non solo con armi nucleari, ma anche con armi chimiche o biologiche. Anch'essa prevede lo sviluppo di armi nucleari penetranti di «bassa potenza» per distruggere i bunker dei centri di comando. Tutto questo, naturalmente, in nome degli «interessi vitali» del paese. La nuova strategia sarà anche più flessibile, prevedendo la possibilità di lanciare una sola testata nucleare, o alcune testate. Ma dietro la nuova dottrina nucleare di Parigi vi è con tutta probabilità una finalità diversa da quella di Washington: quella cioè di svolgere un ruolo trainante e determinante nella costruzione della difesa europea, mettendo a disposizione il proprio «ombrello nucleare».
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azioni offensive: si stanno studiando infatti anche computer weapons offensivi 19. È stato annunciato anche un Counter-comunications system che potrebbe bloccare tutte le comunicazioni satellitari. Programmi di guerra ambientale La follia statunitense raggiunge un culmine inaspettato sviluppando capacità di modificare le condizioni ambientali a fini bellici 20: altro che Protocollo di Kyoto! Questa nuova tecnologia viene sviluppata nel High-frequency Active Aural Research Program (HAARP) come parte della Strategic Defense Initiative (sDi, le vecchie «Guerre Stellari»)21 : è un sistema di potenti antenne basate a Gokona, in Alaska, gestite unitamente dall'aviazione e dalla marina. Informazioni recenti indicherebbero che l'HAARP è completamente operativo e avrebbe la capacità di innescare inondazioni, siccità, cicloni e terremoti, attraverso la deviazione dei flussi di vapore nell'atmosfera terrestre, o innescando disturbi atmosferici, utilizzando onde elettromagnetiche di frequenza estremamente bassa. Dal punto di vista militare HAARP è un'arma di distruzione di massa, avendo la capacità di destabilizzare selettivamente i sistemi agricoli e ambientali di intere regioni. Siamo alla vera follia! 8.2 — Francia Esauritosi lo scopo di deterrenza verso l'URSS, la Francia rinnoverà comunque completamente il proprio arsenale nucleare entro 15 anni, con un programma che si proietta fino al 204022 . Nel 2003 l'arsenale, valutato al «livello minimo», era più potente di quelli britannico e cinese: 350 testate, 4 sommergibili nucleari di cui 2 costantemente in navigazione, 80 bombardieri strategici. Per la marina è in 19
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il
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8.3 — Gran Bretagna
Il deterrente nucleare di un paese completamente accodato agli dopo la fine della Guerra Fredda è quanto mai discutibile, ed è assai oscuro quale possa essere la strategia nucleare britannica 23 . Ciononostante Londra, che ha deciso di «limitare» le proprie forze strategiche a 4 sommergibili nucleari Trident (ciascuno dotato di 96 testate da 100 kt, per un totale di quasi 750 volte la potenza esplosa su Hiroshima), collabora direttamente con i principali laboratori militari degli USA, e ha avviato grandi progetti (2 miliardi di sterline, cioè 3 miliardi di dollari) nella grande base nucleare di Aldermaston 24 (super-comt,laseub-ncri),voltasue missili Trident e a progettare testate nuove di bassa potenza, aggirando i limiti imposti dal CTBT. Vi è da segnalare un successo degli attivisti anti-nucleari britannici, che hanno costretto il governo a ritirare temporaneamente il progetto del super-laser Orion. USA
8.4 — Russia Malgrado sia strangolata da fortissimi limiti di bilancio e le notizie ufficiali scarseggino, vi sono molti indizi che Mosca, dotata di un potenziale tecnico-scientifico di altissimo livello, stia facendo ogni sforzo possibile in questo campo. L'intero sistema militare russo è soggetto a un forte deterioramento (si ricordi la tragedia del sommergibile nucleare Kursk): è probabile che nei prossimi anni l'arsenale strategico non potrà contenere più di un migliaio di testate efficienti. Il sistema di allarme precoce è deteriorato, molti satelliti sono al limite della vita operativa, o addirittura spenti: il che non rende il sistema più sicuro, semmai più soggetto ad allarmi per errore che potrebbero rivelarsi fatali! Mosca sta sviluppando una nuova classe di sommergibili e ha realizzato un nuovo missile balistico intercontinentale molto efficiente, il Topol-M (chiamato SS-27 in Occidente): il dispiegamento procede lentamente, ma sembra che ne siano già 23 Kate Hudson, « UK: vertical proliferation in context», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 23-25. 24 The Guardian, 18 giugno 2002; Bob Edwards, «Britain boosts nuclear bomb research»; New Scientist, 24 maggio 2003.
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45, che costituiscono un deterrente non indifferente 25 . Poco trapela sull'ammodernamento delle testate, o su testate di nuova conc ezione, ma sicuramente vi sono attività in questa direzione: si sa che vengono condotti test sub-critici (come negli USA e in Cina). Qualche mese fa una nota dell'Associated Press rese noto che Mosca avrebbe sviluppato una nuova arma capace di annullare le difese antimissile s tatunitensi: non è chiaro di cosa possa trattarsi, probabilmente di un veicolo di rientro manovrabile.
Iu
attivi
8.5 — Cina
La Cina seguì inizialmente la via dell'arricchimento dell'uranio: dopo il primo test nucleare del 1964 sviluppò bombe a fusione boost(boosted nel ed nel 1966, arrivò alle testate al plutonio nel 1968 1971), la bomba al neutrone nel 1988, il primo missile balistico intercontinentale (Dong Feng 5, noto anche come CSS-4) nel 1981. Nel 1984 aderì alla AIEA, nel 1988 firmò il Protocollo Aggiuntivo, nel 1992 aderì al TNP e nel 1966 al CTBT. Vi sono scarse informazioni sull'arsenale cinese. Contiene circa 400 testate, ma probabilmente solo una ventina di missili intercontinentali Dong Feng 5 e un solo sommergibile nucleare, forse solo parzialmente operativo, mentre la flotta di bombardieri strategici è obsoleta. La maggior parte dei missili è ancora a combustibile liquido, per cui non può essere tenuta in stato di allerta costante (ma non bisogna dimenticare il recente sviluppo della ricerca spaziale cinese). Pechino, sospettata nel passato di trasferimento di tecnologie nucleari e missilistiche (nel decennio passato scoppiò uno scandalo per uno, vero o presunto, spionaggio cinese nei laboratori militari statunitensi, mentre vi sono sospetti di cessione di materiale nucleare al Pakistan, v. oltre), ha pubblicato nel 2003 un Libro Bianco 26 in cui ha articolato il proprio impegno per la pace e contro la proliferazione di qualsiasi tecnologia legata alle armi di distruzione di massa, anche se la dottrina nucleare tende ad adeguarsi a quella di Washington. La Information Bulletin, Luis Gutiérrez Esparza, «The PSI and unipolarity», INESAP 32. 23, aprile 2004, pp. 29 n. INESAP 26 Zhenqiang Pan, «China's non-proliferation policy and practices», Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 70 73.
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Cina si sente minacciata dall'aggressività e dai progetti americani (in particolare gli aiuti militari a Taiwan e la possibilità di associarla al progetto di difesa antimissile): le testate statunitensi sono puntate sulla Cina, e Pechino teme che il proprio limitato deterrente nucleare possa essere eliminato da un attacco preventivo. Non vi è dubbio che Pechino stia facendo un grosso sforzo per ammodernare le proprie forze nucleari e missilistiche (un segnale inequivocabile è venuto dal primo volo spaziale umano) e mettere a punto testate multiple (la CIA valuta che possa dispiegarne 75-100 per il 2015) e veicoli di rientro di nuovo tipo. Pechino conduce test subcritici (il giallo dell'aereo-spia intercettato nel 2001 era legato al controllo di un test cinese, che poi sembra essere avvenuto), e sta probabilmente progettando testate nuove. Uno dei problemi della Cina è la produzione di plutonio: sembra che la produzione di materiale fissile sia stata sospesa nel 1991. Attualmente è in costruzione un reattore veloce breeder sperimentale (Appendice 1.1.r), che non sarà terminato prima del 2005, ed è in progetto uno più potente: ma Pechino deve fornirsi di combustibile MOX (ossido misto di uranio-plutonio): è in discussione la possibilità che la Germania possa vendere l'impianto di Hanau per il plutonio (che Bonn ha quasi ultimato, ma non userà: la possibile cessione a Mosca finì in nulla), ma preoccupa il suo possibile uso militare 27 (in Cina non vi è una separazione netta tra programmi nucleari civili e militari).
la Guerra del Kippur del 1973 (Par. 3.7) Israele si è dotato di testate sparate da cannoni. Nella Guerra dei Sei Giorni del 1980 pose nel
Golan delle mine nucleari. Israele dispone di molti vettori nucleari, basati a terra, in mare e su aerei: una triade in piena regola. In primo luogo dispone di oltre 300 caccia F-15 e F-16 forniti dagli USA, armati anche con missili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare. Dispone poi di circa 50 missili balistici Jericho-ii, su rampe di lancio mobili, e di razzi Shavit utilizzabili come missili balistici a lunga gittata. Dispone anche di missili cruise. Qualche anno fa poi Israele ha acquistato dalla Germania tre sommergibili a propulsione convenzionale, che poi ha armato con missili a testata nucleare. Nulla si sa neppure su eventuali armi chimiche e biologiche di Israele, ma certamente possiede la capacità di produrle, e si riporta che abbia programmi in corso, anche se non si sa se abbia effettivamente realizzato armi di questo tipo. Un oscuro legame è stato denunciato in occasione della visita ufficiale in India lo scorso anno del Primo Ministro Ariel Sharon, con una delegazione di oltre 100 membri (alcune decine legati all'industria della difesa): uno degli scopi principali sarebbe stato la vendita di armi e di sistemi militari (Israele nel 2002 era il settimo esportatore mondiale), fungendo anche come testa di ponte di un asse USAIsraele-India. 8.7 — India28
8.6 — Israele
Come abbiamo detto, non sono noti né la consistenza e la composizione dell'arsenale nucleare di Israele, né i suoi programmi, poiché il paese ha mantenuto sempre un'ambiguità nuceale, che se da un lato è il «segreto di Pulcinella», dall'altro gli consente di gravare con una «spada di Damocle» sui paesi arabi. La consistenza dell'arsenale viene valutata a seconda degli analisti in 200-400 testate. È presumibile che lo compongano i tipi più moderni di testate nucleari. Dopo
Dopo avere promosso per decenni un trattato per il bando dei test nucleari, l'India ha votato contro la risoluzione dell'oNu che adottava il CTBT, obiettando ufficialmente la mancanza di norme per il disarmo nucleare universale in tempi determinati, e del bando delle simulazioni di laboratorio: per questo valuta che il trattato nella sua forma attuale non è totale, ma vieta solo certi tipi di test. L'India possiede presumibilmente un numero di testate valutabi28
27
Degli arsenali nucleari dell'India e del Pakistan si occupò in dettag li o il
SIPRI
Wolfgang Liebert e Michael Sailer, «Export of the Hanau MOX facility and its possible military uses in China», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 33-37.
University Press, 2003, in particolare l'articolo di M.V. Ramana e Zia Mian, «The nuclear confrontationin South Asia», ivi, pp. 195-212.
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321
Yearbook 2003: Armaments, Disarmament and International Security, Oxford
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Alla fiera della proliferazione verticale
le tra 50 e 100. Tra di esse vi sono testate boosted e testate termonucleari a due stadi avanzate e compatte. L'India, a differenza dei Pakistan, ha realizzato bombe al plutonio: lo ha prodotto nei reattori nucleari e lo ha estratto in impianti di ritrattamento; attraverso i reattori ha prodotto anche il trizio. L'India dispone di missili balistici con portata nucleare a breve e media gittata, che le danno la capacità di colpire una vasta area dell'Asia centro-meridionale, dalla Cina al Mar Caspio. Dispone di missili cruise forniti da vari paesi. La sua flotta comprende 15 sommergibili convenzionali: dal 1985 lavora per realizzare un sommergibile a propulsione nucleare, con l'obiettivo di realizzarne cinque dotati di missili nucleari, ma il progetto incontra de ll e difficoltà tecniche. Sembra che disponga di aggressivi chimici, sebbene abbia ratificato nel 1996 la Convenzione sulle Armi Chimiche.
e quindi più adatte per i suoi missili balistici. La consistenza dell'ar-
senale del Pakistan è valutabile in 25 30 testate. Il fatto che il Pakistan si basi sull'uranio arricchito come materiale fissile lo rende particolarmente vulnerabile alla diversione, ad attacchi terroristici e alla potenziale proliferazione: si è vociferato che abbia fornito assistenza alla Corea del Nord. Il Pakistan dispone di missili a breve e media gittata, la cui tecnologia ha in parte ottenuto dalla Cina (Shaheen, a combustibile solido, dai cinesi M-9 e DF-15) e dalla Corea del Nord (Ghauri, dal nordcoreano Nodong) e ha poi sviluppato e testato con successo. È in grado di colpire l'intero territorio indiano. Ha firmato entrambe le convenzioni sulle Armi Chimiche e sulle Armi Biologiche, ma ha importato sostanze chimiche dual use e possiede la capacità di produrne quantitativi limitati. -
8.8 — Pakistan
8.9 — L'Europa va alla guerra?
Il programma nucleare del Pakistan iniziò nel 1972, venne accelerato dopo il test indiano del 1974, e progredì soprattutto dopo l'arrivo del fisico Abdul Qadeer Khan, che si era formato in Germania nel campo della metallurgia. Kahn introdusse la tecnologia della centrifugazione gassosa per l'arricchimento dell'uranio, che aveva acquisito lavorando nell'impianto segreto di arricchimento URENCO in Olanda. Si dice che abbia portato con sé anche tecnologie rubate in Europa29 . Sotto la sua direzione il Pakistan sviluppò una rete clandestina per ottenere materiali e tecnologie da vari paesi (soprattutto la Cina, che ha ovviamente interessi contro l'India). La produzione di uranio arricchito militare nell'impianto di Kahuta (con circa 3.000 centrifughe in funzione) sembra sia iniziata nel 1985 (il programma nucleare militare pakistano è basato sull'uranio, mentre quello indiano sul plutonio). Neanche il Pakistan ha firmato il CTBT. Anche il Pakistan ha prodotto il trizio nei suoi reattori nucleari. Recentemente il Pakistan ha prodotto anche piccole quantità di plutonio militare, che dovrebbe essere sufficiente per realizzare 3-5 testate, più leggere
Last but not least, che ne è dei programmi militari dell'Europa (a parte quelli specifici di Parigi e Londra, di cui abbiamo già parlato)? Penso che vi sia un ampio consenso nei movimenti e in gran parte della popolazione sulla valutazione che l'Europa potrebbe giocare un ruolo decisivo sulla scena mondiale se si dissociasse nettamente dalla politica di potenza e militare degli Stati Uniti e sviluppasse una politica di pace e di cooperazione, consona al suo status di prima potenza economica. Ma i segnali sembrano non andare in questa direzione30 (anche se vi sono linee contraddittorie: ad esempio, vi è un'offensiva economica e commerciale dell'Europa verso l'America Latina e il Mercosur, che indubbiamente potrebbe pestare notevolmente i piedi agli interessi degli USA nel loro «cortile di casa», ma questa azione sembra ancora troppo timida). L'Europa possiede un grande complesso militare industriale, che coagula potenti interessi (comuni e nazionali) e si pone in un ruolo di cooperazione-concorrenza con l'industria statunitense (sussiste anche, come in tutti i settori economici, una concorrenza intra-europea). La scelta scellerata degli eserciti professionali (avallata o promossa dalle sedicenti «sinistre») e la
29
Pervez Hoodbhoy, «For God and Profit», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 49-50; e Alexander Glaser, «A.Q. Khan, the gas centrifuge and NPT regime», ivi, pp. 50-54.
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V. ad esempio: Gabriele Garibaldi, «L'Europa nelle maglie dell'Iperpotenza: l'unità politica alla deriva», Giano, n. 46, aprile 2004, pp. 37-44. 30
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
realizzazione di una forza militare europea di spiegamento rapido rafforzano la vocazione militare e di potenza dell'Europa. Essa, insomma, sembra volersi lanciare nella dinamica della corsa agli armamenti: sono vive le polemiche sulla nuova Costituzione europea, che non enuncia nessuna scelta contro la guerra. E al di sopra di tutto vi è il rafforzamento, l'estensione dei compiti e l'allargamento a Est della NATO, che costituisce un potente strumento di ingerenza e di controllo degli Stati Uniti 3 l: nel Cap. 7 abbiamo analizzato la politica e l'ambiguità nucleari dell'Alleanza. Mentre fino ad oggi l'uE ha promosso, almeno ufficialmente, solo la ricerca civile, dal 2007 verrà stabilito un programma di ricerca militare, nell'interesse del complesso industriale del settore 32 . La ricerca spaziale europea, fino a oggi ufficialmente per scopi civili, fungerà da settore trainante della militarizzazione della scienza e della tecnica33 : la Commissione dell'UE ha istituito un comitato di esperti per la politica e la difesa spaziali, per sviluppare le applicazioni nelle aree civili e della difesa. L'Agenzia Spaziale Europea (ESA, European Space Agency) sta rivedendo il proprio ruolo futuro, per contribuire alla difesa e alla sicurezza europee. I progetti più ambiziosi sono GMES (Global Monitoring for Environment and Security) e il sistema di navigazione satellitare Galileo, costituito da 30 satelliti, che dovrebbe essere operativo per il 2008. Essi trovano ovviamente la netta opposizione degli USA, i quali ostacolano in tutti i modi programmi autonomi di altri paesi che minaccino di compromettere la propria egemonia in questo settore. Galileo si pone in aperta concorrenza con il GPS (General Positioning System) statunitense, offrendo una precisione superiore: progettato inizialmente come un programma strettamente civile, presenta ovviamente caratteristiche intrinseche di dual use, ma le sue finalità militari sono sempre più evidenti. Sono state stabilite cooperazioni internazionali con la Cina e l'India.
Capitolo nono LE NUOVE FRONTIERE DELLA PROLIFERAZIONE NUCLEARE: ARMI NUCLEARI DI «QUARTA GENERAZIONE» 1
9.1 — A che punto siamo? Dove stiamo andando?
Arriviamo così al punto più delicato e difficile di tutto questo saggio: la valutazione delle prospettive e dei rischi della proliferazione nucleare (e della guerra nucleare) nel futuro. È un punto delicato e complesso per molti motivi. Un primo motivo è che le ricerche per realizzare armi nucleari di nuova concezione sono coperte dal più stretto segreto. Un secondo motivo è che le scarse notizie che circolano a livello ufficiale contengono di solito delle mistificazioni che coprono ulteriormente le vere tendenze in atto, e le più pericolose: questa cortina fumogena dei governi e dei militari è resa ancora più fitta dal complice silenzio dei cosiddetti organi d'informazione (che sia intenzionale o dovuto solo a incompetenza e approssimazione non fa molta differenza). Nel caso delle cosiddette mini nukes abbiamo sottolineato nel Par. 7.12 che gli Stati Uniti, e probabilmente altri paesi, hanno realizzato da molto tempo testate di potenza piuttosto piccola secondo i concetti tradizionali della armi nucleari che abbiamo discusso nell'Appendice 7.1, e a
Dell'evoluzione e del ruolo della NATO si occupa con sistematicità Pietro Maestri sulla rivista mensile Guerre&Pace. Ricordiamo anche due volumini di Dossier sulla NATO pubblicati da Giano nei nn. 34 (gennaio 2000) e 35 (maggio 2000). 32 V. ad esempio: http://www.german-foreign-policy.com/en/news/article/109675 4400.php (11 ottobre 2004). Si veda il sito Internet europa.eu .int. 33 Regina Hagen, «Europe, the leading space power?», INESAP Information Bulletin, n. 23, aprile 2004, pp. 16-18.
Precisiamo subito che la maggior parte delle informazioni, delle nozioni e delle referenze di tutto questo capitolo sono tratte dall'insostituibile studio generale, altre volte citato, di André Gsponer a Jean-Pierre Hurni, Fourth Generation Nuclear Weapons, Tecnical Report n. 1, INESAP (Darmstad), settima edizione, settembre 2000, 194 pagine. Naturalmente la responsabilità del modo in cui ho tratto o reso le informazioni di questo rapporto non è attribuibile agli autori, ma è solo mia.
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Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? queste finge di riferirsi Bush, o si riferisce il Congresso: ma le prospettive più pericolose e più allettanti per i militari non sono queste, ma riguardano nuovi concetti per nuove armi che superino i limiti delle testate attuali. Sono proprio questi gli aspetti che vengono mantenuti segreti (probabilmente anche al Congresso degli Stati Uniti) e dei quali vogliamo occuparci in questo capitolo. Tali aspetti sono delicati e complessi per almeno due altri motivi. Queste linee di ricerca si basano su alcuni degli sviluppi tecnicoscientifici più avanzati, di solito tuttora in fieri (o sviluppati da decenni nei laboratori militari): vi è quindi un'oggettiva difficoltà tecnica nell'affrontarli. Ma l'aspetto forse più delicato è che queste tendenze hanno eroso quella separazione tra ricerche civili e ricerche militari su cui si erano basati gli Stati Uniti nel dopoguerra per incentivare il libero sviluppo delle prime in altri paesi, riservando per se stessi la possibilità e la capacità di «trasferire i risultati nella zona del segreto», come emergeva chiaramente dai documenti ufficiali che abbiamo discusso nel Par. 3.8. Le prospettive per la realizzazione di nuove armi si collegano direttamente a settori avanzati di ricerca fondamentale e i risultati che emergono appaiono come acquisizioni in campo civile: le implicazioni militari vengono così ulteriormente occultate. I grandi laboratori di fusione nucleare controllata o di fisica delle alte energie si fregiano ufficialmente del merito di non condurre ricerche militari: la maggior parte dei fisici e dei tecnici che vi lavorano sono convinti in buona fede che le loro ricerche sono finalizzate unicamente a risolvere problemi importanti per l'umanità, o a far progredire la conoscenza dei fenomeni naturali fondamentali e delle leggi dell'universo. L'ideologia dominante delle meraviglie e del valore conoscitivo e progressivo della scienza ha una forte presa sull'opinione pubblica, che viene invece mantenuta nell'ignoranza dei contenuti reali (ma anche gli epistemologi, quando considereranno nelle loro analisi le implicazioni militari?) e costituisce un ulteriore paravento, oltre alle campagne contro l'Iran e la Corea del Nord (mentre l'India e il Pakistan sembrano ormai accettati nel clan nucleare). In questi sviluppi riveste dunque un'importanza fondamentale quello che abbiamo chiamato lo statuto internazionale assunto, per scelte precise, dalle ricerche in fisica sub-nucleare e in settori connessi, che verificheremo concretamente nello sviluppo di questo capitolo. Questa stretta, quanto occulta o coperta, compenetrazione rende le nuove frontiere della proliferazione a un tempo più subdo-
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più difficili da scoprire, e apre la prospettiva di uno sviluppo generalizzato e incontrollato di armi nucleari completamente nuove. Sembra ripresentarsi ancora una volta la figura dell'apprendista stregone, il quale sviluppa processi che non è poi in grado di controllare. Ma, in fondo, non è questa la vera storia di tutta l'era nucleare? Gli Stati Uniti si illusero di avere acquisito una superiorità irraggiungibile e di poterla usare per imporre al mondo (in primo luogo all'Unione Sovietica) i loro interessi e la loro volontà: ma questo strumento sfuggì loro di mano molto prima di quanto pensassero, scatenando la fo lle corsa agli armamenti e l'equilibrio del terrore dei decenni della Guerra Fredda, che il regime di non-proliferazione sancito alla fine degli anni '60 riuscì a malapena a contenere. Oggi sembra ripresentarsi un situazione analoga, se non peggiore, e ancor più pericolosa. Lo spettro della guerra nucleare aveva rappresentato una minaccia giudicata inaccettabile dall'umanità. Le armi nucleari di tipo nuovo vengono invece studiate per poterle realmente utilizzare, per farne armi risolutive da campo di battaglia, cancellando quella demarcazione fondamentale tra guerra convenzionale e guerra nucleare. La vicenda dell'uranio depleto ci dimostra su che strada stiamo andando: e il vergognoso silenzio della comunità internazionale, a livello politico, sta a dimostrare che nessuno Stato è disposto a opporsi a questa spaventosa china. Oggi, come vedremo, sono molti i paesi impegnati nelle nuove linee di ricerca e di sviluppo, camuffate da ricerche pacifiche, e/o effettivamente svolte comunemente come ricerche civili: quella separazione tra l'ambito della ricerca fondamentale e la zona del segreto si è ridotta, o è scomparsa, e le conoscenze e le tecniche acquisite nel primo hanno implicazioni militari dirette. Chi può impedire a un qualsiasi paese di impegnarsi nell'impresa di realizzare la fusione nucleare controllata? O di sviluppare super-laser di potenze senza precedenti? O di costruire acceleratori di particelle? O di studiare l'antimateria? Non si tratta forse, secondo l'ideologia corrente, della missione civilizzatrice della scienza, che scopre le meraviglie della natura e risolve i problemi dell'umanità? Questa strada, lo statuto internazionale che è stato dato a questi campi di ricerca, ci sta probabilmente conducendo sull'orlo di un baratro: e non sembra che ci siano ormai molti modi per fermarlo. A meno che l'intera umanità, in tutti i suoi individui, non acquisti una chiara consapevolezza di questi rischi: ma una condizione fondamentale per questo è che tutti abbiano a disposizione tutta l'informale e molto
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
zione — genuina completa e veritiera — cosa che ovviamente nessuno Stato vuole! Ma l'intera comunità, o «corporazione» scientifica è oggi posta di fronte a una responsabilità senza precedenti (e non solo per il problema delle armi nucleari, ma per la crisi ambientale e climatica, per il problema delle risorse, per i farmaci di base, per gli organismi geneticamente modificati, ecc.): piuttosto che persistere nell'atteggiamento di spezzare il pane de ll a scienza dall'alto della propria sapienza, dovrebbe acquisire una maggiore consapevolezza e assumere un atteggiamento molto più umile, socializzare realmente e rendere fruibili le conoscenze, la loro vera natura e le loro implicazioni, e fare scelte drastiche (che indubbiamente comprometterebbero la propria posizione di privilegio), abbandonando la complicità con il potere e assumendo invece un rapporto diretto e aperto con la collettività. 9.2 — Le nuove frontiere della prolzferazione nucleare
La situazione attuale della proliferazione nucleare, al di là delle apparenze, si può così riassumere. — I trattati e gli accordi internazionali degli anni '90 riguardavano un prima fase della proliferazione, anche se non l'hanno certamente chiusa (i rischi di proliferazione delle armi nucleari attuali perman-
gono, come hanno dimostrato l'India e il Pakistan, e come si paventa per l'Iran, la Corea del Nord, la Corea del Sud 2 , ma forse soprattutto i paesi in stato di proliferazione latente, Par. 7.6). — Ma se le potenze nucleari si accordarono su quei trattati di riduzione degli arsenali strategici e di moratorie o divieti dei (o meglio di certi) test nucleari, fu proprio perché quei tipi di armi erano sovradi= mensionati o diventavano addirittura obsoleti per le nuove strategie 2
Fonti Reuters, Associated Press, BBC, 2-9 settembre 2004, Washington Post, 10 settembre 2004. La Corea del Sud aveva intrapreso un programma nucleare militare negli anni '70, ma lo aveva poi ufficialmente chiuso, e il paese aveva poi aderito al TNP, ma solo l'anno scorso ha firmato il Protocollo Addizionale con la AJEA che consente ispezioni intrusive. Quando è esploso lo scandalo, è risultato che scienziati della Corea del Sud hanno non solo prodotto nel 2000 piccole quantità di uranio arricchito, mettendo a punto un metodo laser (questo sembrerebbe l'aspetto più allarmante, ma conferma semplicemente il fatto che molti paesi sono in uno stato di proliferazione latente, Par. 7.6), ma nel 1982 estrassero anche piccole quantità di plutonio. La ATEA valuta che la Corea del Sud ha infranto seriamente il TNP, individuando sei violazioni da denunciare al Consiglio di Sicurezza dell'oNu. 328
Le nuove frontiere de ll a proliferazione nucleare
previste o messe in atto (in primo luogo da Washington) per il xxi secolo, e quei tipi di test non erano ormai i più pratici, né per il momento necessari, per i nuovi progetti. —Le grandi speranze di giungere alla totale eliminazione delle armi nucleari (ribadite negli impegni assunti nella Conferenza di Revisione del TNP del 2000, Appendice 6.1) sembrano però definitivamente tramontate: gli USA non hanno ratificato il CTBT e hanno rescisso il tratto ABM, e lo START II non è mai entrato in vigore. —Ma il punto fondamentale è che si è aperta una fase completamente nuova della proliferazione nucleare, molto più ambigua, pericolosa e difficilmente controllabile: essa è caratterizzata dalla ricerca di armi completamente nuove che si possano sviluppare senza violare i trattati
esistenti, e che superino gli inconvenienti delle armi nucleari attuali, che limitano il loro uso: esplodere una testata nucleare tradizionale in un attacco preventivo a un territorio che si intende occupare e controllare militarmente non sembra in effetti un'operazione molto saggia. —Queste ricerche si fondano in larga misura su conoscenze e tecniche che vengono sviluppate in settori civili, e che spesso non presentano in apparenza valenze militari. —Alla luce di tutto questo, e contrariamente alla valutazione più o meno consapevole invalsa nell'opinione pubblica, i rischi di guerra nucleare si presentano nel futuro molto più concreti che durante tutti gli anni della Guerra Fredda. Il TNP e il CTBT sono trattati in larga misura obsoleti e superati dalle nuove tendenze, anche se queste non emergono a ll a luce del sole. Le guerre combattute nell'ultima quindicina d'anni hanno fornito alcune importanti lezioni strategiche 3 . In primo luogo, i quantitativi di esplosivo convenzionale che possono venire lanciati con un proiettile guidato di alta precisione (come un missile cruise) sono ridicoli rispetto al costo di quest'ultimo: per distruggere alcuni bersagli sono necessari molti di questi proiettili, quando invece potrebbe bastare una sola testata più potente: il problema è che le testate nucleari attuali sono troppo potenti (per la limitazione imposta dalla massa critica, Appendice 1.1.m) e rilasciano troppa radioattività residua. D'altro lato, come abbiamo discusso nel Par. 6.7, l'impiego André Gsponer, «From the lab to the battlefield? Nanotechnology and FourthGeneration nuclear weapons», Disarmament Diplomacy, Vol. 67, ottobre- novembre 2002. 3
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Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
sproporzionato e sconsiderato dei proiettili a uranio depleto ha dimostrato che l'uso di armi che producano livelli più bassi di radioattività residua non incontra obiezioni e opposizioni di fondo da parte della comunità internazionale. Risulta quindi tanto più interessante per i militari la possibilità di sviluppare armi nucleari di nuova concezione che rispondano ai due requisiti precedenti: per superare il vincolo costituito dalla massa critica esse devono essere basate su processi nucleari diversi dalla fissione tradizionale. Ma se militari possono esprimere delle preferenze o dei desideri rispetto al rinnovamento degli armamenti, sono gli scienziati coloro che propongono davvero le innovazioni fondamentali: la loro capacità di interpretare i desideri dei militari (ma anche del potere economico) garantisce il loro ruolo: abbiamo parlato per questo di una complicità della comunità scientifica con il potere (avevamo già segnalato questo ruolo propositivo di innovazioni mi li tari degli ambienti tecnico-scientifici per quanto riguarda il progetto delle «Guerre Stellari» di Reagan del 1983, Par. 5.6). Joseph Rotblat, il fisico che si dimise dal «Progetto Manhattan» in aperta polemica con le intenzioni di utilizzare comunque la bomba e che è stato insignito del Premio Nobel nel cinquantenario di Hiroshima, si esprime così:
Poiché questo problema delle implicazioni militari della ricerca fondamentale è piuttosto delicato, vogliamo premettere alcune considerazioni generali prima di entrare nel merito delle prospettive specifiche per le armi nucleari di «Quarta Generazione» (per la classificazione delle varie «Generazioni» di armi nucleari v. l'Appendice 7.1). Incominciamo entrando più nel merito delle ricerche per realizzare la fusione nucleare controllata, che avevamo introdotto nel Par. 3.8.
9.3
—
Le ricerche sulla fusione nucleare controllata per confinamento inerziale
Joseph Rotblat, «A nuclear-weapon-free world: a fancy or a reality» (in tedesco), in U. Albrecht, U. Beisiegel, R. Braun e W. Buckel (eds.), Der Griff nach dem Feuer —Die Wissenschaft 50 Jahre nach Hiroshima und Nagasaki, Peter Lang Verlag, Frankfurt 1995: una parte dell'articolo è stata pubblicata in inglese sul Bulletin 06 dell'INESAP ed è reperibile nel sito: http://www.inesap.org/bulletin06/rotblat.htm . Per inciso, penso che molti osserveranno che Lord Zuckerman si riferisce sempre agli «uomini» nei laboratori.
Nell'Appendice 1.1.0 abbiamo chiarito che vi sono due linee di ricerca principale per la realizzazione della fusione nucleare controllata: il confinamento magnetico e il confinamento inerziale (FCI, in inglese Inertial Confinement Fusion, ICF). Ci occuperemo soprattutto della seconda (anche se le implicazioni mi litari de ll a prima non sono del tutto trascurabili). L'idea della FCI nacque verso il 1960. Come abbiamo specificato nell'Appendice 1.1.u, l'idea centrale di un reattore a fusione per la produzione di energia per FCI è che piccoli pellets (sferette) di deuterio e trizio (DT), ciascuno de ll e dimensioni di un grano di pepe (quantità tipiche sono tra 1 milligrammo e 1 microgrammo di DT), vengano proiettati in successione al centro di una camera di reazione dove impulsi laser di alta potenza, o fasci di particelle di alta energia, colpiscono ciascuno di essi, comprimendo e riscaldando il DT fino a raggiungere la temperatura per l'innesco della reazione di fusione (1) D+T--> 'He +n+(2,8.10-12 J) (il motivo fisico de ll a scelta del DT è discusso nell'Appendice 7.1). Un ipotetico futuro reattore dovrebbe utilizzare la fusione di una serie di pellets in rapida successione: l'energia così generata verrebbe, come nei reattori a fissione, trasformata in energia termica e azionerebbe una turbina per produrre energia elettrica. Una centrale per la produzione di energia elettrica della potenza di 1.000 MW (elettrici) con un'efficienza termica del 30% (ossia che converta in energia elettrica il 30% dell'energia termica generata) consumerebbe 10 milligrammi di DT al secondo, che corrispondono a 0,5 kg di trizio al giorno: lo sviluppo di un sistema energetico basato sulla FCI richie-
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Spesso la modernizzazione [delle armi nucleari] è stata dovuta non a una reale necessità ma allo zelo di scienziati per inventare nuovi aggeggi (gadgets); e i militari sono di solito clienti pronti per le invenzioni dei laboratori. Lord Zuckerman, che è stato per molti anni consigliere scientifico in capo del Governo britannico, ha espresso questo nel modo seguente: «Nel mondo nucleare di oggi i capi militari... di regola servono solo come canali attraverso i quali gli uomini nei laboratori trasmettono i loro punti di vista. Perché è l'uomo nel laboratorio... che inizialmente propone che per questa o quella ragione sarebbe utile migliorare una vecchia testata o progettarne una nuova... È lui, il tecnico, non il comandante nel campo, colui che avvia i processi di formulare le cosiddette necessità militari»4 . 4
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Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
derebbe perciò una grande abbondanza di trizio. Occorrerebbe quindi un grande sistema di produzione di trizio, giacché si tratta di un isotopo dell'idrogeno che è radioattivo con un tempo di dimezzamento di circa 12 anni. D'altra parte, abbiamo visto nel Cap. 7 e nell'Appendice 7.1 la grande importanza militare del trizio per la realizzazione di testate nucleari avanzate. Osserviamo per inciso che la reazione di fusione (1) comporta la generazione di flussi molto alti di neutroni veloci: non è vero quindi che reattori nucleari a fusione basati su questo processo sarebbero «puliti». Oltre a risultare estremamente pericolosi di per sé, i neutroni attivano le pareti del reattore e tutti i materiali esposti al loro bombardamento (Appendice 1.1.h): eventuali reattori a fusione presenteranno problemi di sicurezza, anche se probabilmente inferiori a quelli dei reattori a fissione, e di produzione di scorie radioattive, anche se con tempi di dimezzamento minori. Oltre alla disponibilità di trizio, le ricerche sulla FCI e la sua eventuale realizzazione presentano molte implicazioni di interesse militare, diretto e indiretto. Forniamo qualche altro dettaglio su queste ricerche. In primo luogo, il meccanismo fisico dell'implosione del pellet. La piccola quantità di DT è racchiusa in un involucro (Fig. 9.1): la radiazione, incidendo sulla sua superficie, la surriscalda; essa espelle così materia, che per reazione provoca l'implosione verso l'interno. Inoltre, risulta pratico non inviare direttamente sul pellet i fasci laser o i raggi di particelle: il pellet può essere posto all'interno di una cavità (hohlraum, dal termine tedesco), nella quale i fasci incidenti generano un intensissimo flusso di raggi X che lo colpiscono uniformemente provocandone l'implosione (indirect drive). È importante osservare che questo meccanismo è analogo, dal punto di vista fisico, a lla fusione del secondario di una bomba termonucleare a due stadi («meccanismo di Teller-Ulam», Appendice 7.1), che sfrutta appunto i raggi X generati nello hohlraum dall'esplosione del primo stadio a fissione per la compressione del secondario (ed è stato declassificato per la FCI quasi contemporaneamente e con parole quasi identiche al «meccanismo di Teller-Ulam»): in questo caso, naturalmente, non si utilizza la bomba a fissione come innesco. Sono molti i paesi industrializzati che hanno costruito, o stanno costruendo, impianti di FCI. Gli Stati Uniti e la Germania hanno impianti di FCI con fasci di particelle, e altri sono progettati negli stessi
Raggi laser
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Fasci particelle
Anti- protoni
0,5 cm
E—^ -4----
1 cm
Fig. 9.1 — Schema di un pellet di deuterio-trizio per la fusione nucleare a confinamento inerziale.
paesi e nell'UE. Molti di più sono gli impianti di FCI con laser, e il numero di paesi: Stati Uniti, Giappone, Francia, Cina, Gran Bretagna, Russia, India, Italia, Israele, Germania, Corea del Sud hanno realizzato, o hanno in costruzione, o in fase di progettazione uno o più impianti di questo tipo, con tipi diversi di laser. Gli impianti di FCI più grandi sono in costruzione negli Stati Uniti e in Francia: rispettivamente la National Ignition Facility con 192 laser (Par. 7.1), e Laser Mégajoule con ben 240 laser 5 . Ritorneremo tra breve sulle finalità di questi impianti. Ma anche la Germania e il Giappone hanno progetti di dimensioni simili (Hiball, a fasci di particelle, e Koyo) e, soprattutto con India e Israele, di qualità paragonabile con quelli di Washington e Parigi. Sul grande progetto interUna descrizione dell'impianto si trova in: Luc Allemand, «Mégajoule: le plus gros laser du monde», La Recherche, n. 360, gennaio 2003, pp. 60-67.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
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nazionale ITER, che si propone di ottenere per la prima volta più energia di quella immessa, (cfr. nota 6) non si è ancora arrivati a un accordo se costruirlo in Francia o in Giappone.
sati di alta potenza esistenti convertono l'energia elettrica d'alimentazione in luce con un'efficienza inferiore all'1%» 9 . È molto probabile che molti fisici e tecnici che lavorano in questo campo (ma anche la maggioranza della comunità scientifica, che si regge sull'ideologia della ricerca pura) si ribellino alle insinuazioni che almeno alcune di queste ricerche abbiano finalità militari, dirette o indirette. Vale la pena allora di riportare in dettaglio una valutazione delle implicazioni militari della fusione nucleare controllata innescata da laser espressa con chiarezza esemplare su una rivista scientifica dell'autorevolezza di Science ben una trentina di anni fa: è estremamente significativo che essa fosse legata ante litteram alle possibilità di aggirare un trattato di messa al bando totale dei test nucleari che avrebbe tardato ancora ben due decenni!
9.4 — Qual è il vero obiettivo delle ricerche sulla fusione nucleare controllata?
Abbiamo discusso nel Par. 3.10 quanto sia lontano il sogno di produrre energia mediante la fusione nucleare controllatati (Appendice 1.1.u). Non molti anni fa l'autorevole Physics Today ospitava tre lettere che, a parte la realizzazione de ll a fusione controllata, elencavano «Problemi ingegneristici insormontabili che escludono `l'energia da fusione per la popolazione' nel 21° secolo» 7 : le critiche all e carenze e ai ritardi in particolare de ll e ricerche connesse allo sfruttamento futuro come fonte di energia rafforzano il sospetto che questo non sia realmente l'obiettivo primario, e che gli interessi mi li tari rimangano invece i più importanti. «La creazione di un plasma di DT sufficientemente caldo e denso da accendere una fusione che si autosostenga rimane un obiettivo sfuggente» 8 . Quanto al rendimento energetico della FCI, può essere utile tenere presente che «I laser pul-
Riporto l'argomento fondato e condivisibile di E Marenco, E. Martines e M. Zucchetti, «Energia: una crescita insostenibile», Giano, n. 46, aprile 2004, pp. 117130: «Quanto alla fusione nucleare controllata, da molti indicata come la soluzione possibile e definitiva del problema dell'energia, bisogna ricordare che difficilmente le ricerche potranno fornire soluzioni pratiche nel breve e medio termine. Il problema maggiore di questo filone è la necessità di ricorrere a progetti di ricerca di grandissime dimensioni, dovuta alle condizioni estreme alle quali è necessario portare e mantenere il combustibile. Ciò fa sì che il cosiddetto 'next step', un esperimento chiamato ITER che per primo dovrebbe essere in grado di produrre più energia di quanto ne richieda il suo funzionamento, attrarrà una parte molto consistente del totale dei finanziamenti a livello mondiale. La sola costruzione del reattore richiederà circa otto anni, ed è prevedibile che lo sfruttamento commerciale di questa forma di energia non sarà possibile prima di 40-50 anni». Dietro questi grandi progetti vi sono chiaramente forti interessi, sia economici sia mi li ta ri : non meraviglia che la comunità scientifica e il potere economico ignorino e boicottino i risultati estremamente promettenti, ma certo «eterodossi», ottenuti per la cosiddetta fusione fredda (Par. 9.13). 7 Physics Today, marzo 1997, pp. 15, 101, 102. 8 Bertram Schwarzchild, «Inertial confinement fusion driven by pulsed power yelds thermonuclear neutrons», Physics Today, luglio 2003, p. 19.
Per quasi 20 anni gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica hanno professato interesse per sottoscrivere un trattato per la messa al bando totale dei test nucleari. Ma se le due superpotenze arriveranno eventualmente a un accordo su una messa al bando totale globale, una tecnologia importante e in rapida evoluzione può, in modi rilevanti, aiutare entrambe le parti ad aggirarlo. La nuova tecnologia è la fusione mediante laser, una tecnica per generare esplosioni nucleari in miniatura colpendo pellets [sferette] di idrogeno con impulsi laser convergenti di enorme potenza. Negli anni recenti la fusione laser è stata ampiamente acclamata, sia dalla stampa sia da coloro che la sviluppano nei laboratori nazionali, come una potenziale scorciatoia verso uno degli obiettivi fondamentali della ricerca nucleare, energia elettrica a basso costo dalla fusione termonucleare. Anche se non vi sono dubbi sulla sincerità di queste speranze, non viene capito in generale che l'obiettivo pratico immediato del programma del governo di 68 milioni di dollari per la ricerca e sviluppo della fusione laser è di trovare una tecnica di laboratorio per simulare esplosioni di testate nucleari. Vi è anzi un corpo di opinioni — per quanto in generale non condivise dai laboratori nazionali — che sostiene che la simulazione delle armi può essere l'unica applicazione pratica della fusione laser in questo secololo Secondo le autorità nel campo degli armamenti, la fusione laser promette miglioramenti di «ordini di grandezza» rispetto ai metodi attuali di simulazione per due scopi distinti ma correlati. In primo luogo, impulsi
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Ivi. L'autore aveva pienamente ragione nel prevedere che nel successivo quarto di secolo la fusione nucleare controllata non avrebbe avuto applicazioni pratiche civili.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? di radiazione da «microesplosioni» grandi ma controllate innescate da laser potrebbero essere estremamente utili per testare gli effetti delle radiazioni delle testate su satelliti, testate e altri apparati pieni di elettronica delicata. Forse più importante dal punto di vista del controllo degli armamenti, gli esperti di armamenti si aspettano che la fusione laser diventi uno strumento sperimentale straordinariamente utile per studiare la «fisica delle testate» fondamentale e, unitamente a codici di simulazione elettronica sempre più raffinati, per sviluppare nuovi progetti di armi. [...] Pertanto, abbastanza letteralmente, la fusione laser sta emergendo come un nuovo metodo per portare i test nucleari al coperto (indoors), una prospettiva che sembra assolutamente attraente nel contesto di un trattato di messa al bando. Il maggior generale Edward B. Giller, capo della sicurezza nazionale nell'Amministrazione per la Ricerca e lo Sviluppo dell'Energia, ha detto in una recente conversazione: «La gente va dicendo che questo è un programma energetico, ma [...] in realtà questo è ed è sempre stato un programma militare». .] Nessuno sembra essere in disaccordo sul fatto che la simulazione delle armi sarà la prima applicazione della fusione laser; le opinioni si dividono se questa sarà l'ultimall [..
L'articolo si dilungava nella parte finale nell'analisi dei possibili aspetti della fusione laser di interesse per la simulazione delle armi nucleari, che non riportiamo perché a distanza di 30 anni le prospettive sono in parte cambiate, diventando però le implicazioni ancora più dirette. Più recentemente è stato osservato per quanto riguarda direttamente la National Ignition Facility (NIF, Parr. 7.1, 9.3): La rilevanza della NIF per la scienza delle armi nucleari è che gli stati della materia prodotti, e i processi fisici coinvolti, sono simi li a quelli che governano il comportamento delle testate nucleari. Ne risulta che i programmi per i computer usati nella ricerca sulla FCI hanno molto in comune con quelli usati nella progettazione delle armi nucleari. I più potenti tra questi sono quindi segreti (classified), almeno per quanto riguarda i tre laboratori statunitensi per le armi nucleari 12 .
Per quanto riguarda specificamente il programma di ricerca sulla fusione nucleare al Livermore Laboratory, «aspetti significativi degli esperimenti e dei modelli rimasero classified perché l'informazione aveva potenziale rilevanza per la armi nucleari, oltre che per lo sviluppo di una fonte commerciale di energia» 13 , e il Department of Energy (DOE) decise una decina di anni fa di declassificare alcuni aspetti per il motivo che ricercatori di altri paesi stavano pubblicando risultati che duplicavano quelli del Livermore (ecco l'effetto dello statuto internazionale di queste ricerche). L'articolo si concludeva osservando che molte di queste ricerche erano destinate ad anticipare appunto la costruzione del grande impianto di fusione inerziale di nuova generazione, cioè proprio la NIF, che fin dal progetto iniziale «avrebbe sostenuto non solo studi per la generazione di energia, ma anche lavoro legato con l'affidabilità delle armi nucleari. Un gruppo di protestatari dell'area del Livermore sono intervenuti contro l'impianto perché potrebbe consentire anche la progettazione di armi nucleari nuove» 14 . Sul piano generale queste osservazioni da fonti autorevoli e non sospette dovrebbero bastare a instillare almeno il germe del dubbio e ad aprire la strada alle considerazioni di merito. 9.5 — Verso una nuova micro-bomba nucleare a pura fusione?
Una volta che si ottenga la fusione nucleare per FCI, mentre la soluzione di tutti i problemi fisici e ingegneristici per realizzare una filiera commerciale di reattori nucleari a fusione richiederà ulteriori anni o decenni, la fusione di un pellet di massa di una frazione di 1 grammo costituirebbe una micro-esplosione nucleare a pura fissione. La potenza esplosiva sviluppata dalla fusione di un pellet sarebbe dell'ordine di 3- 4 GJ (3 4 miliardi di J), equivalente all'esplosione di circa 800 kg di esplosivo chimico, cioè un po' meno di una tonnellata. Per confronto, un missile cruise Tomahawk trasporta una testata convenzionale o nucleare del peso di circa 120 kg, e una tipica grossa bomba a caduta pesa tra 500 e 2.000 kg. -
11 Robert Gillette, «Laser fusion: an energy option, but weapons simulation is first», Science, Vol. 188 (4 aprile 1975), pp. 30-34. 12 Ray E. Kidder, cit., p. 646.
13 Barbara Goss Levi, «Veil of secrecy is lifted from parts of Livermore's laser fusion program», Physics Today, settembre 1994, pp. 17-19.
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Ibidem.
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Naturalmente, anche per passare dalla «esplosione» di un pellet in un impianto di FCI a una bomba vera e propria, trasportabile o lanciabile, ci saranno da risolvere grandi problemi: in primo luogo la miniaturizzazione di laser, o di acceleratori di particelle, o di altre apparecchiature che possano provocare il confinamento, in modo tale da poterli incorporare in una testata. Siamo ancora lontani da questa possibilità, ma si stanno compiendo passi da gigante: come vedremo, dopo un lungo periodo di impasse nell'aumento de lla potenza emessa dai laser, negli ultimi anni si è registrato un balzo nella realizzazione di super-laser, e si sono già realizzati prototipi di laser «da tavolo» di grande potenza. Altri interessi militari della
FCI
Ma con questo non diminuisce l'importanza dei grandi impianti di confinamento inerziale per ricerche militari sulle nuove testate di «Quarta Generazione». In primo luogo perché il raggiungimento dell'obiettivo di realizzare la fusione nucleare è ancora lontano. Ma vi sono molti altri aspetti. Nell'Appendice 7.1 abbiamo sottolineato che il meccanismo del processo di fusione nucleare e le sue proprietà fisiche non sono ancora ben capiti. La FCI fornisce metodi superiori di vari ordini di grandezza a quelli tradizionali per studiare la fisica di base delle armi nucleari e progettare armi di tipo nuovo 15 . Vediamone molto succintamente alcuni. 15 Per il lettore interessato forniamo per completezza alcuni riferimenti specifici (oltre al già citato rapporto di André Gsponer a Jean-Pierre Hurni, Fourth Generation Nuclear Weapons, Cap. 3, che contiene una discussione tecnica più dettagliata delle informazioni che forniamo qui di seguito): A. Gsponer, B. Jasani e S.
Sahin, «Emerging nuclear energy systems and nuclear weapon proliferation», Atomkernergie-Kernteshnik, Vol. 43, 1983, pp. 169-174; A. Shaker, «Arms control
at the stage of research and development? The case of internal confinement fusion», Science & Global Security, Vol. 2, 1991, pp. 279-299; il già citato rapporto della Divisione Jason (Par. 7.1), S. Drell e altri, Science based stockpile stewardship, JsR-94-
345 (The MITRE Corporation, McLean, VA, novembre 1994), 108 pp.; H. Zeriffi e A. Makhijiani, The nuclear safety smokescreen — Warhead safety and reliability and the science based stockpile stewardship program, Institute for Energy and Environmental Research, Takoma Park, MD 20912, maggio 1996, p. 49; C.T. Alonso, «Keeping the nuclear stockpile safe, secure and reliable», Science and Technology Review, Lawrence Livermore National Laboratory, agosto 1996, pp. 6-15; S.B. Libby, «NIF and national security», Energy and Technology Review, Lawrence Livermore National Laboratory, dicembre 1994, pp. 23-32.
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Un primo campo di studi mediante la FCI riguarda gli effetti delle armi nucleari. Un'esplosione nucleare produce raggi X e gamma, neutroni e un impulso elettromagnetico (EMP): quest'ultimo, in particolare, ha effetti molto forti su tutte le apparecchiature elettroniche e le comunicazioni con i radar e i satelliti. L'intensità di ciascuna componente dipende in modo sensibile dalla struttura e dalla potenza della testata. Prima della firma del PTBT del 1963 (Par. 4.5) queste proprietà e questi effetti venivano studiati mediante le esplosioni nucleari nell'atmosfera, e prima de ll a firma del CTBT mediante le esplosioni sotterranee. Gli studi con la FCI consentono di studiare, in modo più economico e riproducibile, gli effetti di esplosioni successive, l'estensione spaziale e la durata dell'interferenza con le comunicazioni dai satelliti, gli effetti di schermatura dei radar. Un secondo campo di studi riguarda tutta una serie di aspetti della fisica dell'implosione e dell'esplosione che sono di grande interesse per il miglioramento delle armi nucleari e la progettazione di armi nucleari nuove. Abbiamo sottolineato l'analogia del meccanismo della FCI con quello di «Teller-Ulam» di un testata termonucleare a due stadi: in altre parole, si tratta degli stessi processi fisici. È facile capire dunque come lo studio del processo di FCI fornisca dati fisici che possono essere importanti per una migliore comprensione delle testate nucleari e la progettazione di nuove armi: ad esempio, gli effetti dei raggi X e le proprietà della materia per elementi pesanti al variare della temperatura e della pressione, che prima venivano studiati in modo più indiretto, costoso e complesso con i test nucleari sotterranei. Vi è tutta una serie di parametri e di effetti che possono essere studiati direttamente, e in modo facilmente riproducibile con la successione delle esplosioni dei pellets. Non a caso molto risultati delle ricerche sulla FCI sono segreti. È significativo riportare (dallo studio di Gsponer e Hurni) i termini con cui si chiudeva un articolo del 1997 di Edward Teller (il «padre» della bomba H, deceduto il 9 settembre 2003) insieme a un gruppo dei più autorevoli esperti del Lawrence Livermore National Laboratory: Gli esperimenti di detonazione nucleare [cioè i test nucleari, nda] forniscono la possibilità unica di portare grandi volumi di materiale in condizioni di altissima densità. Tuttavia, questi esperimenti sono esplosivi, difficili da analizzare con grande precisione, e correntemente vietati in regime di bando totale dei test nucleari. Invece, i susper-laser della clas339
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? se megajoule [ne tratteremo nel Par. 9.6, ri da] come la NIF saranno capaci di condurre campagne sperimentali di colpi multipli in periodi di giorni o settimane. Pertanto, gli esperimenti con laser offrono la possibilità di ampie variazioni dei parametri, sviluppo dei controlli e delle misure. [...] L'esame quantitativo rutinario della materia con questi enormi impianti potenti e flessibili impianterà e rafforzerà il campo della fisica delle alte densità. Con la cessazione dei test nucleari, si perderanno alcuni regimi di fisica delle alte densità, ma con i super-laser sarà accessibile un sottoinsieme considerevole con controllo e riproducibilità molto maggiori 16 . E c'è di più. In realtà infatti la fisica della FCI è più complessa di
un'esplosione termonucleare: vi è tutta una serie di parametri e di condizioni che deve essere determinata e aggiustata allo scopo di raggiungere l'innesco della fusione (ignizione). La FCI, dunque, non si limita a replicare su piccola scala un'esplosione termonucleare, ma conduce a una comprensione ulteriore della fisica della fusione, che può fornire elementi fondamentali per progettare armi nucleari di concezione completamente nuova: le armi di «Quarta Generazione», cioè dispositivi esplosivi basati su processi atomici o nucleari che non sono vietati dal CTBT. Queste ricerche, inoltre, possono essere condotte liberamente anche dagli Stati non-nucleari, e quindi sfuggono anche al TNP.
Vi sono molti altri aspetti complessi di questi progettil 7 . Nessuno degli impianti di FCI dei quali abbiamo parlato a ll a fine del Par. 9.3 raggiungerà le condizioni per la fusione. Inoltre, la realizzazione della NIF ha presentato difficoltà inaspettate, che hanno indotto una lievitazione dei costi. Gli impianti di FCI a fasci di particelle sembrano invece presentare prospettive promettenti: a differenza della tecnologia dei super-laser, che è nuova, la fisica e la tecnica degli acceleratori di particelle cariche è ben nota e sviluppata nei grandi laboratori di ricerca di fisica de ll e alte energie (come íl CERN di Ginevra e il centro di Darmstadt). L'impianto di FCI Hiball in costruzione in Germania è uno dei pochi a fasci di particelle. Sotto la guida della 16 E.M. Campbell, N.C. Holme, S.B. Libby, B.A. Remington e Edward Teller, «The evolution of high-energy-density physics: from nuclear testing to the superlasers», Laser and Particle Beams, Vol. 15, 1997, pp. 607-626: riportato in Gsponer e Hurni, cit., p. 65. 17 Gsponer e Hurni, cit., pp. 77-78.
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Germania, una collaborazione di laboratori europei e gruppi universitari, nota come HIDIF, ha avviato nel 1991 lo studio del progetto di una Heavy Ion Ignition Facility che è attualmente il progetto più avanzato in questo campo. Los Alamos ha avviato la costruzione di un acceleratore di particelle da 50 GeV, in sostituzione di un acceleratore lineare ormai vecchio di 40 anni, come parte della Advanced Hidrotest Facility (Par. 7.15) per lo studio con la radiografia protonica dei primi stadi di un'esplosione nucleare (v. Appendice 9.1), che sopravanzerà gli impianti a raggi X già esistenti a Los Alamos e al Livermore: questo sistema può essere usato per la FCI con fasci di particelle. Non è ozioso osservare 18 che la tecnica della radiografia con protoni non è in sé particolarmente avanzata, poiché è nota da alcuni decenni e applicata in campo medico e industriale, e nel campo degli acceleratori di particelle. Ma l'applicazione alle armi nucleari ha tardato perché le tecnologie esistenti di acquisizione dei dati e di ricostruzione degli eventi non erano abbastanza veloci e potenti per trattare le velocità di interazioni protoniche necessarie per ottenere immagini di alta risoluzione: per cui era preferibile la tecnica dei raggi X. L'applicazione della radiografia protonica alle armi nucleari è stata resa possibile dallo sviluppo dei rivelatori di particelle e de ll e tecniche di acquisizione dei dati e della loro analisi negli esperimenti eseguiti nei grandi laboratori di fisica delle alte energie (in precedenza chiamata fisica delle particelle elementari) come il grande laboratorio del CERN (Centre Europeen de Recherches Nucleaires) di Ginevra, lo SLAC (Stanford Linear Accelerator Center) e il FNAL (Fermi National Acceleretor Laboratory) negli Stati Uniti, il JINR (Joint Institute of Nuclear Research) di Dubna in Russia, e molti altri sparsi in Germania, in Giappone, in Gran Bretagna e in altri paesi, usando i giganteschi acceleratori di particelle e colliders, come il LEP e il LHC del CERN e il bevatrone del FNAL. Ancora una volta si constata l'intreccio inestricabile tra ricerche civili, o pacifiche, e interessi militari, faccia o non faccia piacere agli scienziati sinceramente dedicati a ll a ricerca pura. Vi sono anche altre soluzioni che possono fare avanzare il problema: ad alcune accenneremo nel seguito. Queste notizie sono liberamente dedotte da commenti di André Gsponer che hanno circolato per posta elettronica. 18
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Superlaser
La tecnologia dei laser ha registrato spettacolari progressi negli ultimi 10-15 anni, consentendo di raggiungere enormi potenze con apparati di dimensioni relativamente ridotte (tabletop, da tavolo) e di costo molto basso (500.000 $). I laser sono già utilizzati in diversi tipi di armi (proiettili a guida laser, laser nella difesa antimissile, Par. 7.11), ma gli sviluppi recenti aprono le porte ad applicazioni militari impressionanti. L'intensità del raggio luminoso prodotto da un laser si esprime come l'energia che esso trasferisce nell'unità di tempo su una unità di superficie: cioè l'energia al secondo su un cm 2 ; e poiché l'energia al secondo è la potenza, e si esprime quantitativamente in watt, 1W = 1 J/I s (Appendice 1.1, Scheda 1.1), l'intensità emessa da un laser si esprime in W/cm 2. Dopo l'invenzione del laser, nel 1961, l'intensità del fascio prodotto aumentò in pochi anni di vari ordini di grandezza, arrivando verso la fine degli anni '60 a circa 1014 W/cm 2, ma poi si mantenne pressoché costante per una paio di decenni: il motivo era che si raggiunse una valore dell'intensità luminosa del fascio al quale si manifestano effetti ottici non lineari che deformano la qualità del fronte d'onda, e il solo modo di aumentare la potenza era di aumentare la sezione del fascio, con un aumento delle dimensioni dell'apparecchio, della velocità di ripetizione e dei costi. Per comprendere il problema è necessario tenere conto in primo luogo che un laser emette degli impulsi di luce successivi e per aumentare la potenza emessa si deve ridurre la durata temporale di ogni impulso, in modo che l'energia viene concentrata in un tempo minore: sebbene la durata degli impulsi continuasse a venire ridotta, gli effetti non lineari e l'allargamento del fascio impedivano di aumentare corrispondentemente la potenza per cm 2 . L'impasse venne superato alla fine degli anni '80 con l'introduzione di una nuova tecnica, chiamata chirped pulse amplification (termine difficilmente traducibile in italiano), che consentì un progresso spettacolarel 9 (lasciamo i dettagli sulle nozioni di base sui
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laser e su questa tecnica per l'Appendice 9.1), raggiungendo intensità enormi, di 1021 W/cm 2 , avvicinandosi al limite teorico di intensità di 1024 W/cm 2 . Essi sono chiamati superlaser perché le loro interazioni con la materia sono qualitativamente differenti da quelle dei laser ordinari: dal punto di vista scientifico, infatti, essi consentono di generare condizioni fisiche estreme — pressioni e temperature, campi elettrici e magnetici estremamente elevati — che in natura si hanno solo all'interno delle stelle; essi possono generare direttamente reazioni nucleari, scindere nuclei pesanti, generare antimateria (v. oltre), generare fasci di ioni intensi e focalizzati, ecc. I nuovi principi dei superlaser sono stati integrati nei sistemi esistenti di FCI nei laboratori di Los Alamos e Livermore negli USA, e in Francia, Gran Bretagna e Giappone. La Germania ha avviato la costruzione di uno dei più potenti superlaser, in collaborazione (si noti, per un paese non-nucleare! ) con il Lawrence Livermore National Laboratory, con un accordo simile a quello che questo laboratorio ha con i laboratori di armi nucleari in Francia e Gran Bretagna. Le applicazioni militari dei superlaser sono molte e impressionanti e sono soggette a un'attività molto intensa praticamente in tutti i paesi industrializzati, dove sono stati creati dei centri specializzati. Tra le possibili applicazioni militari ne citiamo alcune, sulle quali ritorneremo in maggiore dettaglio 20 : generazione di raggi X con risoluzione temporale e spaziale applicabili a ll a tomografia dell'implosione di un pellet (Par. 9.5); generazione di idrogeno metallico, il più potente esplosivo chimico concepibile (Par. 9.12); eccitazione di isomeri nucleari (Par. 9.8); fissioni e fusioni nucleari indotte otticamente, cioè la generazione di intense reazioni nucleari mediante fasci laser; produzione di antimateria (Par. 9.11); studio della fisica delle armi nucleari; fast ignition della FCI, una tecnica a due stadi per raggiungere la fusione nucleare. La novità e il potenziale dei superlaser sono tali che progressi sostanziali possono essere fatti in qualsiasi paese sufficientemente sviluppato per padroneggiare la sofisticazione della tecnologia fondamentale. [...] I superlaser sono un esempio di un avanzamento che è il risultato di 21 . un'innovazione puramente tecnica
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Una buona introduzione si trova in G.A Mourou, C.P.J. Barty e M.D. Perry, «Ultrahigh-intensity lasers: Physics of the estreme on a tabletop», Physics Today, gennaio 1998, pp. 22-28. Una trattazione più tecnica è in: M.D. Perry e G. Mourou, «Terawatt to petawatt subpicosecond lasers», Science, Vol. 264, 13 maggio 1994, pp. 917-923. Hopkins Sibbert, «Ultrashort pulse lasers», Scientific American, n. 54, settembre 2000.
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Gsponer e Hurni, cit., pp. 126-130 (e in dettaglio in varie altre pa rti del rapporto). 21 Ivi, p. 129.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? 9.7 — Acceleratori di particelle: dalla ricerca pura
alle applicazioni militari
Abbiamo accennato all'importanza di tecniche e apparecchiature messe a punto nei laboratori di ricerca delle alte energie per tutta una serie di applicazioni di interesse militare, diretto o indiretto: spesso si parla di tecnologie dual use. La cosiddetta «neutralità» della scienza è un'invenzione ideologica, di comodo, che esiste solo nelle astratte dissertazioni metodologiche o filosofiche: lungi dall'essere solo studio disinteressato dei segreti della natura (pur essendo anche questo), la scienza è un prodotto delle attività umane, e come tutte le attività umane è ispirata e influenzata in ogni situazione storica e sociale determinata da interessi concreti, dall'ambiente culturale, da scelte ideologiche; i quali, a loro volta, non condizionano solo gli indirizzi, o le applicazioni, della scienza, ma anche i suoi specifici strumenti, pratici e concettuali. Abbiamo visto fin dal Par. 1.1 che gli acceleratori di particelle erano nati prima della guerra mondiale per studiare l'interno del nucleo atomico e le proprietà delle particelle che lo compongono, ma la spirale che portò immediatamente a una crescita inarrestabile delle loro dimensioni e della loro energia venne alimentata da Ernest Lawrence adducendo motivazioni molto più pratiche al fine di raccogliere i finanziamenti necessari. Dopo la fine della guerra, quando i fisici che erano stati mobilitati per la realizzazione de ll a bomba ritornarono ai propri istituti nelle università o nei centri di ricerca, lo studio delle particelle elementari apparve a molti di loro assai più interessante, e questi nuovi «giocattoli» costituiti dagli acceleratori di particelle offrivano la possibilità di trasferire nella ricerca fondamentale le nuove dimensioni della Big Science inaugurate dal «Progetto Manhattan». Tanto più che, sull'onda del successo di quel progetto, i politici erano inclini ad alimentare generosamente il nuovo settore di ricerca, che offriva anche l'ulteriore interessante opportunità di utilizzare il potenziale intellettuale ed economico esistente in altri paesi in un campo apparentemente lontano dal settore militare e nel quale poteva funzionare l'ideologia della scienza pura e libera da qualsiasi segreto, riservando agli Stati Uniti la possibilità di usufruire delle conoscenze acquisite per nuove applicazioni militari (Par. 3.8). Questo stratagemma sembra avere funzionato alla perfezione: oggi il mondo è pieno di grandi laboratori, dotati di grandi acceleratori, nei 344
quali uno stuolo di fisici è impegnato in ricerche (indubbiamente) appassionanti sulla struttura più profonda e l'origine dell'universo, in maggioranza sinceramente convinto di promuovere la scienza pura e senza nessun legame con qualsivoglia applicazione militare. Altrettanto avviene per la maggioranza di coloro che sono impegnati nelle ricerche sulla fusione nucleare controllata. La loro buona o malafede in fondo non interessa molto: quello che conta è che i legami con le ricerche militari non sono un'invenzione dei detrattori della scienza, esistono e vengono spregiudicatamente praticati da un altro stuolo di fisici e di tecnici impegnati nei laboratori di ricerche militari, o comunque direttamente e consapevolmente coinvolti in progetti militari22 . Si può osservare semmai che lo stratagemma si sta però anche rivoltando contro chi lo ha messo in opera, dal momento che i progressi tecnici e scientifici attuali stanno mettendo qualsiasi paese mediamente industrializzato in condizioni di farsi le sue belle ricerche per realizzare armi nucleari di tipo nuovo: e nel caso non ci riesca, ma si senta minacciato, può sempre dotarsi in maniera relativamente agevole di un deterrente nucleare tradizionale, pur sempre temibile. Ritornando al caso degli acceleratori di particelle, stiamo vedendo e vedremo meglio quante possano essere le loro applicazioni militari, dirette o indirette. Sul loro funzionamento basterà ricordare, molto schematicamente, che si tratta di macchine all'interno delle quali fasci di particelle cariche (protoni, elettroni, deutoni, particelle alfa, ioni pesanti, antiprotoni, ecc.) vengono accelerati da differenze di potenziale elettrico in successione fino ad acquistare energie molto alte: oltre ai campi elettrici vengono impiegati an che forti campi magnetici per curvare le traiettorie delle particelle, in modo tale da mantenerle, con opportuni accorgimenti, su orbite circolari, per sottoporle a ogni giro all'accelerazione elettrica (limitando così le dimensioni lineari che sarebbero necessarie). Allo scopo di raggiungeUna quindicina di anni fa esplose uno scandalo, che raggiunse anche le cronache nazionali, quando uno studente eletto nel Consiglio di Amministrazione dell'Università di Firenze rese pubblici contratti di ricerca di istituti universitari con industrie del settore militare, i cui risultati dovevano essere riservati, o coperti da segreto. Il Consiglio Regionale della Toscana discusse molto animatamente il problema e prese posizione. Molto rumore per nulla! Credo che oggi contratti di questo tipo siano divenuti una prassi in molte università, senza che nessuno più se ne scandalizzi. E se si provasse di nuovo a rimetterci il naso?
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re energie sempre più alte queste «ciambelle» hanno raggiunto dimensioni gigantesche, con circonferenze dell'ordine di decine di chilometri. Dal punto di vista militare queste macchine hanno anche applicazioni militari dirette: armi direzionali a fasci di particelle. Esse assursero agli onori della cronaca quando figuravano tra i componenti del progetto di «Guerre Stellari» di Reagan (Par. 5.6). Oggi nessuno ne parla, ma le attività su di esse fervono, utilizzando i risultati scientifici sulla propagazione di fasci di particelle 23 . Abbiamo accennato per altro verso alle applicazioni alla FCI e potenzialmente alle armi di «Quarta Generazione» a fusione, nonché alla radiografia protonica. Gli acceleratori possono anche essere usati in alternativa ai reattori nucleari per produrre trizio 24 . Incontreremo altre applicazioni.
L'articolo insisteva sul fatto che si tratterebbe di armi basate su processi nucleari, che però non coinvolgono né la fissione né la fusione. Questa tecnologia è già stata inclusa nell'elenco delle Tecnologie Militari Critiche del Department of Defense degli Stati Uniti, che recita:
9.8 — Isomeri nucleari: una nuova arma nucleare a radiazione elettromagnetica?
Un isotopo di un elemento chimico è composto di un numero determinato di protoni (Z) e di neutroni (Appendice 1.1.e). Un dato isotopo può esistere in stati interni eccitati, quindi instabili, che però in certi casi possono avere vita molto lunga (Appendice 1.1.g), e quindi coesistere con l'isotopo nello stato fondamentale. Due nuclei siffatti, l'isotopo nello stato fondamentale e quello nello stato eccitato di vita molto lunga, si chiamano isomeri: quello eccitato si indica di solito con un simbolo «m». Esso si diseccita emettendo un fotone (un raggio gamma: decadimento gamma). Gli isomeri presentano più di un interesse militare. Il fascicolo della rivista New Scientist del 13 agosto 2003 portava un articolo intitolato «Armi a raggi gamma potrebbero innescare la prossima corsa agli armamenti»25 , e riguardava l'isomero dell'afnio-178 (cioè con un numero con 178 tra protoni e neutroni), indicato con Hf-178m 2. 23
André Gsponer, comunicazione personale. Jathan Weisman (Department of Energy), «Could defense accelerators be a windfall for science?», Science, Vol. 269, 18 agosto 1995, pp. 914-915. 25 David Hambling, «Gamma-ray weapon could trigger next arms race», New Scientist, 13 agosto 2003. 24
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Questa straordinaria densità di energia ha il potenziale per rivoluzionare tutti gli aspetti della guerra. La prospettiva di realizzare un'arma di tipo nuovo basata sugli isomeri nucleari sarebbe la seguente. Il meccanismo sarebbe analogo a quello del laser (v. Appendice 9.1), basato però su stati eccitati nucleari anziché su stati eccitati degli elettroni atomici: in parole povere, una specie di «laser nucleare» 26 . Si tratterebbe infatti di produrre un gran numero di isotopi di un elemento nello stato mesomerico eccitato (l'analogo del «pompaggio ottico» che produce l'inversione di popolazione nei laser), per diseccitarli contemporaneamente mediante un impulso di raggi gamma della frequenza opportuna: questo provocherebbe un'enorme amplificazione della radiazione. Dal punto di vista energetico, rispetto ai laser ottici, in questo caso si tratterebbe di raggi gamma di origine nucleare, quindi di energia molto maggiore, ciascuno dell'ordine del MeV (Appendice 1.1.c e Scheda 1.1): si otterrebbe quindi la liberazione di un'energia enorme, dell'ordine di quella liberata dalle bombe nucleari. Questa possibilità di immagazzinare energia aveva fatto studiare gli isomeri anche dal punto di vista energetico (Appendice 3.1): ma l'interesse militare sembra, come sempre, prevalente. Un'arma di questo tipo presenterebbe un altro enorme vantaggio: poiché la diseccitazione non muta la composizione isotopica del nucleo, ma consiste solo nell'emissione di radiazione elettromagnetica, non vi sarebbe produzione di radioattività, almeno nel meccanismo nucleare di liberazione dell'energia. L'attività di produzione di isomeri e di ricerca di isomeri di interesse militare è stata molto intensa: negli Stati Uniti il Lawrence Livermore Laboratory dispone di un'apparecchiatura specifica; attività si svolgono in Francia e in Germania. Il caso riportato del Hf-178m 2 era in realtà stato scoperto nel 1978 Ben diverso però dal «laser a raggi X» azionato da un'esplosione nucleare nello spazio che era stato proposto per il progetto delle «Guerre Stellari» del 1983.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
da un'équipe dell'Università del Texas, ed era stato studiato anche dai francesi, ma le sue proprietà non erano state del tutto chiarite. Attualmente esso è studiato dal Air Force Research Laboratory nel New Mexico, che ottiene il Hf-178m 2 in quantitativi limitati da una compagnia dell'Alabama. Sono allo studio metodi per ottenere l'isomero in quantitativi maggiori. Il suo costo è molto alto, paragonabile a quello dell'uranio arricchito, ma presenta il vantaggio di potere essere usato in qualsiasi quantità, poiché non richiede una massa critica. Il potere esplosivo potrebbe essere estremamente grande: un grammo di isomero Hf-178m 2 puro potrebbe immagazzinare più energia di 50 kg di alto esplosivo chimico: piccoli missili o proiettili potrebbero portare piccole testate di potenza molto maggiore delle più potenti testate convenzionali esistenti. Vi sono ancora grossi problemi da risolvere prima che si possa realizzare un'arma di questo tipo (anche se non bisogna dimenticare che passarono solo 6 anni dalla comprensione del fenomeno de ll a fissione nucleare alla realizzazione della bomba atomica, risolvendo enormi problemi). La realizzazione di un'arma di questo tipo, oltre a cancellare definitivamente la distinzione rispetto alle armi convenzionali, darebbe a chi la possiede un'enorme superiorità militare, ma potrebbe innescare una nuova corsa agli armamenti inducendo i paesi che non la possiedano a munirsi di una deterrenza sviluppando in risposta bombe nucleari. È significativo che si sia sviluppata subito una discussione sul problema se un'arma di questo tipo sarebbe da considerare o no un'arma nucleare. Abbiamo già osservato che il CTBT si riferisce solo a test con «materiale fissile» (Par. 7.15), che in questo caso ovviamente non è presente. Rappresentanti governativi statunitensi hanno immediatamente negato che si tratterebbe di un'arma nucleare, semmai di un'arma «di terzo tipo». L'isomero, comunque, è da considerare per lo meno un materiale nucleare radioattivo, poiché si diseccita emettendo raggi gamma. Bisogna cercare di non farsi intrappolare in discussioni capziose di questo tipo, che interessano in realtà solo i militari, e affermare una verità incontrovertibile: in primo luogo un'arma di questo tipo si baserebbe su processi nucleari, e non su processi chimici come le armi convenzionali, e non potrebbe quindi essere classificata che come un'arma nucleare; infatti, l'energia liberata sarebbe nell'ordine di grandezza di un'energia nucleare, e non chimica; infine, anche al di là di questo, si tratterebbe in ogni modo di un'arma di distruzione di massa, avendo la capacità di «causare la
morte o serie lesioni al corpo di un numero significativo di persone mediante il rilascio... di radiazione o radioattività».
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9.9 — Elementi transuranici superpesanti: nuove mini-bombe a fissione?
Vi è stato un interesse altalenante per nuclei artificiali molto pesanti che possano avere proprietà migliori dell'uranio e del plutonio per realizzare una bomba nucleare. Gli elementi esistenti in natura sono 92, il più pesante è l'uranio. Il plutonio fu il primo elemento artificiale transuranico creato artificialmente, e presentò proprietà migliori dell'uranio per realizzare la reazione a catena. Successivamente, a partire dagli anni '70, sorse l'interesse per creare elementi píù pesanti che avessero proprietà ancora migliori da questo punto di vista. La possibilità era data dalla disponibilità di acceleratori di particelle, un prodotto della ricerca «pura» in fisica delle alte energie: bombardando un bersaglio di uranio con protoni, deutoni (nuclei di deuterio, costituiti da un protone e un neutrone) o ioni, si ottengono nuclei più pesanti, che bombardati nuovamente generano nuclei ancora più pesanti, addizionando via via protoni e neutroni. L'interesse militari per questi nuclei super-pesanti è che in generale essi sono fissili, e le loro masse critiche per una reazione a catena che si autosostenga sono più piccole (a volte molto più piccole) di quelle per l'uranio e il plutonio: il motivo è che essi presentano probabilità di fissione più alte, e ogni processo di fissione libera un numero maggiore di neutroni. L'inconveniente è però che essi sono sempre instabili, di solito con tempi di dimezzamento molto brevi, il che impedisce ovviamente di assemblarne in maniera stabile una quantità sufficiente per fare una bomba. La speranza che anima le ricerche militari è di trovare un nucleo superpesante che abbia una vita media sufficientemente lunga e una massa critica molto piccola, possibilmente dell'ordine dei grammi, non abbia una probabilità troppo alta di fissione spontanea (la quale innescherebbe spontaneamente la reazione a catena, impedendo la corretta detonazione della bomba: una difficoltà che si era presentata anche per il plutonio), e si possa produrre con costi relativamente modesti. Questa speranza ha avuto alti e bassi, ai quali hanno corrisposto alti e bassi nella ricerca: anche se in realtà essa non è mai tra349
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
montata, e ha motivato l'investimento di somme considerevoli in tutti i decenni passati. Un metodo che è stato tentato per produrli è stato anche quello di cercare di sintetizzare nuclei pesanti per cattura neutronica multipla nell'enorme flusso di neutroni generato da un'esplosione nucleare: a questo scopo furono eseguiti alcuni test nucleari, chiamati «pacifici», sia dagli Stati Uniti (una quindicina di test tra il 1961 e il 1969) sia dall'Unione Sovietica (13 test tra il 1975 e il 1979). Alla fine degli anni '70 molti fisici che lavoravano in questa direzione divennero molto scettici sulle possibilità di successo. Ma nel 1993 sopravvenne una novità, a seguito di ricerche eseguite in collaborazione dal Livermore e dal laboratorio nucleare russo di Dubna con tecniche nuove, in cui vennero sintetizzati nuclei con 106 e 108 protoni, aventi tempi di dimezzamento dell'ordine di 10 secondi, che possono sembrare piccoli, ma erano un ordine di grandezza maggiore di quelli dei nuclei sintetizzati in passato. Calcoli teorici indicavano la possibilità dell'esistenza di nuclei con probabilità di fissione spontanea molto piccola. Queste scoperte rivitalizzarono queste ricerche. Ulteriori calcoli teorici hanno indicato la possibilità che esistano nuclei con un numero di protoni fra 106 e 136 con tempi di dimezzamento molto lunghi, persino dell'ordine di 25.000 anni, cioè il tempo di dimezzamento del plutonio 27 . Il problema è che molti di essi sembrano estremamente difficili, se non impossibili, da produrre, e comunque con costi molto alti: ma potrebbe accadere che per scopi militari sia possibile ottenere alcuni di essi in modo relativamente semplice, sviluppando nuove tecniche. L'Europa ha in costruzione un impianto di nuova generazione per produrre un fascio di ioni, che potrebbe essere importante a questo scopo. Nel 1999 è stato sintetizzato un nucleo con 114 protoni con tempo di dimezzamento di 30 secondi, che conferma la possibilità di trovare nuclei con vita più lunga. 9.10 Microesplosivi a fissione —
Nel Par 7.15 discutendo i test nucleari subcritici abbiamo sottoli27
P. Möller, J.R. Nix e K.-L. Kratz, Nuclear Properties for Astrophysical and Radioactive-ion-beam applications, Atom. and Nucl. Data Tables, Vol. 66, 1997, pp. 131-343 (referenza tratta da Gsopner e Hurni, cit., p. 92). 350
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
neato il fatto che, pur essendo il fattore di moltiplicazione dei neutroni minore di uno (cioè la reazione a catena non diverge, ma tende a spegnersi), è possibile generare un numero molto grande di fissioni immettendo un flusso di neutroni molto alto in una massa subcritica di materiale fissile, con l'emissione di una quantità di energia considerevole (subcritical burn). Questo metodo è potenzialmente utilizzabile per realizzare un esplosivo a fissione: vediamo in primo luogo la differenza rispetto ai meccanismi attualmente in uso. Nelle bombe tradizionali il plutonio deve essere portato in condizioni di alta supercriticità mediante una fortissima compressione affinché la reazione a catena divergente possa svilupparsi pienamente: infatti il valore della massa critica non dipende solo dalla massa del materiale, ma anche dalla sua densità (poiché all'aumentare di questa diminuisce la distanza che i neutroni percorrono in media prima di urtare un altro nucleo, per cui aumenta il fattore di moltiplicazione dei neutroni), e diminuisce infatti aumentando notevolmente la compressione. Con una compressione sufficiente grande anche una massa molto piccola di plutonio può quindi raggiungere la criticità (per 1 grammo di plutonio una compressione di un fattore 100, ma affinché produca una potenza significativa è necessaria un'ulteriore compressione di un fattore 10): per innescare l'esplosione è potenzialmente sufficiente anche un solo neutrone. Nel subcritical burn di una massa subcritica invece, non vi è nessuna necessità che il fattore di moltiplicazione raggiunga l'unità, per cui non è necessaria questa grande compressione, ma la contropartita è la necessità di una potente fonte esterna di neutroni: un altro vantaggio, tuttavia, è che non ha importanza la qualità del plutonio, e si può utilizzare direttamente quello «sporco» prodotto nei reattori commerciali, anziché il plutonio weapon-grade (tutti gli isotopi del plutonio sono fissili per neutroni veloci). Con 1 kg di alto esplosivo e meno di 1 grammo di plutonio è teoricamente possibile realizzare un esplosivo a fissione di «Quarta Generazione» molto compatto della potenza di alcune tonnellate di esplosivo equivalente. Per di più, all'aumentare della compressione del plutonio diminuisce drasticamente il numero di neutroni necessario, poiché il fattore di moltiplicazione si approssima a uno (quando si raggiunge lo stato critico è potenzialmente sufficiente un solo neutrone). Considerazioni di questo tipo hanno portato all'idea di esplosivi a microfissione, in cui un piccolo pellet di materiale fissile è portato allo 351
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione?
stato critico con l'uso di laser, o di altri mezzi: si noterà che questo meccanismo di implosione ricorda quello della FCI, ma in quel caso si trattava di un pellet di DT. Ci si avvide però di una grave difficoltà: a differenza della FCI, in cui la fusione dovrebbe innescarsi da sola per sufficiente compressione, nel caso de ll a microfissione era necessario bombardare dall'esterno il pellet compresso con un flusso di neutroni, ed era molto difficile focalizzare sufficientemente i neutroni su un bersaglio così piccolo. Si presentò anche l'idea di innescare la fissione attraverso un nucleo di DT posto al centro del materiale fissile (come una micro-bomba termonucleare a due stadi): ma in tal caso era preferibile lavorare direttamente con il solo DT, che è molto più facilmente comprimibile del plutonio, cioè la microfusione era preferibile de ll a microfissione. Anche se quest'ultima non è scevra da vantaggi per realizzare un esplosivo di «Quarta Generazione», poiché la compressione necessaria è di gran lunga minore che per la FCI (dove si devono raggiungere temperature di decine di milioni di gradi, mentre nella fissione si deve solo raggiungere la massa critica): il problema è che in ogni caso non sono sufficienti per questo gli alti esplosivi chimici. Superlaser miniaturizzati potrebbero aprire nuove prospettive. Il superlaser potrebbe anche produrre elettroni di altissima energia, i quali potrebbero provocare reazioni nucleari con la produzione nell'interno della massa fissile dei neutroni necessari, senza dovere ricorrere alla sorgente esterna. Il programma più ambizioso in questa direzione, svolto nel Phillips Laboratory nel New Mexico, utilizza antiprotoni (Par. seguente) per innescare il subcritical burn. 9.11 — Antimateria
La questione e la storia delle applicazioni dell'antimateria per la realizzazione di nuove armi nucleari di «Quarta Generazione» è piuttosto complessa e ci limiteremo agli aspetti di fondo tralasciando molti dettagli28 , cercando piuttosto di fornire come sempre le nozioni fisiche di base per consentirne la comprensione anche a chi non possiede una preparazione specifica. Lo stesso anno in cui venne scoperto il neutrone (1932) Anderson La trattazione dettagliata si trova nel Par. 4.4, pp. 93-103, del citato rapporto di Gsponer e Hurni. 28
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Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
scoprì nei raggi cosmici una particella sorprendente, che possedeva la stessa massa dell'elettrone e la stessa carica elettrica, però di segno opposto: essa venne chiamata elettrone positivo, o positrone (lo abbiamo citato nel decadimento ß+, Appendice 1.11). Il positrone risultò poi il capostipite di quella che si chiama antimateria: una materia in tutto identica alla materia ordinaria, ma composta di antiparticelle, cioè particelle identiche a quelle ordinarie, ma dotate di carica elettrica opposta (e alcune altre proprietà opposte), anti-protoni negativi, anti-neutroni senza carica elettrica ma con altre proprietà opposte ai neutroni, e così via. L'antimateria isolata sarebbe assolutamente indistinguibile dalla materia ordinaria, poiché i segni delle cariche sono convenzionali: ad esempio, l'atomo di anti-idrogeno sarebbe composto di un nucleo carico negativamente, composto da un anti-protone, circondato da un positrone carico positivamente; anzi, tra le domande fondamentali che si pongono i fisici delle alte energie vi sono perché l'universo in cui viviamo ha «scelto» la materia (per noi) ordinaria anziché l'antimateria, e se in qualche parte dell'universo vi siano porzioni composte di antimateria. L'aspetto per noi importante è che la materia ordinaria isolata è stabile, e lo è anche l'antimateria isolata: ma quando un'anti-particella incontra la sua particella omologa, dà luogo a un violento processo di annichilazione, in cui le due particelle scompaiono e la loro massa si trasforma integralmente in energia, secondo la famosa relazione di Einstein di equivalenza massa-energia, E = mc2 , dove c = 300.000 km/s è la velocità della luce. Il valore molto grande della velocità della luce (che secondo la teoria della relatività di Einstein è la velocità più grande che può esistere in natura) fa sì che la scornparsa di una piccola quantità di materia generi una quantità molto grande di energia: questo è il fondamento dell'energia nucleare e delle armi nucleari. Ed è anche il fondamento dei progetti per applicare l'antimateria alla realizzazione di una nuova generazione di armi nucleari, liberandole dall'attuale rigidità della limitazione della massa critica. Le possibili applicazioni di interesse militare dell'antimateria sono in realtà molte: ad esempio, sistemi di propulsione basati sull'antimateria, armi a energia diretta e generatori di potenza basati nello spazio, generazione di alte pressioni e accelerazione di corpi macroscopici. L'interesse per l'antimateria sorse molto presto, ancora prima che si scoprisse l'anti-protone (1955, premio Nobel di Se353
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gre): tanto Fermi e Te11er 29 (il «padre» della bomba H statunitense) nel 1947, che Sakharov (il «padre» della bomba H sovietica) mostrarono un interesse per l'antimateria, il processo nucleare che dopo la fissione e la fusione poteva portare a una nuova generazione di armi nucleari. Nel 1950, due anni prima dell'esplosione della bomba H, veniva considerata la possibilità di innescare la fusione nucleare nel DT per mezzo dell'antimateria. La bibliografia sull'argomento è vastissima e le ricerche hanno avuto varie fasi. L'antimateria viene generata bombardando un bersaglio con particelle accelerate ad altissima energia: le collisioni producono antiparticelle di vario tipo. L'idea di base per la realizzazione di nuove armi nucleari consiste o nel bombardare un massa di materia ordinaria con un intenso fascio di antiprotoni, generando la corrispondente energia di annichilazione, che può teoricamente venire utilizzata ad esempio per innescare la fusione di una certa massa di DT; oppure nel realizzare direttamente dei quantitativi di antimateria, costituita da anti-atomi (nuclei con anti-protoni e anti-neutroni circondati da positroni esterni: il più semplice è ovviamente l'anti-idrogeno), isolati e stabili, per farli incontrare con materia ordinaria, provocando l'annichilazione. È concettualmente possibile realizzare una bomba H, o una bomba ai neutroni, in cui i chili di plutonio del primario sono sostituiti da un piccolo quantitativo di anti-idrogeno: questo realizzerebbe il sogno dei militari della bomba «pulita», cioè praticamente priva di radioattività, essendo assente la fissione. Per esempio, un pellet di anti-idrogeno potrebbe essere circondato, opportunamente isolato, da un esplosivo termonucleare (DT e litio): un'implosione con esplosivo convenzionale porterebbe questo esplosivo in contatto con l'anti-idrogeno e l'annichilazione innescherebbe la fusione nucleare. Nel 1986 la RAND Corporation studiò per l'Air Force vari tipi di applicazioni militari dell'antimateria, tra le quali vari tipi segreti di bombe innescate dall'antimateria. Il problema fondamentale, tutt'altro che semplice da risolvere, consiste nella produzione di quantitativi di antimateria e nella maniera di immagazzinarli e trasportarli senza che entrino in contatto con la materia ordinaria. Nell'ultima ventina d'anni sono stati fatti grandi progressi su entrambi gli aspetti nei laboratori di ricerca fonda-
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
mentale in fisica delle alte energie (e, ancora una volta, può anche darsi che gli scienziati siano ignari dell'interesse militare delle loro scoperte, ma è difficile credere che possano esserlo tutti). È stato prodotto l'anti-idrogeno e si sono realizzate trappole elettromagnetiche in cui particelle con cariche opposte e masse molto diverse possono venire immagazzinate nel medesimo spazio. Si è aperta la possibilità di realizzare pellets di anti-idrogeno solido. I militari estatunitensi contano di disporre di anti-protoni prodotti al CERN spediti «imbottigliati» in trappole elettromagnetiche. Vi sono anche altre strade, come quella di realizzare strani «atomi» con un protone nel nucleo e un anti-protone al posto dell'elettrone esterno. Vi sono anche molte altre possibilità più complesse 30 . Un'ulteriore possibilità potrebbe essere offerta dal fatto, scoperto al CERN di Ginevra, che un anti-protone fermato da un nucleo di uranio genera tra 16 e 22 neutroni: questo abbasserebbe enormemente la massa critica per una reazione a catena e potrebbe risolvere il problema dell'innesco delle esplosioni di microfissione (Par. 9.10): queUn'alsta possibilità è studiata a Los Alamos e al Phillips Laboratory. tra applicazione possibile dell'antimateria per armi di «Quarta Generazione» è l'ignizione di pellets di DT. Attualmente gli anti-protoni sono prodotti in tre grandi laboratori utilizzando grandi acceleratori di particelle: il CERN di Ginevra, il Fermi National Accelerator Center negli USA e il laboratorio di Serpukhov in Russia. Fasci molto intensi di positroni sono prodotti al Lawrence Livermore National Laboratory. Esperimenti per produrre Una antimateria sono programmati alla National Ignition Facility. nuova macchina è entrata in funzione al CERN, ottimizzata per trasferire anti-protoni in una trappola: con essi numerosi esperimenti sono condotti in laboratori europei e statunitensi. Il Giappone ha avviato un ambizioso programma di ricerca sull'antimateria. I superlaser potranno probabilmente migliorare notevolmente i metodi di produzione di antimateria. Le implicazioni della ricerca fondamentale per le applicazioni capire ulteriormente le ricadute militari della ricerca fondamentale, una 30 ePer possibilità consisterebbe nel formare «coppie di Cooper» di anti-protoni, simi-
Enrico Fermi e Edward Teller, «The capture of negative mesotrons in matter», The Physical Review, 1947, pp. 399-408.
de ll li alle coppie di elettroni che nella superconduttività non interagiscono con gli atomi circostanti; o nel generare con anti-protoni stati simili a quelli che gli elettroni formano nell'elio liquido.
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militari dell'antimateria presentano anche aspetti più reconditi e ambigui31 . Le considerazioni fatte tradizionalmente sull'antimateria si riferiscono alle particelle subatomiche note, come gli anti-protoni. Ma la ricerca di base sulle proprietà fisiche di queste particelle ha condotto a rappresentarle come composte di particelle ancora più fondamentali: i quarks (particelle dotate di valori frazionari della carica elettrica, in termini della carica elementare osservata in natura, quella dell'elettrone e del protone) e i gluoni. Queste ricerche studiano oggi uno stato super-eccitato della materia, un «plasma di quarks e gluoni», motivandone l'interesse con l'obiettivo di riprodurre il plasma primordiale che componeva l'universo al suo nascere dopo il Big Bang. Ma questi studi presentano un'implicazione inevitabile (se non voluta): in questo stato della materia l'energia produce grandi quantità di coppie di particelle e anti-particelle, per cui la sua realizzazione e il suo controllo possono condurre a nuovi metodi molto efficienti per produrre antimateria su grande scala. L'antimateria costituisce oggi uno dei campi principali di ricerca sulle armi nucleari di «Quarta Generazione».
9.12 — Super-esplosivi e idrogeno metallico
La scoperta di super-esplosivi chimici con potere esplosivo molto più grande degli alti esplosivi noti consentirebbe di fare passi da giganti sia a ll e armi convenzionali sia a quelle nucleari, ottenendo compressioni molto maggiori senza aumenti di peso. Le ricerche si sviluppano in molte direzioni, ma finora non sembrano avere raggiunto risultati decisivi. Una prospettiva sembra essere quella di sottoporre una sostanza a pressioni estremamente elevate, in modo che gli elettroni atomici siano espulsi dai loro orbitali atomici, immagazzinando così l'energia spesa per la pressione, che potrebbe poi venire rilasciata in forma esplosiva. Una possibilità sulla quale da decenni vertono un gran numero di ricerche consiste nel portare l'idrogeno, che è l'elemento più comune in natura, in uno stato metallico. Vi è l'idea che tutti gli elementi 31
Riporto considerazioni sviluppate in messaggi privati da André Gsponer: naturalmente la responsabilità del senso che attribuisco a queste considerazioni è solo mia.
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sottoposti a pressioni sufficientemente alte, raggiungano uno stato metallico, cioè un reticolo di atomi immersi in un mare di elettroni debolmente legati che conducono facilmente l'elettricità. Il problema consiste nel produrre idrogeno metallico che rimanga sufficientemente stabile a pressioni non troppo elevate e temperature ordinarie. Della questione si occupò anche il solito Edward Teller. Qualche anno fa gli scienziati del Livermore annunciarono di avere raggiunto risultati decisivi, ma la questione ancora non sembra chiara. Gli scienziati speculano anche sulla possibilità che il nucleo del pianeta Giove sia costituito di idrogeno metallico. I possibili usi dell'idrogeno metallico sarebbero molteplici: superconduttori a temperatura ambiente, strutture superleggere, combustibili puliti, pellets per la fusione, ecc. 9.13 — La rivoluzione della nanotecnologia Il progresso di tutte queste linee di ricerca, in particolare la miniaturizzazione ma non solo, si avvale dello sviluppo di una tecnologia rivoluzionaria, la nanotecnologia. Secondo André Gsponer: Storicamente la nanotecnologia è figlia dei laboratori delle armi nucleari, una creazione del complesso industriale delle armi di distruzione di massa. L'impatto più impressionante e fatale della nanotecnologia, quindi, può essere — e già si può vedere — in questa stessa area. [. ..] La nanotecnologia, cioè la scienza di progettare strutture microscopiche in cui i materiali e le loro relazioni sono costruiti e controllati atomo per atomo, contiene la promessa di numerose applicazioni. Posta al crocevia tra l'ingegneria, la fisica, la chimica e la biologia, può avere un impatto considerevole in tutte le aree della scienza e della tecnologia. Tuttavia è certo che le applicazioni più significative a breve termine della nanotecnologia saranno nel campo militare. Infatti è sotto i nomi di «ingegneria micromeccanica» e «sistemi microelettromeccanici» (MEMS) che il campo della nanotecnologia nacque alcuni decenni fa nei laboratori delle armi nucleari. Una prima spinta per creare questi sistemi fu la necessità di meccanismi di innesco e di detonazione per le armi nucleari estremamente robusti e sicuri per testate nucleari come i proiettili d'artiglieria. [...] Una tecnica progettuale generale consiste quindi nel rendere i componenti cruciali di innesco più piccoli possibile. Per motivi simili di estrema sicurezza, affidabilità e resistenza i detonatori e i vari meccani357
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
Dopo il crollo dell'uxss: morte o resurrezione della proliferazione? smi di sicurezza delle testate nucleari furono progettati come sistemi microelettromeccanici sempre più sofisticati. Conseguentemente i laboratori di armi nucleari, come íl Sandia National Laboratory, sono alla guida mondiale nel mettere in pratica i concetti ingegneristici dei MEMS. Un secondo stimolo storico per i MEMS e la nanotecnologia, anch'esso vecchio di 30 anni, è la spinta verso la miniaturizzazione delle armi nucleari e la ricerca di esplosivi nucleari di potenza molto piccola [...] 32 . È abbastanza evidente, anche senza nozioni tecniche, che queste
tecnologie possono contribuire a risolvere molti dei problemi che abbiamo discusso nei paragrafi precedenti per la realizzazione di armi nucleari miniaturizzate di «Quarta Generazione». La nanotecnologia consente un miglioramento di ben tre ordini di grandezza rispetto all'accuratezza della microtecnologia (come la microelettronica): quest'ultima arriva a controllare regioni de ll e dimensioni di 10 -6 m, cioè un milionesimo di metro, comprendenti un migliaio di atomi; mentre la nanotecnologia arriva a 10 -9 m, un miliardesimo di metro, cioè a insiemi di pochi atomi. Le applicazioni militari effettivamente possono essere sconvolgenti (ben inteso anche quelle civili, ma verranno più tardi!), non solo per le armi nucleari, ma anche per le armi convenzionali. Le ricerche sono ovviamente segrete, ma qualcosa comincia a trapelare: nel maggio 2003 è stato creato, in collaborazione tra il prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) e l'u.s. Army, l'Institute for Soldier Nanotechnologies, con lo scopo programmatico di creare l'esercito per il campo di battaglia del xxi secolo. Perfino i nostri militari si mobilitano! Nel giugno 2004 il Segretariato Generale della Difesa e la Direzione Generale degli Armamenti hanno organizzato a Roma il 1° Simposio su «Sviluppo delle nanotecnologie: applicazioni per la difesa», a cui hanno partecipato ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche e professori universitari, tra i quali anche il Premio Nobel Carlo Rubbia. Per fortuna vi sono altri ricercatori del CNR che hanno energicamente protestato.
9.14 — La «fusione fredda»
Non vogliamo concludere senza citare una novità scientifica che la comunità scientifica ancora non ha riconosciuto, o non ha voluto riconoscere (ma è probabile che i militari, come in altri casi, conoscano bene). Nel corso di questo saggio abbiamo ripetuto costantemente che l'innesco della reazione di fusione nucleare richiede temperature elevatissime, di decine di milioni di gradi; e abbiamo visto nell'Appendice 7.1 che la reazione di fusione (1) della miscela di DT, possiede la soglia più bassa. In questo quadro sollevò enorme scalpore, e l'incredulità della comunità scientifica, la notizia nel 1989 che negli Stati Uniti due ricercatori, Fleishman e Pons, avevano realizzato la fusione nucleare tra nuclei di deuterio a temperatura ambiente, che fu chiamata appunto «fusione fredda». Immediatamente si moltiplicarono i tentativi, un po' arrangiati, di riprodurre l'esperimento; alcuni ricercatori riportarono di esserci riusciti, poi però non riuscirono a ripeterlo e alla fine prevalse lo scetticismo degli scienziati e il fenomeno venne messo da parte e catalogato come una gaffe scientifica. Al mito de ll a ricerca pura e disinteressata si somma anche la rappresentazione dello scienziato come ansioso di sapere e quindi aperto a qualsiasi novità che la mettono in discussione. Nulla di più falso: la maggioranza della corporazione scientifica si mostra tenacemente abbarbicata al corpo di conoscenze ufficiali e totalmente contraria alle grandi novità. Gli aristotelici che si rifutavano di guardare attraverso il telescopio di Galileo non erano un'eccezione. Il grande scienziato Max Planck scriveva nella sua Autobiografia Scientifica: una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari33
Questo conservatorismo ha almeno un motivo molto concreto: la corporazione scientifica protegge il potere che deriva dal proprio «sapere», dal corpo di conoscenze che essa stessa ha stabilito e riconosce, e non tollera che questo venga messo in discussione. Così la 32 André Gsponer, «From the Lab to the Battlefield? Nanotechnology and Fourth-Generation Nuclear Weapons», Disarmament Diplomacy, n. 67, ottobrenovembre 2002.
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Torino 1956, p. 22. Max Plance, Autobiografia Scientifica, Einaudi, 359
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«fusione fredda» venne catalogata da un libro come il «fiasco del secolo»34 . Si pei+isi che dalla prima scoperta di Fermi della fissione nucleare nel 1936 passarono vari anni prima che essa fosse capita e venisse realizzata la reazione a catena. Ma vi furono degli outsiders che non si dettero per vinti e con la pazienza del certosino, subendo l'isolamento e l'ostracismo che tocca agli eretici, completamente controcorrente continuarono a studiare il fenomeno, e a cercare di capirne la natura, per determinare le condizioni della sua riproducibilità. E qualche anno fa, nei laboratori di Frascati, la «fusione fredda» è stata realizzata con tutti i crismi scientifici35 . Ma è altamente probabile che, dietro lo scetticismo della corporazione scientifica ufficiale, i laboratori militari conoscessero e avessero realizzato questo processo da tempo, e probabilmente lo abbiano utilizzato per realizzare bombe di nuova concezione. Si tratta di una pura speculazione, ma è un fatto che i militari sono molto più pragmatici degli scienziati, e non disdegnano di studiare le cose più eterodosse: studiano anche i dischi volanti (uFo, Unidentified Flying Objects, che negli altri paesi di lingua neolatina si chiamano in modo più comprensibile OVNI, «Oggetti Volanti Non Identificati»), ... non si sa mai! Ma vediamo brevemente di cosa si tratta. Nature pubblicò un editoriale sul n. 344 del 1990, p. 365: «Farewe ll (not fond) to cold fusion». Ma il titolo più clamoroso fu J.B. Huizenga, Cold Fusion, the Scientific Fiasco of the Century, Oxford University Press, 1993. 35 A. de Ninno, A. Frattolillo, A. Rizzo, E. Del Giudice, G. Preparata, Esperimental Evidence of He4 Detection in a Cold Fusion Experiment, reperibile in rete come Rapporto Tecnico Enea Rt/EneA 2002/41/Fus. A conferma del gretto ostracismo della comunità scientifica ufficiale vale la pena informare che varie autorevoli riviste scientifiche hanno finora rifiutato di pubblicare l'articolo. Gli autori hanno tenuto molti seminari in varie università, e nessuno degli specialisti presenti ha potuto muovere critiche all'esperimento: chiunque abbia conoscenze specifiche di fisica può rendersi conto facilmente che l'esecuzione dell'esperimento e i dati che esso fornisce sono ineccepibili, l'esistenza del fenomeno e la sua riproducibilita sono fuori discussione. In ogni caso, si può ricordare che la pubblicazione di risultati che poi risultano sbagliati da parte delle riviste specializzate non è un case raro. È assolutamente inaccettabile e contrario allo spirito scientifico che la cosiddetta comunità scientifica non venga messa in grado di valutare direttamente questo risultato. Per un'introduzione semplice e generale alla fusione fredda e alle sue implicazioni si veda l'articolo di Emilio Del Giudice, «Il problema dell'energia alla luce di alcuni recenti sviluppi scientifici», Giano, n. 46, settembre 2004, pp. 151-166 (riprodurremo l'Appendice di questo articolo nell'Appendice 9.1). V. anche Roberto Germano, Fusione Fredda, Bibliopolis, Napoli 2003. 34
360
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare 1
La «fusione calda» (chiamiamola così) di due nuclei di deuterio avviene tra due nuclei indipendenti ed è ben noto che può dare luogo
a due processi diversi
50% D + D —> T + n (+ energia) D + D -* He-3 + p (+ energia) 50%
(2)
(nel primo si forma trizio, con un protone e due neutroni; nel secondo l'isotopo dell'elio con due protoni e un neutrone, Appendice 1.1.e). Osserviamo subito che questi non possono essere i processi che avevano osservato Fleishmann e Pons, giacché le energie che essi riportavano di avere prodotto avrebbero comportato flussi di neutroni che li avrebbero uccisi! Una reazione di fusione più pulita e diretta sarebbe la seguente, senza emissione di particelle ionizzanti D + D - He-4 (+ energia),
(3)
ma considerazioni fisiche mostrano che due particelle isolate non possono generarne una sola finale, ma ne è necessaria almeno un'altra per far tornare il bilancio dell'energia e dell'impulso: per cui la reazione (3 ) non può avvenire tra particelle indipendenti, mentre avvengono le reazioni (2) con uguale probabilità. Vediamo allora in quali condizioni è stata realizzata la «fusione fredda». Senza entrare in molti dettagli, basterà dire che un filamento metallico di palladio è immerso in un gas di deuterio all'interno di una cella ermeticamente chiusa. Era noto da molto tempo il fenomeno chimico-fisico per cui gli atomi di deuterio vengono assorbiti all'interno del palladio, disponendosi negli interstizi del suo reticolo cristallino: questo assorbimento era stato però realizzato nel passato fino a un certo limite. I fisici che hanno realizzato la «fusione fredda» hanno capito che è necessario, con particolari accorgimenti, arrivare alla saturazione dell'assorbimento, quando vi sono tanti atomi di deuterio assorbiti nel reticolo quanti sono quelli del palladio. Giunti a questo punto essi osservano due fenomeni ben precisi e correlati: da un lato inizia a liberarsi energia; dall'altro essi trovano che nella cellula si accumula elio-4. Poiché quest'ultimo non può essere entrato da nessuna parte, la sola conclusione è che viene prodotto dalla fusione di nuclei di deuterio secondo la reazione (3). Com'è possibile? Il punto fondamentale è che i fisici che hanno realizzato il processo hanno capito che all'interno del palladio saturato di deuterio si realizza, in determinati domini spaziali, un nuovo stato della materia, uno stato coerente, nel quale i nuclei e gli elettroni perdono la pro361
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pria individualità e oscillano tutti insieme in fase. Alcuni dettagli di questo fenomeno e di questo stato sono illustrati nell'Appendice 9.1. In questo stato coerente non ci sono più interazioni tra particelle isolate, e la reazione (3) diviene possibile perché è l'intero reticolo nel dominio di coerenza che in un certo senso «rincula» mantenendo il bilancio dell'energia e dell'impulso, mentre in questo stato coerente la barriera di repulsione elettrica (coulombiana) tra le cariche positive dei nuclei si appiattisce, consentendo a questi di fondersi in modo naturale senza dovere acquistare grande energia, come è invece necessario nel processo di fusione di due nuclei isolati nella «fusione calda». Questo nuovo processo potrebbe rivoluzionare la produzione di energia... se solo gli scienziati ci credessero, e avere molte altre applicazioni. Si apre infatti la possibilità di sviluppare celle di dimensioni ridotte che producano energia a costo molto basso, dato che il deuterio è abbondante in natura e non è necessario riscaldarlo o comprimerlo. Insomma, il sogno inseguito dalla «fusione calda» per decenni con grandi investimenti sarebbe realizzato in modo estremamente più semplice ed economico: è chiaro che i fisici non sarebbero proprio contenti! Ma forse i militari ci hanno creduto, e può darsi che in gran segreto l'abbiano realizzato e utilizzato. Ma vi è un ulteriore elemento, per ora solo ipotetico, che potrebbe essere ancora più allettante dal punto di vista militare. I ricercatori notano infatti di avere trovato all'interno della cella, oltre all'eho, delle tracce di nichel. Qualora questa venisse confermata sistematicamente e determinata, da dove potrebbe venire? Una pura speculazione potrebbe essere che, come lo stato coerente consente ai nuclei di deuterio di avvicinarsi e di fondersi, anche i nuclei del palladio nello stato coerente si scindano: una sorta di «fissione fredda», che avverrebbe anch'essa in modo «naturale», senza l'emissione di neutroni. Se uno dei prodotti di questa fissione è il nichel, un semplice calcolo dei numeri di protoni e di neutroni mostra che l'altro frammento sarebbe l'argon, un gas nobile molto volatile e difficile da rivelare. Giacché siamo nel campo di una speculazione, spingiamola ancora oltre. L'uranio presenta una proprietà simile al palladio di assorbire il deuterio. Perché allora non dovrebbe anch'esso generare la «fusione fredda», e anche la «fissione fredda», scindendosi in due nuclei in modo naturale senza assorbimento ed emissione di neutro362
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
ni? Le implicazioni per nuove armi nucleari, senza i limiti della massa critica, sarebbero abbastanza chiari. Si tratta a questo livello, insistiamo, di speculazioni: ma se i militari non trascurano nessuna possibilità, anche remota e fantasiosa, perché noi non dovremmo sospettare anche l'inverosimile? Meglio un dubbio oggi che una bomba domani! 9.15 — Ancora sulle ambiguità del CTBT e degli altri trattati internazionali. Verso il fallimento del regime di non-proliferazione?
Le considerazioni svolte in questo capitolo dovrebbero avere chiarito pienamente i limiti dei trattati internazionali sulla riduzione degli armamenti nucleari e il divieto dei test nucleari, e lo stato di grave rischio in cui si trova il regime di non proliferazione che, con tutti i suoi limiti, per più di 30 anni ha per lo meno evitato guai peggiori. I rischi di proliferazione riguardano oggi soprattutto le possibilità di realizzare una Generazione completamente nuova di armi nucleari di potenza molto piccola e bassa radioattività residua, che spezzino quello che era divenuto il circolo vizioso tra fissione e fusione, superando la «schiavitù» della massa critica, per cancellare la fondamentale demarcazione tra armi convenzionali e armi nucleari, introducendo queste ultime nei metodi di combattimento ordinari (la «legittimazione» è già stata sperimentata con le armi a uranio depleto). Un aspetto estremamente preoccupante di queste nuove frontiere della proliferazione è che esse saranno sempre più alla portata di paesi mediamente industrializzati. La Corea del Nord, o l'Iran, sono esche per i babbei (anche se purtroppo funzionano per la meschinità dei pennivendoli venduti, o semplicemente ignoranti e incapaci, di tutto il mondo): i rischi più gravi vengono sempre dalla stessa parte, dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, e dai paesi come Cina e Russia che si sentono (giustamente) minacciati. Del resto, c'è da chiedersi se, ad esempio, l'Iran avrebbe sentito la necessità di sviluppare armi nucleari se l'intero Medio Oriente non si trovasse sotto la minaccia del poderoso arsenale nucleare (e convenzionale) di Israele, le cui smanie imperialiste sono ormai chiare come il sole. L'illusione di creare un gap tecnologico incolmabile per dotarsi di 363
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una superiorità irraggiungibile non ha mai funzionato: in un modo o nell'altro il gap è stato colmato prima del previsto, e ha portato solo a una spirale di imbarbarimento. Ancora una volta il grande maestro Kubrik insegna: gli Stati Uniti sganceranno i loro ordigni super-sofisticati, ma dall'altra parte potrà esserci la «bomba-fine-di-mondo». Le guerre che verranno (e purtroppo tutto fa pensare che saranno molte e frequenti) potranno diventare guerre molto diverse da quelle, sempre più barbare e terribili, che conoscevamo in passato. Io non sono uno specialista né di strategia né di pratica militare, sicuramente sono lontano dal potere immaginare quali potranno essere le trasformazioni, ma sono certo che saranno profonde e non saranno positive. Anche nel caso in cui i paesi che si sentono minacciati non riuscissero a fabbricare armi nucleari di «Quarta Generazione» per contrastare i progetti degli USA, saranno ancora più motivati a dotarsi di un deterrente nucleare tradizionale: e abbiamo visto che questa strada è oggi molto più semplice che nel passato. Del resto, non è già il terrorismo il micidiale innesco di un'inarrestabile (quanto provocata) spirale di violenza? Rischiamo davvero di essere trascinati in un vortice dal quale non potremo uscire facilmente. Le nuove frontiere della proliferazione si stanno sviluppando principalmente nei laboratori delle armi nucleari, ma si basano su un intreccio micidiale con le ricerche civili, o fondamentali, in molti campi. Anche se la maggioranza degli scienziati e dei tecnici impegnati in questi settori sono in perfetta buona fede, non è più concepibile mantenere questa demarcazione. Come per il Diritto l'ignoranza della legge non costituisce una giustificazione, almeno il tribunale della storia, o sperabilmente l'opinione pubblica, non assolverà la comunità scientifica con la giustificazione: «non sapevamo». L'importante, naturalmente, è che l'opinione pubblica sia informata, nel modo più completo e obiettivo possibile. Mi auguro che questo libro possa essere una goccia per incominciare a colmare un abisso. Il mondo si trova di fronte a problemi e sfide epocali, che pongono seriamente in pericolo il futuro stesso dell'umanità, e mettono in discussione i fondamenti della «civiltà». Le sperequazioni nella popolazione mondiale aumentano in modo sempre più spaventoso, lo sfruttamento sempre più spregiudicato della natura e delle sue risorse genera ricchezza per pochi e miseria per molti. Il xxi secolo si è aperto senza arrestare l'aumento de ll a povertà, de ll a fame, de ll a sete, delle infermità endemiche nel mondo. Dove sono finite le pro-
messe che sentiamo ripeterci che la scienza e la tecnica (per non parlare del mercato) risolveranno i problemi dell'umanità? In queste condizioni è immorale e ingiusto, prima ancora che insostenibile, l'incredibile spreco di risorse economiche, materiali e umane in mezzi di distruzione e di morte sempre più terribili: quelle risorse basterebbero per risolvere i grandi problemi dell'umanità, e potrebbero anche eliminare le fonti di conflitto. In queste condizioni e con queste prospettive il regime di non proliferazione è minato in due modi diversi, ma complementari e intrecciati. Da un lato, infatti, lo spirito e lettera del TNP, e gli impegni precisi di disarmo nucleare, sono disattesi e violati spudoratamente, con lo sviluppo di programmi e investimenti che prolunghino indefinitamente l'esistenza, l'efficienza e l'operatività degli arsenali nucleari esistenti, proiettandosi, come abbiamo visto, ai prossimi decenni. Non esistono Iran o Corea del Nord che giustifichino questo doppio gioco, questa protervia e questo disprezzo per la comunità internazionale: sappiamo bene che questi sono pretesti, per coprire i veri scopi, di non rinunciare a nessun mezzo (e all'arma nucleare meno che mai) per rafforzare una schiacciante superiorità, che consenta di imporre i propri interessi in tutto il mondo e di coprire così le crescenti difficoltà del sistema economico statunitense. Ma dall'altro lato vi è un aspetto ancora più grave. Il TNP e il CTBT «coprono» (se così si può dire) gli aspetti tradizionali della proliferazione, ma le nuove tecnologie e le future armi nucleari di «Quarta Generazione» li aggirano completamente! E con il micidiale intreccio di legami con settori di ricerca fondamentale pongono problemi completamente nuovi e difficilmente gestibili di effettivo controllo della proliferazione nucleare (ma anche delle altre armi di distruzione di massa, e di tutte le armi convenzionali). Se la Conferenza di Revisione del TNP del maggio 2005 dovesse fallire, potrebbe anche non essere il male peggiore: dipende da come avverrebbe il fallimento. Se esso fosse costituito da un ripiegamento o una rassegnazione dei paesi non nucleari e delle prospettive di disarmo, lasciando mano libera ai paesi nucleari e allo sviluppo e a ll a proliferazione di armi nuove, sarebbe un vero disastro, che aprirebbe una fase incontrollata, un vero far west nucleare, e renderebbe più concreti che mai i rischi che le guerre future siano guerre nucleari. Assai diverso sarebbe invece se si prendesse atto fino in fondo della situazione nuova in cui ci troviamo e si denunciassero apertamente i
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limiti dei trattati internazionali esistenti e del regime attuale di non proliferazione. E che tutta la comunità internazionale, trovando una fermezza e una coesione che fino a oggi purtroppo non ha mostrato, ponesse con estrema determinazione e forza morale (dato che non possiede la forza materiale, e che non è più concepibile che si contrasti la forza con la forza) il disarmo nucleare, senza se e senza ma. Nelle difficoltà in cui versano i trattati e i rapporti internazionali, solo un sollevamento morale profondo e generalizzato può salvare l'umanità da questo cammino che la conduce sempre più verso l'orlo del baratro. C'è da augurasi che la Conferenza di Revisione del TNP e le assise generali dell'oNu si concludano con uno scatto d'orgoglio: «Bando alle ciance! Eliminate immediatamente tutte le armi nucleari e di distruzione di massa, e annullate tutti i progetti per armi ancora più terribili: Non ci sono scorciatoie. Solo allora accetteremo di discutere di nuovo».
Appendice 9.1 NOTE TECNICHE SU ALCUNE NUOVE TECNOLOGIE
Raccogliamo in questa Appendice alcune informazioni scientifiche di base e di notizie tecniche per aiutare a capire gli argomenti svolti in questa capitolo. a. Laser e superlaser Principio del funzionamento del laser. Il laser è uno strumento che si basa
interamente sulla fisica quantistica. Visto il suo impiego in tanti settori della vita moderna (lettori di CD, medicina, industria, ecc.) vale la pena cercare di chiarirne in termini semplici il funzionamento. Il processo fisico di base si chiama emissione stimolata di radiazione, e fu compreso teoricamente da Einstein nel 1917 (da esso deriva l'acronimo LASER, Ligh Amplification by Stimulated Emission of Radiation).
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare ne in un certo senso «tira giù» l'elettrone dal livello eccitato e lo riporta nel livello originario di energia minore, con l'emissione di un fotone identico. Il risultato di questo meccanismo di emissione stimolata è dunque che entra nell'atomo eccitato un fotone, e dopo la diseccitazione ne escono due identici: la cosa particolarmente importante è che questi due fotoni non solo hanno esattamente la medesima frequenza (sono monocromatici), ma oscillano anche esattamente con la stessa fase (sono coerenti). La realizzazione di un laser avviene concettualmente nel modo seguente. Consideriamo per semplicità due livelli energetici di un atomo, il livello fondamentale Eo e un livello eccitato El : se si riesce ad eccitare un grande numero di questi atomi nello stato eccitato E I (inversione di popolazione), basta inviare anche un solo fotone della frequenza giusta perché questo inneschi la diseccitazione a catena di tutti gli atomi nel livello fondamentale, con l'emissione stimolata di un grandissimo numero di fotoni identici e coerenti tra loro: si ha cioè un'enorme amplificazione di una piccola radiazione incidente (effetto laser). Ma per ottenere l'inversione di popolazione è necessario un accorgimento fondamentale: essa non può infatti venire creata con fotoni della stessa frequenza necessaria per l'eccitazione nel livello rI, perché essi causerebbero contemporaneamente la diseccitazione per emissione stimolata, impedendo l'accumulo necessario di atomi eccitati. Per realizzare un laser occorrono allora due livelli eccitati. Occorre cioè un livello eccitato di energia c2 maggiore di quella rI del livello coinvolto nell'effetto laser (Fig. 9.2): Livelli energetici degli atomi
E2
Pompaggio ottico
Quando un atomo assorbe un quanto di luce (fotone, Appendice 1.1.J) dell'energia appropriata esso viene eccitato, cioè uno dei suoi elettroni viene portato a un livello di energia più alta. L'atomo si diseccita ordinariamente in modo spontaneo, quando l'elettrone, dopo un tempo medio (vita media) che varia da un livello eccitato all'altro, ritorna al livello energetico originario, emettendo un fotone della stessa frequenza di quello che lo aveva eccitato (emissione spontanea). Einstein si avvide che doveva esistere però un altro meccanismo di diseccitazione: se l'atomo eccitato viene colpito da un altro fotone della stessa frequenza di quello che lo aveva eccitato, tale foto-
Fig. 9.2 — Schema di livelli energetici di un atomo per il pompaggio ottico e il meccanismo laser.
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Cl
Effetto laser
co
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione de lla proliferazione? e occorre che il livello E2 abbia una vita media molto breve, mentre il livello laser El deve avere una vita piuttosto lunga. In queste condizioni, gli elettroni vengono eccitati nel livello energetico superiore E2 bombardandoli con fotoni di frequenza diversa da quelli che provocano l'effetto laser (pompaggio ottico): da questo livello gli elettroni decadono spontaneamente molto rapidamente nel livello laser EI dove invece rimangono a lungo, rendendo così possibile l'inversione di popolazione necessaria. A questo punto l'effetto laser si ottiene mediante fotoni che corrispondono alla differenza di energia EI — E0. La caratteristica più importante della radiazione emessa (amplificata) da un laser non è solo quella di essere rigorosamente monocromatica, ma anche e soprattutto di essere coerente: poiché tutte le onde elettromagnetiche oscillano esattamente in fase, l'ampiezza di esse si somma e produce un'intensità luminosa (l'ampiezza elevata al quadrato) molto grande. Naturalmente questa radiazione viene emessa per impulsi, poiché il passaggio di una radiazione diseccita completamente tutti gli atomi eccitati, e si deve produrre di nuovo l'inversione di popolazione per produrre l'effetto laser. Superlaser. Come abbiamo detto nel Par. 9.6, l'aumento dell'intensità luminosa genera effetti di ottica non lineare che dalla fine degli anni '60 avevano impedito sensibili aumenti della potenza generata dai laser. Questa difficoltà è stata risolta dall'introduzione della nuova tecnica chiamata chirped pulse amplification. Il principio è relativamente semplice, una specie di «uovo di Colombo», ma la sua realizzazione ha richiesto tecniche molto sofisticate36 . L'impulso di radiazione viene profondamente manipolato per poterlo amplificare senza incorrere negli inconvenienti dell'ottica non lineare. Dapprima esso viene allargato temporalmente di un fattore 10 3 -105 , in modo tale che l'intensità diminuisce in proporzione, divenendo sufficientemente bassa per potere amplificare l'impulso di un fattore 10 11 senza incorrere negli inconvenienti di ottica non lineare. Dopo l'amplificazione, esso viene ricompresso, idealmente alla larghezza iniziale, in modo da aumentarne ulteriormente l'intensità di un corrispondente fattore 10 3 -105 . Queste operazioni, che abbiamo descritto in forma estremamente qualitativa, richiedono tecniche sofisticate per non alterare lo spettro della radiazione (impulsi molto corti possiedono uno spettro molto ampio, per il principio di indeterminazione di Heisenberg). Una radiazione così intensa presenta, e può generare, condizioni fisiche estreme, che rendono i superlaser estremamente interessanti per tutta una serie di campi, di applicazioni e di esperimenti: i campi elettrici sono dell'ordine del teravolt per centimetro, cento volte più intensi del campo elettrico che lega l'elettrone nello stato fondamentale dell'atomo di idrogeno; la 36
Si veda l'articolo citato di Mourou, Barry e Perry. 368
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare pressione della luce è estrema, dell'ordine dei gigabar o dei terabar; interagendo con la materia questa radiazione produce elettroni di energie dei MeV, campi magnetici giganteschi, violente accelerazioni, fino a 21 volte l'accelerazione gravitazionale terrestre; si possono osservare effetti di elettrodinamica quantistica non lineare. b. Radiografia protonica
Nella radiografia protonica di un oggetto questo viene bombardato con un fascio di protoni, e si misura la distribuzione angolare con cui questi vengono diffusi: come nella tomografia assiale (per uso medico o industriale con l'uso di un fascio di raggi X), si invia il fascio di protoni successivamente da varie direzioni in modo da ricostruire un'immagine tridimensionale dell'oggetto. Il vantaggio dei protoni di energia dell'ordine del GeV (giga-elettronvolt, ossia un miliardo di eV, v Appendice 1.1, Scheda 1.1) è che essi possiedono un lunghezza d'onda molto piccola 37 ; penetrano facilmente in strati molto sottili di metalli pesanti; sono adatti per analizzare sia elementi leggeri (idrogeno) sia elementi pesanti (plutonio); consentono di fornire immagini tridimensionali dell'oggetto; possono sfruttare i grandi sviluppi degli ultimi 50 anni della tecnologia degli acceleratori e dei rivelatori di particelle nelle ricerche di fisica delle alte energie. c. La teoria della coerenza e la «fusione fredda»
[Autore: Emilio Del Giudice, INFN, Sezione di Milano. Questa Appendice viene riprodotta con l'autorizzazione dell'autore e dell'Editore dal citato articolo di Emilio Del Giudice, «Il problema dell'energia alla luce di alcuni recenti sviluppi scientifici», Giano, n. 46, settembre 2004, pp. 151166] La teoria fisica che riproduce le proprietà dei sistemi atomici e subatomici, la meccanica quantistica, assegna a questi sistemi fisici un dualismo onda corpuscolo, secondo il quale quelle che per la nostra esperienza comune nel mondo macroscopico distinguiamo come corpuscoli oppure come onde sono in realtà entità diverse, di tipo nuovo, che associano entrambi i comportamenti, e si comportano a seconda delle condizioni fisiche in cui si trovano a volte come corpuscoli e a volte come onde. Quelle che chiamiamo «particelle» hanno dunque una lunghezza d'onda associata (che costituisce il loro comportamento ondulatorio), il cui valore è inversamente proporzionale al prodotto della massa della particella per la sua velocità. Poiché i protoni sono particelle subatomiche pesanti (Appendice 1.1.a), essi possiedono una lunghezza d'onda associata piccola, e tanto più piccola quanto più grande è la loro energia. Una lunghezza d'onda molto piccola consente di analizzare per diffusione dettagli corrispondentemente più piccoli dell'oggetto che si analizza. 37
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? In questa Appendice forniamo qualche dettaglio sulla teoria de ll a coerenza: prenderemo come esempio l'acqua liquida e la sua formazione a partire dal vapore, che è senz'altro più familiare della fusione fredda. Fluttuazioni elettromagnetiche del vuoto e coerenza
La coerenza della materia emerge dall'accoppiamento tra le fluttuazioni de ll e particelle materiali (molecole, atomi, elettroni, ecc.) e le fluttuazioni del campo elettromagnetico 38 . [...] il «vuoto» è secondo la meccanica quantistica molto diverso da come viene concepito da lla fisica classica. Infatti esso è caratterizzato da fluttuazioni del campo elettromagnetico, che hanno conseguenze fisiche misurabili, note da decenni: la generazione spontanea di un campo elettromagnetico richiede energia, ma può avvenire, violando il principio di conservazione dell'energia, per intervalli di tempo così piccoli da rispettare il vincolo del principio di indeterminazione. Va sottolineato che queste fluttuazioni del campo avvengono per tutti i valori della frequenza (la frequenza f, numero di oscillazioni del campo in un secondo, è proporzionale all'energia, per la relazione di Einstein E = h•f, e il tempo della fluttuazione è inversamente proporzionale all'energia). Queste fluttuazioni del campo elettromagnetico implicano un'interazione aggiuntiva con le particelle atomiche cariche e modificano, ad esempio, l'energia dei livelli elettronici negli atomi 39 : esse sono state infatti messe in 38
Le proprietà ondulatorie sempre associate a quelle corpuscolari (nota precedente) implicano un'indeterminazione intrinseca della posizione e della velocità di un oggetto, così come dell'energia in gioco in un evento e dell'istante in cui esso avviene. È questo il principio di indeterminazione di Heisenberg, secondo il quale i valori minimi delle indeterminazioni de lle due grandezze associate sono regolati dalla costante universale di Plank, il cui valore è così piccolo (h = 6.10-34 J•sec) che tali indeterminazioni risultano assolutamente inessenziali per oggetti macroscopici (i quali ubbidiscono quindi con ottima approssimazione alle leggi della meccanica classica): indicando con A l'indeterminazione di una grandezza fisica, si hanno relazioni del tipo Ax•A(mv x)>h, AE•At>h. Ciò attenua fortemente il carattere inerte della materia, in quanto riconosce a ogni oggetto fisico (sia oggetto materiale sia campo di forze) una fluttuabilità intrinseca: un sistema quantistico non può trovarsi a riposo in una posizione precisa, la sua posizione quindi fluttua, Ax=h/.4(mv x); o può violare la conservazione dell'energia per un intervallo di tempo compatibile con il principio di indeterminazione, in tal caso fluttua la sua energia, AE=h/At. Alle variabili «classiche» energia e impulso nell'oggetto quantistico se ne affianca un'altra, la fase di oscillazione. 39 Se si sviluppa in modo conseguente il concetto esposto nella nota precedente, si trova una nuova forma di interazione che non è accompagnata da scambio di energia e impulso e non agisce dall'esterno come quando si applica una forza: ciò avviene quando le oscillazioni quantistiche intrinseche dei componenti di un sistema avvengono in fase tra di loro. Quando questa interazione è accesa, i componenti del sistema oscillano all'unisono, in accordo di fase con il campo di forze con cui
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Le nuove frontiere della proliferazione nucleare rilievo sperimentalmente attraverso il cosiddetto «Lamb shift», cioè la differenza osservata nel 1947 dal fisico americano Lamb tra il valore misurato e il valore calcolato dell'energia dell'elettrone nell'atomo di idrogeno. L'atomo d'idrogeno è formato da un protone (carica positiva) e da un elettrone (carica negativa) tra i quali c'è una forza di attrazione elettrostatica data dalla legge di Coulomb e una più debole forza di interazione tra i momenti magnetici di cui le due particelle sono dotate. All'interno dell'atomo, in condizioni di equilibrio, il campo elettromagnetico è invece zero. Quindi l'energia dell'elettrone ruotante attorno al protone può essere calcolata esattamente ed è in lieve disaccordo (Lamb shift) con il valore sperimentale. Questo disaccordo è stato spiegato come il contributo dell'energia di interazione della corrente elettrica prodotta dall'elettrone ruotante con il campo elettromagnetico istantaneo prodotto dalle fluttuazioni del campo, presenti anche quando esso è mediamente zero. Quindi le fluttuazioni del campo elettromagnetico esistono, anche quando esso è mediamente zero! Condensazione dell'acqua
Parliamo ora della «scoperta dell'acqua fredda», anzi, calda. A una temperatura di poco superiore a 100 °C e a ll a pressione di 1 atmosfera l'acqua è un gas (vapore). La molecola dell'acqua (formata da 3 nuclei, H», e 10 elettroni) ha un diametro di 1,5 Angstrom. Le molecole sono indeformabili agli urti, a temperatura ambiente, e c'è una distanza media di 36 Angstrom tra di esse. A 100 °C avviene uno sconvolgimento e il gas diventa liquido: la densità diventa 1.600 volte più grande. Come sanno le molecole del gas che «devono» formare un liquido? Cioè che devono aggregarsi? Come accade questo processo? Secondo il modello fisico diffuso (modellato sulla fisica classica) la transizione dovrebbe essere graduale, con la formazione successiva di gruppi di due, tre, ... molecole (dimeri, trimeri, ...), con l'abbassamento delle temperatura: invece non avviene questo. Sopra i 100 °C ci sono praticamente solo molecole singole (monomeri) e pochi sono accoppiati (nella materia ordinaria questo è il campo elettromagnetico); in questo tipo di interazione non appaiono attriti e l'energia totale non si disperde in componenti legati all'entropia, per cui il rendimento energetico dei processi dinamici è molto elevato (i dettagli matematici di questa teoria quantistica sono svilupfi c, pati nel libro di Giuliano Preparata, QED Coherence in Matter, World Scienti descrive appunto un tale coerenza Singapore, Londra, New York 1995). Il termine comportamento collettivo di accordo di fase tra i componenti. Il grande raggio di azione del campo elettromagnetico assicura che questa proprietà di coerenza di fase si estenda su grandi distanze, creando così la base per una coesione non effimera, come quella che si osserva sperimentalmente nei liquidi, nei solidi e nella materia.
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Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? dimeri: all'improvviso si innesca un meccanismo di aggregazione molto veloce, durante il quale la temperatura rimane costante. La fisica quantistica, applicata coerentemente, ci fornisce un meccanismo di transizione in grado di spiegare i fatti osservati. Abbiamo visto che anche nello spazio vuoto il campo elettromagnetico produce fluttuazioni per tutti i valori della frequenza. Supponiamo che siano presenti N molecole, ognuna delle quali dotata di una pluralità di configurazioni interne dei suoi nuclei e dei suoi elettroni, ognuna delle quali richiede una certa energia per essere prodotta dall'eccitazione della configurazione di energia più bassa (stato fondamentale), che porremo per convenzione uguale a zero. Ogni fluttuazione del campo elettromagnetico che abbia una frequenza corrispondente al salto di energia fra due configurazioni diverse della molecola, può indurre la transizione tra quelle configurazioni, provocando inoltre una corrente elettrica dovuta allo spostamento delle cariche durante il cambiamento di configurazione. D'altra parte, la fluttuazione del campo elettromagnetico ha una certa estensione spaziale, che non può essere minore della lunghezza d'onda corrispondente alla frequenza della particolare fluttuazione. Questa lunghezza d'onda definisce la minima estensione spaziale in cui il processo di transizione tra diverse configurazioni molecolari può aver luogo: tutte le molecole contenute in questa regione sono dunque sottoposte alla stessa sollecitazione da parte della fluttuazione elettromagnetica e perciò si muovono con lo stesso ritmo (fase) del campo elettromagnetico. Questa proprietà di muoversi in fase, con lo stesso ritmo, come una danza, si chiama «coerenza» e la più piccola regione in cui il fenomeno può avvenire, cioè la regione la cui taglia è uguale a ll a lunghezza d'onda del campo della fluttuazione, è il «dominio di coerenza»: la dimensione spaziale dei domini di coerenza è legata, come dicevamo, alla frequenza del campo di fluttuazione, e quindi al salto di energia che questo determina fra le diverse configurazioni della molecola. Vi sono quindi diversi domini di coerenza di dimensioni diverse connessi con le diverse fluttuazioni del campo. Finora abbiamo parlato di fluttuazioni, cioè di fenomeni transienti, aventi una vita brevissima, nei quali, come previsto dalla teoria quantistica, il principio di conservazione dell'energia è temporaneamente violato per produrre appunto il campo elettromagnetico della fluttuazione, con energia positiva. Però, come accade anche nel Lamb-shift, durante la fluttuazione si produce anche un'energia di segno negativo dovuta all'interazione fra il campo della fluttuazione e la corrente elettrica delle cariche in movimento durante la transizione tra le configurazioni molecolari. Questa energia riduce la violazione del principio di conservazione dell'energia prodotta dalla nascita della fluttuazione, e tende quindi a stabilizzarla: se questa violazione potesse essere annullata, cioè se quest'ultima energia negativa diventasse 372
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare uguale all'energia positiva della fluttuazione, allora il processo di oscillazione di tutto l'insieme di molecole contenute nel dominio di coerenza non richiederebbe più energia e potrebbe diventare lo stato stabile di quel sistema fisico. Il punto fondamentale è che la teoria mostra che il peso relativo dell'energia di interazione corrente-campo rispetto all'energia di eccitazione della fluttuazione cresce con la radice quadrata del numero N di molecole. Ecco dunque perché nel caso del Lamb shift, che riguarda un atomo isolato, le fluttuazioni del vuoto, pur modificandone l'energia, si estinguono. Ma nel caso di una massa d'acqua macroscopica (un numero grandissimo di molecole) le due energie si compensano e il regime della fluttuazione si trasforma in un regime stabile. Se poi la densità dell'acqua cresce ulteriormente, l'energia di interazione prevale, per cui l'energia totale diventa addirittura negativa e il sistema fisico trova vantaggioso minimizzare la sua energia aumentando ulteriormente la sua densità. In conclusione abbiamo due differenti regimi in cui l'insieme di molecole può sussistere: 1. Regime gassoso, non coerente. In questo regime la densità è minore della densità critica sopra definita e perciò le fluttuazioni non riescono mai a stabilizzarsi. Le molecole quindi non sono per lo più soggette a correlazioni coerenti, che restano confinate all'interno della durata brevissima delle fluttuazioni. Il sistema non ha alcun incentivo per contrarsi in un volume più piccolo, per condensarsi. Il campo elettromagnetico interno è nullo, a parte le fluttuazioni. Il sistema è perciò specificato unicamente dalla sua composizione molecolare, oltre che dai parametri termodinamici (pressione e temperatura). 2. Regime coerente. In questo regime la densità eccede il valore della densità critica sopra definita e le fluttuazioni danno luogo a uno stato stabile. Le molecole oscillano fra due diverse configurazioni al ritmo di un campo elettromagnetico che riempie il dominio di coerenza. L'intero sistema fisico appare come un insieme di domini di coerenza in cui l'esigenza di minimizzare l'energia impone alle molecole di avere la densità più alta possibile compatibilmente con l'impenetrabilità reciproca delle molecole. All'interno dei domini di coerenza esiste un campo elettromagnetico in fase con l'oscillazione delle molecole; questo campo va a zero al di fuori dei domini. Gli interstizi fra i domini di coerenza sono riempiti dalle molecole che gli urti termici hanno sottratto all'interazione coerente, per cui una materia condensata come l'acqua liquida è la sovrapposizione di due tipi di materia, o «fasi» come si dice in gergo: — una fase non coerente, simile al gas, che tende a espandersi, porta con sé l'entropia di tutto il sistema ed è alla stessa temperatura dell'ambiente esterno; — una fase coerente, che tende ad essere la più densa possibile, perciò 373
Le nuove frontiere della proliferazione nucleare
Dopo il crollo dell'uRss: morte o resurrezione della proliferazione? tende a contrarsi, è protetta dal suo campo elettromagnetico contro l'influsso dissolvente dell'ambiente e assicura la stabilità del sistema 4o Adottando i concetti della filosofia cinese si può assimilare la frazione coerente allo Yin e la frazione non coerente allo Yang. Una nuova visione dei processi biochimici
I campi elettromagnetici presenti nei domini di coerenza della materia, in particolare nei domini di coerenza dell'acqua della materia biologica, possono governare i processi biochimici, conducendo le varie molecole e ioni all'«incontro ravvicinato di tipo chimico». La superficie esterna dei domini di coerenza è il luogo in cui il campo elettromagnetico subisce una brusca variazione, partendo dal considerevole valore della sua intensità all'interno del dominio per finire allo zero al di fuori di esso: come si dice in gergo, sulla superficie del dominio di coerenza vi è un forte «gradiente» del campo elettromagnetico. L'elettrodinamica 4o Alla luce dei concetti precedenti, la trasformazione del gas in un liquido può essere compresa anche in termini quantitativi. Nel caso dell'acqua le due configurazioni molecolari tra le quali si ha l'oscillazione coerente sono la configurazione di minima energia, in cui gli elettroni sono strettamente legati, e una configurazione citata in cui un elettrone per molecola è pressoché libero (cioè richiede un'energia piccolissima per sfuggire alla molecola). Se perciò il dominio di coerenza tutto intero riceve una spintarella, gli elettroni che si trovano all'estremo superiore dell'oscillazione — che, in ogni momento dato, sono circa un milione e mezzo per ogni dominio di coerenza — cominciano a muoversi all'interno del dominio, dando luogo a quella che in inglese si chiama hopping current, cioè «corrente a salterelli». La nuvola degli elettroni «quasi liberi» si muove all'interno del dominio di coerenza in modo che ogni molecola vede un suo elettrone «saltare» nella molecola seguente, ricevendone un altro dalla molecola precedente. Siccome il moto degli elettroni è coerente, come il moto dei componenti di un corpo di ballo, esso avviene senza collisioni, perciò senza la presenza di un attrito interno. Questo moto rotazionale degli elettroni «quasi liberi» può durare un tempo lunghissimo; ogni eccitazione energetica di un dominio di coerenza a opera di una causa qualsiasi (meccanica, per esempio uno scuotimento; chimica; elettromagnetica) dà luogo a una rotazione permanente della nuvola degli elettroni «quasi liberi» all'interno del dominio di coerenza, che a sua volta dà luogo a una corrente elettrica intrappolata nel dominio, che a sua volta rende il dominio simile a un ago magnetico poiché gli impartisce una magnetizzazione. Questa magnetizzazione è il ricordo permanente dell'eccitazione energetica ricevuta inizialmente. Il fenomeno ora descritto potrebbe essere il fondamento fisico della fin qui misteriosa e chimerica «memoria dell'acqua». Con il passare del tempo un dominio di coerenza riceve una successione di eccitazioni energetiche, di cui non riesce a dimenticarsi, per cui la sua magnetizzazione cresce con il tempo; i suoi elettroni «quasi liberi» ruotano sempre più velocemente e questa crescente rotazione è il peso delle memorie del dominio di coerenza. Per «ringiovanire» bisognerebbe sopprimere queste rotazioni ed estrarre dal dominio di coerenza l'energia che le a li menta.
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insegna che in presenza di gradienti del campo elettromagnetico le molecole sono soggette a peculiari interazioni; in particolare, esse si attraggono fortemente quando le loro frequenze di oscillazione coincidono. Nasce allora un codice particolare di riconoscimento e richiamo molecolare, per cui le molecole si riconoscono e si richiamano a seconda della loro capacità di risuonare. Questa possibilità apre affascinanti prospettive allo sviluppo di una chimica capace di uscire dal caos dei moti casuali e perciò non governabili. La fusione fredda
In termini analoghi si interpreta il fenomeno della fusione fredda. Tra i nuclei di deuterio assorbiti all'interno del reticolo del palladio si costituiscono dei domini di coerenza (su scale dell'ordine della lunghezza d'onda della fluttuazione), entro i quali i nuclei di deuterio perdono la loro individualità acquistando un comportamento collettivo coerente (si comportano Ecco dunque perché non si tratta affatto cioè come un campo di materia). di un processo di fusione tra nuclei isolati, come quelli studiati dalla fisica nucleare convenzionale. In tale condizione di coerenza, come si diceva nel testo, la struttura collettiva scherma la barriera repulsiva elettrica (che agisce tra cariche elettriche isolate); si formano così, in modo non violento, nuclei di elio-4 [la reazione di fusione (3)], e l'energia di eccitazione di questi nuclei «caldi» viene velocemente spartita tra tutti i membri del collettivo, cosicché essi diventano nuclei «freddi» di elio-4 senza necessità di spezzarsi [come nelle reazioni (1) e (2)].
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Conclusioni DISARMO O FAR WEST NUCLEARE
Al termine di questa analisi non si tratta di trarre delle conclusioni, dal momento che siamo agli inizi di un processo nuovo, minaccioso e subdolo, che può avvicinarci all'orlo del baratro: si tratta semmai di tirare le fila e di attrezzarsi per porre un freno e imporre con suprema determinazione la rinuncia totale e definitiva a qualsiasi tipo di arma nucleare o basata su qualsivoglia processo di origine nucleare, presente e futura, senza se e senza ma. Il regime di non proliferazione nucleare istituito negli anni '70 con il TNP, e integrato dai trattati internazionali degli anni '90 (START e CTBT), se in certa misura ha contribuito a limitare la diffusione de lle armi nucleari, appare oggi assolutamente inadeguato a fronteggiare i nuovi rischi che si presentano (del resto, l'intero Diritto Internazionale — o quel che ne rimane dopo che gli Stati Uniti ne hanno fatto scempio — appare oggi inadeguato a fronteggiare le minacce della situazione internazionale, soprattutto perché manca la capacità e la volontà di tutti i paesi di farlo valere contro i soprusi preventivi che ci stanno portando verso una barbarie prossima ventura). Quei trattati riguardavano una prima fase de ll a proliferazione, cioè gli armamenti basati sui principi messi a punto all'inizio dell'era nucleare, bombe a fissione e bombe termonucleari, e su tutto l'insieme delle relative strutture operative e di supporto. Oggi, con le nuove tecnologie disponibili, risulta molto più facile che nel passato per un paese di medio sviluppo tecnologico realizzare, senza la necessità di test nucleari, testate di questo tipo abbastanza compatte ed efficienti da 377
A volte ritornano: il nucleare
Conclusioni
potere essere lanciate dai vettori che quasi tutti questi paesi stanno sviluppando. L'attuale regime di non proliferazione avrebbe potuto funzionare solo come premessa ad un processo di effettivo disarmo nucleare, totale ed assoluto, che infatti il TNP prevedeva esplicitamente. Ma gli impegni di disarmo sono stati del tutto disattesi: anche i punti concreti solennemente ribaditi e puntigliosamente precisati nella Conferenza di Revisione del TNP del 2000 si sono rivelati «promesse di marinaio». Del resto, quei paesi che ancora volevano accedere al «Club nucleare» si sono guardati bene dall'aderire al TNP: come Israele che (almeno in questo coerente) non l'ha mai fatto, al pari dell'India e del Pakistan; o come la Francia e la Cina, che vi hanno aderito solo nel 1992; o come la Corea del Nord che (abbia o non abbia la bomba) a un certo punto è uscita dal TNP (cosa che il trattato consente!). Se le potenze nucleari, gli Stati Uniti in primis, stipularono i trattati internazionali degli anni '90, dopo decenni di tira e molla (e salvo poi, ad ogni buon conto, rinnegarli o non ratificarli), non fu certo per il loro (ben noto) buon cuore, o perché le loro caste militari fossero state messe da parte (tutt'altro!): fu un passo calcolato, una mossa per guadagnarsi meriti a buon mercato, perché gli Stati nucleari si erano resi conto che nell'ambito tradizionale non rimaneva molto di più da fare, e quello che rimaneva poteva essere fatto per altre vie, con altri metodi, meno vistosi e «fragorosi», se si vuole, di un'esplosione nucleare (se ci è concesso il paragone, un po' come quando venne abolita la schiavitù, perché si rivelava un ostacolo per meccanismi economici e metodi di sfruttamento della forza lavoro più efficienti). Con quei trattati i paesi nucleari si liberavano dei rami vecchi, o ingombranti, o temporaneamente inutili (immagazzinando per ogni evenienza un considerevole numero di testate negli arsenali di riserva, e mantenendo l'operatività dei siti dei test nucleari, come quello del Nevada, o quello cinese di Lop Nur, dove vengono eseguiti programmi di test subcritici), per mantenersi le mani libere (ma apparentemente pulite) e meno controlli per gli obiettivi veramente importanti per il futuro: uno «specchietto per le allodole», insomma, un'esibizione di buona volontà, dietro cui si innescava infatti uno sforzo senza precedenti per cercare strade nuove, anche se già mature e collaudate, attraverso le quali, e contro (o al di là) lo spirito e la lettera dei trattati, rendere perpetue e più digeribili le armi nucleari.
È ormai chiaro che gli armamenti nucleari sono troppo comodi, dissuasivi, minacciosi, risolutivi — nonché funzionali al complesso militare-industriale — perché le caste militari e i governanti di questo mondo, asserviti agli interessi economici più forti, possano anche solo pensare di disfarsene: a meno che qualcuno non abbia l'autorità morale per costringerli a farlo e per controllare che ciò avvenga in modo irreversibile. Essi hanno deciso nel modo più fermo che non se ne disferanno mai! Ma gli armamenti nucleari attuali presentano numerosi inconvenienti (potenza troppo grande, intensa radioattività residua), che ne rendono problematico l'utilizzo effettivo: diviene quindi per i militari un'esigenza prioritaria realizzare armamenti di concezione completamente nuova, che ne rendano possibile l'impiego come armi risolutive da campo di battaglia, cancellando la fastidiosa e ingombrante distinzione tra armi nucleari e armi convenzionali.
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Si è aperta così una fase della proliferazione nucleare completamente nuova, molto più subdola e pericolosa, e molto più difficile da con-
trollare e regolamentare (o meglio, si è innescata un'accelerazione di tendenze che avevano cominciato a svilupparsi fin dall'inizio dell'era nucleare: i militari non lasciano nessuna possibile strada inesplorata). La ricerca di nuove armi nucleari di «Quarta Generazione» utilizza i settori più avanzati, spesso avveniristici, della scienza e della tecnologia, risultati e tecniche sviluppati nei grandi laboratori di ricerca fondamentale. Il tradizionale rapporto di complicità che la comunità, o meglio la «corporazione», scientifica ha sempre tenuto con il potere (quando non si è trattato di collaborazione aperta e proficua, per entrambe le parti) assume oggi connotati ancora più allarmanti, poiché l'implicazione militare di molte ricerche fondamentali, o civili, risulta sempre più diretta: moltissimi scienziati e tecnici senza dubbio non si rendono neppure conto (spesso in buona fede, anche se non vi è miglior cieco di chi non vuole vedere!) che le scoperte e le realizzazioni di cui vanno fieri, pensando di contribuire al progresso delle conoscenze e al benessere dell'umanità (che però di solito viene in second'ordine, essendo visto come conseguenza inevitabile del progresso scientifico), hanno una ricaduta diretta, quando non è addirittura prioritaria, nel settore militare. L'elenco è molto lungo, e con ogni probabilità parziale: ricerche per realizzare la fusione nucleare controllata, soprattutto per confinamento inerziale, superlaser, acceleratori di particelle, antimateria, nanotecnologie, ricerca
A volte ritornano: il nucleare
di nuovi isotopi pesanti, nuovi processi nucleari, isomeri nucleari, microesplosivi a fissione, super-esplosivi, idrogeno metallico, probabilmente la «fusione fredda». Insieme alle armi nucleari di «Quarta Generazione» i paesi cosiddetti «avanzati» (ma in che cosa?) non trascurano ogni possibile strada per realizzare strumenti di distruzione e di morte che perpetuino la loro illusione di dominio assoluto e incontrastato, mascherando la putrescenza del sistema economico, di sfruttamento e di profitto, che hanno voluto imporre a tutto il mondo: armi biologiche sempre più terribili (è circolata recentemente la notizia che si studi l'impiego del virus del vaiolo, uno dei morbi più terribili, la cui sconfitta fu uno dei fiori all'occhiello della medicina moderna), anziché combattere davvero le malattie e le epidemie che fanno strage nei paesi poveri; armi chimiche, come se non bastasse la guerra chimica quotidiana sulle nostre tavole, nelle nostre case, nelle nostre città; uso militare e militarizzazione dello spazio che circonda la Terra (e chissà che cosa si nasconde dietro le esplorazioni extraterrestri); fino alla follia di metodi per modificare artificialmente le condizioni ambientali per fini militari (e poi si specula se lo tsunami del gennaio scorso possa avere avuto anche cause umane), come se non bastassero le crisi climatica, ambientale, idrica, ecc. incombenti. Questa china deve essere assolutamente arrestata, l'apprendista stregone deve essere fermato, prima che ci porti verso conseguenze irreparabili. La corporazione scientifica viene chiamata pesantemente in causa: essa non può perseverare in questo atteggiamento, a dir poco di completa incoscienza, ma comunemente di complicità, o di attiva collaborazione con il potere, per i fini di profitto e di sfruttamento di quest'ultimo. È necessaria una grande impennata di consapevolezza e di volontà da parte dei movimenti e di tutta la cosiddetta società civile. La posta in gioco è cruciale: si tratta del destino stesso dell'umanità. Ma la prima condizione è un'informazione precisa, completa, indipendente, che abbatta il muro di silenzio e di omertà su questi problemi. Il principale obiettivo di questo libro è di portare un modesto contributo in questo senso. Un segnale forte è stato lanciato dai «Sindaci per la pace» i quali, chiamati a raccolta dai Sindaci di Hiroshima e Nagasaki, hanno lanciato una «Campagna di emergenza per bandire gli armamenti nucleari»: la cruciale Conferenza di Revisione dèl TNP del 2005 coin380
Conclusioni
cide singolarmente con il sessantesimo anniversario de lla tragica inaugurazione dell'era nucleare con le bombe sul Giappone. La «Dichiarazione di Pace di Hiroshima» del 6 agosto del 2004, nell'annuale anniversario di quell'olocausto, ha raccolto finora 611 Sindaci in 109 paesi, dichiarando il periodo fino al 9 agosto del 2005 come «un anno di Memoria e di Azione per un Mondo Libero dalle Armi Nucleari», con l'obiettivo di «portare un bel `fiore' per il settantacinquesimo anniversario dei bombardamenti atomici, cioè l'eliminazione totale di tutti gli armamenti nucleari dalla faccia della Terra per l'anno 2020»: I semi che seminiamo oggi germoglieranno nel maggio 2005. Alla Conferenza di Revisione del TNP che si terrà a New York, la Campagna di Emergenza per Bandire gli Armamenti Nucleari unirà le città, i cittadini, e le ONG da tutto il mondo per lavorare con le nazioni che condividono questa mentalità per l'adozione di un programma di azione che incorpori, come obiettivo intermedio, la firma nel 2010 di una Convenzione sulle Armi Nucleari che costituisca il contesto per eliminare gli armamenti nucleari nel 2020.
La campagna sta raccogliendo successi: nel febbraio 2004 il Parlamento Europeo ha approvato a grande maggioranza un risoluzione in appoggio ai Sindaci per la Pace, e in giugno una risoluzione ancora più decisa è stata approvata per acclamazione dalla Conferenza dei Sindaci degli Stati Uniti, che rappresenta 1183 cittàl. Vi sono dunque segnali incoraggianti, anche se la strada è tutta in salita: conosciamo bene la protervia dei governanti e delle caste militari, incuranti della volontà dei cittadini. E una strada irta anche di inganni e mistificazioni, come hanno dimostrato i trattati internazionali degli anni '90. È assolutamente necessario che tutto il movimento e l'intera società civile prendano piena consapevolezza soprattutto dei pericolosissimi sviluppi futuri degli armamenti nucleari, per 1 Il 9 marzo 2005 il Parlamento Europeo ha approvato anche una lunghissima risoluzione, in 43 punti, sulla Conferenza di Revisione del TNP, che esamina tutti i problemi, compresi l'Iran e la Corea del Nord: pur contenendo molti punti interessanti ed insistendo sulla necessità del disarmo nucleare, la risoluzione presenta purtroppo anche forti limiti, ad esempio al punto 5, che chiede «il bando della produzione di tutte le armi che fanno uso di materiali fissili», e non fa quindi nessun riferimento alle nuove tendenze della proliferazione nucleare.
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non cadere in tranelli o ricatti pretestuosi sulla necessità della controproliferazione verso i pericoli dell'Iran o della Corea del Nord (e magari del Sud): pericoli che si possono eliminare — insieme a quelli ben più concreti di Israele, della Germania o del Giappone — solo con la totale eliminazione di tutti gli armamenti nucleari, o basati comunque su processi nucleari, presenti e futuri, senza se e senza ma.
Parafrasando la conclusione di un saggio che abbiamo citato frequentemente, «Benvenuti nell'era coraggiosa de ll a guerra permanente!»2 , aggiungiamo «e della proliferazione nucleare permanente!». Sta a noi tutti arrestare sia l'una sia l'altra.
2
Jacques R. Pauwels, //Mito della Guerra Buona, cit., p. 223. 382
TERRA TERRA Marino Ruzzenenti, Un secolo di cloro e... PCB. Storia delle Industrie Caffaro di Brescia, 2001 Luca Colombo, Fame. Produzione di cibo e sovranità alimentare, 2002 Fabrizio Fabbri, OGM per tutti. Produzione e rilascio nell'ambiente di «Organismi Geneticamente Manipolati», 2002 Maria Grazia Francescato, Alfonso Pecoraro Scanio, Il principio di precauzione, 2002 Gino Girolomoni, Alce Nero grida. L'agricoltura biologica, una sfida culturale, 2002 Giorgio Nebbia, Le merci e i valori. Per una critica ecologica al capitalismo, 2002 Raimon Panikkar, Pace e interculturalità. Una riflessione filosofica, 2002 Sergio Finardi, Carlo Tombola, Le strade delle armi, 2002 James Petras, Henry Veltmeyer, La globalizzazione smascherata. L'imperialismo nel XXI secolo, 2002 Fabrizio Fabbri, Porto Marghera e la Laguna di Venezia. Vita, morte e miracoli, 2003 Massimo Zucchetti, Guerra infinita, guerra ecologica, 2003 Valerio Merlo, Contadini perfetti e cittadini agricoltori nel pensiero antico, 2003 Antonio Panzeri, Il lavoratore fuori garanzia. Solitudini e responsabilità di una società avanzata, 2003 Giorgio Pietrostefani, Geografia delle droghe illecite, 2003 Pier Paolo Poggio, La crisi ecologica. Origini, rimozioni, significati, 2003 Hosea Jaffe, L'imperialismo dell'auto. Auto + Petrolio = Guerra, 2004 Ivan Della Mea, Prima di dire. Cantate. Dalla caduta del muro di Berlino alla seconda guerra del Golfo, 2004 Antonio Panzeri, Le tre Europe dei diritti. Per una corresponsabile integrazione europea, 2004
Questo saggio non è, non vuole, e non può essere tranquillizzante: anzi, è stato scritto proprio per inquietare, perché solo una sana e consapevole inquietudine potrà salvarci dall a guerra nucleare. L'incubo nucleare, che ha gravato sui destini dell'umanità nei decenni della Guerra Fredda, è stato rimosso (con la complicità degli organi cosiddetti di informazione) ma non è affatto scomparso: è anzi in agguato, più vivo che mai, tanto che sta assumendo nuove sembianze, più subdole ma più pericolose. La Corea del Nord o l'Iran (appena ieri l'Iraq) non sono altro che specchietti per le allodole per coprire queste tendenze e giustificare il mantenimento e il perfezionamento degli armamenti nucleari, in primo luogo degli Stati Uniti, di Israele e degli altri Stati nucleari. La scomparsa dell'Unione Sovietica aveva aperto l'illusione che gli armamenti nucleari potessero venire eliminati per sempre, pur se in modo graduale, da ll a faccia de ll a Terra. Quella speranza si è però dissolta nel giro di pochi anni e, mentre il nuovo mondo unipolare mostrava il suo vero volto, si è anzi scatenata una ricerca frenetica di armi nucleari di tipo completamente nuovo, che si possano usare sul campo di battaglia, cancellando la fondament al e distinzione tra guerra «nucleare» e «convenzionale». La popolazione mondiale viene tenuta all'oscuro di queste manovre. Questo saggio è stato scritto con il proposito di documentare, denunciare e rendere fruibili da parte di tutti gli sviluppi e i rischi delle nuove tendenze degli armamenti nucleari. Per questo scopo, esso prende le mosse da un riesame degli ultimi 60 anni de ll a storia mondi ale incentrato sul ruolo de ll e armi, delle strategie e de ll a diplomazia nucleari. Opportune Appendici e Schede consentono a qualsiasi lettore di comprendere tutti gli aspetti tecnici rilevanti. I testi dei trattati internazionali più importanti sono per la prima volta riportati integralmente in italiano. Per completezza viene presentata anche un'analisi critica del nucleare cosiddetto «civile», che oggi viene riproposto da varie parti. Questa ricostruzione consente di valutare in tutti i suoi aspetti la svolta seguita al crollo dell'Unione Sovietica; di comprendere la natura e i limiti del regime di non proliferazione stabilito con il Trattato di Non-Proliferazione del 1970, integrato dai trattati degli anni '90; di cogliere così la piena rivalutazione che hanno avuto gli armamenti nucleari, e le tendenze nuove e pericolosissime per la loro radic ale innovazione. Queste ultime informazioni vengono fornite per la prima volta in modo completo e accessibile al pubblico italiano. A fronte di questi sviluppi, quel regime di non proliferazione risulta superato e impotente. Oggi più che mai il solo obiettivo che può ritenersi efficace è quello della totale e definitiva eliminazione da ll a faccia de ll a Terra di tutti i tipi di armamenti nucleari, passati, presenti e soprattutto futuri. ANGELO BARACCA (1939) è professore di fisica presso l'Università di Firenze. Ha svolto ricerche in varie aree della fisica e in storia e critica della scienza. Ha pubblicato lavori scientifici e vari libri tra cui manuali scientifici per l'Università e per la Scuola Secondaria, e saggi generali sulla scienza e la sua storia. Da molto tempo si occupa di problemi degli armamenti nucleari e di relazioni internazionali, partecipando attivamente al movimento per la pace e il disarmo. Scrive regolarmente su riviste impegnate su questo fronte. È membro del «Comitato Scienziate e Scienziati Contro la Guerra» (www.scienzaepace.it ). ,
ISBN 88-16-40710-7
€ 24,00
9 788816 407 07